IN PIAZZA A ROMA E IN TUTTA ITALIA

RETE DEGLI STUDENTI MEDI E UDU IN PIAZZA A ROMA E IN TUTTA ITALIA: CAMBIARE SCUOLA E UNIVERSITÀ PER CAMBIARE IL PAESE!

Oggi migliaia di studenti in tutta Italia sono scesi in piazza perché stanchi di una politica che non li ascolta e per riscrivere i paradigmi di una scuola diversa più equa e giusta.

 

Dichiara Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale Rete degli Studenti Medi: “Si parla di rilancio del paese, di PIL e di crescita. Il dato che rimane costante è il sottofinanziamento della scuola pubblica. Da un diritto allo studio completamente insoddisfacente, la cui assenza di fronte agli alti costi della scuola, alimenta i tassi di dispersione scolastica, ad una condizione mortificata degli studenti che li vede ogni giorno andare a scuola in condizioni di estrema difficoltà e trovarsi in edifici pericolanti e fatiscenti. Vogliamo una scuola gratuita, accessibile a tutti, che ci stimoli nel nostro percorso di crescita e non siamo più disposti a scendere a compromessi.”

 

Prosegue Elisa Marchetti, coordinatrice nazionale UDU – Unione degli Universitari: “Come la scuola, anche l’università pubblica è stata frustrata nel suo ruolo: svuotata di docenti e studenti in modo drammatico. Ormai è il luogo dove riemergono le disuguaglianze in modo più netto. Come abbiamo denunciato con forza anche nelle ultime settimane, quello del numero chiuso è sicuramente il primo ostacolo che nega il diritto allo studio, togliendo ogni anno a migliaia di studenti la possibilità di iscriversi alla facoltà scelta. In questi anni, di fronte alla sordità di politica ed istituzioni, abbiamo cercato di smontare questo sistema facendo valere la legge e ottenendo vittorie sempre più importanti. Chi entra all’università, poi, deve essere sostenuto fino al completamento del percorso: esigiamo che tutti gli studenti idonei alla borsa di studio la ricevano e che tutti gli idonei a un alloggio possano effettivamente usufruirne. Ora è arrivato il momento di far cadere una a una le tessere di un domino fatto di sottofinanziamento, carenza di strutture, precarizzazione e scarsità di docenti. E la situazione non migliora quando ci si affaccia al mondo del lavoro: nei tirocini curriculari non sono garantiti i diritti essenziali, così come nei praticantati; per non parlare poi degli anni di precariato che nella maggior parte dei casi si trovano ad affrontare i laureati. Il mondo del lavoro deve vedere i laureati come un’opportunità di sviluppo e non come forza lavoro a basso costo!”

 

Continua Manfreda: “In tutto questo l’alternanza scuola lavoro continua a presentare le criticità che denunciamo da ormai due anni alle quali il Ministero tarda a dare risposte concrete.  Vogliamo un’alternanza scuola lavoro che sia una vera forma di didattica alternativa, di qualità per tutti. Ad oggi continuano a mancare regole che permettano che questo avvenga, criteri che definiscano chi può e chi non può ospitare queste esperienze e siamo stanchi di dover sentire di nostri compagni umiliati in esperienze che di formativo non hanno nulla. Vogliamo subito una Carta dei Diritti degli Studenti e delle Studentesse in Alternanza Scuola Lavoro, siamo già troppo in ritardo!”

 

Concludono Manfreda (Rete degli studenti medi) e Marchetti (UDU): “Vogliamo guardare avanti e ripensare il senso e l’idea di scuola e  per questo paese. Vogliamo una scuola dove costruire la società più giusta ed equa di domani, dove educare alla convivenza e all’integrazione, dove combattere le violenze e le ingiustizie che ogni giorno diventano fatti di cronaca. Oggi siamo in piazza anche per i nostri compagni e amici italiani che il nostro stato non riconosce come tali. Vogliamo un’Università aperta e di massa che metta al centro lo studente e non sia asservita alle necessità del mercato, nella didattica così come nella ricerca. Archiviamo una volta per tutte la competizione sulle risorse e la falsa retorica del merito.

Siamo in piazza perché tocca a noi cambiare la scuola e l’università per cambiare questo paese!”


RETE STUDENTI: DOPO LE PIAZZE IL MINISTERO ACCOGLIE UNA NOSTRA DELEGAZIONE STUDENTESCA!
Oggi le studentesse e gli studenti di tutto il Paese si sono rivoltati in più di 70 piazze per esprimere il loro dissenso verso modelli di alternanza scuola lavoro sbagliati e pericolosi e verso un sistema di pubblica istruzione che non garantisce la qualità e la gratuità dei percorsi educativi, dopo il corteo una delegazione della Rete degli Studenti Medi è salita a discutere negli uffici del Ministero.
Giammarco Manfreda, Coordinatore Nazionale della Rete degli Studenti Medi, dichiara:” Oggi dopo il corteo che a Roma ha visto la partecipazione di più di 3000 studenti il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha accettato di accoglierci per discutere delle rivendicazioni che in tutta Italia stavamo portando nelle piazze. I casi in cui l’alternanza scuola lavoro non viene concepita come quello che in realtà dovrebbe essere, strumento di didattica alternativa, ma viene scambiata come strumento per ottenere mano d’opera gratuita sono sempre di più e si contrappongono ai percorsi positivi che esistono ma che fanno fatica ad emergere. Le condizioni delle nostre strutture scolastiche sono pessime, siamo costretti a passare 5 o 6 ore delle nostre giornate in scuole che non possiedono i certificati di agibilità e che non sono dotate dei parametri igienico-sanitari necessari, a volte siamo costretti a studiare nei garage. Grave è anche la situazione rispetto a un sistema di Diritto allo Studio che non è assicurato, le nostre famiglie sono costrette a spendere tra i 1000 e i 1500 euro annui per permetterci di studiare, per pagare trasporti inefficienti e libri di testa dai prezzi esorbitanti.”
“Non succedeva da tempo che gli studenti venissero accolti al Ministero dopo le manifestazioni ma non possiamo dirci soddisfatti – spiega Manfreda – le risposte sono ancora deboli da parte delle istituzioni che adducono la responsabilità alla mancanza di fondi. Non possiamo però aspettare ancora per avere a disposizione una vera Carta dei Diritti delle studentesse e degli studenti in Alternanza, non possiamo aspettare di vedere il nostro diritto di studiare in luoghi sicuri e soprattutto di farlo gratuitamente riconosciuto. Oggi è solo l’inizio, da domani torneremo nelle scuole, nelle piazze per costruire giorno dopo giorno una scuola diversa e un paese diverso più e equo”.

