Braille e voto: un binomio efficace per elezioni piu’ “inclusive”?

Redattore Sociale del 21-02-2018

Braille e voto: un binomio efficace per elezioni piu’ “inclusive”?

In Italia per gli elettori ciechi esiste solo la possibilità del voto assistito. Potrebbe (e come) il Braille favorire l’autonomia? Per la Stamperia regionale sì: “Ci stiamo lavorando”. Uici: “Chiediamo anche il voto elettronico”. Oggi la Giornata nazionale.

ROMA. Il Braille come strumento di inclusione e di esercizio dell’autonomia nella comunicazione: il codice messo a punto quasi due secoli fa da Loius Braille oggi – Giornata nazionale del Braille – viene celebrato in tutto il mondo, ma nella vita di ogni giorno potrebbe essere valorizzato molto di più. Lo pensano alcuni (non tutti), che rivendicano per il Braille un pieno riconoscimento e una maggiore diffusione. Ma potrebbe questo “codice” essere utilizzato anche in occasione degli appuntamenti elettorali, come quello che ci attende nelle prossime settimane? Ed eventualmente, in che modo? Lo abbiamo domandato alle associazioni (Uici e Blidsight Project) e alla Stamperia regionale Braille di Catania, per verificarne la fattibilità e l’utilità. Ne è emerso, in sintesi, che tanto si potrebbe fare per permettere agli elettori ciechi di esercitare in autonomia il proprio diritto al voto. E che pure l’ipotesi di una scheda elettorale in Braille non è poi così remota…

Nobili (Stamperia Braille), verso una scheda elettorale in Braille. “Si possono creare le condizioni affinché il voto sia segreto anche per i ciechi”: ne è certo Pino Nobile, direttore generale della Stamperia regionale Braille di Catania. “Abbiamo già in mente qualche possibile soluzione per applicare il Braille alla scheda elettorale. Ma non solo: dovremmo rendere accessibili anche le liste e tutte le informazioni elettorali, tramite il Braille o il vocale. E anche il seggio e la cabina dovrebbero essere raggiungibili in totale autonomia: pure in questo, il Braille sarebbe di grande aiuto”. Ma come si farebbe a garantire la segretezza del voto, se agli elettori ciechi fosse consegnata una scheda in Braille, diversa dalle altre? “Non siamo ancora nelle condizioni di entrare nei dettagli, ma posso assiscurare che la soluzione esiste e non è difficile da realizzare, né troppo costosa. Anche i tempi non sarebbero lunghi: certo non riusciremmo a farlo per il 4 marzo, ma presto potremmo averla”.

Barbuto (Uici): “Sarebbe utile materiale elettorale in Braille”. Riferisce il presidente nazionale dell’Uici, Mario Barbuto, che “di norma e in via ufficiale, non viene prodotto materiale elettorale in Braille. Sarebbe invece auspicabile che le forze politiche in competizione vi provvedessero”. Per quanto riguarda le schede per il voto, “le difficoltà di stamparle in Braille sarebbero molto grandi. Forse sarebbe più opportuno studiare la realizzazione di un facsimile di scheda, dotato di finestrelle entro le quali apporre il segno del voto: un cartoncino rigido da sovrapporre alla scheda elettorale, in modo che a ogni simbolo corrisponda la finestrella entro la quale tracciare il segno. In quel caso, accanto a ogni finestrella potrebbero essere riportati brevi codici Braille da abbinare a una separata legenda, sempre in Braille, dove trovare per ogni codice la dicitura completa ed esplosa. Su questo, come Uici, abbiamo sollecitato ultimamente l’impegno delle forze politiche”.

Bartolucci (Uici): “Braille sì, ma anche voto elettronico”. Secondo Luisa Bertolucci, impegnata all’interno dell’Uici e nel Centro nazionale per il libro parlato, il voto in Braille potrebbe essere utile, ma non basta. “Io penso che sarebbe grande segno di civiltà e crescita per tutti riuscire a passare ad una modalità di voto elettronico. Direi che questa è la strada percorribile, quella che davvero ci renderebbe eguali agli altri”.

