DIRIGENTI NO PORTFOLIO

DIRIGENTI NO PORTFOLIO: NESSUNA SCHEDATURA DEI REPROBI. E QUALCHE SPIRAGLIO DI LUCE ALL’ORIZZONTE

 

Sia pure con un ragionamento tortuoso e non privo di imbarazzi, l’Amministrazione, nell’incontro specifico chiesto da DIRIGENTISCUOLA, ha dovuto ammettere la non obbligatorietà della compilazione del Portfolio e sue proliferanti appendici per chi ha rifiutato il dispositivo messo a punto dalla Direttiva 36/16 e del tutto distonico rispetto alle prescrizioni di legge, che si propongono, semplicemente, di rilevare sia i comportamenti organizzativo-gestionali che il grado di raggiungimento degli obiettivi codificati nel provvedimento d’incarico e nella diretta disponibilità del soggetto valutato: come per tutti i dirigenti pubblici, inclusi i pari livello dirigenti amministrativi e tecnici del medesimo datore di lavoro.

Dunque, ci è stato assicurato che non sarà operata nessuna schedatura a stigmatizzare la disobbedienza degli oltre 2.000 colleghi resisi indisponibili a fungere da cavia per prolungare artificiosamente la vita di quell’ectoplasma pomposamente denominato Sistema di valutazione della dirigenza scolastica, che progressivamente:

  • è stato convertito in una solipsistica narrazione da parte dei destinatari. O di chi per loro;
  • è stato svincolato da ogni legame con la retribuzione di risultato;
  • è stato depauperato, contra legem, di ogni differenziazione classificatoria del merito, sia in positivo che – per elementare nesso logico – in negativo, secondo le graduazioni figuranti nell’art. 21 del D. Lgs. 165/01;
  • è stato oggetto di proroga dei termini e di integrazione degli obiettivi regionali in corso d’opera;
  • è stato pertanto svilito in un’ulteriore improduttiva molestia burocratica.

Di più, a conclusione del predetto incontro, l’Amministrazione ha dato mostra di volersi confrontare con la proposta di DIRIGENTISCUOLA, già consegnatale in un corposo documento tecnico, di una valutazione seria di una dirigenza vera: vale a dire conforme a legge, analoga a quella cui è sottoposta la restante dirigenza pubblica; che – giova ripeterlo – si propone di verificare il raggiungimento degli obiettivi e l’appropriatezza dei comportamenti organizzativi, gli uni e gli altri formalizzati in anticipo nel provvedimento d’incarico, contenuti in un’unica scheda e lasciando all’interessato la libertà di allegare la ritenuta documentazione significativa che li comprovi. Senza compilazione di portfolii e suoi ingombranti ammennicoli, né visite di nuclei e colloqui via skype, né assistenze tutoriali.

Si è pertanto più che pronti a verificarne la sua reale volontà. Ancor prima delle futuribili nuove convocazioni dell’apposito Osservatorio.

Quando la scuola diventa razzista

Quando la scuola diventa razzista
per avere gli alunni migliori

di Rita Bortone

 

Nel periodo delle iscrizioni le scuole sono pronte a farsi sgambetti di ogni tipo pur di accaparrarsi qualche alunno in più. Sono vecchie storie di un’autonomia che prometteva competizioni sulla qualità dell’offerta e invece ha prodotto battaglie di grande miseria culturale e umana.

Ma quest’anno sta accadendo qualcosa di diverso, qualcosa che mi sembra di elevatissima pericolosità culturale e sociale.

 

I segnali c’erano già, ma li abbiamo trascurati

La scuola media che ho diretto fino a una dozzina di anni fa fu la prima, nella città, ad accogliere gli alunni Rom (fino a quel momento la loro istruzione si fermava alla V elementare) che dimoravano in un pietoso campo-sosta alla periferia della città. Fu la prima ad istituire, oltre ai dipartimenti disciplinari, un dipartimento degli insegnanti di sostegno, per offrire in maniera condivisa il massimo di qualità possibile agli alunni con vari tipi di handicap, e fu la prima ad interpretare un’idea di accoglienza che cominciava dall’accettazione delle iscrizioni, provenienti anche da contesti territoriali che non erano il nostro, e si concretizzava poi nella ricerca di una didattica che rispondesse ai diversi bisogni e nelle conseguenti attività di classe e fuori classe. Non solo i genitori volevano iscrivere i figli da noi perché sapevano che gli insegnanti lavoravano bene e si respiravano climi positivi per la crescita dei loro ragazzi, ma anche gli Enti, le Associazioni, gli psicologi della ASL, le assistenti sociali del Comune, quando avevano casi che richiedevano particolare attenzione pedagogica ci supplicavano di accoglierli da noi.

Avevamo la fortuna, all’interno del nostro Istituto, di condividere generalmente i principi cui riferirci (chi non li condivideva era comunque indotto dalla decisionalità collegiale  ad adeguarsi alle logiche d’Istituto) e di aver voglia di cercare insieme soluzioni innovative a problemi non sempre facili da risolvere.

Anche le famiglie dei ragazzi normali, inizialmente diffidenti e preoccupate per queste presenze estranee alle loro frequentazioni abituali, finirono col comprendere e persino con l’apprezzare e col partecipare dei successi formativi che via via riuscivamo a costruire.

Addirittura organizzammo una partita di calcio da giocare durante la festa di San Giorgio al campo sosta, e i genitori dell’una e dell’altra parte (ragazzi cittadini, ragazzi rom) accettarono di buon grado l’iniziativa. Ci sembrò di aver vinto una battaglia di democrazia.

La nostra volontà di accogliere era per noi una questione di principi sociali e pedagogici, ma non eravamo né competenti né esperti: costruimmo un’intesa con l’Università, ci facemmo aiutare dall’Istituto di Sociologia, organizzammo corsi di formazione per capire almeno un po’ della cultura rom, per noi molto difficile, ma ce la facemmo.

Tornata l’anno scorso al campo rom non per la scuola, ma per un progetto di ricerca che mi coinvolgeva, ebbi la sorpresa di essere accolta dagli ex alunni della mia scuola, che ormai sposati o plurisposati e adulti, mi attorniarono allegramente ricordando i giorni della scuola media e quegli insegnanti e quelle attività come giorni felici e indimenticabili (in effetti ricordavano cose e persone che io ormai avevo dimenticato, ma loro no).

