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Archivi giornalieri: domenica 8 Ottobre 2017
Se è il tribunale a doverci dire che un bullo si può bocciare
da la Repubblica
Se è il tribunale a doverci dire che un bullo si può bocciare
Maria Pia Veladiano
C’è voluto il Tar del Piemonte, per dirci che la scelta di un istituto superiore della Val di Susa di bocciare per un 5 in condotta il bullo della scuola è legittima. I genitori del ragazzo avevano presentato ricorso. Eppure, la legge sul punto è chiarissima: il 5 in condotta porta alla bocciatura.
La premessa necessaria è che a un 5 in condotta si arriva per gradi: è la fine, non l’inizio di una storia. Ci dev’essere un anno di comportamenti problematici, recidive, interventi tentati. E in effetti nel verbale della scuola piemontese si legge che nei comportamenti dello studente, iscritto alla seconda, c’era stato «un crescendo di gravità», che aveva creato nei compagni «un clima di tensione e, in alcuni casi, paura».
Facile dire: così si criminalizza un singolo. No, quel ragazzo ha ancora diritto alla nostra fiducia, ma dall’altra parte c’è una collettività da tutelare. Sarebbe terrificante pensare che vadano salvaguardati solo i diritti dei “buoni”, in una scuola che ha il compito di lavorare soprattutto al fianco di chi ha più bisogno. Ma uno solo non può tenere in scacco la libertà di molti.
Allora il punto oggi non è che qualcuno è stato bocciato, che da qualche parte una storia di scuola non ha funzionato. Ma è capire cosa spinga dei genitori (che questa storia la conoscono fin troppo bene) a tentare di bypassare questo punto fermo, che per il ragazzo potrebbe diventare un’occasione di crescita. E a dire: “vediamo se riusciamo a fargliela sfangare anche stavolta”, anziché piuttosto: “abbiamo un problema, mettiamo in gioco tutte le nostre energie per risolverlo”.
Dietro dev’esserci o una sfiducia enorme nella scuola o un’incapacità enorme di leggersi, e leggere le dinamiche dei nostri ragazzi. Non so cosa sia peggio. Oggi è fin troppo comune il tentativo di salvare comunque la forma della storia scolastica di un figlio: ma la sostanza resta, non si può eliminarla. Certo: un ricorso è un modo di attivare la rabbia, che attenua il dolore inevitabile di fronte a questa decisione della scuola. Ma una famiglia dovrebbe ricordare che a prenderla è stata una comunità educante, che nel farlo sa fin troppo bene a cosa si espone. E il fatto che sia stata presa all’unanimità ancor più dovrebbe indurre a prenderne atto, anziché combatterla.
Tanti genitori oggi faticano ad accettare che il figlio non sia esattamente come lo avevano sognato. E non stiamo dicendo che sia cattivo, non è quello il punto. Anzi: è un ragazzo, questo è fondamentale. E non va mai pensato irrecuperabile, perché a 15 anni tutto è ancora possibile. Ma proprio per questo dovrebbe intervenire una sorta di fiducia collettiva, che porti a dire: la scuola ha dato a mio figlio un segnale. Mi fido, ora che facciamo?
Stipendi fermi da anni e incarichi in aumento
da Il Messaggero
Stipendi fermi da anni e incarichi in aumento
ROMA La scuola è nelle loro mani, la dirigono, la amministrano e si occupano di tutto quel che c’è da fare, dall’organizzazione della didattica alla sicurezza nell’edificio scolastico. Ma per i presidi, fino ad oggi, non ci sono state risorse adeguate. Negli anni i compiti sono aumentati di giorno in giorno, la paga no. Eppure, anche se tutti continuano a chiamarli presidi, dal 1998 sono diventati dirigenti della pubblica amministrazione a tutti gli effetti. Ma del ruolo del dirigente hanno solo gli oneri, non gli onori. Carichi di lavoro impressionanti e risorse esigue, dagli stipendi rimasti indietro di anni al personale amministrativo sempre carente con le segreterie scolastiche in affanno.