Alternanza scuola-lavoro

Scuola=

Claudia Pratelli (resp.le scuola Sinistra Italiana) a responsabile scuola Pd:
Oggi alternanza scuola-lavoro progetto formativo ed opportunità per gli studenti ? Ma state scherzando?
 
“Altro che “qualche episodio negativo” come dichiara la responsabile scuola del Pd: l’ultimo anno di alternanza scuola-lavoro è somigliato più a un bollettino di guerra che a un progetto formativo.”

Cosi la responsabile nazionale scuola di Sinistra Italiana, Claudia Pratelli replica alle parole dell’on. Malpezzi sulle manifestazioni di oggi degli studenti.
” Sottovalutare i tanti episodi – prosegue Sinistra Italiana – che sono andati dallo sfruttamento, alle molestie, a incidenti gravi, come quello che accaduto nei giorni scorsi a La Spezia, è sbagliatissimo e di sicuro non aiuta a affrontare quella che sta diventando un’emergenza.Ci sono problemi strutturali nell’alternanza scuola lavoro come normata dalla legge 107 a partire dall’obbligatorietà.” “Fermiamo tutto, sospendiamo l’obbligo per consentirci un’inchiesta e un bilancio  – conclude Pratelli – e mettere in condizione le ragazze e i ragazzi di questo Paese di fare percorsi utili, di qualità e in condizioni di piena sicurezza.”

Scuola =

on. Nicola Fratoianni (Sinistra Italiana):
Governo e Pd aprano gli occhi, e cerchino di riparare ai guasti compiuti con la Buona Scuola.
Su alternanza scuola-lavoro moratoria, fermatevi.
Dare risposte credibili a ragazzi, docenti, famiglie. 
 
 
“La politica e le istituzioni aprano gli occhi: oggi sono scesi in piazza migliaia di ragazzi e ragazze in tutta Italia che vogliono un futuro per la propria vita. Un futuro che non sia fatto di sfruttamento prima e di precariato dopo.  L’applicazione della Buona Scuola si è trasformata nella realtà, come temevamo, in confusione, processi formativi che al di là di alcune marginali esperienze positive hanno ben poco di formativo ed educativo.  È arrivato il momento di dire stop.”
Lo afferma Sinistra Italiana con il segretario nazionale Nicola Fratoianni.
“Lo ripeto  ancora una volta – prosegue il leader di SI –  serve una moratoria delle esperienze di studio-lavoro, un’inchiesta ministeriale attenta e precisa, e solo dopo, sottolineo solo dopo,  decidere il che fare.”
“Poi nei prossimi giorni  – insiste il segretario di SI – il mondo della scuola valuterà, e anche noi lo faremo, se i tanti annunci fatti alla vigilia della legge di bilancio sono promesse al vento o c’è qualcosa di vero. Dato quello che è accaduto negli ultimi anni il nostro pessimismo è motivato. Sarebbe un ulteriore danno al Paese  deludere ulteriormente il mondo della scuola con meno risorse per la formazione, con le scuole che cadono a pezzi, con gli insegnanti sempre più demotivati e sfiduciati.
“A partire da oggi – conclude Fratoianni – il governo e il Pd   con umiltà colgano l’occasione e cerchino di riparare ai guasti da loro compiuti.  Il segnale che ci mandano i giovani del nostro Paese deve essere raccolto. “

Alternanza Scuola-Lavoro: 16 dicembre Stati Generali

Alternanza scuola-lavoro, Fedeli: “Innovazione importante, lavoriamo per elevarne qualità. Il 16 dicembre gli Stati Generali”

(Venerdì, 13 ottobre 2017) “L’alternanza scuola-lavoro è un’innovazione didattica importante. È uno strumento che offre alle studentesse e agli studenti la possibilità di acquisire competenze trasversali e consente loro di orientarsi con più consapevolezza verso il loro futuro di studi e lavorativo. L’alternanza è uno strumento in cui crediamo profondamente. Anche per questo, come Ministero, lavoriamo per elevare ulteriormente la qualità dei percorsi offerti, mettendo al centro, come ho ribadito il 10 ottobre in audizione in Parlamento, le nostre ragazze e i nostri ragazzi. Su questo punto garantiamo il massimo impegno e anche la massima fermezza di intervento in caso di situazioni in cui il patto formativo che sta alla base dell’alternanza sia violato, impedendo a studentesse e studenti di fare un percorso significativo, innovativo e di qualità. Stiamo mettendo in campo strumenti concreti che vanno in questa direzione e che ci consentiranno un costante monitoraggio e controllo perché la qualità formativa è decisiva”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli.

“I dati relativi ai primi due anni di attuazione sono importanti e testimoniano lo sviluppo dell’alternanza e l’impegno delle scuole. Nell’anno scolastico 2016/2017, secondo le prime rilevazioni del Ministero che confluiranno in un ampio report a fine ottobre, il 95% degli istituti ha fatto alternanza. Le studentesse e gli studenti partecipanti sono stati oltre 873.000 fra scuole statali e paritarie, l’89% della platea attesa per le classi terze e quarte, quelle già coinvolte dall’obbligo lo scorso anno. Sono oltre 900.000 se si considerano anche le classi quinte. Le strutture ospitanti sono state più di 200.000, 131.000 di queste sono imprese. Il coinvolgimento è alto. Anche nei Licei, dove il 91% delle ragazze e dei ragazzi iscritti nelle classi terze e quarte ha svolto un percorso di alternanza. I finanziamenti messi a disposizione sono anch’essi significativi: 100 milioni all’anno previsti dalla legge 107, altri 140 milioni stanziati nell’ambito del PON scuola. Ci impegneremo per incrementarli ancora”.

