Seconda riunione al MIUR del tavolo tecnico sulla semplificazione amministrativa

Seconda riunione al MIUR del tavolo tecnico sulla semplificazione amministrativa

In data odierna si è tenuta la prevista seconda riunione del tavolo tecnico dedicato alla semplificazione delle procedure amministrative e già avviato in data 12 giugno, a seguito della mobilitazione del 25 maggio.

La prima parte della riunione ha affrontato il tema della semplificazione amministrativa veicolata dall’approvazione del nuovo Regolamento di contabilità. L’Amministrazione, rappresentata dal Vice Capo di Gabinetto e dal Direttore generale delle risorse umane e finanziarie, ha confermato la propria disponibilità ad addivenire quanto prima alla auspicata semplificazione. In particolare, ha comunicato che il nuovo testo del Regolamento, sul quale è necessario il concerto con il MEF, è quasi definitivo e dovrebbe essere emanato nei primi mesi dell’anno scolastico prossimo. L’Amministrazione ha garantito che esso dovrebbe comportare numerose semplificazioni (ampliamento dell’utilizzabilità delle carte di credito, abolizione del registro unico dei contratti, incremento del ricorso all’aggiudicazione mediante affidamento diretto, effettuabilità dei controlli dei revisori anche a distanza con strumenti telematici…). Dopo l’approvazione da parte del MEF sarà necessario il parere del Consiglio di Stato. Sul nuovo testo del Regolamento si terrà, in data 27 giugno, un apposito incontro di informazione per le parti sindacali.

L’Amministrazione, inoltre, ha riferito che è in corso, in Toscana, una sperimentazione dello help-desk amministrativo-contabile previsto dalla legge 107 e seguito dalla Direzione Generale delle Risorse Umane e Finanziarie. I primi risultati, relativi al periodo 9 aprile – 12 giugno, sono ritenuti soddisfacenti (circa 1400 accessi, con una media di 3,6 giorni per rispondere alle richieste di assistenza) e si pensa di estenderlo prossimamente ad un’altra Regione e poi, progressivamente, a tutte le altre.

La delegazione ANP è intervenuta per chiedere di concentrare gli adempimenti richiesti alle scuole in poche date rese note con congruo anticipo (preferibilmente all’inizio dell’anno scolastico), di integrare la base dati dell’inventario di ogni scuola con il SIDI per evitare continue re-immissioni di dati (avvalendosi anche delle possibilità tecnologiche offerte dal “cloud”) e evitare la ridondanza degli stessi. Inoltre, ha puntualizzato che per migliorare la qualità del clima lavorativo nelle scuole, è necessario distinguere nel Regolamento, più chiaramente che in passato, le competenze e le responsabilità del dirigente da quelle del direttore sga. Inoltre, ha suggerito che il MIUR dirami istruzioni più circostanziate sulla disciplina degli accertamenti/incassi e degli impegni/pagamenti.

A conclusione dell’incontro del mattino, l’Amministrazione ha comunicato che saranno a breve rese disponibili le risorse economiche relative al MOF 2016-2017 nonché quelle relative all’anticipo (di circa l’80% anche per quest’anno) del “bonus” premiale di cui alla legge 107.

La riunione è poi ripresa alle 15, per trattare lo specifico obiettivo della riduzione/semplificazione degli adempimenti relativi alla immissione dei dati su richieste provenienti dal MIUR o da altri soggetti, alla presenza del Vice Capo di Gabinetto e del Direttore Generale dei Sistemi Informativi.

L’Amministrazione ha dichiarato che sta procedendo, anche sulla base di incontri con tali soggetti e con i fornitori dei principali pacchetti software in uso presso le scuole, ad una ricognizione delle procedure che richiedono tali immissioni, per cercare di ottimizzarle. In particolare, l’utilizzo dei flussi informativi sembra in grado di sostituire efficacemente alcuni monitoraggi.

L’ANP ha ribadito la richieste di integrazione tra basi informative già formulata al mattino, argomentadole con l’utilità pratica di tale soluzione per evitare di ridigitare i dati per l’aggiornamento dell’Osservatorio tecnologico, per facilitare il monitoraggio dell’alternanza scuola-lavoro e per evitare che si riversi sulle scuole l’ulteriore aggravio di lavoro derivante dal recente decreto-legge in materia di prevenzione vaccinale.

L’Amministrazione ha dichiarato che intende istituire una sorta di cabina di regia per coordinare il lavoro delle Direzioni Generali, al fine di ridurre le richieste di dati indirizzate alle scuole, e che è suo intendimento addivenire a delle soluzioni condivise già dal prossimo incontro del tavolo tecnico relativo a queste materie, calendarizzato il giorno 26. Per quanto riguarda il decreto-legge sui vaccini, sarà espletato ogni possibile tentativo di semplificazione in fase di conversione in legge.

L’Amministrazione ha inoltre riconosciuto la necessità di accordare alle scuole tempi più distesi per rispondere ad eventuali richieste di dati e l’intenzione di procedere gradualmente al potenziamento delle funzionalità del SIDI. Ha infine concordato sulla esigenza di restituire alle scuole gli esiti dei monitoraggi.

Pubblicati risultati mobilità Scuola Infanzia

Sono disponibili da oggi i risultati della mobilità della scuola dell’infanzia, secondo la scadenza fissata e comunicata dal Ministero alle insegnanti e agli insegnanti.

Il Miur ha previsto, per il 2017, un cronoprogramma anticipato delle operazioni per l’avvio del nuovo anno scolastico, con l’obiettivo di garantire alle alunne e agli alunni continuità didattica e docenti in cattedra fin dal primo giorno di scuola.
Si ricorda che la mobilità è la procedura attraverso la quale le docenti e i docenti possono chiedere di cambiare sede di lavoro o il grado di istruzione in cui insegnano. La mobilità di quest’anno è ordinaria e su base volontaria. Le regole della mobilità sono state concordate dal Miur con i sindacati, come previsto dalla legge.

A livello nazionale sono state presentate 139.583 richieste di mobilità.

I dati della scuola dell’infanzia

Il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha inviato oggi agli Uffici scolastici territoriali gli elenchi dei trasferimenti della scuola dell’infanzia che sono in corso di pubblicazione sui relativi siti. Per l’infanzia le domande sono state 15.994, di cui 12.814 per cambiamento di sede e 3.180 per passaggi in un diverso grado di istruzione. Il 46,6% delle richieste è stato soddisfatto, 1.012 docenti hanno potuto cambiare regione.

