Nel decreto Sud norma sul costo standard

Università, Fedeli: “Garantita agli atenei certezza sulle risorse”
Nel decreto Sud norma sul costo standard,
sbloccata l’assegnazione dei fondi”

Dare certezza al mondo universitario sulla distribuzione delle risorse per il 2017. Confermare gli stanziamenti già effettuati nel periodo 2014-2016. Disciplinare in modo coerente ed esaustivo la materia del costo standard. Sono gli obiettivi della norma contenuta nel cosiddetto decreto Sud varato dal Governo e bollinato ieri.

La norma si è resa necessaria dopo la sentenza della Consulta dello scorso 11 maggio, che è intervenuta sulle modalità con cui è stata esercitata la delega al Governo nella fase di attuazione del costo standard introdotto dalla legge 240 del 2010. In particolare, la Corte ha dichiarato incostituzionali due articoli (l’8 e in parte l’articolo 10) del decreto legislativo 49 del 2012. La sentenza non ha inciso sull’introduzione dello strumento del costo standard come modalità di ripartizione delle risorse finanziarie. Ma la Corte ha ritenuto che i principi e i requisiti generali del costo standard, soprattutto la definizione dei criteri e degli indici necessari per il calcolo e la progressione negli anni, vadano fatti ‘risalire’ al rango di norma primaria.

“La norma approvata è molto importante, è frutto di un approfondito lavoro da parte del Miur e dimostra ancora una volta che per il Governo l’università è un tema prioritario. Il provvedimento dà immediata esecuzione a quanto richiesto dalla Corte Costituzionale, disciplinando finalmente in modo coerente ed esaustivo la materia del costo standard – sottolinea la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli -. Il provvedimento consente una rapida ed integrale assegnazione delle risorse statali per il 2017, offrendo certezza alle università sui fondi a disposizione. Assicura poi agli atenei il mantenimento delle risorse ricevute nell’ultimo triennio, visto che, peraltro, proprio sulla base della disponibilità di questi fondi, hanno già approvato i loro bilanci e preso impegni, fra cui anche quelli relativi all’assunzione di personale”.

Lo sblocco delle risorse per il 2017 “mette in sicurezza anche l’attuazione della ‘no tax area’ – chiude Fedeli – che consentirà a ragazze e ragazzi con famiglie con ISEE inferiori a 13.000 euro di non pagare le tasse per l’ingresso all’università. Una norma finanziata proprio attraverso il fondo ordinario degli atenei che rischiava di rimanere bloccata”.

Il papa esalta l’opera di educatore “rivoluzionario” di don Milani

Il papa esalta l’opera di educatore “rivoluzionario” di don Milani. Gli autori delle pessime leggi sulla scuola farebbe bene ad essere coerenti

La visita di papa Francesco a Barbiana, in occasione del cinquantennale della morte di don Lorenzo Milani, non solo mette finalmente la parola fine su mezzo secolo di polemiche e di errori della Chiesa sulla qualità del sacerdote e sulla sua fedeltà alla Parola evangelica, ma ripropone e rilancia il senso, mai dimenticato, della missione educativa di don Lorenzo. Le parole di papa Francesco sono dure come pietre, e non si prestano a usi propagandistici, soprattutto quando rende merito a don Milani e a don Primo Mazzolari di essere stati “i volti di un clero non clericale”, che hanno “lasciato una traccia luminosa e scomoda”. In particolare, papa Francesco rende merito al senso dell’impresa educativa di don Milani, ovvero spingere la scuola verso “la crescita di una coscienza libera, capace di confrontarsi con la realtà”, ed è proprio “la parola che potrà aprire la strada alla piena cittadinanza nella società, mediante il lavoro”. Papa Francesco riconosce nell’istruzione e nel lavoro la dignità stessa della persona umana, e accentua il valore della conoscenza, delle parole, come vie per il pieno dispiegarsi della cittadinanza. Ciò che dovrebbe essere la missione fondamentale e costituzionale della scuola, di ogni ordine e grado.

Nel discorso di Papa Francesco c’è tutto il rispetto che la vita e l’opera di don Lorenzo Milani richiedono da cinquant’anni. Un rispetto che altri non hanno avuto quando hanno elaborato le pessime leggi che hanno cambiato la scuola italiana, quando hanno letteralmente distrutto il senso dell’apprendimento come “crescita di coscienze libere”, come recita la nostra Costituzione, e quando l’hanno trasformata in uno degli elementi strutturali del privilegio, del classismo, delle disuguaglianze sociali. Questi stessi campioni della distruzione della scuola costituzionale oggi plaudono alle parole di Francesco e all’opera di don Milani. Quanta ipocrisia e quanto farisaismo nei loro twitter e nei loro comunicati. Oltre al danno delle leggi prodotte sulla scuola da un decennio, pure la beffa della loro presunta “emozione”, a commento del viaggio di Francesco a Barbiana. Eppure sarebbe bastato leggerlo, don Milani, prima di scrivere quelle leggi.

Don Milani, il prete che pensò la scuola come strumento per elevare gli ultimi: non per la cultura, ma per la giustizia

da Il Fatto Quotidiano

Don Milani, il prete che pensò la scuola come strumento per elevare gli ultimi: non per la cultura, ma per la giustizia

Riformatore, pacifista, pedagogo. Ma ad alimentare il suo essere sacerdote non furono fede, obbedienza, scuola. Ma giustizia. “La povertà dei poveri non si misura a pane, a casa, a caldo. Si misura sul grado di cultura e sulla funzione sociale

Insegnamenti «opzionali» per svuotare le graduatorie

da Il Sole 24 Ore

Insegnamenti «opzionali» per svuotare le graduatorie

di Laura Virli

A quasi due anni dal varo della legge 107, la vita di famiglie e studenti non è stata stravolta positivamente, come era stato annunciato. Molte delle novità – alcune molto ambiziose – previste dalla riforma sono ancora lungi dall’arrivare. Se i progetti sull’inclusione, per far fronte a un’emergenza tutta italiana, sono stati finanziati, e i laboratori territoriali sono diventati una realtà, in tema di alternanza scuola lavoro sono presenti più ombre che luci e il potenziamento dell’offerta didattica è rimasto quasi tutto sulla carta. Vediamo nel dettaglio gli sviluppi.

Fondi e bonus

Grazie a un fondo cospicuo messo a disposizione dal Miur, sono stati avviati numerosi progetti per l’accoglienza dei minori stranieri presenti nel sistema scolastico, arrivati nel nostro Paese con le recenti migrazioni. Sono stati finanziati e avviati, già dallo scorso anno, 58 laboratori territoriali, spazi altamente tecnologici, promossi da partenariati innovativi tra scuole e attori del territorio, dove gli istituti, in primis i tecnici e i professionali, possono fare alternanza e lottare contro la dispersione.

Dopo il rinvio dello scorso anno, il buono scuola è diventato realtà: avranno un beneficio fiscale nella prossima dichiarazione dei redditi tutti coloro che faranno donazioni a favore delle scuole, sia statali che paritarie, per la costruzione e la manutenzione di nuovi edifici, per la promozione di progetti dedicati degli studenti.

Quest’anno scolastico l’alternanza scuola-lavoro è diventata obbligatoria anche per gli studenti delle classi quarte superiori, dopo essere partiti a settembre 2015 con gli alunni di terza, e coinvolgerà almeno 1,15 milioni di ragazzi. Ma, visto il rinvio del nuovo esame di Stato al 2018-2019, gli studenti che lo scorso anno in terzo hanno iniziato le attività di alternanza, perderanno l’opportunità di farle valere nel credito scolastico.

Le criticità

In previsione della disponibilità dell’organico dell’autonomia e dei cosiddetti posti aggiuntivi di potenziamento, le scuole del primo ciclo hanno previsto nei loro Ptof il potenziamento delle aree linguistica e artistico-musicale; il secondo ciclo, soprattutto quelle linguistica e scientifica; a seguire le aree socio-economica e artistico-musicale.

In applicazione dei commi 28-31 della legge 107, le scuole superiori hanno introdotto, a partire dal terzo anno, «insegnamenti opzionali» tra cui corsi di lingua, di giornalismo, laboratori di teatrali, di scrittura creativa, di musica, di arte, di cinema e storia, di fotografia, di robotica, di economia, di astronomia, di medicina.

Per passare ai fatti concreti, era necessario che i posti di potenziamento venissero assegnati in coerenza ai Ptof. Così non è stato: nelle scuole del primo ciclo sono stati assegnati massimo tre posti di potenziamento; meglio nel secondo ciclo, dove sono arrivati anche nove, dieci docenti di potenziamento; peccato che questi insegnanti in più, arrivati con la massiccia immissione in ruolo, siano stati assegnati alle scuole senza tener conto dei loro bisogni. Come può un preside di una scuola di primo ciclo potenziare la musica se, pur avendolo chiesto, non ha avuto nessun docente di potenziamento di musica?

Diciamo che le buone intenzioni hanno fatto i conti con la realtà di dover svuotare le graduatorie ad esaurimento, per non incorrere nelle sanzioni europee. Sono stati assunti numerosi docenti di materie di cui non si aveva necessità, molti dei quali non avevano mai insegnato, quando invece servivano docenti di italiano e di musica, di matematica e di scienze.

Gli insegnamenti opzionali, qualora attivabili e scelti dagli studenti, dovevano essere inseriti nel curriculum dello studente, da associare ad un’identità digitale accessibile nel portale unico dei dati della scuola, istituito con il comma 136 della Buona scuola; un apposito decreto, entro 180 giorni dalla data di entrata in vigore della legge, avrebbe dovuto disciplinarne le modalità. Di questo decreto si sono perse le tracce.