“Ora – prosegue la Ministra – dobbiamo fare uno sforzo aggiuntivo per qualificare ulteriormente i percorsi e la gestione delle procedure da parte delle scuole, rispondendo alla richiesta delle nostre studentesse e dei nostri studenti di poter far emergere eventuali problemi riscontrati durante la loro esperienza. Ci sarà un ampio confronto su questo, lo faremo il 16 dicembre: organizzeremo come Ministero gli Stati Generali dell’alternanza con tutti gli attori in campo, a partire dai rappresentanti delle ragazze e dei ragazzi. Prima di allora lanceremo due strumenti importantissimi: la piattaforma di gestione dell’alternanza e la Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza che sono strettamente connesse fra loro. La piattaforma sarà strumento di attuazione della Carta, che è molto attesa ed è uno strumento centrale di informazione e di garanzia per chi partecipa all’alternanza”.

La piattaforma “sarà pronta nei prossimi giorni, comunque entro la fine di ottobre, e sarà messa a disposizione di tutte le scuole, delle strutture ospitanti, di studentesse, studenti e famiglie per facilitare la progettazione, la gestione e il controllo dell’alternanza. La piattaforma consentirà alle scuole di reperire con più facilità una struttura ospitante, attraverso un sistema di geolocalizzazione e di prenotare on line i percorsi. Gli adempimenti burocratici connessi all’alternanza si potranno gestire digitalmente, consentendo un passo in avanti significativo. Su queste innovazioni prevediamo uno specifico accompagnamento per le scuole”.

“La piattaforma – prosegue la Ministra – avrà una specifica sezione dedicata a studentesse e studenti che, oltre a strumenti importanti come il corso sulla sicurezza gratuito realizzato insieme ad Inail, avrà un bottone rosso, come ho più volte annunciato, per le segnalazioni di eventuali problematicità significative riscontrate durante l’alternanza. Credo sia importante e serio fare in modo che situazioni anomale possano essere rilevate in tempo reale dagli Uffici scolastici e dal Ministero, per poter intervenire tempestivamente. Ieri abbiamo mostrato al Forum degli studenti il funzionamento e gli strumenti previsti. Vogliamo fare questo percorso insieme e i loro suggerimenti saranno per noi essenziali”.

La piattaforma “consentirà anche al Ministero di avere una panoramica qualitativa importante e un costante monitoraggio. È prossima, poi, come dicevo poco fa, la pubblicazione della ‘Carta dei diritti e dei doveri degli studenti in alternanza scuola-lavoro’, prevista dal comma 37 della legge 107: dopo l’acquisizione dei concerti e pareri previsti dalla legge, il testo è in fase di esame da parte del competente Dipartimento della Presidenza del Consiglio dei Ministri per la definitiva autorizzazione prima della pubblicazione in Gazzetta Ufficiale. Con la Carta mettiamo al centro la necessità di informare al meglio studentesse e studenti e genitori, in un’ottica di dialogo e condivisione che deve sempre accompagnare il rapporto scuola-famiglia. Prevediamo che le ragazze e i ragazzi impegnati in alternanza siano accolti in ambienti di apprendimento favorevoli alla loro crescita e ad una formazione qualificata, coerente con il percorso di studi. Diamo attenzione alle studentesse e agli studenti con disabilità. Abbiamo anche firmato un protocollo con l’Agenzia Nazionale per le Politiche Attive del Lavoro per mettere a disposizione delle scuole i tutor ANPAL, esperti di mercato del lavoro che possano supportare referenti, tutor e dirigenti scolastici nell’entrare in contatto con le strutture ospitanti del territorio. È evidente – conclude la Ministra – che quello che stiamo facendo tutti insieme, il Ministero, le scuole, le strutture ospitanti, non è un percorso semplice. Ma è un percorso che, abbiamo visto, va nella giusta direzione e che dobbiamo proseguire con sempre maggiore determinazione. Nella consapevolezza che anche questa è scuola. Una scuola aperta, capace di innovarsi e di offrire uno sguardo sul futuro alle nuove generazioni”.

ASL: “STUDENTI HANNO BUONE RAGIONI PER PROTESTARE”

ASL, GILDA: “STUDENTI HANNO BUONE RAGIONI PER PROTESTARE”
“Esprimiamo solidarietà agli studenti scesi in piazza per protestare contro le modalità con cui viene gestita l’alternanza scuola-lavoro”. È quanto dichiara la Gilda degli Insegnanti in occasione delle manifestazioni in corso oggi in 70 città italiane. 
“Abbiamo criticato aspramente fin dal primo momento le norme inserite nella ‘Buona Scuola’ che prevedono obblighi quantitativi di ore di alternanza scuola-lavoro non compatibili con gli assetti dell’offerta formativa del triennio delle scuole superiori. Il nostro sindacato – spiega la Gilda – non è aprioristicamente contro questo tipo di esperienze che, se organizzate bene, possono essere occasioni di reale arricchimento formativo e culturale per gli studenti. Riteniamo, però, che fino ad oggi l’alternanza si sia dimostrata spesso un’inutile perdita di tempo per docenti e alunni e, in alcuni casi, addirittura una forma di sfruttamento del lavoro giovanile”.
“Troppe risorse sono state spese per un’esperienza che deve essere complessivamente rivista: si tratta di 100 milioni annui, senza considerare poi le migliaia di ore che i docenti devono dedicare all’organizzazione dell’alternanza e i tanti insegnanti del cosiddetto organico del potenziamento che, invece di andare in classe ad insegnare, svolgono mansioni impiegatizie per curare i rapporti con le imprese”.
“Comprendiamo, dunque, le ragioni degli studenti – conclude la Gilda – e chiediamo al Governo una radicale revisione della legge 107/2015 anche per quanto concerne l’ASL”.   