Regione Lombardia e “Dopo di noi”

da LEDHA

Regione Lombardia e “Dopo di noi”

LEDHA, Anffas, Federsolidarietà Lombardia e Uneba commentano il testo della Dgr 6674 recentemente approvata da Regione Lombardia. Molti gli elementi positivi e qualche criticità.

Lo scorso 7 giugno, il Consiglio Regionale lombardo ha approvato la Dgr 6674 di attuazione della legge sul “Dopo di noi” (Legge n. 112/2016) dal titolo “Programma operativo regionale per la realizzazione degli interventi a favore di persone con disabilità grave prive di sostegno familiare”. Con questa Dgr, Regione Lombardia disciplina il programma operativo per la realizzazione degli interventi a favore delle persone con grave disabilità per dare concreta attuazione a quanto previsto dalla normativa nazionale su “Dopo di noi”.

La Dgr presenta diversi elementi positivi. In primis è doveroso sottolineare il fatto che l’iter di approvazione è stato celere, segno concreto dell’attenzione che Regione Lombardia ha dedicato a questo tema. Inoltre Regione Lombardia ha portato avanti un processo partecipato di definizione delle procedure e questo è chiaramente visibile nell’esito finale del testo della Dgr, che ha accolto molte delle proposte espresse dalle associazioni, dagli enti gestori e dalle realtà del terzo settore.

Altro elemento positivo riguarda le modalità con cui viene regolato l’uso delle risorse messe a disposizione per questo capitolo di spesa per il 2016 (circa 15 milioni di euro) e quelle per il 2017 (circa 6 milioni di euro). Inoltre la Dgr offre la possibilità di sperimentare nuove forme di abitare, rispettando lo spirito della legge sul “Dopo di noi”.

Tuttavia non mancano anche alcune criticità. In primis il fatto che Regione Lombardia non abbia stanziato risorse proprie che vadano ad aggiungersi a quelle messe a disposizione dal Ministero. Ma il punto che maggiormente ci preoccupa è il fatto che la Dgr – così come è formulata oggi – sembra escludere le persone con disabilità più complesse, che necessitano di un sostegno maggiore dai percorsi di vita previsti dalla legge sul “Dopo di noi”.

Il nostro auspicio è che questo passaggio venga superato, prevedendo le risorse necessarie, diverse da quelle previste dall’attuale percorso, offrendo anche alle persone con elevati bisogni di sostegno la possibilità di presentare un progetto di vita a casa, personalizzato, in modo da prevenire l’istituzionalizzazione o avviare percorsi di emancipazione non solo dai genitori ma anche, laddove richiesto dall’interessato, dai servizi residenziali.

Con questo provvedimento, Regione Lombardia mette oggi le persone con disabilità (con le loro famiglie e associazioni), i Comuni e gli enti di terzo settore (cooperative sociali associazioni e fondazioni) nelle condizioni di predisporre progetti di vita innovativi a partire dai bisogni e dalle aspettative delle singole persone e dei loro genitori e/o familiari. Progetti che siano in grado da subito di rispondere ai bisogni ed ai diritti di molte persone con disabilità e che in prospettiva possono arricchire e migliorare il complessivo sistema di offerta regionale di sostegni residenziali, comunitari e per l’abitare delle persone con disabilità.

Assistenza educativa, condannata per discriminazione la Città Metropolitana di Milano

da LEDHA

Assistenza educativa, condannata per discriminazione la Città Metropolitana di Milano

Il Tribunale di Busto Arsizio ha riconosciuto la discriminazione indiretta ai danni di uno studente con disabilità che si è visto assegnare un monte ore inferiore rispetto a quello previsto dal piano educativo.

Il Tribunale di Busto Arsizio (Va) ha condannato la Città Metropolitana di Milano per discriminazione ai danni di uno studente con disabilità. In base a quanto prescritto dal proprio piano educativo, Carlo (nome di fantasia ndr) ha diritto a 15 ore di assistenza educativa a settimana per poter frequentare la scuola in condizioni di parità con i suoi compagni di classe. Tuttavia, per l’anno scolastico che si è appena concluso, la Città Metropolitana di Milano gli ha assegnato un numero di ore di assistenza educativa inferiore rispetto a quella prevista.

“Si tratta di una sentenza importante perché è la prima condanna a Città Metropolitana per la mancata erogazione del servizio di assistenza educativa. Ed è una condanna per discriminazione”, spiega Laura Abet, avvocato del Centro Antidiscriminazione di LEDHA – Lega per i diritti delle persone con disabilità che ha sostenuto questo ricorso.

In una situazione di grande caos che si trascina da molti mesi sul tema dei servizi per l’inclusione scolastica degli alunni e studenti con disabilità, la Città Metropolitana di Milano è tenuta a erogare questi servizi. Nello specifico si tratta dell’assistenza alla comunicazione, dell’assistenza ad personam, degli ausili tiflo-didattici e del servizio di trasporto. Servizi che – a partire dall’anno scolastico 2017/2018 saranno in capo a Regione Lombardia.

Per il giudice di Busto Arsizio la condizione in cui si è venuto a trovare Carlo rappresenta una forma di discriminazione indiretta. Dal momento che il diritto all’istruzione per le persone con disabilità “si configura come un diritto fondamentale”, scrive il giudice nella sentenza, la cui fruizione è assicurata tramite “misure di integrazione e sostegno idonee a garantire ai portatori di handicap la frequenza degli istituti d’istruzione”, la scelta discrezionale dell’amministrazione di ridurre le ore di “sostegno” agli studenti agli studenti con disabilità rappresenta una forma di discriminazione indiretta vietata dalla legge 67 del 2006”.

Complessivamente, le più di 30 famiglie assistite dal Centro Antidiscriminazione di LEDHA hanno presentato cinque ricorsi per ottenere l’assistenza educativa per i propri figli. Ma solo nel caso di Busto Arsizio si è arrivati a sentenza in tempi rapidi. In tutti gli altri casi, la decisione di Città Metropolitana di chiamare in causa Regione Lombardia ha provocato un allungamento dei tempi e il rinvio delle udienze anche di molti mesi. In un caso addirittura a settembre, all’inizio del nuovo anno scolastico.