Chiamata estiva

La «chiamata estiva per competenze», che doveva permettere ai presidi di avere in squadra i docenti più rispondenti alle esigenze dei Ptof, non ha funzionato: quasi tutti i docenti chiamati erano stati trasferiti in ambiti territoriali lontanissimi dalla propria residenza a causa del famigerato algoritmo, hanno poi chiesto e ottenuto l’assegnazione provvisoria per avvicinarsi ai propri familiari. A tutto ciò si è aggiunto che le regole scritte nel contratto del personale docente non sono state adeguate ai bisogni di aperura pomeridiana delle scuole e alla flessibilità didattica necessaria: come far lavorare in orario pomeridiano, senza sollevare contenziosi, un docente di scuola superiore se il contratto non lo prevede? E a farne le spese ancora una volta, sono stati gli studenti e il loro futuro.

Ancora pochi gli studenti formati in azienda

da Il Sole 24 Ore

Ancora pochi gli studenti formati in azienda

di Claudio Tucci

La misura probabilmente più ambiziosa della Buona scuola per gli studenti, è stata l’introduzione obbligatoria dell’alternanza alle superiori: si è partiti, nel 2015/2016, con i ragazzi delle classi terze; a settembre è toccato ai colleghi delle quarte; si chiuderà, il prossimo anno, con i ragazzi dell’ultimo anno.

A regime, questa esperienza di «formazione on the job» che ha fatto il successo, per esempio, della Germania e dei paesi del Nord Europa, che hanno abbattuto la disoccupazione giovanile, interesserà quasi 1,5 milioni di alunni.

Ma il primo anno di obbligatorietà, in Italia, com’è andato? Così così, ci raccontano i numeri del Miur: solo poco più di un terzo dei giovani del terzo anno ha fatto studio e pratica direttamente nelle imprese (sono stati il 36,1%). Si è sfiorato il 50% negli istituti tecnici, il 60% nei professionali (dove il collegamento con il mondo delle imprese è strutturato da tempo nei rispettivi ordinamenti scolastici), mentre nei licei, al debutto lo scorso anno, la percentuale di alunni che hanno provato sul campo l’esperienza di studio e di lavoro si è fermata al 20 per cento. Una fetta consistente di studenti ha fatto alternanza nel proprio istituto (nella forma dell’impresa simulata) e poi in enti pubblici, ordini professionali, biblioteche, asili nido, sindacati (in molti casi, però, senza un contatto diretto con il mondo produttivo). Anche a livello territoriale, i numeri parlano di una rivoluzione positiva, ma con luci e ombre: la stragrande maggioranza di imprenditori che hanno aperto le porte agli studenti è concentrata nelle regioni settentrionali (Lombardia, in testa, seguita da Veneto, Piemonte, Emilia Romagna); in Centro Italia, a spiccare sono soprattutto Toscana e Marche, mentre al Sud mostra segnali di vitalità la Puglia

Certo, l’obbligatorietà introdotta dalla legge 107 (almeno 400 ore di formazione pratica negli ultimi tre anni di tecnici e professionali, almeno 200 ore nei licei – con un finanziamento stabile di 100 milioni di euro l’anno) ha smosso qualcosa: i percorsi attivati a partire dalle classi terze sono stati quasi 30mila (29.437, per l’esattezza) e nell’82,5% dei casi con durata annuale. Complessivamente, la novità ha toccato nel 2015/2016 (direttamente o indirettamente) 652.641 alunni, pari al 45,8% del totale dei frequentanti le ultime tre classi delle superiori statali o paritarie (l’anno prima, senza l’obbligatorietà, i giovani in alternanza furono 273.111, rappresentando il 18,5% di tutti i giovani frequentanti). L’attenzione del Governo c’è: con il Dlgs di riforma degli esami di Stato, l’alternanza avrà – finalmente – un peso più marcato, diventando un vero e proprio requisito d’ammissione alla maturità e un recente bando Pon ha stanziato 140 milioni per rafforzare il link scuola-imprese.

Il punto è che ci sono ancora troppi vincoli per i datori, specie quelli più piccoli: le prime faq del Miur alle scuole non hanno semplificato oneri e burocrazia (anzi) e, nonostante i ripetuti annunci, mancano interventi che incentivino le aziende ad aprire le porte ai ragazzi. Anche la Carta con i diritti e doveri degli studenti manca ancora all’appello, ferma “al concerto” con le altre amministrazioni. Di qui la necessità di raddrizzare al più presto la strada, anche perché l’alternanza, è ormai chiaro a tutti, non è una “scorciatoia” per avere lavoro a minor costo, ma un investimento in innovazione di “cervelli”. Ed è quindi fondamentale rilanciarla e farla bene: serve ai ragazzi, ma anche alle aziende per mantenersi competitive, con l’avvento di Industria 4.0.

Chiamata diretta: accordo sindacale boicottato in molte scuole

da La Tecnica della Scuola

Chiamata diretta: accordo sindacale boicottato in molte scuole

L’accordo fra Ministero e sindacati in materia di chiamata diretta (o per competenze che dir si voglia) rischia di fallire miseramente.
Le scuole in cui i collegi dei docenti si sono rifiutati di adottare la delibera per definire i requisiti che dovranno possedere i docenti chiamati dagli albi territoriali sono ormai centinaia.
In molti casi il rifiuto dei collegi è il risultato di una vasta campagna condotta dai sindacati di base (Cobas e Unicobas soprattutto) e dalla stessa Gilda degli Insegnanti che peraltro l’accordo dell’11 aprile non lo aveva neppure firmato.
Ma il problema rischia di diventare molto complicato perchè in realtà, a due mese dalla firma del contratto, non c’è ancora traccia del parere obbligatorio e vincolante del Dipartimento della Funzione Pubblica.

Che è come dire che finora le scuole hanno agito non sulla base di una norma contrattuale ma solamente seguendo una indicazione del Ministero che potrebbe rivelarsi persino illegittima nel caso in cui la Funzione Pubblica non dia il via libera a quanto concorda fra Miur e sindacati.
E, per la verità, più passano i giorni e più aumentano le probabilità che il contratto dell’11 aprile resti solo sulla carta.

Le province non ce la fanno piu’: a settembre scuole chiuse

da La Tecnica della Scuola

Le province non ce la fanno piu’: a settembre scuole chiuse

Aprendo i lavori del seminario nazionale sullo stato di salute della finanza delle province, il presidente dell’Unione delle province italiane lancia l’ultimatum:  “I servizi che non possono più essere svolti, perché le strade mettono a rischio gli automobilisti o le scuole non sono sicure, saranno chiusi. Non possiamo essere noi a prenderci colpe delle scelte sbagliate di Governo e Parlamento che non hanno voluto assicurare con la manovra le risorse necessarie per garantire la sicurezza dei cittadini'”. 
La dichiarazione fa tornare d’attualità un problema di vecchia data: dal 2013 al 2016 le entrate delle Province sono scese del -43% e la spesa complessiva si è quasi dimezzata, arrivando a -47%.
L’82% delle entrate proprie – ha messo in evidenza il presidente Achille Variati nel corso del seminario – vengono sottratte dai territori e trattenute nel bilancio dello stato, invece di finanziare, come prescritto dall’art. 119 della Costituzione, i servizi locali.

“Un quadro scoraggiante – ha detto ancora Variati – che oltre a rappresentare chiaramente lo stato di crisi finanziaria delle Province dimostra come da tre anni a questa parte ci sia stato impedito di fare programmazione. La nostra capacità di investimento è crollata del 62% e il patrimonio pubblico che gestiamo, 130 mila chilometri di strade e tutte le 5.100 scuole superiori italiane, si sta deteriorando in maniera pericolosa”.
D’altra parte negli ultimi anni non sono mancate le decisioni di diverse province italiane di passare alla settimana corta nei licei e negli istituti tecnici per poter risparmiare almeno sui costi di gestione delle scuole o di sospendere il riscaldamento dei locali nei perodi invernali di chiusura degli edifici, con evidente disagio per il personale che opera negli uffici.

Organici Ata e supplenze bloccate, la Flc-Cgil consegna 70mila firme alla ministra: basta!

da La Tecnica della Scuola

Organici Ata e supplenze bloccate, la Flc-Cgil consegna 70mila firme alla ministra: basta!

Sono quasi 70mila le firme raccolte dalla Flc-Cgil per sensibilizzare il Miur a sbloccare gli organici del personale Ata.
Il sindacato comunica che la petizione #sbloccAta, avviata a gennaio, ha raccolto 66.969 firme: a breve, il prossimo 21 giugno, saranno consegnate alla ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli.
La Flc-Cgil ricorda che il personale amministrativo, tecnico e ausiliario “pur completamente ignorato dal Governo, e nonostante il forte aggravio dei carichi di lavoro, continua a garantire ogni giorno il funzionamento delle scuole”.

“In occasione della consegna delle firme coinvolgeremo i lavoratori e daremo loro voce, rappresentando dal vivo – aggiunge il sindacato – le condizioni in cui si vedono costretti ogni giorno, nonostante tutto, a lavorare, con un flash mob davanti all’entrata del Ministero dell’Istruzione (alle 10)”.
“Subito dopo alla ministra Fedeli, che ci riceverà, consegneremo le firme, e chiederemo un impegno politico affinché si possano subito reintegrare i 2.020 posti tagliati e di abolire il divieto alle sostituzioni in caso di assenza, con l’effetto d’intervenire immediatamente sul sovraccarico di lavoro di tutto il personale Ata”, conclude l’organizzazione Confederale riferendosi anche all’impossibilità per i presidi, a seguito della Legge di Stabilità 2015, di stipulare supplenze brevi, tranne casi particolari, per le assenze del personale Ata di ruolo.

Ancora un’altra estate di passione per la scuola?

da La Tecnica della Scuola

Ancora un’altra estate di passione per la scuola?

I risultati delle operazioni di mobilità, per il momento di infanzia e primaria, consegneranno una nuova geografia dell’insegnamento.