 

Nel mese di gennaio di un anno che non ricordo seppi da alcuni genitori (che per scegliere con consapevolezza partecipavano alle riunioni organizzate dai diversi Istituti per la presentazione dell’offerta formativa), che una Scuola Media della città (quella più “in”, quella in cui confluivano i ragazzi del “centro storico”), o meglio il suo Preside (allora si chiamavano Presidi quelli che ora si chiamano tristemente Dirigenti) decantando i meriti di quella scuola, aveva promesso ai genitori che mai i loro figli avrebbero incontrato ragazzi con handicap o ragazzi stranieri, come invece accadeva in altre scuole della città…

Denunciai pubblicamente quel comportamento, che mi aveva sconcertata, durante una conferenza provinciale che vedeva riuniti i Presidi e l’allora Provveditore agli studi, ma la cosa fu glissata con eleganza e non ho mai capito se ciò accadde perché a livello istituzionale lo si riteneva un caso isolato e non degno di nota, o perché a livello istituzionale si condivideva, in qualche modo, l’atteggiamento “espulsivo” di quel Preside. Sta di fatto che negli anni successivi accadeva spesso che venissero da noi non solo i ragazzini (con problemi) che appartenevano al nostro bacino d’utenza, ma anche quelli che ci sceglievano perché eravamo bravi e quelli che altre scuole “non avevano più spazio per accogliere”.

Diventammo bravissimi, e non solo con i ragazzi problematici, ma anche con i ragazzi normali, che quando andavano nella scuola superiore prendevano i voti più alti.

 

La scuola dell’inclusione?

Sere fa, facendo lezione ad insegnanti che si preparano a diventare dirigenti, sostenevo che l’inclusione, prima d’essere una pratica che rispetta i vincoli data dalla norma, è un atteggiamento culturale, un principio che deve ispirare la scuola contemporanea in tutte le sue scelte organizzative e didattiche, in tutte le sue scelte di contenuto e di metodo.

E lo dicevo con convinzione, sapendo di potermi riferire a principi costituzionali e a provvedimenti normativi che delineano in tal senso le visioni pedagogiche e sociali su cui si fonda la scuola pubblica italiana.

 

Vogliamo partire dalla citazione dell’art.3 della Costituzione?

Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese.

Vogliamo riguardare alcune affermazioni delle Indicazioni per il curricolo nella scuola del primo ciclo?

 

La scuola italiana sviluppa la propria azione educativa in coerenza con i principi dell’inclusione delle persone e dell’integrazione delle culture, considerando l’accoglienza della diversità un valore irrinunciabile. La scuola consolida le pratiche inclusive nei confronti di bambini e ragazzi di cittadinanza non italiana promuovendone la piena integrazione. (…)

Particolare cura è riservata agli allievi con disabilità o con bisogni educativi speciali, attraverso adeguate strategie organizzative e didattiche, da considerare nella normale progettazione dell’offerta formativa (…).

Tali scelte sono bene espresse in alcuni documenti di forte valore strategico per la scuola, quali ”La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” del 2007, “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” del 2009, e “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento” del 2011, che sintetizzano i criteri che devono ispirare il lavoro quotidiano degli insegnanti.

 

Vogliamo stralciare qualche pensiero tratto dal documento dell’ ottobre 2007 “La via italiana per la scuola interculturale e l’integrazione degli alunni stranieri” (Osservatorio nazionale per l’integrazione degli alunni stranieri e per l’educazione interculturale)?

 

Si tratta, invece, di assumere la diversità come paradigma dell’identità stessa della scuola nel pluralismo, come occasione per aprire l’intero sistema a tutte le differenze (di provenienza, genere, livello sociale, storia scolastica). Tale approccio si basa su una concezione dinamica della cultura, che evita sia la chiusura degli alunni/studenti in una prigione culturale, sia gli stereotipi o la folklorizzazione.

 

Vogliamo riflettere su quanto inaccettabile sia sul piano culturale e storico qualsiasi atteggiamento espulsivo?

Roma, 8 gennaio 2010, C.M. n. 2

La presenza nelle scuole di alunni di diversa provenienza sociale, culturale, etnica e con differenti capacità ed esperienze di apprendimento costituisce ormai, nella società plurale e globalizzata in cui viviamo, un dato strutturale in continuo aumento, tanto da interessare l’intero sistema di istruzione e, sia pure in maniera non uniforme, non solo le istituzioni scolastiche delle grandi aree urbane, ma anche quelle dei medi e piccoli centri.

 

E vogliamo ragionare sull’obbligo per gli Istituti di elaborare annualmente un proprio Piano di inclusione? Sulla voce inclusione e differenziazione prevista dal Rav? Sulle norme che dalla 517/77 ad oggi non hanno mai smesso di cercare risposte risolutive ai problemi della integrazione, della inclusione, della differenziazione, della dispersione?

 

Iscrivetevi da noi, ché non ci saranno né stranieri né poveri!

Oggi la stampa riporta, dal sito del MIUR, le parole terribili che non avremmo mai pensato di poter leggere, scritte da scuole!

 

“Le famiglie che scelgono il liceo sono di estrazione medio-alto borghese, per lo più residenti in centro … Tutti, tranne un paio, gli studenti sono di nazionalità italiana e nessuno è diversamente abile. La percentuale di alunni svantaggiati per condizione familiare è pressoché inesistente, mentre si riscontra un leggero incremento dei casi di DSA. Tutto ciò favorisce il processo di apprendimento, limitando gli interventi di inclusione a casi di DSA, trasferimento in entrata o all’insorgere di BES”.

 

“La quasi assenza di stranieri e la totale assenza di poveri favorisce il processo di apprendimento”.

 

“Gli studenti del liceo classico hanno, per tradizione, una provenienza sociale più elevata rispetto alla media. Questo è particolarmente avvertito nella nostra scuola. A partire da tale situazione favorevole la scuola ha il compito di contribuire ad elevare il livello culturale degli allievi”.

 

“Data la prevalenza quasi esclusiva di studenti provenienti da famiglie benestanti, la presenza se pur minima di alunni provenienti da famiglie di portieri o di custodi comporta difficoltà di convivenza dati gli stili di vita molto diversi”.

 

“Poveri e disagiati costituiscono un problema didattico. Il contesto socio economico e culturale, complessivamente di medio e alto livello, e l’assenza di gruppi di studenti con caratteristiche particolari dal punto di vista della provenienza culturale (come ad esempio nomadi o studenti di zone particolarmente svantaggiate) costituiscono un background favorevole alla collaborazione e al dialogo tra scuola e famiglia, nonché all’analisi delle specifiche esigenze formative nell’ottica di una didattica davvero personalizzata”.

 

Gli studenti del nostro istituto appartengono prevalentemente alla medio-alta borghesia romana. La spiccata omogeneità socioeconomica e territoriale dell’utenza facilita l’interazione sociale. Non sono presenti né studenti nomadi né provenienti da zone particolarmente svantaggiate”.

 

Credo siano inutili i commenti: la gravità delle affermazioni si commenta da sé.

