Ma il docente può essere rappresentante di classe?

Ma il docente può essere rappresentante di classe?

di Cinzia Olivieri

Le operazioni per le elezioni annuali dei consigli di classe, interclasse ed intersezione nonché di quelli di istituto giunti a scadenza restano disciplinate dall’OM 215/91, precedente all’autonomia scolastica, che, sebbene modificata successivamente dall’OM 267/95 e dall’OM 277/98, necessiterebbe di opportuno adeguamento e chiarimento.

Tra le disposizioni controverse l’art. 16, in materia di incompatibilità, il cui comma 2 dispone: “Gli elettori che facciano parte di più componenti (es. docente genitore di un alunno) esercitano l’elettorato attivo e passivo per tutte le componenti a cui partecipano”.

Dunque il presupposto generale è che il docente o l’ATA che sia anche genitore di un alunno può votare, candidarsi ed essere potenzialmente eletto per tutte le componenti di cui fa parte.

Tale principio, come innanzi espresso, non distingue tra consigli di classe/interclasse/intersezione o di istituto nonostante le differenze. Ad esempio mentre per le elezioni del consiglio di istituto si adotta il sistema delle liste contrapposte, composte da un numero massimo di candidati che rappresenteranno quella componente nell’organo, ed è unico per l’intera scuola, le elezioni dei rappresentanti dei genitori e degli alunni nei consigli di classe, interclasse e intersezione “hanno luogo per ciascuna componente sulla base di una unica lista comprendente tutti gli elettori in ordine alfabetico” di quella classe/sezione (art. 22 comma 7) che appartengono alla sola componente genitori/studenti. Inoltre in ogni scuola vi sono tanti rappresentanti per quante classi/sezioni e tutti i genitori/alunni della classe sono elettori, eleggibili e candidati. I rappresentanti in consiglio di istituto sono nel numero determinato dalla legge, eletti dall’intero istituto tra i candidati in lista.

Si evidenzia altresì:

a) nei consigli di classe, interclasse ed intersezione le uniche componenti elettive sono quelle dei genitori e degli studenti (nel secondo grado). I docenti ne fanno parte di diritto e l’appartenenza contemporanea alla doppia componente si realizza solo con riferimento a quella classe/sezione in cui il docente è anche genitore. Cioè si può essere contemporaneamente genitore eleggibile e docente nel consiglio della classe/sezione dove è iscritto il proprio figlio (per quanto in tal caso sorgono problematiche di altro tipo);

b) ai consigli  di classe, interclasse ed intersezione non partecipa il personale ATA che quindi non costituisce una componente eleggibile nel suo seno;

c) in consiglio di istituto invece tutte le componenti: genitori, docenti, ATA e nel secondo grado studenti,  esercitano l’elettorato attivo e passivo e l’appartenenza alle componenti si valuta con riferimento all’intero istituto. Solo il dirigente è membro di diritto.

Prosegue il comma 3: “Gli elettori suddetti che siano stati eletti in rappresentanza di più componenti nello stesso organo collegiale, devono optare per una delle rappresentanze”.

Dunque se si è eletti per più componenti (docenti/genitori;  ata/genitori) nell’ambito dello stesso organo collegiale (consiglio di classe/interclasse/intersezione o di istituto) occorre optare per una delle due cariche.

A prescindere dalle ragioni di inopportunità collegate alla contemporanea partecipazione a componenti diverse e potenzialmente contrapposte nell’ambito di un unico organismo, la necessità di opzione, che spetta all’eletto, è motivata dall’ovvia circostanza che non è ipotizzabile un organismo in cui un solo membro rappresenti due componenti diverse, voti per due ed occupi da solo due posti, anche con tutti i possibili effetti per il calcolo dei quorum.

Abbiamo visto però che nel consiglio di classe, interclasse ed intersezione si può essere eletti solo per la  componente genitori/studenti perché i docenti sono membri di diritto (come il dirigente) ma la predetta disposizione parla genericamente e senza distinzione di “stesso organo collegiale”.

Tuttavia soltanto nel consiglio di istituto è possibile essere “eletti” per più componenti, in quanto appunto nei consigli di classe, interclasse ed intersezione non partecipa il personale ATA e la componente docente non costituisce una categoria di eleggibili.

Inoltre la precisazione del secondo capoverso: “Tuttavia il candidato eletto in più consigli di circolo e di istituto anche se per la stessa componente non deve presentare opzione e fa parte di entrambi i consigli”, oltre che apparire superflua, determina dubbi sulla corretta interpretazione dell’espressione “stesso organo collegiale”, lasciando peraltro irrisolta  la questione relativa ai consigli di classe, interclasse ed intersezione.

Infatti non si può dubitare sulla possibilità di far parte di più consigli di istituto in scuole diverse, giacché ogni scuola ha il suo consiglio e non è lo “stesso” consiglio. Sono organi collegiali diversi  appartenenti a scuole diverse.

Sempre ragionando per assurdo non solo le istituzioni scolastiche sarebbero costrette a verifiche impossibili, impensabili ed estremamente onerose laddove dovessero accertare l’eventuale carica posseduta in organi collegiali di istituti diversi ma non si comprenderebbe la ragione di tale incompatibilità.

Del resto l’appartenenza all’elettorato si valuta rispetto alla stessa classe/sezione (per il consiglio di classe, interclasse, intersezione) ovvero alla stessa scuola (per il consiglio di istituto). Infatti gli elenchi degli elettori sono formati con riferimento agli iscritti (alla classe/sezione/scuola) ovvero a coloro che prestano servizio nella istituzione scolastica (art. 27).

Inoltre mentre “I genitori di più alunni iscritti a classi diverse dello stesso circolo o istituto votano una sola volta per il consiglio di circolo o istituto” (art. 27 comma 8), per i consigli di classe/sezione il genitore che ha più figli iscritti in una scuola è incluso negli elenchi ed esercita l’elettorato attivo e passivo in ciascuna classe/interclasse/intersezione.

In assenza di una espressa incompatibilità deve ritenersi possibile essere eletti in più consigli di classe/interclasse/intersezione nell’ambito della stessa scuola (salvo porsi questioni di opportunità organizzativa ad esempio laddove i consigli si svolgano alla stessa ora con conseguente impossibilità di essere contemporaneamente presente) ed a maggior ragione in istituti diversi. La norma non prevede l’esercizio di ulteriori opzioni né si comprenderebbero le ragioni di una tale interdizione.

Il comma 4 non può essere interpretato che alla luce di quanto precede: “I docenti in ogni caso devono rinunciare all’eventuale carica elettiva, ottenuta come appartenenti alla componente genitori, in seno ai consigli di interclasse e di classe e ai consigli di intersezione”.

Come si è detto l’incompatibilità deve valutarsi nell’ambito dello “stesso” organo collegiale e cioè con riferimento a quella classe/sezione in cui il genitore/docente è inserito nell’elenco degli elettori.

L’espressione “in ogni caso” deve essere intesa quindi  come assenza di possibilità di opzione per l’ovvia ragione che il docente è membro di diritto del consiglio di quella classe/sezione e non può che parteciparvi con quel ruolo né gli è possibile rinunciarvi e non quale divieto per un docente di  essere eletto come genitore in classi diverse dalla propria nella stessa scuola, altrimenti sarebbe contraddetto l’assunto di partenza. In sintesi il docente non può esercitare opzione, non ha possibilità di scelta.

Non vi è ragione plausibile (se non magari di opportunità organizzativa – pensiamo a consigli che si svolgano allo stesso orario ed in cui sia contemporaneamente richiesta nell’uno la presenza come docente e nell’altro come genitore – e di salvaguardia dei rapporti interni) di vietare ad un docente in quanto tale di poter essere eletto come genitore in una classe in cui non presta servizio, altrimenti di fatto non potrebbe mai partecipare alle elezioni come rappresentante di classe per la componente genitori. In pratica il docente/genitore non potrebbe mai ricoprire il ruolo di rappresentante di classe/sezione in quella scuola (se non addirittura in ogni istituto se intendiamo in senso assoluto l’espressione “in ogni caso”). Una simile incompatibilità, tanto pregnante ed assoluta, dovrebbe essere inequivocabilmente espressa.

Dunque, si ribadisce, solo nella propria classe i docenti devono rinunciare alla carica elettiva.