“Siamo soddisfatti di questa sentenza. Tuttavia, siamo convinti che arrivare davanti ai giudici per affermare il diritto degli alunni e studenti con disabilità a frequentare la scuola rappresenti, in un certo senso, una sconfitta – commenta Alberto Fontana, presidente di LEDHA -. Ci auguriamo che non sia più necessario presentare questi ricorsi. I diritti soggettivi degli alunni con disabilità devono essere rispettati da tutti: Regione, Ats e Comuni, in base a quanto previsto dalla nuova normativa che entrerà in vigore con il prossimo anno scolastico. In caso contrario, LEDHA continuerà a tutelare, nelle sedi opportune, i diritti degli alunni e studenti con disabilità”.

#SbloccATA: raccolte 66.969 firme

#SbloccATA: raccolte 66.969 firme. Il 21 giugno, consegna alla Ministra e flash mob del personale ATA

E’ partita a gennaio la nostra campagna di denuncia e mobilitazione per sbloccare organici e supplenze del personale ATA che, pur completamente ignorato dal Governo, e nonostante il forte aggravio dei carichi di lavoro, continua a garantire ogni giorno il funzionamento delle scuole.

La petizione #sbloccATA è arrivata in tutte le scuole d’Italia e grazie all’impegno di tanti tra lavoratori della scuola e genitori, siamo riusciti a raccogliere 66.969 firme, che consegneremo il prossimo 21 giugno alla Ministra Fedeli.

In occasione della consegna delle firme coinvolgeremo i lavoratori e daremo loro voce, rappresentando dal vivo le condizioni in cui si vedono costretti ogni giorno, nonostante tutto, a lavorare, con un flash mob davanti all’entrata del Ministero dell’Istruzione. L’appuntamento è alle 10.

Subito dopo alla Ministra Fedeli, che ci riceverà, consegneremo le firme, e chiederemo un impegno politico affinché si possano subito reintegrare i 2.020 posti tagliati e di abolire il divieto alle sostituzioni in caso di assenza, con l’effetto d’intervenire immediatamente sul sovraccarico di lavoro di tutto il personale ATA.

Scuola, Anief: In pensione sempre più tardi, dal 2019 serviranno 67 anni e l’Ape sociale già non basta

da AGENPARL

Scuola, Anief: In pensione sempre più tardi, dal 2019 serviranno 67 anni e l’Ape sociale già non basta

(AGENPARL) – Roma, 18 giu 2017 – Il decreto del Governo, che supera la riforma Monti-Fornero, è già pronto a livello tecnico: subito dopo l’estate verrà affrontato in ambito politico. Il motivo dell’ulteriore elevazione dell’età si deve al fatto che la speranza di vita dopo i 65 anni si sta allungando. Il provvedimento giunge nelle stesse ore in cui i decreti su lavoratori precoci e Ape sociale, l’anticipo pensionistico con penalizzazioni minime, arrivano in Gazzetta Ufficiale: solo che il sistema è sperimentale, vincolato a dei finanziamenti ridotti e ristretto a poche categorie. Nel comparto Scuola esclusi ingiustamente tutti i docenti dalla primaria in poi.

Marcello Pacifico (Anief-Cisal): le agevolazioni pensionistiche dell’Ape Social, spettanti a chi svolge un lavoro usurante, vanno per forza allargate e tutti i livelli d’insegnamento. Sull’Ape volontaria, invece, con i lavoratori chiamati a restituire fino a 500 euro al mese per vent’anni in cambio di tre anni e mezzo di anticipo pensionistico, continuiamo ad avere grossi dubbi. Non si tratta di proposte da accettare a occhi chiusi: stiamo parlando di un ammortizzatore sociale che il beneficiario dovrà pagare a carissimo prezzo. Non dimentichiamo che le pensioni attuali e future sono state già penalizzate dal nuovo modello di calcolo contributivo: ridurle di un importo così importante significa portarle abbondantemente sotto i mille euro e sempre più vicino all’assegno sociale. E che dire degli effetti devastanti sul fronte dei servizi? Nella scuola, abbiamo già oggi il corpo docenti più vecchio e malpagato. A breve raggiungeremo un record inarrivabile.

Cresce ancora l’età minima per lasciare il lavoro: dal 2019 per accedere all’assegno di vecchiaia bisognerà aver compiuto 67 anni, contro gli attuali 66 anni e 7 mesi e i 66 più 11 mesi già previsti dalla Legge di riforma pensionistica Monti-Fornero. Il decreto maggiorativo del Governo è pronto a livello tecnico, subito dopo l’estate verrà affrontato in ambito politico. Il motivo dell’ulteriore elevazione dell’età si deve al fatto, scrive oggi Il Corriere della Sera, che “la speranza di vita dopo i 65 anni si sta allungando: per gli uomini siamo passati dai 18,6 anni del 2013 ai 19,1 anni del 2016; per le donne da 22 a 22,4 anni. Per questo l’ipotesi è che venga spostata verso l’alto anche l’età della pensione, che potrebbe passare dai 66 anni e sette mesi di adesso a 67 anni. Non subito ma a partire dal 2019. Non sarebbe una differenza da poco. E spingerebbe ancora più in alto quei requisiti previdenziali che già adesso fanno dell’Italia uno dei Paesi dove si va in pensione più tardi”.

La volontà di superare la già pesante riforma Monti-Fornero giunge nelle stesse ore in cui i decreti su lavoratori precoci e Ape sociale, l’anticipo pensionistico con penalizzazioni minime, arrivano in Gazzetta Ufficiale: da ieri è infatti possibile inviare la domanda all’Inps. Secondo le stime del ministero del Lavoro, scrive repubblica.it, nel 2017 potranno lasciare il lavoro fino a tre anni e sette mesi prima, circa 60mila persone (35mila per l’Ape sociale e 25mila per i precoci), mentre altri 45mila potrebbero avere i requisiti per ritirarsi dal lavoro nel 2018 (20mila Ape sociale e 25mila precoci).

“Le domande – scrive il quotidiano romano – potranno essere fatte esclusivamente per via telematica e per il 2017 andranno inviate entro il 15 luglio. Se qualcuno avesse già presentato la richiesta questa andrà nuovamente inviata perché valida solo dopo la pubblicazione dei decreti in Gazzetta. Per l’Ape le domande per il 2017 andranno accolte entro una spesa di 300 milioni. L’Inps metterà a punto una graduatoria entro il 15 ottobre. In caso di risorse insufficienti avranno la priorità coloro che sono più vicini all’età per la pensione di vecchiaia”.

