RINNOVO CONTRATTO: CHIAREZZA SU ORARIO DI LAVORO

RINNOVO CONTRATTO, DI MEGLIO: “CHIAREZZA SU ORARIO DI LAVORO”
“È stato un primo incontro introduttivo, ma il nostro sindacato ha voluto mettere subito in chiaro che ci opporremo strenuamente a qualunque tentativo di aumentare l’orario di lavoro dei docenti che già sono costretti a trascorrere molto tempo a scuola senza ottenere alcun riconoscimento professionale né retributivo”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, riferendosi alla riunione che si è svolta oggi pomeriggio all’Aran sull’avvio delle trattative per il rinnovo contrattuale. 
“Abbiamo chiesto che in premessa venga esplicitata la definizione di orario di lavoro – spiega Di Meglio – in base a quanto stabilito dall’articolo 1 del decreto legislativo numero 66 dell’8 aprile 2003 che, in attuazione delle direttive europee 93/104/CE e 2000/34/CE, intende per orario di lavoro ‘qualsiasi periodo in cui il lavoratore sia al lavoro, a disposizione del datore di lavoro e nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni’”.
“Al presidente Gasparrini – aggiunge il coordinatore della Gilda – abbiamo poi ribadito che le risorse che il Governo intende investire per il rinnovo del contratto sono nettamente insufficienti dopo 9 anni di blocco e una perdita del potere di acquisto valutabile tra il 10 e il 15%. Il minimo che ci possiamo aspettare – conclude Di Meglio – è che le risorse stanziate con la legge 107/2015 vengano destinate al contratto”.

Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura

Si è svolta il 9 novembre al Miur la prima riunione del nuovo Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’intercultura. Rispetto al precedente Osservatorio nazionale istituito nel 2014, il nuovo organismo è stato insediato con una struttura rinnovata ed arricchito di nuove competenze.

Tra le innovazioni principali, la partecipazione al tavolo delle associazioni delle giovani e dei giovani di cittadinanza non italiana. Oggi le studentesse e gli studenti stranieri nelle nostre scuole sono oltre 800.000. Di questi, oltre il 55% è nato in Italia, si tratta delle cosiddette seconde generazioni.

Partecipano inoltre all’Osservatorio: tutte le Direzioni Generali del Ministero con competenze sui temi trattati; dirigenti scolastici di istituti a forte presenza di alunne e alunni stranieri; Istituti di ricerca e Associazioni nazionali che già collaborano con il Miur su accoglienza e integrazione; rappresentanti di altri Ministeri competenti con i quali sono in corso rilevanti attività progettuali, in particolare attraverso il Fondo Asilo Migrazioni Integrazione che si avvale di fondi europei.

Vengono poi istituiti due nuovi gruppi di lavoro: “Scuola nelle periferie urbane multiculturali” e “Revisione dei curricoli in prospettiva interculturale”. I nuovi gruppi si affiancano ai tre già esistenti: “Insegnamento dell’italiano come lingua seconda (L2) e plurilinguismo”; “Formazione del personale scolastico e istruzione degli adulti”; “Cittadinanza e nuove generazioni italiane”.

“L’aumento delle seconde generazioni di studentesse e studenti stranieri – dichiara la Ministra Valeria Fedeli -, l’aumento degli iscritti nelle scuole secondarie di secondo grado, la presenza sempre più rilevante di minori stranieri non accompagnati, la forte prevalenza di allieve e allievi stranieri, giovani e adulti, nei nuovi Centri provinciali di istruzione per adulti (CPIA) richiedono modalità didattiche e organizzative nuove”.

“Fanno parte dell’Osservatorio, non a caso, le giovani e i giovani rappresentanti di associazioni delle ‘nuove generazioni italiane’ – prosegue la Ministra -.  Per costruire comunità coese e forme di cittadinanza attiva e responsabile dobbiamo imparare a convivere, a condividere le esperienze, a rispettare i diritti di ciascuna persona. L’inclusione e l’integrazione delle studentesse e degli studenti stranieri non è quindi una questione di ‘ospitalità’. Va letta piuttosto come una sfida, ormai irrimandabile, di cittadinanza globale. Perché globali sono le società in cui oggi ci muoviamo e viviamo e lo saranno sempre più. Si tratta di un punto di vista culturalmente differente. Dobbiamo essere tutti consapevoli che la questione va affrontata in questi termini”.

