Scuola, “sarà sufficiente un sms erotico e l’insegnante sarà licenziato”

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, “sarà sufficiente un sms erotico e l’insegnante sarà licenziato”

La nuova norma vale “anche dove non sussista la gravità o la reiterazione dei comportamenti”. Il professore potrà tornare il cattedra se riconosciuto innocente nei tribunali

Aumenti fino a 110 euro più soldi a tutti, dimezzati i premi legati al merito

da Il Messaggero

Aumenti fino a 110 euro più soldi a tutti, dimezzati i premi legati al merito

Ma per ottenere la firma dai sindacati, il governo ha dovuto pagare un dazio salato, lo smantellamento di uno dei cardini della riforma della Buona scuola

ROMA

Dopo dieci anni di attesa, e dopo una serratissima trattativa notturna, anche il contratto della scuola è stato rinnovato. Ma per ottenere la firma dai sindacati, il governo ha dovuto pagare un dazio salato, lo smantellamento di uno dei cardini della riforma della Buona scuola. Agli insegnanti andranno aumenti di stipendio da un minimo di 80,40 a un massimo di 110,70 euro. Per finanziarli è stato necessario pescare 70 milioni di euro dai 200 milioni dei premi di merito che la riforma renziana affidava ai presidi. Non solo. I dirigenti scolastici perdono ulteriore potere nello stabilire a chi assegnare questi premi perché i criteri dovranno essere decisi dalla contrattazione con i sindacati. Che non tutti però, hanno firmato il contratto.
IL RIFIUTOSnals e Gilda hanno rigettato l’intesa bollando gli aumenti come «irrisori». Per il segretario generale di Snals-Confsal, Elvira Serafini, si tratta di un contratto che «rischia di svendere la categoria». Soddisfatti invece Cgil, Cisl e Uil, che in una nota congiunta hanno sottolineato che «il contratto segna una svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali, riportando alla contrattazione materie importanti come la formazione e le risorse destinate alla valorizzazione professionale». Positivi anche i commenti del ministro dell’istruzione Valeria Fedeli, che ha definito l’accordo un «impegno mantenuto», e di quello della Funzione pubblica Marianna Madia, che ha parlato di un «contratto giusto e doveroso». A tutti i lavoratori sarà riconosciuto l’aumento di stipendio previsto dall’intesa del novembre 2016 tra governo e sindacati a cui si aggiunge un ulteriore riconoscimento economico per valorizzare la professionalità che consente di giungere a un incremento di stipendio complessivo medio di 96 euro al mese per i docenti delle scuole (gli aumenti vanno da 80,40 euro a 110) e di 105 euro al mese per i docenti dell’Afam. Per gli Ata (bidelli, tecnici, amministrativi) delle scuole l’incremento medio è di 84,5 euro (si va da un minimo di 80 a 89 euro), per l’università di 82 euro, per ricercatori e tecnologi di 125 euro, per l’area amministrativa della ricerca di 92 euro, per l’Asi di 118 euro. Saranno pagati anche gli arretrati, in media 450 euro. Per permettere un aumento minimo di 80 euro, nelle buste paga è stata inserita una voce definita «elemento perequativo», sulla falsa riga di quanto avvenuto per i ministeriali. Una cifra che varia da 3 fino a 29 euro, che però sarà pagata soltanto nel 2018. Per Francesco Sinopoli, segretario generale della Flc Cgil, i lavoratori hanno «riconquistato il contratto collettivo». Maddalenna Gissi della CisL Scuola, ha sottolineato che si tratta di un’intesa che «ripristina il diritto alla contrattazione anche sulle materie che Brunetta prima e la Madia dopo, ci avevano sottratto». Mentre Antonio Foccillo, Pino Turi e Sonia Ostrica della Uil hanno parlato di un accordo «non assolutamente scontato per la complessità determinata dall’ampiezza di un settore formato da più di un milione di lavoratori e dalla strategicità che le sue sezioni – scuola, università, ricerca e alta formazione musicale artistica e coreutica – rivestono per lo sviluppo del Paese e che certamente meritano ancora impegni per la loro valorizzazione».
Andrea Bassi

E Fedeli invia gli ispettori nei licei degli spot classisti

da Il Messaggero

E Fedeli invia gli ispettori nei licei degli spot classisti

La ministra ha chiesto all’Invalsi, l’Istituto di valutazione della scuola italiana, un controllo puntuale su tutti i rapporti pubblicati su “ La scuola in chiaro”.

