NO ALLE VISITE PSICOLOGICHE AI DOCENTI

L’APEI dice NO ALLE VISITE PSICOLOGICHE AI DOCENTI.

SI ALL’ACCOMPAGNAMENTO DEI DOCENTI IN DIFFICOLTÀ DA PARTE DI PEDAGOGISTI E A CONTROLLI DI ISPETTORI SCOLASTICI.

Critiche dalla commissione scuola APEI sull’introduzione degli psicologi nella scuola e sulla proposta “Marziale” per le visite psicologiche obbligatorie ai docenti.

Una manovra per sistemare migliaia di psicologi senza lavoro e per deresponsabilizzare la scuola e gli insegnanti da un dovere non delegabile… quello dell’educare.

E’ in atto una manovra a “tenaglia” , denuncia l’APEI, per strangolare la scuola pubblica e trasformarla in una “fabbrica” di ragazzi disturbati, in mano a “pericolosi” docenti stressati e violenti ed a genitori in crisi, tutti bisognosi di cure “psico”logiche. Ma il mondo scolastico reale, quello della relazione educativa, affettivo-cognitiva, tra educatore-educando, non parla lo psicologese,  parla il pedagogese.

Saranno davvero gli psicologi i futuri maestri e controllori dei maestri? Ci chiediamo chi educherà gli educatori? Chi etichetterà gli etichettatori? Non è forse la pedagogia la scienza dell’educazione, perchè ora si vuole soppiantarla con la psicologia? Allora che ognuno occupi il proprio terreno.

Un’assurda proposta, continua Ermanno Tarracchini Consulente Scientifico APEI, quella del Garante Calabrese il sociologo Marziale, che vorrebbe imporre  visite psicologiche obbligatorie a tappeto sui docenti, pensando in questo modo, di salvaguardare i minori dal disagio e da presunti atti di violenza da parte di insegnanti “disturbati” e dimostrando con questa proposta, di essere lontano  dalle dinamiche di apprendimento e di vita di classe. Una posizione inusuale, per un garante dell’infanzia, insignito, tra l’altro, della laurea “Honris Causa” in psicologia!

Con questa proposta si vorrebbe supporre che gli psicologi posseggano la patente per valutare e sancire l’idoneità umana e professionale di una persona all’insegnamento e alle relazioni interpersonali?!?!

Certamente alcuni docenti non sono all’altezza del loro compito educativo, come tanti psicologi del resto,  sia sul piano umano che professionale, ma si tratta di una esigua minoranza che non giustifica la “colonizzazione psicologica globale” della scuola ancor di più di quanto sia già avvenuto con gli sportelli psicologici.

Quali competenze etiche, scientifiche e pedagogiche sono necessarie per valutare l’idoneità morale, etica e deontologica all’insegnamento? Non certo quelle degli psicologi che ricevono una formazione in tutt’altra direzione e non sono formati all’attività educativa. Non dovrebbero essere, casomai, esperti dell’educazione e dell’etica professionale? Non dovrebbero essere ispettori scolastici, pedagogisti, dirigenti scolastici e docenti senior di provata esperienza ad esprimere un parere etico-deontologico sul comportamento del docente nell’accompagnamento alla crescita del bambino?

Esistono già le pene per i violenti e le ispezioni da parte di personale tecnico del MIUR che valutano, con competenza e professionalità, la qualità dell’agire professionale dei docenti e i risultati concreti ottenuti, che possono prendere provvedimenti nel caso di maltrattamenti dei bambini, fino all’allontanamento del personale inidoneo all’insegnamento!

La prevenzione si fa con una rigorosa formazione, con la cooperazione fra docenti e fra docenti e famiglie, non con test “psico-attitudinali”.

Allora perché non incentivare le forme di collaborazione previste dal patto educativo tra scuola e famiglia attraverso anche forme di valorizzazione delle competenze educative dei genitori, e l’implementazione di figure pedagogiche di coordinamento al servizio di un patto educativo che finalmente potrebbe contribuire a creare un clima scolastico collaborativo e di benessere, utile a promuove rapporti umani e professionali sereni ed “equilibrati”.

E poi, continua Tarracchini, si vuole davvero pensare di risolvere il problema di portata sociale mondiale (e non solo scolastica) del disagio, dei maltrattamenti e della violenza, in una società che trasuda messaggi violenti in tutti i suoi mezzi di comunicazione, con dei cosiddetti colloqui e “test attitudinali”?

Gli insegnanti non hanno bisogno di essere “accompagnati” da psicologi e psichiatri, per svolgere la loro funzione piuttosto, hanno bisogno di un’organizzazione scolastica che li valorizzi e li motivi maggiormente all’insegnamento; di un minor numero di alunni per classe e di un supporto pedagogico finalizzato ad un coordinamento delle relazioni complesse tra il mondo della scuola, le famiglie e il territorio, così come ad una più efficace e seria formazione professionale, in situazione, sui processi personalizzati di apprendimento all’interno delle loro prassi educativo-didattiche.

Ci chiediamo  quale sia lo scopo di queste manovre: sistemare migliaia di psicologi senza lavoro anziché migliorare e potenziare il sistema degli ispettori scolastici? Sottrarre alla scuola responsabilità e competenze educative specifiche, delegare ad una categoria che gode di immunità epistemologica come quella degli psicologi?

Gli insegnanti sono informati che il loro “equilibrio” umano e professionale verrebbe valutato da professionisti, privi di competenze in campo educativo-pedagogico.

Non si parla più, dunque, di educare, ma di “sorvegliare ed, eventualmente, punire” affidando ad una agenzia esterna un controllo sull’educare senza che questa ne abbia le competenze. Che ripercussioni ci saranno a livello di collegio docenti e di libertà di insegnamento? Come si potranno difendere i docenti da questa forma di inquisizione psicologica? Agli insegnanti non resterebbe che una class-action collettiva o una obiezione di coscienza preventiva alla cosiddetta visita psicologica resa obbligatoria.

