Fido sbarca in Italia

Redattore Sociale del 15-09-2017

Fido, sbarca in Italia l’apparecchio acustico testato nella Silicon Valley

A lanciarlo sul mercato italiano è Sentosubito, un’azienda fiorentina che vuole aiutare i sordi a vivere meglio. Il dispositivo è economico e innovativo e racchiude nel suo piccolo guscio caratteristiche uniche ed esclusive.

FIRENZE. Si chiama Fido ed è il nuovo amplificatore acustico che serve a migliorare le condizioni di ascolto delle persone. A lanciarlo è Sentosubito, un’azienda fiorentina fondata grazie all’intuizione e alla voglia di rischiare di un gruppo di imprenditori toscani. L’apparecchio, già testato e venduto in America, ora sbarca anche nel nostro Paese.

Fido è stato studiato nella Silicon Valley, a poca distanza da Los Angeles. Si tratta di un dispositivo economico e innovativo che racchiude nel suo piccolo guscio caratteristiche uniche ed esclusive: il limitatore di potenza, che impedisce di superare gli 85 decibel, tutelando così il timpano da rumori dannosi e improvvisi come botti, sirene di emergenza, clacson, rumori da processi di lavorazione. Ma anche la gestione automatica dei suoni ambientali, ottimizzando così l’ascolto della parola. Vi è poi la possibilità di regolare l’amplificatore in modo semplicissimo e secondo le necessità del fruitore.

Il MIUR non riesce proprio a semplificare la vita delle scuole!

Il MIUR, nonostante tante dichiarazioni di principio, non riesce proprio a semplificare la vita delle scuole!

Ieri, 14 settembre, si è svolto presso il MIUR il previsto incontro di sintesi finale sulla semplificazione amministrativa. L’Amministrazione era rappresentata dal Vice Capo di Gabinetto, dal Capo Dipartimento per la programmazione, dal Direttore generale per le risorse umane e finanziarie, dal Direttore generale per i sistemi informativi.

Nel corso della riunione, la parte pubblica ha essenzialmente evidenziato tutti gli ostacoli che rendono difficoltoso il raggiungimento dell’obiettivo di una vera semplificazione amministrativa: la legislatura è alla fine della sua vita naturale, vi sono molte competenze intrecciate tra più Amministrazioni, il personale del MIUR e delle sue articolazioni territoriali è carente… Insomma, alla fine della riunione, sapevamo tutto sugli ostacoli alla semplificazione, ma di semplificazione nemmeno l’ombra!

Dopo ben sette riunioni tecniche, durante le quali ANP ha affrontato i molti aspetti che complicano la vita delle scuole ed ha avanzato precise richieste, abbiamo potuto sentire solo che l’Amministrazione “si impegna a…”

QUESTO NON BASTA!

La categoria non è più interessata a semplici impegni ma vuole fatti!

ANP ha contestato con fermezza l’atteggiamento “temporeggiatore” dell’Amministrazione che, non essendo riuscita ad individuare soluzioni, ha reso inutile il lavoro fin qui svolto ed ha rivelato in modo inequivocabile la mancanza di un’adeguata visione complessiva delle problematiche segnalate durante i cosiddetti tavoli di giugno e luglio. ANP ha nuovamente ribadito che le scuole sono in grande sofferenza e che il lentissimo iter del concorso per il reclutamento dei dirigenti scolastici, a fronte di circa 1700 reggenze, nonché di quello per l’assunzione dei DSGA sono chiari esempi della generale situazione di collasso del sistema.

Di fronte ad una tale evidente incapacità, da parte dell’Amministrazione, di risolvere con la dovuta celerità dei problemi seri ed urgenti e di attenuare la gravosità di una burocrazia vessatoria, diciamo BASTA con forza!

ANP invita tutti i dirigenti a continuare con la massima fermezza le azioni di protesta intraprese. L’unità della categoria è una condizione necessaria per raggiungere gli obiettivi che ci siamo posti:

PEREQUAZIONE
SEMPLIFICAZIONE
POTERI ADEGUATI ALLE RESPONSABILITÀ.

Persistiamo ora più che mai – tutti insieme – nelle azioni di lotta avviate con la deliberazione 2 aprile 2017 del Consiglio Nazionale ANP!

#laprotestacontinua

Vacanze scolastiche: chi ne ha di più?

Vacanze scolastiche: chi ne ha di più?

Qui a Viking, siamo orgogliosi di sapere come le culture dei nostri colleghi internazionali possono essere molto diverse, ad esempio per il modo in cui si tratta il lavoro e persino le frasi che usano quotidianamente. Queste differenze non sono una prerogativa degli adulti, dal momento che le vacanze scolastiche in diversi paesi possono determinare i periodi in cui le persone sono disponibili ed essere fonte di vera e propria gelosia intercontinentale!

Viste le differenze culturali e dei sistemi scolastici, alcuni paesi garantiscono ai loro alunni un numero maggiore di vacanze durante l’anno, mentre altri ne concedono di meno. Per esempio, il Belgio gode di ben sette giorni festivi in più rispetto a noi, mentre alla Bosnia è concesso un solo giorno di vacanza!

