Studenti contro la legge di bilancio: meno tasse, più borse di studio

da Corriere della sera

Studenti contro la legge di bilancio: meno tasse, più borse di studio

La Finanziaria vara i fondi per gli aumenti a insegnanti, presidi e professori universitari ma lascia a secco studenti e dottorandi. E anche per gli Its non ci sono i fondi promessi.

I nodi aperti nella legge di Bilancio

Non ci sono i fondi promessi durante l’anno in varie occasioni dalla ministra Fedeli nella legge di Bilancio approvata dal consiglio dei ministri che da venerdì 20 ottobre è in discussione in Parlamento. Ad essere scontenti non soltanto i sindacati che protestano perché i fondi stanziati per l’istruzione sono pochi. La scuola può comunque contare su due punti positivi per gli insegnanti: sono stati stanziati i fondi per il rinnovo del contratto degli statali promesso un anno fa con l’accordo del 30 novembre 2016 e prosegue l’iter giuridico per il rinnovo del contratto di presidi e personale della scuola. Peggio è andata all’Università. Anche per quanto riguarda i giovani il governo ha preferito puntare sulle imprese con la decontribuzione per chi assume giovani rispetto a misure per la formazione. Restano a secco gli Its, che contavano su un aumento del finanziamento . Restano a secco gli studenti che chiedevano un abbassamento delle tasse e più borse di studio. E anche i dottori di ricerca che speravano in un minimo aumento del loro assegno. L’unica misura di rilievo è l’aumento del numero di ricercatori per Atenei e Enti da assumere che passa da 1000 a 1500. La Cgil annuncia una mobilitazione il 7 novembre per protestare contro la mancata stabilizzazione dei precari della ricerca: «Solo 300 posti negli enti di ricerca a fronte di migliaia di precari».

Le borse per i dottorati

Finora ci hanno pensato le singole università o almeno alcune di esse: Milano, Brescia, Foggia, Genova e Napoli integrano gli assegni da mille euro dei loro dottorandi con un venti per cento in più. Ma Università e studenti speravano quest’anno di poter avere un aumento stabile e sopratutto esteso a tutti i dottorandi: nella legge di stabilità non c’è nulla e restiamo il Paese che paga meno di tutti i propri futuri scienziati. Una buona notizia invece per i professori: non recuperano i loro scatti (congelati nel 2010) per i quali tra l’altro hanno scioperato in molti all’inizio dell’anno accademico: ma d’ora in avanti potranno contare su una progressione di carriera più rapida con scatti biennali che li porterà ad accelerare gli aumenti per il futuro.

Gli Its

«Il fondo di dotazione nazionale degli Its è di soli 13 milioni di euro, nonostante sia raddoppiato il numero delle fondazioni. Così il governo, dopo le promesse fatte in convegni, incontri e seminari durante tutto l’anno arretra su una delle leve più strategiche del Paese», protesta il coordinatore della cabina di regia Università-Its Alessandro Mele: «Alle parole di Fedeli e Calenda non seguono i fatti: quest’estate Calenda aveva detto che avrebbe stanziato dal suo ministero i pochi fondi che servivano e Fedeli aveva ufficializzato l’accordo». Ma dei fondi non c’è traccia.

Meno tasse

Meno tasse, più borse di studio. E’ questa, in sostanza, la richiesta degli studenti universitari al governo in vista dell’approvazione della prossima Legge di Bilancio. Una richiesta che prende più forza alla luce della pubblicazione del rapporto Eurydice 2017 in cui la Commissione Europea mette a confronto le rette universitarie e il sistema del diritto allo studio in Europa. L’Italia è al terzo posto (insieme a Spagna, Svizzera, Liechtenstein, Olanda, Irlanda e Lettonia), subito dopo Inghilterra e Galles, dove le rette hanno raggiunto la cifra record di 9.000 sterline l’anno (circa 10.000 euro) e l’Ulster (fra i 3.000 e i 500o euro). In Germania e nei Paesi scandinavi le università sono gratis come anche in Grecia e in Scozia. In Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia e Slovenia sono quasi nulle (sotto i cento euro). In Francia, Belgio, Islanda, nei Paesi dell’ex Jugoslavia, in Romania, Bulgaria e in Turchia sono comunque sotto i mille euro.

Dice Elisa Marchetti, coordinatrice dell’Unione degli Universitari: «Conosciamo da anni sono i numeri del fallimento dell’università. Siamo il Paese che meno investe in istruzione e questo si ripercuote soprattutto sugli studenti con meno possibilità di passare dalla scuola all’università». Sono loro i più danneggiati dal combinato disposto fra caro-rette e scarsità di fondi per il diritto allo studio: solo un universitario su dieci, infatti, percepisce una borsa (il 9,43%).

Il nodo degli idonei

Risultato: nove studenti su dieci pagano le tasse universitarie: un record in Europa. Fra questi anche i cosiddetti «idonei non beneficiari», ovvero coloro che, avrebbero diritto a percepire una borsa di studio in base al reddito ma non la ottengono perché non ci sono abbastanza soldi a disposizione.

I contributi degli studenti

Non solo le rette sono alte, ma continuano ad aumentare. La spesa media annua per la triennale è di 1.316 euro (contro i 1.262 dell’anno scorso) , ma l’aumento più sensibile si è registrato per la magistrale che ha raggiunto quota 1.457 euro (l’anno scorso la media era in linea con la triennale: 1.216 euro). Dice ancora Elisa Marchetti: «Abbiamo già intrapreso un percorso di mobilitazione e intensificheremo la nostra azione se non vedremo risposte chiare a questa situazione drammatica. Chiediamo che si trovino almeno 150 milioni di euro da investire nel Fondo Integrativo Statale per le borse di studio e che il Fondo di Finanziamento Ordinario destinato alle Università sia incrementato con la finalità prioritaria di abbattere in modo sostanziale la contribuzione studentesca» (i 7 miliardi attuali sono ancora molto lontani dai 7,5 miliardi di partenza prima dei tagli imposti da Tremonti).

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