“L’Osservatorio sarà uno strumento importantissimo per costruire un sistema di istruzione e formazione in cui studentesse e studenti, famiglie e comunità con storie diverse possono imparare a conoscere le diversità culturali e religiose, a superare le reciproche diffidenze, a sentirsi responsabili di un futuro comune. Non è un caso che abbiamo voluto inserirlo tra gli strumenti di attuazione del Piano di educazione al rispetto che ho fortemente voluto e che abbiamo presentato nei giorni scorsi a Roma. Un Piano che ci rende orgogliosi: il rispetto delle differenze – conclude la Ministra – è decisivo per contrastare violenze, discriminazioni e comportamenti aggressivi di ogni genere. Comportarsi e relazionarsi nel rispetto degli altri è fondamentale per realizzare quella parità sociale prevista dall’articolo 3 della Costituzione”.

ITS e Legge di Bilancio

ITS, 50 milioni in più per il triennio 2018-2020 per l’attivazione e lo sviluppo di nuovi corsi
Presentato il Documento della Cabina di regia per il coordinamento con le Lauree professionalizzanti
Toccafondi: “Sistema ITS valorizza e sperimenta le idee di eccellenza e originalità di studentesse e studenti”

Aumento progressivo del Fondo previsto per l’attivazione e lo sviluppo degli Istituti Tecnici Superiori (ITS) per il triennio 2018-2020, con una misura inserita nella Legge di Bilancio 2018 che stanzia per questo obiettivo 5 milioni in più nel 2018, 15 milioni in più nel 2019 e 30 nel 2020. Una maggiore armonizzazione dell’offerta formativa tra lauree professionalizzanti e ITS per creare un sistema di formazione professionale,  con due ambiti distinti ma dialoganti tra loro.

Sono le novità relative al Sistema degli ITS presentate il 9 novembre 2017 dal Sottosegretario Gabriele Toccafondi nel corso di una conferenza stampa, presso la Sala della Comunicazione del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, alla quale hanno preso parte anche Alessandro Mele, membro della Cabina di regia per il coordinamento del sistema di Istruzione Tecnica Superiore e delle lauree professionalizzanti, Vito Savino, Presidente ITS Agroalimentare Puglia, Giuseppe Cioffi, Presidente ITS Umbria, Massimiliano Guerrini, Presidente ITS Mita (Made in Italy Tuscany Academy) Firenze, e Angelo Candiani, Presidente ITS Mobilità Somma Lombardo (VA).

Complessivamente, la Legge di Bilancio 2018 prevede un aumento di 50 milioni di euro per gli ITS, spalmati sul triennio 2018-2020, per incrementare l’offerta formativa e il numero delle studentesse e degli studenti nei percorsi  con particolare riguardo per quelli che offrono competenze abilitanti all’utilizzo degli strumenti avanzati di innovazione tecnologica e legati all’industria 4.0. Alla formazione tecnica 4.0 è stata dedicata, negli anni scorsi, una sperimentazione finanziata con 800mila euro alla quale hanno aderito tutti e 93 gli ITS presenti sul territorio italiano.

Nel corso della conferenza stampa, sono stati presentati anche i contenuti del documento predisposto dalla Cabina di Regia per il coordinamento del sistema di Istruzione Tecnica Superiore e delle lauree professionalizzanti. Tra gli obiettivi da perseguire: l’incremento del numero di diplomate e diplomati negli ITS, il sostegno della formazione continua dei lavoratori, la promozione di percorsi di recupero degli abbandoni, il miglioramento del livello di formazione e del titolo di accesso alle professioni, l’accrescimento delle opportunità occupazionali. Nello specifico, alle università che organizzano corsi di laurea professionalizzanti, viene richiesto di predisporre percorsi di studio definiti a livello nazionale, di consentire alle studentesse e agli studenti una rapida qualificazione e abilitazione professionale e di creare partenariati con i collegi e gli ordini professionali. Gli ITS dovranno, invece, costruire percorsi formativi co-progettati con le imprese, rispondendo al fabbisogno del mercato del lavoro e ai territori di riferimento, e percorsi di 3 anni progettati e realizzati con le Università. L’accresciuta collaborazione tra ITS e lauree professionalizzanti si tradurrà anche nella possibilità per gli Atenei di organizzare percorsi formativi avvalendosi delle risorse umane, dei laboratori e delle altre dotazioni degli ITS. Mentre per le studentesse e gli studenti degli ITS che sceglieranno di iscriversi a un corsi di laurea professionalizzante, per acquisire un livello di competenze superiore o una specializzazione, sarà possibile ottenere Crediti Formativi Universitari (CFU) aggiuntivi.

