Il concorso dirigenti scolastici non è uscito

Il 15 – 18

È necessario rispettare questa data perché altrimenti non avremo i nuovi dirigenti scolastici per l’apertura del prossimo anno scolastico a settembre 2018. Nella scuola a differenza di altri luoghi la scelta dei tempi risolve o aggrava. Stiamo parlano non di date, ma di funzionamento della scuola”. Così si esprimeva l’8 settembre alla Festa dell’Unità a Torino la Ministra Fedeli indicando la data del 15 settembre come ultima scadenza utile della pubblicazione del Regolamento e del Bando per il concorso alla dirigenza scolastica statale ai fini di una immissione a far data dal 1 settembre 2018.

Il 15 settembre è arrivato, ma della pubblicazione nessuna ombra.  Un ritardo grave che si trascina da anni con infiniti annunci e sistematiche delusioni.

“Una lacuna grave – ha dichiarato Ezio Delfino presidente nazionale di DISAL – che già oggi ha pesanti ricadute sul buon funzionamento delle scuole statali e che avrà ripercussioni peggiori nel prossimo anno scolastico: senza l’uscita del bando nei tempi annunciati è, infatti, ormai impossibile avere nuovi dirigenti scolastici entro l’1 settembre 2018”.

Le reggenze raggiungeranno così, a quella data, le 2.500 unità con la conseguenza che oltre il 50% delle scuole statali italiane avrà un dirigente scolastico a metà tempo.  Una rovina, segno grave dell’inerzia del sistema burocratico e della non capacità del governo politico di garantire la direzione delle scuole. E segno ulteriore di disistima di un ruolo – quello di chi dirige un’istituzione scolastica – già oggi in buona parte snaturato nel proprio compito di direzione culturale ed educativa a causa di compiti ed incombenze non attinenti affidati proprio dall’amministrazione statale. Assicurare il ‘presidio’ puntuale di tutte le comunità scolastiche dello Stato dovrebbe rappresentare, invece, per chi ha responsabilità di governare il sistema scolastico, una priorità assoluta, decisiva per garantire una proposta formativa ben organizzata ed amministrata a vantaggio di tutti gli studenti in tutti i territori italiani.

Il 15 è passato, il ‘18 si allontana.  Quindici – diciotto: siamo alla Caporetto del governo delle scuole statali?

“Il sabato si va a scuola” Il Tar adesso boccia anche la settimana corta

da la Repubblica

“Il sabato si va a scuola” Il Tar adesso boccia anche la settimana corta

Accolto il ricorso dei genitori di un liceo scientifico di Roma Il consiglio d’istituto aveva preso la decisione a maggioranza

Liana Milella

Due righe, in una decisione del Tar del Lazio, rivoluzionano l’anno scolastico del liceo scientifico Aristotele di Roma, notissimo istituto dell’Eur. Sei giorni a scuola, dal lunedì al sabato, anziché solo cinque, dal lunedì al venerdì, la settimana corta. Come, da oltre un triennio, avviene ormai in moltissime scuole italiane, per risparmiare sulle spese e per consentire ai ragazzi di garantirsi un week end lungo con la famiglia. Invece al liceo Aristotele, per tutto quest’anno, i giorni di lezione saranno sei, perché il Tar, solo sospendendo una decisione del Consiglio d’istituto, ha bloccato le lezioni spalmate in 5 giorni. Una novantina di famiglie avevano fatto ricorso, ma ovviamente la decisione varrà per tutta la scuola, anche per chi non è affatto d’accordo con i ricorrenti.

Ancora una volta i Tar – che l’ex premier Renzi aveva giurato di voler riformare radicalmente dopo la bocciatura dei direttori stranieri dei più importanti musei – diventano protagonisti di una storia di ordinario contrasto che potrebbe essere risolta anche senza ricorrere alla giustizia amministrativa.

Un potere eccessivo e invasivo? Un’inevitabile e obbligatoria tutela garantita dalla legge? Fatto sta che al liceo Aristotele il caso è diventato esplosivo, soprattutto per le sue conseguenze.

Ma stiamo ai fatti, considerando che il Tar del Lazio, il 31 agosto, con quattro paginette firmate dal presidente Giuseppe Sapone, dal consigliere estensore Pierina Biancofiore, e dal consigliere Antonino Masaracchia, sospende – senza portare alcuna motivazione – la scelta del Consiglio d’istituto, assunta l’11 luglio a maggioranza, di limitare i giorni di scuola a cinque.