In ogni caso, commenta ancora il Corriere della Sera, l’Ape rimane “una misura sperimentale, valida fino al 2018, anche nella versione volontaria che deve ancora partire e che consentirà l’uscita anticipata con una riduzione dell’assegno previdenziale. Se nel 2019 l’età della pensione salirà davvero a 67 anni, l’Ape sarebbe un efficace strumento di «riduzione del danno», perché consentirebbe qualche uscita anticipata in grado di mitigare l’effetto del nuovo innalzamento generale dei requisiti. L’Ape su base volontaria non ha costi per lo Stato, perché viene «finanziata» con i tagli agli assegni di chi sceglie questa strada. L’Ape social, invece, sì. E non sono trascurabili visto che solo per la sperimentazione sono stati stanziati quasi due miliardi di euro nell’arco di sei anni. Renderla stabile costerebbe. E il problema è quello di sempre, trovare i soldi”.

Il problema non è di facile soluzione. Perché, sullo sfondo, rimane sempre l’ingiusta esclusione degli altri livelli di docenza pubblica: il lavoro dei docenti è tutto ad alto rischio burnout. Il via libera che oggi, giustamente, è stato dato ai maestri della scuola dell’infanzia deve essere esteso anche ai colleghi della primaria e secondaria, di primo e secondo grado: “le agevolazioni pensionistiche dell’Ape Social, spettanti a chi svolge un lavoro usurante, vanno per forza allargate e tutti i livelli d’insegnamento – ribadisce Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – : per quanto riguarda l’Ape volontaria, invece, con i lavoratori chiamati a restituire fino a 500 euro al mese per vent’anni in cambio di tre anni e mezzo di anticipo pensionistico, continuiamo ad avere grossi dubbi. Non si tratta, di certo, di proposte da accettare a occhi chiusi: alla resa dei conti, stiamo parlando di un ammortizzatore sociale, un ponte verso la pensione, che il beneficiario dovrà pagare a carissimo prezzo”.

“Non dimentichiamo inoltre – continua il presidente Anief – che le pensioni attuali e future sono state già penalizzate dal nuovo modello di calcolo contributivo: ridurle di un importo così importante, significa portarle abbondantemente sotto i mille euro e sempre più vicino all’assegno sociale. Ovvero, lavorare e pagare contributi per quasi 40 anni, per poi ritrovarsi in mano poco più di chi non ha svolto nemmeno un giorno di lavoro. E che dire degli effetti devastanti sul fronte dei servizi? Nella scuola, a esempio, abbiamo già oggi il corpo docenti più vecchio (3 su 4 hanno oltre 50 anni, il doppio dell’area Ocse) e malpagato (meno di 30mila euro lordi l’anno). A breve – conclude Pacifico – raggiungeremo un record inarrivabile”.

Si ricorda che, per l’accoglimento della domanda di pensionamento anticipato, rimane necessario aver compiuto 63 anni di età e avere un trattamento pensionistico lordo non superiore ai 1.500 euro mensili. È bene ricordare che attraverso l’Ape Social i lavoratori non attingono a un prestito, ma ricevono dall’Inps una cifra uguale alla pensione certificata al momento della richiesta, fino all’importo massimo dei 1.500 euro lordi.

Per districarsi meglio sulla materia e sulle continue variazioni e opportunità, Anief ha siglato una convenzione con il Centro servizi Cedan, società autorizzata a erogare, per mezzo della confederazione Cisal, servizi di Caf e patronato: tramite i referenti Cedan, sarà possibile conoscere la rata della pensione con l’Ape volontaria, in modo da permettere di affrontare l’eventuale adesione con la massima consapevolezza. Altri servizi sono rappresentati dalla compilazione ed elaborazione del modello 730, Isee e ogni pratica di natura fiscale: domande di pensioni, disoccupazione e assistenza previdenziale. Ricordiamo che è possibile inoltre presentare la prossima dichiarazione dei redditi e di disoccupazione

Dislessia, arriva Alta leggibilità: la ‘cura’ che potrebbe creare i migliori adulti del futuro

da Il Fatto Quotidiano

Dislessia, arriva Alta leggibilità: la ‘cura’ che potrebbe creare i migliori adulti del futuro

Non a tutti i bambini piace leggere. A volte per pigrizia, o come riflesso degli esempi scoraggianti che diamo noi adulti. Ma a volte capita di nascere con problemi di non facile identificazione. E per risolverli occorrono comprensione, competenza , strumenti. Soprattutto, strumenti dedicati. Durante la mia esperienza di libraio mi sono confrontato con genitori che avevano bisogno di libri per bambini con disturbi di apprendimento, desiderosi non solo di leggere per il proprio piacere, ma anche per superare i “complessi” sorti in classe, dove, per la difficoltà di seguire il testo o di comprendere e ricordare ciò che si era appena letto, venivano indicati come svagati, distratti o perfino sciocchi. E invece si trattava solo di dislessia, un disturbo neurologico caratterizzato dall’incapacità di leggere e intendere un testo, pur comprendendone ogni singola parola, diagnosticabile solo dopo i sette anni.

La prima volta che ho sentito parlare di questo disturbo è stato vedendo una puntata della serie Beverly Hills 90210. Potrà sembrare ridicolo, ma in famiglia nessuno ne soffriva e, negli anni della scuola, maestre o professori non ne avevano mai parlato. Quindi nessuno aveva suggerito soluzioni basate su testi specifici. Erano volati solo pregiudizi. Col tempo, la consapevolezza nei confronti di questi disturbi si è fatta maggiore, portando l’Associazione italiana dislessia (Aid) a riscontrare la presenza in ogni classe italiana di almeno un bambino con problemi di apprendimento nella lettura, nelle competenze ortografiche, grammaticali, o nei calcoli matematici.

Come di consueto, rispetto all’estero siamo in arretrato. Ma per fortuna anche in Italia c’è qualcuno che ha scelto di dedicarsi a combattere questi problemi con impegno e professionalità. I pionieri nostrani, fondatori del progetto Alta leggibilità, sono i responsabili della casa editrice Biancoenero che, da oltre venti anni, costruisce storie per riavvicinare bambini e ragazzi dislessici alla lettura. Per far questo hanno lavorato due anni alla realizzazione di un carattere topografico capace non solo di ridurre al minimo le incertezze nei lettori, ma di essere fruibile e godibile da chiunque, anche nella prospettiva di non creare dipendenze dallo stesso, in una visione non statica ma dinamica dell’alta leggibilità. Perché i lettori crescono.

