Le annunciate stabilizzazioni nella scuola non porranno fine alla “supplentite”

Le annunciate 52.000 mila stabilizzazioni del personale docente per l’anno scolastico 2017/2018 si ridurranno purtroppo a circa 37.000.
Ci saranno circa 15.000 stabilizzazioni in meno rispetto a quelle programmate, per mancanza di aspiranti nelle graduatorie ad esaurimento e del concorso 2016. In particolare resteranno liberi almeno 10.000 posti di sostegno. Un danno per la scuola pubblica e per la continuità didattica.

Per questa via non si mette fine alla famosa “supplentite”, annunciata da Renzi, la quale continuerà a incombere sulla continuità didattica e sulla precarietà del lavoro. Non si può certo dire che 37.000 stabilizzazioni non siano una boccata d’ossigeno, ma non bastano a risolvere i guasti profondi provocati dal piano straordinario di assunzioni della legge 107/2015 che si conferma ancora una volta una legge priva di un orizzonte strategico per la scuola pubblica.

La macchina (fallace) delle stabilizzazioni messa a punto dal Miur sconta anche i gravi ritardi e gli errori delle procedure concorsuali. A ciò si aggiunge la carenza di personale negli uffici dell’amministrazione periferica costretto in questi giorni a un vero e proprio tour de force, lesivo della dignità degli stessi lavoratori, nel vano tentativo di rispettare i tempi imposti dal Miur. Non è così che si potrà garantire il sereno e regolare avvio dell’anno scolastico per milioni di studenti, anche perché mancano ancora le assunzioni del personale Ata ed educativo.

Al Miur chiediamo l’immediata apertura di un tavolo di confronto per ottenere la totale copertura dei 52.000 posti annunciati e per le immediate stabilizzazioni di educatori e Ata su tutti i posti liberi.

È necessario un confronto con le parti sociali per valutare i reali bisogni della scuola pubblica e per programmare un piano di stabilizzazioni coerente con i tempi e i bisogni reali della scuola.

IN ALTO ADIGE ASSUNTI SOLO PROF TEDESCHI

SCUOLA: URZI’ (CENTRODESTRA), IN ALTO ADIGE ASSUNTI SOLO PROF TEDESCHI

“Il piano assunzioni di oltre 50mila precari della scuola non riguarderà la provincia di Bolzano, dove la stabilizzazione sinora ha riguardato solo docenti di lingua tedesca”. A denunciarlo è Alessandro Urzì, rappresentante del centrodestra altoatesino e consigliere provinciale di Bolzano e della regione Trentino Alto Adige con il movimento l’Alto Adige nel Cuore.

“I nostri precari – denuncia Urzì – saranno gli unici in tutta Italia, a rimanere per strada, appesi al filo della speranza di assunzioni temporanee di anno in anno, senza la possibilità di programmare la famiglia, di accendere un mutuo, comprare casa, vivere gli altri colleghi italiani”.

“Una situazione che riguarda solo la scuola in lingua italiana – spiega ancora Urzì – e sulla quale il Partito Democratico ha deciso di accettare i diktat della Svp, bocciando aumenti di pianta organica, visto che le 80 assunzioni dello scorso dicembre sono avvenute tutte nelle scuole di lingua tedesca”.

“Un disastro la cattiva scuola altoatesina che, oltre a non accettare la stabilizzazione dettata dalla Buona scuola, tarda a realizzare piani di potenziamento dell’offerta formativa e progetti di integrazione anche per adulti stranieri”.

Lo dichiara in una nota Alessandro Urzì, consigliere della provincia di Bolzano e della regione Trentino Alto Adige con il movimento L’Alto Adige nel cuore.

Una occasione da non perdere!

Una occasione da non perdere!

 di Maurizio Tiriticco

 

ERA ORA! Finalmente si comincia a pensare che si possa uscire dalla scuola a 18 anni e non a 19, almeno dal prossimo anno scolastico nei licei sperimentali quadriennali! Una considerazione a monte: è una “cosa” tutta italica – tranne qualche rara eccezione – quella di “tenere sui banchi di scuola” alunni maggiorenni!!! E viene da chiedersi: a quando l’uscita generalizzata a 18 anni per tutti i percorsi di studio? Ma qui si pone un problema, che in molti in effetti rilevano: il fatto, cioè, di dovere “stringere” in quattro anni ciò che fino ad oggi “si fa” in cinque!

E di qui emerge una considerazione, affatto peregrina: perché, per quanto riguarda certe decisioni di politica scolastica, occorre pensare e fare sempre con criteri “frammentari” e mai con visioni più “generalizzate”? O meglio: se si deve pensare e decidere a proposito di un “frammento” dei nostri percorsi di studi, perché non inquadrarlo, per giungere ad una decisione costruttiva, nella “generalità” degli interi percorsi? Da quel dì che vado predicando che il nostro percorso di studi obbligatorio è ancora a tutt’oggi una sommatoria di scuola primaria, di scuola media e di primo biennio superiore: tre “pezzi”, ciascuno dei quali è attento più al suo ombelico che al “corpus” nella sua interezza. In effetti, le stesse norme che da sempre si succedono riguardano sempre un “pezzo” e mai – o molto raramente – l'”intero”. Mi chiedo: che senso ha sperimentare un quadriennio superiore, se a monte non “si risistemano” i dieci anni di studio obbligatori? In effetti, una “risistemazione” in tal senso permetterebbe non la sperimentazione di un percorso quadriennale successivo, ma una sua reale e necessaria “messa a regime”!