Ma perché il Tar sospende la decisione? L’esigua ordinanza non lo dice. Per conoscere nel merito le ragioni bisognerà aspettare il 16 gennaio, quando i giudici amministrativi si riuniranno ed esamineranno nel merito il corposo ricorso – ben 45 pagine – presentato dall’avvocato Alfredo Del Vecchio, a nome di 94 genitori di altrettanti alunni, che contestano soprattutto una scelta assunta solo a maggioranza dal Consiglio d’istituto, che cambia le regole in corso d’opera, all’interno di un ciclo di studi, quando magari le famiglie degli alunni avevano scelto l’Aristotele, anziché un’altra scuola, proprio perché lì i giorni di lezione alla settimana erano sei, e non cinque.

Peccato che a quel punto – e anche se la decisione dovesse essere favorevole a chi opta per la settimana corta – l’anno scolastico dell’intero liceo scientifico Aristotele sarà obbligatoriamente spalmato sulla settimana lunga. Una volta decisa la scansione delle lezioni, gli orari, l’intreccio dei professori, sarà praticamente impossibile rivoluzionare tutto e passare ai cinque giorni.

Senza contare che i tempi del Tar saranno sicuramente più lunghi. Fatta l’udienza il 16 gennaio, bisognerà attendere la decisione, che coincide con la scrittura dell’ordinanza. E c’è da scommettere che, in un caso divenuto così delicato, e per giunta su un tema che va ben oltre il singolo liceo romano, i giudici romani del Tar non vorranno perdere l’occasione per scrivere una sentenza ben motivata e argomentata. Che “faccia scuola”. E che magari richiederà anche un paio di mesi per essere redatta. A quel punto saremo giunti a marzo, a tre mesi dalla fine delle lezioni, e comunque vada avranno vinto i 94 genitori ricorrenti che sono contrari ai cinque giorni, anche se magari, nel merito, il Tar dovesse invece dar ragione a chi, all’interno del Consiglio di istituto, aveva scelto l’opzione dei cinque giorni.

Il Governo ammette: la scuola ha troppi problemi, dateci altri anni per rimediare

da La Tecnica della Scuola

Il Governo ammette: la scuola ha troppi problemi, dateci altri anni per rimediare

 

La scuola è piena di problemi, dovuti alla trascuratezza perdurata per decenni: il Governo non può fare miracoli, servono ancora degli anni per rimettere le cose a posto.
È un’ammissione fuori dai denti quella fatta dal sottosegretario all’istruzione Gabriele Toccafondi (Nuovo Centrodestra), durante un’iniziativa svolta il 15 settembre in un istituto scolastico alla periferia di Firenze.
Nelle scuole italiane “ci sono ancora diversi problemi su fronte edilizia, soprattutto, e anche – ha sottolineato il sottosegretario – sul personale: in particolare dirigenti scolastici che mancano. Non sarà un lavoro di due o tre anni, ne serviranno diversi per rimettere a posto un’edilizia scolastica rimasta agli anni 70-80. Servono anche scuole nuove”.
Toccafondi ha aggiunto che “per 40 anni sulla scuola italiana non si è investito un granché, né su personale, nè su didattica, né sulle strutture”.
Per il sottosegretario, però, l’inversione di tendenza sarebbe in atto: “da 3 anni e mezzo a questa parte, a partire dal governo Renzi, si è invertita la rotta; in quasi 4 anni, sono stati investiti 8 miliardi di euro, 4,2 su edilizia e altrettanti su didattica e assunzioni a tempo indeterminato. E in 3 anni abbiamo assunto più di 150mila docenti a tempo indeterminato”.

Nessun accenno agli altri problemi. Toccafondi si è fermato ai nodi da sciogliere sull’edilizia (tanti investimenti ma troppe scuole continuano a non essere a norma su diversi fronti), sul miglioramento della didattica (attraverso norme sulla Buona Scuola che continuano ad essere osteggiate) e sull’assunzione di nuovo personale, soprattutto precari storici (come del resto indicato dalla Corte di Giustizia europea da tempo).
Nessun accenno ad altre questioni, come gli stipendi ancora fermi, il sostegno che ancora non garantisce docenti specializzati sugli alunni dal primo giorno di scuola, le GaE da svuotare e le tante assunzioni andate perse perché mancano docenti di diverse classi di concorso. Ma anche le immissioni in ruolo su posti lontano da casa pur in presenza di cattedra vacanti geograficamente più vantaggiose ai neo-assunti. Ci fermiamo qui, anche se la lista sarebbe ben più lunga.
Fa riflettere, in ogni caso, l’ammissione di Toccafondi. È un po’ come se avesse detto: non abbiamo la ‘bacchetta magica’, se ci date tempo e fiducia sistemeremo le cose che mancano. Sarebbe interessante sapere che ne pensano i docenti.