I timori di assistere all’ennesima estate complicata e di inizio anno scolastico di caos, provengono da tutte le parti. Lo sa bene Luca Cangemi, responsabile nazionale scuola del PCI: “La buonascuola del PD è stata diretta erede dei tagli della Gelmini e il” piano assunzionale” non ha rivisto i meccanismi che hanno fatto sparire migliaia di posti di lavoro (riduzione delle ore di lezione, aumento del numero di alunni per classe, restrizione dell’insegnamento di sostegno) mentre ha frammentato in modo assurdo le tipologie di insegnanti”.

Per Cangemi, la polemica è forte, perché va a contestare l’intero impianto scolastico italiano che incide anche a livello territoriale, con lo squilibrio Nord – Sud,
Inoltre, ci sono state meno immissioni in ruolo di quelle promesse, l’organico di fatto ancora trasformato nell’organico di diritto (neppure quando sono posti risultanti da sentenze dei tribunali come quelli sul diritto al sostegno), ancora nessun intervento sul tempo pieno al Sud.

Senza contare il problema delle assegnazioni provvisorie, dove “si assiste ad una sordità impressionante”, conclude Cangemi.

Decreto-Legge 20 giugno 2017, n. 91

Decreto-Legge 20 giugno 2017, n. 91

Disposizioni urgenti per la crescita economica nel Mezzogiorno. (17G00110)

(GU Serie Generale n.141 del 20-06-2017)

Capo I

Misure di sostegno alla nascita e alla crescita delle imprese nel
Mezzogiorno

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Visti gli articoli 77 e 87 della Costituzione;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di intensificare
gli interventi volti a favorire il superamento del divario economico
e sociale delle regioni del Mezzogiorno rispetto alle altre aree del
Paese;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di introdurre nuovi
strumenti volti a sostenere la crescita economica ed occupazionale
delle regioni del Mezzogiorno, anche attraverso l’individuazione di
misure incentivanti per i giovani imprenditori, nonche’ nuovi
strumenti di semplificazione volti a velocizzare i procedimenti
amministrativi funzionali a favorire la crescita economica nelle
regioni del Mezzogiorno e la coesione territoriale;
Ritenuta la straordinaria necessita’ ed urgenza di introdurre nuovi
strumenti sperimentali volti a consentire l’efficienza e la
trasparenza dell’azione amministrativa in favore degli enti
territoriali delle regioni del Mezzogiorno;
Ritenuta altresi’ la straordinaria necessita’ e urgenza di
prevedere interventi di sostegno alla formazione, in particolare per
le situazioni di disagio sociale, anche attraverso interventi in
favore degli enti territoriali, con particolare riguardo a quelli del
Mezzogiorno;
Vista la deliberazione del Consiglio dei ministri, adottata nella
riunione del 9 giugno 2017;
Sulla proposta del Presidente del Consiglio dei ministri e del
Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto
con i Ministri dello sviluppo economico, delle infrastrutture e dei
trasporti, dell’economia e delle finanze, delle politiche agricole
alimentari e forestali, dell’interno, dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca, per la semplificazione e la
pubblica amministrazione, del lavoro e delle politiche sociali, per
gli affari regionali, della giustizia e dell’ambiente e della tutela
del territorio e del mare;

E m a n a

il seguente decreto-legge:

Art. 1

Misura a favore dei giovani imprenditori nel Mezzogiorno, denominata
«Resto al Sud»

1. Al fine di promuovere la costituzione di nuove imprese nelle
regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia,
Sardegna e Sicilia, da parte di giovani imprenditori, con la delibera
CIPE di cui al comma 17 e’ attivata una misura denominata: «Resto al
Sud».
2. La misura e’ rivolta ai soggetti di eta’ compresa tra i 18 ed i
35 anni che presentino i seguenti requisiti:
a) siano residenti nelle regioni di cui al comma 1 al momento
della presentazione della domanda o vi trasferiscano la residenza
entro sessanta giorni dalla comunicazione del positivo esito
dell’istruttoria di cui al comma 5;
b) non risultino gia’ beneficiari, nell’ultimo triennio, di
ulteriori misure a livello nazionale a favore
dell’autoimprenditorialita’.
3. I soggetti di cui al comma 2 possono presentare istanza di
accesso alla misura, corredata da tutta la documentazione relativa al
progetto imprenditoriale, attraverso una piattaforma dedicata sul
sito istituzionale dell’Agenzia nazionale per l’attrazione degli
investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. – Invitalia, che opera
come soggetto gestore della misura, per conto della Presidenza del
Consiglio dei ministri, amministrazione titolare della misura, con le
modalita’ stabilite da apposita convenzione. Agli oneri derivanti
dalla convenzione si provvede nel limite massimo dell’uno per cento
delle risorse destinate alla misura ai sensi dei commi 16 e 17.
4. Le pubbliche Amministrazioni di cui al decreto legislativo 30
marzo 2001, n. 165, e le Universita’, previa comunicazione al
soggetto gestore di cui al comma 3, possono fornire, a titolo
gratuito, servizi di consulenza e assistenza nelle varie fasi di
sviluppo del progetto imprenditoriale, ai soggetti di cui al comma 2.
Le associazioni e gli enti del terzo settore di cui all’articolo 1,
comma 1 della legge 6 giugno 2016, n. 106, possono svolgere i
medesimi servizi di cui al periodo precedente, anche previo
accreditamento presso il soggetto gestore di cui al comma 3. Le
pubbliche Amministrazioni prestano i servizi di cui al periodo
precedente nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali
previste a legislazione vigente, senza nuovi o maggiori oneri della
finanza pubblica.
5. Il soggetto gestore di cui al comma 3 provvede alla relativa
istruttoria, valutando anche la sostenibilita’ tecnico-economica del
progetto, entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza, ad
esclusione dei periodi di tempo necessari alle eventuali integrazioni
documentali che possono essere richieste ai proponenti, una sola
volta.
6. Le istanze di cui al comma 3 possono essere presentate, fino ad
esaurimento delle risorse di cui al comma 16, dai soggetti di cui al
comma 2 che siano gia’ costituiti al momento della presentazione o si
costituiscano, entro sessanta giorni dalla data di comunicazione del
positivo esito dell’istruttoria nelle seguenti forme giuridiche: a)
impresa individuale; b) societa’, ivi incluse le societa’
cooperative. I soggetti beneficiari della misura devono mantenere la
residenza nelle regioni di cui al comma 1 per tutta la durata del
finanziamento e le imprese e le societa’ di cui al presente comma
devono avere, per tutta la durata del finanziamento, sede legale e
operativa in una delle regioni di cui al comma 1.
7. Ciascun richiedente riceve un finanziamento fino ad un massimo
di 40 mila euro. Nel caso in cui l’istanza sia presentata da piu’
soggetti gia’ costituiti o che intendano costituirsi in forma
societaria, ivi incluse le societa’ cooperative, l’importo massimo
del finanziamento erogabile e’ pari a 40 mila euro per ciascun socio,
che presenti i requisiti di cui al comma 2, fino ad un ammontare
massimo complessivo di 200 mila euro, ai sensi e nei limiti del
regolamento (UE) n. 1407/2013 sulla disciplina degli aiuti de
minimis.
8. I finanziamenti di cui al presente articolo sono cosi’
articolati:
a) 35 per cento come contributo a fondo perduto erogato dal
soggetto gestore della misura;
b) 65 per cento sotto forma di prestito a tasso zero, concesso da
istituti di credito in base alle modalita’ definite dalla convenzione
di cui al comma 14. Il prestito di cui al periodo precedente e’
rimborsato entro otto anni complessivi dalla concessione del
finanziamento, di cui i primi due anni di pre-ammortamento, e
usufruisce del contributo in conto interessi e della garanzia di cui
al comma 9.
9. Il prestito di cui alla lettera b) del comma 8 beneficia:
a) di un contributo in conto interessi per la durata del
prestito, corrisposto dal soggetto gestore della misura agli istituti
di credito che hanno concesso il finanziamento;
b) di una garanzia nella misura stabilita dal decreto di cui al
comma 15 per la restituzione dei finanziamenti concessi dagli
istituti di credito da parte del soggetto gestore. A tal fine, con
decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con
il Ministro dello sviluppo economico, e’ istituita una sezione
specializzata presso il Fondo centrale di garanzia per le piccole e
medie imprese (PMI), di cui all’articolo 2, comma 100, lettera a),
della legge 23 dicembre 1996, n. 662, alla quale e’ trasferita quota
parte delle risorse di cui al comma 16. Il decreto di cui al periodo
precedente definisce altresi’ i criteri e le modalita’ di accesso
alla Sezione specializzata, istituita presso il Fondo centrale di
garanzia per le PMI.
10. Sono finanziate le attivita’ imprenditoriali relative a
produzione di beni nei settori dell’artigianato e dell’industria,
ovvero relativi alla fornitura di servizi. Sono escluse dal
finanziamento le attivita’ libero professionali e del commercio ad
eccezione della vendita dei beni prodotti nell’attivita’ di impresa.
11. I finanziamenti di cui al comma 8 non possono essere utilizzati
per spese relative alla progettazione, alle consulenze e
all’erogazione degli emolumenti ai dipendenti delle imprese
individuali e delle societa’, nonche’ agli organi di gestione e di
controllo delle societa’ stesse. Le imprese e le societa’ possono
aderire al programma Garanzia Giovani per il reclutamento del
personale dipendente.
12. Le societa’ di cui al comma 6, lettera b), possono essere
costituite anche da soci che non abbiano i requisiti anagrafici di
cui al comma 2, a condizione che la presenza di tali soggetti nella
compagine societaria non sia superiore ad un terzo dei componenti e
non abbiano rapporti di parentela fino al quarto grado con alcuno
degli altri soci. I soci di cui al periodo precedente non possono
accedere ai finanziamenti di cui al comma 8.
13. L’erogazione dei finanziamenti di cui al comma 8 e’
condizionata alla costituzione nelle forme e nei termini di cui al
comma 6 e al conferimento in garanzia dei beni aziendali oggetto
dell’investimento, ovvero alla prestazione di altra idonea garanzia,
al soggetto che eroga il finanziamento. I soggetti beneficiari della
misura, di cui al comma 2, sono tenuti ad impiegare il contributo a
fondo perduto esclusivamente ai fini dell’attivita’ di impresa. In
caso di societa’ di cui al comma 6, lettera b), le quote versate e le
azioni sottoscritte dai beneficiari della misura, di cui al comma 2,
non sono riscattabili se non dopo la completa restituzione del
finanziamento e, in ogni caso, non prima di 5 anni da quando versate
e sottoscritte.
14. Le modalita’ di corresponsione del contributo a fondo perduto e
del contributo in conto interessi, nonche’ i casi e le modalita’ per
l’escussione della garanzia, sono definite con il decreto di cui al
comma 15. Le condizioni tipo dei mutui di cui al comma 8, sono
definite da apposita convenzione che Invitalia e’ autorizzata a
stipulare con l’Associazione Bancaria Italiana (ABI).
15. Con decreto del Ministro per la coesione territoriale e il
Mezzogiorno, di concerto con il Ministro dell’economia e delle
finanze e con il Ministro dello sviluppo economico, da adottare entro
trenta giorni dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, sono individuati i criteri di
dettaglio per l’ammissibilita’ alla misura, le modalita’ di
attuazione della stessa nonche’ le modalita’ di accreditamento dei
soggetti di cui al comma 4 e le modalita’ di controllo e monitoraggio
della misura incentivante, prevedendo altresi’ i casi di revoca del
beneficio e di recupero delle somme.
16. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 1, comma 141,
della legge 11 dicembre 2016, n. 232, per l’attuazione del presente
articolo saranno destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la
coesione – programmazione 2014-2020, di cui all’articolo 1, comma 6,
della legge 27 dicembre 2013, n. 147, e successive modificazioni, per
un importo complessivo fino a 1.250 milioni di euro, previa
rimodulazione delle assegnazioni gia’ disposte con apposita delibera
del CIPE, nonche’ eventuale riprogrammazione delle annualita’ del
Fondo per lo sviluppo e la coesione ai sensi dell’articolo 23, comma
3, lettera b) della legge 31 dicembre 2009, n. 196, da ripartire in
importi annuali massimi fino a: 36 milioni di euro per l’anno 2017;
280 milioni di euro per l’anno 2018; 462 milioni di euro per l’anno
2019; 308,5 milioni di euro per l’anno 2020; 92 milioni di euro per
l’anno 2021; 22,5 milioni di euro per l’anno 2022; 18 milioni di euro
per l’anno 2023; 14 milioni di euro per l’anno 2024; 17 milioni di
euro per l’anno 2025. Le risorse del Fondo per lo sviluppo e la
coesione di cui al presente comma sono imputate alla quota delle
risorse destinata a sostenere interventi nelle regioni di cui al
comma 1.
17. Il CIPE con apposita delibera assegna, a valere sul Fondo per
lo sviluppo e la coesione – programmazione 2014-2020, le risorse per
l’attuazione della misura nei limiti di quanto indicato al comma 16,
individuando la ripartizione in annualita’ e gli importi da assegnare
distintamente al contributo a fondo perduto di cui al comma 8,
lettera a) al contributo in conto interessi di cui al comma 9 lettera
a) e al finanziamento della sezione specializzata del Fondo centrale
di garanzia di cui al comma 9 lettera b). Le risorse destinate alle
misure di cui al comma 8, lettera a) ed al comma 9, lettera a) sono
accreditate su un apposito conto corrente infruttifero intestato ad
Invitalia, aperto presso la Tesoreria centrale dello Stato. La
gestione realizzata da Invitalia ha natura di gestione fuori
bilancio, assoggettata al controllo della Corte dei conti, ai sensi
dell’articolo 9 della legge 25 novembre 1971, n. 1041. Alla
rendicontazione provvede il soggetto gestore della misura.