Ovviamente, non è una cosa semplice costruire un percorso decennale obbligatorio verticale e continuo! Occorre mettere in discussione strutture istituzionali e organizzative che vengono da lontano e che da questo “lontano” traggono la loro stessa ragion d’essere! Basti pensare allo status diverso del maestro – pardon! Forse dovevo dire “maestra”, perché penso che sia difficile oggi trovare nella nostra scuola primaria dei maestri – rispetto a quello del professore… a proposito: esistono ancora professori nella scuola media? E’ un’occasione per riflettere sul fatto che la professione dell’insegnante nel nostro Paese ha subìto nel corso degli anni una vera e propria débacle! Ricordo che al liceo “Giulio Cesare” di Roma ho avuto come “maestri” un Prestipino e un Nicolosi Roncati! Mia madre mi raccontava che un suo zio insegnava al “Massimo” – uno dei licei privati più prestigiosi di Roma allora e oggi – e andava a scuola “con le pacche”, cioè vestito come per le grandi occasioni!

Tutto ciò per dire che la professione insegnante oggi non gode di quel prestigio che, invece, le si dovrebbe! Era relativamente facile insegnare in una scuola per pochi! Ed è estremamente difficile insegnare oggi in una scuola per tutti! Considerando poi che i tutti sono più attratti da un mondo esterno straricco di informazioni e di sollecitazioni, con cui la scuola difficilmente riesce a tenere il passo! Le famose tre C, la Casse d’età, la Cattedra, la Campanella, i programmi di studio (pardon! Volevo dire Indicazioni nazionali e/o Linee guida) sono in effetti dei vincoli pesanti per una scuola in cui gli alunni sono “altra cosa” rispetto a quelli di un immaginario ormai purtroppo molto lontano!

Concludendo: licei quadriennali sì, ma… non dimentichiamo che la nostra scuola secondaria “non si salva” con questa pur necessaria e interessante sperimentazione! Anzi, non si salva la nostra scuola nella sua interezza! Sperimentare sì, ma in una chiave di progettazione di un futuro scolastico vivibile e produttivo! Penso di avere scritto cose che la Ministra Fedeli potrebbe condividere, per quello che sono la sua storia civile e la sua esperienza politica. E so anche che l’azione politica – quella vera, quella che “cambia veramente le cose” – richiede tempi lunghi! Quindi un augurio perché la Fedeli possa continuare a lungo il suo lavoro!

LICEO BREVE

LICEO BREVE, DI MEGLIO: SPETTA AI COLLEGI DOCENTI VOTARE LE PROPOSTE
“Poiché spetta ai collegi dei docenti deliberare sulla sperimentazione dei licei brevi, lanciamo un appello ai colleghi affinché valutino attentamente i progetti di adesione al bando del Miur ed esprimano un voto che tenga conto di tutte le criticità e delle ricadute che l’accorciamento del percorso di studi potrebbe avere sulla preparazione degli alunni e sull’organico del corpo docente”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta il Piano nazionale di sperimentazione lanciato da viale Trastevere per portare gli studenti dei licei e degli istituti tecnici a diplomarsi in quattro anni.
“Il testo del decreto non è ancora stato pubblicato, ma l’impressione è che si tratti di uno specchietto per le allodole: ridurre di un anno l’iter formativo dei ragazzi non significa garantire automaticamente un posto di lavoro appena terminata la scuola superiore. Se l’obiettivo è metterci al passo con gli altri Paesi europei, – afferma Di Meglio – la strada da seguire non è questa. Occorrerebbe, invece, realizzare diversi corsi di studio e rivedere l’intera organizzazione”.
Il coordinatore della Gilda sottolinea che “il liceo breve di quattro anni è stato già sperimentato in questi ultimi anni, ma non sappiamo con quali risultati”. Inoltre, secondo Di Meglio, non va sottovalutata la questione occupazionale: “Tagliando di un anno il percorso di studi, si ridurrebbe anche il corpo docenti. Si tratta di un aspetto che inevitabilmente suscita preoccupazione”.  

Scuola, liceo in 4 anni: sperimentazione in 100 classi

da La Stampa

Scuola, liceo in 4 anni: sperimentazione in 100 classi

Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande

La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli ha firmato il decreto per il Piano nazionale di sperimentazione in 100 classi per il diploma in quattro anni. Il Piano coinvolgerà Licei e Istituti tecnici.