Zanella (Blindsight Project): “Chiediamo ogni volta che il voto sia davvero accessibile”. Anche per Simona Zanella, di Blindsight Project, la scheda elettorale in Braille sarebbe solo una delle possibili soluzioni. E comunque “una soluzione va trovata e la chiediamo ogni volta, perché oggi l’unica possibilità per gli elettori non vedenti è il voto assistito, con tutte le sue criticità: primo, non poter controllare che la propria volontà sia rispettata; secondo, dover trovare un accompagnatore disponibile. Il Braille potrebbe essere una soluzione per alcuni, ma non è conosciuto da tutti i ciechi. Una soluzione potrebbe essere il voto elettronico. Certo, una via deve essere trovata, per superare il meccanismo di delega che oggi è l’unica possibilità. E che a noi non piace”. (cl)

Contratto scuola, bonus 80 euro salvaguardato

Contratto scuola, bonus 80 euro salvaguardato per le fasce più deboli

Grazie a legge di bilancio aumentata la platea di chi lo percepisce

Con riferimento a notizie apparse oggi sulla stampa in merito al bonus da 80 euro, si precisa che, anche dopo gli aumenti previsti dal rinnovo del contratto del comparto Istruzione e Ricerca, il bonus è stato salvaguardato per le fasce retributive più basse. Nessun passo indietro, nessuna restituzione. Anzi, ci saranno dipendenti che percepiranno il bonus per la prima volta. Questo grazie agli effetti dell’articolo 18 della legge di bilancio che ha innalzato, dal primo gennaio 2018, le soglie del reddito previste per accedere al bonus. In particolare la soglia di 24.000 euro, entro la quale già oggi il bonus viene percepito per intero, viene innalzata a 24.600 euro. Mentre quella di 26.000 euro, oltre la quale attualmente non si ha diritto al bonus, nemmeno in misura ridotta, passa a 26.600. Dunque, anche chi avrà redditi compresi tra 26.000 e 26.600 euro, cioè fra la precedente e la nuova soglia per l’accesso al bonus, potrà accedere per la prima volta agli 80 euro che si sommeranno così all’incremento previsto dal rinnovo del contratto.

Quanto alle buste paga di febbraio che, secondo le notizie di stampa, dovrebbero testimoniare la “restituzione degli 80 euro”, si fa presente che nella busta paga dei dipendenti della scuola, così come in quella di tutti i dipendenti, sia pubblici sia privati, si registra il normale conguaglio fiscale che scatta, per esempio se, durante l’anno, oltre al normale stipendio vengono percepiti compensi accessori. Nulla a che vedere con il contratto. Normale prassi fiscale.

Scuole, non tutti i dati in chiaro

da ItaliaOggi

Scuole, non tutti i dati in chiaro

Dopo le polemiche sul classismo di alcuni licei, la Fedeli convoca un vertice d’urgenza. Nel mirino l’utilizzo a scopo informativo esterno del Rav

Alessandra Ricciardi

Ci sono il Visconti a Roma, il Parini a Milano, il D’Oria a Genova. Licei accusati di classismo perché hanno pubblicato online il numero degli iscritti stranieri, con handicap o con difficoltà economiche, commentando la scarsità degli stessi come elemento di distinzione in favore della didattica. Si tratta dei dati del Rav, il rapporto di autovalutazione, che le scuole stilano a fini interni, per individuare punti di forza e di debolezza nella più ampia valutazione dell’istituto, e che vengono pubblicati anche per far conoscere la scuola all’esterno nell’ambito dell’operazione «scuole in chiaro».

Per la ministra dell’istruzione Valeria Fedeli, il Rav in questo modo però, pubblicato in tutto e per tutto senza filtri, «è stato usato in modo improprio… il Rav, documento di autovalutazione richiesto dall’Europa, non deve essere utilizzato per presentare la scuola». E ha precisato, nel videoforum di Repubblica, «c’è stato un atto improprio di superficialità nel passaggio tra le valutazioni di autovalutazione interne, che sono importanti perché devi adeguare contenuti e strumenti dell’integrazione» degli studenti alla pubblicazione di dati informativi a uso esterno. E ribadisce ancora: «Non so se è da rivedere il meccanismo o una cesura di un meccanismo, un conto è il rapporto di autovalutazione, un conto è ‘La scuola in chiaro’ cioè la presentazione delle singole scuole verso i genitori e la cittadinanza. Sono due cose differenti», ha concluso la Fedeli.

Se i casi giornalisti sono pochi, le scuole che invece sono andate nel panico perché anche loro hanno pubblicato tutto il Rav nella sezione online della Scuola in chiaro, cliccatissimo dai genitori nella finestra per le iscrizioni dei ragazzi a scuola, sono tantissime. Al Miur sono piovute copiose le richieste di chiarimento. Ieri sera la Fedeli ha convocato d’urgenza un vertice per capire ragioni e limiti della pubblicazione del Rav.