Art. 2

Misure e interventi finanziari a favore dell’imprenditoria giovanile
in agricoltura e di promozione delle filiere del Mezzogiorno
1. Al fine di estendere la misura Resto al Sud alle imprese
agricole, all’articolo 10, comma 1, del decreto legislativo 21 aprile
2000, n. 185, dopo il primo periodo e’ aggiunto il seguente: «Nelle
regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia,
Sardegna e Sicilia, ai medesimi soggetti puo’ essere concesso, in
alternativa ai mutui agevolati di cui al periodo precedente, un
contributo a fondo perduto fino al 35 per cento della spesa
ammissibile nonche’ mutui agevolati, a un tasso pari a zero, di
importo non superiore al 60 per cento della spesa ammissibile.».
2. Per le agevolazioni in favore delle imprese agricole ubicate
nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise,
Puglia, Sardegna e Sicilia di cui al comma 1 sono destinate risorse
pari a 5 milioni di euro nel 2017 ed a 15 milioni di euro per
ciascuno degli anni 2018, 2019 e 2020, mediante corrispondente
utilizzo del Fondo per lo sviluppo e la coesione – programmazione
2014-2020 di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre
2013, n. 147.
3. All’articolo 2 della legge 28 ottobre 1999, n. 410, dopo il
comma 2, e’ aggiunto il seguente: «2-bis. Le attivita’ di cui ai
commi 1 e 2 possono essere svolte dai consorzi agrari anche mediante
la partecipazione a societa’ di capitali in cui i consorzi dispongano
della maggioranza dei voti esercitabili nell’assemblea ordinaria. Le
attivita’ esercitate dalle predette societa’ partecipate a favore dei
soci dei consorzi agrari che ne detengono la partecipazione hanno
natura mutualistica ad ogni effetto di legge.».

Art. 3

Banca delle terre abbandonate o incolte e misure per la
valorizzazione dei beni non utilizzati