L’avviso sarà pubblicato a fine mese sul sito del Miur e le scuole potranno fare domanda dall’1 al 30 settembre. Si potrà attivare una sola classe per scuola partecipante. Un’apposita Commissione tecnica valuterà le domande pervenute. Le proposte – possono candidarsi sia scuole statali che paritarie – dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali nella didattica, per l’uso della metodologia Clil (lo studio di una disciplina in una lingua straniera), per i processi di continuità e orientamento con la scuola secondaria di primo grado, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.

Nessuno ’sconto’. Alle studentesse e agli studenti dovrà essere garantito il raggiungimento di tutti gli obiettivi specifici di apprendimento del percorso di studi scelto. Il tutto entro il quarto anno di studi. L’insegnamento di tutte le discipline sarà garantito anche eventualmente potenziandone l’orario.

Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. Il Comitato sarà nominato dalla Ministra dell’Istruzione e dovrà individuare le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione.

A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale.

SOS: la scuola “aperta” per progettare un modello di insegnamento innovativo e condiviso

da La Stampa

SOS: la scuola “aperta” per progettare un modello di insegnamento innovativo e condiviso

Sostenuto dalla Fondazione Mozilla, il laboratorio ha creato soluzioni tecnologiche per un metodo educativo open source
luca scarcella

Si è da poco conclusa l’edizione 2017 della Scuola Open Source , che ha accolto dal 23 al 31 luglio, nel cuore del centro storico di Bari, 20 docenti, 10 tutor e 55 partecipanti da tutta Italia. Un centro di innovazione sociale e tecnologica, un laboratorio di condivisione, ricerca e co-progettazione aperta e interattiva, con la preziosa partnership della Fondazione Mozilla .

Il laboratorio della Scuola è gratuito, multidisciplinare, e con una forte connotazione politica: «vogliamo contribuire con determinazione alla cultura open, contro il brevetto e le restrizioni sui contenuti digitali – afferma il direttore di SOS -. Il sapere, come la creatività, deve poter essere accessibile e condivisibile da tutti, senza barriere, così da poter collaborare per creare qualcosa di più grande, di più importante. La Scuola stessa è un progetto aperto: è di tutti, è tutto online, e chiunque può prendere il modello, riprodurlo e migliorarlo».

Un nuovo approccio alla didattica, aperto e inclusivo, che ha trovato il pieno appoggio di Mozilla, la cui fondazione è promotrice della campagna #ChangeCopyright , ossia contro la riforma del copyright in discussione nel Parlamento europeo. Secondo Mozilla, infatti, l’imposizione data dalla riforma di applicare filtri sui file caricati (i cosiddetti «upload filter») obbligherebbe la maggior parte delle piattaforme online a monitorare ogni singolo contenuto mediale immesso in rete, e finirebbe per inibire la creatività creando una sorta di proibizionismo online a discapito dell’innovazione e della libera espressione.

COME FUNZIONA LA SETTIMANA DI SOS

«La didattica e la ricerca della Scuola Open Source vengono pianificate a partire da istanze proposte dalla comunità di sostenitori – racconta Tartaglia a La Stampa -. L’apprendimento, secondo SOS, è frutto di percorsi non lineari, partendo da una base pianificata per poi svilupparsi dalla contaminazione reciproca dei partecipanti durante il workshop».

Il laboratorio è diviso in tre macroaree: design della comunicazione (identificata con la lettera X), design degli strumenti (Y) e design dei processi (Z). I gruppi sono composti da 18 partecipanti per area, e progettano soluzioni insieme a tutor e docenti di diverse discipline (tra cui filosofi, designer, economisti, ingegneri). Ogni macroarea produce tre progetti, aperti e collaborativi, che è già possibile visionare online .

I PROGETTI FINALI

Alessandro Tartaglia ha illustrato a La Stampa i diversi progetti nati durante l’ultimo laboratorio della Scuola Open Source: «Il team X, di comunicazione, ha lavorato sul design di un nuovo carattere, ossia un font type, su una strategia di propaganda che diventerà un libro racconto sulla Scuola, e, infine, su una piattaforma web di e-learning. La squadra Y, dedicata al design degli strumenti, si è occupata di un sistema di accesso antivandalico, chiamato Asimov, che digitalizza le porte di casa. Utilizzando dei sensori capacitivi, il sistema, collegato a un server, riconosce l’elettromagnetismo del proprietario, aprendo così l’uscio. Y si è anche dedicato ai dati prodotti dalla Scuola (come raccoglierli e utilizzarli), e, infine, disegnando una moneta, una cripto valuta locale sfruttando la tecnologia blockchain , che possa affiancare l’euro».

Il team Z è probabilmente quello che impatta di più sulla prototipazione dei processi educativi della Scuola: «la squadra ha immaginato SOS come un codice web, e lo ha debuggato, ossia ha studiato cosa migliorare e come – racconta Tartaglia -. Inoltre, è stato progettato un master annuale, che partirà a fine anno: quando verrà raggiunto il numero minimo di iscritti, questi si incontreranno e decideranno cosa studiare, tenendo conto di alcuni parametri definiti come il budget e il monte ore. L’ultimo progetto è un kit di pratiche per ingaggiare la comunità di SOS, e per spingere altri a utilizzare il nostro metodo».