“Con piena soddisfazione oggi possiamo presentare i risultati dell’impegno profuso per promuovere il sistema della formazione terziaria non universitaria  che ha consentito al sistema degli Istituti Tecnici Superiori di incrementare l’offerta formativa e potenziare lo sviluppo di quegli strumenti di innovazione tecnologica legati anche al processo Industria 4.0 che caratterizzano gli ITS – dichiara il Sottosegretario Gabriele Toccafondi – Uno dei frutti che il sistema degli ITS può dare al nostro Paese è quello di valorizzare e sperimentare le idee di eccellenza e originalità che le nostre studentesse e i nostri studenti hanno”.

OK A PASSAGGIO RUOLO PRIMARIA PER EDUCATORI

DECRETO CONSIGLIO DI STATO: OK A PASSAGGIO RUOLO PRIMARIA PER EDUCATORI
Il personale educativo che presta servizio nei convitti ha diritto a partecipare alle operazioni di mobilità per il passaggio in ruolo nella scuola primaria. A stabilirlo è il Consiglio di Stato che, con il decreto cautelare n. 4759/2017, ha accolto il ricorso presentato in appello dalla Gilda degli Insegnanti attraverso gli avvocati Michele Bonetti e Santi Delia riguardante il personale educativo abilitato con il concorso ordinario del 2000. 
Nel 2000 i ricorrenti avevano partecipato e superato il concorso ordinario, “lo stesso, per modalità e oggetto della selezione, di quello svolto contemporaneamente ma abilitante all’insegnamento nella primaria”, spiegano gli avvocati Bonetti e Delia. “Considerata l’affinità strutturale e concettuale dei due concorsi – proseguono i legali della Gilda – abbiamo ritenuto illegittima la decisione del Miur di escludere il personale educativo dalle procedure di mobilità”.
L’accoglimento con riserva da parte del Consiglio di Stato, che ammette i ricorrenti a partecipare alle procedura di mobilità, riforma la precedente ordinanza del Tar del Lazio che si era espressa in maniera contraria al ricorso.  
Tanta la soddisfazione degli Avv.ti Michele Bonetti e Santi Delia che, in collaborazione con la Gilda degli insegnanti, da anni si battono per la difesa dei diritti degli insegnanti e del personale  educativo.

DONNE IN GRAVIDANZA NEGATO ACCESSO A ABILITAZIONE

SCUOLA, DONNE IN GRAVIDANZA NEGATO ACCESSO A ABILITAZIONE
 
Roma 9 novembre 2017: “L’Italia non è un Paese per donne lavoratrici, neanche nel mondo della scuola. Prendiamo il caso dei decreti del Miur che regolano l’accesso ai corsi per l’abilitazione all’insegnamento e la specializzazione per il sostegno.  Per la frequenza a entrambi i percorsi non solo è previsto il pagamento di una tassa di iscrizione elevata ma per accedere all’esame di abilitazione è richiesto un alto tasso di frequenza obbligatoria. Nulla si dice sulle donne in congedo per maternità: alle future madri è negato di fatto il diritto all’abilitazione professionale. Future madri, quindi, per il Miur, future disoccupate. E’ ancor più grave che ciò accada sotto un Ministro dell’Istruzione che ha parole , e forse solo con quelle, vorrebbe tutelare le donne”.
 
A denunciarlo è il deputato del Movimento Cinque Stelle, Luigi Gallo, presentando un’interrogazione al ministro dell’Istruzione, Valeria Fedeli, a cui si chiede di “intervenire urgentemente per garantire pieni diritti alle donne che in stato di gravidanza non possono accedere, in assenza di specifiche norme, ai corsi di abilitazione all’insegnamento, assicurando loro la massima tutela dei diritti costituzionalmente garantiti in materia di maternità e di pari opportunità tra uomo e donna”.
 
“Voglio capire – continua Gallo –  come si pensa, in questo Paese, di invertire la tendenza che vede l’Italia al 49esimo posto trai paesi analizzati dal World Economic Forum rispetto all’indice di disparità di genere. Per l’Ocse, in Italia una donna su due non lavora e quasi la metà della popolazione femminile rinuncia a lavorare per occuparsi esclusivamente della propria famiglia. Al Sud la situazione è tragica, con picchi che in Regioni come la Sicilia dove solo il 27% delle donne lavora. Se i presupposti sono questi, se anche il mondo della formazione sbatte la porta in faccia alle donne in attesa di un bambino, siamo a pieno titolo in un sistema che alimenta l’arretratezza italiana”.

COME VOLEVASI DIMOSTRARE: ANCORA DIRIGENTI PEZZENTI!