Prof. E. Tarracchini

Commissione Scuola APEI

dott. Alessandro Prisciandaro

Presidente Nazionale APEI

Occorre un investimento massiccio sulla scuola

Occorre un investimento massiccio sulla scuola a partire dall’incremento degli organici

“Il MEF traduce l’impegno di spesa di circa 150 milioni definiti nella legge di bilancio 2018 (e oggetto dell’accordo del 22 dicembre 2017) in soltanto 3.530 posti aggiuntivi sull’organico di diritto, calcolando un costo di circa 42.500 euro per ogni posto già coperto da supplenti fino al 30 giugno. In realtà per 3.530 posti basterebbero solo 30 milioni (basti considerare che con 52 milioni di finanziamento della legge 107/15 furono immessi in ruolo su posti già coperti da supplenti al 30 giugno ben 7.797 docenti)”. Così Francesco Sinopoli, segretario generale della FLC CGIL.

“Per prima cosa chiediamo il ricalcolo di questi costi e la conseguente conversione in organico di diritto di ulteriori 15.000 posti sottratti alla scuola”, sostiene, “e comunque non basta. Occorre cambiare direzione. Partendo da un progetto nazionale per la scuola che ne rimetta al centro la missione costituzionale che è quella di superare le diseguaglianze e non di moltiplicarle”.

“E invece i divari crescono, in particolare tra nord e sud, tra il centro e la periferia delle grandi città. Per far sì che nessuno resti indietro bisogna aumentare il tempo scuola e costruire le condizioni affinché in tutto il territorio nazionale siano garantite le stesse opportunità e gli stessi diritti. E’ indispensabile investire sulla scuola dell’infanzia, sull’educazione degli adulti, sul personale ATA, su tutti i principali strumenti che consentono di realizzare processi di inclusione e integrazione. E per farlo servono innanzitutto organici adeguati. La situazione attuale va invece nella direzione apposta perché si taglia invece di investire. Inaccettabile soprattutto che vengano tagliati posti al sud. Non solo non si aumenta il tempo scuola ma si mette a rischio la continuità didattica e nello stesso tempo si riduce la possibilità per molti docenti di avvicinarsi a casa”.

“Lo abbiamo detto tante volte e lo ribadiamo: per combattere la dispersione scolastica e gli abbandoni è indispensabile la realizzazione del tempo pieno nelle regioni del sud e la generalizzazione della scuola dell’infanzia. Serve quindi un investimento straordinario da subito che contrasti lo spopolamento delle regioni del mezzogiorno e delle aree interne. Senza organici adeguati si pongono in un’ assurda competizione territorio con territorio e ordine di scuola con ordine di scuola, per dividere risorse assolutamente inadeguate. Senza un incremento degli organici al nord si mettono a rischio le funzioni fondamentali della scuola e al sud si asseconda lo spopolamento del mezzogiorno e delle aree interne e si indeboliscono ancora di più territori resi ancora più fragili dalla crisi economica. Serve un progetto nazionale per la scuola italiana che ne rilanci la sua missione costituzionale e che parta proprio da qui”.

Prove Invalsi 2018, bocciate dai docenti

La Tecnica della Scuola

Prove Invalsi 2018, bocciate dai docenti: pc insufficienti e connessione internet inadeguata 

CATANIA – I computer sono obsoleti e insufficienti, la connessione internet inadeguata. Sono i risultati del sondaggio condotto da La Tecnica della Scuola, aperto lo scorso 23 marzo, in merito alle prove Invalsi 2018 riservate alle scuole medie, che da quest’anno, si svolgeranno al computer.

La rilevazione ha coinvolto circa 1500 insegnanti che erano chiamati a rispondere con SI o NO a 3 domande, sull’utilità delle prove Invalsi, sull’adeguatezza delle postazioni pc per sostenere le prove e l’efficienza della rete internet.


In particolare, per il 77,2% dei lettori le prove Invalsi sono inutili e prive di senso, perché non andrebbero realmente a valutare la preparazione degli studenti.
Per l’85,6% degli insegnanti intervenuti nel sondaggio le postazioni pc non bastano per i test Invalsi. Inoltre, in molti casi, tali pc risultano obsoleti e quindi non di rado possono bloccarsi e interrompere le prove, come accaduto in alcune simulazioni svolte in queste ultime settimane.

Ma i pc non sono l’unico problema delle prove Invalsi per gli alunni di terza media: infatti per l’81,5% degli intervenuti le scuole avrebbero problemi anche con la connessione internet, inadeguata per sostenere i test che si dovranno svolgere online.

Le prove Invalsi 2018 per le scuole medie si svolgeranno fra il 4 e al 21 aprile. Da quest’anno lo svolgimento delle prove, ma non il loro esito, rappresenta per l’allievo uno dei requisiti di ammissione all’esame di Stato di terza media.

Fra le altre novità, oltre alla modalità di svolgimento computer based su cui si è concentrata la rilevazione, c’è anche quella che riguarda la prova d’Inglese, articolata in una sezione rivolta alla comprensione della lettura e una alla comprensione dell’ascolto. Questa sarà una prova bilivello: A1 e A2. In questo modo è possibile restituire gli esiti degli allievi nella certificazione delle competenze anche per coloro che non raggiungono il livello A2.

Concorso per abilitati, iscritti 50mila prof: 10mila già di ruolo

da Il Sole 24 Ore

Concorso per abilitati, iscritti 50mila prof: 10mila già di ruolo

di Claudio Tucci

Sono poco meno di 50mila, 49.901 per l’esattezza, i docenti che hanno presentato domanda per partecipare al “concorso” per docenti abilitati a medie e superiori, bandito lo scorso febbraio. Lo ha reso noto ieri sera il Miur.

La fotografia
Secondo una prima analisi dei dati, il numero maggiore di domande è stato presentato al Sud (23.476), seguito dal Nord (17.036) e dal Centro (9.389). La regione con il maggior numero di domande è la Campania (7.352 istanze inoltrate), seguono Lombardia (7.161), Sicilia (6.340), Lazio (4.797). Hanno presentato domanda soprattutto candidate donne: sono 34.020. L’età media di chi ha fatto domanda di partecipazione è 43 anni. Potevano presentare istanza anche i docenti già di ruolo: ne sono pervenute 10.404. La maggior parte delle domande proviene da insegnanti specializzati sul sostegno nel secondo grado e abilitati in italiano, storia, geografia nella scuola secondaria di primo grado. A seguire abilitati in discipline letterarie negli istituti di istruzione secondaria di secondo grado e scienze giuridico-economiche.