L’IMPEGNO DI MOZILLA IN SOS

La Stampa ha raggiunto telefonicamente Federica Fulghesu, coordinatrice delle attività in Italia e Spagna per la Fondazione Mozilla: «La Fondazione è impegnata a Bruxelles con la campagna #ChangeCopyright fin dal 2015, e ora stiamo coinvolgendo iniziative e creativi in tutta Europa. Quando sono venuta a conoscenza della Scuola Open Source ho subito pensato che sarebbe potuta essere un’ottima opportunità per promuovere l’importanza della cultura dell’open source, e della campagna stessa. Così è stato. SOS è un hub di innovazione in cui gravitano quelle persone e quei professionisti che verranno coinvolti dalla scellerata riforma sul copyright. Porteremo alcuni partecipanti della Scuola a Bruxelles in Parlamento, a presentare i loro progetti, tra settembre e ottobre».

@LuS_inc

Scuola, Madia: da Cdm via libera ad assunzioni di 52 mila prof

da Corriere della sera

Scuola, Madia: da Cdm via libera ad assunzioni di 52 mila prof

La ministra della Pubblica amministrazione Marianna Madia annuncia l’approvazione in Consiglio dei ministri del piano assunzioni per gli insegnanti

Valentina Santarpia

«Assunzioni mirate nella #PA: dopo #ForzediPolizia oggi in Cdm via libera definitivo ad assunzioni #Scuola per l’anno scolastico 2017-18». Così la ministra della P.A, Marianna Madia, via Twitter, al termine del Consiglio dei ministri. Sono 58.348 le assunzioni sbloccate in Consiglio dei Ministri tra prof, presidi e personale Ata. Nel dettaglio i tre decreti (Dpr), su proposta dei ministeri della P.A e del Mef, danno il via libera al ministero dell’Istruzione ad assumere per l’anno scolastico in partenza 51.773 unità di personale docente su posti vacanti e disponibili, di cui 38.380 su posti comuni e 13.393 su posti di sostegno, a cui si aggiungono 56 unità di personale educativo. C’è anche l’ok per far entrare, sempre a tempo indeterminato, su posti effettivamente vacanti e disponibili, 6.260 unità di personale Ata. E ancora, è stato dato semaforo verde a 259 nuovi dirigenti scolastici. Ora manca solo la pubblicazione dei tre decreti in Gazzetta ufficiale, «previa» registrazione da parte della Corte dei Conti. Gli ingressi per i docenti erano attesi: la titolare dell’Istruzione, Valeria Fedeli, un mese fa aveva annunciato che le nuove assunzioni sarebbero state convalidate entro il 14 agosto. La cifra di nuovi prof in entrata nella scuola è stata raggiunta grazie ad un faticoso accordo tra viale Trastevere e ministero dell’Economia per trasformare 15.100 posti dell’organico di fatto, assegnati ogni anno a supplenti, in altrettanti posti dell’organico di diritto da coprire con docenti di ruolo con contratti a tempo indeterminato.

L’esercito di prof

La differenza tra organico di fatto e organico di diritto è praticamente una (spiacevole) prassi del sistema scolastico italiano: una cosa è l’organico che sulla carta serve alla scuola, e che viene considerato fisso e coperto con personale a tempo indeterminato (organico di diritto appunto), che ammontava lo scorso anno a 746 mila docenti. E poi c’è l’organico di fatto, quello che viene aggiunto sulla base di nuove iscrizioni, ragazzi disabili bisognosi di sostegno, e così via: circa 62 mila insegnanti supplenti (tra docenti di sostegno e non), un esercito «ballerino» che, tra deroghe, trasferimenti e assegnazioni provvisorie, rende spesso molto complicata la programmazione didattica per i dirigenti scolastici e la continuità per le famiglie. Aumentare l’organico di diritto significa dare maggiore certezza alla continuità didattica. Ma come si arriva a quasi 52 mila assunzioni di nuovi prof? Ai 15 mila posti «trasformati» bisogna aggiungere 21 mila posti rimasti liberi in seguito ai pensionamenti (il turnover autorizzato dal Mef) e i posti già vacanti e disponibili, circa 16 mila.