Si è trattato, precisano dal Miur, di un primo vertice informativo, svolto nel confronto con chi per Miur e Invalsi ha seguito in questi anni l’evoluzione del percorso di autovalutazione delle scuole. Un confronto al termine della quale la Fedeli avrebbe ribadito la necessità del Rav e della sua funzione, evidenziando però che a fronte di usi impropri va realizzato un servizio di formazione e di accompagnamento più costante e capillare delle scuole e in particolare dei dirigenti.

Se saranno rafforzati i nuclei esterni di valutazione e inviati nei casi macroscopici gli ispettori è ancora da decidere.

Così come è da decidere se alcuni limiti debbano essere fissati in modo più tassativo, per il tramite di una circolare ministeriale, e non più affidati al solo buon senso. Probabilmente, vista anche l’incombenza delle elezioni, sarà un dossier che passerà di mano al prossimo responsabile dell’Istruzione.

Contrattazioni meno affollate

da ItaliaOggi

Contrattazioni meno affollate

Snals e Gilda fuori dai tavoli integrativi dopo la mancata firma del contratto nazionale

Marco Nobilio

I tavoli negoziali che daranno attuazione agli istituti contenuti nel nuovo contratto saranno meno affollati: lo Snals e la Gilda-Unams non hanno firmato il contratto e ciò esclude tali sindacati dal diritto di partecipare a tutte le sessioni negoziali a cui hanno titolo a partecipare i sindacati firmatari, Flc-Cgil, Cisl scuola e Uil scuola.

Il decreto legislativo 165/2001 prevede, infatti, che per avere diritto a partecipare alla contrattazione nazionale di I livello (quella in cui viene negoziato e sottoscritto il contratto collettivo nazionale di lavoro) basti la mera rappresentatività. E cioè che il sindacato raggiunga almeno il 5% del tasso di rappresentatività generale calcolato per metà facendo valere la percentuale del numero degli iscritti e, per l’altra metà, pesando la percentuale dei voti attribuiti al sindacato alle elezioni delle Rsu.

Ma per accedere alla contrattazione integrativa la legge prevede che il sindacato (rappresentativo) abbia anche firmato il contratto collettivo nazionale e di lavoro.

La scelta di Snals e Gilda-Unams di non firmare il contratto, dunque, se definitiva, avrà come effetto la cessazione del potere di rappresentanza dei lavoratori nelle sedi negoziali e il rafforzamento di Cgil, Cisl e Uil che, avendo firmato, il contratto, avranno titolo in via esclusiva all’esercizio di questi diritti.

L’esclusione dai tavoli discende da una prassi a livello di contrattazione collettiva nazionale, che consiste nell’inserire nei contratti clausole specifiche che prevedano tale esclusione per i sindacati che rifiutano di firmare i contratti. Contratti che sono validi solo se la percentuale di rappresentatività dei sindacati che lo firmino risulti non inferiore al 51%. Ed è proprio il caso di Cgil, Cisl e Uil che, tutti e tre insieme, superano abbondantemente tale limite.

La prassi negoziale di escludere i sindacati non firmatari dalla contrattazione integrativa fonda la sua legittimità su due disposizioni contenute nel decreto legislativo 165/2001. La prima è costituita dall’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 40, il quale prevede che «la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono». La seconda è contenuta nel comma 5 dell’articolo 43, il quale dispone che «i soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all’articolo 40, commi 3-bis e seguenti, dai contratti collettivi nazionali».

Sulla base di queste disposizioni, dunque, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e Cgil, Cisl e Uil hanno pattuito, legittimamente, anche nel nuovo contratto una clausola che esclude i non firmatari dalla contrattazione integrativa. Nel caso specifico si tratta dell’articolo 22 dell’ipotesi di contratto collettivo nazionale sottoscritta il 9 febbraio scorso, il quale stabilisce che alla contrattazione collettiva integrativa (nazionale e regionale) e alla contrattazione di istituto possano accedere solo le organizzazioni sindacali nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale.

L’articolo 22, peraltro, non esclude espressamente i sindacati non firmatari dall’informazione e dal confronto. Ma è probabile che si tratti di una svista che potrebbe essere corretta prima della firma definitiva. Tanto più che per gli altri settori è espressamente prevista (si veda per esempio l’articolo 66 che riguarda gli enti di ricerca). Quanto al merito delle novità sulle relazioni sindacali, va segnalata anzitutto la triennalizzazione della contrattazione integrativa sulla mobilità. Che fino ad ora è sempre avvenuta con cadenza annuale.