Quando la scuola diventa complice e artefice del degrado morale e culturale del Paese

Sappiamo bene che stiamo parlando di scuola del secondo ciclo e non del primo. Che stiamo parlando di Licei e non di Tecnici o Professionali, con problemi di orientamento e di finalizzazione degli studi. Sappiamo bene che fare scuola in classi molto eterogenee per culture, per lingue, per costumi, per storie, è molto più difficile che fare scuola in classi omogenee e non bisognose di differenziazioni: “Come risulta dalle rilevazioni nazionali e locali e da indicazioni provenienti dagli uffici dell’Amministrazione scolastica, ci troviamo di fronte ad un fenomeno generalizzato e complesso con aspetti problematici e criticità di non facile gestione e soluzione, che incidono negativamente sull’efficacia dei servizi scolastici e sugli esiti formativi C.M. n. 2/2010”.

 

Ma sappiamo anche che le colpe sono molte, sia della scuola, che non riesce a cambiare (“l’elevata concentrazione nelle scuole e nelle classi di alunni con culture, condizioni, vissuti familiari e scolastici, situazioni di scolarizzazione e di apprendimento fortemente differenziati, impone il superamento di modelli e tecniche educative e formative tradizionali e l’adozione di metodologie, strumenti e contributi professionali adeguati alle nuove e diverse esigenze…”) sia della politica ministeriale, che promuove principi di inclusione e nuove pratiche, ma non costruisce competenze e strumenti di sistema adeguati alle nuove necessità.

D’altro canto sappiamo bene anche che le famiglie, con cui le scuole devono fare i conti quotidiani, sono sempre più disposte a battersi per gli interessi dei propri figli (reali o presunti, legittimi o illegittimi), più che per il rispetto dei valori democratici o dei principi di solidarietà.

Ma che la scuola, la scuola pubblica, santuario di democrazia, di pluralismo, di accoglienza, di rispetto della persona, utilizzi argomenti difformi rispetto alle norme e lesivi della dignità umana pur di costruire un’immagine di sé appetibile ad una classe genitoriale dalla cultura xenofoba ed espulsiva; che la scuola pubblica, cui sono affidate le sorti educative del Paese, lanci alla popolazione messaggi di così palese cultura classista se non anche razzista, di così grave pericolosità sociale, di  così grave disprezzo della persona,  mi lascia sgomenta, e non so cosa pensare, dove fuggire, quale meta desiderare purché lontana da questo Paese in degrado morale e umano.

E mentre la stampa racconta queste cose incredibili, dove sono e cosa pensano e cosa fanno e come si oppongono e come si differenziano le altre scuole, gli altri dirigenti, gli altri insegnanti, quelli che ad una società inclusiva ancora credono, se ci credono,  al di là delle parole che scrivono nei Piani di inclusione?

Dove sono le scuole che hanno il coraggio (sì, ormai si tratta d’aver coraggio!) di dire alle famiglie iscriveteli da noi perché accogliamo tutti, perché il nostro sforzo e la nostra professionalità sono rivolti a far crescere ciascuno di loro, ma a farli crescere insieme!?

Dove sono le scuole che ancora credono di poter svolgere un ruolo educativo nel Paese, e che avvertono l’obbligo morale di prendere ufficialmente le distanze da chi impunemente dichiara di non accogliere i poveri, i disagiati, gli stranieri?

NO AL MISERABILE CONTRATTO

RIALZIAMO LA TESTA. NO AL MISERABILE ‘CONTRATTO’. SCIOPERO GENERALE SCUOLA IL 23 FEBBRAIO. NON UN VOTO RSU, NÉ PIÙ UN ISCRITTO A CHI L’HA FIRMATO.

Il Contratto appena firmato da Cgil, Cisl, e Uil dimostra in modo inequivoco come la Scuola sia oggi priva di rappresentanza adeguata, sia sotto il profilo deontologico specifico, per la totale mancanza di rispetto dell’autonomia e del vincolo costituzionale della libertà d’insegnamento dovuto a 30 anni di controriforme, che per l’inadeguatezza pan-impiegatizia dei sindacati tradizionali, ai quali la casta politica ha accordato una vera e propria dittatura in termini dell’esercizio elementare dei diritti sindacali (negati a qualsiasi nuovo soggetto organizzato).

Ecco quindi un intreccio che stritola la Scuola. Gli insegnanti vengono resi meri esecutori di una valutazione di regime basata sui diktat degli speculatori della UE, con la vergogna didascalica dei quiz Invalsi imposta ad alunni e studenti, con l’aberrante didattica delle ‘competenze’ e la contestuale eliminazione delle conoscenze e dei saperi critici propedeutica ad un’alternanza scuola-lavoro che è mero apprendistato per l’introiezione di attitudini meramente esecutive. Al corpo docente ed agli ata (che esercitano comunque forme di coadiuzione educativa), viene negato ogni riconoscimento professionale, chiusi nella gabbia sotto-impiegatizia tracciata dal 1993 dalle norme imposte dal governo Amato alla contrattazione.

Questa è la radice di un contratto inaccettabile che, dopo 12 anni di blocco (non 10, come dicono), a fronte di una perdita secca di almeno 18.000 euro pro-capite (15.000 stimati dalla stessa Flc-Cgil), destina ‘a recupero’, alla scuola meno retribuita d’Europa, la miseria di circa 250 euro netti medi (circa 400 lordi) in tutto ed ‘aumenti’ pari a 80 euro lordi (45 netti medi) distribuiti nell’anno a partire da Marzo, con Gennaio e Febbraio che passano ‘in cavalleria’, sacrificati per raggiungere gli 80 euro lordi per i restanti mesi, mentre in realtà, solo con questa manovra se ne perdono 90 netti sull’anno. Questo non è l’unico ‘giochino’ di marca confederale. Sempre per garantire gli 80 euro lordi a quel 20% di categoria che viene comunque escluso dalla soglia degli 85 lordi (in particolare collaboratori scolastici ed amministrativi, come per i loro omologhi dell’Università e della Ricerca – altrettanto penalizzati), hanno tirato fuori dal ‘cilindro’ lo storno di (soli) 70 dei 200 milioni di euro del vergognoso ‘bonus’ premiale renziano, facendoli ‘transitare’ dentro la cifra complessiva del fondo di istituto per poi girarli sulla retribuzione professionale docente. Il risultato è che ai dirigenti resteranno comunque circa novemila euro netti da distribuire discrezionalmente nelle singole scuole. Di contro, il nuovo “fondo per il miglioramento dell’offerta formativa” risulta oggi ancora più povero di prima. Per non parlare dei peggioramenti sul piano normativo.

Se la denuncia e le proteste, a cominciare dallo sciopero unitario Cobas-Unicobas-Usb del 10 Novembre 2017, hanno fatto recedere Aran e firmatari dall’obbligatorietà del tutoraggio sull’alternanza scuola-lavoro e sull’aumento d’orario, verrà invece impedito ai docenti che hanno titolarità sull’istituto, dopo le operazioni di mobilità, di presentare domanda per i successivi tre anni.