1. Per rafforzare le opportunita’ occupazionali e di reddito dei
giovani, nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania,
Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, e’ individuata in via
sperimentale la seguente procedura di valorizzazione di terreni
abbandonati o incolti e di beni immobili in stato di abbandono ai
sensi del comma 2.
2. Ai fini dell’individuazione delle aree di cui al comma 1, si
considerano abbandonati o incolti:
a) i terreni agricoli sui quali non sia stata esercitata
l’attivita’ agricola minima da almeno dieci anni, in base ai principi
e alle definizioni di cui al regolamento (UE) n. 1307/2013 del
Parlamento europeo e del Consiglio del 17 dicembre 2013 e alle
disposizioni nazionali di attuazione;
b) i terreni oggetto di rimboschimento artificiale o in cui sono
insediate formazioni arbustive ed arboree, ad esclusione di quelli
considerati bosco ai sensi delle leggi in materia, nei quali non
siano stati attuati interventi di sfollo o diradamento negli ultimi
quindici anni;
c) le aree edificate ad uso industriale, artigianale,
commerciale, turistico-ricettivo, che risultino in stato di abbandono
da almeno quindici anni.
3. Entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di
conversione del presente decreto, i comuni delle regioni di cui al
comma 1 provvedono, nei limiti delle risorse umane, finanziarie e
strumentali disponibili a legislazione vigente e senza nuovi o
maggiori oneri per la finanza pubblica, ad una ricognizione
complessiva dei beni immobili, di cui sono titolari, che rientrano
nella definizione di cui al comma 2, con particolare riguardo ai
terreni agricoli. L’elenco dei beni di cui al precedente periodo e’
aggiornato con cadenza annuale.
4. I comuni pubblicano sul proprio sito istituzionale l’elenco dei
beni oggetto di ricognizione di cui al comma 3.
5. I beni di cui al comma 3 possono essere dati in concessione, per
un periodo non superiore a nove anni rinnovabile una sola volta, ai
soggetti che, al momento della presentazione della domanda, risultino
avere un’eta’ compresa tra i 18 e i 40 anni, previa presentazione di
un progetto volto alla valorizzazione e all’utilizzo del bene. A tal
fine il comune, pubblica periodicamente sul proprio sito
istituzionale uno o piu’ bandi per l’assegnazione dei beni di cui al
comma 3. Il termine per la presentazione delle domande non puo’
essere inferiore, per ciascun bando, a centoventi giorni dalla
pubblicazione dello stesso. I comuni assicurano una imparziale
valutazione dei progetti, nel rispetto delle vigenti disposizioni in
materia di evidenza pubblica, redigendo una graduatoria. I comuni
introducono criteri di valutazione dei progetti che assicurino
priorita’ ai progetti di riuso di immobili dismessi con esclusione di
consumo di ulteriore suolo non edificato, nonche’ elevati standard di
qualita’ architettonica e paesaggistica.
6. La formale assegnazione e’ effettuata entro e non oltre sessanta
giorni dall’approvazione della graduatoria di cui al comma 5. Con il
provvedimento di cui al periodo precedente:
a) l’immobile viene consegnato al beneficiario, con l’immissione
in uso;
b) il beneficiario assume l’obbligo di eseguirvi le attivita’
quali risultanti dal progetto presentato. Tra le suddette attivita’
rientrano quelle agricole, artigianali, commerciali e
turistico-ricettive;
c) il beneficiario assume la detenzione del bene e ha facolta’ di
godere e di trasformare materialmente il bene medesimo in conformita’
al progetto.
7. Nel caso di beni immobili privati che rientrano nella
definizione di cui al comma 2, i soggetti che, al momento della
presentazione della domanda, risultino avere un’eta’ compresa tra i
18 e i 40 anni manifestano al comune l’interesse ad utilizzare i beni
suddetti. A tal fine, i soggetti di cui al periodo precedente
presentano al comune un progetto di valorizzazione del bene o dei
beni che intendono utilizzare indicando, mediante apposito
certificato redatto da un notaio:
a. i dati di identificazione catastale;
b. il proprietario del fondo, sulla base delle risultanze dei
registri immobiliari;
c. coloro i quali abbiano eventualmente acquisito diritti sul
bene in virtu’ di atti soggetti a trascrizione;
d. l’inesistenza nei registri immobiliari di trascrizioni o
iscrizioni pregiudizievoli, nell’ultimo ventennio.
8. Il comune, valutato positivamente il progetto di valorizzazione
del bene di cui al comma 7, pubblica, in una apposita sezione del
proprio sito istituzionale, il progetto ricevuto e invia mediante
raccomandata con ricevuta di ritorno, o attraverso posta certificata,
una comunicazione all’avente diritto sulla base delle risultanze del
certificato notarile di cui al comma 7, ovvero sulla base di
ulteriore, idonea, documentazione, informandolo del progetto
presentato e delle condizioni economiche determinate in sede di
perizia di cui al comma 14. Alla comunicazione e’ allegata la
proposta irrevocabile del contratto di affitto sottoscritta dal
soggetto di cui al comma 7.
9. Entro centottanta giorni dall’avvenuta comunicazione di cui al
comma 8, il comune, su istanza del presentatore del progetto, qualora
l’avente diritto sul bene abbia manifestato il proprio consenso al
contratto di affitto nelle forme dell’atto pubblico, della scrittura
privata autenticata, ovvero dell’atto firmato digitalmente a norma
dell’articolo 24 del decreto legislativo 7 marzo 2005, n. 82, adotta
gli atti di competenza idonei a consentire l’esecuzione del progetto
per un periodo di durata pari a quello del contratto di affitto.
10. E’ fatto assoluto divieto al beneficiario di cedere a terzi in
tutto o in parte il terreno e i diritti conseguiti con l’assegnazione
e di costituirvi diritti a favore di terzi, nonche’ di alienare,
affittare, concedere in comodato o di effettuare qualunque altra
forma di trasferimento a terzi dell’azienda organizzata per
l’esecuzione delle attivita’ in oggetto. Gli atti posti in essere in
violazione di quanto previsto dal presente comma sono nulli.
11. E’ ammessa, successivamente alla realizzazione delle condizioni
di cui ai commi 6 e 9, la costituzione da parte dell’interessato di
societa’ agricole, di cui al decreto legislativo 29 marzo 2004, n.
99, e successive modificazioni, di societa’ artigiane, di cui alla
legge 8 agosto 1985 n. 443 e successive modificazioni, nelle quali
l’assegnatario abbia la maggioranza del capitale e il potere di
amministrare la societa’ con la connessa rappresentanza legale; sono
altresi’ ammesse le imprese familiari di cui all’articolo 230-bis del
codice civile.
12. Il contratto di affitto e’ trascritto nei registri immobiliari
ai sensi dell’articolo 2645-quater del codice civile. La trascrizione
del contratto costituisce causa di interruzione dell’usucapione.
13. Nel caso in cui l’assegnazione o il progetto di cui al comma 7
abbiano ad oggetto l’esecuzione sui beni, di cui ai commi precedenti,
di attivita’ terziarie di carattere non profit o artigianali, il
comune adotta le connesse modificazioni in variante degli strumenti
urbanistici vigenti entro centottanta giorni dall’assegnazione del
bene; nelle more dell’approvazione definitiva delle suddette
modificazioni, gli atti di assegnazione possono essere egualmente
stipulati, la consegna effettuata e le attivita’ di trasformazione
iniziate.
14. Il beneficiario e’ tenuto a corrispondere al comune un canone
d’uso indicizzato, determinato dal comune stesso sulla base di una
apposita perizia tecnica di stima del bene, il cui costo e’ a carico
del beneficiario, a decorrere dal momento dell’assegnazione. Nel caso
in cui il comune non sia titolare del bene oggetto di affitto, il
canone e’ versato all’avente diritto e il costo della perizia tecnica
e’ a carico del proponente.
15. L’avente diritto al quale il bene sia stato restituito alla
scadenza del periodo contrattuale, il quale, nei cinque anni
successivi alla restituzione, voglia trasferire il bene a titolo
oneroso, deve notificare la proposta di trasferimento, indicandone il
prezzo all’assegnatario, il quale ha diritto di prelazione. Tale
diritto deve essere esercitato, con atto notificato nel termine di
sessanta giorni dalla notificazione, offrendo condizioni uguali a
quelle comunicate. In mancanza della notificazione di cui al primo
periodo del presente comma, ovvero qualora il corrispettivo indicato
sia superiore a quello risultante dall’atto di trasferimento a titolo
oneroso dell’immobile, colui che ha diritto alla prelazione puo’,
entro sei mesi dalla trascrizione del contratto, riscattare
l’immobile dall’acquirente e da ogni altro successivo avente causa.
Ai rapporti instaurati tra i privati si applicano le disposizioni del
codice civile in materia di affitto. La difformita’ dell’attivita’
svolta rispetto al progetto di valorizzazione costituisce causa di
risoluzione del contratto di affitto relativo ai beni privati, fermo
restando il potere di revoca da parte del comune degli eventuali atti
adottati.
16. I comuni trasmettono alle regioni l’elenco dei beni censiti ed
assegnati, anche ai fini dell’inserimento nella Banca delle terre
agricole di cui all’articolo 16 della legge 28 luglio 2016, n. 154.
17. I proponenti dei progetti di cui ai commi precedenti per lo
svolgimento di attivita’ artigianali, commerciali e
turistico-ricettive possono usufruire della misura incentivante
denominata «Resto al Sud» di cui all’articolo 1 e per le attivita’
agricole delle misure incentivanti di cui all’articolo 2.

Capo II

Zone economiche speciali – ZES

Art. 4

Istituzione di zone economiche speciali – ZES

1. Al fine di favorire la creazione di condizioni favorevoli in
termini economici, finanziari e amministrativi, che consentano lo
sviluppo, in alcune aree del Paese, delle imprese gia’ operanti,
nonche’ l’insediamento di nuove imprese in dette aree, sono
disciplinate le procedure, le condizioni e le modalita’ per
l’istituzione di una Zona economica speciale, di seguito denominata
«ZES».
2. Per ZES si intende una zona geograficamente delimitata e
chiaramente identificata, situata entro i confini dello Stato,
costituita anche da aree non territorialmente adiacenti purche’
presentino un nesso economico funzionale, e che comprenda almeno
un’area portuale con le caratteristiche stabilite dal regolamento
(UE) n. 1315 dell’11 dicembre 2013 del Parlamento europeo e del
Consiglio, collegata alla rete transeuropea dei trasporti (TEN-T).
Per l’esercizio di attivita’ economiche e imprenditoriali le aziende
gia’ operative e quelle che si insedieranno nella ZES possono
beneficiare di speciali condizioni, in relazione alla natura
incrementale degli investimenti e delle attivita’ di sviluppo di
impresa.
3. Le modalita’ per l’istituzione di una ZES, la sua durata, i
relativi criteri che ne disciplinano l’accesso e le condizioni
speciali di cui all’articolo 5 sono definite con decreto del
Presidente del Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del
Ministro per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, di concerto
con il Ministro dell’economia e delle finanze, con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti e con il Ministro dello sviluppo
economico, sentita la Conferenza unificata, entro sessanta giorni
dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
presente decreto.
4. Le proposte di istituzione di una ZES possono essere presentate
dalle regioni meno sviluppate e in transizione, cosi’ come
individuate dalla normativa europea, ammissibili alle deroghe
previste dall’articolo 107 del Trattato sul funzionamento dell’Unione
europea.
5. Ciascuna ZES e’ istituita con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, da adottare su proposta del Ministro per la
coesione territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, di concerto con
il Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti, su proposta delle regioni
interessate. La proposta e’ corredata da un piano di sviluppo
strategico, nel rispetto delle modalita’ e dei criteri individuati
dal decreto di cui al comma 3.
6. La regione formula la proposta di istituzione della ZES,
specificando le caratteristiche dell’area identificata. Il soggetto
per l’amministrazione dell’area ZES, di seguito soggetto per
l’amministrazione, e’ identificato in un Comitato di indirizzo
composto dal Presidente dell’Autorita’ portuale, che lo presiede, da
un rappresentante della regione, da un rappresentante della
Presidenza del Consiglio dei ministri e da un rappresentante del
Ministero delle infrastrutture e dei trasporti. Ai membri del
Comitato non spetta alcun compenso, indennita’ di carica,
corresponsione di gettoni di presenza o rimborsi per spese di
missione. Il Comitato di indirizzo si avvale del Segretario generale
dell’Autorita’ portuale per l’esercizio delle funzioni amministrative
gestionali di cui al decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Agli
oneri di funzionamento del Comitato si provvede con le risorse umane,
finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, senza
nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.
7. Il soggetto per l’amministrazione deve assicurare, in
particolare:
a) gli strumenti che garantiscano la piena operativita’ delle
aziende presenti nella ZES;
b) l’utilizzo di servizi sia economici che tecnologici
nell’ambito ZES;
c) l’accesso alle prestazioni di servizi da parte di terzi.
Il Segretario generale dell’Autorita’ portuale puo’ stipulare,
previa autorizzazione del Comitato di indirizzo, accordi o
convenzioni quadro con banche ed intermediari finanziari.
8. Le imprese gia’ operative nella ZES e quelle che si insedieranno
nell’area, sono tenute al rispetto della normativa nazionale ed
europea, nonche’ delle prescrizioni adottate per il funzionamento
della stessa ZES.