Ogni contratto sulla mobilità a domanda, dunque, avrà validità triennale. Nessuna novità, invece, per le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni. Un’altra novità importante è costituita dalla contrattualizzazione dei criteri per l’assegnazione dei soldi del cosiddetto merito, previsti dalla legge 107/2015, che avverrà a livello di contrattazione di istituto. E infine, una novità assoluta è costituita dal confronto: una nuova forma di relazione sindacale espressamente prevista dall’articolo 6 dell’ipotesi dei contratto. Secondo l’intenzione delle parti, il confronto dovrebbe essere la modalità attraverso la quale instaurare un dialogo approfondito sulle materie rimesse a tale livello di relazione, al fine di consentire ai soggetti sindacali di esprimere valutazioni esaustive e di partecipare costruttivamente alla definizione delle misure da adottare.

Il confronto si avvierà mediante l’invio ai soggetti sindacali degli elementi conoscitivi sulle misure da adottare. A seguito della trasmissione delle informazioni, amministrazione e sindacati si incontreranno, ma solo se, entro 5 giorni dall’informazione, il confronto sarà richiesto da questi ultimi o dall’amministrazione.

Istituti professionali in agonia

da ItaliaOggi

Istituti professionali in agonia

La riforma (sconosciuta) della Fedeli non inverte il trend

Emanuela Micucci

Saranno132 mila i banchi vuoti il prossimo settembre. Il record agli istituti professionali: gli 11 indirizzi restano sconosciuti dagli studenti che a settembre inizieranno le superiori. Prosegue, dunque, il calo di consensi dei giovani per questi percorsi, che dall’anno scolastico 2015/16 al 2018/19 hanno perso il 4,6% degli iscritti. Ma i dati sulle iscrizioni al prossimo anno scolastico, appena pubblicati dal Miur (www.miur.gov.it), preannunciano a settembre quasi 132 mila banchi vuoti dalle primarie alle superiori.

In soli tre anni scolastici, infatti, gli studenti delle prime classi della scuola italiana sono diminuiti di 132.931 unità: -8,4%, passando da 1.588.781 di settembre 2015 a 1.455.850 del 2018. Un calo di alunni particolarmente forte proprio nell’ultimo anno: -154.501 ragazzi nel prossimo anno scolastico, pari al 9,6%. Dopo che nel 2016/17 erano aumentati di 33.628 arrivando a 1.610351 studenti rispetto a 1.576.722 dell’anno precedente. Nella scelta della scuola superiore continuano a volare sempre più in alto i licei che incassano un +4,4% di iscrizioni dal 2015/16, quando li sceglievano il 50,9% degli studenti, al 2018/19, quando li frequenteranno il 55,3%.

Parallelamente prosegue il calo degli istituti professionali: -4,6% dal 2015, quando vi si iscriveva il 18,4% di ragazzi, al 2018, quando li ha scelti il 14%. Restano, invece, stabili in tutto il periodo gli alunni degli istituti tecnici, che incassano il 30,7% di preferenze per il prossimo anno rispetto al 30,5% di settembre 2015. Percentuali che sembrerebbero indicare un travaso di alunni che prima sceglievano i professionali nei licei. Tutti trend confermati il prossimo anno scolastico, quando la metà degli studenti, il 55,3%, entrerà al liceo, optando sopratutto per lo scientifico (25,6%). Anche se il classico sale un po’ nelle preferenze al 6,7%. Tra i tecnici il settore tecnologico continua ad attrarre maggiormente con il 19,3% delle scelte. In picchiata i professionali, a cui si è iscritto il 14% degli studenti, rispetto al 15,1% del 2017/18.

Nonostante la riforma, al via a settembre, l’istruzione professionale non solo non dà segni di rilancio, ma continua la lenta agonia (-1,1%). Non attrae i giovani la sua maggiore articolazione in 11 indirizzi. Né i nuovissimi percorsi in Pesca commerciale e produzioni ittiche e in Gestione delle acque e risanamento ambientale. Né il maggior numero di ore di laboratorio.

Non li convince neppure l’offerta didattica personalizzata e modellata in base alle esigenze produttive e del territorio.

La svolta, però, passerà in gran parte dall’informazione e dall’orientamento, mancati per le iscrizioni 2018. Già nel 2014 l’Isfol (attuale Inapp) certificava che i genitori conoscono poco il sistema educativo in questione.