Emanate le “Linee guida per l’educazione alla pace e alla cittadinanza glocale”

da La Tecnica della Scuola

Emanate le “Linee guida per l’educazione alla pace e alla cittadinanza glocale”

 

Il ministero ha trasmesso a tutte le istituzioni scolastiche, le “Linee guida per l’educazione alla pace e alla cittadinanza glocale” (un neologismo che è l’incrocio tra globale e locale; una dimensione economica insomma che salvaguarda le caratteristiche di ciascun territorio e le specificità delle piccole imprese). Le Linee guida, specifica il Miur, sono il  frutto del lavoro di un gruppo di 162 insegnanti impegnati in un programma di formazione e ricerca dal titolo “La pace si insegna e si impara”, che si è svolto tra il 2015 e il 2017 in Friuli Venezia Giulia su iniziativa della Regione e dell’USR del Friuli Venezia Giulia e del Coordinamento Enti locali per la Pace e i Diritti Umani con il quale il MIUR ha sottoscritto un protocollo d’intesa il 28 aprile 2016.

Il suddetto programma educativo è stato caratterizzato dalla collaborazione tra istituzioni e soggetti diversi con il principale obiettivo di creare una comunità educante impegnata per la pace, attraverso la riflessione pedagogica, la sperimentazione didattica e l’azione concreta degli educatori, il coinvolgimento degli studenti, il lavoro in rete tra scuole e le comunità locali.
L’educazione alla cittadinanza, precisa il documento,  oggi non può che essere “glocale”, ovvero capace di riconoscere e far dialogare tutte le “cittadinanze” nel segno dell’armonia, dell’inclusione e dell’interazione. Preparare i giovani a vivere da cittadini liberi, consapevoli e responsabili dentro a questa nuova dimensione della cittadinanza è uno dei compiti più urgenti della scuola e della nostra società.
Cercar di capire la realtà – le relazioni tra il tutto e le parti, la complessità e i suoi elementi, il locale e il globale,  la città e il mondo – vuol dire:
• imparare a crescere dentro
a questo nuovo mondo;
• sviluppare le capacità di collaborazione tra persone e mondi diversi;
• affrontare le sfide che ci stanno davanti;
• cogliere le opportunità;
• impedire che le paure e le disuguaglianze abbiano il sopravvento.
Le scuole, nel rispetto dell’autonomia scolastica loro assegnata, potranno arricchire, fa sapere sempre il Miur,  i propri piani triennali dell’offerta formativa prendendo spunto dagli elementi contenuti nell’allegato.

Diritti e doveri di genitori e docenti

da La Tecnica della Scuola

Diritti e doveri di genitori e docenti

 

“Perché lei non vuole accettare la mia domanda di iscrizione? Perché non fa di tutto per pretendere nuove aule? Lei è al nostro servizio, il suo stipendio dipende da noi…”. E così via.
E’, come si vede, sempre più difficile interloquire con alcuni genitori. Con alcuni, non con tutti. Questi pochi genitori non si limitano a chiedere, ma pretendono. “Perché noi abbiamo diritto…”. Inutile rispondere che non c’è spazio, che non posso mettere i banchi nelle aule uno sopra l’altro. Inutile. Perché la risposta, più oggettiva possibile, viene letta come uno sgarbo personale: “perché noi abbiamo diritto”.
Eccola, dunque, la parola chiave: diritto.
Lo stesso diritto-pretesa a proposito di iscrizioni, di accesso all’università, di vaccinazione, ecc: tutti parlano di diritti, pochi di doveri, di responsabilità. Pochi, cioè, cercano prima di tutto di capire, con correttezza ed umiltà, come stanno le cose.
Cosa ci sta a monte di questo atteggiamento, che si sta diffondendo a macchia d’olio? Il fatto che non ci fidiamo gli uni degli altri, anzitutto, eppoi che non diamo più valore oggettivo alle conoscenze e competenze degli esperti. Per cui ognuno si sente legittimato a pensare che le proprie opinioni siano/sono la verità. E guai a contraddirle, queste opinioni. Per cui, alla fine, conta chi grida più forte, non la domanda di verità e la disponibilità a pensare che la verità è indipendente da me e da te.
Questo vale per le indicazioni scientifiche sui vaccini, come vale anche per la responsabilità di un preside oppure per qualsiasi altra responsabilità.
Questo significa che il nostro modello democratico sta andando velocemente in crisi, perché la verità di una informazione non può dipendere dalla semplice somma delle singole opinioni.
Tutto ciò significa che non c’è la libertà di esprimere i propri bisogni, desideri, aspettative in forma di diritti? No, non è così. Ma che questi bisogni-desideri devono, prima o poi, incontrare, attraverso il corretto ed oggettivo confronto con tutti, la domanda di verità.
Non solo. I diritti individuali, prima o poi, non possono non rapportarsi con gli altri diritti individuali, come non possono non, prima o poi, incrociarsi con le altre forme di diritto, per una mediazione che faccia chiaramente capire che i diritti individuali non cancellano i diritti sociali, collettivi, comuni. Perché c’è il mio diritto, ma anche il tuo diritto, ma anche un diritto di altra natura.
Può, in poche parole, la nostra esistenza essere intesa solo come una monade chiusa in se stessa? Qui sta la malattia individualistica che sta dominando oggi.
In conclusione, esiste un diritto senza un corrispettivo di un dovere che si traduca in responsabilità? Bella domanda.