Diploma in quattro anni Via al test in cento classi

da Il Messaggero

Diploma in quattro anni Via al test in cento classi

In arrivo il bando del MIUR

A 18 anni con il diploma in tasca, per entrare prima all’università o nel mondo del lavoro. Un progetto studiato da anni, se non da decenni, che vuole portare la scuola italiana al passo di quella di molti paesi europei, in cui la scuola superiore termina con la maggiore età. In Italia il corso di studi quinquennale finisce a 19 anni, mentre in paesi come Spagna, Francia, Regno Unito, Portogallo, Ungheria e Romania termina a 18 anni. In Finlandia addirittura il diploma arriva a 17 anni. E così anche in Italia, con il cosiddetto liceo breve si prova ad accelerare sui tempi.
Una rivoluzione che verrà ora introdotta gradualmente con una sperimentazione che partirà dall’anno scolastico 2018-2019. I primi diplomati quadriennali arriveranno quindi nel 2022. Si tratterà dei ragazzi di 100 classi che nel settembre 2018 inizieranno il loro nuovo corso di studi della durata di quattro anni.
La ministra all’istruzione Valeria Fedeli ha firmato infatti il decreto con cui dà il via al Piano nazionale di sperimentazione che coinvolgerà licei e istituti tecnici, sia statali che paritari. L’avviso per le scuole che vogliono attivare una classe di quattro anni, solo una per scuola, sarà pubblicato alla fine di agosto sul sito del Miur e le scuole potranno fare domanda dall’1 al 30 settembre. Tutte le richieste che arriveranno saranno valutate da un’apposita commissione tecnica che prenderà in considerazione la corrispondenza ai requisiti necessari.

I REQUISITI

Le scuole che hanno intenzione di aderire alla sperimentazione, come spiegano da viale Trastevere, dovranno distinguersi per un elevato livello di innovazione, in particolare per quanto riguarda l’articolazione e la rimodulazione dei piani di studio, per l’utilizzo delle tecnologie e delle attività di laboratorio nella didattica, per l’uso della metodologia Clil che porta in classe lo studio di una materia non linguistica in una lingua straniera, per i processi di continuità e orientamento con la scuola media, il mondo del lavoro, gli ordini professionali, l’università e i percorsi terziari non accademici.
Si tratta quindi di scuole all’avanguardia, in grado di puntare molto su tecnologia e innovazione, laboratori, orientamento e contatti con il mondo del lavoro.

I PROGRAMMI

Non sono previste modifiche ai programmi scolastici: gli studenti che frequenteranno il liceo breve dovranno comunque raggiungere tutti gli obiettivi specifici di apprendimento del percorso di studi scelto, seppur in quattro anni. Eventualmente, per raggiungere gli obiettivi didattici e portare a termine i programmi in tempo, sarà possibile anche potenziare l’orario scolastico. Gli studenti infatti, alla fine dei quattro anni, si ritroveranno alle prese con l’esame di maturità come tutti gli altri ragazzi che, invece, avranno frequentato cinque anni di studi. E le aspettative da rispettare saranno le stesse, ovviamente.

LA VERIFICA

Le 100 classi saranno quindi seguite anno per anno, per valutare l’andamento degli studenti e della sperimentazione in generale. Per questo la ministra Fedeli nominerà un comitato scientifico nazionale per valutare l’andamento del Piano di innovazione. Il comitato predisporrà ogni anno una relazione che sarà trasmessa al Consiglio Superiore della Pubblica Istruzione. E riceverà, annualmente, anche le relazioni dei singoli comitati scientifici regionali che verranno istituiti per valutare gli esiti della sperimentazione.
In realtà una sorta di sperimentazione è già partita qualche anno fa per 12 classi in tutta Italia. L’anticipo di un anno del diploma, infatti, è una questione su cui la scuola è tornata più volte: venne inserita anche nella legge 30 del 2000 dall’allora ministro Luigi Berlinguer, che provò a ridurre il primo ciclo di elementari e medie di un anno, poi venne archiviata salvo proposte politiche sull’entrare un anno prima a scuola. Fino all’arrivo del ministro Profumo che, prima del 2013, decise di riaffrontare il problema e rilanciare il liceo breve.
Non sono mancate negli anni le proteste di chi, nella riduzione di un anno degli studi, ha visto il conseguente taglio degli organici: meno anni, meno ore, meno docenti da portare in cattedra.
Lorena Loiacono

La carica dei 100 licei brevi

da ItaliaOggi

La carica dei 100 licei brevi

Firmato il decreto, a fine agosto arriverà il bando per selezionare le scuole migliori

Alessandra Ricciardi

C’è tempo dal 1° al 30 settembre per candidarsi a fare 5 anni di liceo in 4. A stabilirlo il bando che sarà pubblicato a fine agosto. Il decreto, firmato dalla ministra della pubblica istruzione, Valeria Fedeli, è alla registrazione della Corte dei conti, ma si dà ormai la cosa per fatta e la sperimentazione è pronta a partire (si vedano le anticipazioni di ItaliaOggi di venerdì scorso). Potranno essere 100 in tutta Italia le scuole superiori – licei e istituti tecnici – che potranno tagliare di un anno la durata del ciclo di studi.

Fino ad oggi 12 scuole hanno sperimentato percorsi quadriennali sulla base di progetti di istituto autorizzati di volta in volta dal ministero. Per rendere maggiormente valutabile l’efficacia della sperimentazione, viene previsto ora un bando nazionale, con criteri comuni per la presentazione dei progetti.

Le prime classi saranno attive dall’anno scolastico 2018/2019. Ogni istituto potrà proporre il progetto per una sola classe.