BIOLOGIA QUANTICA: BIOFOTONI E BIOFONONI

BIOLOGIA QUANTICA: BIOFOTONI E BIOFONONI

Paolo Manzelli <egocreanet2016@gmail.com>

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Gli sviluppi della BIOLOGIA QUANTICA stanno cambiando, il modo di vedere la realtà, superando la tradizionale visione analitica -lineare della “Scienza Meccanica e Quanto Meccanica” che nell’ epoca industriale ha dominato la struttura e la organizzazione culturale del sapere.

Il riduzionismo meccanico in campo biologico e medico-scientifico ha favorito una “visione molecolare -analitica” cosi che la evoluzione della vita e lo sviluppo dalla nascita alla vecchiaia dell’ uomo è stato concepito sostanzialmente come un sistema di attivita’ proteiche-molecolari coordinate da una sequenza di geni che si esprimono per contatto (DNA/RNA) in quanto la comunicazione biologica e’ stata deprivata da un efficace sistema di informazione “non-locale” basato sulla “elettrodinamica quantistica”..

Egocreanet (ONG-Firenze) propone pertanto di dare vita ad una nuova interpretazione “BioQuantica della Vita” che aprendo la scienza ad un nuovo “Bio-vitalismo”, innanzitutto vede il DNA come “Antenna Rice-Trasmittente di Biofotoni” , capaci di comunicare a distanza segnali di informazione morfogenetica al fine di favorire una azione incisiva sugli equilibri energetico-molecolari che attivano il benessere psicofisico ed anche l’ auto-guarigione dell’ individuo.

(1) https://www.generazionebio.com/notizie/8360-biofotoni-nuove-prospettive-per-le-scienze-della-vita.html

Quanto sopra tende a cambiare radicalmente l’approccio alla salute, alla malattia e alla guarigione, mettendo il evidenza il contributo Energetico -Quantistico della comunicazione di Biofotoni, come quanti di luce e dei Biofononi come quanti di suono , similmente a quanto è stato intuito e praticato nel quadro concezioni risalenti alle antiche concezioni delle Energie Vitali e dei Corpi sottili.

(2) . http://digilander.libero.it/isolachenonce/terapie/bioenergetica/chakra/sistema_energ.html

 

I BIOFOTONI (3)

https://www.edscuola.eu/wordpress/wp-content/uploads/2017/05/Biophotons.Prom_.pdf

I Bofotoni secondo A.F.Popp sono al 90 % prodotti dal DNA di tutti i Sistemi Viventi.

Il DNA è formato da una doppia struttura piezoelettrica che come tale quando si polarizza per duplicarsi o trasmettere informazione genica ad es. tramite l’ accoppiamento DNA/RNA , da un lato attrae gli eccitoni prodotti dalla eccitazione degli elettroni di legame causati dalle attivita metaboliche, mentre l’ altra sezione del DNA, avendo una polarizzazione inversa, trasmette i Biofotoni che sono il risultato di un cluster degli eccitoni metabolici e delle “in-formazioni” morfogenetiche causate dalla rottura e ricostruzione del legami a Ponte di H interni al DNA.

E’ decisivo capire che finche noi riteniamo ancora vedere direttamente i fotoni della luce guardano un ambiente illuminato, diventa difficile comprendere la evoluzione delle conoscenze BIOQUANTICHE. Infatti riflettendo, sappiamo che il nostro sistema visivo non permette di vedere direttamente i fotoni della luce proprio in quanto i fotoni reagiscono nella retina modificano la Rodopsina dei Coni e Bastoncelli per trasmettere un segnale neuronale al cervello, che tra l’ altre azioni, attiva le sinapsi bioelettriche nel produrre eccitoni (= spark /scintille ) , le quali vengono attratte dal DNA delle cellule neuronali e irradiate come Biofotoni . Quindi la luce che riteniamo di vedere direttamente altro non è che quella che biologicamente abbiamo prodotta nel nostro cervello Tra l’ altro ragionando correttamente comee sopra è anche possibile capire come possiamo sognare un modo illuminato come costruzione cerebrale attivata durante il sogno REM .