Le prossime tappe
Gli aspiranti insegnanti di ruolo dovranno ora sostenere una prova orale (il punteggio massimo è di 40 punti) e saranno inseriti in una graduatoria di merito, anche in virtù del punteggio derivante dai titoli posseduti e dal servizio pregresso (massimo 60 punti). I vincitori del “concorso” dovranno poi superare con una valutazione positiva un anno di formazione e di tirocinio per la definitiva immissione in ruolo. La loro attitudine all’insegnamento verrà valutata anche con visite in classe. Il nuovo modello di reclutamento e formazione dei prof ha previsto una fase transitoria di cui il concorso per abilitati rappresenta il primo step. Seguiranno poi il bando per docenti iscritti nelle graduatorie di istituto non abilitati ma con tre anni di servizio almeno alle spalle e quello per i neo-laureati.

Con i fondi Ue altri 100 milioni di euro all’alternanza

da Il Sole 24 Ore

Con i fondi Ue altri 100 milioni di euro all’alternanza

di Claudio Tucci

A settembre l’alternanza scuola-lavoro “raddoppia” le risorse. Ai 100 milioni di euro annui già previsti dalla legge 107 – che ha reso obbligatoria per gli studenti la formazione on the job, almeno 400 ore nel triennio finale dei tecnici e professionali, almeno 200 ore nei licei – si affiancheranno altri circa 100 milioni, provenienti dai fondi Ue.

Il nuovo bando
Lo stanziamento aggiuntivo «è contenuto nel nuovo bando Pon dedicato all’alternanza, che è alle ultime limature tecniche – spiega il dg del Miur per la gestione dei Fondi strutturali e l’Innovazione digitale, Simona Montesarchio -. Si tratta di risorse che potranno essere utilizzate dalle scuole per lo sviluppo di progetti di formazione duale di alta qualità». L’obiettivo è infatti quello di spingere su tre tipologie di iniziative, vale a dire percorsi “in filiera”, in rete con piccole imprese, e per consentire ai ragazzi di partecipare a stage e tirocini in ambito interregionale e, perché no, anche all’estero.

I finanziamenti alle scuole…
Gli istituti tecnici e professionali dovranno co-progettare percorsi di alternanza innovativa di almeno 120 ore. Il finanziamento massimo ottenibile è pari a 13.500 euro a singolo modulo (massimo due moduli per le regioni in transizione e per quelle più sviluppate, si sale a tre moduli per i territori più in difficoltà). In caso di percorsi “on the job” tra Regioni la dote arriva a 17.700 euro (sempre a singolo modulo), fino ad attestarsi a 60mila euro per le esperienze di scuola- lavoro fuori dai confini nazionali. Per i licei la “dote” oscilla da 10.100 euro fino a 50mila euro (alternanza all’estero).

…e agli Its
Il nuovo bando Pon, che verrà pubblicato dal Miur nei prossimi giorni, finanzierà anche l’alternanza proposta dagli Its, le super scuole di tecnologia, post diploma, alternative all’università, che oggi fanno registrare un tasso di occupabilità dei neo-diplomati dell’80 per cento. Qui, in particolare, saranno incentivati progetti di almeno 240 ore, con l’input di spingere forte sulla mobilità geografica: nell’ipotesi, infatti, di stage e tirocini fuori Regione il finanziamento massimo (a modulo) ottenibile è di 42.300 euro, che diventano 128.250 euro in caso di alternanza all’estero.

I precedenti
Non è la prima volta che il dicastero di Viale Trastevere utilizza fondi Ue per supportare l’alternanza obbligatoria (di qualità). «Lo scorso anno, sempre attraverso la nuova programmazione comunitaria 2014-2020, che, per la prima volta, ha visto assegnare all’Italia oltre 3 miliardi di euro complessivi – ricorda Montesarchio -. sono stati stanziati 140 milioni per aiutare il link scuola-lavoro. Ebbene, i progetti presentati hanno toccato quota 2.761 da Nord a Sud del Belpaese, quasi tutti accolti». Un’altra iniziativa che il Miur giudica positiva è quella relativa ai “laboratori per l’occupabilità”: «Con circa 60 milioni di euro – chiosa Montesarchio – abbiamo finanziato una settantina di progetti (750mila euro a laboratorio, ndr), che hanno permesso di migliorare la strumentazione degli istituti beneficiari, e per questa via la didattica a favore dei ragazzi».

«Per il Piano scuola digitale già spesi 618 milioni di euro»

da Il Sole 24 Ore

«Per il Piano scuola digitale già spesi 618 milioni di euro» 

«Per il piano scuola digitale abbiamo già speso 618 milioni, su circa un miliardo di risorse programmate: sono state finanziate varie azioni, dalle biblioteche innovative agli atelier creativi, al piano laboratori, passando per ambienti per la didattica digitale, pc, tablet, lim. Certo, c’è ancora molto da fare, specie sul cablaggio degli istituti e la connessione internet, molto diversa da territorio a territorio. C’è l’impegno a fare di più: puntiamo a trasferire best practice sul territorio, a disseminare le azioni del Piano nelle singole realtà territoriali, stiamo promuovendo la formazione dei docenti e competizioni tra studentesse e studenti per diffondere i temi dell’innovazione didattica e digitale accompagnate da uno sviluppo delle competenze di Imprenditorialità digitale e cittadinanza globale. Un esempio? Stiamo organizzando “hackathon nazionali”, che, partendo da un tema principale, propongono sfide concrete che gli studenti coinvolti cercano di risolvere, ricercando e progettando soluzioni, creando modelli e ideando prototipi con l’ausilio di tecnologie digitali». A due anni di distanza dalla definizione del piano nazionale per la scuola Digitale, adottato il 27 ottobre del 2015, Scuola24 ha incontrato il direttore generale per l’innovazione digitale, Simona Montesarchio, che annuncia anche una primissima novità: il Miur ha appena firmato con il commissario generale di sezione per l’Italia per Expo 2020 Dubai un protocollo per lo sviluppo di una collaborazione scientifica, culturale e didattica volta alla progettazione e diffusione di percorsi formativi e didattici a carattere innovativo.

«A fronte di uno stanziamento triennale di circa un miliardo di euro, abbiamo finora impegnato e speso 618 milioni – spiega Montesarchio -. Tra le varie azioni ci sono i fondi per 1000 scuole che hanno presentato progetti per le “Biblioteche innovative”, quelli per le scuole del primo ciclo che hanno progettato gli “Atelier creativi”, altri finanziamenti, circa 60 milioni, per i partenariati formati da scuole e attori del territorio, dove gli istituti, in primis i tecnici e i professionali, hanno implementato spazi altamente tecnologici, per fare alternanza e per arrestare la dispersione, e altri fondi con cui, grazie al supporto di scuole di riferimento, abbiamo finanziato progetti nazionali ad alto livello innovativo”.