L’organizzazione della didattica deve essere tale da consentire di raggiungere gli stessi obiettivi di apprendimento e di competenze del percorso ordinario seppure con un anno in meno. E deve dunque caratterizzarsi, si legge all’articolo 4 del decreto, «per un elevato livello di innovazione in ordine all’articolazione dei piani di studio, all’utilizzo delle tecnologie e delle attività laboratoriali, all’insegnamento con metodologia Clil (e dunque una materia interamente in lingua inglese, ndr)», per processi di orientamento con la scuola media, il mondo del lavoro, le università.

Dovrà essere incrementato il calendario scolastico e l’orario settimanale delle lezioni. Le scuole dovranno attivare insegnamenti opzionali, utilizzando gli spazi di flessibilità oraria consentiti. Alla classe prima candidata non potranno essere accolte iscrizioni di studenti che hanno già fruito di abbreviazioni di percorsi scolastici e non possono esserne accolti di nuovi durante i 4 anni, né tantomeno agli esami finali di maturità.

Il progetto dovrà anche indicare con quali criteri, in caso di eccedenze di iscrizione rispetto alla quota media di alunni per classe, saranno selezionati gli studenti. Le famiglie dovranno infatti fare do manda ad hoc per la classe sperimentale. La selezione dei progetti sarà fatta da una commissione tecnica di nomina ministeriale. Che dovrà attenersi a due indicazioni: la coerenza del progetto scolastico con quello nazionale e una equilibrata distribuzione delle classi sperimentali sul territorio, coinvolgendo non solo licei ma anche gli istituti di istruzione tecnica.

Nel corso del quadriennio, un Comitato scientifico nazionale valuterà l’andamento nazionale del Piano di innovazione e predisporrà annualmente una relazione che sarà trasmessa al Consiglio superiore della pubblica istruzione. Il Comitato sarà nominato dalla ministra e dovrà individuare le misure di accompagnamento e formazione a sostegno delle scuole coinvolte nella sperimentazione.

A livello regionale, invece, saranno istituiti i Comitati scientifici regionali che dovranno valutare gli esiti della sperimentazione, di anno in anno, da inviare al Comitato scientifico nazionale. La valutazione finale della scuola, se positiva, potrà essere prorogata per un altro quadriennio.

Alternanza scuola-lavoro, la carta dei diritti non si applica agli studenti che fanno stage

da ItaliaOggi

Alternanza scuola-lavoro, la carta dei diritti non si applica agli studenti che fanno stage

Accolte le richieste delle regioni, cgil contraria. Restano fuori le strutture formative

Emanuela Micuci

Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza non si applicherà agli alunni che frequentano stage, tirocini e didattica di laboratorio. Via anche ogni riferimento alle strutture formative accreditate: restano solo le istituzioni scolastiche. Accolte queste e tutte le altre proposte presentate il 27 luglio dalla Conferenza delle regioni nell’esprimere il parere sullo schema di regolamento della Carta, predisposto dal Miur di concerto con i ministeri del lavoro e della funzione pubblica. La Carta ha così incassato giovedì il parere favorevole della Conferenza delle regioni, di cui nella stessa giornata ha preso atto anche la Conferenza unificata. Nella nuova formulazione dello schema di regolamento, inoltre, è previsto che alle commissioni territoriali per l’alternanza scuola-lavoro partecipano anche un rappresentante regionale e uno di Unioncamere.

Istituite presso ciascun ufficio scolastico regionale, alle commissioni saranno indirizzati, entro 30 giorni e per il tramite della scuola, i reclami contro eventuali sanzioni comminate agli studenti per l’infrazione dei doveri previsti dalla Carta o dal percorso formativo di alternanza assegnatogli. A richiedere una modifica delle composizione della commissione era già stato anche il Consiglio superiore della pubblica istruzione (Cspi) proponendo di integrarla con un dirigente scolastico. Le regioni, inoltre, nel dare il via libera alla Carta hanno ribadito «la necessità di chiarire che le risorse per far fronte al trasporto degli alunni disabili che partecipano ai percorsi di alternanza siano a carico delle risorse destinate all’alternanza scuola lavoro di cui al comma 39 dell’art. 1 della legge 107/2015».

Le regioni ribadiscono che le spese per il trasporto degli studenti disabili in alternanza debba rientrare nei 100 mila euro annui che la Buona Scuola ha dedicato per questi percorsi di scuola-lavoro. Del resto, a questo punto fa riferimento una delle proposte emendative congiunte di comuni e province allo schema del decreto, ribadite il 26 luglio poiché non ancora accolte nel testo. Anci (associazione nazionale comuni italiani) e Upi (unione province italiane) chiedono l’eliminazione del riferimento al supporto organizzativo degli enti locali per i percorsi di alternanza specifici per gli alunni disabili, «che spetterà poi alla singola regione prevedere o meno», poiché la normativa è cambiata e oggi l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione degli alunni con disabilità è attribuita alla regione a decorrere dal 1° gennaio 2016 (art. 1, comma 947, legge 208/2008). Ed anche il Cspi aveva insistito per una maggiore declinazione del testo su questo punto, «individuando modalità di accompagnamento e le forme di supporto a carico degli enti locali».