È solo rinviata, ma ancora incombente, la trattativa sull’incrudimento delle sanzioni disciplinari.  Infine, il demagogico impianto ‘perequativo’ rimane senza garanzia alcuna che venga riconfermato dal 2019. Così, persino quella miserabile mancia che non vedremo prima di Aprile potrebbe sparire a partire da Gennaio 2019.

Complessivamente, la Scuola ha di meno del comparto dei ministeri e circa la metà del comparto ‘sicurezza’ (che aveva una vacanza contrattuale molto inferiore).

Tutto ciò non capita per caso. Le regole imposte alla Scuola (ma non ai docenti universitari, alla magistratura, all’esercito ed alla polizia), da 35 hanno corroso gli stipendi perché impongono ‘aumenti’ adeguati al calcolo sull’inflazione ‘programmata’ che fa il Ministro dell’Economia pro-tempore, parte datoriale per definizione, con percentuali sempre ben al di sotto dell’inflazione dichiarata (dato Istat), che è già la metà di quella reale. Così, di contratto in contratto ci siamo allontanati dalla media europea, per finire ultimi. Col Dl.vo 29/93 li scatti biennali d’anzianità che avevamo sino al 1995 (che i comparti ‘garantiti’ hanno conservato), sono stati prima sterilizzati su 6 e 7 anni, e poi eliminati perché a carico dello stanziamento complessivo per il Fondo di Istituto, così, quando vengono saldati (sempre in ritardo) si riduce la retribuzione media oraria per i progetti didattici e gli straordinari ata.

Ma tutto ciò non avrebbe potuto funzionare se, nel frattempo, non fossero stati eliminate le elezioni per i Consigli Scolastici Provinciali e per il Consiglio Nazionale della Pubblica Istruzione che definivano la rappresentanza sindacale di docenti ed ata. Elezioni sostituite da quelle per le RSU, dove il sindacalismo alternativo, frutto della revanche professionale della Scuola, è obbligato a concorrere senza liste provinciali e nazionali, dovendo presentare una lista in ognuno degli 8.400 istituti italiani persino senza il diritto di assemblea in orario di servizio per cercare sottoscrittori e candidature, mentre i soliti noti sono destinati a conservare all’infinito la cd. ‘maggiore rappresentatività’ acquisita in 63 anni di incontrastato dominio di casta. Infatti, la legge Bassanini del 1997 (voluta all’epoca da tutto l’arco parlamentare, da Prodi a D’Alema, da Bersani a Bertinotti, sino al centro ed alle destre, Meloni e Rampelli compresi e, naturalmente alla Lega e Berlusconi) sulla rappresentanza sindacale, con l’introduzione dell’opzione ridicola del 5% di media fra voti ed iscritti, prevede che chi possiede almeno il 10% sul totale dei sindacalizzati rimanga ‘rappresentativo’ anche a voti zero!

In ogni caso, la presentazione di una nostra lista nella maggior parte delle scuole può ugualmente cambiare la situazione della rappresentanza sindacale togliendo il monopolio ai sindacati di partito. Questo, ed una grande adesione di massa allo sciopero del 23 Febbraio (e la rabbia monta di ora in ora), cambierebbe del tutto i rapporti di forza, farebbe crollare la L.107/15, restituirebbe la titolarità di istituto, eliminerebbe la chiamata diretta e l’umiliazione del ‘bonus’ discrezionale, ridurrebbe il numero di alunni per classe, imporrebbe nuove assunzioni basate sulle abilitazioni conseguite e sugli anni di precariato (senza guerra fra poveri), sgancerebbe la scuola dal mondo impiegatizio e l’aggancerebbe all’università: finalmente si potrebbe ricominciare a pretendere retribuzioni europee ed un sistema pensionistico sano ed equo, invece di continuare a veder massacrare scuola, sanità, welfare per regalare soldi alla casta dei partiti, agli speculatori, alle banche.

Come s’è visto, non sono certo le petizioni di principio (allegramente sottoscritte senza conoscenza delle norme) a restituire protagonismo alla categoria. Per questo siamo impegnati in una campagna martellante. Diciamo ad ogni collega: – Se non presenti la nostra lista non ci puoi votare. È in questo modo che restano i soliti noti, gli unici ad avere il monopolio delle assemblee nella tua scuola. Ti fanno credere che queste elezioni servano solo ad eleggere un ‘rappresentante’ (non importa di quale sindacato) per la trattativa di istituto, mentre invece è in gioco la rappresentanza sindacale nazionale per i prossimi 3 anni. Rovescia il tavolo, fai quel che i sindacati di partito non vogliono: non possono impedirti di candidarti e/o votare una lista dell’Unicobas. Basta con i mestieranti sindacali: eleggiti. Non fare il loro gioco: eleggi colleghe e colleghi fuori dai giochi! Dopo il massacro della dignità dell’istruzione pubblica non è accettabile un’altra vittoria di quanti, di contratto in contratto, hanno portato la Scuola alla miseria economica e morale. Sindacati di stato e Ministero contano sui pavidi, ma la paura non è accettabile in democrazia: la Scuola deve rialzare la testa. Oggi più che mai l’istruzione ha bisogno della maieutica dei Leoni, non di quella dei conigli…

È un momento cruciale: è quanto mai necessario fare sul serio. Per questo va curato il fronte comune con i Cobas e con tutto il sindacalismo alternativo (a cominciare da chi è già presente nel percorso del 23 Febbraio: Usb, Usi, coordinamenti di base dei diplomati magistrali, Cub). Ma oggi l’invito va esteso senza remore anche a Gilda e Snals, che non hanno firmato il contratto della miseria, in primis ai loro iscritti (nonché alla base confederale tradita, sempre più critica), perché scendano in campo per iniziative comuni e concordate, sin dalla presenza nello sciopero e nella manifestazione sempre più montante del 23 Febbraio, che partirà dal Ministero dell’Istruzione alle h. 9.00.

Stefano d’Errico (Segretario nazionale Unicobas Scuola & Università)

Scuola, dopo nove anni firmato nuovo contratto nazionale: aumento stipendio di 85 euro

da la Repubblica

Scuola, dopo nove anni firmato nuovo contratto nazionale: aumento stipendio di 85 euro

Riguarda un milione di addetti ai lavori: docenti e Ata (amministrativi, tecnici e ausiliari) e comprende gli addetti dell’università e della ricerca

di SALVO INTRAVAIA

Dopo quello degli statali, arriva l’attesissima firma del contratto di lavoro del nuovo comparto Istruzione e Ricerca.
L’accordo è stato sottoscritto questa mattina dopo una lunghissima notte di trattative. Ma ha lasciato sul campo più di qualche scoria: alla fine hanno siglato l’accordo soltanto Flc Cgil, Cisl e Uil. Non hanno firmato Gilda degli insegnanti e Snals.