Il Miur si considera molto soddisfatto dello stato di avanzamento della programmazione Ue. Considerando l’intera dotazione finanziaria della programmazione Pon 2014-2020 pari a 3.019.300.000 euro (Pon Fse: 2.158.437.000 euro; Pon Fesr: 860.863.000 euro), sono già finalizzati in soli tre anni tutta la quota Fesr, utile per progetti di carattere infrastrutturale delle scuole (laboratori ed edilizia scolastica). «In quest’ultima settimana – aggiunge Montesarchio – abbiamo anche pubblicato la seconda edizione dei bandi per le competenze di base e per l’inclusione per un importo di ulteriori 280 milioni che si aggiungono al piano lanciato lo scorso anno in 10 azioni, pari a 840 milioni, e siamo pronti a lanciare la seconda edizione del bando alternanza scuola-lavoro per il prossimo anno scolastico, che avrà un valore complessivo di circa 100 milioni. L’elemento di novità rispetto al passato è stato aver esteso la programmazione all’intero territorio nazionale con quantità finanziarie diversificate e proporzionali al livello di sviluppo delle regioni». In particolare il territorio è risultato diviso tra regioni meno sviluppate (Campania, Basilicata, Calabria, Puglia e Sicilia) a cui è stato assegnato il 70% dei fondi Fse e Fser , regioni in transizione (Abruzzo, Molise e Sardegna) a cui è stato assegnato il 45% e le regioni più sviluppate (Valle d’Aosta, Piemonte, Liguria, Lombardia, Veneto, Trentino Alto-Adige, Friuli Venezia Giulia, Emilia-Romagna, Toscana, Marche, Umbria e Lazio) che hanno assorbito la rimanente fetta.

Tornando al piano Scuola digitale, dai dati ricavati dall’Osservatorio per la scuola digitale a cui hanno recentemente risposto (non c’era obbligo) il 56,87 % delle scuole, risulta che più del 90%, sia al primo ciclo che al secondo, utilizza il registro del docente. Anche il parametro dell’uso della connettività nella didattica ha dato un discreto feed back: il 95% delle scuole del primo ciclo che hanno risposto usa la connessione Internet per la didattica, percentuale che sale al 98 % nel secondo ciclo. «Ma sappiamo che non è sufficiente possedere la tecnologia o la rete Internet per realizzare una concreta “didattica digitale” in aula – evidenzia il dg del Miur -. Pertanto abbiamo deciso di promuovere e sostenere azioni dirette a favorire la più ampia e capillare diffusione dei processi di innovazione digitale in tutte le istituzioni scolastiche presenti sul territorio nazionale. Lo abbiamo ipotizzato promuovendo competizioni volte a diffondere i temi dell’innovazione didattica e digitale accompagnate da uno sviluppo delle competenze di imprenditorialità digitale e di cittadinanza globale. Abbiamo, ad esempio, organizzato hackathon nazionali, che, partendo da un tema principale, propongono sfide concrete che gli studenti coinvolti cercano di risolvere, ricercando e progettando soluzioni innovative, creando modelli e ideando prototipi con l’ausilio di tecnologie digitali. Un hackathon di successo è stato, ad esempio, dedicato al tema dell’acqua, come elemento chiave dello sviluppo sostenibile; altri al cibo, al tema adolescenziale o alla musica. Ma una metodologia didattica innovativa interessante che abbiamo sperimentato con successo è stata quella delle simulazioni internazionali come “YounG7” di maggio dello scorso anno a Catania organizzata nell’ambito degli eventi previsti sotto la Presidenza Italiana del G7, o il Model Agenda 2030 in occasione dell’iniziativa nazionale dedicata al Piano nazionale per la scuola digitale dello scorso gennaio a Bologna. L’idea è ora quella di diffondere sul territorio le azioni legate alla didattica innovativa e digitale. A tale scopo abbiamo deciso di lanciare la sfida a 24 scuole su tutto il territorio nazionale. Tutte le 24 scuole hanno raccolto la sfida e da aprile a settembre replicheranno, iniziative locali sui temi dell’innovazione didattica e digitale, diffonderanno le buone pratiche, mostreranno le loro esperienze sul digitale, promuoveranno hackathon regionali o provinciali, coinvolgendo il territorio, attivando sinergie e contaminando tutte le altre scuole con lo scopo di diffondere i temi dell’innovazione didattica e digitale».

«Siamo appena tornati da Dubai – prosegue Montesarchio – dove una delegazione di 50 tra docenti, studentesse e studenti, già vincitori, nei mesi scorsi, di hackathon e altre competizioni di idee promosse dal Miur sui temi dell’Agenda 2030 per lo Sviluppo sostenibile, ha partecipato al Global education & skills forum, un’iniziativa della Varkey fondation che da anni supporta l’innovazione didattica attraverso i suoi programmi e iniziative – tra cui il Global teacher prize. I docenti hanno seguito con interesse i workshop organizzati nell’ambito del Forum, mentre le studentesse e gli studenti hanno potuto partecipare a varie competizioni tra cui simulazioni delle Nazioni unite e #Solveathon, un hackathon sulle sfide globali e, in particolare, sui temi dell’educazione, organizzato dal Massachusetts Institute of Technology (Mit) di Boston. Proprio in quest’ultima competizione 4 nostri studenti, si sono distinti classificandosi al secondo posto e guadagnandosi probabilmente la possibilità di partecipare alla prossima gara internazionale del Mit, in programma ogni anno a Boston».