Assenza del Presidente o dei commissari degli Esami di Stato

da La Tecnica della Scuola

Assenza del Presidente o dei commissari degli Esami di Stato

Il 19 giugno inziano gli esamidi Stato 2016/2017 con la riunione preliminare. Cosa succede se si dovesse assentare il Presidente o un commissario degli esami di Stato?

Questa è una domanda che in tanti si pongono.

Bisogna sapere che il Presidente o il commissario di esame si possono assentare al massimo per un giorno, infatti per assenze più prolungate scatta immediatamente la sostituzione del componente di Commissione.

La norma che regola le sostituzioni dei componenti di commissione è l’art.11 del DM 257 del 4 maggio 2017. Nel comma 3 del su citato art.11 è scritto che le sostituzioni di componenti le commissioni, che si rendano necessarie per assicurare la piena operatività delle commissioni stesse sin dall’insediamento e dalla riunione preliminare, sono disposte dal Direttore Generale o dal Dirigente preposto all’Ufficio Scolastico Regionale, secondo le disposizioni di cui all’art. 16 del citato decreto ministeriale n. 6 del 17 gennaio 2007.

Tali sostituzioni e l’eventuale copertura di posti rimasti vacanti al termine della procedura di nomina devono essere immediatamente registrate a “SIDI”, utilizzando le specifiche funzioni dell’area esami di Stato.

Relativamente alla correzione delle prove scritte, in caso di assenza temporanea (intesa quale assenza la cui durata non sia superiore ad un giorno) di uno dei commissari, si rende possibile il proseguimento delle operazioni d’esame, sempreché sia assicurata la presenza in commissione del presidente o del suo sostituto e almeno del commissario della prima e della seconda prova scritta e, nel caso di organizzazione della correzione per aree disciplinari, la presenza di almeno due commissari per area.

Resta ferma la responsabilità collegiale dell’intera commissione.

Durante l’espletamento del colloquio, nell’ipotesi di assenza temporanea dei commissari, devono essere interrotte tutte le operazioni d’esame relative allo stesso. Il colloquio deve svolgersi, infatti, in un’unica soluzione temporale alla presenza dell’intera commissione che procede all’attribuzione del relativo punteggio nello stesso giorno nel quale viene effettuato.

Qualora si assenti il presidente, sempre per un tempo non superiore ad un giorno, possono effettuarsi le operazioni che non richiedono la presenza dell’intera commissione. In luogo del presidente, deve essere presente in commissione il suo sostituto.

L’assenza temporanea dei componenti della commissione deve riferirsi a casi di legittimo impedimento debitamente documentati e rigorosamente accertati.

Pensioni, parte l’Ape agevolata ma il Governo vuole alzare l’età minima a 67 anni

da La Tecnica della Scuola

Pensioni, parte l’Ape agevolata ma il Governo vuole alzare l’età minima a 67 anni

I decreti sul pensionamento anticipato dei lavoratori precoci e sull’Ape social sono giunti in Gazzetta Ufficiale: dal 17 giugno è possibile inviare le domande all’Inps.

Per la scuola, ricordiamo, possono però accedere solo le educatrici e i maestri della scuola materna. Complessivamente, nel 2017 potranno andare a riposo, secondo le stime del Governo, circa 60.000 persone (35.000 per l’Ape sociale e 25.000 per i precoci), mentre altri 45.000 potrebbero avere i requisiti nel 2018 (20.000 Ape sociale e 25.000 precoci).

“Viene data l’opportunità a lavoratori in condizioni di difficoltà, per quest’anno stimati in circa 60.000 – ha detto il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti – di anticipare fino a tre anni e sette mesi l’età di pensionamento, con potenziali effetti positivi sul ricambio generazionale in azienda e quindi sulle opportunità di ingresso al lavoro per i giovani”.

Le domande potranno essere fatte esclusivamente per via telematica e per il 2017 andranno inviate entro il 15 luglio.

Inoltre, se qualcuno avesse già presentato la richiesta questa andrà nuovamente inviata perchè valida solo dopo la pubblicazione dei decreti in Gazzetta.

Il provvedimento non è garantito negli anni: per l’Ape le domande per il 2017 andranno accolte entro una spesa di 300 milioni. L’Inps metterà a punto una graduatoria entro il 15 ottobre. In caso di risorse insufficienti avranno la priorità coloro che sono più vicini all’età per la pensione di vecchiaia.

L’agenzia Ansa ha predisposto una sintesi su cosa prevedono le norme che consentiranno il pensionamento anticipato ai lavoratori precoci con almeno 41 anni di contributi e di ottenere l’indennità l’Ape ai disoccupati e disabili con almeno 63 anni e con ammortizzatori sociali esauriti. La misura “sociale” è sperimentale in vigore dal 1 maggio 2017 al 31 dicembre 2018, mentre quella per i precoci e’ stabile e prevede un pensionamento a tutti gli effetti.

APE: A CHI E’ RIVOLTO

L’Anticipo spetta ai lavoratori pubblici e privati con almeno 63 anni di età purché siano disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi; persone che assistono il coniuge o un parente di primo grado convivente con handicap grave; invalidi civili almeno al al 74%; dipendenti che svolgono da almeno sei anni (negli ultimi sette) in via continuativa un lavoro particolarmente difficoltoso o rischioso.

COME FUNZIONA

L’indennità e’ corrisposta per 12 mensilità nell’anno, fino all’età prevista per il conseguimento della pensione di vecchiaia o comunque fino al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata. Nel caso in cui le risorse finanziarie stanziate siano insufficienti rispetto al numero degli aventi diritto, la decorrenza dell’indennità e’ differita dando priorità ai richiedenti più anziani.

QUANTO SPETTA

L’indennità è pari all’importo della rata mensile di pensione calcolata al momento dell’accesso alla prestazione (se inferiore a 1.500 euro) o pari a 1.500 euro se la pensione è pari o maggiore di questo importo. L’importo non e’ rivalutato. REQUISITI: Bisogna avere almeno 63 anni di età e almeno 30 anni di anzianità contributiva per disoccupati e disabili. Per i lavoratori che svolgono attività difficoltose o rischiose l’anzianità contributiva minima e’ di 36 anni; maturare il diritto alla pensione di vecchiaia entro tre anni e sette mesi; non essere titolari di pensione diretta.