La norma ovviamente nulla dice a riguardo del dirigente genitore di uno studente nell’ambito della stessa scuola da questi diretta, in quanto è evidente che quale membro di diritto dell’organo collegiale non si pone mai ed in nessun caso la possibilità di scelta, ma nulla gli impedirebbe di acquisire questo ruolo in altra scuola.

Quanto al comma 5 “Il docente con incarico di presidenza sostituisce il preside anche negli organi collegiali; egli non può esercitare, pertanto, l’elettorato attivo e passivo nelle elezioni dei rappresentanti dei docenti negli organi collegiali. Il docente eletto nel consiglio di istituto decade dalla carica qualora sia successivamente nominato preside incaricato”, esso deve ritenersi anacronistico e superato con il venir meno della figura del “preside” e quindi del “docente con incarico di presidenza”. Oggi, infatti, ai sensi dell’art. 25, comma 5, del DLGS n.165/2001, “il dirigente scolastico può avvalersi, nello svolgimento delle proprie funzioni organizzative ed amministrative, di docenti da lui individuati ai quali possono essere delegati specifici compiti” che, per l’art. 34 del CCNL sono “riferibili a due unità di personale docente”. In quanto “collaboratori” e non più “sostituti” viene meno la predetta incompatibilità. Per la verità, in considerazione delle attuali responsabilità connesse alla sua qualifica, la presenza del dirigente alle riunioni del consiglio di istituto appare imprescindibile (oltre che non sostituibile).

Poiché non sembra imminente una riforma degli organi collegiali, sarebbe auspicabile una modifica dell’ordinanza che tenga anche conto degli istituti omnicomprensivi, dove ancora ad oggi opera il commissario straordinario e manca il consiglio di istituto.

Un rituale stanco

Un rituale stanco

di Maurizio Tiriticco

Copio da “Il Messaggero” di oggi, 26 gennaio: “Didattica alternativa, danni dal ’68 ad oggi. Comunque la si giri, la storia della quindicenne in coma etilico a scuola produce un doppio effetto: un po’ di rabbia, un po’ di depressione”, di Maria Latella. Si tratta di un articolo interessante, che suggerisco! Nel ’68 l’occupazione delle scuole (dei padroni, così si diceva) aveva un senso! E ciò avveniva anche a Parigi, a Berkeley e in Cina (il libretto rosso di Mao agitato dagli studenti; e gli studenti maoisti erano anche qui da noi)! Ma oggi le occupazioni e le cosiddette autogestioni sono stanchi rituali in cui solo in casi rari gli studenti costruiscono qualcosa di nuovo e di positivo! Allora gli insegnanti erano i “nemici”! Oggi gli insegnanti nella maggioranza dei casi sono solo i “mal sopportati”! E ciò accade in una scuola stanca – alludo soprattutto al secondo ciclo di istruzione – in cui si celebrano rituali altrettanto stanchi e spesso inutili!

Mah! Occorrerebbe ripensare ex novo al ruolo della scuola qui ed oggi, in una società in cui si sono verificati cambiamenti epocali, nella ricerca, nel lavoro, nelle TIC, nonché negli atteggiamenti e nei comportamenti delle nuove generazioni soprattutto! Ma la nostra scuola che fa? Nulla! Anzi, la legge 107 la inchioda a rituali che irrigidiscono la scuola di sempre! E non innova nulla! Perché, allora, non aprire un ampio dibattito nel Paese sul ruolo dell’apprendere oggi, e, soprattutto, del “cosa”, del “come” e del “perché” apprendere, da parte delle nuove generazioni? Prima viene l’apprendimento, e la scuola deve essergli funzionale! Invece da noi avviene il contrario! L’apprendimento deve essere funzionale alla scuola proposta ed “imposta” dal Miur! Comunque e purtroppo la nostra scuola è sempre la stessa, quella che conosciamo da sempre, quella delle tre C, Classe, Cattedra, Campanella! Ma questa scuola, così organizzata, è in grado di sollecitare realmente processi di apprendimento? E, soprattutto, è in grado di sollecitare conoscenze, capacità/abilità e l’araba fenice delle competenze? Lo so! Non abbiamo più programmi ministeriali! Abbiamo Indicazioni nazionali e Linee guida! Ma in effetti sono “lette” ed “agite” come i programmi  di un tempo! Discutiamo di queste cose, ma… dubito che il nostro Miur e la nostra Ministra siano all’altezza della situazione!

I nostri ragazzi, qui e in questo periodo storico, maturano presto e a 19 anni “suonati”… 19, già maggiorenni, sono tenuti – per non dire costretti – ad affrontare un esame che stancamente molti insistono a chiamare di MATURITA’, nonostante la legge 425 del 1997 – sono trascorsi 21 anni – relativa alla “riforma degli esami di Stato conclusivi dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore”, abbia introdotto per la prima volta nel nostro sistema di istruzione il termine e il concetto di COMPETENZA. Infatti all’articolo 6 leggiamo testualmente: “Il rilascio e il contenuto delle certificazioni di promozione, di idoneità e di superamento dell’esame di Stato sono ridisciplinati in armonia con le nuove disposizioni, al fine di dare trasparenza alle COMPETENZE, conoscenze e capacità acquisite secondo il piano di studi seguito, tenendo conto delle esigenze di circolazione dei titoli di studio nell’ambito dell’Unione europea”.

Ma, dopo oltre vent’anni, i nostri esami di Stato verificano veramente e, soprattutto, sono in grado di certificare le COMPETENZE che uno studente ha conseguito alla fine di un percorso di istruzione della durata di ben tredici anni? Tredici anni sono tanti! E scrivere il minor numero di sciocchezze possibile in un italiano grammaticalmente corretto (fonologia, morfologia e sintassi) non dovrebbe essere un obiettivo impossibile! Anche in considerazione del fatto che, in materia di COMPETENZE, ora legifera – se così si può dire – anche l’Unione Europea! E le “competenze di cittadinanza” – che di fatto implicano anche competenze culturali di base – sono richieste a tutti gli studenti/cittadini dell’Unione, dal Portogallo alla Polonia.

Non so, ma in effetti agli esami finali – di maturità, come si insiste nel definirli: e lo stesso Miur ha pubblicato le “materie affidate ai commissari esterni maturità 2017” – il candidato alle prove orali “passa” da un commissario all’altro, nonostante la norma preveda un colloquio pluridisciplinare! Ma il fatto è che un colloquio pluridisciplinare non si improvvisa, va pensato e predisposto! Soprattutto se è finalizzato ad accertare se il candidato abbia acquisito COMPETENZE che, com’è noto, sono pluridisciplinari (se non anche multidisciplinari, se non addirittura transdisciplinari) Purtroppo, è molto più facile…e comodo che il candidato “passi” con la sua seggiola da un commissario all’altro! E i commissari non impegnati nel migliore dei casi si limitano ad ascoltare! Nel peggiore, chiacchierano per i fatti loro! Sono cattivello, lo so! E vorrei essere smentito!

La seconda annualità della formazione dei docenti

La seconda annualità della formazione dei docenti
Il cammino intrapreso, scenari e prospettive

di Cristina Gazzieri

 

Nel mese di dicembre 2017 le scuole polo per la formazione d’ambito hanno ricevuto i finanziamenti per la seconda annualità della formazione docenti[1]. I finanziamenti sono stati preceduti  dalla nota MIUR 8.11.2017[2] che ha dato nuove indicazioni per la progettazione dei corsi. Innanzitutto viene segnalata l’opportunità di “attribuire grande importanza ai seguenti obiettivi”:

  • dare il giusto spazio ai bisogni formativi delle scuole;
  • comprendere, per quanto possibile, i bisogni formativi dei singoli docenti;
  • favorire il ricorso ad attività di ricerca didattica e formazione sul campo promuovendo esperienze innovative e limitando trattazioni astratte e lezione frontale;
  • coinvolgere strutture universitarie, associazioni professionali, enti o soggetti qualificati accreditati.

Le indicazioni non sono nuove, ricalcano sostanzialmente quanto già  precisato nel Piano Nazionale di Formazione Docenti 2016-2019, ma i punti evidenziati nella nota di novembre sottolineano le criticità emerse dal primo anno di esperienza dei corsi di formazione d’ambito.