IL RECLUTAMENTOEppure, di lavoro, ce n’è tanto da fare. Le scuole in Italia sono circa 8.700 di ogni ordine e grado per quasi 8 milioni di studenti. I presidi in forze negli istituti, ad oggi, sono circa 7 mila. Ne mancano all’appello migliaia. E così le scuole vanno avanti grazie alla reggenze. In Italia infatti ci sono circa 1.700 scuole in reggenza: significa che un dirigente scolastico di ruolo nella sua scuola si vede affidare un’altra scuola, in reggenza appunto. Diventando così un dirigente a mezzo servizio che necessariamente non riesce ad essere presente in entrambe le scuole, senza contare che un istituto comprensivo può raggruppare in sé molti plessi scolastici (strutture diverse) e quindi un preside reggente in tutto si ritrova a che fare con 12 plessi di media, considerando le due scuole che dirige, con picchi che arrivano fino a 20 plessi per preside. Nel 2016-2017 il preside Glauco Berrettoni aveva 18 plessi in 7 comuni diversi in Liguria, dalla materna alle superiori, con sezioni serali e anche in carcere: «È stato massacrante, ero in viaggio 5 ore al giorno».
E i compiti si moltiplicano. Oggi il dirigente scolastico è chiamato a reclutare i docenti, a fare le nomine degli stessi per poi vederli trasferire altrove, pochi giorni dopo, con le assegnazioni provvisorie e così è tutto da rifare. E ancora i continui aggiornamenti dei dati e l’eventuale partecipazione ai bandi Pon che, trattandosi di finanziamenti importantissimi per le scuole, richiedono un lavoro preparatorio decisamente impegnativo. C’è poi da gestire il personale scolastico, gli amministrativi e i docenti così come i rapporti con le famiglie. E non è cosa da poco, anzi.
A mettere fine alla pratica delle reggenze dovrebbe arrivare a breve il bando per il nuovo concorso per dirigenti scolastici di cui è stato pubblicato da poco il regolamento in Gazzetta Ufficiale. Ma non si risolve il problema economico legato agli stipendi dei presidi che, in quanto dirigenti scolastici, dovrebbero in teoria guadagnare quanto un dirigente della pubblica amministrazione. Ma la realtà è ben diversa, i presidi infatti hanno il contratto scaduto dal 2010 e gli stipendi sono fermi in attesa di un nuovo contratto. La retribuzione media lorda dei dirigenti scolastici è di 57,861,57 euro, pari a 36.661,09 euro netti. Si tratta di circa 2.800 euro netti di media al mese, con oscillazioni legate alla fascia e alla regione di appartenenza. Qualcosa, forse, si sta sbloccando: «Il governo – spiega Giorgio Rembado, presidente dell’Associazione nazionale dei presidi che lo scorso 25 maggio ha portato a Roma in manifestazione oltre 3 mila dirigenti scolastici da tutta Italia – si è impegnato a ridurre la forbice tra la busta paga dei capi d’istituto e quella degli altri dirigenti della Pubblica Amministrazione, visto che oggi quella dei manager della scuola è nettamente inferiore a quella del resto» della Dirigenza Pubblica. La protesta quindi paga: «Il nostro obiettivo, come noto a tutti, resta quello della perequazione piena».
Lorena Loiacono
Più soldi a professori e presidi – Piano per la scuola
da Il Messaggero
Più soldi a professori e presidi – Piano per la scuola
Verso la manovra
ROMA Ci sono più di sette mila presidi in Italia che percepiscono mediamente non più di 58 mila euro all’anno. Sono tra i dirigenti meno pagati nella Pubblica amministrazione. Lavoratori pubblici che in questi ultimi anni si sono dovuti far carico di diversi problemi della scuola, dovendo guidare anche più istituti contemporaneamente a causa delle cosiddette reggenze. Per tentare di colmare la lacuna retributiva il governo lavora a un’ipotesi di intervento in vista della manovra che sarà approvata tra una decina di giorni. Altri due dossier in corso di definizione in queste ore sono quelli relativi al superticket sanitario, che verrebbe cancellato almeno in parte e alla tassazione immobiliare. Il ministro Padoan ripete che «le risorse sono limitate», pur contando per i prossimi trimestri su ulteriori «benefici» dell’azione di governo.