Carta docente, avviso Miur: entro fine ottobre disponibili i soldi residui del 2016/2017

da La Tecnica della Scuola

Carta docente, avviso Miur: entro fine ottobre disponibili i soldi residui del 2016/2017

 

Come anticipato dalla nostra testata, il Miur ha comunicato, oltre alla riapertura della piattaforma dedicata alla carta docente, che entro la fine di ottobre saranno disponibili i residui dello scorso anno.

Il messaggio è il seguente: Dal 14 di settembre è stata riattivata la piattaforma per la carta docente. Ciascun insegnante in possesso di una utenza SPID (chi ne è a tutt’oggi ancora sprovvisto può richiederla qui: ) potrà accedere da subito al bonus dei 500 euro previsti per questo anno scolastico 2017-2018. Inoltre, entro la fine di ottobre nell’area personale del docente sarà possibile visualizzare ed utilizzare anche le somme non spese (o i bonus non validati) precedentemente. Si sottolinea l’importanza di utilizzare i numeri del contact center solo dopo aver consultato le domande frequenti e le . A partire dal 14 di settembre anche gli esercenti potranno validare i buoni e procedere, come di consueto, alla successiva fatturazione. I docenti che non sono mai riusciti a registrarsi e che si rivolgono ai diversi canali di assistenza sono invitati a specificare sempre il proprio codice fiscale ed il nome dell’ Identity Provider presso il quale è stata attivata l’utenza SPID.”

Quindi ancora un po’ di pazienza per il residuo del bonus dell’anno scolastico 2017/2018.

Ricordiamo che con i 500 euro annui per l’aggiornamento professionale, ricorda infine il dicastero dell’Istruzione pubblica, è possibile “acquistare fra l’altro libri, riviste, ingressi nei musei, biglietti per eventi culturali, teatro e cinema o per iscriverti a corsi di laurea e master universitari, a corsi per attività di aggiornamento, svolti da enti qualificati o accreditati presso il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca”.

Concorso docenti 2018, requisiti e percorso per chi non ha abilitazione

da La Tecnica della Scuola

Concorso docenti 2018, requisiti e percorso per chi non ha abilitazione

 

Per quanto riguarda il concorso docenti previsto per il 2018, abbiamo detto che inizierà prima per gli abilitati e i non abilitati con almeno 3 anni di servizio.

Invece, per quanto riguarda gli aspiranti candidati non abilitati privi dei 3 anni di servizio, i tempi sono previsti per il 2018, ma non si conoscono i reali termini.

 

Requisiti e CFU

Possiamo dire sin da subito, che gli aspiranti dovranno possedere una laurea magistrale o a ciclo unico oppure diploma di II livello dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso e possedere nel curriculum di studi 24 crediti formativi universitari o accademici (acquisiti in forma curricolare, aggiuntiva o extra curricolare) nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle materie didattiche.

Si specifica inoltre che chi ancora non si è laureato, potrà integrare i crediti formativi mancanti a titolo gratuito, mentre, chi è già laureato e deve integrare gli esami potrà farlo pagando al massimo 500 euro, che saranno ridotti in proporzione al reddito e al numero di crediti da conseguire.

Inoltre, devono essere garantiti almeno 6 crediti nei seguenti settori disciplinari:

pedagogia, pedagogia speciale e didattica dell’inclusione;

psicologia;

antropologia;

metodologie e tecnologie didattiche

Per quanto riguarda i posti di insegnanti tecnico-pratici, gli aspiranti candidati dovranno possedere la laurea, oppure diploma dell’alta formazione artistica, musicale e coreutica di primo livello, oppure titolo equipollente o equiparato, coerente con le classi di concorso vigenti alla data di indizione del concorso;

Inoltre, dovranno possedere anche 24 CFU/CFA in forma curricolare, aggiuntiva o extra-curricolare nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche.