Il primo punto: “dare il giusto spazio ai bisogni formativi delle scuole”, in particolare, è una sottolineatura che corrisponde ad una reale difficoltà. Nello scorso anno scolastico le scuole polo si sono trovate a dover, in breve tempo, raccogliere i bisogni formativi degli Istituti afferenti all’ambito, sintetizzarli e organizzare corsi  per tutte le scuole. Nello sforzo organizzativo necessario per far partire diversi corsi, soprattutto nelle regioni in cui gran parte dei Dirigenti Scolastici sono gravati dal peso di una reggenza, non è stato facile tener presente le istanze di ogni singolo istituto, tantomeno di ogni singolo docente. Inoltre, benché la normativa preveda che la scuola polo possa finanziare singoli istituti perché organizzino autonomamente corsi di particolare interesse per i docenti di quella scuola,  la complessità della rendicontazione che chiede il visto del revisore dei conti della scuola polo sull’operato della scuola  organizzatrice ha scoraggiato la maggior parte delle scuole capofila di rete dal realizzare tale eventualità. Quindi, in molti ambiti, non è stato possibile dare risposta ai molteplici bisogni formativi espressi dai docenti né sarà facile farlo quest’anno, anche se Il MIUR si è impegnato a semplificare le modalità di rendicontazione dei progetti.

La seconda sottolineatura: “favorire il ricorso ad attività di ricerca didattica e formazione sul campo promuovendo esperienze innovative e limitando trattazioni astratte e lezione frontale”, invece, affronta uno dei temi centrali della L. 107/2015, che riprende a sua volta lo spirito delle “Indicazioni Nazionali” del 2012, ossia la necessità di svincolare le lezioni scolastiche da modalità di semplice trasmissione di nozioni per promuovere, al contrario, lo sviluppo di competenze, di un sapere agito, tramite una didattica attiva, laboratoriale e tramite il superamento dei limiti della scansione oraria settimanale standard e della tradizionale articolazione del gruppo classe. In questa direzione sono andati molti corsi di formazione per i docenti dello scorso anno che hanno presentato: la didattica capovolta, il cooperative learning, la creazione di classi virtuali su piattaforme didattiche, la robotica, il coding, il digital story telling e diverse nuove interessanti approcci didattici che, però, sono ancora ben lontani dall’essere entrati a far parte delle prassi didattiche di tutti i giorni e su cui sarà necessario continuare a riflettere per rinnovare veramente le modalità di lavoro in classe.

Il terzo punto: “coinvolgere strutture universitarie, associazioni professionali, enti o soggetti qualificati accreditati” è quanto mai attuale. I docenti di frequente avvertono il bisogno di ricevere una formazione qualificata più aperta, che provenga dal mondo universitario o, soprattutto per gli istituti tecnici e professionali, dal mondo produttivo. Sono, però, necessarie convenzioni a livello degli Uffici Scolastici Regionali che avvicinino queste realtà e resta il vincolo degli ormai inadeguati compensi per attività di docenza relativi ad iniziative di formazione fissati dal Decreto Interministeriale 12 ottobre 1995 n. 326, che non sono certo più proponibili a docenti universitari o a specialisti del mondo delle professioni.

La nota MIUR 8.11.2017 prosegue precisando “In ogni ambito dovranno essere assicurate iniziative formative relative a:

  • il tema delle competenze e connesse didattiche innovative
  • il tema della valutazione degli apprendimenti (in particolare: riferimento a valutazione formativa, nuovo ruolo delle prove Invalsi, certificazione delle competenze, nuovi esami di Stato I ciclo)
  • alternanza scuola lavoro
  • autonomia, organico di potenziamento, modelli organizzativi flessibili.

Alle azioni sulle lingue dovrà essere riservata una quota delle risorse disponibili a livello di ciascun ambito territoriale in funzione dei bisogni territoriali”

Ulteriori temi opportuni:

  • integrazione culturale, cittadinanza globale, sostenibilità;
  • inclusione e disabilità;
  • insuccesso scolastico, contrasto alla dispersione;
  • cultura artistica e musicale (D. Lgs 60/2017) almeno un laboratorio ogni ambito e “almeno due iniziative formative rivolte ai docenti di scuola dell’infanzia statale aperti anche a docenti ed educatori di altri comparti educativi, sui temi dell’infanzia.”
  • Indicazioni specifiche per la formazione sui temi dell’inclusione e assegnazione fondi nazionali per l’inclusione [3]

La nota si sofferma anche sulla necessità di inserire le iniziative formative di tutte le scuole nella piattaforma S.O.F.I.A.[4]( MIUR.AOODGPER.REGISTRO UFFICIALE(U).0022272.19-05-2017Sistema Operativo per la Formazione e le Iniziative di Aggiornamento dei docenti), attiva da maggio 2017 e il cui scopo è sia di raccogliere tutte le proposte formative delle scuole per dar modo ai docenti di selezionare i corsi più rispondenti ai loro bisogni (e agevolare, quindi, la soddisfazione dei bisogni formativi di tutti i docenti) sia di costruire un portfolio professionale che raccolga l’elenco dei percorsi di formazione svolti da ogni insegnante costituendone una vera e propria “storia formativa” a cui saranno aggiunti, in seguito, gli ulteriori aspetti dell’anagrafe della professionalità, del bilancio di competenze e degli ulteriori elementi di documentazione della propria attività didattica. Il portfolio così formato, potrà, forse, diventare uno strumento funzionale anche alla “chiamata diretta” dei docenti dagli ambiti territoriali o ai Dirigenti Scolastici per una miglior conoscenza e utilizzo dei docenti a seconda delle loro esperienze o formazione.

Nella nota viene, poi, anticipata un’azione di monitoraggio qualitativo che verrà svolta in in almeno 3 ambiti territoriali e sarà realizzata da staff regionali per la formazione che prenderanno contatto con i Dirigenti Scolastici degli ambiti oggetto di monitoraggio per approfondire le dinamiche formative messe in atto e organizzeranno focus group con rappresentanze di insegnanti e formatori per verificare la rispondenza e la qualità delle azioni realizzate.

Infine, nel documento della nota Miur si informa che è sono stati istituiti 3 gruppi di lavoro (“dirigenti ispettori” (sic!), DS, docenti, prof. universitari, esperti di formazione, rappresentanti delle fondazioni ASTRID, Agnelli e Compagnia S. Paolo) dalla Direzione Generale per il Personale per fornire al MIUR proposte rispetto a:

1 – standard di qualità delle iniziative formative

2 – standard professionali dei docenti

3 – documentazione a corredo della formazione (Portfolio e curricolo formativo)

I primi esiti sono stati resi noti in occasione degli incontri interregionali organizzati nel mese di dicembre; per il Nord a Milano il 14 dicembre 2017, il dott. Giancarlo Cerini, già Dirigente Tecnico MIUR, rispetto agli “standard di qualità delle iniziative formative” ha presentato come indicatori di qualità: le unità formative, i crediti, i formatori, la governance e gli aspetti amministrativi; evidenziando, fra l’altro, gli aspetti del sistema da implementare: l’attribuzione di crediti spendibili per i docenti destinatari di azioni di formazione e la certificazione delle competenze acquisite, la necessità di figure professionali nel campo della progettazione della formazione e di un significativo monitoraggio qualitativo della formazione.

Riguardo agli esiti del lavoro del secondo gruppo tecnico-scientifico sugli standard professionali il dottor Cerini ha indicato come standard:

  • le conoscenze culturali e disciplinari
  • le conoscenze didattico metodologiche e di gestione delle relazioni e degli ambienti di apprendimento
  • gli aspetti istituzionali e sociali della professione
  • lo sviluppo e la cura della professionalità in termini di formazione e di esperienze
  • l’organizzazione scolastica e il lavoro collaborativo.

Sono definite, poi, tre fasi in cui il docente si può collocare: un livello iniziale, un livello base e un livello esperto.

I primi esiti del lavoro del terzo gruppo, in occasione dell’incontro interregionale sulla formazione docenti di Milano del 14 dicembre 2017 sono stati presentati dalla dottoressa Maria Chiara Pettenati, Dirigente di Ricerca Indire, area formazione, che ha presentato il portfolio del docente come un dossier che fornisce una sintesi delle esperienze e delle competenze professionali dell’insegnante anche in funzione della valutazione esterna, di opportunità di mobilità o di carriera. Il portfolio raccoglierà non solo le unità formative svolte dal docente, ma anche le riflessioni dell’insegnante sul percorso compiuto, la validazione delle unità formative e la certificazione delle competenze acquisite. Occorrerà, quindi, implementare l’attuale piattaforma S.O.F.I.A.e il sistema di raccolta delle esperienze formative del docente per farvi confluire anche le informazioni amministrative disponibili sulla carriera del docente.

