Il regionalismo e l’istruzione

Il regionalismo e l’istruzione

di Gian Carlo Sacchi

Le regioni ripartono e la novità è che tutte le forze politiche impegnate nelle amministrazioni sono concordi, all’insegna della maggiore efficienza, della tutela dei diritti e delle esigenze dei cittadini, dello sviluppo economico: non si sente più parlare di secessione. Pur provenendo da percorsi diversi si ritrovano nell’iter democratico e nel principio di unità nazionale. Per il prossimo parlamento dunque si prospetta un percorso in discesa; è la volta buona per arrivare ad una riforma delle nostre istituzioni utile al Paese, che valorizza la capacità legislativa delle regioni, come negli stati federali, esige un comportamento virtuoso nell’amministrare ed avvicina, si spera con un aumento di motivazione, i governanti alle popolazioni, con risultati concreti ed apprezzabili. Si è aperto un nuovo capitolo con tre regioni: Emilia Romagna, Lombardia e Veneto, che hanno già sottoscritto l’intesa con il governo nazionale ed altre si vanno affacciando, comprese richieste di modifica all’attuale status avanzate da Sicilia, Sardegna e Friuli VG. Piemonte e Liguria, Toscana-Marche- Umbria ampliabile anche al Lazio, Campania, Puglia, hanno già compiuto passi ufficiali in tale direzione.

E’ iniziata una rielaborazione di diverse tematiche ritenute decisive, nonché una collaborazione tra regioni; da parte di tutte le candidate c’è la volontà di dimostrare la virtuosità amministrativa e finanziaria, nel rispetto dei vincoli di pareggio di bilancio richiesti dall’art. 119 della Costituzione.  Un grosso impegno viene profuso nel raccordo tra istruzione tecnica e formazione professionale sia a livello secondario che superiore fino ad arrivare ai corsi universitari di carattere professionalizzante ed alla così detta terza missione degli stessi atenei. Il rapporto tra formazione e lavoro è sentito da tutti e vede nella dimensione  regionale la modalità per superare la frammentazione ed aderire alle specifiche esigenze produttive, avvicinando sempre di più domanda e offerta di competenze.

In questo ambito la buona scuola avrebbe potuto intervenire con una riorganizzazione complessiva invece di limitarsi ad introdurre l’obbligatorietà dell’alternanza che è diventata più un vincolo che un’opportunità e che andava sviluppata a partire dalle caratteristiche dei territori, anziché ricercare un’omogeneità burocratica. Istruzione e formazione professionale: un nuovo canale introdotto dal titolo quinto al quale si sarebbero potuti aggregare almeno gli istituti professionali statali, coinvolti invece in modo isolato in una improbabile riforma, che andrà sicuramente incontro ad un allargamento delle competenze regionali. E così dicasi per l’istruzione tecnica superiore lasciando allo stato soltanto il riconoscimento del titolo di studio, nonchè l’incerto ruolo degli istituti tecnici che finirà per ridurli a parenti poveri del sistema scolastico nazionale. Dall’Emilia Romagna ad esempio viene la richiesta di dare vita ad un politecnico regionale.

Tra le funzioni da trasferire vanno aggiunte la programmazione della rete scolastica, comprensiva del personale, le provvidenze per il diritto allo studio, la possibilità di incentivare la ricerca a contatto diretto con la realtà sociale, culturale ed economica del territorio ed un piano pluriennale per l’edilizia del settore, compresi laboratori e nuovi spazi per la didattica.

Di più autonomia per i territori potranno beneficiare anche le scuole che adesso necessitano di un provvedimento relativo al loro “autogoverno”, di cui la legge 107 si è disinteressata ritenendo di mantenere la completa gestione nelle mani degli uffici scolastici regionali, che invece potrebbero finire in una prefettura insieme ad altre amministrazioni, con notevole risparmio per il bilancio dello stato. Un ruolo importante inoltre le regioni intendono giocarlo nei rapporti con l’Europa che per molti significa anche strategie macroregionali.