E’ bene ricordare, che tali requisiti saranno validi per la partecipazione ai concorsi successivi all’anno scolastico 2024/2025. Pertanto, fino a quel momento, per i posti di insegnante tecnico pratico, restano in vigore i requisiti previsti dal decreto del Presidente della Repubblica 14 febbraio 2016, n. 19, ovvero, gli aspiranti potranno partecipare al concorso con il solo diploma.

Infine, i crediti potranno essere acquisiti esclusivamente presso enti interni al sistema universitario o dell’Alta formazione artistica, musicale e coreutica. Si potranno acquisire per modalità telematica un massimo di 12 crediti. Potranno essere riconosciuti anche i crediti conseguiti nell’ambito di Master, Dottorati di ricerca, Scuole di specializzazione.

Il Concorso

Le prove del concorso dovrebbero essere 3: due prove scritte e una prova orale:

– La prima prova scritta verte su una disciplina a scelta appartenente alla classe di concorso.

– La seconda prova scritta verte sulle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecniche didattiche.

– La prova orale si svolge su tutte le discipline della classe di concorso e per la verifica delle competenze in lingua straniera e informatiche.

Per quanto riguarda il sostegno è prevista una terza prova scritta relativa alla pedagogia speciale e alla didattica dell’inclusione.

Percorso FIT

Il percorso FIT, di durata triennale, è riservato a tutti i vincitori del concorso, che saranno suddivisi in due scaglioni annuali successivi.

Il FIT è così articolato:

  • il primo anno, svolto principalmente nelle strutture accademiche (con oneri a carico del MIUR) con momenti di tirocinio nelle scuole, è finalizzato al conseguimento del diploma di specializzazione all’insegnamento, specifico per la classe di concorso o per il sostegno. È previsto un compenso per 10 mesi di circa 600€ lordi.
  • il secondo anno vede momenti formativi integrati con il tirocinio nelle scuole e l’inizio di specifiche attività di insegnamento (supplenze brevi per assenze fino a 15 giorni).
    È previsto un compenso per 10 mesi di circa 600€ lordi, nonché lo stipendio per le supplenze brevi che saranno effettuate.
  • il terzo anno al partecipante sarà assegnata una cattedra vacante e disponibile, con tutte le responsabilità connesse. Percepirà lo stipendio pari a quello di una supplenza annuale.

Inoltre, si ricorda che al termine del primo e del secondo anno i candidati saranno soggetti a valutazione, così anche al termine del terzo anno e, in caso di valutazione positiva, saranno assunti a tempo indeterminato

Vaccini, Fedeli: ‘Non servono Carabinieri, ma rispetto della legge. Bambini respinti? Responsabilità dei genitori’

da Tuttoscuola

Vaccini, Fedeli: ‘Non servono Carabinieri, ma rispetto della legge. Bambini respinti? Responsabilità dei genitori’

A me ovviamente fa soffrire quando si dice di bambini respinti”. A spiegarlo la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, che questa mattina è intervenuta ai microfoni di Rtl 102.5 durante “Non Stop News”.

La prima cosa da dire è che la scuola – aggiunge Fedeli – anche rispetto ai genitori che non avevano le informazioni, che non sono arrivati consapevoli del fatto che se non avevano fatto nemmeno la prenotazione il bambino non restava a scuola, devo dire che la maggioranza del personale scolastico li ha aiutati ad affrontare il tema, perché ovviamente vogliamo che la scuola accolga tutti, tutti vaccinati o con le prenotazioni. Di fronte a genitori che persistono nella scelta consapevole, per loro, di non farli vaccinare, questi genitori devono sapere che la sanzione oltre quella economica ricade sul proprio figlio, quindi una responsabilità dei genitori. Ci tengo a dirlo perché fa sempre male dire che un bambino è stato respinto, in realtà sono i genitori che, non scegliendo di mettersi in regola con la legge sui vaccini scelgono per i propri figli di non mandarli a scuola, questo è il tema. Dopodiché dico anche che quando c’è una tensione, un conflitto, un confronto aspro tra adulti – in questo caso la scuola e i genitori che non hanno certificati – preferisco una discussione che resti nell’ambito civile di un confronto, anche aspro, e che non si faccia vivere ai bambini il fatto di vedere i carabinieri, che sono sempre a tutela della legge, ma fare vivere ai bambini un’esperienza come quella non mi piace“.

Conclude Fedeli “preferisco che le cose si risolvano in un confronto tra adulti e gli adulti cosa hanno al centro? Il rispetto della legge“.