Chi gode del maggior numero di vacanze?

Per vedere quali paesi godono del maggior numero di giorni di riposo e come si piazza l’Italia in confronto, abbiamo ricercato tutte le festività in Europa e contato le vacanze concesse ai ragazzi in età scolare. Dunque, chi gode del maggior numero di giorni di vacanza?

Mappa dei giorni di vacanza in Europa

Alcuni paesi sono supportati da vacanze che non condividiamo in Italia, come la Pentecoste (che può garantire da un giorno ad un’intera settimana scolastica di vacanza in paesi come la Danimarca ed il Lussemburgo) e molti paesi concedono vacanze verso la fine di Maggio per il giorno dell’Ascensione.

L’Italia risulta comunque ben nove giorni al di sopra della media europea di vacanze scolastiche, con 87 giorni festivi nel corso dell’anno. Pochissime vacanze scolastiche, invece, in Repubblica Ceca, che è arrivata in fondo alla nostra ricerca con 56 giorni, mentre la Bulgaria è stata la prima in Europa con la colossale cifra di 102 giorni festivi!

Quando cadono queste vacanze?

Potrebbe sembrare ingiusto, ma quando si guarda al periodo in cui queste vacanze cadono durante l’anno, si nota che i ragazzi italiani godono di un maggior numero di giorni liberi durante l’estate, una scelta dovuta prevalentemente al clima molto caldo della penisola durante la stagione estiva, come si può vedere in basso:

Grafico vacanze scolastiche in Italia

Permutereste i giorni di vacanza estivi per averne di più a Natale? Gli studenti Bulgari hanno ben 12 settimane di vacanze estive (da Giugno ad Agosto), anche se non festeggiano il Natale, il che significa che la loro prima pausa del nuovo anno scolastico non arriva prima dell’1 Gennaio.

Cosa festeggiano gli altri paesi?

Alcuni paesi europei hanno giorni di vacanza dovuti alla celebrazione di feste nazionali che noi non abbiamo. Qui di seguito un esempio dei giorni festivi in vari paesi europei:

Ascensione – si commemora l’ascensione di Cristo, il quarantesimo giorno dopo la Pasqua. È celebrata e concessa come giorno di vacanza in molti paesi europei tra cui il Belgio, la Norvegia, la Svezia e la Svizzera.

Autunno – molti paesi, tra cui il Regno Unito, la Germania, il Belgio e la Bulgaria celebrano l’autunno con alcuni giorni di vacanza.

Knabenschiessen – anche se non è una vacanza ufficiale, a Zurigo, le scuole (e molte aziende) restano chiuse per festeggiare questa gara di tiro al bersaglio che si tiene durante il secondo fine settimana di Settembre ogni anno. Il Knabenschiessen è uno dei festival più antichi in Svizzera, risalente al diciassettesimo secolo.

Tag der Deutschen Einheit – anche conosciuto come il Giorno dell’Unificazione Tedesca, in questa occasione la Germania festeggia l’anniversario della riunificazione della Germania Est ed Ovest avvenuta il 3 Ottobre 1990.

Carnevale – alcuni paesi come, per esempio, Malta, la Romania, il Portogallo ed il Lussemburgo, festeggiano il Carnevale con la chiusura delle scuole per alcuni giorni.

Riforniamo le scuole in tutto il mondo con i prodotti di cui hanno bisongo per funzionare e, con tutte queste festività nelle varie culture, sembra che la scuola sia sempre chiusa da qualche parte a prescindere dal periodo dell’anno!

Le novità al debutto per il 2017/18: dalle ammissione agli esami, dalla prova Invalsi alle assunzioni per i prof

da Il Sole 24 Ore

Le novità al debutto per il 2017/18: dalle ammissione agli esami, dalla prova Invalsi alle assunzioni per i prof

di Giorgio Allulli

Con l’inizio del nuovo scolastico verranno incasellate alcune nuove tessere del puzzle della riforma della Buona scuola, che prevede un ampio ventaglio di innovazioni che stanno dispiegando a poco a poco i loro effetti sul sistema scolastico italiano.
Si tratta di tessere che riguardano sia gli alunni, che il personale docente.

Per quanto riguarda gli alunni, allo scopo di avere una scuola più inclusiva, nella scuola primaria sarà possibile ammettere alla classe successiva anche in caso di livelli di apprendimento «parzialmente raggiunti o in via di prima acquisizione». Anche nella scuola secondaria di I grado si potrà essere ammessi alla classe successiva e all’esame finale in caso di mancata acquisizione dei necessari livelli di apprendimento in una o più discipline. Le scuole dovranno però attivare percorsi di supporto per sostenere il raggiungimento dei necessari livelli di apprendimento da parte degli alunni e delle alunne più deboli. Infine verrà rilasciata alla fine del I e del II ciclo una attestazione delle competenze chiave e di cittadinanza.