Il Friuli VG, che già compartecipa ai tributi erariali, con un progetto di legge (250/2018) ha definito il sistema scolastico regionale e concorre al finanziamento delle spese sostenute dalle scuole del territorio per la copertura degli oneri di organizzazione e gestione del servizio, come ad esempio l’integrazione delle ore di sostegno, interventi educativi a favore dei BES, per l’inserimento dei disabili e per l’orientamento. Concede contributi alle associazioni di scuole paritarie e anticipazioni di cassa da compensarsi con le risorse statali. Finanzia un piano per lo sviluppo dell’offerta formativa, il tempo scuola, progetti originali e innovativi per lo sviluppo dei rapporti tra le medesime e le realtà sociali ed economiche del territorio. Un esempio che dimostra come la possibilità di disporre di maggiore autonomia possa consentire la riorganizzazione del sistema formativo secondo una logica regionale, pur con le risorse provenienti dallo Stato. Così come da Sicilia e Sardegna si propone di inserire il concetto di “insularità” per recuperare lo svantaggio soprattutto nel settore dei trasporti e della mobilità. Governo e finanziamenti multilivello dunque, con  entrate fiscali proprie sul piano regionale, compartecipazione al gettito statale e trasferimento perequativo, ove necessario, per essere più vicini alle esigenze dei cittadini, il che pone le strutture scolastiche e formative non in una condizione di autonomia concessa, ma in virtù del servizio svolto la stessa è riconosciuta.

Le Regioni che hanno sottoscritto una prima intesa con il Governo nazionale si proponevano per una quantità diversa di materie, che per accelerare le procedure in vista della scadenza della legislatura, sono state concordemente ridotte a cinque, con la possibilità di essere variate, sempre con il medesimo percorso legislativo o alla scadenza della stessa intesa prevista al termine di dieci anni. Per quanto riguarda il capitolo istruzione sono previsti cinque articoli con argomenti abbastanza omogenei, che possono entrare anche tra le norme generali sull’istruzione indicate dall’art. 117 della Costituzione nella competenza statale. Si inizia dalla programmazione dell’offerta formativa, già trasferita dal 1998, con un piano poliennale per la definizione dell’organico, che in futuro potrebbe riguardare anche il reclutamento del personale. Un fondo regionale consentirà l’integrazione dei posti  di sostegno. E’ attribuita inoltre alla Regione la competenza legislativa per realizzare un sistema integrato di istruzione e formazione professionale, compresi gli istituti tecnici superiori, per il raccordo con il mondo del lavoro. A tale livello si svilupperanno le intese con le università per quanto riguarda la ricerca tecnologica; un fondo pluriennale servirà a sostenere la didattica e la suddetta terza missione degli atenei. Infine altre risorse saranno destinate all’edilizia per tutto il sistema, sia per il miglioramento delle strutture, sia per la messa a disposizione di laboratori e spazi da utilizzare per la didattica e più in generale per la cittadinanza.

All’art. 2 si parla di attribuire competenza  legislativa alle regioni nel rispetto delle prerogative degli uffici dell’amministrazione scolastica e dell’autonomia delle scuole. Qui resta l’incertezza, che potrebbe continuare a minare l’applicazione del predetto art. 116 se rimane inalterato il quadro normativo attuale, continuando sulla strada del mero decentramento. In un sistema dell’istruzione come il nostro dove lo statalismo regna incontrastato e le autonomie scolastiche sono entrate nella Costituzione, ma non è cambiato l’esercizio dei poteri, se l’intesa non porta con se un ampliamento di questi ultimi verso il basso ed una contrazione del ruolo della burocrazia ministeriale, che con la predetta legge 107 ha raggiunto i suoi massimi storici, allora rischiamo di nuovo una vittoria di Pirro come è accaduto in diverse occasioni in passato con riforme boicottate dall’apparato amministrativo con qualche aiutino di carattere sindacale.

E’ comunque da apprezzare il fatto che per la prima volta alle richieste delle regioni, in passato fatte valere solo attraverso la Corte Costituzionale, c’è stata una risposta positiva da parte del governo nazionale, soprattutto per il comparto degli affari regionali; chissà se anche al MIUR sono così favorevoli ? Diatribe di tipo giuridico sono ancora in atto tra il legislatore delegato, statale e la legislazione concorrente, regionale, se pensiamo che il modo di legiferare del nostro Parlamento è per lo più quello della legge delega, che avrebbero bisogno di leale collaborazione e di sussidiarietà.