Alternanza scuola-lavoro: sostegno mobilitazione studenti

Alternanza scuola-lavoro. La FLC CGIL sostiene la mobilitazione degli studenti

La FLC CGIL sostiene la protesta degli studenti del 13 ottobre contro l’alternanza così come regolamentata dalla legge 107/15. Parteciperemo alle discussioni pubbliche sul tema portando la nostra originale elaborazione. Continueremo a dare voce alla scuola reale, quella che, spesso in solitudine, affronta una realtà educativa difficile e che non ne può più di essere solo oggetto di riordini e/o riforme.

Al terzo anno di applicazione della legge 107 emerge in maniera inconfutabile la situazione di profondo disorientamento e di rabbia di studenti e docenti delle scuole secondarie di II grado. Tutte le criticità che fin dall’inizio la FLC CGIL aveva denunciato, si sono rivelate non solo fondate, ma persino meno fosche di quelle che si sono concretamente realizzate. La scorsa estate è stata un fiume senza fine di testimonianze (riportate ampiamente dai media) che segnalano di studenti impegnati in attività definite di alternanza/stage/tirocini relative a tutti i settori possibili e immaginabili, il cui confine con il lavoro nero è ormai sempre più labile.

È sotto gli occhi di tutti la desolante solitudine in cui sono state lasciate le scuole nell’attuazione dell’alternanza così come riordinata dalla legge 107: pochissime misure di accompagnamento, confusione inenarrabile su pratiche didattiche, dispositivi educativi e organizzativi da mettere in atto, indicazioni ministeriali poco chiare o inesistenti o giunte con grande ritardo. L’immagine che ne vien fuori è di scarsa cura e di grave disattenzione nei confronti dei ragazzi e delle scuole coinvolti in un complicatissimo processo, delle cui ricadute gli estensori della legge 107, evidentemente, non avevano alcuna consapevolezza.

Dappertutto è stato denunciato il fatto che al centro del processo educativo attivato con l’alternanza obbligatoria non ci sono i ragazzi, ma il numero di ore che la legge impone di effettuare (400 nel secondo biennio e quinto anno degli istituti tecnici e professionali, 200 nei Licei). L’effetto distorsivo è evidente: si stanno realizzando esperienze e attività, non solo slegate dal proprio percorso educativo, ma spesso improvvisate, di scarsa qualità, che in tanti casi si concretizzano in vere e proprie prestazioni di lavoro gratuito prive di qualsivoglia intenzionalità educativa.  Le esperienze positive che pur ci sono purtroppo in questo quadro normativo rischiano di essere del tutto marginali.

Come FLC CGIL, in coerenza con la battaglia referendaria sulla legge 107, chiediamo l’abrogazione delle norme sulla precisa quantificazione delle ore di alternanza e un completo capovolgimento delle finalità dell’alternanza. Si deve chiaramente riportare al centro gli obiettivi didattici, dare strumenti veri alle scuole, fare quindi un serio bilancio di questa fase applicativa da cui non può che discendere una modifica della legge.

Bisogna fermare la deriva in atto: si vuole piegare la scuola all’interesse di brevissimo periodo del sistema produttivo italiano con tutti i suoi attuali limiti: specializzazione produttiva su beni a basso valore aggiunto e ricerca costante di realizzare il profitto giocando su costo del lavoro e orari. L’alternanza scuola-lavoro nelle modalità con cui è stata concepita ed attuata nella maggioranza dei casi viene così interpretata. Si sta costruendo un alibi affinché le aziende continuino a disinvestire in formazione assecondando l’idea folle che la scuola possa assolvere ad un compito che spetta alle imprese.

Vogliamo quindi che venga sventato il rischio di trasformare l’alternanza in un gigantesco serbatoio di lavoro gratuito preludio di un futuro precario per questo sosteniamo gli studenti, per questo vogliamo rilanciare la battaglia contro l’alternanza così come pensata nella legge 107.

No all’alternanza scuola-lavoro, difendiamo il diritto allo studio dei nostri figli

da Il Fatto Quotidiano

No all’alternanza scuola-lavoro, difendiamo il diritto allo studio dei nostri figli

di

Una volta si diceva: “I bambini, i ragazzi sono a scuola. Sono tranquilla”. Poi ci fu il terremoto a San Giuliano che, insieme ad una classe di bimbi di I elementare e alle loro maestre, sgominò la nostra idea di scuola come luogo di sicurezza garantita. Da allora l’edilizia scolastica è stata spesso tema di promesse elettorali scontate (quale paese civile potrebbe ammettere scuole insicure?), quasi mai seguite da fatti. E. mentre i controsoffitti continuano a crollare (gli stessi che, nel 2008, hanno causato la morte di un Vito Scafidi), non si sa più nulla del demagogico programma Scuole belle propagandato da Renzi come una delle molte “rivoluzioni epocali”.

È invece certo che lo scorso anno scolastico ha registrato 44 crolli, con 6 feriti tra studenti e personale; lo racconta il XV rapporto sull’edilizia scolastica di Cittadinanza Attiva, uscito pochi giorni fa, dal quale si evince che è in ottimo stato solo il 3%  (solo-il-tre-per-cento, è bene scandirlo!) delle scuole italiane. Il consueto teatrino dello scaricabarile tra istituzioni competenti è nauseante: mentre loro promettono e litigano, i nostri figli, i nostri studenti e i lavoratori della scuola entrano quotidianamente in strutture che, seppure costruite recentemente, sono sempre insicure. Di veramente sicuro (il gioco di parole è voluto) è il fatto che, finché chi promette senza mantenere non sarà messo di fronte alle proprie responsabilità amministrative, penali, civili, etiche e politiche, andare a scuola dovrà esser annoverato tra le attività a rischio. Un’inversione, questa sì, epocale.