COME VOLEVASI DIMOSTRARE: ANCORA DIRIGENTI PEZZENTI!

Caso mai avessimo avuto un residuo di dubbio sulla non-equiparazione retributiva, l’ultimo comunicato di FLC CGIL l’ha spazzato via.

Difatti, il proprietario della golden share nel granitico cartello formato con CISL/FSUR, UIL Scuola/RUA, SNALS Confsal è pronto – avendone i numeri – a sottoscrivere per la propria controparte datoriale il nuovo contratto 2016/18, dopo che con la sua mobilitazione ha reso disponibili nella legge di bilancio 2018 gli stanziamenti aggiuntivi per un recupero, sia pure parziale, e un avvicinamento alle altre dirigenze pubbliche.

Evidentemente, stimando i dirigenti delle istituzioni scolastiche degli idioti allo stadio terminale, rivendica poi l’ulteriore merito dell’essere state spalmate le risorse per la sola perequazione di posizione parte fissa su tre esercizi finanziari, di cui – e lo si dichiara tranquillamente! – solo il primo coprirà il triennio di validità del contratto 2016/18 in corso di rinnovo.

Dunque, vanno in cavalleria tutto il 2016 e tutto il 2017, oltre al secondo semestre 2015, che pure sarebbe coperto dalla sentenza della Corte costituzionale n. 178/15, laddove ha statuito l’illegittimità sopravvenuta della lunga moratoria negoziale di tremontiana-montiana memoria ed imposto l’obbligo di un contratto utile, di effettiva tutela della categoria di riferimento, che a parità di prestazioni dirigenziali assicuri parità di retribuzione dirigenziale.

Conseguenze, delle quali menare vanto: nulla per coloro che sono andati in pensione nel 2016 e nel 2017; qualche briciola per chi sarà collocato in quiescenza nel 2018; l’equiparazione della posizione di parte fissa dal 2020 per chi sarà rimasto in trincea. E neanche una parola sulla non meno sperequata retribuzione di posizione variabile e sulla sperequatissima retribuzione di risultato. Insomma, siamo usciti dalla riserva indiana dell’area quinta ma restiamo lo scarto della neo istituita area dirigenziale Istruzione-Università-Ricerca.

Dobbiamo però onestamente riconoscere la coerenza di chi ritiene che ciò sia più che bastevole, perché le ulteriori risorse aggiuntive che chiederà dovranno servire per l’equiparazione delle retribuzioni di tutti i lavoratori del comparto istruzione e ricerca a quelle europee, a partire dal personale della scuola, cioè del socio di, schiacciante, maggioranza.

Vorremmo però conoscere la posizione del sindacato dichiaratamente professionale nei suoi riferimenti culturali come nella sua azione, che proprio quest’anno celebra il trentennale della propria fondazione. Perché le versioni offerte alla discussione nell’imminente XI Congresso nazionale sono due, e non ci paiono proprio conciliabili.

Ritiene l’ANP che per la dirigenza qui e adesso…l’obiettivo della perequazione è la condizione minima per la nostra firma? E che non è disposta ad accettare niente di meno?

Oppure che, in considerazione del contesto sociale non favorevole e per il fatto che la categoria è percepita all’esterno in condizione di relativo privilegio rispetto alla generalità dei lavoratori dipendenti sarà bene prendere al volo il poco che c’è sul tavolo o perdere tutto?

Fuori dai denti, l’ANP andrà sempre a braccetto con gli esecrati sindacati generalisti di comparto, firmando per la quarta volta per un piatto di lenticchie?

Se è quest’ultima la versione autentica avrà compreso la ragione per cui l’unica altra organizzazione di dirigenti, solo da qualche mese approdata alla soglia minima di rappresentanza…ha fin dalle sue origini una vocazione alla contrapposizione pregiudiziale verso l’Anp.

Se invece rifiuterà di sottoscrivere un contratto delinquenziale potrà marciare insieme a DIRIGENTISCUOLA verso le aule dei tribunali della Repubblica – che non avranno più l’alibi delle diverse aree contrattuali nel respingere le istanze di equiparazione economica – e, occorrendo, verso la Corte europea dei diritti dell’uomo.

Ma deve dirlo subito e senza equivoci, sciogliendo una volta per tutte il suo storico comportamento ambiguo. Per un obbligo di verità verso settemila dirigenti scolastici e di rispetto dei propri soci.