I timori opposti non mancano, perché si identifica da una parte il federalismo con la frammentazione e l’introduzione di logiche regionali in un sistema scolastico che è nazionale; le autonomie differenziate vengono considerate un regresso di carattere localistico, un vulnus alla stessa unità nazionale. Si teme che le regioni spadroneggino sulla scuola, minando addirittura la libertà di insegnamento e la mobilità dei docenti nel Paese. Venti sistemi scolastici che possono non dialogare tra di loro, esperienza negativa già praticata con la formazione professionale regionale. Dall’altra parte si vorrebbe evitare una complicata dichiarazione di autonomia attraverso un federalismo cooperativo e solidale con uno stato che rispetti le regioni ed un Parlamento che intervenga sui principi lasciando a queste ultime la declinazione sul territorio.

In risposta è interessante notare alcuni passaggi della Commissione Bicamerale per le questioni regionali su questo specifico tema (2018). L’art. 116 della Costituzione, si dice nel documento conclusivo, inserisce elementi di dinamismo nelle realtà regionali, rafforza l’intero sistema Paese attraverso una competizione virtuosa tra territori, avvicinando il livello legislativo ai cittadini. La stessa solidarietà tra le regioni più avanzate e quelle meno potrebbe realizzarsi secondo modalità nuove e più efficaci se attuate con il coinvolgimento  diretto delle stesse e non come oggi avviene solo mediante il riparto operato dal centro.

Una più compiuta autonomia ordinaria sarà realizzata quando tutte le regioni avranno ottenuto una maggiore autonomia, per essere più aderenti alle esigenze del territorio. Questo potrebbe far raggiungere allo “stato regionale italiano” una maggiore maturità, osserva la commissione parlamentare, superando anche il divario territoriale. L’asimmetria non è un modo per accentuare il divario, mostra come potrebbe essere superato, valutando le stesse politiche statali in base ai risultati ottenuti con le funzioni e le risorse trasferite, realizzando così una maggiore efficienza finanziaria. Occorre definire una compartecipazione alle quote dei tributi sui redditi che vengono prodotti su quel territorio anche per evitare i tagli lineari del governo centrale. Possibili disuguaglianze vanno monitorate sulla tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili: il predetto art 119 prevede infatti un fondo perequativo per i comuni a bassa capacità fiscale.

Il Veneto vorrebbe l’assimilazione alle regioni a statuto speciale, anche per frenare l’emorragia dei comuni confinanti con realtà che già si trovano in quelle condizioni, mentre Emilia e Lombardia sono più interessate  a far emergere le proprie vocazioni territoriali per quanto riguarda gli aspetti economici, sociali e culturali. Forse è giunto il momento per rivedere anche quelle situazioni in cui l’autonomia è considerata un privilegio.

La discussione sui finanziamenti è però ancora aperta, tra il residuo fiscale (rapporto tra ricchezza prodotta a livello regionale e restituzione in termini di servizi da parte dello stato) e le risorse relative alle funzioni, senza aumentare le tasse ai cittadini e alle imprese, ma è opinione comune che la fiscalità autonoma aumenti la responsabilità, rendendo le regioni libere di ampliare o ridurre gli interventi dello stato a seconda della propria capacità di programmazione. Sarà superata la “spesa storica” e si andrà verso la definizione dei “fabbisogni standard”, cioè le reali necessità di un ente locale in base alle sue caratteristiche territoriali ed agli aspetti socio-demografici della popolazione residente. Per il finanziamento del servizio, così detto “costo standard” si prenderà quello sostenuto dalla regione più virtuosa.

Lo stato delle trattative tra governo nazionale e regioni è particolarmente avanzato, come mai era avvenuto in precedenza, con reciproca soddisfazione. Un più forte regionalismo spinge verso comportamenti virtuosi,  favorisce un’allocazione più efficiente delle risorse ed un’offerta di beni e servizi più conforme alle esigenze ed alle preferenze dei cittadini. Il presidente del Consiglio Gentiloni (Bologna 28/2/2018) ha definito la firma dei protocolli un segnale di qualità del governo del territorio, e pensare che il suo predecessore aveva proposto la controriforma del titolo quinto in senso centralistico, ma, come si sa, non è passata.