Contraria alle richieste delle regioni la Fcl-Cgil che bolla la presa di posizione della Conferenza delle regioni come «profondamente sbagliata», «foriera di pesanti discriminazioni fra gli studenti e che rischia di rendere sempre più debole il presidio delle istituzioni educative sul percorso formativo degli studenti».

Al contrario, per la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, la Carta «rappresenta un elemento di forte qualificazione dei percorsi scuola-lavoro» e sarà resa operativa da una nuova piattaforma informativa dedicata all’alternanza offrendo, tra l’altro, ai ragazzi «la possibilità di segnalare eventuali problematiche, nonché di valutare l’esperienza fatta».

Mentre il sottosegretario all’istruzione Vito De Filippo sottolinea la «grande attenzione» nella Carta «ai temi della salute e della sicurezza nei luoghi in cui si svolgono le attività lavorative». La Carta sarà ora inviata al Consiglio di Stato. L’obiettivo del Miur è vararla a settembre. E, annuncia Fedeli, «entro fine anno organizzeremo gli Stati Generali dell’alternanza».

Droga e alcol, Fedeli e Boschi firmano intesa su politiche di prevenzione

da La Tecnica della Scuola

Droga e alcol, Fedeli e Boschi firmano intesa su politiche di prevenzione

 

Il 7 agosto la Sottosegretaria alla Presidenza del Consiglio, Maria Elena Boschi, e la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, hanno siglato un Protocollo d’intesa per un’azione congiunta che “rafforzi in modo organico e sinergico l’attuazione delle politiche di prevenzione dell’uso di droga e alcol tra i giovani”, in particolare in età scolare.

Il Protocollo prevede piani, programmi educativi e iniziative ad hoc per coinvolgere studentesse e studenti, genitori, docenti. Ci saranno campagne di informazione e comunicazione mirate. Saranno realizzate specifiche attività di formazione delle e degli insegnanti a cura di soggetti qualificati e scientificamente accreditati. Per la realizzazione degli interventi ci sono 3 milioni di euro a disposizione.

“L’uso e l’abuso di alcol e sostanze stupefacenti, in particolar modo in età scolare, possono  produrre danni gravi e incidere negativamente sulla qualità dell’apprendimento, della formazione personale, della capacità di immaginare e realizzare progetti di vita e di lavoro. È importante allora che a studentesse e studenti vengano dati tutti gli strumenti informativi e di prevenzione delle dipendenze e che la scuola diventi un’alleata, anche su questo terreno, per conoscere, condividere rischi, fare le scelte più giuste – ha dichiarato la Ministra Fedeli -. Si tratta di lavorare sui contesti sociali, sulle modalità di accesso, sulle caratteristiche e i danni delle diverse sostanze. Il tutto sapendo porsi in ascolto e in dialogo con le ragazze e i ragazzi e in costante condivisione con le famiglie. Anche la prevenzione delle dipendenze è infatti un elemento di quel patto educativo che deve vedere tutta la società, come comunità educante, al servizio della crescita sana e positiva delle future generazioni”.

Vaccini, la legge è in Gazzetta Ufficiale: entrata in vigore 6 agosto 2017

da La Tecnica della Scuola

Vaccini, la legge è in Gazzetta Ufficiale: entrata in vigore 6 agosto 2017

 

Sulla Gazzetta Ufficiale del 5 agosto 2017 è stata pubblicata la legge 31 luglio 2017, n. 119 recante conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, recante disposizioni urgenti in materia di prevenzione vaccinale.

Contestualmente è stato pubblicato anche il testo del decreto-legge 7 giugno 2017, n. 73, (in Gazzetta Ufficiale – Serie generale – n. 130 del 7 giugno 2017), coordinato con la medesima legge di conversione.

Ricordiamo che la mancata somministrazione dei vaccini obbligatori preclude l’iscrizione agli asili nido e alle scuole materne, mentre per il mancato rispetto dell’obbligo da parte di bambini e ragazzi più grandi (da 0 a 16 anni), invece, è prevista una multa da 100 a 500 euro. Prima però si verrà contattati dalla propria Asl di competenza per avviare un percorso di recupero delle vaccinazioni.

Disposizioni transitorie riguardano l’anno scolastico 2017-2018, permettendo nell’immediato (entro il 10 settembre per asili e infanzia, entro il 31 ottobre per le altre scuole) un’autocertificazione sulle vaccinazioni effettuate o la presentazione della prenotazione presso il Centro vaccinale e successivamente la consegna della documentazione (entro il 10 marzo 2018).

Per approfondimenti sul tema il Ministero della Salute ha pubblicato una pagina dedicata e una guida pratica, aggiornata alle novità passate in Senato.