Mentre l’Ocse premia la Buona Scuola e il Job’s Act, incoraggiandoci ad andare avanti sulle “riforme” – evidentemente ancora incompiute, considerando che alcuni lavoratori hanno ancora un contratto a tempo indeterminato e la scuola pubblica non è ancora del tutto ridotta a trampolino di lancio per consegnare ad un antropofago mercato del lavoro merce a costo zero e manodopera iperflessibile e decontrattualizzata – ecco un nuovo protagonista sul palco dell’insicurezza: l’alternanza scuola-lavoro. È di questi giorni, infatti, la terribile notizia dello studente spezzino che è stato schiacciato, in un’azienda meccanica, da un muletto, fratturandosi una tibia. Ritorna quindi alla ribalta, tra i molti esiti nefasti della sempre più ossimorica Buona scuola, anche l’incolumità psicofisica dei ragazzi, che si va ad aggiungere ad una serie di motivi alla base delle manifestazioni promosse dagli studenti per il 13 ottobre: sciopero dall’alternanza indetto dall’Unione degli Studenti e mobilitazione dichiarata dalle Rete degli Studenti, iniziative cui hanno aderito movimenti e collettivi studenteschi, anche universitari. Presenti anche i Centri Sociali e la FGCI.

Siamo di fronte ai nostri figli e ai nostri studenti, nostri non solo nel senso familista e in quello professionale della parola, ma perché appartenenti alla comunità repubblicana, alla quale devono garantire un futuro di benessere democratico. Ebbene, a queste ultime generazioni è stato intenzionalmente – “riforma” dopo “riforma” – sottratto diritto allo studio e all’apprendimento; l’incuria e il disinteresse li hanno costretti inoltre a trascorrere le loro giornate scolastiche in strutture se insicure, sovente fatiscenti, asfittiche, brutte. Non solo, nell’ultimo periodo, grazie alla legge 107/15, sono stati anche allontanati dalle aule per andare a prestare lavoro gratuito presso enti e aziende il cui ambito operativo e culturale è spesso lontano da quello del percorso formativo scelto. E ora esigono il proprio diritto a non essere sfruttati.

Chiedono insomma a noi, opinione pubblica e cittadini adulti della Repubblica, di assumerci – così come nel campo della sicurezza e dell’edilizia – precise responsabilità nel campo del rapporto tra studio e lavoro. Ci chiedono di ricordarci e di rivendicare insieme a loro che l’“alternanza” è quanto mai lontana da ogni riferimento al “lavoro” così come la Costituzione lo pone a fondamento della Repubblica: emancipazione individuale e sociale, partecipazione attiva alla vita della comunità, dignità dei lavoratori e delle loro retribuzioni. Che l’alternanza, cioè, introduce indebitamente nel percorso formativo il lavoro mercificato, quello finalizzato alle esigenze dell’impresa, al profitto, in piena e palese contraddizione per contenuti e modalità organizzative con i pilastri dell’istruzione democratica: diritti, responsabilità, solidarietà. Dobbiamo ringraziare questi giovani: le loro manifestazioni, infatti, sono un’occasione per una riflessione generale sulla condizione del lavoro e dello studio in questa Italia ormai governata, corrosa e corrotta dal neoliberismo anche nella quotidianità della vita scolastica.

Oggi la protesta degli studenti. Confindustria prende le distanze da chi gestisce male lo strumento

da Il Sole 24 Ore

Oggi la protesta degli studenti. Confindustria prende le distanze da chi gestisce male lo strumento

di Maria Piera Ceci

Primo sciopero dell’alternanza scuola-lavoro oggi, con gli studenti in piazza a Roma e in altre settanta città. Il provvedimento previsto dalla legge della Buona Scuola – dicono gli studenti – così come viene applicato non va nella direzione giusta e va ripensato.
«Abbiamo convocato il primo sciopero per denunciare la condizione attuale di sfruttamento vissuta dagli studenti» – spiega Francesca Picci, dell’Unione degli studenti. «Siamo partiti da una nostra inchiesta su tutto il territorio nazionale che ha evidenziato molti casi di sfruttamento. Vogliamo un’alternanza di qualità, non vogliamo pagare i percorsi che dovrebbero invece essere formativi. Vogliamo inoltre uno statuto dei diritti delle studentesse e degli studenti e chiediamo alla ministra Fedeli che fine ha fatto questo statuto».

Gli studenti chiedono dunque al governo un intervento normativo che possa portare ad un corretto svolgimento dell’alternanza scuola-lavoro. Ma la responsabilità è anche delle aziende, spiegano.
«La responsabilità è quella di avere come unico obiettivo il profitto – spiega ancora Picci. Noi vogliamo che si individuino tutor aziendali e percorsi in cui sia garantita la qualità e che ci sia congruenza fra l’alternanza e il percorso di studi. Non è possibile che uno studente vada solo a fare fotocopie, vada a trasportare lettini per sei ore sotto l sole, che sia sfruttato dalle multinazionale solo per fare profitti».

Non vengono risparmiati neanche i dirigenti scolastici. «I presidi dovrebbero individuare dei percorsi che possano offrire delle opportunità, non di lavoro ma di formazione. Questo è l’obiettivo della scuola perché l’istruzione deve tornare ad avere un valore sociale nel nostro paese. Per questo noi, scuola per scuola, stiamo conquistando degli statuti per denunciare il fatto che ancora il Ministero non sta facendo nulla. Noi come Uds abbiamo scritto anche un codice etico che tende ad eliminare dai percorsi scuola-lavoro tutte le aziende che hanno sfruttato i lavoratori, hanno licenziato, hanno inquinato l’ambiente o sono colluse con la mafia».

Un provvedimento tutto da rifare dunque? No, secondo gli studenti che propongo una lunga serie di modifiche.
«Siamo contrari al fatto che siano previsti 200 ore per i licei e 400 per gli istituti tecnici. Questo rimanda ad un’idea classista e divisiva della scuola, con le classi dirigenti rappresentate dagli studenti dei licei, e le classi che faranno solo manodopera con gli studenti dei tecnici. Vogliamo un’equiparazione perché 400 ore è una cosa folle in un paese come il nostro che non ha un tessuto produttivo adatto ad accogliere tutti questi studenti. Ogni singolo percorso deve essere stabilito da commissioni paritetiche all’interno delle scuole, di modo che anche gli studenti possano decidere dei loro percorsi in cui venga garantito che si apprendano delle competenze, anche pratiche perché è importante l’unione di sapere e saper fare».