Corrado Zunino

La ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha annunciato che invierà gli ispettori nei quattro licei che, come riportato da Repubblica, hanno pubblicato autovalutazioni classiste. La ministra ha chiesto all’Invalsi, l’Istituto di valutazione della scuola italiana, un controllo puntuale su tutti i rapporti pubblicati su “ La scuola in chiaro”. « Sto considerando possibili sanzioni», ha detto la ministra, «quello che ho letto su un sito istituzionale non è accettabile, alcune frasi appaiono particolarmente gravi, perfino classiste ».

Due dei quattro licei classici chiamati in causa — il Visconti di Roma e il D’Oria di Genova — hanno già rettificato i passaggi censurabili. Ieri mattina, alcuni studenti del liceo romano hanno appeso uno striscione con la scritta: “ Tutto questo favorisce l’apprendimento?”, citando la frase più infelice presente nel rapporto di autovalutazione dell’istituto. Nel corso di un’assemblea, alcuni docenti hanno sostenuto che la scuola avrebbe dovuto chiedere scusa. La dirigente Clara Rech, in una lettera, ha voluto ribadire che il suo liceo è « democratico, antifascista e interclassista » . La preside del D’Oria, Mariaurelia Viotti, ha detto a sua volta: « La fisionomia della nostra scuola è da anni all’insegna di un quotidiano impegno per l’inclusione e per la lotta contro il disagio » . Secondo il preside del Parini di Milano, Giuseppe Toddu, c’è un gigantesco equivoco di fondo: « La nostra scuola è aperta a tutti da sempre, a prescindere dalle condizioni socio-economiche».

All’interno e all’esterno del mondo scolastico, molti sottolineano che proprio la griglia di domande sottoposte dal ministero induceva a risposte tranchant e a rischio. E vedono nell’eccesso di concorrenza instaurato dalla Buona scuola una delle ragioni che spingono i dirigenti a “vendere” la propria scuola come priva di problemi, « senza disabili né stranieri». Tuttavia altri istituti, anche licei di fama, hanno presentato autovalutazioni in cui multiculturalità e interclassismo sono definiti «opportunità».

Aumenti e trasferimenti più facili Il contratto della scuola dopo 9 anni

da Corriere della sera

Aumenti e trasferimenti più facili Il contratto della scuola dopo 9 anni

Coinvolti in 1,2 milioni tra prof e personale Ata. Fedeli: un giusto riconoscimento

Claudia Voltattorni

Roma Avranno più soldi in busta paga. E lavoreranno le stesse ore. Potranno chiedere il trasferimento anche dopo un anno se saranno assegnati a una scuola che non hanno scelto. Ma saranno obbligati a restarci almeno 3 se sono stati loro ad averla richiesta. E poi, potranno essere licenziati in caso di comportamenti o molestie di carattere sessuale verso gli studenti. Ma anche per false dichiarazioni su trasferimenti o permessi per la legge 104 (assistenza a familiari malati).

Dopo nove anni di attesa, con in mezzo proteste, scioperi e una nuova riforma della scuola, un milione e duecentomila tra insegnanti, ricercatori, tecnici, amministrativi e personale Ata hanno finalmente il nuovo contratto di categoria, valido per il triennio 2016-2018. La firma tra governo e sindacati è arrivata ieri mattina alle 7 e 50 dopo una trattativa andata avanti tutta la notte. Lo hanno siglato però solo Cgil, Cisl e Uil («svolta significativa sul terreno delle relazioni sindacali»), mentre Snals Confsal e Gilda si sono rifiutati. «È un contratto che rischia di svendere l’intera categoria», dice la leader Snals Confsal Elvira Serafini, e per Rino Di Meglio (Gilda) «le risorse sono insufficienti». Bocciatura anche dall’Usb («salari da fame») che conferma lo sciopero generale del 23 febbraio. Ma la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli sottolinea invece come «siamo riusciti a garantire aumenti superiori a quelli previsti, con l’obiettivo di dare il giusto e necessario riconoscimento professionale ed economico».

Il nuovo contratto riguarda tutto il mondo dell’istruzione: scuola, atenei (ma non i docenti universitari), ricerca e Alta formazione artistica e musicale, e prevede aumenti in busta paga dagli 80 euro lordi mensili ai 110 euro per i docenti e fino a un massimo di 125 euro per i ricercatori. «Un riconoscimento giusto e doveroso per tutti coloro che si occupano della formazione e della crescita di bambini e ragazzi», dice la ministra per la Pubblica amministrazione Marianna Madia.