Art. 5

Benefici fiscali e semplificazioni

1. Le nuove imprese e quelle gia’ esistenti, che avviano un
programma di attivita’ economiche imprenditoriali o di investimenti
di natura incrementale nella ZES, possono usufruire delle seguenti
tipologie di agevolazioni:
a) procedure semplificate, individuate anche a mezzo di
protocolli e convenzioni tra le amministrazioni locali e statali
interessate, e regimi procedimentali speciali, recanti accelerazione
dei termini procedimentali ed adempimenti semplificati rispetto a
procedure e regimi previsti dalla normativa regolamentare
ordinariamente applicabile, sulla base di criteri derogatori e
modalita’ individuate con decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri, da adottare su proposta del Ministro per la coesione
territoriale e il Mezzogiorno, se nominato, previa delibera del
Consiglio dei ministri;
b) accesso alle infrastrutture esistenti e previste nel Piano di
sviluppo strategico della ZES di cui all’articolo 4, comma 5, alle
condizioni definite dal soggetto per l’amministrazione, ai sensi
della legge 28 gennaio 1994, n. 84, e successive modificazioni e
integrazioni, nel rispetto della normativa europea e delle norme
vigenti in materia di sicurezza, nonche’ delle disposizioni vigenti
in materia di semplificazione previste dagli articoli 18 e 20 del
decreto legislativo 4 agosto 2016, n. 169.
2. In relazione agli investimenti effettuati nelle ZES, il credito
d’imposta di cui all’articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28
dicembre 2015, n. 208, e’ commisurato alla quota del costo
complessivo dei beni acquisiti entro il 31 dicembre 2020 nel limite
massimo, per ciascun progetto di investimento, di 50 milioni di euro.
Si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui al
medesimo articolo 1, commi 98 e seguenti, della legge 28 dicembre
2015, n. 208.
3. Il riconoscimento delle tipologie di agevolazione di cui ai
commi 1 e 2 e’ soggetto al rispetto delle seguenti condizioni:
a) le imprese beneficiarie devono mantenere la loro attivita’
nell’area ZES per almeno cinque anni dopo il completamento
dell’investimento oggetto delle agevolazioni, pena la revoca dei
benefici concessi e goduti;
b) le imprese beneficiarie non devono essere in stato di
liquidazione o di scioglimento.
4. L’agevolazione di cui al comma 2 e’ concessa nel rispetto di
tutte le condizioni previste dal Regolamento (UE) n. 651/2014 della
Commissione del 17 giugno 2014, e in particolare di quanto disposto
dall’articolo 14; agli adempimenti di cui all’articolo 11 del
medesimo Regolamento provvede il Presidente del Consiglio dei
ministri, o il Ministro delegato per la coesione territoriale e il
Mezzogiorno.
5. Agli oneri derivanti dai commi 2, 3 e 4 valutati in 25 milioni
di euro nel 2018; 31,25 milioni di euro nel 2019 e 150,2 milioni di
euro nel 2020 si provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo
per lo Sviluppo e la Coesione programmazione 2014-2020 di cui
all’articolo 1, comma 6, della legge 27 dicembre 2013, n. 147. Le
risorse di cui al periodo precedente sono imputate alla quota delle
risorse destinata a sostenere interventi nelle regioni di cui
all’articolo 4, comma 4.
6. L’Agenzia per la coesione territoriale assicura, con cadenza
almeno semestrale, il monitoraggio degli interventi e degli incentivi
concessi, riferendo al Presidente del Consiglio dei ministri, o al
Ministro delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno,
sull’andamento delle attivita’ e sull’efficacia delle misure di
incentivazione concesse, avvalendosi di un piano di monitoraggio
concordato con il soggetto per l’amministrazione di cui all’articolo
4, comma 6, sulla base di indicatori di avanzamento fisico,
finanziario e procedurale definiti con il decreto di cui all’articolo
4, comma 3.

Capo III

Semplificazioni

Art. 6

Disposizioni di semplificazione per la valorizzazione dei Patti per
lo sviluppo

1. Al fine di accelerare la realizzazione degli interventi previsti
nell’ambito dei Patti per lo sviluppo, il rimborso delle spese
effettivamente sostenute a valere sulle risorse FSC 2014-2020
assegnate ai Patti per lo sviluppo e’ disposto sulla base di apposite
richieste di pagamento presentate dalle amministrazioni titolari
degli interventi e corredate dell’autocertificazione del
rappresentante legale dell’amministrazione stessa ai sensi degli
articoli 47 e 48 del decreto del Presidente della Repubblica 28
dicembre 2000, n. 445, attestante il costo dell’intervento
effettivamente realizzato e la regolarita’ delle spese. Le richieste
di pagamento di cui al presente comma sono inviate dall’Organismo di
certificazione delle amministrazioni titolari degli interventi alla
Presidenza del Consiglio dei ministri – Dipartimento per le politiche
di coesione che le inoltra al Ministero dell’economia e delle finanze
– Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato ai fini del
pagamento che avviene con le seguenti modalita’: il 50 per cento del
costo realizzato risultante nella richiesta di pagamento all’atto del
ricevimento della stessa e il restante 50 per cento del costo
realizzato, entro trenta giorni dal ricevimento della richiesta,
previa attestazione da parte dell’Agenzia per la coesione
territoriale della coerenza dell’importo richiesto con i dati
relativi all’avanzamento della spesa inseriti e validati nella Banca
dati unitaria degli interventi della politica regionale.
2. Per ogni intervento previsto dai Patti per lo sviluppo, ciascun
Comitato di indirizzo e controllo per la gestione del Patto individua
l’amministrazione che indice, ai sensi dell’articolo 14-bis, comma 7
della legge 7 agosto 1990, n. 241, la Conferenza di servizi decisoria
finalizzata ad acquisire tutti i pareri, le intese, i concerti, i
nulla osta o altri atti di assenso, comunque denominati, necessari
per la realizzazione del singolo intervento.

Art. 7

Valorizzazione dei Contratti istituzionali di sviluppo – CIS

1. Al fine di sostenere la coesione territoriale, lo sviluppo e la
crescita economica del Paese ed accelerare l’attuazione di interventi
di notevole complessita’, aventi natura di grandi progetti o di
investimenti articolati in singoli interventi tra loro funzionalmente
connessi, che richiedano un approccio integrato e l’impiego di fondi
strutturali di investimento europei e di fondi nazionali inseriti in
piani e programmi operativi finanziati a valere sulle risorse
nazionali e europee, anche in coerenza con quanto previsto
dall’articolo 36 «Investimenti territoriali integrati», regolamento
(UE) n. 1303/2013, del Parlamento europeo e del Consiglio del 17
dicembre 2013, il Presidente del Consiglio dei ministri o il Ministro
delegato per la coesione territoriale e il Mezzogiorno, anche ai
sensi di quanto previsto dalla lettera g), del comma 703,
dell’articolo 1, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e della
lettera f-ter), del comma 2, dell’articolo 10, del decreto-legge 31
agosto 2013 n. 101, convertito, con modificazioni, dalla legge 30
ottobre 2013, n. 125, individua gli interventi per i quali si procede
alla sottoscrizione di appositi Contratti istituzionali di sviluppo
(CIS), su richiesta delle amministrazioni interessate.

Art. 8

Disposizioni di semplificazione in materia di amministrazione
straordinaria

1. Nel caso siano destinatarie di domanda giudiziale di risoluzione
per inadempimento, ovvero di dichiarazione di avvalersi di clausola
risolutiva espressa del contratto di cessione dei complessi aziendali
acquisiti da societa’ sottoposte alla procedura di amministrazione
straordinaria ai sensi del decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347,
convertito, con modificazioni, dalla legge 18 febbraio 2004, n. 39,
le societa’ cessionarie di tali complessi aziendali sono ammesse
all’amministrazione straordinaria di cui al suddetto decreto-legge,
anche su istanza del commissario straordinario della societa’
cedente, indipendentemente dal possesso dei requisiti previsti alle
lettere a) e b) dell’articolo 1, comma 1, del decreto-legge 23
dicembre 2003, n. 347, convertito, con modificazioni, dalla legge 18
febbraio 2004 n. 39, fermi gli altri presupposti previsti dalle norme
vigenti.

Art. 9

Misure urgenti ambientali in materia di classificazione dei rifiuti

1. I numeri da 1 a 7 della parte premessa all’introduzione
dell’allegato D alla parte IV del decreto legislativo 3 aprile 2006,
n. 152, sono sostituiti dal seguente: «1. La classificazione dei
rifiuti e’ effettuata dal produttore assegnando ad essi il competente
codice CER ed applicando le disposizioni contenute nella decisione
2014/955/UE e nel regolamento (UE) n. 1357/2014 della Commissione,
del 18 dicembre 2014».

Capo IV

Ulteriori interventi per il Mezzogiorno e per la coesione
territoriale

Art. 10

Ulteriori misure in favore dell’occupazione nel Mezzogiorno

1. Allo scopo di facilitare la ricollocazione dei lavoratori
espulsi dai processi produttivi nelle regioni Abruzzo, Basilicata,
Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, l’Agenzia
nazionale per le politiche attive del lavoro (ANPAL), istituita ai
sensi dell’articolo 4 del decreto legislativo 14 settembre 2014, n.
150, realizza, in raccordo con le regioni interessate nonche’ con i
fondi interprofessionali per la formazione continua di cui
all’articolo 118 della legge 23 dicembre 2000, n. 388, programmi per
la riqualificazione e la ricollocazione di lavoratori coinvolti in
situazioni di crisi aziendale o settoriale. A tal fine e’ autorizzata
la spesa di 15 milioni di euro per l’anno 2017 e 25 milioni di euro
per l’anno 2018 a favore dell’ANPAL. Al relativo onere si provvede:
a) quanto a 15 milioni di euro per l’anno 2017 e 25 milioni di
euro per l’anno 2018, mediante versamento all’entrata del bilancio
dello Stato, da effettuare nei medesimi anni, di quota dei
corrispondenti importi delle disponibilita’ in conto residui del
Fondo Sociale per Occupazione e Formazione, di cui all’articolo 18,
comma 1, lettera a), del decreto-legge 29 novembre 2008, n. 185,
convertito, con modificazioni, dalla legge 28 gennaio 2009, n. 2;
b) quanto a 15 milioni di euro per l’anno 2017 e 25 milioni di
euro per l’anno 2018, ai fini della compensazione degli effetti
finanziari in termini di fabbisogno e di indebitamento netto,
mediante corrispondente riduzione del Fondo per la compensazione
degli effetti finanziari non previsti a legislazione vigente,
conseguenti all’attualizzazione di contributi pluriennali, di cui
all’articolo 6, comma 2, del decreto-legge 7 ottobre 2008, n. 154,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2008, n. 189.