Aziende dunque sotto accusa in questa giornata di mobilitazione nazionale degli studenti. Aziende che però difendono l’alternanza.
«Noi crediamo fortemente in questo provvedimento perché tutti gli attori si devono mettere d’accordo per fare dell’occupabilità giovanile il driver di crescita delle nostre imprese e del nostro Paese – spiega Giovanni Brugnoli, vice presidente di Confindustria con delega per il capitale umano. Confindustria ha voluto fortemente questo provvedimento. Ci siamo messi a disposizione per fare la nostra parte. Credere che un’impresa sfrutti gli studenti come lavoratori credo sia un retaggio di anni addietro. Non guardiamo alle nostre spalle, ma al nostro futuro e a quello delle nostre imprese».

Confindustria prende le distanze dalle aziende che mal gestiscono l’alternanza.
«In ogni categoria c’è del buono e meno buono. Abbiamo istituito anche un bollino della buona alternanza per le imprese che si mettono in luce in buoni percorsi di alternanza e faremo una classifica interna che raccolga le best practice. Ovviamente non condividiamo le imprese che possano avere comportamenti non consoni a questo istituto. Noi dobbiamo premiare chi utilizza nella maniera più corretta uno strumento che faccia in modo che i ragazzi apprendano in età scolare cosa significa entrare nel mondo del lavoro, in industria e capiscano quali cambiamenti siano in atto grazie a Industria 4.0. con nuovi investimenti e nuovi saperi».

Terzo anno scolastico di alternanza, è anche tempo di bilanci.
«Alcuni territori si sono particolarmente messi in buona luce perché hanno un tessuto imprenditoriale che è sempre stato vicino alla formazione» – spiega ancora Brugnoli. «Noi abbiamo fatto moral suasion in tutte le territoriali per fare in modo che la buona alternanza venga presa come una consuetudine da grandi, medie e piccole imprese. E’ chiaro che le piccole e medie imprese fanno sacrifici maggiori. Perciò cerchiamo di aumentare la base di imprese che partecipano ai percorsi».

Confindustria è infatti convinta che l’alternanza scuola-lavoro sia un pezzo di una politica necessariamente più ampia volta alla diminuzione della disoccupazione giovanile.
«L’alternanza va in questa direzione. Vogliamo che i ragazzi capiscano quanta industria e quanta bella industria c’è nel nostro paese e con il percorso dei tre anni riescano ad individuare una propria traiettoria di vita e attività lavorativa futura. Anche le scuole devono vedere le imprese come i partner ideali dei propri studenti per sondare qual è il grado di occupabilità e se la formazione in aula corrisponde alle esigenze delle imprese».

Cultura della mediazione in classe, la Garante per l’Infanzia lancia il nuovo bando

da Il Sole 24 Ore

Cultura della mediazione in classe, la Garante per l’Infanzia lancia il nuovo bando

È on line il bando per partecipare alla seconda edizione di “Dallo scontro all’incontro: mediando si impara!”, il progetto promosso dall’Autorità garante per l’infanzia e adolescenza con la sezione italiane dell’associazione Gemme (Groupement Européen des Magistrats pour la Mèdiation) e l’Istituto Don Calabria. L’iniziativa nasce dalla considerazione del fatto che il conflitto fa parte dell’esistenza umana e la difficoltà a gestirlo conduce spesso alla frattura dei rapporti tra le persone e a una violenza diffusa nelle relazioni. E per questo è importante sperimentare già a scuola la possibilità di “litigare bene”, cioè di gestire il conflitto in maniera costruttiva, considerandolo una risorsa per migliorare i rapporti interpersonali. Nei giorni scorsi a Roma la Garante per l’Infanzia, Filomena Albano, ha presentato i risultati della prima edizione del progetto, che ha coinvolto oltre mille ragazzi tra gli 11 e i 14 anni.

Il conflitto come risorsa
La prima edizione del progetto, durata quasi un anno, ha coinvolto 14 scuole secondarie di primo grado, del nord, centro e sud Italia, selezionate attraverso un avviso pubblicato sul sito dell’ Autorità garante. Le attività si sono focalizzate sull’ascolto e il riconoscimento dell’altro e ha affrontato temi quali la diversità, il sentirsi invisibili, l’appartenenza, l’empatia, le emozioni, l’importanza delle relazioni.
«Impariamo a litigare bene» è il titolo dato al lavoro fatto nelle classi. Grazie alla grande creatività dei ragazzi, ha spiegato la Garante, i lavori prodotti negli incontri – disegni, narrazioni, video, slides, poesie, puzzle – sono stati messi a disposizione per trasferire i temi emersi a tutta la scuola.
Gli istituti interessati a candidarsi alla seconda edizione del progetto possono aderire al bando di selezione già disponibile sul sito www.garanteinfanzia.org

Stipendi più alti per i presidi e seimila bidelli in più, verso una Finanziaria da un miliardo per scuola e atenei

da la Repubblica

Stipendi più alti per i presidi e seimila bidelli in più, verso una Finanziaria da un miliardo per scuola e atenei

Tra le richieste della ministra Fedeli con buone chance di passare, anche lo sblocco degli scatti di anzianità per i docenti universitari

Corrado Zunino

ROMA – Tra oggi e domani, con una serie di incontri a Palazzo Chigi, il governo sceglierà che cosa inserire nella Legge di bilancio per quanto riguarda la scuola e l’università. Le richieste di peso della ministra Valeria Fedeli sono sei e hanno tutte buone possibilità di superare le forche caudine del ministero delle Finanze e della Ragioneria generale dello Stato. A scuola e università dovrebbe essere destinato un miliardo e 95 milioni di euro.