Ma parte degli aumenti arriva dai 200 milioni di euro del bonus di merito previsto dalla Buona scuola per premiare i prof migliori, uno dei cardini della riforma: per quest’anno 70 milioni saranno destinati invece a tutti e per i più bravi ci saranno a disposizione solo 130 milioni, che diventeranno 150 nel 2019 e 160 nel 2020. Ecco perché l’Associazione nazionale presidi parla di «occasione di rinnovamento perduta» che «rivela la volontà di tutelare gli interessi corporativi di alcune sigle sindacali e il disinteresse per il rilancio della scuola».

Tra le altre novità, c’è la possibilità per i docenti di trasferirsi in un’altra scuola già dopo un anno se non scelta volontariamente: prima l’obbligo era di tre anni. E insieme alla conferma di massimo 40 ore lavorative (inclusi correzione compiti e scrutini), viene affermato il diritto alla disconnessione: stop a e-mail e messaggi fuori dall’orario di lavoro. Ma ci saranno anche nuove misure disciplinari per i professori che useranno «in modo improprio» social e telefonini per relazionarsi con gli studenti.

Ma resta poco su merito e lotta alla supplentite

da Corriere della sera

Ma resta poco su merito e lotta alla supplentite

un contratto che un anno e mezzo fa, quando ancora la riforma della scuola puntava su autonomia, presidi, merito e selezione come nuove chiavi per rilanciare il sistema educativo, sarebbe stato impensabile

Gianna Fregonara

N on c’è dubbio, come dice la ministra Marianna Madia, che siglare il contratto dopo nove anni «sia giusto e doveroso», ma è difficile dare torto al presidente dei presidi Antonello Giannelli quando si lamenta per «un’occasione di rinnovamento sacrificata sull’altare dell’imminente appuntamento elettorale». I sindacati, che pure riescono a dividersi al momento della firma, portano a casa un contratto che un anno e mezzo fa, quando ancora la riforma della scuola puntava su autonomia, presidi, merito e selezione come nuove chiavi per rilanciare il sistema educativo, sarebbe stato impensabile. A parte gli aumenti, più ricchi del previsto, come sottolinea la ministra Fedeli, in questo testo di 178 pagine è più quel che manca a essere significativo. I sol-di del merito finiscono per un terzo in aumenti a pioggia: si può essere contro l’idea di premiare solo una parte dei docenti, ma così aveva deciso la maggioranza in Parlamento. Tra il dare una mancia e stabilire criteri oggettivi per gli aumenti c’è differenza. La riforma doveva mettere fine alla «supplentite»: tra le altre misure i docenti avrebbero dovuto rimanere nella stessa scuola per tre anni almeno. Era il principio della «continuità didattica» per gli studenti, che oggi diventa un effetto collaterale del compro-messo trovato a tarda notte: resta nella stessa scuola solo chi ha ottenuto proprio il trasferimento che voleva, gli altri insegnanti possono muoversi di anno in anno. È dimostrato che avere insegnanti contenti e più appagati a fine mese fa bene anche agli studenti. E si sono corrette alcune sbavature della nuova legge. Ma l’impressione è che a furia di scolorire la riforma non si capisca più di che cosa si è parlato negli ultimi quattro anni.

Aumenta la retribuzione professionale docente, ecco le tabelle

da La Tecnica della Scuola

Aumenta la retribuzione professionale docente, ecco le tabelle

Giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza

Come stabilito dalla Risoluzione A/70/474/Add.2 adottata dall’Assemblea Generale delle nazioni Unite, l’11 Febbraio si celebra la Giornata Internazionale per le donne e le ragazze nella scienza.


Giornata internazionale per le donne e le ragazze nella scienza

Fedeli: “Rimuovere gli ostacoli per realizzare
pari opportunità fra donne e uomini.
L’articolo 3 della Costituzione guida
per la promozione dell’uguaglianza”

“L’articolo 3 della nostra Costituzione stabilisce chiaramente uno dei compiti prioritari e principali della nostra Repubblica: rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona. Ricordarlo oggi, in occasione della Giornata internazionale  per le donne e per le ragazze nella scienza, è più che mai importante: dobbiamo impegnarci affinché ogni nostra giovane possa scegliere liberamente quale strada intraprendere nel futuro, quali discipline studiare, quali sogni e quali inclinazioni coltivare. Senza condizionamenti, superando stereotipi e gap di genere che permangono ancora oggi nella nostra società. Negli ultimi anni abbiamo fatto importanti passi in tal senso. In questa legislatura abbiamo rimosso molti ostacoli per promuovere concretamente un Paese a misura di donne e di uomini. Dobbiamo proseguire in questa direzione, non solo perché è giusto e doveroso nei confronti delle nostre bambine, ragazze e donne, ma perché un Paese che non sa valorizzare la ricchezza di una consistente parte del suo capitale umano è un Paese che procede claudicante nel domani. E noi, invece, vogliamo per l’Italia un futuro di pari opportunità, uguaglianza e crescita per tutte e tutti”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in occasione della Giornata internazionale per le donne e per le ragazze nella scienza, istituita dalle Nazioni Unite per far sì che donne e ragazze ottengano parità di accesso e partecipazione nella scienza. Obiettivo: raggiungere la parità di genere e l’emancipazione di donne e ragazze.