Dall’infanzia alle superiori si sperimenta il primo soccorso

da La Stampa

Dall’infanzia alle superiori si sperimenta il primo soccorso

roma

Imparare a riconoscere le situazioni di pericolo e le circostanze che richiedono l’intervento di un adulto o dell’ambulanza, apprendere il funzionamento e l’utilizzo di un defibrillatore e imparare manovre di primo soccorso come il massaggio cardiaco, la disostruzione delle vie aeree e di primo soccorso nel trauma. Sono le principali nozioni che alunne e alunni, studentesse e studenti delle scuole italiane, dall’infanzia alla secondaria di II grado, acquisiranno partecipando al percorso formativo «Primo soccorso a scuola», realizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero della Salute, in collaborazione con il SIS 118 (Società italiana sistema 118). Il progetto, che attua il comma 10 dell’articolo 1della legge 107 del 2015, la Buona Scuola, partirà in via sperimentale il prossimo febbraio.

Il progetto è stato presentato al Miur dalla Ministra Valeria Fedeli, insieme a Mario Balzanelli, presidente della SIS 118 (Società italiana sistema 118), Francesco Fedele, presidente della Federazione italiana di cardiologia, Paolo Sciascia, dirigente dell’Ufficio III della direzione generale per lo studente del Miur, Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute.

«Primo soccorso a scuola» coinvolgerà le scuole di tredici province: Trieste, Padova, Sondrio, Savona, Macerata, Perugia, Pistoia, Latina, Campobasso, Salerno, Taranto, Vibo Valentia, Sassari. Per ciascuna provincia saranno selezionate 14 classi (1 classe della scuola dell’infanzia; 1 classe seconda e 2 classi quinte della scuola primaria; 2 classi prime e 2 classi seconde della scuola secondaria di primo grado; 2 classi seconde, 2 classi quarte e 2 classi quinte della scuola secondaria di secondo grado), per un totale di circa 4.500 studentesse e studenti, che saranno coinvolti in due mesi di corsi teorici e pratici.

Gli operatori del 118, delle società scientifiche e del volontariato realizzeranno i percorsi formativi nelle scuole insieme alle e agli insegnanti e ai dirigenti scolastici che potranno trovare tutte le informazioni utili, i materiali didattici, la presentazione della sperimentazione e uno spazio dedicato alle varie esperienze formative in un portale dedicato che presentato nel corso della conferenza stampa. Il portale andrà on line a gennaio.

Una cabina di regia nazionale sarà costituita con il compito di supervisionare e curare i materiali che saranno inseriti nel portale, per la compilazione dei quali saranno consultati esperti delle società scientifiche, del volontariato e dell’editoria di settore. Al termine della sperimentazione, prevista per la metà del mese di marzo 2018, e dopo la presentazione dei report territoriali ai componenti della cabina di regia, verrà definito il programma formativo per l’avvio del progetto nell’anno scolastico 2018/2019.

Altolà delle Regioni al decreto sugli organici docenti: il Miur chiarisca i criteri di riparto

da Il Sole 24 Ore

Altolà delle Regioni al decreto sugli organici docenti: il Miur chiarisca i criteri di riparto

di Claudio Tucci

Il ministero dell’Istruzione invia alla Conferenza unificata il decreto sugli organici docenti 2017/2018 e 2018/2019: l’organico triennale dell’autonomia 2017-2019 sale a 612.626 posti comuni (nel 2016-2019 erano 601.126) e 100.080 sul sostegno (erano 96.480 nel precedente triennio). La crescita è tutta legata ai 15.100 posti stabilizzati da organico di fatto in diritto, avvenuta prima dell’estate, dopo il via libera del ministero dell’Economia.

La posizione delle regioni
Dalle regioni è arrivato però un secco «No»: secondo i governatori il Miur «non ha ancora esplicitato i criteri di riparto che appaiono pertanto poco chiari e non condivisibili». Di qui il parere negativo trasmesso alla ministra Valeria Fedeli. Da quanto si apprende, le parti si incontreranno oggi pomeriggio. Non ci saranno comunque ripercussioni sulle cattedre di quest’anno. Il nodo riguarda essenzialmente i posti aggiuntivi, che sono finiti per incrementare l’organico di diritto.

Il decreto interministeriale sugli organici allega anche una tabella che indica i limiti massimi dell’adeguamento dell’organico triennale alle situazioni di fatto che può fare il dicastero di viale Trastevere: i posti, che potranno cioè essere creati e coperti da un supplente, sono fissati in 18.762.