Cambierà anche l’esame finale della secondaria di I grado, per il quale si attribuirà maggiore valore al percorso scolastico effettuato. Infatti le prove si ridurranno a tre, dalle attuali cinque: lingua italiana, competenze logico-matematiche e competenze in lingue straniere; a queste si aggiungerà un colloquio per accertare le competenze trasversali, comprese quelle di cittadinanza.

La prova standardizzata Invalsi non verrà più somministrata durante l’esame, ma si svolgerà nel corso dell’anno scolastico, in forma elettronica, e non avrà più influenza sul voto finale, anche se costituirà un requisito obbligatorio per l’ammissione all’esame. Oltre alle prove tradizionali relative alle competenze linguistiche e logico-matematiche, verrà introdotta nei test una prova di inglese, per verificare e certificare le abilità di comprensione e uso della lingua inglese secondo le normative europee; alle famiglie verrà restituito un giudizio in forma descrittiva del livello di apprendimento raggiunto in italiano, matematica e inglese.

Alle novità che riguardano gli alunni si aggiungono quelle che riguardano i docenti: con il nuovo anno saliranno in cattedra gli 80.000 insegnanti vincitori del concorso varato dalla legge 107, i quali per la prima volta si sono confrontati con le nuove regole di assegnazione del posto sulla base degli ambiti territoriali e della scelta del capo di istituto. Si tratta di una innovazione profonda nel sistema nazionale di reclutamento, che si è dovuta confrontare con una lunga serie di problematiche e di difficoltà, alcune probabilmente evitabili con una migliore organizzazione, altre più comprensibili considerando l’ampiezza dell’innovazione introdotta. Resta però, in fondo a questo percorso accidentato, da valutare positivamente il fatto che finalmente nella scuola italiana si è proceduto ad assumere i docenti per concorso anziché per sanatoria: il che, dopo tanti anni, e considerando i numeri in gioco, non è assolutamente un risultato da poco.

Istat, 1 alunno su 3 va a scuola non accompagnato da un adulto

da Il Sole 24 Ore

Istat, 1 alunno su 3 va a scuola non accompagnato da un adulto

Un terzo degli alunni (fra gli 8 e i 14 anni) va a scuola senza essere accompagnato da un adulto. Lo afferma l’Istat, che – in occasione dell’avvio dell’anno scolastico 2017-18 – riferisce i dati di un’indagine multiscopo del 2014 sugli spostamenti casa-scuola di questa fascia di età. Secondo i numeri, sono 200mila i bambini e i ragazzi che percorrono un tragitto

casa-scuola, entro il chilometro di distanza, da soli o con i loro pari: il 30,3% del totale.

Nei piccoli comuni fenomeno più frequente
I ragazzi più grandi (11-14 anni), spiega l’Istat, sono come è ovvio più indipendenti di quelli più piccoli (8-10 anni): vanno a lezione da soli rispettivamente il 42,5% e il 17,3%. I ragazzi, inoltre, superano seppure di poco le ragazze: ammonta al 31,8% la loro quota rispetto al 28,3% delle coetanee.
Uno degli elementi determinanti, per l’Istat, è la dimensione demografica del comune di residenza: la percentuale di 8-14enni che si sposta senza la supervisione di un adulto sale infatti al 42,6% se risiedono in piccoli comuni (fino a 2mila abitanti). Il piccolo centro favorisce soprattutto la mobilità indipendente dei più piccoli (il 79,5% dei bambini), mentre nell’area metropolitana sono i ragazzi più grandi a muoversi maggiormente da soli (il 49,7% nei centri e il 73,4% nelle periferie).

Nei grandi centri autonomia penalizzata
È nei grandi comuni (oltre 50mila abitanti) che, secondo l’Istat, è più penalizzata l’autonomia di bambini e i ragazzi: qui soltanto il 22,4% non viene accompagnato a scuola da un adulto. Alcune condizioni e comportamenti che connotano la vita degli alunni e studenti e della sua famiglia, poi, influiscono sulla propensione ad andare a scuola da soli: sono il 42,1% tra quelli che svolgono i compiti in autonomia; il 37% di quanti si preparano da soli per uscire; il 31,2% se hanno almeno un fratello o una sorella. Infine, nelle famiglie che non possiedono un’automobile, la percentuale di “autonomi” raggiunge il 47,7 per cento.

La fuga dei giovani costa un punto di Pil

da Il Sole 24 Ore

La fuga dei giovani costa un punto di Pil

di R.Boc.

«Va sfatata l’assunzione che il recupero del mercato del lavoro sia la cenerentola del quadro economico». Il capo economista del CsC (Centro studi Confindustria) , Luca Paolazzi, tiene a sottolineare che i miglioramenti sul versante dell’occupazione sono stati consistenti: il numero delle persone occupate nell’estate del 2017 è tornato sopra i 23 milioni, sui livelli del 2008 e a fine 2018 vi saranno 160 mila occupati in più rispetto alla data d’inizio della grande crisi. Se invece si fanno i conti a partire dal 2014 (cioè subito dopo il punto di minimo raggiunto dall’occupazione in Italia) si vede che a fronte di una crescita cumulata del 3% nel Pil le persone occupate sono aumentate del 3,7%(+815 mila) e sono cresciute del 3,7% anche le unità di lavoro per anno (Ula) mentre il monte ore lavorate è salito del 4,3 per cento.