SI PUO’ LAVORARE

Il beneficiario dell’Ape sociale può lavorare purché i redditi da lavoro percepiti non superino gli 8.000 euro lordi annui, e quelli derivanti da lavoro autonomo non superino i 4.800 euro. In caso di superamento dei limiti il soggetto decade dall’Ape sociale, l’indennità percepita nel corso dell’anno diventa indebita e si procede al recupero.

PRECOCI

I lavoratori precoci, ovvero coloro che hanno lavorato almeno un anno prima dei 19 anni, potranno andare in pensione con 41 anni di contributi, anche prima dei 63 anni di età. Il requisito in futuro (nel 2019) sarà adeguato alla speranza di vita. Potranno fare richiesta i lavoratori precoci disoccupati che hanno esaurito gli ammortizzatori da almeno tre mesi, invalidi con un grado di almeno il 74% o coloro che svolgono da almeno sei anni in via continuativa un’attività gravosa. La domanda va presentata all’Inps entro il 15 luglio in caso di requisiti raggiunti entro il 2017 e entro il 1 marzo degli anni successivi per i requisiti che si raggiungono entro l’anno. Il limite di spesa per il 2017 per i precoci è di 360 milioni.

Nel frattempo, si intensificano le indiscrezioni su una “stratta” ulteriori dei requisiti per andare in pensione: secondo il Corriere della Sera, il Governo starebbe seriamente pensando all’ipotesi di arrivare a 67 anni di età dal 2019: si tratterebbe di un incremento di ben cinque mesi rispetto agli attuali 67 anni e 7 mesi. Il motivo dell’inasprimento, sarebbe legato alla speranza di vita in aumento. Il decreto è atteso subito “dopo l’estate”.

I genitori contro il gender e la ministra

da La Tecnica della Scuola

I genitori contro il gender e la ministra

Ieri davanti al Miur centinaia di genitori hanno manifestare per il diritto di priorità educativa della famiglia e al consenso informato sui programmi extracurriculari relativi a temi sensibili.
“L’iniziativa – spiega una nota di Generazione Famiglia che ha promosso la manifestazione insieme ad altre sigle familiari – segue le polemiche delle ultime ore, causate dalla risposta stizzita del ministro Valeria Fedeli che dice di non aver compreso i motivi della protesta, nonostante le associazioni familiari abbiano dichiarato di averla puntualmente informata ripetute volte nei mesi scorsi”.

“I promotori – si legge nella nota – hanno infatti più volte recapitato al Miur la documentazione relativa all’ingresso nelle scuole di corsi sulla sessualità e l’affettività fondati sull’ideologia gender e quasi sempre gestiti dalle associazioni lgbt, senza il previo coinvolgimento delle famiglie. Lo stesso portavoce del Family Day, Massimo Gandolfini, ha incontrato il ministro per rappresentargli con precisione la natura del disagio che ha portato alla manifestazione. Non è un mistero infatti che, anche durante l’anno scolastico che si è appena concluso, nonostante le rassicurazioni iniziali, si sono registrate decine di controverse iniziative rivolte alle scolaresche e la diffusione di letture anti-scientifiche come quelle di favole con i protagonisti che hanno due mamme o due papa”.
“Per questo motivo Generazione Famiglia- conclude la nota-  e le altre sigle promotrici della manifestazione ribadiranno  le richieste già avanzate al Miur: l’espulsione di qualsiasi approccio ideologico dalle scuole sui temi della sessualità e dell’affettività, la richiesta di consenso informato preventivo sulle stesse, la possibilità di esonero in caso di mancato consenso e l’assicurazione di attività scolastiche alternative per gli esonerati”.

Dacia Maraini: la scuola funziona male, salvata da docenti-eroi con stipendi bassissimi

da La Tecnica della Scuola

Dacia Maraini: la scuola funziona male, salvata da docenti-eroi con stipendi bassissimi

Per fortuna oggi che nella scuola italiana “c’è una rete di giovani insegnanti appassionati che la sostengono pur con uno stipendio bassissimo. Un maestro oggi è un eroe”.

A dirlo, il 17 giugno, è stata la scrittrice Dacia Maraini a Caldonazzo, in provincia di Trento, ospite del Trentino book festival parlando del protagonista del suo libro ‘La bambina e il sognatore’.

Poiché il testo ha come protagonista un maestro elementare, alla Maraini è stato chiesto un giudizio sui nostri istituti scolastici e sulla formazione in Italia delle nuove generazioni.

La scrittrice ha espresso un giudizio severo e negativo sulle istituzioni scolastiche: in Italia, ha tuonato, “la scuola è un’istituzione che funziona malissimo, si sbaglia anche a chiamare il preside dirigente, perché la scuola non è un’azienda e deve formare, non produrre“.

La Maraini ha anche tenuto a dire che “la scuola funziona male anche da un punto di vista architettonico”.

A proposito della legge sullo ius soli, la scrittrice sostiene che “viene presa in maniera superficiale invece è abbastanza complessa, perché un bambino, figlio di emigranti, per ricevere lo status di cittadino italiano deve avere genitori che lavorano stabilmente da anni in Italia, deve avere fatto tanti anni di scuola e non è quindi una cosa automatica. Dietro c’è una serie di condizioni che secondo me sono giuste, ovvero si può prendere la cittadinanza se si sono frequentate scuole italiane e se si rispettano le leggi italiane”.

“Noi siamo un popolo di emigranti – ha concluso la Maraini – sappiamo meglio di tanti altri cosa vuol dire emigrare e non vedo perché non possiamo accettare che i figli degli immigrati possano diventare cittadini italiani“.

Assegnazione provvisoria agli assunti della Buona Scuola, perché il blocco va superato

da La Tecnica della Scuola

Assegnazione provvisoria agli assunti della Buona Scuola, perché il blocco va superato

“Deve essere realizzato un piano di rientro definitivo dei docenti che hanno subito la mobilità forzata dello scorso anno scolastico, gestita da un algoritmo errato”.

A chiederlo sono i comitati dei docenti del Sud, che chiedono a gran voce la concessione delle assegnazioni provvisorie in deroga al vincolo triennale anche per il prossimo anno scolastico. Deroga su cui il Ministero ha imposto un secco stop proprio nell’ultimo anno del triennio, dopo averle concessa per il 2006-2017.