Da Milano a Palermo la «classifica» delle migliori scuole che preparano al lavoro

da Il Sole 24 Ore

Da Milano a Palermo la «classifica» delle migliori scuole che preparano al lavoro

di Claudio Tucci

Le famiglie, da Milano a Palermo, alle prese da gennaio con l’iscrizione dei propri figli alle scuole superiori, da oggi, avranno uno strumento in più per fare la scelta giusta: è online, da questa mattina, la nuova edizione di Eduscopio della Fondazione Agnelli che, dopo l’esordio sperimentale nel 2014, adesso copre tutto il territorio nazionale: comune per comune viene analizzata infatti la qualità degli istituti italiani sulla base dei due principali “compiti educativi” (a cui dovrebbe tendere il nostro sistema d’istruzione secondario), vale a dire la capacità di licei, istituti tecnici e professionali a preparare (e perchè no, a orientare) i ragazzi a un successivo passaggio agli studi universitari o all’ingresso nel mondo del lavoro.

Il percorso, gratuito, sul portale è piuttosto semplice; e sono molte le informazioni che si possono ottenere (sono stati analizzati dati di circa 1,1 milioni di diplomati italiani – in tre successivi anni scolastici, il 2011/2012, il 2012/2013, il 2013/2014 – in più di 6mila scuole superiori).

Proviamo a fare qualche esempio? Se i genitori vivono a Milano, e vogliono far frequentare al figlio un istituto tecnico, il più adatto a un successivo impiego in azienda, ecco in pochi click una lista di scuole “selezionate” nel raggio di 10, 20, 30 km dalla propria casa, dal «Falcone Righi» di Corsico all’«Enrico Fermi» di Castellanza, al «Carlo dell’Acqua» di Legnano, solo per citarne alcuni. Tutti “plessi” che mostrano percentuali di diplomati occupati superiori al 60%; e per di più con mansioni abbastanza coerenti con il percorso di studi svolto in classe. Cliccando sulla singola scuola è possibile, poi, conoscere, anche, il tempo di attesa per il primo contratto “significativo” (all’istituto «Via Copernico» di Roma è 266 giorni); se l’impiego è stabile (o a termine), se si studia e lavora contemporaneamente, e addirittura quanto distante dalla propria abitazione è la “fabbrica” (al «San Paolo» di Sorrento, è un altro esempio, il tragitto medio entro il quale i diplomati hanno trovato lavoro è due Km).

Se si scende lungo lo Stivale, a Bari, il carnet di informazioni è identico: tra i migliori istituti tecnici, di entrambi i settori tecnologico ed economico, come riformati nel 2010 da Mariastella Gelmini, troviamo il «Galileo Ferraris» di Molfetta, il «Tommaso Fiore» di Modugno; il «Colamonico» di Acquaviva delle Fonti; tra i professionali “al top” spiccano invece il «Luigi Santarella» e l’«Ettore Majorana», entrambi di Bari.

La comparazione in Eduscopio tra le scuole che meglio preparano al lavoro è stata fatta utilizzando due fonti di dati: quelli provenienti dall’Anagrafe nazionale degli studenti (Miur) e le Comunicazioni obbligatorie (Co) del ministero del Lavoro, elaborati dal Crisp dell’università Milano Bicocca: «Quest’anno – ha spiegato Mario Mezzanzanica (università Milano Bicocca) – si sono potuti integrare i dati dei diplomati dei diversi percorsi scolastici nelle regioni italiane ottenendo informazioni uniche in merito all’ingresso nel mercato del lavoro dei giovani. A livello nazionale, a due anni dal conseguimento del diploma (2014), il 47% dei diplomati presso istituti tecnici e professionali ha un impiego».

Certo, come si può vedere anche dai grafici qui affianco, la situazione è diversa tra Nord, Centro e Sud del Paese; la fotografia, tuttavia, è, per la prima volta, completa: lo scorso anno gli esiti lavorativi dei diplomati riguardavano le scuole di sette regioni; oggi, tutte, con l’eccezione di Aosta e della provincia autonoma di Bolzano (i dati di Abruzzo, Molise, Calabria e Sicilia verranno caricati sul portale entro fine novembre).