Tutto bene allora? Non esattamente. Da un lato, infatti, ha ricordato Paolazzi, resta assai elevato il numero delle persone a cui il lavoro manca, in tutto o in parte: si tratta di ben 7,7 milioni di persone(erano 8,1 nel 2014), se si considerano tutti insieme i disoccupati, il lavoratori scoraggiati e coloro che vorrebbero lavorare a tempo pieno ma hanno solo un part-time. Dall’altro lato, ha detto il chief economist di viale dell’Astronomia «il vero tallone d’Achille è l’occupazione giovanile». È su questo terreno che la crisi ha picchiato durissimo, visto che tra il 2008 e il 2014 il tasso di occupazione è sceso di 8,6 punti percentuali nella fascia d’età tra i 15 e i 24 anni(da 24,2% a 15,6%) e di 12,6 punti nella fascia tra i 25 e i 29 anni(da 64,3% a 51,7%) mentre il calo medio complessivo è stato di 2,9 punti. Accanto a una forte riduzione del benessere di queste generazioni questo fenomeno può abbassare l’intero potenziale di crescita dell’economia italiana, in un paese che invecchia e che di giovani al lavoro avrà un disperato bisogno nei prossimi decenni(nel 2060 vi saranno 62 individui ultrassessantacinquenni ogni 100 persone in età da lavoro).

Senonché, invece di allargare la platea dei “lavoratori di domani” nel nostro paese si va intensificando il fenomeno dell’emigrazione all’estero dei giovani per motivi di lavoro: il 51% di chi ha spostato la residenza all’estero fra il 2008 e il 2015 aveva un’età compresa fra i 15 e i 39 anni: si tratta di ben 260 mila persone. Ora, qualunque genitore sa che allevare e offrire un’educazione completa a un figlio fino a 25 anni costa caro. Ma Confindustria ha fatto qualche calcolo più preciso: se si stima questa spesa familiare intorno ai 165 mila euro, è come se l’Italia con l’emigrazione dei giovani avesse perso in questi anni 42,8 miliardi di euro di investimenti in capitale umano. Nel solo 2015 la spesa delle famiglie più quella sostenuta dallo Stato per la formazione dei giovani che hanno lasciato il Paese, è stata complessivamente pari a 14 miliardi, ovvero un punto di Pil. È un’emorragia da fermare al più presto, sottolinea Confindustria, se si ha a cuore il potenziale di sviluppo e di innovazione del paese, che in definitiva è il motore della produttività.

“Il sabato si va a scuola” Il Tar adesso boccia anche la settimana corta

da la Repubblica

“Il sabato si va a scuola” Il Tar adesso boccia anche la settimana corta

Accolto il ricorso dei genitori di un liceo scientifico di Roma Il consiglio d’istituto aveva preso la decisione a maggioranza

Liana Milella

Due righe, in una decisione del Tar del Lazio, rivoluzionano l’anno scolastico del liceo scientifico Aristotele di Roma, notissimo istituto dell’Eur. Sei giorni a scuola, dal lunedì al sabato, anziché solo cinque, dal lunedì al venerdì, la settimana corta. Come, da oltre un triennio, avviene ormai in moltissime scuole italiane, per risparmiare sulle spese e per consentire ai ragazzi di garantirsi un week end lungo con la famiglia. Invece al liceo Aristotele, per tutto quest’anno, i giorni di lezione saranno sei, perché il Tar, solo sospendendo una decisione del Consiglio d’istituto, ha bloccato le lezioni spalmate in 5 giorni. Una novantina di famiglie avevano fatto ricorso, ma ovviamente la decisione varrà per tutta la scuola, anche per chi non è affatto d’accordo con i ricorrenti.

Ancora una volta i Tar – che l’ex premier Renzi aveva giurato di voler riformare radicalmente dopo la bocciatura dei direttori stranieri dei più importanti musei – diventano protagonisti di una storia di ordinario contrasto che potrebbe essere risolta anche senza ricorrere alla giustizia amministrativa.

Un potere eccessivo e invasivo? Un’inevitabile e obbligatoria tutela garantita dalla legge? Fatto sta che al liceo Aristotele il caso è diventato esplosivo, soprattutto per le sue conseguenze.

Ma stiamo ai fatti, considerando che il Tar del Lazio, il 31 agosto, con quattro paginette firmate dal presidente Giuseppe Sapone, dal consigliere estensore Pierina Biancofiore, e dal consigliere Antonino Masaracchia, sospende – senza portare alcuna motivazione – la scelta del Consiglio d’istituto, assunta l’11 luglio a maggioranza, di limitare i giorni di scuola a cinque.