LA PROPOSTAPer quanto riguarda il piano scuola, sul tavolo del Tesoro ci sarebbe una proposta del dicastero guidato da Valeria Fedeli per ritoccare «gradualmente», in più anni, le retribuzioni fisse di chi è a capo degli istituti scolastici. Si parla di un primo stanziamento da 90-95 milioni di euro. Il blocco degli stipendi degli statali ha fatto male un po’ a tutti, ma negli anni a soffrire di più è stato il personale scolastico, in particolare il quello tecnico e amministrativo, gli Ata, che possono contare su uno stipendio base di soli 22 mila euro all’anno. Stesso discorso vale per i professori e i presidi. Già nei mesi scorsi la ministra Fedeli si era impegnata a pagare di più coloro che lavorano nel mondo della scuola, che «ingiustamente» – aveva detto – ricevono di meno rispetto agli altri. La dote ipotizzata può garantire aumenti per lo più minimi, ma secondo il ministero rappresenterebbe comunque un segnale di attenzione nei confronti del personale della scuola e soprattutto si andrebbe a sommare all’aumento da 85 euro in arrivo con il rinnovo del contratto a cui lavora la ministra Marianna Madia. Quest’ultimo riguarderà ovviamente sia gli insegnanti che i presidi. Mentre lo scatto aggiuntivo da inserire nella prossima legge di bilancio dovrebbe toccare solo i vertici scolastici. Secondo gli ultimi dati raccolti dall’Aran, l’agenzia governativa che si occupa delle negoziazioni nella Pa, i dirigenti delle scuole sono i capi meno pagati se si tiene conto di quelli delle Agenzie fiscali, università, ministeri, ospedali e Asl. Stipendi quattro volte inferiori rispetto a chi guadagna di più.
GLI EQUILIBRI POLITICINel capitolo sanità il tema più caldo – anche per l’effetto sugli equilibri politici – è naturalmente quello del superticket. C’è la volontà del governo di intervenire su questo prelievo aggiuntivo richiesto ai cittadini che fanno accertamenti o visite specialistiche nel pubblico. L’idea è rendere disponibile con la manovra una parte dei circa 800 milioni necessari per cancellarlo: a quel punto le Regioni potrebbero ridurne l’impatto o aggiungere un proprio sforzo finanziario per arrivare all’eliminazione completa. Sugli immobili, è condivisa la proposta di Confedilizia di estendere a quelli commerciali il regime della cedolare secca per le locazioni, che nel settore abitativo ha ridotto l’evasione. Un’applicazione totale comporterebbe però una perdita di gettito iniziale troppo rilevante: si valuta quindi la possibilità di avviare questa forma di tassazione agevolata ai negozi piccoli e medio-piccoli e in particolare a quelli sfitti da un certo numero di anni. Così congegnata, l’operazione avrebbe anche una valenza sociale, perché contrasterebbe la desertificazione dei centri abitati migliorando la sicurezza e venendo incontro alla popolazione anziana.
Luca Cifoni
Sonia Ricci
Graduatorie III fascia ATA, già inseriti nel 2014? Ecco cosa fare
da La Tecnica della Scuola
Graduatorie III fascia ATA, già inseriti nel 2014? Ecco cosa fare
Come abbiamo scritto più volte, fino al 30 ottobre è possibile presentare domanda per le graduatorie di terza fascia del personale ATA.
Sono molti in questi giorni i lettori che ci chiedono chiarimenti in merito alla procedura per chi era già in graduatoria nel 2014 e volesse quindi aggiornare la propria candidatura.
A tal proposito, prendendo come riferimento il sito Flc Cgil, possiamo fare chiarezza in merito
Per chi fosse già inserito nelle vecchie graduatorie d’istituto di terza fascia ATA, ecco i consigli per le domande:
- Se non si ha nulla di nuovo da dichiarare bisogna utilizzare il modello D2 (conferma/aggiornamento) e compilare solo le sezioni B, C3, D2, F e I. Si può presentare domanda anche per una scuola/provincia diversa da quella del 2014.