Proprio a Dubai, inoltre, il Miur ha incontrato Paolo Glisenti, il Commissario generale di sezione per l’Italia per Expo 2020 Dubai, che coordinerà e organizzerà la presenza italiana all’Esposizione universale 2020 di Dubai. Ha parlato a tutti i docenti e alle studentesse e agli studenti anticipando loro il tema di Expo 2020 Dubai che sarà “Connecting minds, creating the future” (Connettere le menti, costruire il futuro). A tal proposito il capo dipartimento, Carmela Palumbo, ha recentemente sottoscritto un protocollo d’intesa con Paolo Glisenti, attraverso cui le parti si impegnano ad una collaborazione scientifica, culturale e didattica volta alla progettazione e diffusione di percorsi formativi e didattici a carattere innovativo in aderenza al tema di Expo 2020 Dubai, indirizzando, per quanto possibile, i prossimi appuntamenti nazionali legati al Pnsd negli anni scolastici 2017-2018 e 2018-2019 anche allo sviluppo di progetti di didattica innovativa legati alla partecipazione all’Esposizione universale di Dubai 2020. «La creatività e la didattica innovativa rappresentano infatti – conclude Montesarchio -. due temi importanti in vista della prossima Esposizione universale, dove vorremmo portare le nostre studentesse e i nostri studenti, non solo come spettatori, ma come protagonisti consapevoli di un processo di cambiamento che sta investendo la scuola italiana».

Olimpiadi di Italiano, a Firenze 84 studenti si sfidano per la finale

da Il Sole 24 Ore

Olimpiadi di Italiano, a Firenze 84 studenti si sfidano per la finale

di Al. Tr.

Sono 84 gli studenti, ragazzi e ragazze, che ieri a Firenze si sono sfidati per la finale
dell’ottava edizione delle Olimpiadi di italiano , l’iniziativa per rafforzare le competenze nella lingua italiana realizzata dal Miur alla quale nel corso dell’anno scolastico hanno preso parte oltre 60mila ragazzi. La prova finale delle Olimpiadi, realizzate in collaborazione con l’Accademia della Crusca e il Comune di Firenze e sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica, si sono svolte al Palagio di parte Guelfa nel capoluogo toscano, ma per conoscere i nomi dei vincitori si dovrà attendere fino a giovedì, quando si svolgerà la premiazione a Palazzo Vecchio, nel salone dei Cinquecento.

Edizione da record
Ad affiancare questa edizione dell’iniziativa anche le “Giornate della lingua italiana” organizzate dal Miur e incentrate sui temi della “Lingua della Costituzione” e “Norma ed errore linguistico”. I ragazzi hanno dovuto destreggiarsi con l’analisi e comprensione del testo, dimostrando capacità logico argomentative e perizia nella sintesi. Ma, soprattutto, la creatività e l’originalità saranno decisive nella proclamazione del vincitore. Tutto ciò avendo a disposizione tre ore e mezza di tempo. Accanto al record di partecipazione registrato quest’anno – oltre 60mila ragazzi, più del doppio rispetto all’edizione del 2015 – altro dato interessante è la partecipazione dei ragazzi provenienti dagli istituti tecnici e professionali. Anche questa affluenza è aumentata rispetto alle precedenti edizioni, anche i concorrenti provenienti dai licei rappresentano ancora la maggioranza. Tra i partecipanti, le studentesse sono state più numerose dei ragazzi, anche se tra gli 84 finalisti sono presenti in maggioranza maschi.

Veneto, Marche e Puglia le più rappresentate in finale
Le regioni Campania, Puglia, Lombardia e Veneto sono state quelle più rappresentate nel corso della competizione, mentre le più presenti alla finale sono Veneto, Marche e Puglia. Gli studenti che hanno potuto misurarsi in questo evento sono quelli della scuola secondaria di secondo grado, divisi in categorie Junior e Senior. A valutare le prove, la giuria composta da Massimo Arcangeli, Adriano Colombo, Giorgio Graffi, Carla Marello, Sergio Scalise, Silvia Tatti, Andrea Zancanaro e presieduta da Giuseppe Patota.

Come identificare gli atti di cyberbullismo in rete

da Il Sole 24 Ore

Come identificare gli atti di cyberbullismo in rete

di Marco Consoli

Individuare un atto di cyberbullismo non è semplice: le comunicazioni tra carnefici e vittime di solito avvengono su canali chiusi o criptati come Whatsapp, Telegram o Facebook Messenger. Per questo EIT Digital, organizzazione che promuove l’innovazione digitale in Europa, ha avviato il progetto Creep, che anziché andare a scovare il singolo episodio, mira a rilevare geograficamente il fenomeno. “Lo scopo è aiutare gli educatori nelle scuole ad avere maggiore consapevolezza di quanto accade nel luogo in cui si trovano, individuando fenomeni che altrimenti rimarrebbero sommersi, almeno finché non sfociano in eclatanti casi di cronaca”, spiega Enrico Maria Piras, sociologo a capo del progetto per conto di Fondazione Bruno Kessler, uno dei partner al lavoro insieme all’italiana Expert System, il centro di ricerca francese INRIA, la startup tedesca NeuroNation e l’Università di Trento. La legge contro il cyberbullismo approvata la scorsa estate prevede infatti che nelle scuole siano individuati docenti referenti per le iniziative di prevenzione del fenomeno. Persone dunque che potrebbero trovare un aiuto proprio da questa iniziativa.

Creep è una soluzione composta da due strumenti: il primo è un software che esegue sul web analisi di profili Instagram, cercando nel testo mediante l’intelligenza artificiale, parole chiave che evidenzino casi di bullismo, e che in secondo luogo fa analisi dei profili per capire chi sono le persone più esposte, per aspetti come l’omofobia, l’aspetto fisico, l’appartenenza religiosa o etnica e altri ancora. “Ci siamo concentrati su Instagram”, spiega Piras “perché è risultato il social su cui si registra la più alta percentuale di casi di bullismo nella fascia di età tra i 13 e 16 anni. Ma nel frattempo stiamo lavorando per integrare altri social emergenti molto usati dai ragazzi, come ThisCrush e Musical.ly”. Il secondo strumento è un chatbot, che può essere integrato in programmi di messaggistica istantanea, in app create ad hoc o in servizi disponibili sul web, in grado di supportare in una prima fase il lavoro svolto altrimenti da operatori umani: facendo una serie di domande ai ragazzi è in grado non solo di profilare dal punto di vista psicologico le potenziali vittime, ma anche di capire quali azioni di cyberbullismo sono state compiute ai loro danni. “Lo scopo”, spiega Piras “è quello di fornire un sistema di prima assistenza a chi subisce o assiste a episodi di cyberbullismo, con una serie di indicazioni su cosa fare o non fare, e a chi rivolgersi per chiedere aiuto”.