In conclusione, non si può che apprezzare, innanzitutto, l’impegno economico mostrato anche in questa seconda annualità nel finanziare la formazione d’ambito (Complessivamente, l’importo previsto per la seconda annualità del Piano nazionale di formazione è di 30 milioni di euro); si tratta di reali investimenti per circa metà delle somme già erogati alle scuole polo per dare impulso all’aggiornamento degli insegnanti sulla base dei loro reali bisogni; risulta altrettanto apprezzabile lo sforzo di capire quali siano i punti forti e le debolezze di questo nuovo sistema formativo avviato nello scorso anno. Si tratterà ora di vedere se il MIUR sarà in grado di dare continuità all’azione di formazione avviata e  risposta concreta in tempi brevi alle criticità emerse.


[1]La seconda annualità si riferisce al  DM 797 del 19 ottobre 2016, con il quale è stato adottato il Piano nazionale di formazione del personale docente per il triennio 2016-2019. Il documento rappresenta un quadro di riferimento istituzionale della formazione in servizio come prevista dalla L 107/15 c.124 . “Nell’ambito degli adempimenti connessi alla funzione docente, la formazione in servizio dei docenti di ruolo è obbligatoria, permanente e strutturale. Le attività di formazione sono definite dalle singole istituzioni scolastiche in coerenza con il piano triennale dell’offerta formativa e con i risultati emersi dai piani di miglioramento delle istituzioni scolastiche previsti dal regolamento di cui al decreto del Presidente 13, n. 80, sulla base delle priorità nazionali indicate nel Piano nazionale di formazione, adottato ogni tre anni con decreto del Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca, sentite le organizzazioni sindacali rappresentative di categoria.”

[2] Nota MIUR 08.11.2017, prot. n. 47777 Indicazioni e ripartizione fondi per le iniziative formative relative alla II annualità Piano di formazione docenti, nonché per la formazione docenti neoassunti a.s. 2017-2018 e la formazione sui temi dell’Inclusione a.s. 2017-2018.

[3] A tal proposito la nota recita: Per ciò che concerne le caratteristiche delle azioni formative sui temi dell’inclusione (destinatari, modello formativo, organizzazione, soggetti erogatori) è possibile far riferimento a quanto già definito nella nota circolare n. 32839 del 3/11/2016, avendo cura, fra l’altro, di programmare iniziative formative sulla base dei bisogni d’ambito rilevati.

[4]MIUR.AOODGPER.REGISTRO UFFICIALE(U).0022272.19-05-2017Sistema Operativo per la Formazione e le Iniziative di Aggiornamento dei docenti

Didattica alternativa, danni dal 68 ad oggi

da Il Messaggero

Didattica alternativa, danni dal 68 ad oggi

Comunque la si giri, la storia della quindicenne in coma etilico a scuola produce un doppio effetto: Un po’ di rabbia, un po’ di depressione.

Maria Latella

Comunque la si giri, la storia della quindicenne in coma etilico a scuola produce un dippio effetto:Un po’ di rabbia, un po’ di depressione. Depressione perché viene da chiedersi fino a che punto fosse profonda la spirale di vuoto interiore per spingere una ragazzina a quasi ammazzarsi di vodka una mattina al liceo Russel di Roma. Poi viene la rabbia. Cinquant’anni dopo il 68, stiamo ancora a gingillarci con le settimane di didattica alternativa . Altro che fake news. Il problema sono le fake solutions. Didattica alternativa a che cosa, se nelle classifiche Ocse gli studenti italiani sono sempre gli ultimi (non al nord, il Friuli in matematica se la batte con i cinesi) quanto a preparazione scientifica e, pare, perfino nella capacita’ di leggere un testo?
Alternativa a che? Proviamo a metterci nei panni della preside, degli insegnanti: non del solo liceo Russell, di tutti gli istituti del Regno, si sarebbe detto ai tempi. Ai poveri docenti viene costantemente ricordato che la scuola italiana è antica, i programmi non al passo con i tempi. Gli allievi si annoiano, poverini, sussurrano le mamme inquiete. Abituati come sono a mantenere viva l’attenzione per dieci, massimo venti secondi, quelli necessari a decifrare una foto su Instagram (tra un po’ tutto sarà soltanto visivo o al massimo orale, per cui leggere e scrivere nemmeno servirà più), abituati dicevo a concentrarsi per frammenti, faticano a seguire le lezioni che, più o meno, ricalcano metodi e programmi pre 68. Che fanno dunque gli insegnanti per venire incontro alla creatività degli allievi tanto frustrati? Provano a far gestire loro una settimana autogestita, la cosiddetta didattica alternativa. Alternativa soprattutto a quello spreco di tempo e risorse economiche altrimenti definito occupazione .
Nelle intenzioni del corpo docente la didattica alternativa dovrebbe consentire agli studenti di proporre temi che a loro interessano, far intervenire a scuola adulti che hanno qualcosa da raccontare, qualcosa in grado di far accendere un lampo di curiosità nei loro giovani occhi. Spesso succede: l’altra sera, alla presentazione del film di Walter Veltroni, Sami Modiano, ebreo sopravvissuto ai nazisti del campo di sterminio di Birkenau, raccontava di come sia cambiata la sua vita da quando gira per le scuole condividendo con gli studenti quel che è passato sotto i suoi occhi: «Perché i ragazzi capiscono» . E l’altra sera, durante la proiezione del film, piangevano. Capiscono, i ragazzi. Partecipano. La didattica alternativa agli studenti offre la possibilità di mostrarsi attivi, non passivi residenti in quattro mura dalle quali sognano solo di evadere. Però per renderli davvero tali, attivi, interessati, c’è bisogno di un lavoro lungo. Di un’attenzione costante. Che comincia quando sono piccoli, in famiglia. Pensare che, come negli anni 70, un sedicenne oggi sia automaticamente interessato a gestire il tempo in autonomia è un esercizio insieme ingenuo e superficiale. Rendere responsabili e autonomi dei sedicenni oggi comporta un investimento in tempo e attenzione infinitamente più impegnativo che in passato. A noi, studenti degli anni 70, sembrava quasi obbligatorio partecipare alle assemblee, leggere, documentarsi. Se non lo facevi eri considerato marginale. Le ragazze puntavano ai leaderini del liceo, piaceva il tipo intellettuale. Cinquant’anni dopo il 68 occorre mestamente prendere atto che stanchi rituali come la didattica alternativa sono non solo inutili ma anche nocivi. Stando agli studi recenti, si rimane mentalmente adolescenti fin oltre i 24 anni. Perciò…
Da decenni alleviamo generazioni che non sanno più cosa sia la fatica di applicarsi a cose complesse. Tutti creativi. O iscritti a giurisprudenza. A che serve dunque raccontarsi che gli studenti torneranno più volentieri a scuola, la sentiranno più loro, se per una settimana faranno cose diverse che ascoltare una lezione di matematica o di inglese? Stiamo vendendo, a noi e a loro, un’immensa bugia tardo sessantottina. L’equivalente di un’evasione dalla realtà, meno dannosa forse di un coma etilico ma comunque dannosa per il loro futuro. Qual è la soluzione, a parte rimpiangere il tempo che fu? Si avanza qui una modesta proposta. Smettiamola con lo spreco del tempo. Usiamo due settimane dell’anno scolastico per quelle che Bill Gates chiamava le Think Weeks. Due settimane, divise nell’arco dell’anno scolastico, in cui insegnanti e allievi lasciano cellulari e computer a casa. Imparano l’arte di concentrarsi grazie a chi saprà loro insegnarla. Scoprono i vantaggi di un’attenzione non più frammentata. Siamo tutti bisognosi di apprendere cose che abbiamo dimenticato.
Nel saggio The deep work l’autore Cal Newport sostiene che niente di davvero buono può essere realizzato se si è costantemente distratti dai social media. J.K Rowling si eclissò dalla rete mentre scriveva la saga di Harry Potter. Perfino Neal Stephenson, il famoso scrittore cyberpunk, rifiuta il contatto con i social quando scrive i suoi romanzi.
Non lasciamo che una ragazzina si riempia di vodka a scuola, come se fosse un qualsiasi sabato sera a campo de’ Fiori. Riempiamo la sua anima e le anime, i cuori, le menti di questi ragazzi. Del 68 sono rimaste belle canzoni, i testi di Francesco Guccini e dei Nomadi che cantavano «ho visto la gente della mia età andare via/lungo le strade che non portano mai a niente/dentro le notti che dal vino son bagnate/ dentro le stanze da pastiglie trasformate» . Possibile che, cinquant’anni dopo, siamo ancora qui, a sprecare la meglio gioventù e senza neppure uno come Guccini?