- Se invece si devono apportare modifiche al/ai titolo/i di accesso, o si vogliono inserire nuovi titoli o servizi, bisogna utilizzare il modello D2 (conferma/aggiornamento) e compilare tutte le sezioni interessate. Anche in questo caso si può presentare domanda anche per una scuola/provincia diversa da quella del 2014.
- Se invece si deve inserire un nuovo profilo oppure si vuole le sostituire uno o più titoli di accesso, bisogna presentare una domanda di inserimento per tutti i profili. Pertanto, bisogna utilizzare il modello D1, nel quale chiedere una nuova inclusione anche per i profili precedenti, dichiarando nuovamente tutti i titoli e servizi (anche i pregressi).
Anche per quest’ultimo caso, è possibile presentare domanda anche per una scuola/provincia diversa da quella del 2014.
Ricordiamo, che il Miur ha pubblicato delle FAQ con tutte le domande utili per presentare la domanda.
LE GUIDE AI MODELLI D1 e D2
ALTRI APPROFONDIMENTI
Altri riferimenti a normativa e approfondimenti (fonte Flc Cgil)
Scheda sui requisiti per poter accedere.
Bando (DM 640/17).
Tabella di corrispondenza titoli/laboratori assistenti tecnici.
Guida alla registrazione su istanze online.
Anquap: misure urgenti per Ata e Dsga nella legge di bilancio
da La Tecnica della Scuola
Anquap: misure urgenti per Ata e Dsga nella legge di bilancio
L’Anquap, l’Associazione Nazionale Quadri delle Amministrazioni Pubbliche, ha denunciato al Presidente del Consiglio, al Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, al Ministro dell’Economia e delle Finanze e al Ministro per la Pubblica Amministrazione e la Semplificazione, “lo stato di evidente difficoltà nel quale da troppo tempo si trovano i servizi amministrativi, tecnici ed ausiliari delle istituzioni scolastiche ed educative (ed il personale agli stessi preposto) pone a rischio il corretto funzionamento delle citate istituzioni, con tutte le inevitabili conseguenze su alunni e relative famiglie”
L’Anquap chiede quindi alle istituzioni di inserire nella Legge di Stabilità 2018 alcune misure urgenti in materia di servizi amministrativi tecnici ed ausiliari nelle Istituzioni Scolastiche ed Educative per il corretto avvio dell’a.s. 2018/2019.
Le misura riguardano in particolare:
l’organico di diritto del personale ATA viene incrementato di 5.000 unità a decorrere dall’a.s. 2018/2019, con priorità per i profili professionali dei Direttori SGA, degli Assistenti Amministrativi e Tecnici;
l’assunzione straordinaria a tempo indeterminato di personale ATA su tutti i posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto, come sopra incrementato, a decorrere dall’a.s. 2018/2019;
la reinternalizzazione dei servizi di pulizia e sorveglianza e il superamento dei rapporti di CO.CO.CO nelle segreterie scolastiche a decorrere dall’a.s. 2018/2019.
l’autorizzazione per il reclutamento dei Direttori SGA a tempo indeterminato su tutti i posti vacanti e disponibili nell’organico di diritto, a decorrere dall’a.s. 2018/2019 e con proiezioni relative alle cessazioni dal servizio dei due anni scolastici successivi.
Il reclutamento deve coinvolgere anche gli Assistenti Amministrativi con rapporto di lavoro a tempo indeterminato che a partire dall’1/9/2000 hanno svolto le funzioni di Direttore SGA per almeno tre anni, senza demerito (assenza di revoche e provvedimenti disciplinari) e a prescindere dal possesso del requisito culturale prescritto;
la presenza a tempo pieno di Dirigenti scolastici e Direttori SGA in ogni istituzione scolastica ed educativa, a prescindere dal numero degli alunni, a decorre dall’a.s. 2018/2019;
per le supplenze del personale ATA si torna ad applicare nella sua interezza, con decorrenza 1/9/2018, il regolamento di cui al D.M. 430/2000. Per le supplenze del DSGA, in attesa di una nuova disciplina, si provvede secondo le diverse tipologie di cui al citato regolamento, ricorrendo agli Assistenti Amministrativi interni alla scuola titolari della seconda o della prima posizione economica, o di incarico specifico. In via subordinata con Assistente Amministrativo di altra scuola secondo la sequenza di cui sopra;
l’Assistente Amministrativo che sostituisce il Direttore SGA ha titolo all’indennità di funzioni superiori, corrispondente al differenziale del trattamento economico fondamentale (nella posizione stipendiale iniziale) tra il Direttore SGA e l’Assistente Amministrativo. Inoltre, ha diritto all’indennità di direzione con detrazione del compenso individuale accessorio.