• L’AUMENTO AI DOCENTI
Per ogni dipendente della pubblica amministrazione, dopo l’accordo del 30 novembre scorso, è previsto un aumento di 85 euro lordi il mese (40 euro netti, in busta paga). La ministra, vista la perdita di potere d’acquisto degli stipendi di maestri e professori, chiede un’ulteriore gratificazione per gli insegnanti. Secondo calcoli sindacali, dal 2009 a oggi le retribuzioni dei docenti hanno perso in inflazione il 15 per cento: tra i 150 e i 250 euro, a seconda del ruolo e dell’anzianità. L’aumento di 85 euro lordi (in realtà ancora da finanziare) solleva un nuovo problema: chi, compreso nella fascia tra 24mila e 26 mila euro annui, prendeva il bonus da 80 euro voluto dall’ex premier Matteo Renzi, rischia di perderlo. Somiglierebbe a una beffa. Il governo sta studiando un intervento di carattere fiscale per sterilizzare gli effetti negativi dell’aumento contrattuale (gli 85 euro, appunto). Quest’ultima misura, comunque, sarà presa per tutta la pubblica amministrazione. Un docente di scuola media a metà carriera, in Italia, guadagna 30 mila euro lordi l’anno: la media Ue è di 36 mila euro.

I sindacati confederali segnalano che, ad oggi, “nessun atto di indirizzo è stato inviato all’Aran”, l’agenzia che cura i negoziati pubblici. La Flc Cgil chiede che i soldi per il bonus sul merito scolastico, e anche quelli per l’aggiornamento professionale, vengano spostati in toto sull’aumento salariale: da variabile legata al merito a quota fissa per tutti.

I sindacati, ancora, vorrebbero riportare dentro la partita della contrattazione una serie di questioni che la Legge “Buona scuola” ha definitivamente fissato il 13 dal luglio 2015: la cosiddetta chiamata diretta da parte dei dirigenti scolastici, per esempio. Il 13 novembre il Miur pubblicherà la circolare sulle iscrizioni ai primi anni di ogni ciclo e in quello stesso periodo comincerà la contrattazione con le organizzazioni sindacali sulla mobilità del personale docente, “con l’obiettivo di concluderla prima di Natale”, ha detto ieri sera in Parlamento la ministra dell’Istruzione. Successivamente, la contrattazione prenderà una cadenza triennale “per dare regole certe e stabili nel tempo”.

• LO STIPENDIO DEI PRESIDI
Il secondo aumento del pacchetto scuola della prossima Finanziaria riguarda i dirigenti scolastici: sono ottomila e chiedono un sensibile ritocco della parte fissa della busta paga. Il costo generale per questo intervento è stimato in 95-100 milioni di euro. E’ la famosa equiparazione delle buste paga dei dirigenti scolastici a quelle degli altri dirigenti di Stato. Meglio, un avvicinamento all’equiparazione, vista la distanza odierna. Oggi la paga media di un dirigente scolastico è di 2.800 euro netti il mese. La protesta dei presidi sulla questione iniziò la scorsa estate. A giorni, ha ricordato ieri sera Fedeli, ci sarà il bando (dopo sei anni) per il nuovo concorso per dirigenti scolastici: 2.425 posti, che sono quelli vacanti e quelli che si prevede lo diventeranno nell’arco di tre anni. Nel 2018, ancora, sarà pubblico il concorso per dirigenti amministrativi (Dsga, 1.700 posti).

• BIDELLI E SCUOLE D’INFANZIA
Al vaglio del ministero delle Finanze c’è la proposta dell’Istruzione per l’assunzione di seimila Ata: amministrativi, tecnici, bidelli. Seimila in più, s’intende, oltre a quelli previsti per sostituire i pensionati. Il Miur chiede anche 500 assunzioni per personale interno: gli Uffici scolastici regionali sono sotto organico. Ancora, si propone il ripristino delle supplenze brevi, eliminate dal Governo Monti. Per gli Its, gli Istituti tecnici e superiori, serve un fondo di 14 milioni per consentire il raddoppio degli studenti dei corsi: oggi sono ottomila. Il sistema Its nei primi sette anni di vita ha dato buoni risultati: 81 per cento di occupati a un anno dal diploma. Il capitolo, tuttavia, potrebbe essere spostato sull’Industria 4.0 e, dunque, sul bilancio del ministero dello Sviluppo economico.

Su proposta del Pd, il governo sta lavorando a un organico del potenziamento per la scuola dell’infanzia: maestre e maestri di materna ed elementari sono stati l’unica categoria esclusa dalle assunzioni della Buona scuola. Infine, il Miur chiede risorse per stabilizzare una quota delle supplenze sul sostegno.

• UNIVERSITA’, SCATTI D’ANZIANITA’ E RICERCATORI
La ministra Fedeli si è impegnata: “Troveremo le risorse per gli scatti di anzianità dei docenti universitari”. L’aumento automatico era stato congelato nel quinquennio 2011-2015 e sbloccato a partire dal primo gennaio 2016. Il Movimento per la dignità della docenza universitaria – che ha organizzato losciopero degli esami, tuttora in corso – chiede di recuperare in busta paga l’anno 2015 e, senza pretendere arretrati, di riottenere il livello di carriera che le finanziarie dei tempi di crisi hanno fermato. Infine, il Miur vuole stabilizzare 1.500 ricercatori universitari ancora senza contratto fisso.

• I PRECARI DELLA RICERCA
Il ministero della Pubblica amministrazione in queste ore sta cercando di stabilizzare gli storiciprecari degli enti di ricerca, a partire dal Cnr che chiede – attraverso la base – l’assunzione di 2.600 “contratti e assegnisti” su 4.500.

Come trasformo le Gae in graduatorie di merito: in arrivo il concorso ad hoc

da Corriere della sera

Come trasformo le Gae in graduatorie di merito: in arrivo il concorso ad hoc

La ministra Fedeli, alla Camera: prima di febbraio il concorso riservato ad abilitati e iscritti alle Gae. Per i «nuovi» insegnanti i tempi sono ancora lunghi

La ministra Valeria Fedeli ha spiegato in commissione alla Camera come intende procedere con concorsi per gli insegnanti e soprattutto con gli abilitati e quanti sono rimasti nelle graduatorie a esaurimento dopo la mega tornata di assunzioni voluta dalla riforma. Ci sarà una vera e propria sanatoria con un esame orale che permette di trasferire in nuove «graduatorie di merito regionali» chi non ha passato l’ultimo concorso o non ne aveva i requisiti. Da lì si pescherà – a metà con le Gae – per le assunzioni finché non andranno a regime le nuove procedure dei concorsi-corsi previste sempre dalla riforma.