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Torna il contributo asili nido, domande all’Inps dal 29 gennaio al 31 dicembre 2018

da La Tecnica della Scuola

Torna il contributo asili nido, domande all’Inps dal 29 gennaio al 31 dicembre 2018

PONKit: pubblicato il Manuale “Procedure di gara per servizi e forniture”

da La Tecnica della Scuola

PONKit: pubblicato il Manuale “Procedure di gara per servizi e forniture”

Malore studentessa liceo Russell: c’è responsabilità dei docenti durante la co-gestione?

da Tuttoscuola

Malore studentessa liceo Russell: c’è responsabilità dei docenti durante la co-gestione?

Il recente grave episodio della 15enne che al liceo Russell di Roma, durante la settimana didattica alternativa in co-gestione, è andata in coma etilico per avere bevuto (a quanto sembra) vodka, pone una serie di interrogativi, tra cui quello dell’onere di vigilanza sui minori da parte dei professori presenti, nonché quello della regolamentazione di tali iniziative da parte della scuola. L’ANP intanto esprime la sua preoccupazione sui fatti accaduti, e allo stesso tempo dichiara: «Non si devono scaricare tutte le responsabilità sul personale scolastico» anche se nessuno deve «sottrarsi alle proprie responsabilità, dirette e indirette». Cerchiamo di capire.

Mentre nei casi di occupazione (illegittima) e di autogestione (tollerata) gli studenti sono normalmente soli, senza la vigilanza diretta degli adulti, nella co-gestione (un’attività non ancora regolamentata da disposizioni nazionali e rimessa alla regolamentazione dell’istituto) i professori insieme agli studenti concorrono alla definizione e alla gestione delle tematiche scelte e alle modalità di effettuazione.

L’adulto presente ha, dunque, la responsabilità in vigilando (articolo 2048 del Codice Civile) nei confronti dei minori affidati per il danno da questi cagionato ad altri o a se stessi.

L’articolo 2047 del Codice Civile prevede che la responsabilità (risarcimento) per il danno causato o subito dal minore è dell’adulto tenuto alla vigilanza, a meno che provi di non avere potuto impedire il fatto.

A sua volta la scuola dovrebbe regolamentare lo svolgimento delle attività di co-gestione, individuando modalità e criteri per lo svolgimento delle attività. 

Questo, in sintesi, il quadro normativo che sta sullo sfondo del deprecabile incidente, ma, pur invitando i professori a non prendere troppo alla leggera la pretesa (comprensibile) di disporre di maggior autonomia da parte dei ragazzi, non sarebbe giusto riversare proprio su di loro (che caso mai hanno fornito anche un contributo personale e volontario per la riuscita dei ‘laboratori’ in co-gestione) la responsabilità di quanto accaduto.

In caso diverso, il rapporto docente-studente, anziché basarsi sulla fiducia e sulla responsabilizzazione dei ragazzi, vivrebbe su azioni di controllo autoritario con scarsa valenza educativa e formativa. 

La scuola, per parte sua, piuttosto che lasciarsi tentare dalla voglia di chiudere a catenaccio simili iniziative, favorendo (per reazione) forme alternative deprecabili, dovrebbe cercare di condividere con tutte le componenti scolastiche soluzioni adeguate al problema.

Mentre ci auguriamo che la studentessa del liceo Russell si riprenda dal coma e non ne esca con danni subiti, l’incidente può essere l’occasione per riflettere sulla co-gestione per meglio regolamentare, da parte delle scuole coinvolte, questo esercizio di libertà degli studenti, all’interno di un solido e non formale patto di corresponsabilità educativa.

 Del nostro stesso parere sembra essere l’ANP: «Abbiamo sempre detto con chiarezza – si legge nel comunicato –, e lo ribadiamo oggi, che spesso le cosiddette autogestioni non sono una vera scelta didattica ma solo il male minore per scongiurare l’occupazione della scuola. L’occupazione non è un diritto, la settimana dello studente non può essere il male minore, i problemi dei giovani e della scuola vanno affrontati con serietà e consapevolezza. A tutti i livelli»

Esame Terza Media e valutazione: le novità introdotte dal Decreto legislativo 62/2017

da Tuttoscuola

Esame Terza Media e valutazione: le novità introdotte dal Decreto legislativo 62/2017

Le modifiche apportate dal Decreto legislativo n° 62 del /13/04/2017, trovano conferma e specifiche indicazioni operative nei Decreti Ministeriali n. 741 del 3.10.2017, n. 742 del 31/10/2017 e nella nota prot. n. 1865 del 10.10.2017. Con questi provvedimenti si chiude il quadro di riferimento attuativo dell’articolo 1, commi 180 e 181, lettera i) della Legge n. 107/2015 avente per oggetto: La revisione delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo di istruzione, mettendo in rilievo la funzione formativa e di orientamento della valutazione, e delle modalità di svolgimento dell’esame di Stato conclusivo del primo ciclo”. Ne abbiamo parlato in un articolo firmato da Flora Beggiato presente sul numero di gennaio di Tuttoscuola.

I Decreti Ministeriali n. 741 del 3.10.2017 e 742  del 31/10/2017 forniscono anche i modelli relativi alla certificazione delle competenze al termine della scuola primaria e della secondaria del  primo ciclo  e la scheda Invalsi di certificazione dei livelli conseguiti nelle prove.

La nota prot. n. 1865 del 10.10.2017 si sofferma sulla valutazione, sulla certificazione delle competenze e sull’esame di Stato nelle scuole del primo ciclo di istruzione.

Prima di entrare nel dettaglio di tali provvedimenti è utile rintracciare nella normativa gli assi portanti del  tema della valutazione e certificazione delle competenze relativamente al primo ciclo di istruzione .

I primi riferimenti si trovano nel Regolamento sull’autonomia, DPR 275/1999, che prevede nuovi modelli per la certificazione che devono indicare “le conoscenze, le competenze, le capacità acquisite e i crediti formativi riconoscibili”.

Il Decreto Lgs.vo59/2004 in attuazione della legge 53/2003, affida alle scuole la facoltà di elaborare un modello certificativo in attesa di un documento unico nazionale. Il DPR 122/2009 o Regolamento della valutazione, indica la necessità di una descrizione delle competenze e prevede voti decimali.

Con le Indicazioni Nazionali per il Curricolo, DM 254 /2012, la certificazione delle competenze trova ampio spazio come anche l’impegno di emanare un modello nazionale. Contestualmente le scuole sono sollecitate ad elaborare e sperimentare autonomi percorsi di rilevazione.

La legge 107 /2015 nell’art 1 comma 181 lettera i, prevede la revisione delle modalità di valutazione e certificazione delle competenze degli studenti del primo ciclo ponendo l’accento sulla funzione formativa e di orientamento della valutazione. In tale orizzonte si inserisce anche l’Esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione.

In questa ricostruzione storico-normativa meritano uno spazio particolare le Linee Guida allegate alla C.M. n. 3 del 13.02.2015 che oltre a dare un quadro di riferimento teorico di notevole spessore pedagogico, forniscono indicazioni importanti per gli anni scolastici 2014/2015 e 2015/2016.

Le successive Linee Guida introdotte dalla nota 2000 del 23 febbraio 2017, ribadiscono molti elementi portanti delle precedenti ed estendono la sperimentazione all’anno scolastico 2016/2017, proponendo un modello sperimentale con alcune modifiche della certificazione delle competenze mediante l’adozione di un modello sperimentato dalle scuole stesse.

Il decreto legislativo n° 62 del 13/04/2017riprende i punti cardine delle Linee Guida e traccia il quadro d’azione per i provvedimenti di ottobre (Decreti ministeriali 741, 742 e nota 1865) che chiudono il percorso attuativo in tema di valutazione e certificazione delle competenze riferite in particolare al primo ciclo di istruzione e alle modalità di attuazione dell’Esame di Stato.

Occorre sottolineare che il decreto n° 62, apporta importanti modifiche al decreto n.122 del 2009 – Regolamento sulla valutazione. Molte norme del Regolamento del 2009 risultano, di fatto, abrogate mentre alcuni termini e concetti assumono una diversa accezione.