Carta del Docente: riattivata piattaforma, 9 insegnanti su 10 l’hanno utilizzata per fare acquisti nel 2016/17

da Tuttoscuola

Carta del Docente: riattivata piattaforma, 9 insegnanti su 10 l’hanno utilizzata per fare acquisti nel 2016/17

Riattivata ieri, 14 settembre, la piattaforma web per la Carta del Docente, il borsellino elettronico che permette di utilizzare le risorse a disposizione di ogni insegnante per la formazione e l’aggiornamento professionale. La piattaforma era stata temporaneamente sospesa nei giorni scorsi per permettere le necessarie operazioni di aggiornamento per il nuovo anno scolastico. Lo comunica il Miur in una nota.

Sono quasi 9 su 10 le docenti e i docenti che risultano registrati alla piattaforma nell’anno scolastico appena concluso (635.098 sui 723.950 previsti) e che hanno effettuato acquisti. Più di 256,5 milioni di euro l’importo totale speso. In particolare le insegnanti e gli insegnanti hanno utilizzato il bonus a loro disposizione per l’acquisto di hardware e software, per la somma di quasi 199 milioni di euro (il 77,44 per cento della spesa totale). A seguire, i fondi sono stati utilizzati per libri e testi, anche in formato digitale (per oltre 38 milioni di euro, il 14,93 per cento dell’importo totale); per corsi di formazione e aggiornamento (quasi 17 milioni di euro, il 6,60 per cento); per l’acquisto di biglietti per spettacoli teatrali, cinematografici, musei, mostre ed eventi culturali.

La Carta, prevista dalla legge 107 del 2015 (La Buona Scuola), anche per questo anno scolastico mette a disposizione di ciascuna e ciascun docente 500 euro per l’acquisto di libri e testi, pubblicazioni e riviste, hardware e software, biglietti per musei, mostre, eventi culturali, rappresentazioni teatrali e cinematografiche, iniziative coerenti con le attività individuate nell’ambito del Piano triennale dell’offerta formativa, corsi per attività di aggiornamento e qualificazione professionale, iscrizione a corsi di laurea.

Ogni insegnante in possesso di una utenza SPID (chi ne è ancora sprovvisto può richiederla accedendo alla piattaforma) potrà utilizzare da subito il proprio bonus. Nelle prossime settimane, e comunque entro la fine del mese di ottobre, sarà accreditato l’importo eventualmente non speso nel precedente anno scolastico (o i bonus non validati). E questo per permettere le operazioni di verifica e di aggiornamento.

IoStudio – La Carta dello Studente: la carta che ti permette di trarre vantaggi dalla tua condizione di studente

da Tuttoscuola

IoStudio – La Carta dello Studente: la carta che ti permette di trarre vantaggi dalla tua condizione di studente 

La Carta dello Studente “IoStudio” è il badge nominativo del MIUR consegnato gratuitamente ogni anno a tutti gli studenti delle scuole secondarie di II grado direttamente a scuola. Il servizio consente agli studenti di usufruire della prima rete in Italia di partenariato pubblico/privato a sostegno del Diritto allo Studio dello studente, per offrire sconti e vantaggi di natura culturale, ma anche per ideare concorsi, workshop ed esclusivi percorsi educativi di eccellenza costruiti con la collaborazione dei principali partner dell’iniziativa, per coinvolgere studenti e docenti in attività laboratoriali creative e di partecipazione.

Sono oltre 15.000 i punti aderenti al circuito IoStudio su tutto il territorio nazionale che offrono vantaggi per i titolari della Carta e scoprirli è molto facile, navigando sul Portale dello Studente nella sezione Offerte, oppure attivando la Carta anche online per accedere ad un numero ancora maggiore di vantaggi. Inoltre, ogni studente può segnalare alla mail iostudio@istruzione.it il partner potenziale che vorrebbe aderisse al servizio, per aumentare ogni giorno le offerte a disposizione degli studenti.

La “IoStudio” è diventata uno strumento di riferimento per la vita da studente e per le famiglie, anche grazie all’accordo con Poste Italiane che consente di associare alla Carta le funzioni di una carta prepagata ricaricabile Postepay. La Carta è diventata uno strumento in grado di consentire un approccio sicuro e consapevole al risparmio e all’utilizzo della moneta elettronica, nella massima sicurezza e trasparenza, grazie anche all’inibizione di categorie merceologiche a rischio o ritenute non idonee a soggetti minorenni. Inoltre, consente l’accesso anche a tutti gli sconti del programma nazionale Sconti BancoPosta.

Se ancora non vi hanno consegnato la vostra IoStudio ricordatevi di chiedere informazioni presso la segreteria della vostra scuola!