Ma perché il Tar sospende la decisione? L’esigua ordinanza non lo dice. Per conoscere nel merito le ragioni bisognerà aspettare il 16 gennaio, quando i giudici amministrativi si riuniranno ed esamineranno nel merito il corposo ricorso – ben 45 pagine – presentato dall’avvocato Alfredo Del Vecchio, a nome di 94 genitori di altrettanti alunni, che contestano soprattutto una scelta assunta solo a maggioranza dal Consiglio d’istituto, che cambia le regole in corso d’opera, all’interno di un ciclo di studi, quando magari le famiglie degli alunni avevano scelto l’Aristotele, anziché un’altra scuola, proprio perché lì i giorni di lezione alla settimana erano sei, e non cinque.

Peccato che a quel punto – e anche se la decisione dovesse essere favorevole a chi opta per la settimana corta – l’anno scolastico dell’intero liceo scientifico Aristotele sarà obbligatoriamente spalmato sulla settimana lunga. Una volta decisa la scansione delle lezioni, gli orari, l’intreccio dei professori, sarà praticamente impossibile rivoluzionare tutto e passare ai cinque giorni.

Senza contare che i tempi del Tar saranno sicuramente più lunghi. Fatta l’udienza il 16 gennaio, bisognerà attendere la decisione, che coincide con la scrittura dell’ordinanza. E c’è da scommettere che, in un caso divenuto così delicato, e per giunta su un tema che va ben oltre il singolo liceo romano, i giudici romani del Tar non vorranno perdere l’occasione per scrivere una sentenza ben motivata e argomentata. Che “faccia scuola”. E che magari richiederà anche un paio di mesi per essere redatta. A quel punto saremo giunti a marzo, a tre mesi dalla fine delle lezioni, e comunque vada avranno vinto i 94 genitori ricorrenti che sono contrari ai cinque giorni, anche se magari, nel merito, il Tar dovesse invece dar ragione a chi, all’interno del Consiglio di istituto, aveva scelto l’opzione dei cinque giorni.

Smartphone in classe, Fedeli: ok solo per uso collettivo sotto la guida dei prof

da La Tecnica della Scuola

Smartphone in classe, Fedeli: ok solo per uso collettivo sotto la guida dei prof

 

“Non ci deve essere un uso libero e personale dello strumento, ma va gestito in classe con un uso collettivo e consapevole sotto la guida degli insegnanti”.

A sostenerlo è la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, spiegando meglio la sua idea su come vanno usati gli smartphone a scuola e perché è stata allestita una commissione per valutare come introdurli, cui seguirà una circolare da inviare agli istituti.

Parlando di rete e degenerazione del linguaggio, durante il Cortile di Francesco ad Assisi, la titolare del ministero dell’Istruzione ha detto che sarebbe un errore “confondere gli strumenti del digitale con i contenuti, di cui dobbiamo farci carico”.

“Stiamo affrontando – ha detto Fedeli – un terreno nuovo perché la digitalizzazione cambia tutto compresi gli aspetti cognitivi. Noi abbiamo la responsabilità di quali contenuti vanno in rete e su questo faremo una commissione ma la scuola per prima e poi tutti i media devono insegnare ai ragazzi che non bisogna fermarsi alla prima cosa che si legge in rete. Bisogna dare loro – ha concluso – gli strumenti per come riconoscere autorevolezza e certificazione dell’informazione”.
Resta da capire se proprio tutti gli insegnanti abbiano oggi fatte loro quelle competenze indispensabili per trasmettere questo genere di informazioni e modalità da attuare quando si “naviga” sul web: probabilmente no, visto che il loro grado di informatizzazione, a quanto ci risulta, è in media non altissimo se non appena sufficiente per preparare e svolgere le lezioni.

Scuola primaria, ora premiamo le eccellenze

da La Tecnica della Scuola

Scuola primaria, ora premiamo le eccellenze

 

Sostenere la “capacità innovativa e progettuale” degli istituti primari pubblici: quelli che vogliono partecipare possono farlo sino al 30 novembre.
Il progetto è stata attivato per iniziativa da Facile.it: per partecipare, dal prossimo primo ottobre gli istituti primari dovranno presentare un progetto che illustri come intendono impiegare la donazione e la tecnologia messe a disposizione dai promotori a supporto della didattica e della crescita degli alunni.

Una commissione creata ad hoc valuterà tutte le candidature e selezionerà la scuola con l’idea più creativa e originale, che si aggiudicherà la somma di 5.000 euro, destinata all’implementazione del progetto, e una dotazione tecnologica.
Il concorso è giunto alla seconda edizione: in occasione dalla prima, lo scorso anno, si è aggiudicato il primo premio la scuola primaria Armando Diaz di Milano, che grazie ai fondi ottenuti ha creato un laboratorio di scienze dove la materia viene insegnata in inglese ai piccoli alunni con la collaborazione di alcuni ricercatori.

Vaccini, Disal: cosa fa il preside se i genitori portano a scuola l’alunno non vaccinato?

da La Tecnica della Scuola

Vaccini, Disal: cosa fa il preside se i genitori portano a scuola l’alunno non vaccinato?

 

La Disal Associazione professionale dirigenti scuole statali e paritarie, ha scritto alle ministre dell’Istruzione, Valeria Fedeli, e della Salute, Beatrice Lorenzin.