“Come ha detto giustamente Fabiola Gianotti, una straordinaria donna alla guida del CERN di Ginevra, – prosegue Fedeli – la scienza e la ricerca scientifica non hanno soltanto un importante valore economico: ne hanno uno, altrettanto importante, sociale. Possono essere ‘la colla di un mondo fratturato’, in cui continuano a esistere divari tra donne e uomini. Come Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca siamo da tempo impegnati per educare le nuove generazioni, a partire dalla scuola e via via lungo tutta la filiera del sapere, al rispetto delle diversità e alle pari opportunità. L’educazione è l’unico antidoto al permanere e al nascere di stereotipi, che condizionano i rapporti sociali e impediscono alle ragazze, per esempio, di scegliere corsi di studio che erroneamente vengono ritenuti non adatti a loro. L’anno scorso, in collaborazione con il Dipartimento per le Pari Opportunità di Palazzo Chigi, abbiamo lanciato il ‘Mese delle STEM’, per avvicinare le bambine e le ragazze che frequentano i nostri istituti alle cosiddette discipline STEM, le discipline scientifiche e tecniche. Un’iniziativa che riproporremo anche quest’anno: è indispensabile non solo per promuovere una conoscenza scevra da condizionamenti e stereotipi, ma anche per dare fiducia alle nostre giovani, per dire loro: ‘non fatevi spaventare, non c’è niente che non potete fare. Dovete solo impegnarvi per riuscire nei vostri scopi’. All’interno del Piano Nazionale Scuola Digitale abbiamo previsto, inoltre, una misura dedicata, ‘Girls in Tech & Science’, per stimolare le studentesse italiane in tal senso e favorire l’incontro con il mondo del digitale. Si tratta di importanti iniziative che consolidano l’ordinario intervento educativo della nostra scuola, orientato al superamento di questo divario”.

“Importanti azioni in questa direzione – continua la Ministra – sono state compiute anche nell’ambito universitario e in quello della ricerca. Abbiamo dato agli atenei 3 milioni di euro per incentivare le iscrizioni ai corsi di laurea di ambito scientifico, con specifici incentivi a favore delle studentesse. Grazie ai fondi ricevuti, le università potranno prevedere l’esonero parziale o totale dalle tasse, potranno erogare contributi aggiuntivi o altre forme di sostegno agli studi: riceveranno una quota maggiore di risorse (il 20% in più) per le iscrizioni delle studentesse rispetto a quelle degli studenti in modo da stimolare l’interesse delle ragazze per questi corsi. E appena qualche giorno fa abbiamo inviato all’ANVUR, l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca, una lettera in cui abbiamo espresso la necessità che i dati per la valutazione della ricerca, ovunque disponibili, siano raccolti e resi in forma disaggregata per sesso, in maniera tale da consentire un’analisi di genere, con la richiesta di una proposta metodologica che consenta di produrre informazioni sul tipo di ostacoli che eventualmente prevengano l’integrazione paritaria di studiosi e studiose e il raggiungimento della medesima produttività scientifica. La parità di genere deve essere un obiettivo verso il quale tendiamo concretamente, mettendo in campo interventi e studi precisi, non deve essere soltanto un’enunciazione di volontà astratte”.

“E tra le azioni concrete che come Governo abbiamo voluto e portato a buon fine, c’è sicuramente anche l’introduzione nell’ultima Legge di bilancio di una misura che prevede per le ricercatrici a tempo determinato, a partire dal 2018, l’istituto della sospensione della durata massima dei contratti a termine durante il periodo di astensione obbligatoria di maternità, prorogando il termine di scadenza per un periodo pari a quello dell’astensione obbligatoria. È un atto di giustizia sociale e di civiltà. Vogliamo garantire a ogni donna la possibilità di scegliere liberamente quando e se diventare madre, senza mettere da parte in alcun modo le proprie aspirazioni professionali. Perché quando una donna, una ragazza, una bambina rinunciano a un sogno, a un’ambizione, a un interesse, soltanto perché qualcuno dice loro che non lo possono fare, non danneggiamo soltanto loro. Priviamo l’Italia di un enorme potenziale. E non possiamo permettercelo”, conclude Fedeli.