A dare manforte alle richieste dei docenti è arrivata, il 15 giugno, la perizia voluta dalla Gilda degli Insegnanti sul contestato algoritmo sulla mobilità: “Le anomalie dell’algoritmo, evidenti sin da subito lo scorso anno ai docenti ingiustamente trasferiti e vessati dalle continue trovate della “Buona Scuola”, ora sono definitivamente  confermate e la perizia tecnica del pool di esperti ingaggiato dalla Gilda, non lascia dubbi”, si legge nel comunicato congiunto firmato da Osservatorio Diritti Scuola, Nastrini Liberi Uniti, 8000 esiliati fase B, Coordinamento docenti fase C e Nastrini rossi.

“Le conseguenze drammatiche del piano di assunzioni che avrebbe dovuto sanare il precariato nella scuola e correre ai ripari dopo le bacchettate della Corte Europea, sono ormai sotto gli occhi di tutti – spiegano la nota –  e la conferma della gestione dei trasferimenti per  mezzo di un sistema informatico fallato e dunque fallace, le rende ancora più evidenti e inaccettabili.  Oggi dunque si legittima ancora di più la richiesta forte e compatta di concedere le assegnazioni in deroga al vincolo triennale senza alcuna limitazione”.
Secondo i comitati, lo spazio per le assegnazioni al Sud sarebbe più che sufficiente per accogliere tutte le richieste e citano il dato dei posti in deroga sul sostegno, che rappresentano “il 90% di quelli disponibili per comprendere quante cattedre, in caso dell’applicazione di ulteriori vincoli, resterebbero scoperte”.
Le assegnazioni provvisorie costituirebbero quindi “una forma di parziale e momentaneo risarcimento dei danni incalcolabili che la “Buona scuola” e l’amministrazione scolastica ha determinato negli ultimi anni alle famiglie degli alunni e alle famiglie dei docenti e del personale tutto della scuola”.

Su formazione dei docenti e piattaforma Sofia esiste una grande disinformazione

da La Tecnica della Scuola

Su formazione dei docenti e piattaforma Sofia esiste una grande disinformazione

Negli ultimi Collegi dei docenti dell’anno scolastico 2016/2017 si è parlato di formazione obbligatoria e piattaforma Sofia. Molta la confusione e la disinformazione.

In qualche scuola sembrerebbe, stiamo accertando la veridicità della fonte, che addirittura si è arrivati a negare le ferie ai docenti se non sono stati inseriti nella piattaforma sofia i corsi di formazione svolti durante quest’anno scolastico per almeno 50 ore di aggiornamento effettivamente svolto.

Alcuni dirigenti scolastici hanno sottolineato, anche con l’ausilio di slide, che la formazione è obbligatoria, continua e permanente, infatti hanno citato le fonti legislative che obbligano i docenti a svolgere attività di formazione con carattere di continuità. Secondo questa linea interpretativa, basata su valutazioni burocratiche e non concordate con i sindacati, i docenti sarebbero chiamati a svolgere obbligatoriamente la formazione, soprattutto quella relativa al piano triennale dell’offerta formativa, caricando i corsi online “a pagamento” che andrebbero a scaricarsi dal catalogo interno alla piattaforma Sofia.

Nel catalogo della piattaforma Sofia si trovano corsi a pagamento proposti da Andis, Eurosofia, Confao, Associazione Crescere, CifiScuola, ecc…, sarebbero questi i corsi da potere acquistare e inserire nel proprio portfolio delle iniziative formative.

In buona sostanza sembrerebbe un commercio di corsi e corsetti da acquistare per arricchire il proprio bagaglio formativo, tutto questo andrebbe fatto con carattere di obbligatorietà ai sensi del comma 124 della legge 107 del 13 luglio 2015.

Inoltre i dirigenti scolastici “impongono” ai propri docenti la frequenza della formazione organizzata dalle scuole referenti dell’ambito territoriale, senza precisare che al momento non esiste carattere di obbligatorietà.

Bisogna sapere che la formazione è un tema di contrattazione e viene regolata, applicando le norme legislative vigenti, dal contratto collettivo nazionale di categoria. Inoltre con il nuovo testo unico del pubblico impiego, il contratto ha la possibilità di regolare ciò che la legge non regola, come ad esempio le modalità di partecipazione alla formazione e il tempo da dedicare alla formazione per ogni anno scolastico.

Infatti i dirigenti scolastici si dimenticano di dire che lo stesso comma 124 della legge 107/2015, parla senza ambiguità interpretative di “formazione in servizio dei docenti di ruolo”, specificando poi il fatto che tale formazione è obbligatoria, permanente e strutturale. Il termina formazione in servizio, significa che tale formazione deve essere svolta all’interno delle ore di servizio previste nel contratto collettivo nazionale e non al di fuori come viene preteso da alcuni Dirigenti scolastici.

Per cui sembra chiaro che in attesa di quello che sarà deciso nel nuovo contratto scuola che dovrebbe essere rinnovato tra la fine del 2017 e i primi mesi del 2018, la formazione continuerà ad essere regolata dall’attuale contratto. Per cui la formazione dovrà passare per l’approvazione di un voto di Collegio. Inoltre se si trattasse di formazione in servizio, ai sensi del comma 124 della legge 107/2015, dovrebbe essere inserita comunque nelle 40 ore del piano delle attività annuali riguardanti le attività Collegiali. In tutti gli altri casi si tratterebbe di attività di formazione “fuori dall’orario di servizio” e in tal caso l’obbligatorietà potrebbe essere illegittima.

Prima prova Maturità 2017, – 3 giorni al via: il totoesame definitivo dei maturandi

da Tuttoscuola

Prima prova Maturità 2017, – 3 giorni al via: il totoesame definitivo dei maturandi 

Dopo mesi di rilevazioni i maturandi pare abbiano le idee chiare sui papabili protagonisti della prima prova Maturità 2017. Pirandello, le stragi di mafia, il terrorismo e l’Unione Europea: sono questi i temi messi in cima ai pronostici della vigilia dai 2500 ragazzi che hanno partecipato al sondaggio di Skuola.net a meno di una settimana dall’inizio dell’esame.