(4)- http://www.neuroscienze.net/biofotoni-ed-armonizzazione-della-vita-biologica/

 

I BIOFONONI ACUSTICI . (5) https://www.edscuola.eu/wordpress/?p=99019

L’ orecchio come tutti gli organi i senso sono interattivi (passivi ed attivi) infatti attraverso la staffa (martelletto) la membrana come nella percussione meccanica di un tamburo, l’ orecchio riceve i suoni e li trasmette al cervello trasducendoli in segnali di polarizzazione/depolarizzazione-quantica (biofononi) recepibili dal cervello. Inoltre per selezionare ed indirizzare nelle varie aree cerebrali le tonalita e le ampiezze delle frequenze udibili ( tra 16.0 e 20.0 mila Hz)   I Biofononi sono prodotti in modo attivo dalla doppia serie di cellule cigliate (stereociglia) della cloclea, che quindi non solo funzionano come ricettori auditivi del suono, infatti a seconda dell’ orientamento direzionale, le stereociglia agiscono come antenne rice-trasmittenti in quanto si depolarizzano nella ricezione mentre quando sono orientate verso l’ esterno si iper-polarizzano ed emettono quanti di suono ( Biofononi.).Mediante tale doppia funzionalita l’ orecchio seleziona per risonanza , tra le frequenze recepite e quelle emesse, le informazioni quantizzate udibili come suoni e come emozioni percepibili dal cervello .

(6)- https://dabpensiero.wordpress.com/2018/02/14/le-tracce-mnesiche-vibrazionali-della-bioquantica/

 

I BIOFONONI OTTICO-ACUSTICI

Il Cuore troppo spesso considerato dalle concezioni meccaniche come una pompa del sangue . viene trattato dalla BIOQUANTICA come un sistema assai complesso che contiene propri neuroni messi in correlazione , per tramite una rete di recettori con il cervello centrale ed enterico e con tutto il corpo dove fluisce il sangue, inoltre il Cuore produce ormoni come ossitocina e dopamina responsabili della gestione dello stress e funziona ancor prima che il cervello del nascituro sia formato come un potente Campo Elettromagnetico misurabile dall’ Elettrocardiogramma (ECG) che risulta piu’ ampio ( circa 60 ) di quello generato dalle onde cerebrali registrate da un Elettroencefalogramma (EEG) . In particolare il Campo Magnetico Toroidale, seguendo il battito (udibile) del Cuore assume una doppia struttura (esterna ed interna ) che risuona interattivamente battendo un ritmo sinergico e coerente che armonizza la componente magnetica del corpo con il magnetismo non locale complessivo ( della terra e solare , e stellare ) derivante dall’ ambiente. La componente magnetica risonante e molto piu’ potente (< 5000.volte). di quella prodotta dal cervello, ed essa puo’ essere misurata anche a distanza dal corpo con uno Strumento a Superconduzione di Interferenze Quantiche (SQUID), basato su magnetometri.

(7)- http://www.neuroscienze.net/il-suono-e-i-suoi-effetti/

I Bioritmi fononici del Cuore si formano prevalentemente nelle micro-fibrille elastiche del Miocardio le quali vengono sovrapposte ed intrecciate a strati creando una struttura semi-cristallina che attivata dai Biofotoni generati Campo Elettromagnetico, stimolano la produzione di “Biofononi-reticolari” di origine ottica, cosi che essi per tramite la loro polarizzazione (accumulo di CA++) e immediata depolarizzazione generano ritmicamente i quanti del suono (= Biofononi-Ottico-Acustici).

Alla luce di queste considerazioni sulla innovazione della scienza BIOQUANTICA diventa possibile porre in rilievo le equivalenze tra la Bioquantica e la scientificita’ delle conoscenze che fanno riferimento alla “energia vitale ed ai corpi sottili” ( yoga, shiatzu, agopuntura, prano-terapia,laser-terapia … ed vari altri sistemi di autoguarigione ) che nelle loro pratiche vengono ancora considerate come “pseudoscienze” dalle accademie che ancora fanno costante riferimento di teorie scientifiche Meccaniche ormai sinceramente obsolete .

Tale atteggiamento accademico tradizionale della scienza con gli sviluppi della BIOQUANTICA diviene simile ad una proibizione arbitraria ed incoerente finalizzata a precludere una interpretazione piu’ coerente e sensata che attribuisce significazioni piu coscienti a cio’ che in effetti accade sperimentalmente nelle varie prassi di auto-guarigione genuinamente controllabili,

A tal proposito Il Cluster Egocreanet e impegnato nella organizzazione del 25 Maggio 2018 C/o la Sala Delle Feste,c/o Presidenza del Consiglio Regionale Toscano via Cavour 18 –in Firenze sul tema:

 

“Acqua Luce e Suono nella riprogrammazione e potenziamento epigenetico del benessere” .

Dove : Acqua Luce e Suono sono gli elementi primordiali della vita i quali generano le informazioni fondamentali della epigenetica che controlla e modula la espressione del DNA..