Dall’occupazione all’università il passo è breve. Ma le informazioni per le famiglie sono ugualmente tante. In questa sezione si considerano licei e istituti tecnici (questi ultimi, nonostante il loro chiaro intento professionalizzante, sono stati inseriti perchè mostrano una discreta percentuale di diplomati, in media uno su tre, che preferisce la prosecuzione degli studi piuttosto che l’ingresso immediato nel mercato del lavoro). Sono stati, poi, scelti “plessi” che mandano all’università un congruo numero di ragazzi (almeno uno su tre); e per evitare che il risultato complessivo dipenda dalla performance di pochi alunni particolarmente brillanti o carenti, la lente è stata focalizzata solo su istituti che per almeno un indirizzo di studio mandino negli atenei non meno di 21 ragazzi nell’arco del triennio esaminato. Il monitoraggio è stato così circoscritto a più di 700mila alunni nei loro percorsi accademici al primo anno da immatricolati (la qualità delle scuole di provenienza è stata tratta a partire dal numero di esami superati e dalla media voto ottenuta ed è espressa nell’«Indice FGA», l’indicatore pesa al 50% la velocità del percorso di studi e la qualità degli apprendimenti universitari ).

Alla luce di tutto ciò, per tornare ai nostri esempi, a Firenze, se la scelta di famiglia e studente cade su un liceo classico, nel raggio di 30 Km, Eduscopio evidenzia il «Dante Alighieri», il «Niccolò Machiavelli», il «Marsilio Ficino»; a Bologna, se si opta per uno scientifico, sempre nel raggio di 30 Km, spiccano il «Niccolò Copernico», il «Luigi Galvani», l’«Augusto Righi».

«Eduscopio è diventato in questi quattro anni un riferimento per le famiglie – commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli –. Lo dimostrano i circa 800mila utenti unici che hanno a oggi visitato il portale, con un incremento medio annuo del 17%, e le 3,5 milioni di pagine consultate. Lo strumento è utile perché consente di comparare la qualità delle scuole dell’indirizzo di studio che interessa allo studente nell’area dove risiede. Ha successo perché le informazioni che contiene sono frutto di analisi oggettive e affidabili: aiuta chi non si accontenta del “passa parola” e, in modo particolare, quelle famiglie che non possono contare su reti sociali e culturali forti».

Concorso IRC, il 14 novembre incontro al Miur

da La Tecnica della Scuola

Concorso IRC, il 14 novembre incontro al Miur

Contratto scuola, quanto è costato il blocco ai lavoratori della scuola?

da La Tecnica della Scuola

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Pensione ai superstiti per figli studenti: le indicazioni dell’Inps

da La Tecnica della Scuola

Pensione ai superstiti per figli studenti: le indicazioni dell’Inps

La docente con figli piccoli deve avere l’assegnazione temporanea

da La Tecnica della Scuola

La docente con figli piccoli deve avere l’assegnazione temporanea

Obbligo scolastico: dopo le elementari, non mandare i figli a scuola non è reato

da Tuttoscuola

Obbligo scolastico: dopo le elementari, non mandare i figli a scuola non è reato

Non mandi tuo figlio a scuola? Non è reato, a patto che lui frequenti dalle scuole medie in su. A stabilirlo è la Terza sezione penale della Corte di Cassazione, con buona pace della Legge che obbliga a frequentare la scuola per almeno dodici anni. Perché, a quanto pare, questa legge troverebbe applicazione solo nella scuola primaria. La disposizione in questione è prevista dal Decreto ministeriale del 22/8/07 n. 139, art.1 attuativo delle disposizioni indicate all’art.1 comma 622 della L. 27/12/06. Per chi non manda i propri figli a scuola alle medie e al biennio delle scuole superiori, non esistono norme a punirli.

La sentenza della Corte di Cassazione, arrivata accogliendo il ricorso del Pg della Corte di Appello di Salerno contro il proscioglimento per prescrizione di due genitori delle Filippine che non mandavano a scuola il figlio minore, è stata depositata lo scorso 7 novembre. Con l’entrata in vigore della legge 212 del 2010 che ha abrogato alcune disposizioni prima vigenti, i giudici hanno fatto notare che «è venuta meno la previsione che consentiva di estendere l’ambito applicativo dell’art. 731 cp – che punisce i genitori che non ottemperano all’obbligo di far istruire i figli – anche alla violazione dell’obbligo scolastico della scuola media inferiore».

«Attualmente, dunque – scrive la Corte – la riforma del 2003 stabilisce l’obbligo scolastico per almeno dodici anni a partire dalla iscrizione alla prima classe della scuola primaria (già scuola elementare) o, comunque, sino al conseguimento di una qualifica di durata almeno triennale entro il diciottesimo anno di età; e, tuttavia, nessuna norma penale punisce l’inosservanza dell’obbligo scolastico della scuola media anche inferiore».