L’associazione sindacale , tramite il suo presidente Ezio Delfino, ha chiesto chiarimenti in merito all’applicazione del D.L. 73/2017 convertito con Legge n° 119 del 31/07/2017 e delle successive note Ministeriali, prot. n° 1622 del 16/08/2017 e n° 1679  del 01/09/2017.

Vi proponiamo il testo per intero.

 

      Il D.L. 73/2017 convertito con Legge n° 119 del 31/07/2017 prevede, per i servizi educativi per l’infanzia e le scuole dell’infanzia ivi incluse quelle private non paritarie, che la mancata presentazione da parte dei genitori della documentazione di cui al comma 3 nei termini previsti comporti la decadenza dall’iscrizione e quindi l’impossibilità di accesso alla scuola, mentre la nota 1679 del 1/9/17 prevede l’allontanamento temporaneo del bambino con il mantenimento dell’iscrizione al servizio educativo ed il suo reinserimento solo dopo la presentazione della documentazione richiesta.

Come è noto in questi primi giorni di applicazione dei dispositivi normativi in oggetto molti dirigenti e responsabili di nidi e scuole per l’infanzia si trovano a dover gestire situazioni di minori i cui genitori, alla scadenza dell’11 settembre u.s., non hanno presentato la documentazione delle avvenute vaccinazioni o hanno manifestato in modo esplicito l’intenzione di non procedere. L’applicazione dei dispositivi in oggetto chiama in causa direttamente i responsabili di scuola ai quali spetterebbe, in tali casi, il compito di emanare provvedimenti motivati di allontanamento o di sostenere possibili contenziosi con l’utenza.

      Ma è proprio così? A chi spetta questo compito nel D.L. 73/2017 non è chiaramente precisato ed occorre, pertanto, sapere in modo inequivocabile se sia il dirigente scolastico il pubblico ufficiale tenuto all’allontanamento o se la competenza appartiene ad altri organismi: è importante, innanzitutto, da un lato evitare di limitare il diritto soggettivo alla salute e quello all’educazione del bambino e, dall’altro, sgravare gli stessi dirigenti, già oberati da molti adempimenti, da dirette responsabilità penali.

      E’ grave che, per l’assenza di modalità chiare ed univoche a cui attenersi – e a fronte di iniziative nel merito molto diversificate tra Regioni ed Uffici scolastici regionali –  nella gestione di casi singoli o di gruppi di bambini non in regola si stiano generando situazioni di criticità che creano incertezza, difformità di comportamenti e disagio diffuso.

Si chiede, pertanto, alle SS.LL di chiarire con urgenza, attraverso appositi dispositivi, i seguenti aspetti:

–  è sufficiente da parte del dirigente scolastico trasmettere all’Asl l’elenco nominativo dei non adempienti?

–  è obbligatorio da parte del dirigente scolastico emettere il provvedimento motivato di cui all’art. 3 comm. 3 D.L.

73/2017 convertito con Legge 119/2017? Se obbligatorio, come rendere attuativo il provvedimento stesso?

–  come deve procedere il dirigente scolastico qualora il genitore accompagnasse a scuola il bambino, nonostante il dispone? deve avvalersi delle forze dell’ordine per vietare l’accesso ai servizi educativi della scuola dell’infanzia e/o allontanare il minore e colui che esercita la responsabilità genitoriale o rivolgersi ai responsabili delle Asl locali?

Occorre tener conto, inoltre, che in molti casi si tratta di bambini che negli scorsi anni già frequentavano lo stesso nido o scuola d’infanzia.

      La norma sulle vaccinazioni è chiara nei suoi intenti e finalità e per questo ci interessa che siano identificate correttamente le responsabilità dei dirigenti scolastici a fronte della delicatezza di situazioni che stanno verificandosi in questi giorni.

Lo spirito della legge è quello di “assicurare la tutela della salute pubblica e il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale,….” e il contesto scolastico è “caratterizzato da un approccio pedagogico e antropologico”, chiamato ad accogliere i bambini, i loro bisogni educativi e formativi, in “una relazione educativa”  (Indicazioni nazionali 2012) caratterizzata da dialogo costruttivo con  famiglie e territorio.

      Spiacerebbe che proprio i responsabili di scuola, chiamati per dovere professionale oltre che per passione educativa a promuovere la scuola dell’inclusione, si trovassero ad dover gestire modalità che li rendessero  protagonisti di un’immagine di scuola che esclude e contrappone.

      Si auspica che le SS.LL e gli Uffici preposti intervengano per dettagliare meglio nel merito le regole da seguire nei confronti delle famiglie, in una prospettiva costruttiva e dialogante.

     In attesa di sollecito riscontro, si porgono distinti ossequi.

Formazione obbligatoria docenti, esiste ancora troppa disinformazione

da La Tecnica della Scuola

Formazione obbligatoria docenti, esiste ancora troppa disinformazione

 

Alla nostra redazione arrivano tante richieste di chiarimento sulla formazione obbligatoria dei docenti. Purtroppo nei Collegi esiste ancora troppa disinformazione.