Cosa cambia nella valutazione

Per effetto dei provvedimenti sopra richiamati vengono introdotte novità significative anche in virtù del collegamento al quadro di riferimento europeo.

La valutazione periodica e finale degli apprendimenti è riferita a ciascuna delle discipline di studio previste dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione (D M n. 254/2012) e alle attività svolte nell’ambito di “Cittadinanza e Costituzione che rientrano nel voto delle discipline dell’area storico-geografica (art. 1, L.n. 169/2008).

Per il primo ciclo, la valutazione viene espressa sempre con voto in decimi ma deve essere integrata con la descrizione dei processi formativi (in termini di progressi nello sviluppo culturale, personale e sociale)e del livello globale di sviluppo degli apprendimenti conseguito.

Si sollecitano, pertanto le istituzioni scolastiche ad adeguare i propri modelli di documento di valutazione periodica e finale. In virtù di tale sollecitazione, molti Dirigenti scolastici di vecchia data stanno rispolverando le schede di valutazione pre-voto in cui erano presenti le valutazioni non decimali e i descrittori dei  livelli  di sviluppo.

Le istituzioni scolastiche sono inoltre invitate ad inserire nel Ptof e a rendere pubblici i criteri e le modalità di valutazione degli apprendimenti e del comportamento (a dire il vero per molti Istituti si tratta solo di procedere ad operazioni di aggiornamento).

Viene sottolineata la funzione del Collegio dei Docenti nel definire descrittori e rubriche di valutazione per esplicitare la corrispondenza tra le votazioni in decimi e i diversi livelli di apprendimento.

Il Collegio dei docenti deve anche individuare i criteri generali per la non ammissione alla classe successiva e all’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione nel caso di voto inferiore a 6/10 in una o più discipline.

La valutazione del comportamento

La valutazione del comportamento (articolo 2) per tutto il primo ciclo, avviene mediante un giudizio sintetico che deve riferirsi allo sviluppo delle competenze di cittadinanza.

Per la scuola secondaria di primo grado si deve fare riferimento allo Statuto delle studentesse e degli studenti e al Patto di corresponsabilità. Ovviamente i criteri per la valutazione del comportamento sono individuati dal Collegio dei Docenti. 

Ammissione alla classe successiva

Una delle principali novità contenuta nel decreto 62 art. 6, è quella relativa all’ammissione alle classi seconda e terza di scuola secondaria di primo grado che è disposta, in via generale, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline. Pertanto l’alunno viene ammesso alla classe successiva anche se, in sede di scrutinio finale, viene attribuita una valutazione con voto inferiore a 6/10 in una o più discipline da riportare nel documento di valutazione. Analogamente si procede per la scuola primaria (art. 3 D lgs.vo 62/2017).

Per la scuola primaria la non ammissione alla classe successiva si può decidere solo in casi eccezionali e comprovati da specifica motivazione, con un voto all’unanimità dei docenti della classe, sulla base dei criteri definiti dal Collegio dei Docenti.

Per la scuola secondaria di primo grado, nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline (voto inferiore a 6/10) la non ammissione alla classe successiva può essere assunta dal Consiglio di classe, con adeguata motivazione, tenuto conto dei criteri definiti dal Collegio dei Docenti, con un voto a maggioranza.

Le prove Invalsi – Le novità dell’articolo 4 e 7 del decreto legislativo n. 62/2017

L’articolo 4 del decreto legislativo n. 62/2017, così come precisato nei Decreti Ministeriali di ottobre, mentre conferma la presenza delle prove di italiano e matematica nelle classi II e V primaria, introduce una prova di inglese nella classe quinta della scuola primaria. Tale prova andrà ad accertare le abilità di comprensione e l’uso della lingua veicolare inglese. Il riferimento è il Quadro Comune Europeo delle lingue (QCER). Nello specifico la prova Invalsi di inglese è finalizzata ad accertare il livello A1 del QCER di abilità di comprensione di un testo letto o ascoltato e di uso della lingua ed è coerente con quanto affermato nelle Indicazioni Nazionali. La prova si articola principalmente nella lettura di un testo scritto e nell’ascolto di un brano in lingua originale di livello A1 e si svolgerà all’inizio di maggio. Le scuole dovranno organizzarsi per la riproduzione audio di brani.

La prova Invalsi di inglese per il terzo anno della scuola secondaria di primo grado è finalizzata ad accertare i livelli di apprendimento riferiti alle abilità di comprensione e uso della lingua, in coerenza con il livello A2 QCER così come previsto dalle Indicazioni nazionali per il curricolo. La prova riguarda la comprensione della lingua scritta (reading) e orale (listening) e l’uso della lingua ed è somministrata in formato elettronico (CBT).

Particolare rilievo assume quanto affermato nell’articolo 4 comma 3, per cui le prove Invalsi costituiscono attività ordinaria d’istituto. Si spera che tale inquadramento normativo, indebolisca di fatto, l’annosa querelle sulle prove standardizzate nazionali e i numerosi boicottaggi che hanno segnato recenti anni scolastici.

Per la scuola secondaria di primo grado le prove Invalsi non rientrano più all’interno dell’esame di Stato, ma rappresentano un momento distinto del processo valutativo conclusivo del primo ciclo di istruzione, poiché la partecipazione alle prove Invalsi costituisce un requisito indispensabile per l’ammissione all’esame di Stato conclusivo del primo ciclo d’istruzione e per questo motivo,  vengono previste delle sessioni suppletive per gli assenti.

Particolare rilievo assume in termini di novità la somministrazione delle prove Invalsi mediante Computer Based Testing (CBT). Questo modifica in modo significativo l’approccio alla somministrazione. Infatti, venendo meno il requisito della contemporaneità dello svolgimento, ci si potrà organizzare in modo flessibile, prevedendo più giorni per le operazioni. Queste modalità potrebbero ingenerare problemi soprattutto per le istituzioni scolastiche che hanno insufficienti o inefficienti apparati tecnologici, (nonostante le recenti risorse derivate dai PON che hanno arricchito le dotazioni delle scuole).

Gli alunni con disabilità e con disturbi specifici dell’apprendimento (DSA) partecipano alle prove standardizzate. Possono essere previste, dai docenti contitolari della classe o dal consiglio di classe, adeguate misure compensative o dispensative; il consiglio può anche predisporre specifici adattamenti della prova o l’esonero.

Gli alunni DSA frequentanti la quinta classe di scuola primaria e la terza classe di scuola secondaria di primo grado dispensati dalla prova scritta di lingua straniera o esonerati dall’insegnamento della lingua straniera non sostengono la prova nazionale di lingua inglese.

Le prove, si svolgeranno entro il mese di aprile di ciascun anno scolastico e l’Invalsi restituirà i risultati in termini di certificazione dei livelli conseguiti da ogni alunno

L’esame di Stato

L’ammissione all’esame è riferita a quanto disposto nel DM 741/2017 (salvo eventuale deroghe deliberate dal Collegio dei Docenti), nell’articolo 4, commi 6 e 9bis, del DPR 24 giugno 1998, n. 249 e dalle novità introdotte nell’art 6 e 7 del decreto legislativo 62/2017.

Pertanto l’ammissione all’esame è disposta, in via generale, anche nel caso di parziale o mancata acquisizione dei livelli di apprendimento in una o più discipline e prevede la partecipazione alle prove Invalsi di italiano, matematica inglese. Il Consiglio di classe può deliberare l’ammissione anche con un voto inferiore ai 6/10.

Dopo molti anni, in cui da più parti veniva sottolineato il numero eccessivo delle prove previste per l’esame del primo ciclo, viene finalmente ridotto l’onere dell’esame di Stato del primo ciclo e si prevedono tre prove scritte ed un colloquio. Viene inoltre sottolineata la necessità di un riferimento puntuale ai traguardi di sviluppo delle competenze previsti nelle Indicazioni nazionali per il curricolo.

Come definito nella nota 1865 del 10/10/2017 la prima prova scritta è relativa alle competenze di italiano ed è finalizzata ad accertare la padronanza della lingua, la capacità di espressione personale, il corretto ed appropriato uso della lingua e la coerente e organica esposizione del pensiero. La traccia dovrà essere formulata in coerenza con il profilo dello studente e i traguardi di sviluppo delle competenze delle Indicazioni nazionali con particolare riferimento alle seguenti tipologie:

  1. testo narrativo o descrittivo
  2. testo argomentativo
  3. comprensione e sintesi di un testo

La prova può essere strutturata in più parti riferibili alle diverse tipologie.