Primo soccorso: da febbraio si insegnerà a scuola

da Tuttoscuola

Primo soccorso: da febbraio si insegnerà a scuola

Imparare a riconoscere le situazioni di pericolo e le circostanze che richiedono l’intervento di un adulto o dell’ambulanza, apprendere il funzionamento e l’utilizzo di un defibrillatore e imparare manovre di primo soccorso come il massaggio cardiaco, la disostruzione delle vie aeree e di primo soccorso nel trauma. Sono le principali nozioni che alunne e alunni, studentesse e studenti delle scuole italiane, dall’infanzia alla secondaria di II grado, acquisiranno partecipando al percorso formativo “Primo soccorso a scuola”, realizzato dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e dal Ministero della Salute, in collaborazione con il SIS 118 (Società italiana sistema 118). Il progetto, che attua il comma 10 dell’articolo 1della legge 107 del 2015, la “Buona Scuola”, partirà in via sperimentale il prossimo febbraio. Ne dà notizia il Miur attraverso un comunicato.

Il progetto è stato presentato lo scorso 7 novembre al Miur dalla ministra  dell’Istruzione, Valeria Fedeli, insieme a Mario Balzanelli, presidente della SIS 118 (Società italiana sistema 118), Francesco Fedele, presidente della Federazione italiana di cardiologia, Paolo Sciascia, dirigente dell’Ufficio III della direzione generale per lo studente del Miur, Andrea Urbani, direttore generale della Programmazione sanitaria del Ministero della Salute. A moderare l’evento, il giornalista Rai e conduttore di Unomattina, Franco Di Mare. La ministra della Salute, Beatrice Lorenzin, non potendo essere presente ha inviato un messaggio.

Il progetto “Primo soccorso a scuola” coinvolgerà le scuole di tredici province: Trieste, Padova, Sondrio, Savona, Macerata, Perugia, Pistoia, Latina, Campobasso, Salerno, Taranto, Vibo Valentia, Sassari. Per ciascuna provincia saranno selezionate 14 classi (1 classe della scuola dell’infanzia; 1 classe seconda e 2 classi quinte della scuola primaria; 2 classi prime e 2 classi seconde della scuola secondaria di primo grado; 2 classi seconde, 2 classi quarte e 2 classi quinte della scuola secondaria di secondo grado), per un totale di circa 4.500 studentesse e studenti, che saranno coinvolti in due mesi di corsi teorici e pratici. Gli operatori del 118, delle società scientifiche e del volontariato realizzeranno i percorsi formativi nelle scuole insieme alle e agli insegnanti e ai dirigenti scolastici che potranno trovare tutte le informazioni utili, i materiali didattici, la presentazione della sperimentazione e uno spazio dedicato alle varie esperienze formative in un portale dedicato presentato nel corso della conferenza stampa e che sarà on line a gennaio. Sarà costituita una cabina di regia nazionale con il compito di supervisionare e curare i materiali che saranno inseriti nel portale, per la compilazione dei quali saranno consultati esperti delle società scientifiche, del volontariato e dell’editoria di settore. Al termine della sperimentazione, prevista per la metà del mese di marzo 2018, e dopo la presentazione dei report territoriali ai componenti della cabina di regia, verrà definito il programma formativo per l’avvio del progetto nell’anno scolastico 2018/2019.

«Con il progetto ‘Primo soccorso a scuola’ – ha dichiarato Valeria Fedeli – diamo attuazione a un comma fondamentale della Legge 107 che rivolge un’attenzione specifica alle tecniche di primo soccorso, affinché vengano insegnate in tutte le nostre scuole. Partiamo quest’anno con una sperimentazione, per poi portare il progetto in tutte le istituzioni scolastiche italiane a partire dall’anno scolastico 2018/2019. Imparare a riconoscere le situazioni di emergenza e di pericolo, saper assistere una persona in difficoltà nell’attesa che arrivino i soccorsi è fondamentale. Anche questi sono strumenti per una cittadinanza attiva e consapevole, per rafforzare nelle nostre giovani e nei nostri giovani la capacità e la volontà di partecipare alla costruzione e al miglioramento di una società più attiva e solidale».

«La conoscenza delle tecniche di Primo Soccorso può salvare innumerevoli vite – ha ricordato la ministra Lorenzin nel messaggio inviato a Fedeli e ai partecipanti alla conferenza stampa – Portare questa conoscenza all’interno degli istituti scolastici significa sviluppare tra i giovani una cultura del primo soccorso per renderli consapevoli che le proprie capacità ed i propri comportamenti possono fare la differenza. In tal modo sarà possibile incrementare sensibilmente la cultura della sicurezza e l’efficacia degli interventi in emergenza: rappresenta una maniera concreta affinché il rischio che si verifichino eventi drammatici, facilmente evitabili, si riduca drasticamente».