Sindacati, la scuola attende risposte
da La Tecnica della Scuola
Sindacati, la scuola attende risposte
Nonostante le buoni intenzioni e le partole importanti della ministra Fedeli e del ministro Padoan sulla scuola, ad oggi nessun atto di indirizzo è stato inviato all’Aran per il rinnovo del contratto di lavoro.
I sindacati della scuola FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal puntualizzano che la politica è chiamata a fare scelte e decidere proprio nei momenti più difficili.
Quella che si preannuncia – spiegano i sindacati scuola – è una lunga, intensa, diffusa fase di coinvolgimento di ogni insegnante, di ogni lavoratore della scuola per uscire dall’impasse attuale e portare a un buon contratto.
Resta il divario tra responsabilità, carichi di lavoro, professionalità, retribuzioni tra Italia e Europa. Il Governo sappia ascoltare.
Docenti e presidi, aumenti salariali in arrivo. Il piano del governo Gentiloni
da La Tecnica della Scuola
Docenti e presidi, aumenti salariali in arrivo. Il piano del governo Gentiloni
Il governo è al lavoro per la Legge di Bilancio 2018. Si tratta di un provvedimento molto atteso, dato che sarà l’ultimo atto di un certo rilievo dell’esecutivo Gentiloni prima delle elezioni politiche del 2018. Tante le novità per la scuola con il PD che tenta di recuperare terreno mettendo mano ai contratti dei docenti e dei presidi.
Previsti, infatti, degli aumenti. Misure che dovrebbero riguardare soprattutto 7mila presidi, che percepiscono mediamente non più di 58mila euro all’anno: sono tra i dirigenti meno pagati nella Pubblica amministrazione. Per tentare di colmare la lacuna retributiva il governo lavora a un’ipotesi di intervento in vista della manovra che sarà approvata tra una decina di giorni.
LA PROPOSTA
Secondo indiscrezioni giornalistiche, rilanciate da Il Gazzettino, si parla di un primo stanziamento da 90-95 milioni di euro.
Già nei mesi scorsi la ministra Fedeli si era impegnata a pagare di più coloro che lavorano nel mondo della scuola, che “ingiustamente” – aveva detto – ricevono di meno rispetto agli altri.
La dote ipotizzata può garantire aumenti minimi, ma secondo il ministero è indice comunque di un segnale di attenzione nei confronti del personale della scuola e soprattutto si andrebbe a sommare all’aumento da 85 euro in arrivo con il rinnovo del contratto a cui lavora la ministra Marianna Madia. Quest’ultimo riguarderà ovviamente sia gli insegnanti che i presidi. Mentre lo “scatto” aggiuntivo da inserire nella prossima legge di bilancio dovrebbe toccare solo i vertici scolastici.
I PRESIDI
Dirigono e amministrano le scuole, ma le paghe sono inadeguate. I dirigenti scolastici, ormai, sono dei veri e propri manager: dall’organizzazione della didattica alla sicurezza degli edifici. Dal 1998 sono diventati veri e propri dirigenti della Pa, ma a un carico di oneri sempre più pesanti non sono corrisposti altrettanti onori. Carichi di lavoro impressionati e risorse esigue.
Le scuole in Italia sono circa 8.700 di ogni ordine e grado per quasi 8 milioni di studenti. I presidi in forze negli istituti, ad oggi, sono circa 7 mila. Ne mancano all’appello migliaia. E così le scuole vanno avanti grazie alla reggenze. In Italia infatti ci sono circa 1.700 scuole in reggenza: significa che un dirigente scolastico di ruolo nella sua scuola si vede affidare un’altra scuola, in reggenza appunto.