La sperimentazione è già partita in alcune scuole medie trentine, con lo scopo di affinare le tecnologie, permettendo ad esempio al software di scremare tra veri episodi di violenza e comportamenti che rientrano nella categoria dello scherzo. “La ricerca è solo all’inizio”, spiega Piras “tanto è vero che stiamo studiando per il futuro l’ipotesi di usare la stilometria, per permettere al programma di evidenziare i tratti ricorrenti con cui si esprimono le persone”. L’utilizzo dell’intelligenza artificiale per arginare l’antica piaga del bullismo, che grazie a web e smartphone è diventata pervasiva, è la strada più battuta anche dalle corporation che in alcuni casi con i loro social forniscono il veicolo per gli atti violenti: Google ha lanciato Perspective, un API a disposizione degli sviluppatori per bloccare commenti “tossici”, mentre Facebook per ora ha lanciato una piattaforma di prevenzione online, ma ha integrato sulla sua controllata Instagram il software di machine learning DeepText, che analizza e rimuove su richiesta dell’utente i commenti offensivi. A credere che questa sia la strada giusta è anche IBM, che ha integrato il suo software Watson su Identity Guard, programma fornito ai genitori per monitorare i social media dei figli e avvertirli in caso di episodi sospetti.

L’idea non è molto distante da Keepers, programma per smartphone in arrivo da Israele che permette agli adulti di individuare conversazioni malsane svolte dai propri figli sui social. Il fenomeno è in tale ascesa nel mondo e in Italia (dove nel 2017 ci sono state 354 denunce alla Polizia), che ormai si trovano numerose app dedicate all’argomento: da Stop!, strumento con cui i ragazzi possono condividere con i genitori schermate del proprio smartphone per capire se si è sottoposti ad atti violenti e difendersi, a Giovani ambasciatori contro il bullismo, che informa sul fenomeno, a Youpol che consente di segnalare anche in forma anonima episodi di cui si è stati vittime o testimoni, fino a ReThink, che agisce dalla parte dei bulli, riconoscendo parole offensive digitate sullo smartphone e invitando a riflettere prima di inviarle.

I tanti no della Cgil al prossimo governo

da ItaliaOggi

I tanti no della Cgil al prossimo governo

Tra le proposte, ciclo unico infanzia-medie

Sandra Cardi

No alla quantificazione delle ore di alternanza. No ai licei brevi. No alla valutazione. E invece ciclo unico per elementari e medie, più peso a merito ma anche anzianità, obbligo fino a 18 anni. La Flc-Cgil, nell’assemblea nazionale che si è tenuta nei giorni scorsi a Roma, ha stilato la piattaforma in base alla quale interloquire con il governo che verrà. Che sia a trazione leghista o grillina, come ormai pare probabile visto l’esito delle elezioni dei presidenti di camera e senato. Fra le parole d’ordine, revisione dell’attuale modello di alternanza scuola-lavoro, con l’eliminazione di un monte ore obbligatorio da soddisfare pena l’esclusione dalla maturità. Per il segretario della Flc-Cgil, Francesco Sinopoli, la scuola «non deve educare il capitale umano, non è un luogo di addestramento al lavoro così com’è, non può sottrarsi alla missione di costruire esperienze di apprendimento per la vita e per la libera intelligenza degli studenti, e deve impegnarsi a superare le diseguaglianze e non a moltiplicarle, come invece accade innanzitutto tra Sud e Nord». Bocciata poi «la scelta della sperimentazione quadriennale. Piuttosto bisogna ripensare a un percorso unitario di una scuola del primo ciclo. Il primo ciclo, attraverso una sperimentazione affidata per almeno cinque anni alle autonomie scolastiche, dovrebbe sforzarsi di individuare gli snodi di continuità ancora oggi non risolti fra primaria e medie e fra medie e superiori, e perché no, fra istruzione secondaria e terziaria».

Tra i tanti nodi, la valorizzazione degli insegnanti, su cui dovrà essere aperta una specifica sessione contrattuale così come prevede il contratto 2016/2018: sì al mantenimento dei gradoni per anzianità di servizio, ma spazio anche al riconoscimento dell’impegno personale. No, invece, al sistema dei bonus della Buona scuola. O di quello che resta delle riforma di Matteo Renzi.

Pulizie, gli appalti verso la fine

da ItaliaOggi

Pulizie, gli appalti verso la fine

Svolta al Miur: affidare i lavori solo a collaboratori contrattualizzati della scuola

Franco Bastianini

Il ministero dell’istruzione pronto a riaffidare la pulizia delle scuole, ivi compreso la realizzazione del programma di ripristino e mantenimento della funzionalità e del decoro degli immobili adibiti alle istituzioni scolastiche ed educative di cui alla nota ministeriale prot. n. 3039 del 7 agosto 2014, esclusivamente ai collaboratori scolastici in servizio. Sia che abbiano contratti a tempo indeterminato che determinato. Operazione fattibile previo inserimento negli organici di diritto degli 11.857 posti di collaboratore scolastico (su un organico di diritto per l’anno scolastico 2017/2018 di 131.143 unità) accantonati da anni e utilizzati esclusivamente dagli ex lavoratori socialmente utili (Lsu) inseriti nelle ditte private di pulizia.

L’indirizzo è stato palesato dai vertici ministeriali nel corso di un incontro con i rappresentanti delle organizzazioni sindacali del personale della scuola, incontro convocato dall’amministrazione per proseguire nell’esame di nuove norme finalizzate alla semplificazione amministrativa delle scuole.

Nella occasione infatti i rappresentanti del ministero dell’istruzione hanno ribadito l’orientamento, già espresso in altra circostanza, di reinserire negli organici di diritto delle singole scuole i posti di collaboratore scolastico a tutt’oggi accantonati per affidare le pulizie e la realizzazione del programma di ripristino e di mantenimento del decoro e degli immobili adibiti alle istituzioni scolastiche a personale esterno all’amministrazione scolastica attraverso la stipula di specifici appalti con ditte private che, per lo svolgimento dei compiti, utilizzano prevalentemente ex lavoratori socialmente utili che in tal caso, previa emanazione di apposite norme, entrerebbero a fare parte dell’organico delle scuole.

In attesa che un tale progetto possa concretizzarsi le scuole non potranno comunque che continuare ad avvalersi delle ditte già utilizzate sulla base della proroga prevista e regolata dall’art. 1, comma 687 della legge di Bilancio di previsione dello Stato del 27 dicembre 2017, n. 205.