Una spaccatura del fronte sindacale che, almeno di recente, non si ricorda per una tornata contrattuale. Per la Scuola, il rinnovo del contratto si materializza dopo nove anni (12 per la parte normativa) e riguarda un milione di addetti ai lavori (docenti e Ata: amministrativi, tecnici e ausiliari).Sono circa 200mila gli addetti dell’Alta formazione artistica e musicale (Afam), i ricercatori, i tecnologi, i tecnici e gli amministrativi degli Enti di ricerca e delle università.

Per i docenti della scuola, “gli aumenti salariali – spiegano i sindacati – sono in linea con quanto stabilito dalle confederazioni con l’accordo del 30 novembre 2016; da un minimo di 80,40 euro a un massimo di 110,70 euro”. E resta, per le fasce retributive più basse, il bonus fiscale di 80 euro.

“Nessun aumento – puntualizzano i rappresentanti dei lavoratori – di carichi e orari di lavoro, nessun arretramento per quanto riguarda le tutele e i diritti nella parte normativa, nella quale al contrario si introducono nuove opportunità di accedere a permessi retribuiti per motivi personali e familiari o previsti da particolari disposizioni di legge”.

Il bonus per il merito, che ha creato tantissime divisioni all’interno delle scuole in passato, non verrà più distribuito dai dirigenti scolastici ma confluirà in parte (il 60 per cento) nelle tasche degli insegnanti attraverso gli aumenti di stipendio e la restante parte (il 40 per cento) verrà contrattata a livello di istituzione scolastica.

La questione delle sanzioni disciplinari, che ha tenuto in sospeso la conclusione dell’accordo, viene rinviata ad una successiva tornata contrattuale.

Mentre la mansione di tutor dell’alternanza scuola-lavoro sarà obbligatoria ma “incentivata” e cioè retribuita a parte.

Verranno mantenuti all’interno del borsellino elettronico i 500 euro per la formazione degli insegnanti per l’acquisti di computer, tablet e corsi di formazione.

Accolta la richiesta da parte degli insegnanti che non riceveranno più e-mail e messaggi anche di notte per riunioni o comunicazioni: il nuovo contratto prevede “il diritto alla disconnessione, a tutela della dignità del lavoro, messo al riparo dall’invasività delle comunicazioni affidate alle nuove tecnologie”, spiegano i sindacati.

Sempre per i docenti della scuola, le riunioni pomeridiane (consigli di classe, collegi dei docenti, ricevimenti dei genitori) passano da 40 ore più 40 ore a 80 complessive.

La formazione in servizio diventa obbligatoria, ma sarà il Collegio e la contrattazione scolastica a stabilire il monte ore complessivo annuale.

“Il contratto – commentano Flc Cgil, Cisl e Uil – segna una svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale. Rafforzati tutti i livelli di contrattazione, a partire dai luoghi di lavoro, valorizzando in tal modo il ruolo delle Rsu (la Rappresentanza sindacale unitaria del singolo istituto) nell’imminenza del loro rinnovo”.

Il contratto appena sottoscritto, che vale per il triennio 2016/2018, scadrà il prossimo mese di dicembre. E già si pensa a quello successivo. “Siamo andati oltre, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti, con l’obiettivo di dare – commenta soddisfatta la ministra Valeria Fedeli – il giusto e necessario riconoscimento professionale ed economico alle nostre lavoratrici e ai nostri lavoratori”.

Rinnovo contratto scuola. Ministra Fedeli: “I fondi sul merito sempre gestiti dai dirigenti scolastici”

Ecco, nello specifico gli aumenti che dovrebbero scattare a marzo o aprile: 96 euro in media al mese per i docenti delle scuole e 105 euro al mese per i colleghi dell’Afam. “Per gli ATA delle scuole – calcolano al Miur – l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’ASI di 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro”.

Ma non solo aumenti. Sono previste “Misure disciplinari – annunciano da viale Trastevere – per chi usa in modo improprio, ovvero con fini non coerenti con l’obiettivo dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento, i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti”. Entro luglio è previsto il rinnovo del codice etico.

E per i docenti che violassero la fiducia accordata dalle famiglie, “mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni” è previsto il licenziamento.

Per le università, “si prevedono misure innovative per il personale che lavora nelle Aziende ospedaliere nonché per i collaboratori ed esperti linguistici, risolvendo alcune questioni rimaste aperte da tempo e mai risolte.

Per gli Enti di ricerca si confermano le forti specificità per il ruolo e per l’importanza che rivestono i ricercatori e tecnologi per la crescita e l’evoluzione del sistema Paese.

E per il personale Afam si prevede che il ruolo di professore di seconda fascia divenga ad esaurimento, puntando a un modello che vede il passaggio verso la prima fascia e fatte salve le graduatorie esistenti”, concludono dal ministero.

Scuola, altolà di Fedeli: “Inaccettabili le pubblicità classiste dei licei”

da la Repubblica

Scuola, altolà di Fedeli: “Inaccettabili le pubblicità classiste dei licei”

L’intervento della ministra dopo la denuncia di “Repubblica” sugli istituti che presentano come un vantaggio l’assenza fra gli alunni di poveri, disabili e stranieri. “Così si viola la Costituzione e si nega la nostra vocazione all’accoglienza. Ho chiesto un monitoraggio all’Invalsi, prenderemo provvedimenti”

ROMA – Le scuole che, per attrarre studenti, “descrivono come un vantaggio l’assenza di stranieri o di studenti provenienti da zone svantaggiate o di condizione socio-economica e culturale non elevata” violano i principi della Costituzione e travisano completamente il ruolo della scuola.  A dirlo è la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, dopo la denuncia di “Repubblica” che ha raccontato come molti licei, da Milano a Roma, presentino come propri punti di forza (che favoriscono “la coesione” e “l’apprendimento”) proprio l’assenza tra gli alunni di ragazzi di origine straniera, poveri e disabili. Accade sul portale istituzionale “Scuola in chiaro”, dove ogni istituto pubblica il proprio Rav (Rapporto di autovalutazione): uno strumento nato per aiutare ragazzi e famiglie a scegliere la scuola confrontando le diverse opzioni. Diversi i casi citati da “Repubblica”: “Tranne un paio, gli studenti sono italiani e nessuno è disabile”, scrive ad esempio il classico romano Visconti. Mentre il genovese D’Oria sottolinea come l’assenza di “gruppi particolari” (ad esempio nomadi) offra ai ragazzi un “background favorevole”. “Non posso che stigmatizzare – spiega la ministra – il linguaggio utilizzato da alcuni istituti”. Così “si fa un passo indietro rispetto a una delle caratteristiche fondanti della scuola italiana: la capacità di inclusione e integrazione, riconosciuta anche a livello internazionale. E si nega di fatto l’articolo 3 della Costituzione” (‘Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge’, ndr).