Diventando così un dirigente a “mezzo servizio” che necessariamente non riesce ad essere presente in entrambe le scuole, senza contare che un istituto comprensivo può raggruppare in sé molti plessi scolastici (strutture diverse) e quindi un preside reggente in tutto si ritrova a che fare con 12 plessi di media, considerando le due scuole che dirige, con picchi che arrivano fino a 20 plessi per preside.
A mettere fine alla pratica delle reggenze dovrebbe arrivare a breve il bando per il nuovo concorso per dirigenti scolastici di cui è stato pubblicato da poco il regolamento in Gazzetta Ufficiale.
Maturità 2018: crediti scolastici e tabella di conversione in decimi
da Tuttoscuola
Maturità 2018: crediti scolastici e tabella di conversione in decimi
In attesa dell’innovazione dell’esame di maturità che arriverà tra due anni, anche per la determinazione del voto di Maturità si continuerà ad applicare le attuali regole anche per questo anno scolastico. Cerchiamo di capire insieme come si calcola il voto di Maturità 2018.
Maturità 2018: i crediti scolastici
Va ricordato, innanzitutto, che una parte del voto finale della Maturità viene determinata ben prima dell’esame, addirittura due anni prima. Infatti, 25 dei 100 punti che compongono il voto finale, sono definiti dai crediti scolastici, integrati dai crediti formativi, assegnati nello scrutinio finale del terzo, quarto e quinto anno, secondo una tabella allegata all’ordinanza sugli esami. I crediti scolastici sono assegnati sulla base della media dei voti, comprensiva del voto di comportamento. Il consiglio di classe può integrare il voto assegnato – all’interno della fascia di votazione conseguita – sulla base di crediti formativi documentati per attività extrascolastiche.
Crediti scolastici
Media dei voti (in decimi) | terzo anno | quarto anno | quinto anno | Totale punti |
6 | 3-4 | 3-4 | 4-5 | |
tra 6 e 7 | 4-5 | 4-5 | 5-6 | |
tra 7 e 8 | 5-6 | 5-6 | 6-7 | |
tra 8 e 9 | 6-7 | 6-7 | 7-8 | |
tra 9 e 10 | 7-8 | 7-8 | 8-9 | |
mx 25 |
Maturità 2018: quanti punti valgono le prova scritte?
Come è noto, le prove scritte d’esame sono tre più un colloquio finale. La prima prova è uguale per tutti gli indirizzi e riguarda italiano con una batteria di tipologie differenziate; la seconda prova è specifica per ogni indirizzo di studio, mentre la terza è predisposta dalla commissione d’esame e vie individuata convenzionalmente come “il quizzone”. La Commissione dispone di 15 punti massimi per la valutazione di ciascuna prova scritta per un totale massimo di 45 punti. Per la sufficienza occorre conseguire non meno di 10 punti in ciascuna prova.
Maturità 2018: quanti punti vale il colloquio orale?
Per il colloquio la Commissione dispone di 30 punti; per conseguire la sufficienza il punteggio non può essere inferiore a 20.
Maturità 2018: come si arriva al punteggio finale
Il punteggio finale d’esame (in centesimi) è dato dalla somma dei punteggi conseguiti nel credito scolastico di ammissione, nelle tre prove scritte e nel colloquio. A tale somma finale è possibile attribuire anche un bonus fino a 5 punti aggiuntivi, purché ricorrano queste due condizioni: credito scolastico finale di almeno 15 punti, risultato complessivo delle prove pari ad almeno 70 punti. Infine, per i candidati che, senza l’integrazione del bonus, raggiungono il punteggio di 100 può essere attribuita, con decisione unanime della Commissione, la lode.
Maturità 2018: la tabella di conversione in decimi
Come cambia la Maturità
Dall’anno scolastico 2018/19 la Maturità subirà diversi cambiamenti. Dal numero di prove, ai crediti scolastici, passando per Invalsi e alternanza scuola – lavoro, Tuttoscuola ha approfondito tutte queste e le altre novità che vedranno protagonista l’esame di Stato in una diretta gratuita di dal titolo “Come cambia la Maturità. Il nuovo esame di Stato”. In occasione di questo seminario abbiamo è stata inoltre lanciata la guida “Come cambia la Maturità”, scaricabile gratuitamente per gli iscritti al sito.
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