La vecchiaia del Leviatano

La vecchiaia del Leviatano
e suggestioni di democrazie future

di Annalisa Boselli

 

All’interno del lungo e corposo dibattito sulla globalizzazione e, soprattutto, intorno alla necessità di un “nuovo ordine internazionale” si possono trovare analisi lucidissime ma sempre più sporadicamente vengono indicate prospettive di senso o possibili direzioni di marcia. Il tema certo è altamente complesso, ma qualche indicazione, raccogliendo alcuni contributi finora emersi, forse ancora può essere colta.

 

Contraddizioni tardomoderne

Provando a costruire una “mappa” della complessa struttura glocal degli attori politici ed economici che operano nel nuovo mondo globale da un lato ci troviamo di fronte alla formazione di istituzioni e processi chiaramente globali quali l’Organizzazione mondiale del commercio, i mercati finanziari globali, il nuovo cosmopolitismo o i nuovi flussi migratori, il tutto favorito dai nuovi mezzi di comunicazione e di trasporto. Dall’altro abbiamo processi localizzati in ambiti nazionali, ma che riguardano mutazioni di reti oltre i tradizionali confini, organizzazioni ambientaliste o di tutela dei diritti umani, politiche monetarie e fiscali attuate sotto le direttive del Fondo monetario internazionale. Non mancano nuovi o rinnovati localismi, anch’essi di generi diversissimi: a tratti ci troviamo di fronte a fenomeni di neoprotezionismo (Brexit, elezione di Trump, rinvigorirsi di partiti identitari-xenofobi in diversi paesi europei, sempre più frequenti manifestazioni di dissenso nei confronti dell’accoglienza); in altri casi tuttavia osserviamo l’accrescersi di esperienze fruttuose (imprese che producono a chilometro zero, centri di buon vicinato). Realtà internazionali, nazionali e subnazionali profondamente asimmetriche si incrociano in un abbraccio che risulta difficile descrivere; certo non lo si può non prendere in considerazione.

 

Il Leviatano invecchia

Se prima della globalizzazione la relazione uomo-cittadino-Stato-economia era pensata in equilibrio, ora il vettore economico – che è certamente il più problematico, ma anche quello cultural-religioso non è esente da mutazioni – sfugge al controllo dello Stato denazionalizzato postwestfaliano. O, per dirla con una terminologia cara a Saskia Sassen, il legame territorio-autorità-diritti viene radicalmente messo in discussione. Gli organismi sovra-nazionali che dovrebbero frenare il disordine non sono dotati della necessaria autorità per farlo, anche se in fondo, è così che sono stati voluti, fin dalla loro fondazione (Ue in testa). Eppure, i cittadini continuano ad avere bisogno della protezione del Leviatano, la creatura di Hobbes che incuteva timore verso l’autorità, ma che proprio per questo riusciva a garantire ordine. Gli Stati nazionali e le organizzazioni politiche internazionali possono fare ben poco di fronte alla delocalizzazione di imprese multinazionali al di fuori dei rispettivi territori d’origine e alla sistematica elusione fiscale tramite stati-canaglia compiacenti; eppure si continua a chieder loro di far fronte alla disoccupazione e all’impoverimento che questo crea all’interno dei territori.

 

E’ possibile una democrazia senza un vero Stato?

Ed è qui che si origina il decorso più pericoloso: la crisi dello Stato crea disagio verso la democrazia che anche nel Primo mondo viene sempre più percepita come inadeguata nel far fronte alle sfide che impone oggi la globalizzazione. Sempre più spesso è al modello democratico liberale uscito dagli ideali rivoluzionari poi confluito nel sistema welfaristico postbellico (con l’estensione dello Stato a compiti diversi da quelli tradizionali di difesa, giustizia, alta amministrazione) che i cittadini ascrivono le “colpe” di una crisi prima di tutto economica, ma che è anche politica e sociale. Ma ci può essere una democrazia senza un Leviatano che la difenda?

Lo Stato democratico ora è caratterizzato da una sovranità debole, spezzata, piegata da una tempesta di affamate micro e macro-sovranità economiche e politiche in perenne divenire.

Forse andiamo verso una ri-medievalizzazione della vita pubblica come l’ha chiamata Maurizio Ferrera (La Lettura del Corriere della Sera 23/06/2017); per quanto, però, nel Medioevo il sistema di sovranità multipla (feudalesimo) restasse legato al territorio, ben saldo allo spazio, e fosse ben circoscritto dai limiti tecnologici dell’epoca. Non che ciò non creasse conflitto – è la storia della lotta per le varie supremazie a dimostrarlo – ma ora ci troviamo di fronte a uno scenario di abbattimento di tutti i confini: spaziali (mezzi di trasporto efficienti), virtuali (internet) e soprattutto economici (mercato finanziario globale).