La scuola di cui abbiamo bisogno, spiega Fedeli, è “inclusiva, capace di rispettare e valorizzare le differenze. Una scuola dove nessuno si senta escluso e dove tutti i ragazzi possano (indipendentemente da provenienza e condizioni) essere formati a diventare cittadini consapevoli. Perciò, conclude la ministra,  “scriverò oggi stesso all’Invalsi (l’istituto nazionale di valutazione, ndr)  perché faccia immediatamente un attento monitoraggio dei Rav in riferimento a questo tipo di episodi. L’autonomia delle scuole è sacra. Ma ci sono principi irrinunciabili cui tutti dobbiamo ispirarci”. Invece, “leggendocerte espressioni sembra che qualcuno li abbia dimenticati. Alcune frasi appaiono gravi, persino classiste. Non sono tollerabili e prenderemo provvedimenti”. Tanto più, avverte, che proprio il Rav “rientra fra gli strumenti di valutazione” delle scuole e dei presidi.

Contratto scuola, successo o marchetta pre-elettorale?

da La Tecnica della Scuola

Contratto scuola, successo o marchetta pre-elettorale?

Concorso docenti abilitati: il decreto 995 del 15 dicembre in Gazzetta Ufficiale. Non c’è ancora il bando

da La Tecnica della Scuola

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Invalsi, due procedure pubbliche per il reclutamento di esperti: scadenza 12 e 13 febbraio

da La Tecnica della Scuola

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Prove Invalsi classe III secondaria di primo grado: pubblicati esempi prove CBT

da La Tecnica della Scuola

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Alunni stranieri e disabili: quanti sono in media nelle scuole italiane?

da Tuttoscuola

Alunni stranieri e disabili: quanti sono in media nelle scuole italiane?

Assenti stranieri, disabili o studenti provenienti da zone svantaggiate o di condizione socio-economica e culturale non elevata? Secondo quanto riportato da alcuni quotidiani nazionali nelle ultime ore, pare che per molte scuole, da Milano a Roma, questa sia una condizione vantaggiosa, un’opportunità da cogliere al volo per scegliere quell’istituto piuttosto che un altro. Ma quanti sono, mediamente, gli alunni stranieri e disabili nelle scuole italiane? Lo ha calcolato Tuttoscuola elaborando i dati Miur.

Gli alunni con disabilità inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado in quest’anno scolastico sono 243.840, uno ogni 32 ragazzi. Mediamente 6-7 ogni dieci classi. Considerando che le scuole in Italia (intese come istituzioni scolastiche), in totale, sono 8.221, secondo i calcoli di Tuttoscuola quest’anno ci sono mediamente 29,7 alunni con disabilità in ogni scuola.
Nello specifico, nella scuola dell’infanzia sono 21.573, uno ogni 44 bambini; sono distribuiti in media 5 ogni dieci sezioni.
Nella primaria ci sono 87.244 alunni con disabilità, uno ogni 29 alunni. Mediamente ci sono 7 alunni disabili ogni 10 classi.
Nella secondaria di I grado ci sono 67.726 alunni disabili, uno ogni 24 alunni, mediamente quasi 9 alunni ogni dieci classi.
Negli istituti superiori sono inseriti 67.267 studenti con disabilità, 6 ogni dieci classi.

Gli alunni con cittadinanza non italiana inseriti nelle scuole statali di ogni ordine e grado nell’anno scolastico 2016-17 sono stati, invece, 736.307, uno ogni 11 ragazzi. Mediamente 2 stranieri per classe.
Secondo i calcoli di Tuttoscuola, nell’anno preso in considerazione, ci sono quindi stati mediamente 89,6 alunni stranieri in ogni scuola.
Nello specifico, nella scuola dell’infanzia erano 110.516, uno ogni 9 bambini, pari mediamente a 2,6 stranieri per ogni sezione.
Nella primaria ci sono stati 290.024 alunni stranieri, uno ogni 9 alunni; in media 2,2 per classe.
Nella secondaria di I grado ci sono stati 154.655 alunni con cittadinanza non italiana, uno ogni 11 alunni, mediamente 2 per classe.
Negli istituti superiori l’anno scorso erano inseriti 181.112 studenti stranieri, uno ogni 15 studenti, pari a 1,5 straniero per classe.

Sport di Classe, Fedeli: ’15 milioni di euro per potenziare l’attività motoria e sportiva tra i banchi’

da Tuttoscuola

Sport di Classe, Fedeli: ’15 milioni di euro per potenziare l’attività motoria e sportiva tra i banchi’

Più “Sport di Classe”. Sessanta ore di attività motoria e sportiva in più – circa due ore a settimana – a scuola. È stato pubblicato sul sito del MIUR l’avviso che stanzia 15 milioni di euro in totale per potenziare il progetto “Sport di Classe” realizzato in collaborazione con il CONI, il Comitato Olimpico Nazionale, nelle scuole del primo ciclo di istruzione. Ne dà notizia un comunicato del Miur.

Lo stanziamento, che avviene nell’ambito del Programma Operativo Nazionale (PON), finanziato con il Fondo Sociale Europeo 2014-2020, è destinato a tutti gli istituti del primo ciclo delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia.

“Sport di Classe” è un progetto ideato e realizzato dal MIUR con la collaborazione del CONI, appunto, per “promuovere l’attività motoria a scuola e aumentare le opportunità di avvicinamento allo sport – ricorda la Ministra Valeria Fedeli -. Sostenere lo sport significa favorire stili di vita salutari. Vuol dire aiutare le ragazze e i ragazzi a star bene con se stessi e con gli altri, in un’ottica di inclusione sociale, di pieno sviluppo della persona, così come previsto dalle Indicazioni nazionali per il curricolo della scuola dell’infanzia e del primo ciclo di istruzione”.

Le scuole potranno presentare i loro progetti dalle ore 10.00 del giorno 20 febbraio 2018 alle ore 15.00 del giorno 27 marzo 2018.

Qui il bando: http://www.istruzione.it/pon/avviso_sport.html

Assenze nella scuola primaria: ecco come funzionano, istruzioni per l’uso

da Tuttoscuola

Assenze nella scuola primaria: ecco come funzionano, istruzioni per l’uso

La scuola primaria, in quanto scuola dell’obbligo, non ammette assenze dalle lezioni se non per motivate ragioni di famiglia o di salute. Qualora l’assenza dell’alunno da scuola sia dovuta a ragioni di salute e comporti una assenza continuativa che si prolunga oltre i cinque giorni, occorre, di norma, che l’alunno giustifichi l’assenza. Una norma di medicina scolastica prescrive, infatti, che gli alunni possono essere riammessi a scuola solo presentando specifico certificato medico quando la malattia superi i cinque giorni continuativi. Tuttavia, recenti disposizioni sanitarie hanno rimesso direttamente alle Regioni la competenza in materia di medicina scolastica anche con riferimento ai certificati medici per la riammissione degli alunni a scuola dopo un periodo di malattia.