Consiglio dei Ministri, via libera a 58mila assunzioni nel comparto Scuola

da La Tecnica della Scuola

Consiglio dei Ministri, via libera a 58mila assunzioni nel comparto Scuola

 

Ultimo Consiglio dei Ministri prima della pausa estiva. La ministra della Pubblica Amministrazione, Marianna Madia, di concerto con quella dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha annunciato il via libera definitivo alle assunzioni nel comparto scuola per l’a.s. 2017-2018.

Sono 58.348 le assunzioni sbloccate in Consiglio dei Ministri tra professori, presidi e personale Ata. Secondo quanto si apprende si tratta di quasi 52.000 insegnanti, oltre 6.200 unità di personale Ata e 259 presidi.

I decreti, tre n tutto, che autorizzano il Miur a procedere, sono stati approvati nel corso della riunione a Palazzo Chigi, come annunciato dalla Madia. Gli ingressi per i docenti erano attesi, già anticipati dalla titolare dell’Istruzione, Valeria Fedeli.

Ora i decreti per le assunzioni dei docenti, dirigenti scolastici e personale Ata saranno pubblicato nella Gazzetta Ufficiale, previa registrazione da parte della Corte dei Conti.
L’accordo per le immissioni in ruolo è giunto dopo un faticoso accordo tra Miur e Mef per trasformare 15.100 posti dell’organico di fatto, assegnati ogni anno a supplenti, in altrettanti posti dell’organico di diritto da coprire con docenti di ruolo con contratti a tempo indeterminato.

Immissioni in ruolo, passaggio da ambito a scuola: proroga al 9 agosto. Tutta la tempistica

da La Tecnica della Scuola

Immissioni in ruolo, passaggio da ambito a scuola: proroga al 9 agosto. Tutta la tempistica

 

Il Miur rende noto che è cambiata nuovamente la tempistica per quanto riguarda le immissioni in ruolo, prorogando fino alle ore 14,00 del 9 agosto 2017 la funzione per l’inserimento dei requisiti e della scuola di partenza per i docenti neo-assunti.

Riepiloghiamo, come riporta anche il sito della Flc Cgil, la nuova tempistica delle assunzioni in ruolo 2017/2018, dopo l’avviso odierno del Ministero dell’Istruzione.

– Disponibilità funzione SIDI agli Uffici provinciali per assegnazione Ambiti di titolarità agli immessi in ruolo: dal 28 luglio all’8 agosto. Contestualmente dovrà esser assegnata la sede di incarico triennale agli immessi in ruolo della Legge 104/92;

– Disponibilità funzione POLIS per inserimento CV immessi in ruolo, requisiti e scuola di partenza: dalle ore 9,00 del 29 luglio alle ore 14,00 del 9 agosto;

– Apertura cruscotto ai Dirigenti Scolastici per esame CV e requisiti: dal 9 agosto alle ore 20,00 del 12 agosto;

– Apertura funzioni SIDI alle Scuole per assegnazione incarichi agli immessi in ruolo: dal 10 agosto alle ore 20,00 del 12 agosto;

– Apertura funzione SIDI agli Uffici provinciali per assegnazione incarichi, in fase surrogatoria, agli immessi in ruolo: dal 17 agosto (gli elenchi di supporto saranno inviati il 16 agosto).

Ricordiamo che il corretto e tempestivo inserimento a SIDI dell’assegnazione dell’ambito della titolarità ai docenti neo immessi in ruolo è operazione propedeutica e indispensabile per l’inserimento del CV da parte dei docenti stessi.

L’etica dei docenti e il segreto professionale

da La Tecnica della Scuola

L’etica dei docenti e il segreto professionale

 

Devono avere un’etica professionale i docenti? Ma certo, viene subito da dire. Un’etica per cui le discussioni all’interno dei consigli di classe rimangano privati, coi giudizi e le valutazioni di ogni  singolo alunno. Deontologia professionale per cui le ben note controversie, che alla fine devo essere appianate per trovare un momento di sintesi, rimangono all’interno del consiglio per garantire tutti: colleghi  e studenti. E invece capita, e non raramente, che certi prof, anche per giustificare le proprie mancanze o inefficienze o cattiva fede o impreparazione, raccontino in giro, senza alcun problema di coscienza etica, cosa succede nella loro classe, trasformando così la scuola in una sorta di cortile e mettendo soprattutto certi alunni come oggetto di tema da trattare con altre mamme o argomento di conversazione da insaponare dal barbiere o da ritoccare dall’estetista: una materia pubblica di esame scolastico insomma, con relativa ripetizione se qualcosa non si fosse capita. Brutto e scorretto.

Deontologia professionale, la segretezza delle delibere e delle decisioni collegiali, che i dirigenti invece dovrebbero costantemente ricordare prima di procedere a qualunque discussione che riguarda le persone e poi monitorare affinché non travalichino l’uscio della seduta. Anche perché nessuna sanzione è prevista per il pettegolezzo che, se riguarda la scuola primaria soprattutto, dovrebbe essere punito con la frusta. Chi vorrebbe infatti che le insufficienze dei propri figli, discusse dai docenti, andassero di bocca in bocca e da cortile e cortile?