.(8)- http://www.caosmanagement.it/590-creativita-bio-quantica-e-cambiamento-sociale

Il Tema della BIO-Acqua Coerente trattera della H2O sia attivata che informata

Il Tema Luce verra trattato come stimolazione e modulazione di Biofotoni ( quanti di Luce nella , Laser terapia, Agopuntura, Yoga, Prano-terapia ,Shiazu , ecc)

Il Tema Suono verra espresso come modulazione di Biofononi (quanti di Suono in: canto, musica terapeutica come essenziali elementi epigenetici del benessere.

 

Finalità Egocreanet vede nel convegno del 25 Maggio 2018 un momento pubblico di crescita del movimento Cluster-Egocreanet che è impegnato nel superare la prassi di una scienza “meccanica” basata su un modello standard,che esclude una moderna importazione piu ampia ed olistica basata su un rinnovato rinascimento scientifico tale che risulti indirizzato ad una piu elevata comprensione popolare , capace inoltre di dare un rinnovato riconoscimento alle attivita di ricerca alternative alla concezione meccanica della scienza dato che questa è ormai sostanzialmente obsoleta e priva del necessario futuro di sviluppo coscientemente creativo.

 

Pure i tecnici sono disoccupati

da ItaliaOggi

Pure i tecnici sono disoccupati

Fondazione Agnelli analizza gli esiti sul mercato del lavoro. Poi tocca all’alternanza

Emanuela Micucci

Solo il 30% va all’università, e l’indice di occupazione è appena al 40%. Per il 34% si tratta di un lavoro non coerente con gli studi. E il voto di maturità non conta per trovare un posto. Sono i risultati del report della Fondazione Agnelli su tutti i 550 mila diplomati tecnici e professionali del periodo 2012-2014. Realizzato da Fondazione Agnelli e Crisp, a partire dai dati dell’Anagrafe nazionale degli studenti del Miur e delle Comunicazioni obbligatorie del ministero del lavoro, il rapporto analizza gli esiti sul mercato del lavoro di quasi 550 mila diplomati tecnici e professionali degli anni scolastici 2011/12, 2012/13 e 2013/14 (www.fga.it).

Un’indagine su base censuaria, che «ci restituisce per la prima volta in modo completo e puntuale il percorso di questi diplomati a due anni dal diploma», spiega Mario Mezzanzanica del Crips. Diventando un «importante contributo a supporto delle politiche per i sistemi dell’istruzione e del lavoro». Iniziando dalla riforma Fornero dell’apprendistato e dal Jobs act che hanno impattato su queste tre generazioni di diplomati. Con l’entrata a regime della riforma Fornero la quota dei contratti di apprendistato cresce per i diplomati del 2013, mentre riguardava solo 1 su 10 diplomati 2012. Ma si arresta con l’arrivo del Jobs act, tant’è che per i diplomati del 2014 ne vengono attivati meno.

Il Jobs act, infatti, grazie al sistema degli sgravi contributi, impenna per quest’ultimi diplomati impennando i contratti a tempo indeterminato, a scapito degli apprendisti. Senza però ridurre la quota di forme contrattuali più precarie.

Sul totale dei diplomati tecnici e professionali dei tre anni scolastici analizzati, ben il 50,2% ha un lavoro precario, solo il 22,2% ha un contratto a tempo indeterminato e il 27,6% è apprendista. Dati significativi poiché, dopo il diploma, il 70% ha scelto di entrare subito nel mercato del lavoro. Solo il 30% ha proseguito gli studi all’università o agli Its. Ben il 27,4% è un Neet che né studia né lavora.

Tra quelli che hanno deciso di trovare lavoro, poi, l’indice di occupazione nei primi due anni è appena del 40%: «Un dato comunque lusinghiero nella congiuntura economica avversa del periodo esaminato», commenta Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli. Ma a due anni dal diploma oltre a metà, il 51,3%, svolge un lavoro qualsiasi e solo il 34,3% ha un occupazione coerente con il titolo di studio. Il voto di diploma, poi, non conta nulla: 10 punti in più incidono per lo 0,9 sulle possibilità di trovare lavoro. In media si attende 9 mesi prima di ottenere un lavoro significativo, cioè con contratto di durata almeno di 30 giorni consecutivi. La distanza media casa-lavoro è 40 chilometri.

Nonostante i divari Nord-Sud per l’indice di occupazione, che oscilla dal 61% del Veneto al 22% di Campania e Calabria, si nota anche una forte eterogeneità tra province: alcune piemontesi e liguri, ad esempio, mostrano un significativo ritardo rispetto al resto del Nordovest, come quelle laziali rispetto al Centro. «Serve un sistema di conoscenza costante che accompagni i ragazzi», ha commentato la ministra Fedeli.