Quello di Luigi Pirandello è stato un crescendo costante; punto dopo punto ha lasciato al palo i contendenti e si è imposto quasi come l’unica opzione valida, la più probabile, per uscire nell’analisi del testo il giorno dello scritto d’italiano. A inizio aprile era al 17%, oggi sale fino al 23%. Gli unici a tenergli testa sono Giuseppe Ungaretti (all’11%) ed Eugenio Montale (10%). A sottolineare il fatto che i maturandi credono nel potere della tradizione: Pirandello è già uscito nel 2013 (fattore che aumenta le sue quotazioni), gli altri due addirittura cinque volte negli ultimi 15 anni (Ungaretti nel 2006 e nel 2011), Montale (nel 2004, 2008 e nel 2012). Si spegne la pista Dario Fo: se fine a qualche tempo fa era in terza posizione oggi è piantato all’8% di preferenze.

Accelerazione finale decisiva anche nella categoria ‘personaggi famosi’. Dal 28% al 38%, dieci punti percentuale in appena un mese: Giovanni Falcone e Paolo Borsellino devono esser sembrati i protagonisti perfetti per un saggio breve che richieda ai maturandi di parlare di mafia. In più, siamo nel 25esimo anniversario delle stragi di Capaci e via D’Amelio. Ma che il 2017 sia l’anno di Pirandello lo dimostra il fatto che l’autore siciliano entra anche in questa mini-classifica: con il 26% dei voti si piazza in seconda posizione. Se non altro perché ricorrono i 150 anni dalla sua nascita. Molto più indietro (10%) troviamo Umberto Saba, nei 60 anni dalla sua morte.

Rimanendo in tema di ricorrenze, il toto-tracce dei maturandi 2017 vive sul duello Italia-Unione Europea. Perché al vertice ci sono due temi di stampo storico politico. Da un lato i 60 anni dalla firma dei Trattati di Roma, una delle tappe fondamentali nel processo d’integrazione europea, che ottiene il 21% di consensi confermandosi in prima posizione. Dall’altro i 70 dalla firma della Costituzione italiana, che cresce lentamente (oggi è al 16%) mantenendo la seconda piazza. Tema, quest’ultimo, insidiato dai 20 anni dal Nobel a Dario Fo (anch’esso al 16%) che, escluso dall’analisi del testo, potrebbe tornare nel saggio breve. Tutte tematiche di cui si è molto discusso nella prima parte del 2017.

L’ennesima conferma che i ragazzi siano particolarmente legati ai fatti da copertina l’abbiamo guardando alle previsioni per la traccia d’attualità. Inevitabile che l’argomento terrorismo offuschi tutto il resto: la nuova ondata di terrore che ha interessato mezza Europa ha portato ne ha spinto in alto le quotazioni fino al 33% (quattro settimane fa era appena al 20%). Praticamente un terzo dei maturandi lo vede come tema d’attualità per eccellenza. Agli altri solo le briciole: per conquistare la seconda posizione basta il 10%, ad aggiudicarsela l’elezione di Donald Trump alla presidenza degli Stati Uniti d’America, in lieve discesa nei pronostici; così come il tema immigrazione, che non si muove dal 9% e conferma il terzo posto.

Voto di Maturità 2017: come funziona e come si calcola

da Tuttoscuola

Voto di Maturità 2017: come funziona e come si calcola

In attesa dell’innovazione dell’esame di maturità che arriverà tra due anni, anche per la determinazione del voto di Maturità si continuerà ad applicare le attuali regole per quest’anno e per l’anno prossimo.

Voto di Maturità: i crediti scolastici

Va ricordato, innanzitutto, che una parte del voto finale della Maturità viene determinata ben prima dell’esame, addirittura due anni prima. Infatti, 25 dei 100 punti che compongono il voto finale, sono definiti dai crediti scolastici, integrati dai crediti formativi, assegnati nello scrutinio finale del terzo, quarto e quinto anno, secondo una tabella allegata all’ordinanza sugli esami. I crediti scolastici sono assegnati sulla base della media dei voti, comprensiva del voto di comportamento. Il consiglio di classe può integrare il voto assegnato – all’interno della fascia di votazione conseguita – sulla base di crediti formativi documentati per attività extrascolastiche.

Crediti scolastici

Media dei voti       (in decimi) terzo anno quarto anno quinto anno Totale punti
6 3-4 3-4 4-5
tra 6 e 7 4-5 4-5 5-6
tra 7 e 8 5-6 5-6 6-7
tra 8 e 9 6-7 6-7 7-8
tra 9 e 10 7-8 7-8 8-9
mx 25

Voto di Maturità: quanti punti valgono le prova scritte?

Come è noto, le prove scritte d’esame sono tre più un colloquio finale. La prima prova è uguale per tutti gli indirizzi e riguarda italiano con una batteria di tipologie differenziate; la seconda prova è specifica per ogni indirizzo di studio, mentre la terza è predisposta dalla commissione d’esame e vie individuata convenzionalmente come “il quizzone”. La Commissione dispone di 15 punti massimi per la valutazione di ciascuna prova scritta per un totale massimo di 45 punti. Per la sufficienza occorre conseguire non meno di 10 punti in ciascuna prova.

Voto di Maturità: quanti punti vale il colloquio orale?

Per il colloquio la Commissione dispone di 30 punti; per conseguire la sufficienza il punteggio non può essere inferiore a 20.

Voto di Maturità: come si arriva al punteggio finale

Il punteggio finale d’esame (in centesimi) è dato dalla somma dei punteggi conseguiti nel credito scolastico di ammissione, nelle tre prove scritte e nel colloquio. A tale somma finale è possibile attribuire anche un bonus fino a 5 punti aggiuntivi, purché ricorrano queste due condizioni: credito scolastico finale di almeno 15 punti, risultato complessivo delle prove pari ad almeno 70 punti. Infine, per i candidati che, senza l’integrazione del bonus, raggiungono il punteggio di 100 può essere attribuita, con decisione unanime della Commissione, la lode.

Come cambia la Maturità

Dall’anno scolastico 2018/19 la Maturità subirà diversi cambiamenti. Dal numero di prove, ai crediti scolastici, passando per Invalsi e alternanza scuola – lavoro, Tuttoscuola ha approfondito tutte queste e le altre novità che vedranno protagonista l’esame di Stato in una diretta gratuita di dal titolo “Come cambia la Maturità. Il nuovo esame di Stato”. In occasione di questo seminario abbiamo è stata inoltre lanciata la guida “Come cambia la Maturità”, scaricabile gratuitamente per gli iscritti al sito.