Ci viene chiesto se i docenti sono obbligati a seguire corsi di formazioni proposti dal Dirigente Scolastico. Ci viene anche chiesto quante ore di formazione devono essere frequentate per ogni anno scolastico.

Abbiamo più volte specificato che la formazione obbligatoria, permanente e strutturale dei docenti, definita dal comma 124 della legge 107/2015 non ha vincoli di ore annuali né tanto meno nel triennio. Abbiamo anche detto che, ai sensi del su citato comma 124, la formazione è obbligatoria durante il servizio dei docenti. Questo significa che l’obbligatorietà della formazione è strettamente legata al servizio orario dei docenti e non dovrebbe rappresentare un aggravio di orario, oltre quello previsto contrattualmente.

Bisogna ricordare che la formazione in servizio è regolata dall’art.63 del CCNL scuola 2006/2009, in cui è scritto che devono essere assicurate alle istituzioni scolastiche opportuni finanziamenti per la partecipazione del personale in servizio ad iniziative di formazione deliberate dal collegio dei docenti.

La nota Miur n. 25134 di giorno 1 giugno 2017, chiarisce ulteriormente che l’obbligatorietà della formazione dei docenti non si traduce automaticamente in un numero di ore da svolgere ogni anno, ma nel rispetto del contenuto del piano formativo di Istituto. Quindi le istituzioni scolastiche possono, in coerenza con le scelte del Collegio dei docenti, modulare e quantificare l’impegno in relazione alla tipologia delle attività previste.

In buona sostanza la normativa vigente che regola la formazione, come riportato anche dalla suddetta nota Miur, è il CCNL scuola, la legge 107/2015 e il Piano di formazione di Istituto deliberato dal Collegio dei docenti, per cui, appare del tutto evidente, che il Dirigente scolastico, non può decidere da solo l’organizzazione e l’obbligatorietà fuori l’orario di servizio, dei corsi di formazione per docenti.

Una importante precisazione va fatta sulla nuova piattaforma digitale S.O.F.I.A.. In tale piattaforma potranno essere inserite attività formative anche di durata diversa purché in linea con quanto previsto dal piano di formazione docenti 2016/2019.

Bisogna sapereche la piattaforma S.O.F.I.A. non coincide e non dà luogo alla produzione di un portfolio professionale del docente, per il quale saranno necessarie successive messe a punto culturali, professionali e tecniche, ma registra unicamente il quadro delle iniziative formative cui un docente intende partecipare (o ha partecipato). La sua utilizzazione è pertanto di tipo personale, nel rispetto del D.lgs.196/2003, ed è finalizzata ad agevolare il docente nella predisposizione di un proprio curricolo professionale, per raccogliere le attività svolte e per impostare, su queste basi, una successiva formazione.

Accorpare due classi per crearne una da 27 alunni, se c’è il disabile non si può

da La Tecnica della Scuola

Accorpare due classi per crearne una da 27 alunni, se c’è il disabile non si può

 

I primi giorni di scuola possono rivelarsi ricchi cambiamenti. Non sempre positivi. Come è accaduto a degli alunni 12enni dell’Istituto comprensivo di Cerisano, vicino Cosenza.
Due seconde classi del plesso di Marano Marchesato, per motivi di organico, sono state infatti accorpate in una sola da 27 alunni.
I genitori non l’hanno presa bene. E non hanno fatto entrare i loro figli in classe, rimandando così l’inizio delle lezioni.
Le famiglie degli alunni hanno anche chiesto l’intervento della dirigente scolastica e del sindaco del paese, chiedendo loro una soluzione al problema “nel più breve tempo possibile”.
I genitori chiedono lo sdoppiamento della classe “perché gli allievi possano essere seguiti nel migliore dei modi”.

A nostro avviso, l’accorpamento delle due classi potrebbe essere annullato: tra i 27 alunni cosentini, infatti, è presente un alunno disabile. Qualora il ragazzo dovesse avere il sostegno per 18 ore settimanali, rientrando quindi nel novero delle disabilità gravi, l’accorpamento appare infatti forzato.

Il DPR 81/2009 prevede infatti che in presenza di un alunno disabile grave “il numero complessivo dovrebbe essere al massimo di 20 alunni, in modo da facilitare i processi di integrazione e d’inclusività”.

Qualora la scuola abbia avuto l’indicazione dall’Usr di non potere fare diversamente, con la richiesta esplicata di eliminare quindi una classe, spetta al dirigente scolastico l’onere di distribuire gli alunni ulteriori (sette) in altre classi.

Anche nel caso la disabilità dovesse essere lieve, non si dovrebbe arrivare a 27 alunni ma a 25. Numeri che potrebbero diventare ancora più ridotti qualora le dimensioni delle aule che ospitano gli alunni, con i loro docenti, fossero al di sotto della media.

Assegno Nucleo Familiare: cosa fare se manca l’accredito?

da La Tecnica della Scuola

Assegno Nucleo Familiare: cosa fare se manca l’accredito?