Art. 11

Interventi urgenti per il contrasto della poverta’ educativa minorile
e della dispersione scolastica nel Mezzogiorno
1. Al fine di realizzare specifici interventi educativi urgenti
nelle regioni del Mezzogiorno volti al contrasto della poverta’
educativa minorile e della dispersione scolastica, entro trenta
giorni dalla data di entrata in vigore del presente decreto, con
decreto del Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della
ricerca, di concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia,
sono individuate le aree di esclusione sociale, caratterizzate da
poverta’ educativa minorile e dispersione scolastica, nonche’ da un
elevato tasso di fenomeni di criminalita’ organizzata.
2. Entro trenta giorni dall’adozione del decreto, di cui al comma
1, il Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca
indice una procedura selettiva per la presentazione di progetti
recanti la realizzazione di interventi educativi di durata biennale,
volti al contrasto del rischio di fallimento formativo precoce e di
poverta’ educativa, nonche’ per la prevenzione delle situazioni di
fragilita’ nei confronti della capacita’ attrattiva della
criminalita’.
3. Possono partecipare alla procedura di cui al comma 2 le reti di
istituzioni scolastiche presenti nelle aree individuate con il
decreto di cui al comma 1, che abbiano attivato, per la realizzazione
degli interventi educativi di durata biennale, partenariati con enti
locali, soggetti del terzo settore, strutture territoriali del CONI,
delle Federazioni sportive nazionali, delle discipline sportive
associate e degli enti di promozione sportiva o servizi educativi
pubblici per l’infanzia, operanti nel territorio interessato.
4. La procedura di cui al comma 2 e’ finanziata nell’ambito delle
risorse del Programma operativo nazionale «Per la scuola – competenze
e ambienti per l’apprendimento», riferito al periodo di
programmazione 2014/2020, di cui alla decisione della Commissione
europea C(2014) 9952 del 17 dicembre 2014, in coerenza con quanto
previsto dalla stessa programmazione.

Art. 12

Costo standard per studente

1. Per costo standard per studente delle universita’ statali si
intende il costo di riferimento attribuito al singolo studente
iscritto entro la durata normale dei corsi di studio, tenuto conto
della tipologia di corso, delle dimensioni dell’ateneo e dei
differenti contesti economici, territoriali e infrastrutturali in cui
opera l’universita’. In attuazione di quanto disposto dall’articolo
5, comma 4, lettera f), della legge 30 dicembre 2010, n. 240, il
costo standard per studente costituisce parametro di riferimento per
la ripartizione annuale di una percentuale del fondo di finanziamento
ordinario (FFO) secondo quanto indicato nel presente articolo.
2. La determinazione e l’eventuale aggiornamento del modello di
calcolo del costo standard di ateneo sono definiti sulla base dei
seguenti criteri e relativi indici di costo:
a) criterio del costo del personale docente: si utilizzano come
indici di costo gli standard di docenza previsti per l’accreditamento
iniziale dei corsi di studio e come costo medio di riferimento, cui
parametrare la dotazione standard di docenza, il costo caratteristico
di ateneo del professore di I fascia. Nella determinazione della
dotazione di docenza si utilizza come numero standard di studenti
nelle classi delle aree medico-sanitaria, scientifico tecnologica e
umanistico sociale il valore compreso nell’intervallo tra il 60 per
cento e il 100 per cento del numero di riferimento previsto in sede
di accreditamento, in modo da tenere conto dei costi fissi della
docenza necessaria per l’accreditamento;
b) criterio del costo della docenza a contratto: e’ riferito al
monte ore di didattica integrativa aggiuntiva stabilito in misura
pari al 30 per cento del monte ore di didattica standard della
docenza di cui alla lettera a), parametrato al valore medio di 120
ore per i professori e 60 ore per i ricercatori;
c) criterio del costo del personale tecnico amministrativo: si
attribuisce una dotazione standard pari ad una unita’ di personale
per ogni docente come risultante dal criterio di cui alla lettera a)
e, in aggiunta, un numero di figure di supporto tecnico parametrato a
quelle eventualmente richieste in sede di accreditamento dei corsi di
studio e un numero di collaboratori ed esperti linguistici pari a
quelli in servizio presso l’ateneo;
d) criterio dei costi di funzionamento e di gestione delle
strutture didattiche, di ricerca e di servizio dei diversi ambiti
disciplinari: il costo e’ stimato sulla base degli oneri medi
rilevati dai bilanci degli atenei, tenendo altresi’ conto dei costi
fissi della sede universitaria non dipendenti dalla numerosita’ degli
iscritti.
3. Al fine di tenere conto dei differenti contesti in cui ogni
universita’ si trova ad operare, al costo standard di ateneo di cui
al comma 2 puo’ essere aggiunto un importo di natura perequativa
parametrato fino ad un massimo del 10 per cento rispetto al costo
standard medio nazionale, in base alla diversa capacita’ contributiva
degli studenti iscritti all’universita’, determinata tenendo conto
del reddito medio familiare della ripartizione territoriale ove ha
sede l’ateneo.
4. Al fine di assicurare la continuita’ e l’integrale distribuzione
dei finanziamenti per le universita’ statali sono confermate le
assegnazioni gia’ disposte per gli anni 2014, 2015 e 2016 a valere
sul fondo di finanziamento ordinario che, in relazione al costo
standard per studente, sono state attribuite in coerenza con quanto
definito ai commi 2 e 3 per l’ammontare gia’ indicato nei decreti
ministeriali di attribuzione del FFO.
5. Per l’anno 2017 la quota del FFO ripartita in base al criterio
del costo standard per studente e’ fissata con il decreto del
Ministro dell’istruzione, dell’universita’ e della ricerca relativo
ai criteri di riparto del fondo di finanziamento ordinario entro
l’intervallo compreso tra il 19 per cento e il 22 per cento del
relativo stanziamento, al netto degli interventi con vincolo di
destinazione. Al fine di assicurare il tempestivo riparto dei
finanziamenti sono utilizzati gli stessi importi del costo standard e
i dati sugli studenti utilizzati per il riparto del FFO dell’anno
2016.
6. Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del
presente decreto, con decreto del Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca, acquisti i pareri di CRUI e ANVUR,
si provvede alla rideterminazione del modello di calcolo del costo
standard per studente sulla base dei criteri e relativi indici di
costo di cui al comma 2, integrati di un ulteriore importo di natura
perequativa, in aggiunta a quello di cui al comma 3, che tenga conto
della diversa accessibilita’ di ogni universita’ in funzione della
rete dei trasporti e dei collegamenti. Tale ulteriore importo e’
parametrato rispetto al costo standard medio nazionale, fino ad un
massimo del 10 per cento.
7. Il decreto di cui al comma 6 ha validita’ triennale e trova
applicazione a decorrere dall’anno 2018 ai fini della ripartizione di
una percentuale del FFO, al netto degli interventi con vincolo di
destinazione, non inferiore a quella del comma 5, incrementata tra il
2 per cento e il 5 per cento all’anno, in modo da sostituire
gradualmente la quota di finanziamento determinata sulla base del
trasferimento storico e fino ad un massimo del 70 per cento.
8. Ai fini di cui al comma 7, il costo standard per studente di
ateneo e’ moltiplicato per il numero di studenti regolarmente
iscritti entro la durata normale del corso di studi.

Art. 13

Disposizioni in materia di risanamento ambientale
da parte dell’Amministrazione straordinaria ILVA

1. Ai fini dell’attuazione delle misure previste dall’articolo 1,
comma 6-undecies del decreto-legge 4 dicembre 2015, n. 191,
convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2016, n. 13,
fermo restando quanto previsto dall’articolo 3, comma 1 del
decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, qualora la confisca abbia ad oggetto
le obbligazioni di cui alla predetta disposizione, ferma la
destinazione delle somme rivenienti dalla sottoscrizione delle
obbligazioni per le finalita’ di cui al penultimo periodo del
predetto articolo 3, comma 1 del decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1,
convertito, con modificazioni, dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, il
finanziamento di cui all’articolo 1, comma 6-bis, del decreto-legge
n. 191 del 2015 e’ estinto mediante utilizzo delle risorse
finanziarie derivanti dalla sottoscrizione delle suddette
obbligazioni. I crediti derivanti dalla sottoscrizione delle suddette
obbligazioni sono estinti fino a concorrenza dell’ammontare delle
spese e dei costi sostenuti, a valere sul patrimonio destinato
dell’emittente costituito ai sensi dell’articolo 3, comma 1, del
decreto-legge 5 gennaio 2015, n. 1, convertito, con modificazioni,
dalla legge 4 marzo 2015, n. 20, per l’attuazione e la realizzazione
di interventi di risanamento e bonifica ambientale, compresi gli
interventi gia’ autorizzati a valere sui finanziamenti statali di cui
all’articolo 1, comma 6-bis del decreto-legge 4 dicembre 2015, n.
191, convertito, con modificazioni, dalla legge 1° febbraio 2016, n.
13.