La seconda prova scritta è riferita alle competenze logico matematiche ed è finalizzata alla rielaborazione e organizzazione delle conoscenze, delle abilità e delle competenze acquisite nelle aree: numeri; spazio e figure; relazioni e funzioni; dati e previsioni. Le tracce devono essere riferite alle seguenti tipologie:

  1. problemi articolati su una o più richieste;
  2. quesiti a risposta aperta.

Nella predisposizione delle tracce la commissione può fare riferimento anche ai metodi di analisi, organizzazione e rappresentazione dei dati, caratteristici del pensiero computazionale.

La terza prova scritta è relativa alle competenze nelle lingue straniere studiate, articolata in due sezioni. Accerta le competenze di comprensione e produzione scritta riconducibili ai livelli del Quadro Comune Europeo di riferimento per le lingue del Consiglio d’Europa, (Indicazioni nazionali per il curricolo) in particolare, al Livello A2 per l’inglese e al Livello Al per la seconda lingua comunitaria.

È articolata in due sezioni distinte, rispettivamente, per l’inglese e per la seconda lingua comunitaria.

Le tracce devono essere in coerenza con il profilo dello studente e i traguardi di sviluppo delle competenze delle Indicazioni nazionali per il curricolo, con riferimento alle tipologie:

  1. questionario di comprensione di un testo a risposta chiusa e aperta;
  2. completamento di un testo;
  3. elaborazione di un dialogo;
  4. lettera o email personale;
  5. sintesi di un testo.

La prova scritta fa riferimento ad una sola lingua straniera per le alunne e gli alunni che utilizzano le due ore settimanali di insegnamento della seconda lingua comunitaria per il potenziamento

Il colloquio, condotto collegialmente dalla sottocommissione, è finalizzato a valutare il livello di acquisizione delle conoscenze, abilità e competenze descritte nel profilo finale dello studente previsto dalle Indicazioni nazionali per il curricolo. Si deve porre particolare attenzione alle capacità di argomentazione, di risoluzione di problemi, di pensiero critico e riflessivo, di collegamento organico e significativo tra le varie discipline di studio; si deve inoltre tenere nella dovuta considerazione il livello di padronanza delle competenze connesse all’insegnamento di Cittadinanza e Costituzione. Per i percorsi ad indirizzo musicale si prevede anche lo svolgimento di una prova pratica di strumento.

Il voto finale dell’esame risulta dalla media tra il voto di ammissione, la media dei voti delle prove scritte e del colloquio arrotondato all’unità superiore per frazioni pari o superiori a 0,5..

L’esame Terza Media è superato se il candidato raggiunge una votazione finale non inferiore a sei decimi.

 Presso ogni Istituzione scolastica è costituita una commissione che si articola in un numero di sottocommissioni corrispondenti alle classi terze. Le sottocommissione sono composte da tutti i docenti dei singoli consigli di classe compresi gli insegnanti di sostegno, religione, materie alternative, sono esclusi gli insegnanti che svolgono attività nell’ambito del potenziamento e dell’arricchimento dell’offerta formativa.

Le funzioni di Presidente sono svolte dal Dirigente scolastico preposto, non più da un Dirigente Scolastico o docente proveniente da un altro Istituto;  in caso di impedimento o reggenza le funzioni sono svolte  da un docente collaboratore appartenente al ruolo delle scuola secondaria di primo grado, individuato ai sensi dell’art. 25 comma 5, Dlgs 165/2001. Per le scuole paritarie svolge la funzione di presidente il Coordinatore delle attività educative e didattiche.

Alcune criticità segnalate da più parti riguardano la partecipazione agli esami di stato degli insegnanti di religione e delle materie alternative che deriva dall’obbligo di inserire, nelle sottocommissioni, tutti gli insegnanti appartenenti al Consiglio di classe.

In considerazione del numero consistente di classi plessi e/o scuole in cui prestano servizio soprattutto i docenti di religione, si prevedono difficoltà organizzative non di poco conto, per cui si stanno sollevando, da più parti, dubbi sulla reale fattibilità di tale disposizione legislativa.

Nel numero di gennaio di Tuttoscuola abbiamo inoltre approfondito altri aspetti del decreto, come la certificazione delle competenze e l’istruzione domiciliare e in ospedale. È possibile leggere l’articolo integrale cliccando qui.

Apprendimento Permanente, Miur lancia percorso per un Piano nazionale di Garanzia delle competenze

da Tuttoscuola

Apprendimento Permanente, Miur lancia percorso per un Piano nazionale di Garanzia delle competenze

Parlare di apprendimento permanente vuol dire mettere al centro la persona, le sue capacità, le sue competenze, le sue inclinazioni, le sue ambizioni, i suoi sviluppi. Vuol dire metterla al centro delle nostre politiche e dei nostri interventi già a partire dal sistema di istruzione e formazione e continuare a farlo lungo tutto il corso della sua esistenza“. Lo ha sottolineato la Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, aprendo il convegno organizzato dal Miur sull’apprendimento permanente durante il quale sono state presentate le prime cinque azioni che il Ministero metterà in campo per intervenire ulteriormente sul fronte delle competenze della popolazione adulta. Lo si legge in una nota del Miur.

“Se prima la scuola o l’università erano considerate fasi di formazione propedeutiche all’accesso al mondo del lavoro, adesso cambia la prospettiva: l’inserimento nel mercato occupazionale non è il termine ultimo del percorso di istruzione e di formazione di una donna o di un uomo. È necessario tendere costantemente all’aggiornamento, rinnovare le proprie competenze, esercitare quelle già acquisite e immagazzinarne di nuove – ha sottolineato la Ministra -. Mettersi in gioco periodicamente per non disperdere quanto conquistato lungo il corso degli studi e per adeguarsi ai mutamenti in atto, mutamenti che richiedono risposte di volta in volta diverse e non sempre codificabili con le conoscenze tradizionali maturate in ambito scolastico o accademico. È una sfida. Ma è anche una straordinaria occasione per continuare a investire su se stessi, per aprirsi delle strade inconsuete e nuovi scenari, per darsi nuove possibilità“.

Il Miur ha voluto assumersi la responsabilità di promuovere una riflessione approfondita e ha per questo attivato un tavolo di lavoro sull’apprendimento permanente al quale hanno preso parte le Organizzazioni sindacali, i rappresentanti dei Centri provinciali per l’istruzione degli adulti (CPIA), quelli della Rete universitaria per l’apprendimento permanente (RUIAP), quelli del terzo settore e dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI). È stato inoltre riaperto il tavolo interistituzionale istituito presso la Conferenza Unificata.

La conferenza di oggi ha rappresentato un momento di confronto e di discussione per rilanciare il dibattito sulle competenze che devono essere possedute dalla popolazione adulta e sulla costruzione delle reti territoriali che dovranno sostenerne l’apprendimento permanente. Reti che dovranno essere frutto di un impegno sinergico e condiviso dei vari attori coinvolti.

Nella giornata di oggi è stata lanciata anche la proposta di un Piano di garanzia delle competenze della popolazione adulta, a partire da cinque proposte elaborate dal Ministero, ovvero:

  • Favorire e sostenere la partecipazione dei CPIA alla costruzione e al funzionamento delle reti territoriali per l’apprendimento permanente.
  • Favorire e sostenere – in coerenza con quanto previsto da “Agenda 2030” e dalla “Nuova Agenda europea delle competenze” – l’attivazione di “Percorsi di Garanzia delle Competenze” destinati alla popolazione adulta in età lavorativa  finalizzati all’acquisizione delle competenze di base (matematiche, alfabetiche, linguistiche e digitali), trasversali (capacità di lavorare in gruppo, pensiero creativo, imprenditorialità, pensiero critico, capacità di risolvere i problemi o di imparare ad apprendere e alfabetizzazione finanziaria).
  • Potenziare e consolidare i Centri di ricerca, sperimentazione e sviluppo in  materia di istruzione degli adulti, già attivati.
  • Favorire e sostenere la piena applicazione ai percorsi di istruzione degli adulti di strumenti di flessibilità e in particolare della “fruizione a distanza”.
  • Favorire e sostenere l’attivazione di “Percorsi di Istruzione Integrati” finalizzati a far conseguire, anche in apprendistato, una qualifica e/o un diploma professionale nella prospettiva di consentire il proseguimento della formazione nel livello terziario (universitario e non). L’obiettivo primario è l’attivazione entro il 2019, d’intesa con le Regioni, di una sperimentazione nazionale dei “Percorsi di Istruzione Integrati”.