Assenze a scuola, le eccezioni

Si sono registrate già eccezioni rispetto al criterio generale di certificare le assenze per malattia superiori ai cinque giorni. Infatti, ad esempio, la Regione Lombardia ha stabilito con apposita legge regionale che per tutte le scuole delle province lombarde è abolito l’obbligo di rilascio di certificati medici di riammissione oltre i cinque giorni di assenza da scuola. In tali casi riteniamo che, in mancanza del certificato medico non più dovuto, la famiglia possa semplicemente comunicare alla scuola il motivo dell’assenza, anche nell’interesse della salute del proprio figlio e degli altri bambini. Per particolari malattie infettive che abbiano comportato anche un ricovero ospedaliero per il livello di gravità della malattia stessa, la certificazione medica è necessaria per la riammissione a scuola.

Assenze a scuola: cosa fare se sono troppe

Qualora le assenze da scuola siano frequenti e non giustificate, il dirigente provvede ad avvisare le famiglie sollecitandole a un comportamento di maggiore cooperazione con la scuola per non vanificare il diritto all’istruzione che la Costituzione della Repubblica Italiana garantisce a tutti i cittadini. Nel caso in cui la famiglia non ottemperi all’obbligo di istruzione dei figli (frequenza gravemente saltuaria o addirittura non frequenza alle lezioni), il dirigente provvede a segnalare alla magistratura la violazione della specifica norma del codice civile.

Contratto scuola: dagli aumenti alle regole, cosa cambia per 1,2 milioni di dipendenti

da Tuttoscuola

Contratto scuola: dagli aumenti alle regole, cosa cambia per 1,2 milioni di dipendenti

Firmato oggi all’Aran il rinnovo del contratto scuola che  riguarda 1,2 milioni di dipendenti. «Siamo molto soddisfatti per l’intesa raggiunta che, voglio ricordarlo, arriva dopo otto anni di mancati rinnovi – dichiara la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli -. Avevamo preso un impegno preciso, lo abbiamo mantenuto. Abbiamo lavorato, in questi mesi, nel solco dell’intesa siglata il 30 novembre del 2016 e siamo andati anche oltre, riuscendo a garantire aumenti superiori a quelli previsti, con l’obiettivo di dare il giusto e necessario riconoscimento professionale ed economico alle nostre lavoratrici e ai nostri lavoratori. Perché valorizzare chi opera nei settori della conoscenza, ne siamo convinti, significa impegnarsi per garantire un futuro di qualità alle nostre giovani e ai nostri giovani».

«Il contratto siglato è il frutto di un importante e serrato lavoro di confronto – continua la Ministra -. Ringrazio le Organizzazioni sindacali, l’Aran, la Funzione pubblica che hanno operato per raggiungere questo risultato, che rappresenta non un punto di arrivo, ma di partenza. Gli aumenti garantiti e le novità contenute nel contratto avviano un percorso significativo di valorizzazione delle professionalità che lavorano nei nostri settori. È stato raggiunto un risultato che offre migliori condizioni ai dipendenti, penso ad esempio alla qualità delle relazioni sindacali, e che mette al centro anche le nostre ragazze e i nostri ragazzi con regole certe per la continuità didattica. Si tratta di un lavoro che ora deve proseguire con convinzione, nella consapevolezza che viviamo in una società e in una economia della conoscenza in cui ciò che offriamo sul piano della formazione ai nostri giovani è centrale per un futuro che li veda protagonisti e capaci di interagire con i cambiamenti in atto e non di subirli. Con il rinnovo abbiamo segnato una pagina importante che non deve restare isolata».

«Proseguiamo il lavoro iniziato tre anni fa: dopo il contratto degli statali, quello del comparto sicurezza e difesa e dei vigili del fuoco, abbiamo rinnovato anche il contratto del comparto conoscenza. Un riconoscimento giusto e doveroso a tutte le donne e gli uomini che si occupano della formazione e della crescita dei bambini e dei ragazzi», sottolinea la Ministra per la Semplificazione e la Pubblica Amministrazione, Marianna Madia.

Sono coinvolti dal rinnovo 1.191.694 di dipendenti, oltre un milione nella sola scuola, 53.000 nelle Università (esclusi le e i docenti universitari), 24.000 negli Enti di ricerca e 9.500 nell’AFAM. Il nuovo contratto si riferisce agli anni 2016, 2017 e 2018.
In particolare il comparto e l’area dirigenziale dell’Istruzione e della Ricerca comprendono i dipendenti:

  • della Scuola: docenti, educatori, amministrativi, tecnici ed ausiliari;
  • dell’AFAM: direttori, docenti, coordinatori, assistenti, coadiutori;
  • dell’Università: dirigenti, elevate professionalità e personale amministrativo;
  • degli Enti pubblici di ricerca:  personale amministrativo e tecnico, tecnologi e ricercatori di 21 enti.

A tutte le lavoratrici e a tutti i lavoratori sarà riconosciuto l’aumento stipendiale previsto dall’intesa del 30 novembre 2016 tra Governo e Organizzazioni sindacali, anche grazie alla previsione di un apposito intervento perequativo, che interessa soprattutto le qualifiche iniziali. Il contratto, inoltre, per valorizzare ulteriormente la professionalità dei docenti delle istituzioni scolastiche e dell’AFAM e il fondamentale ruolo che rivestono nella società, assegna loro un ulteriore riconoscimento economico, che consente di giungere a un incremento stipendiale complessivo medio di 96 euro al mese per i docenti delle scuole (gli aumenti vanno da 80,40 euro a 110) e di 105 euro al mese per i docenti dell’AFAM. Più di quanto previsto dall’intesa di novembre. Per gli ATA delle scuole l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’ASI di 118 euro. Salvaguardato, per le fasce retributive più basse, il bonus di 80 euro.
Non solo incrementi stipendiali. Con la firma del contratto scuole, università, enti di ricerca e istituzioni AFAM si avvantaggeranno anche di regole innovative per migliorare l’organizzazione del lavoro e tutelare e riconoscere l’impegno delle lavoratrici e dei lavoratori.

Scuola

Per la prima volta, il contratto riconosce la scuola quale comunità educante, di dialogo, di ricerca, di esperienza sociale, ispirata ai valori democratici e alla crescita della persona in tutte le sue dimensioni. Vengono regolate la parte normativa del rapporto di lavoro e le relazioni sindacali, intervenendo sui relativi strumenti, per consentire un corretto e proficuo confronto, e consentendo alla contrattazione integrativa di finalizzare specifiche materie in tema, tra l’altro, di offerta formativa e di processi di innovazione e valorizzazione delle professionalità. Il personale docente e ATA delle scuole beneficerà di una sequenza contrattuale che servirà a studiare un nuovo modello di sviluppo professionale, adeguato ai tempi. Per i docenti, ciò potrà portare, per la prima volta, ad istituire una carriera.