 

Il pagamento dell’Assegno al Nucleo Familiare dipende dai tempi di lavorazione da parte dell’Ufficio Responsabile del Trattamento Economico di ciascuna Amministrazione.
Il chiarimento è contenuto in un post pubblicato da NoiPa sulla propria pagina Facebook.
Se la lavorazione da parte dell’Ufficio Responsabile viene eseguita in un momento successivo rispetto alla decorrenza dell’assegno, NoiPA provvede a corrispondere, nella prima rata utile, tutti gli arretrati dovuti a partire dalla data di decorrenza dell’assegno.

In ogni caso, chi non ha ancora ricevuto sul cedolino l’ANF, può rivolgersi:

  • Alle Ufficio che gestisce il trattamento economico
  • A ciascun Istituto scolastico con il quale il dipendente ha firmato il contratto, se supplente breve e saltuario.

Una volta effettuato il sollecito presso gli Enti indicati, ed effettuata la segnalazione da parte dell’Ufficio Responsabile del Trattamento Economico, NoiPA provvederà ad elaborare e a corrispondere gli arretrati dovuti.

È possibile richiedere gli arretrati dell’ANF fino a 5 anni prima (prescrizione quinquennale).

Supplenze, come presentare la MAD? Le info utili e il modello da scaricare

da La Tecnica della Scuola

Supplenze, come presentare la MAD? Le info utili e il modello da scaricare

 

Abbiamo già parlato dei problemi delle cattedre libere al nord, specie sui posti di matematica e sostegno, creando un vuoto che i dirigenti scolastici non sanno come gestire in alcuni casi.

Nonostante le immissioni in ruolo di quest’anno, gli studenti anche quest’anno si troveranno di fronte moltissimi supplenti, in tutto si stima circa 100 mila e continuano a non bastare, nemmeno scorrendo le graduatorie di istituto.

Per tale motivo, i dirigenti scolastici spesso conferiscono incarichi temporanei utilizzando le MAD, le domande di messa a disposizione prodotte e inviate da aspiranti docenti sprovvisti di abilitazione.

Chi può produrre una MAD?

laureati non abilitati possono produrre domanda di Messa a disposizione, ovvero possono dare la propria disponibilità a coprire eventuali posti vacanti in qualità di supplenti tramite una semplice istanza da inviare alle scuole.
Infatti, la messa a disposizione, non è altro che una candidatura spontanea nella speranza di essere chiamati per sostituzioni, supplenze di breve durata e corsi di recupero.

 

Come presentare la MAD?

La domanda di Messa a disposizione (MAD) deve essere redatta in modo formale e contenere i dati importanti del docente e può essere inviata alle scuole tramite:

–        PEC

–        Fax

–        Raccomandata A/R

–        Brevi manu


La domanda, è bene segnalare, deve essere inoltrata presso la sede dove è presente il dirigente scolastico e non alle sedi succursali o distaccate in cui lo stesso è reggente.

Inoltre, per scrivere una MAD efficace, è bene indicare con precisione i dati anagrafici, i titoli conseguiti e le esperienze eventuali maturate a scuola, oltre ad indicare la classe di concorso. Inoltre, è consigliabile allegare alla MAD un CV formato europeo più altre eventuali certificazioni.

Quante MAD posso inviare?

Ricordiamo che non esiste un limite di scuole a cui inviare le MAD, ma è consigliabile scegliere una provincia d’interesse e inviare le domande presso tutte le scuole in cui si desidera insegnare.

Dove posso inviare la MAD?

In realtà, non esiste realmente un territorio con più posti vacanti di un’altra o comunque non esistono reali metodi per quantificare ciò.

In base a quanto ci risulta, al Nord sono molte le richieste di supplenze, specie in Piemonte, Lombardia e Veneto, ma non possiamo certo affermare che in quei territori è decisamente scontato ottenere una supplenza, dato che per alcune classi di concorso e in altre regioni, si può “pescare” bene.

ECCO IL MODELLO DI MESSA A DISPOSIZIONE (SCARICA)

Giornata Mondiale del Teatro, il Miur lancia il concorso Scrivere il Teatro

da La Tecnica della Scuola

Giornata Mondiale del Teatro, il Miur lancia il concorso Scrivere il Teatro

 

Anche quest’anno il MIUR, in occasione della Giornata Mondiale del Teatro (GMT 2018), che si celebrerà il 27 marzo prossimo, lancia un bando di scrittura teatrale denominato “Scrivere il Teatro” rivolto agli studenti delle scuole pubbliche statali di ogni ordine e grado.

Gli studenti dovranno a mettersi alla prova in qualità di drammaturghi, presentando un testo teatrale originale e non prodotto, della durata massima di 15 minuti, che riguardi i temi caratterizzanti le attività dell’International Theatre Institute – UNESCO, con particolare riferimento ai diritti umani.

Gli elaborati dovranno essere inviati per mezzo di posta elettronica esclusivamente al seguente indirizzo e-mail:  iti.italiancentre@gmail.com .

Il termine ultimo per l’invio dei lavori sono le ore 23,59 del 20 novembre 2017.