La conferenza che si è tenuta lo scorso 24 gennaio è stata, inoltre, l’occasione per richiamare le responsabilità condivise di tutti gli attori che sono coinvolti, ciascuno secondo il proprio ruolo e secondo la propria competenza, nell’attività di potenziamento dell’apprendimento permanente e dell’implementazione delle reti.

Secondo il Rapporto dell’Ocse “Strategia per le competenze” riguardante l’Italia, nel nostro Paese “più di 13 milioni di adulti hanno competenze di basso livello. Gli adulti che hanno competenze di basso livello in Italia sono, in gran parte, lavoratori più anziani e immigrati e sono concentrati nelle imprese più piccole, in settori meno progrediti e nelle regioni meno sviluppate. Il 39% di chi ha un’età compresa tra 25-65 anni possiede un livello basso di competenze, sia di lettura sia matematiche, ma solo il 14% partecipa alla formazione per gli adulti; il terzultimo risultato registrato nella Survey PIAAC“.

Il quadro registrato ci dice che non abbiamo tempo da perdere e che dobbiamo mettere in campo azioni strategiche per sopperire a questo problema quanto prima – ha detto Fedeli -. Il nostro Paese ha prodotto negli ultimi anni importanti riforme del lavoro e dell’istruzione, ma questo non basta. Se non rinnoviamo l’intero ambito d’intervento questi cambiamenti rischiano di rimanere al palo. Agire sulla formazione e sull’aggiornamento delle proprie competenze significa impegnarsi per far sì che il lavoro in Italia sia di qualità, sempre e in ogni ambito. Significa orientare strategicamente settori professionali alle prospettive di sviluppo del Paese, facendo del digitale e dell’innovazione una straordinaria occasione di progresso condivisa e diffusa. L’industria 4.0 dei prossimi anni e le trasformazioni dell’industria manifatturiera dei servizi alle quali assisteremo nel futuro prossimo richiedono all’intero sistema di formazione e istruzione un allineamento che oggi, e non solo in Italia, stenta ad affermarsi. Dobbiamo incidere in tal senso. Trovare risposte adeguate e promuovere un cambiamento ormai irrimandabile“.

Le prime azioni sono già state messe in campo. Nel 2017, nell’ambito del PON Scuola, la ministra Fedeli ha lanciato un bando sulla formazione degli adulti da 20 milioni di euro. Cresce, intanto la quota di adulti iscritti ai CPIA, profondamente riformati nel 2013: i patti formativi siglati nel 2016/2017 dalle studentesse e dagli studenti iscritti ai percorsi sono stati, in tutto, 229.400. Erano 182.863 l’anno prima.

La strada è tracciata – ha concluso la Ministra – ora occorre continuare ad agire in questa direzione. Un adeguato livello di istruzione degli adulti rappresenta un importante elemento per la realizzazione di società più inclusive, basate sulla conoscenza e che permettono maggiori opportunità di realizzazione alle loro cittadine e ai loro cittadini. Con questo avviso abbiamo voluto promuovere progetti in rete per innalzare il livello di formazione degli adulti in un’ottica di apprendimento permanente. Oggi abbiamo un’ulteriore occasione di definizione di intervento. Sono sicura che sapremo renderla operativa e determinante grazie alla collaborazione e ai suggerimenti di tutti. È una sfida importante per le nostre individualità e per la crescita dell’intero Paese“.

Riparte il progetto Casio-Miur ‘Il mondo dà i numeri’: ulteriori 200 scuole coinvolte nel 2017/18

da Tuttoscuola

Riparte il progetto Casio-Miur ‘Il mondo dà i numeri’: ulteriori 200 scuole coinvolte nel 2017/18

Riparte nell’anno scolastico 2017/18 il progetto didattico CASIO IL MONDO DÀ I NUMERI – promozione di ambienti di apprendimento laboratoriali, nato dal Protocollo di Intesa firmato nel 2015 con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e che si avvale della consulenza didattica del Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia di Milano, il più grande museo tecnico-scientifico d’Italia.

Sono disponibili dal 18 dicembre scorso su http://www.istruzione.it/ProtocolliInRete/ i due avvisi predisposti dal MIUR con le indicazioni per candidarsi e risultare rispettivamente tra gli ulteriori 150 istituti di II grado e 50 di I che potranno beneficiare dei kit tecnologi e dei momenti di formazione messi a disposizione delle scuole vincitrici dall’azienda giapponese.

I docenti referenti del progetto di tutti i 200 istituti: 

  • parteciperanno al convegno nazionale di lancio per scoprire gli obiettivi e le numerose risorse del progetto;
  • riceveranno presso la scuola di appartenenza i kit didattici. I kit per il I grado sono composti dalla Guida Docenti con 3 casi investigativi e 28 calcolatrici scientifiche CASIO CLASSWIZ FX-991EX; anche gli istituti di II grado riceveranno la Guida Docenti con 3 casi studiati ad hoc per gli studenti più grandi da affrontare però con 11 calcolatrici grafiche CASIO FX-CG50, una centralina di raccolta dati e diversi sensori per rilevare misure fisiche;
  • parteciperanno agli incontri tecnici di formazione per sperimentare le calcolatrici CASIO e i casi investigativi da riprodurre in classe con gli studenti.

Completa il progetto il sito www.CASIO-edu.it che contiene la prima COMMUNITY italiana dedicata alle calcolatrici, dove consultare materiale didattico e condividere con i docenti di tutta Italia la propria esperienza.

Possono candidarsi tutti gli istituti statali di I grado e tutti i licei statali, in particolare i licei scientifici con opzione “Scienze applicate” e i licei scientifici con sezione ad indirizzo sportivo. I requisiti di ammissione prevedono:

a) la delibera del Consiglio dei Docenti e del Consiglio di Istituto;
b) la redazione di un progetto che coinvolga più classi e che abbia come oggetto problemi legati a situazioni reali o alla misura di grandezze fisiche da sottoporre agli studenti e da risolvere con i kit CASIO;
c) l’individuazione di un docente referente, che parteciperà alle giornate di informazione;
d) la dichiarazione di assumere il ruolo di responsabile del progetto;
e) la dichiarazione di disponibilità a partecipare alle attività di monitoraggio.

Sarà il Dirigente Scolastico a presentare la domanda dal 18 gennaio, ore 00:00, entro e non oltre l’1 febbraio 2018, ore 23:59.  Saranno decisivi anche il giorno e l’ora della candidatura.

Dopo l’Ordinanza del Ministero dell’Istruzione numero 257 del 04/05/2017 di ammettere anche le calcolatrici grafiche alla seconda prova nei licei scientifici, IL MONDO DÀ I NUMERI è un’occasione per esplorare le leggi matematiche e fisiche nascoste dietro i fenomeni reali servendosi della tecnologia.

Ad oggi i numeri del progetto IL MONDO DÀ I NUMERI raccontano una grande partecipazione:

– 220 Scuole, 18 regioni, 195 città;
– 2 convegni con la partecipazione di 218 docenti;
– 17 incontri tecnici in 5 città con la partecipazione di 415 insegnanti;
– 70 kit scientifici per le Scuole Secondarie di I Grado;
– 150 kit grafici per le Scuole Secondarie di II Grado.

Da sempre impegnata a progettare soluzioni per studiare ed insegnare e produttore della prima calcolatrice grafica al mondo nel 1985, attraversi il nuovo bando CASIO rinnova il proprio impegno per la scuola italiana, confermandosi l’unica azienda di strumenti di calcolo ad investire in questo settore.

Per maggiori informazioni: www.casio-edu.it | www.casio.it
E-mail: casio-edu@casio.it | infoitalia@casio.it
Tel: +39 02 40708611
Fax: +39 02 40708686
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Nota 26 gennaio 2018, AOODGOSV 1484

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione
Ufficio IV

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola
in lingua italiana della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola
in lingua tedesca della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola
delle località ladine della Provincia Autonoma di BOLZANO
Al Dirigente Generale del Dipartimento della Conoscenza
della Provincia Autonoma di TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico
per la Regione Autonoma VALLE D’AOSTA
LORO SEDI
per il successivo inoltro
A tutte le Istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado del territorio

Nota 26 gennaio 2018, AOODGOSV 1484

Oggetto: Premio delle Camere di Commercio “Storie di alternanza”