Art. 14

Proroga dei termini per l’effettuazione degli investimenti di cui
all’articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232
1. All’articolo 1, comma 9, della legge 11 dicembre 2016, n. 232,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) le parole: «, effettuati nel periodo indicato al comma 8,»
sono soppresse;
b) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «La disposizione
di cui al presente comma si applica agli investimenti effettuati
entro il 31 dicembre 2017, ovvero entro il 31 luglio 2018, a
condizione che entro la data del 31 dicembre 2017 il relativo ordine
risulti accettato dal venditore e sia avvenuto il pagamento di
acconti in misura almeno pari al 20 per cento del costo di
acquisizione».
2. La dotazione del Fondo per interventi strutturali di politica
economica, di cui all’articolo 10, comma 5, del decreto-legge 29
novembre 2004, n. 282, convertito, con modificazioni, dalla legge 27
dicembre 2004, n. 307, e’ incrementata di 4 milioni di euro per
l’anno 2024 e 6 milioni di euro per l’anno 2025.
3. Ai maggiori oneri derivanti dal presente articolo, valutati in
15 milioni di euro per l’anno 2019, in 24 milioni di euro per l’anno
2020, in 17 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2021 al 2023,
e in 2 milioni di euro per l’anno 2024 e pari a 4 milioni di euro per
l’anno 2024 e a 6 milioni di euro per l’anno 2025, si provvede:
a) quanto a 6 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al
2024, mediante corrispondente riduzione delle proiezioni dello
stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai fini
del bilancio triennale 2017-2019, nell’ambito del programma «Fondi di
riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato
di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno
2017, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
al Ministero dell’economia e delle finanze per 4,820 milioni di euro
per ciascuno degli anni dal 2019 al 2024, e l’accantonamento relativo
al Ministero dello sviluppo economico per 1,180 milioni di euro per
ciascuno degli anni dal 2019 al 2024;
b) quanto a 8 milioni di euro per l’anno 2019, a 18 milioni di
euro per l’anno 2020 e a 11 milioni di euro per ciascuno degli anni
dal 2021 al 2023, mediante corrispondente riduzione del Fondo per
interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10,
comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;
c) quanto a 1 milione di euro per l’anno 2019, mediante
corrispondente utilizzo del fondo di parte corrente iscritto nello
stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico ai sensi
dell’articolo 49, comma 2, lettere a) e b), del decreto-legge 24
aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23
giugno 2014, n. 89;
d) quanto a 6 milioni di euro per l’anno 2025, mediante
corrispondente utilizzo delle maggiori entrate derivanti dal comma 1
del presente articolo.
4. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad
apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 15

Assistenza tecnico-amministrativa agli enti locali
nelle regioni del Mezzogiorno

1. Nelle regioni Abruzzo, Molise, Campania, Puglia, Basilicata,
Calabria, Sicilia e Sardegna, le Prefetture – Uffici territoriali del
Governo, a richiesta degli enti locali del territorio di riferimento,
forniscono agli stessi supporto tecnico e amministrativo al fine di
migliorare la qualita’ dell’azione amministrativa, rafforzare il buon
andamento, l’imparzialita’ e l’efficienza della loro azione
amministrativa, nonche’ per favorire la diffusione di buone prassi,
atte a conseguire piu’ elevati livelli di coesione sociale ed a
migliorare i servizi ad essi affidati.
2. Le forme di supporto di cui al comma 1, che si affiancano a
quelle di assistenza e sostegno di cui all’articolo 1, commi 85,
lett. d), e 88, della legge 7 aprile 2014, n. 56, sono esercitate nel
rispetto delle competenze e responsabilita’ dei soggetti coinvolti,
avvalendosi delle risorse umane, strumentali e finanziarie
disponibili a legislazione vigente.
3. Le disposizioni del presente articolo si applicano, in via
sperimentale, per tre anni a decorrere dalla data di entrata in
vigore del presente decreto, a beneficio degli enti locali situati
nelle regioni di cui al comma 1. A conclusione di tale periodo, il
Ministero dell’interno effettua un monitoraggio sugli esiti della
sperimentazione, i cui risultati sono oggetto di informativa
nell’ambito della Conferenza Stato – Citta’ ed autonomie locali, di
cui al decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281.

Art. 16

Misure urgenti per affrontare situazioni
di marginalita’ sociale

1. Al fine di superare situazioni di particolare degrado nelle aree
dei Comuni, Manfredonia in Provincia di Foggia, San Ferdinando in
Provincia di Reggio Calabria e Castel Volturno in Provincia di
Caserta, caratterizzate da una massiva concentrazione di cittadini
stranieri, possono essere istituiti, con decreto del Presidente del
Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro dell’interno, uno o
piu’ commissari straordinari del Governo, nominati tra i prefetti,
anche in quiescenza, per lo svolgimento dei compiti di cui ai commi 2
e 3. Ai commissari non spettano compensi, gettoni di presenza o altri
emolumenti comunque denominati. Gli eventuali rimborsi spese sono
posti a carico dei bilanci delle amministrazioni competenti.
2. Ferme restando le competenze del Ministero dell’interno, i
commissari straordinari di cui al comma 1 adottano, d’intesa con il
medesimo Ministero e con il Prefetto competente per territorio, un
piano di interventi per il risanamento delle aree interessate e ne
coordinano la realizzazione, curando, a tal fine, il raccordo tra gli
uffici periferici delle amministrazioni statali, in collaborazione
con le regioni e gli enti locali interessati, anche al fine di
favorire la graduale integrazione dei cittadini stranieri
regolarmente presenti nei territori interessati agevolando l’accesso
ai servizi sociali e sanitari nonche’ alle misure di integrazione
previste sul territorio, compreso l’inserimento scolastico dei
minori. Per la realizzazione degli interventi di cui al presente
comma, il commissario si raccorda anche con le iniziative promosse
dalla cabina di regia della rete del lavoro agricolo di qualita’, di
cui all’articolo 6 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 91,
convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 116, e
successive modificazioni, nonche’ dalle sezioni territoriali della
medesima rete. Con il decreto del Presidente del Consiglio dei
ministri di cui al comma 1, sono individuate, nell’ambito delle
risorse disponibili nei bilanci delle amministrazioni interessate, le
dotazioni di mezzi e personale a supporto dei commissari
straordinari.
3. L’attuazione dei commi 1 e 2 e’ effettuata nei limiti delle
risorse disponibili a legislazione vigente nei bilanci delle
amministrazioni competenti. Per l’erogazione dei servizi di cui al
comma 2, le regioni e gli enti locali interessati possono altresi’
predisporre, anche in collaborazione con le organizzazioni del terzo
settore, appositi progetti da finanziare con risorse europee.
4. Quale concorso dello Stato agli oneri che sostengono i comuni
per i servizi e le attivita’ strettamente funzionali all’accoglienza
e all’integrazione dei migranti, e’ autorizzata la spesa di 150
milioni di euro per l’anno 2018. A tal fine, la dotazione del fondo
di cui al comma 2 dell’articolo 12 del decreto-legge del 22 ottobre
2016, n. 193, convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre
2016, n. 225, e’ incrementata di 150 milioni di euro per l’anno 2018.
Con decreto del Ministro dell’interno, da adottare di concerto con il
Ministro dell’economia e delle finanze, entro venti giorni dalla data
di entrata in vigore del presente decreto, sono definite le modalita’
di ripartizione delle risorse di cui al presente comma tra i comuni
interessati, nel limite massimo di 700 euro per ogni richiedente
protezione accolto nei centri del Sistema di protezione per
richiedenti asilo e rifugiati (SPRAR) e di 500 euro per ognuno di
quelli ospitati nelle altre strutture e comunque nei limiti della
disponibilita’ del fondo. Il Ministero dell’interno, sulla base di
uno specifico monitoraggio trimestrale, comunica il contributo
spettante a ciascun comune entro il 30 novembre 2017. Agli oneri di
cui al presente comma, pari a 150 milioni di euro per l’anno 2018, si
provvede mediante corrispondente riduzione del Fondo di cui
all’articolo 1, comma 200, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.
5. Negli anni 2018 e 2019, i comuni di cui al comma 4 possono
innalzare del 10 per cento, a valere sulle risorse disponibili nei
rispettivi bilanci, il limite di spesa di cui all’articolo 9, comma
28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con
modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122, con riferimento ai
rapporti di lavoro flessibile esclusivamente finalizzati a garantire
i servizi e le attivita’ strettamente funzionali all’accoglienza e
all’integrazione dei migranti. Le risorse corrispondenti alla spesa
di cui al presente comma non concorrono all’ammontare delle risorse
previste per i contratti di lavoro flessibile utilizzabili per le
procedure di cui all’articolo 20 del decreto legislativo 25 maggio
2017, n. 75.

Art. 17

Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a
quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione
in legge.
Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara’ inserito
nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarlo e di farlo
osservare.
Dato a Roma, addi’ 20 giugno 2017

MATTARELLA

Gentiloni Silveri, Presidente del
Consiglio dei ministri

De Vincenti, Ministro per la
coesione territoriale e il
Mezzogiorno

Calenda, Ministro dello sviluppo
economico

Delrio, Ministro delle
infrastrutture e dei trasporti

Padoan, Ministro dell’economia e
delle finanze

Martina, Ministro delle politiche
agricole alimentari e forestali

Minniti, Ministro dell’interno

Fedeli, Ministro dell’istruzione,
dell’universita’ e della ricerca

Madia, Ministro per la
semplificazione e la pubblica
amministrazione

Poletti, Ministro del lavoro e
delle politiche sociali

Costa, Ministro per gli affari
regionali

Orlando, Ministro della giustizia

Galletti, Ministro dell’ambiente e
della tutela del territorio e del
mare
Visto, il Guardasigilli: Orlando