Questo è il punto nodale: serve una nuova organizzazione che sappia far interagire i nuovi attori all’interno di nuove geometrie dello spazio politico ed economico.

 

Restare umani

In futuro molte menti ipotizzano un sistema di governo multi-livello su scala mondiale all’interno di un processo di integrazione sovranazionale (M.Ferrera, J. Habermas), ma al di là della realizzazione altamente complessa – per quanto assolutamente plausibile – ciò su cui occorrerebbe lavorare fin da ora è un riallineamento di politica ed economia. Complice il neo-liberismo, nell’attuale sistema globale l’ economico è pensato come un settore autonomo per non dire anarchico, difficilmente permeabile alle regole della società. Occorre riallacciare questo rapporto: politica è tutto ciò che accade nel mondo. E’ qualcosa di profondamente umano; politica è necessariamente la dimensione umana poiché costitutivamente in relazione. Gli attori economici sono attori politici; operare economicamente significa imprescindibilmente attuare cambiamenti anche in ambito politico e non è più giustificabile prescindere dagli effetti.

 

Economia “civile” per una globalizzazione umana

Occorre pensare a una nuova concezione dell’economia che sia intrinsecamente democratica, ovvero un’economia che sappia essere consapevolmente, responsabilmente e intenzionalmente politica e non più quel vettore impazzito che si scontra contro i labili confini di uno Stato non più veramente Leviatano per nessuno. Occorre uscire dall’idea che sia lo Stato – che poi si è rivelato incapace in questo compito – a mettere un po’ d’ordine in economia e, al contrario, orientarsi verso un’economia in grado di democratizzare il sistema.

Nell’attesa di una nuova autorità territoriale che sappia creare prospettive di prosperità all’interno di un rinnovato ordine mondiale, c’è bisogno di incentivare un’economia umana, volta al benessere e alle sostenibilità delle nostre scelte. Prendendo magari spunto dalla storica e nostrana tradizione dell’ “Economia civile” (Genovesi, Filangieri, Dragonetti ora rappresentate dal pensiero di Luigino Bruni e Stefano Zamagni), ovvero un’economia che abbia come scopo non il mero profitto, ma il benessere della società nel suo complesso, in una concezione in cui la felicità individuale sia strettamente connessa a quella sociale.

Si tratta di costruire un sistema economico capace di produrre benessere senza ricadere nelle polarizzazioni e negli eccessi di una società neocapitalistica. Non si sta forse disegnando con ciò un futuro troppo lontano: gli esempi sono già sotto i nostri occhi. Dalle imprese che coltivano i campi sottratti alla mafia rivolgendo attenzione alla qualità del prodotto e dell’occupazione; ai circuiti di microcredito alle banche etiche; alle aziende che lavorano sul riciclo a quelle che si occupano di reinserimento di persone in svantaggio sociale; ma anche la responsabilità sociale d’impresa che accomuna parte del mondo imprenditoriale o alle nuove start up che creando semplicemente un’ app riescono a fa risparmiare tempo, energia e carburante; senza tralasciare tutte forme imprenditoriali capaci di mettere in circolo cultura.

Non si pensi però che si stia facendo beneficenza: dietro ci sarà sicuramente sensibilità umanitaria ma anche grande capacità di fare impresa poiché si creano dei profitti. In parole povere, ci si può mangiare e, anzi, ci si sta già mangiando.

Così facendo si può innescare un sistema virtuoso: anche i consumatori possono fare la loro parte attraverso il “voto con il portafoglio” (Leonardo Becchetti), ovvero acquistando prodotti da imprese con dimensione etica. Se potessimo premiare le aziende che sono all’avanguardia nel creare valore economico in modo sostenibile, saremmo in grado di promuovere un enorme cambiamento. Votando “col portafoglio” e “col mouse” (per esempio attraverso i “like”) per aziende responsabili possiamo spostare quote di mercato rilevanti, promuovendo, nel nostro stesso interesse, il modello di impresa più socialmente e ambientalmente responsabile.

 

Bibliografia:

  1. Sassen, Territorio, autorità, diritti, Milano, Mondadori, 2008
  2. Galli, Il disagio della democrazia, Torino, Einaudi, 2011
  3. Galli, Spazi politici. L’età moderna e l’età globale, Bologna, Il Mulino, 2001
  4. Habermas, La costellazione postnazionale. Mercato globale, nazioni e democrazia, Milano, Feltrinelli, 1999
  5. Bruni, S. Zamagni, L’economia civile, Bologna, Il Mulino, 2015
  6. Becchetti, Wikieconomia, manifesto dell’economia civile, Bologna, Il Mulino, 2014
  7. Hannah Arendt, Vita Activa: la condizione umana, Milano, Bompiani, 2011