Al fine di consentire sia la regolare conclusione delle attività didattiche nel corrente anno scolastico che il regolare avvio dell’anno scolastico 2018/2019, si legge appunto nel comma 687, i contratti attuativi concernenti l’acquisizione dei servizi di pulizia e degli altri servizi ausiliari, nonché gli interventi di mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili adibiti ad istituzioni scolastiche stipulati dalle scuole con ditte di pulizia nell’ambito della convenzione-quadro Consip, o stipulati al di fuori della convenzione, potranno proseguire con piena salvaguardia dei livelli occupazionali e salariali esistenti sino alla data di attivazione o rinnovo della convenzione e comunque non oltre il 30 giugno 2019.

Se l’orientamento ministeriale dovesse essere confermato, il mondo delle scuola si troverebbe dinanzi a una scelta ministeriale, peraltro da molte parti auspicata da tempo, che metterebbe la parola fine ad una difficile gestione del personale venutasi a creare nelle scuole fin dall’entrata in vigore della legge 3 maggio 1999 e delle successive ordinanze e circolari ministeriali che disciplinavano appunto il passaggio allo Stato del personale appartenente agli enti locali in servizio delle istituzioni scolastiche statali.

Il tutto comunque potrà realizzarsi non prima dell’inizio dell’anno scolastico 2019/2020 sempre che per quel tempo la specifica commissione paritetica, costituita in seno al Ccnl valido per il triennio 2016/2018, avrà definito ruolo e contenuto della figura del collaboratore scolastico nella scuola dell’autonomia.

Assunzioni, in pista restano gli Lsu

da ItaliaOggi

Assunzioni, in pista restano gli Lsu

Verso la stabilizzazione, con ruoli distinti rispetto agli Ata

L’orientamento ministeriale di riaffidare al solo personale ausiliario di ruolo o incaricato in servizio nelle scuole statali di ogni ordine e grado i servizi di pulizia e gli altri servizi ausiliari, nonché gli interventi di mantenimento e di decoro e della funzionalità degli immobili adibiti a sede di istituzioni scolastiche, se confermato, risolverebbe un problema che si trascina da oltre 18 anni.

Riaffidare al solo personale scolastico i suddetti servizi comporterebbe da un lato il non rinnovo dei numerosi contratti di appalto delle pulizie in essere sottoscritti da un migliaio di scuole sparse su tutto il territorio nazionale e dall’altro metterebbe la parola fine ad ogni ipotesi di terziarizzazione di tutti i servizi di pulizia.

Un ulteriore effetto sarebbe quello di un inserimento negli organici di diritto delle scuole degli 11.857 posti di collaboratore scolastico accantonati da anni nel corso dei quali sono stati utilizzati per assicurare, seppur all’interno dei contratti di appalto, un rapporto di lavoro relativamente stabile agli ex lavoratori socialmente utili. Un accantonamento dei posti resosi necessario per effetto dell’entrata in vigore della legge 3 maggio 1999, n. 124, che aveva disposto tra l’altro il trasferimento allo Stato di alcune competenze, svolte o direttamente dagli Enti Locali (Comuni e Province) o mediante appalti dei servizi di pulizia e delle attività amministrative, nelle scuole elementari e materne (la competenza era dei Comuni) e in alcuni istituti secondari di secondo grado la cui competenza era demandata alle Province.

L’inserimento negli organici delle scuole dei posti accantonati di collaboratore scolastico metterebbe inoltre la parola fine ad ogni ipotesi di terziarizzazione dei servizi dei pulizia, comporterebbe il riassorbimento degli ex lavoratori socialmente utili impegnati nelle scuole e aprirebbe la strada per una ridefinizione degli organici e dei compiti dei collaboratori, compiti da tenere distinti tra addetti ai servizi generali e addetti alle pulizie e al mantenimento del decoro e della funzionalità degli immobili.

Nuovo contratto verso il debutto

da ItaliaOggi

Nuovo contratto verso il debutto

Entro 15 giorni atteso l’ok della Corte dei conti, dopo il sì del governo. Poi la firma finale.

Via libera del governo al contratto della scuola. Il 21 marzo scorso, il consiglio dei ministri, su proposta del presidente Paolo Gentiloni e della ministra per la semplificazione e la pubblica amministrazione Marianna Madia, ha deliberato di autorizzare la ministra Madia ad esprimere il parere favorevole del governo sull’ipotesi di contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto istruzione e ricerca per il triennio 2016-2018, sottoscritta dall’Aran e dalle confederazioni e organizzazioni sindacali di categoria lo scorso 8 febbraio.

Il placet di palazzo Chigi segue quello del ministero dell’economia. E adesso si attende quello della Corte dei conti: l’ultimo step dell’iter di approvazione dell’ipotesi di contratto collettivo nazionale della scuola prima della sottoscrizione definitiva e della relativa pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Il vaglio della Corte dei conti dovrebbe concludersi nell’arco di un paio di settimane. E se i tempi previsti saranno rispettati, nel cedolino di aprile i docenti e il personale Ata dovrebbe trovare i 50 euro netti in più previsti dall’accordo e gli arretrati (circa 400 euro netti). L’ipotesi è stata siglata solo da Cgil, Cisl e Uil. E anche se Snals e Gilda-Unams dovessero rifiutare di firmare pure il contratto definitivo, l’accordo dispiegherà regolarmente i suoi effetti. Il decreto legislativo 165/2001, infatti, prevede che, affinché il contratto possa essere considerato valido, è sufficiente che i sindacati firmatari vantino complessivamente un tasso di rappresentatività superiore al 50% +1. Ed è proprio il caso di Cgil, Cisl e Uil, che, sommati insieme, superano largamente tale soglia.

In ogni caso, se Snals e Gilda-Unams dovessero rifiutare di firmare anche l’accordo definitivo, rimarrebbero fuori dalla contrattazione integrativa fino al prossimo rinnovo del contratto nazionale. E verrebbero esclusi anche dal tavolo negoziale che dovrebbe essere aperto a breve per regolare la delicata materia delle sanzioni disciplinari del personale, che è stata demandata a una sequenza contrattuale successiva.