Esame orale «non selettivo». Ovvero: tutti dentro

«Bandiremo, in anticipo rispetto al termine che la legge fissa a febbraio 2018, il concorso riservato ai docenti in possesso di abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria – ha detto Fedeli alla Camera -. Questo concorso consentirà a tutti gli abilitati o iscritti nelle GAE e nella seconda fascia che lo vorranno di inserirsi in una nuova graduatoria regionale di merito, previo svolgimento di un esame orale non selettivo. Queste nuove graduatorie saranno costruite anche sulla base dei titoli di servizio e professionali, che peseranno per il 60% del punteggio complessivo, e saranno utilizzate per le immissioni in ruolo a partire da settembre 2018, fermo restando che il 50% dei posti continuerà ad essere riservato alle Gae, sino al loro esaurimento, e che la legge assicura anche lo scorrimento delle graduatorie del concorso del 2016, per i vincitori e gli idonei».

Fase transitoria: quanto durerà?

Non è questa l’unica soluzione transitoria: «Stiamo lavorando anche al concorso riservato ai docenti con almeno tre anni di servizio e a quello ordinario per la scuola secondaria. Entro novembre avvieremo l’iter dei decreti attuativi, tra i quali rientra anche un regolamento. I passaggi sono quindi numerosi: informativa alle organizzazioni sindacali, esame del MEF, parere del Consiglio superiore della pubblica istruzione, deliberazione preliminare del Consiglio dei Ministri, parere del Consiglio di Stato, parere delle Commissioni parlamentari, deliberazione definitiva del Consiglio dei Ministri, firma del Presidente della Repubblica e registrazione della Corte dei Conti. Lavoreremo per completare l’iter il più rapidamente possibile e assicurare che i vincitori dei concorsi possano avviarsi al percorso FIT a partire dall’anno accademico 2018/2019».

Esame di terza media, addio voto in condotta «Meglio una relazione»

da Il Messaggero

Esame di terza media, addio voto in condotta «Meglio una relazione

 Il 7 in condotta non fa più paura. O quasi. Visto che almeno alla scuola media un brutto voto sul comportamento non sarà più motivo di bocciatura per gli studenti. Cambia la valutazione, quindi, e cambia anche l’esame di Stato. I ragazzi di terza media, infatti, quest’anno dovranno superare il nuovo esame, come previsto dalla riforma della Buona Scuola e per arrivarci, nell’arco dei tre anni, verranno sottoposti a nuovi criteri e nuove modalità di giudizio. Tra le maggiori novità per l’intero triennio c’è l’abrogazione della bocciatura per un’insufficienza nel comportamento. Il voto di condotta infatti non sarà più espresso in decimi ma sarà argomentato con un giudizio sintetico. Vale a dire che il valore numerico non c’è più, quindi non potrà provare l’insufficienza del ragazzo indisciplinato, e al suo posto i docenti spiegheranno come lo studente si relaziona con la classe e con la scuola in generale.
In questo modo sembrerebbe che la condotta sia stata relegata a un ruolo marginale, al contrario di quanto decise di fare l’ex ministra Gelmini nel 2009 quando mise la condotta in primo piano, inserendo la bocciatura per tutti coloro che arrivavano agli scrutini finali con un’insufficienza nel comportamento: una scelta di rigore, che andava a contrastare i casi di bullismo o comunque di comportamento scorretto a scuola. D’ora in poi, invece, che cosa potrebbe succedere ad uno studente che non rispetta le regole? In realtà non è detto che la passi liscia. La condotta, in base alla circolare sulla nuova valutazione, non sarà comunque sottovalutata: resta infatti assolutamente valida la non ammissione alla classe successiva per gli studenti che hanno ricevuto una sanzione disciplinare che prevede l’esclusione dallo scrutinio finale. Una norma che potrà quindi essere utilizzata dal collegio dei docenti come strumento a contrasto di eventuali atti di bullismo in classe.

I CRITERI

Non solo per la condotta, la valutazione cambia anche per tutte le altre materie alle quali verrà sempre assegnato il vecchio voto decimale ma sarà affiancato da una descrizione del livello globale dell’apprendimento raggiunto. I criteri e le modalità per valutare tutto questo saranno stabiliti dal collegio dei docenti e verranno resi pubblici attraverso il Piano triennale dell’offerta formativa: le famiglie quindi, ogni tre anni, sapranno come la scuola di appartenenza si regola nel valutare i ragazzi. Verrà preso in considerazione l’intero percorso dello studente fino ad arrivare all’esame di terza media.
Un esame completamente rinnovato, già a partire da quest’anno, a cui i ragazzi potranno accedere solo se hanno sostenuto il test Invalsi. La prova nazionale si svolgerà ad aprile, rigorosamente al computer e avrà quesiti di italiano, matematica e per la prima volta anche in inglese che finiranno poi nel giudizio finale. L’esame conclusivo avrà solo tre prove scritte e un colloquio orale, perdendo così due dei 5 scritti del passato. Le tre prove saranno una di italiano, una di matematica che conterrà anche elementi di pensiero computazionale e una per le lingue straniere che verificherà per l’inglese le competenze di comprensione e produzione scritta di livello A2 del Quadro comune europeo di riferimento, per la seconda lingua comunitaria sarà sufficiente il livello A1. Seguirà poi il colloquio in cui per la prima volta verrà presa in considerazione anche la padronanza e la conoscenza di argomenti come la Cittadinanza e la Costituzione.
LA MEDIA

Svolte le prove, il voto finale rappresenterà la media fra il voto di ammissione e la media dei voti delle prove scritte e del colloquio. Per i migliori potrà anche essere accordata la lode. Alla fine dell’esame arriverà come sempre il diploma ma gli sarà affiancata una certificazione delle competenze, con riferimento alle competenze chiave europee: le scuole avranno a disposizione un modello unico nazionale, che sarà accompagnato anche da una sezione dell’Invalsi in cui verranno riportati i livelli conseguiti nelle prove nazionali.
Lorena Loiacono

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