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Contratto scuola, Gilda e Snals fuori dalla contrattazione integrativa

da La Tecnica della Scuola

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Contratto scuola: sulla mobilità aggirata la Legge 107?

da Tuttoscuola

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Nell’ipotesi del contratto 2016-2018, a proposito della contrattazione integrativa nazionale, c’è una formulazione criptica a proposito della mobilità degli insegnanti.

L’articolo 22, dove si parla del divieto di chiedere trasferimento per tre anni nel caso in cui si sia ottenuto a domanda la sede richiesta in modo da assicurare un po’ di continuità didattica, non fa riferimento alla mobilità di ambito, bensì da scuola a scuola.

Più precisamente l’art. 22, comma 4, lettera a1) prevede come materia di contrattazione integrativa nazionale: “al fine di perseguire il principio della continuità didattica, i docenti possono presentare istanza volontaria non prima di tre anni dalla precedente, qualora abbiano ottenuto l’istituzione scolastica richiesta volontariamente”.

Ma la 107/15 ha previsto che non vi sia più la mobilità da scuola a scuola su domanda dei docenti, bensì vi sia la chiamata dall’ambito territoriale dei docenti da parte della scuola.

La rivoluzione della Buona Scuola aveva capovolto i due poli della mobilità: non era più il docente a scegliere la scuola, ma era la scuola che sceglieva il docente.

La formulazione del nuovo articolo 22 dell’ipotesi contrattuale, dove si parla di istituzione scolastica ottenuta su richiesta volontaria, farebbe intendere un ritorno alle regole precedenti la 107, con mobilità da scuola a scuola senza passare dalla chiamata dall’ambito.

Un ritorno all’antico che era già avvenuto con la contrattazione integrativa sulla mobilità 2017-18 e recentemente confermata anche per quella del 2018-19, dove si era convenuto di sospendere temporaneamente l’applicazione della 107, ripristinando le vecchie regole sulla mobilità.

Se la formulazione del nuovo art. 22 va interpretata in quel senso, cadrebbe uno dei pilastri della Buona Scuola. La norma della chiamata non verrebbe disapplicata: sarebbe svuotata. Ma la ministra dell’istruzione Fedeli, nell’intervista a Tuttoscuola, afferma il contrario: “Nessuno ha toccato il meccanismo degli incarichi di docenza previsto dalla legge”. Nell’intervista si sofferma più ampiamente sul tema e sulla mobilità dei docenti in generale.

Scuola primaria: gli alunni calano, ma al tempo pieno aumentano

da Tuttoscuola

Scuola primaria: gli alunni calano, ma al tempo pieno aumentano

Nella scuola primaria statale continua il calo di alunni iscritti, conseguenza del decremento demografico in atto ormai da quasi un decennio.

La punta massima di iscritti si era raggiunta nel 2013-14 quando si erano sfiorati i 2 milioni e 600 alunni; poi era iniziato lentamente il calo con un decremento complessivo di 10-12 mila unità in meno all’anno, più accentuato nelle regioni meridionali.

Ma, rispetto al 2016-17, il calo per quest’anno scolastico è stato molto più marcato, con oltre 33 mila alunni in meno: premessa di un ulteriore calo per i prossimi anni.

Nonostante la sensibile diminuzione generale di iscritti, la richiesta di tempo pieno registra invece un aumento in valori assoluti e percentuali.

Da quando nel 1971 con la legge 820 venne istituito il tempo pieno, l’incremento di iscritti non ha mai avuto flessioni, indipendentemente dal tipo di compagine politica al Governo.

Stupisce, in proposito, che un partito, come il M5S, che aspira a governare il Paese abbia previsto nel suo programma il “ripristino” del tempo pieno, come se ritenesse vi sia stata una flessione un’offerta di servizio che non ha mai registrato flessioni.

Per quanto riguarda le variazioni intervenute tra l’anno scorso e quest’anno, a fronte di un calo complessivo di 33.659 iscritti, nelle classi organizzate a tempo normale il calo è stato di 40.463 unità (-2,4%), mentre in quelle organizzate a tempo pieno vi è stato un aumento di 6.804 iscritti (+ 0,8%). Quest’anno gli alunni iscritti al tempo pieno sono stati 905.440 su un totale di 2.538.821, pari al 35,7%.

Anche le classi organizzate a tempo pieno sono aumentate; sono 43.804 su un totale di 130.462, e ne rappresentano il 33,6%.