L’esclusione fino al prossimo rinnovo, peraltro, secondo la prassi finora registratasi, sarebbe irreversibile. Perché nella fase attuale Snals e Gilda-Unams non hanno ancora perso lo stato giuridico di parte. Ma qualora dovessero rifiutare di firmare il contratto definitivo perderebbero tale stato, che presuppone la sottoscrizione del contratto. La prassi negoziale di escludere i sindacati non firmatari dalla contrattazione integrativa fonda la sua legittimità su due disposizioni contenute nel decreto legislativo 165/2001. La prima è costituita dall’ultimo periodo del comma 3, dell’articolo 40, il quale prevede che «la contrattazione collettiva integrativa si svolge sulle materie, con i vincoli e nei limiti stabiliti dai contratti collettivi nazionali, tra i soggetti e con le procedure negoziali che questi ultimi prevedono».

La seconda è contenuta nel comma 5 dell’articolo 43, il quale dispone che «i soggetti e le procedure della contrattazione collettiva integrativa sono disciplinati, in conformità all’articolo 40, commi 3-bis e seguenti, dai contratti collettivi nazionali».

Sulla base di queste disposizioni, dunque, l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni e Cgil, Cisl e Uil hanno pattuito anche nel nuovo contratto una clausola che esclude i non firmatari dalla contrattazione integrativa. Nel caso specifico si tratta dell’articolo 22 dell’ipotesi di contratto collettivo nazionale sottoscritta il 9 febbraio scorso, il quale stabilisce che alla contrattazione collettiva integrativa (nazionale e regionale) e alla contrattazione di istituto possano accedere solo le organizzazioni sindacali nazionali di categoria firmatarie del contratto collettivo nazionale.

Una tesi che è contestata dallo Snals-Confsal, che rivendica il diritto a partecipare ai tavoli successivi e integrativi. Quanto al merito, l’accordo conferma sostanzialmente l’impianto normativo del precedente contratto modificando solo alcune parti relative alle relazioni sindacali e della mobilità. E si configura sostanzialmente come un contratto di natura meramente economica. Il testo negoziale prevede, infatti, un aumento netto di circa 50 euro, ma lascia intatte le regole sulla prestazione e sui permessi e le assenze.

Quanto alle novità sulle relazioni sindacali, va segnalata anzitutto la triennalizzazione della contrattazione integrativa sulla mobilità. Che fino ad ora è sempre avvenuta con cadenza annuale. Ogni contratto sulla mobilità a domanda, dunque, avrà validità triennale. Nessuna modifica, invece, per le assegnazioni provvisorie e le utilizzazioni.

Un altro cambiamento importante è costituito dalla contrattualizzazione dei criteri per l’assegnazione dei soldi del cosiddetto merito, previsti dalla legge 107/2015, che avverrà a livello di contrattazione di istituto. E infine, una novità assoluta è costituita dal confronto: una nuova forma di relazione sindacale espressamente prevista dall’articolo 6 dell’ipotesi di contratto.

Organici. 3.530 posti dall’organico di fatto al diritto, 800 posti di potenziamento per l’infanzia, tagli al Sud

da Orizzontescuola

Organici. 3.530 posti dall’organico di fatto al diritto, 800 posti di potenziamento per l’infanzia, tagli al Sud

di redazione

Si è tenuta martedì 27 marzo 2018 al MIUR l’informativa sugli organici del personale docente per l’anno scolastico 2018/2019. Ci informano la FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil scuola con un comunicato unitario.

Secondo quanto presentato dal MIUR, per il prossimo anno scolastico  si prevede:

  • i posti da consolidare in organico di diritto, tutti posti comuni, sono 3.530;
  • 800 posti dell’attuale organico potenziato saranno destinati  all’Infanzia;
  • 1.162 saranno i posti aggiuntivi per la riforma degli Istituti Professionali;
  • l numero degli alunni calerà di circa 21.000 unità (-90.000 nell’ultimo triennio);

Dalle previsioni del Miur pare che verranno tagliati posti al Sud e non saranno stabilizzati posti di sostegno.

I sindacati FLC CGIL, Cisl Scuola, Uil scuola hanno chiesto un nuovo incontro, che è stato fissato per il 29 marzo alle 9.30.

Esclusione esami Maturità dirigenti scuole primo grado, Miur e sindacati ne parleranno il 30 marzo

da Orizzontescuola

Esclusione esami Maturità dirigenti scuole primo grado, Miur e sindacati ne parleranno il 30 marzo

di redazione

I dirigenti scolastici delle scuole secondarie di primo, sulla base della Riforma degli esami conclusivi del primo ciclo di istruzione, non possono partecipare agli esami di maturità.

I suddetti dirigenti, infatti, devono presiedere la Commissione dell’esame di Stato di I grado della propria scuola, ai sensi dell’articolo 8, coma 2, del D.lgs. 62/2017.

Ne abbiamo parlato in Esami di Maturità, Presidente commissione non può essere dirigente scuola secondaria primo grado

Nel corso dell’incontro Miur – Sindacati sull’incremento del FUN, si è deciso che della succitata esclusione si parlerà il prossimo 30 marzo, quando le parti si incontreranno nuovamente per discutere anche della valutazione dei dirigenti scolastici, come riferito anche dalla Cisl Scuola.

10 milioni di euro stanziati per il Fondo Unico Nazionale dei Dirigenti

da Orizzontescuola

10 milioni di euro stanziati per il Fondo Unico Nazionale dei Dirigenti

di redazione

Saranno 10 milioni di euro lordo Stato ad integrare il FUN 2016/17, a comunicarlo ieri il Ministero durante un incontro con i sindacati rappresentativi dei dirigenti scolastici.

Il calcolo di 10 milioni è legata alla base dei criteri già adottati per l’attribuzione delle quote regionali del fondo nazionale. Si chiude, quindi, una lunga vicenda che aveva visto il taglio del fondo cui erano seguiti manifestazioni e ricorsi.

Per quanto riguarda il 2017/18, il Ministero ha chiarito che è sua intenzione considerare l’integrazione dei 10 milioni al FUN 2016/2017 come quota utile per la definizione della soglia limite del fondo stesso, in coerenza con l’art. 23 c. 2 del D.L. 75/2017 (“a decorrere dal 1° gennaio 2017, l’ammontare complessivo delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio del personale, anche di livello dirigenziale, di ciascuna delle amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, non può superare il corrispondente importo determinato per l’anno 2016”), innalzando il valore effettivo della quota complessiva per il FUN 2017/2018.

Secondo i resoconti dei sindacati, il Ministero avrebbe intenzione anche di far confluire le risorse relative alla RIA dei dirigenti cessati dal servizio nel periodo 2014-2017