Si prevede la contrattazione dei criteri generali per la determinazione dei compensi per valorizzare il merito dei docenti, ferma restando la procedura di assegnazione. Entra così a regime il cosiddetto “bonus” dei docenti, previsto dalla legge 107 del 2015.

Centralità viene poi data anche all’esigenza fondamentale di garantire sempre di più il principio della continuità didattica alle ragazze e ai ragazzi: i docenti rimarranno per almeno tre anni sull’istituzione scolastica assegnata e richiesta volontariamente. Il contratto prevede anche nuove misure a salvaguardia delle studentesse e degli studenti e di un sano rapporto con le loro e i loro docenti. Si prevedono misure disciplinari per chi usa in modo improprio, ovvero con fini non coerenti con l’obiettivo dell’istruzione, della formazione e dell’orientamento, i canali di comunicazione informatici o i social per relazionarsi con gli studenti. I docenti che dovessero violare la fiducia accordatagli, mettendo in atto comportamenti o molestie di carattere sessuale nei confronti dei loro alunni, saranno licenziati.

Università, Ricerca, AFAM

Per le Università, nello specifico, si prevedono misure innovative per il personale che lavora nelle Aziende ospedaliere nonché per i Collaboratori ed esperti linguistici, risolvendo alcune questioni rimaste aperte da tempo e mai risolte. Inoltre – aspetto particolarmente qualificante – sono previste nella sequenza contrattuale maggiore flessibilità per le categorie e la creazione di nuove  aree professionali.

Per gli Enti di ricerca si confermano le forti specificità già significativamente riconosciute dal decreto legislativo 218 del 2016 per il ruolo e per l’importanza che rivestono i ricercatori e tecnologi per la crescita e l’evoluzione del sistema Paese. Sono introdotte misure per la maggiore flessibilità del Fondo per le progressioni economiche del personale.

Per il personale delle AFAM, si prevede che il ruolo di professore di seconda fascia divenga ad esaurimento, puntando a un modello che vede il passaggio verso la prima fascia e fatte salve le graduatorie esistenti.

Ipotesi contrattuale: licenziamento in tronco per molestie sessuali

da Tuttoscuola

Ipotesi contrattuale: licenziamento in tronco per molestie sessuali

Licenziamento in tronco dei docenti colpevoli di molestie e abusi sessuali sugli studenti (art. 29 dell’ipotesi contrattuale): la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, porta a casa con il contratto scuola un risultato importante sulla questione che l’aveva vista determinata a colpire duramente quei reati al centro di recenti fatti di cronaca.

L’intera materia della responsabilità disciplinare dei docenti sarà definita in apposita sequenza contrattuale da concludere entro il mese di luglio 2018, ma nell’immediato questa disposizione entrerà in vigore immediatamente, senza sconti e attenuanti anche se i fatti non sono gravi e commessi per la prima volta.

Questa la nuova norma che va ad aggiungersi alle altre previste dall’art. 498 del Testo Unico (d.lgs. 297/94) per i licenziamenti:

  1. g) per atti e comportamenti o molestie a carattere sessuale che riguardino gli studenti affidati alla vigilanza del personale, anche ove non sussista la gravità o la reiterazione;

L’art. 29 dell’ipotesi contrattuale prevede un’altra tipologia di reato che comporta il licenziamento immediato, le dichiarazioni false per ottenere il trasferimento:

  1. h) per dichiarazioni false e mendaci che abbiano l’effetto di far conseguire, al personale che le ha rese, un vantaggio nelle procedure di mobilità territoriale o professionale”.

Nel nuovo disciplinare da definire nella sequenza contrattuale occorre prevedere una specifica sanzione nel seguente caso: a) condotte e comportamenti non coerenti, anche nell’uso dei canali sociali informatici, con le finalità della comunità educante, nei rapporti con gli studenti e le studentesse.

Giorno del Ricordo

Con la Legge 30 marzo 2004, n. 92, la Repubblica riconosce il 10 febbraio quale ‘Giorno del ricordo, al fine di conservare e rinnovare la memoria della tragedia degli italiani e di tutte le vittime delle foibe, dell’esodo dalle loro terre degli istriani, fiumani e dalmati nel secondo dopoguerra e della piu’ complessa vicenda del confine orientale’.


Inviata circolare alle scuole per organizzare iniziative e momenti di approfondimento

Fedeli: “Promuovere il ricordo attivo per contrastare nel presente violenza e discriminazione”

“Non c’è coesione sociale senza rispetto dei diritti e non c’è rispetto senza conoscenza. Nelle nostre scuole educhiamo cittadine e cittadini responsabili e consapevoli, giovani che, attraverso lo studio e l’approfondimento, acquisiscono competenze di cittadinanza che consentono di costruire società eque, libere, giuste. Per questo motivo, in occasione del Giorno del Ricordo, abbiamo invitato tutti gli istituti scolastici del Paese a organizzare iniziative per indagare nel dettaglio cosa sia stata la tragedia delle Foibe e per promuovere la conoscenza degli eventi che costrinsero centinaia di migliaia di italiani, abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, a un esodo forzato. Il ricordo del nostro passato, anche delle sue pagine più dolorose, deve essere attivo: solo così possiamo fare in modo che il male non torni a imperversare nelle nostre comunità, che ogni giovane riconosca nel presente ogni forma di violenza, di discriminazione e di emarginazione e la contrasti con decisione”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, comunica l’invio a tutte le scuole italiane di una circolare che invita, anche mediante la collaborazione con le Associazioni degli esuli, a sensibilizzare le giovani generazioni sulle drammatiche vicende storiche che costrinsero centinaia di migliaia di italiani, abitanti dell’Istria, di Fiume e della Dalmazia, a lasciare la propria terra e le proprie case, spezzando secoli di storia e di tradizioni.

La circolare viene diffusa in occasione del Giorno del Ricordo, istituito con la legge n. 92 del 2004, per conservare e rinnovare la memoria della tragedia che ha colpito gli Istriani, i Fiumani e i Dalmati nel secondo dopoguerra, vittime delle Foibe e costretti all’esodo.

“A ottobre dello scorso anno abbiamo lanciato il Piano nazionale per l’educazione al rispetto, un Piano che mira al superamento delle disuguaglianze e dei pregiudizi attraverso una reale educazione alla cittadinanza attiva e globale. Conoscere, approfondire, guardare in faccia il male che è stato e che può tornare, agire nel rispetto delle regole e dei diritti di ogni donna e ogni uomo, eliminare discriminazioni e garantire a tutte e tutti pari opportunità: la scuola è luogo del sapere che scardina paure e timori nei quali si annida e trova terreno fertile l’odio. È dalla scuola che dobbiamo partire se vogliamo costruire una società in cui trovino attuazione i nostri valori costituzionali”, conclude Fedeli.


Nota 8 febbraio 2018, AOODGSIP 684
Giorno del Ricordo – 10 febbraio 2018