PROVE INVALSI

PROVE INVALSI, GILDA: TURNAZIONI E DISAGI PER STUDENTI E DOCENTI 
Turnazioni, migrazioni verso altri istituti muniti di strumentazioni informatiche e connessioni internet, cambi di orari: sono notevoli i disagi per gli studenti e i docenti delle scuole medie impegnati nelle prove Invalsi computer based da oggi al 21 aprile. 
“Le criticità – afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti -non si cancellano con le rassicurazioni del Miur e dell’Istituto di valutazione. Se tutto filerà liscio, bisognerà ringraziare soprattutto i docenti e il loro senso del dovere: per consentire lo svolgimento dei test, infatti, l’orario settimanale delle lezioni, e quindi anche l’orario di servizio degli insegnanti, ha subìto modifiche decise spesso unilateralmente dai dirigenti scolastici”. 
“Oltre ad essere fanalino di coda dell’Unione europea per quanto riguarda gli stipendi dei docenti, l’Italia si distingue negativamente anche per l’arretratezza dei computer e la lentezza dei collegamenti internet nelle scuole. Informatizzare – conclude Di Meglio – non sempre implica un miglioramento, come purtroppo dimostrano queste prove Invalsi, fonte di stress per gli insegnanti e perdita di tempo per gli studenti ai quali vengono sottratte ore di lezione”. 

Partono le prove Invalsi su pc (ma i computer scarseggiano)

da Il Sole 24 Ore

Partono le prove Invalsi su pc (ma i computer scarseggiano)

di Alessia Tripodi

Da oggi gli studenti di terza media sono chiamati a cimentarsi con le prove Invalsi e dovranno fare i conti, quest’anno, con un doppio debutto: per la prima volta, infatti, le prove saranno “computer based” (Cbt), vale a dire su pc, e comprenderanno anche il test per la lingua inglese. Mentre le scuole, dal canto loro, dovranno fare i conti con i computer che scarseggiano, motivo per il quale invece che in un’unica data, quest’anno la sessione di prova si svolgerà nell’arco di una ventina di giorni, da domani fino al 21 aprile. Secondo quanto stabilito dalla legge sulla Buona Scuola, i test Invalsi rappresentano un requisito per l’ammissione all’esame finale.

Scuole con pochi pc
Come denunciato nelle scorse settimane da Scuola24 , i computer in dotazione alle scuole italiane sono circa 240mila, mentre gli studenti dell’ultimo anno del primo ciclo che dovranno essere valutati sono 564mila. Ciò significa un rapporto alunno/computer di 2,35, circostanza che ha portato alla decisione di “allungare” il periodo di tempo entro il quale le scuole possono far svolgere le prove. Lo stesso problema di scarse infrastrutture digitali peserà anche sul test Invalsi per la quinta elementare, che si svolgerà a maggio, in modalità cartacea e in un unico giorno per materia: il 3 l’inglese, il 9 l’italiano e l’11 la matematica.

L’Invalsi: alle scuole strumenti per testare connessione
«Nei mesi scorsi le scuole hanno avuto a loro disposizione uno strumento, il diagnostic tool, con il quale hanno potuto verificare la loro connessione tecnica e la possibilità di capire quanti studenti potessero svolgere contemporaneamente la prova con la connessione che avevano» ha detto Roberto Ricci, responsabile nazionale dell’Area prove Invalsi. Aggiungendo che «proprio perchè abbiamo verificato che c’erano scuole in difficoltà, abbiamo allargato i tempi fino al 21 aprile». In ogni caso «la somministrazione online – ha precisato Ricci – richiede una qualità tecnica del pc molto bassa. Per dirla in termini pratici, può essere utilizzato anche un vecchio computer, perchè la complessità tecnica della prova risiede tutta sul cloud».

Prove più lunghe, debutta l’inglese
Per accompagnare questa prima fase di “sperimentazione” al pc, quest’anno le prove dureranno 90 minuti invece dei 75 previsti nelle scorse edizioni. Ogni studente svolgerà i test su un computer connesso in rete dovrà rispondere a 37-38 domande per ogni prova (estratte da una banca dati di 500 quesiti per ogni materia) e non più alle 45 degli anni precedenti. Le prove saranno tre: italiano, matematica e, per la prima volta, inglese. Per quella di inglese il test è diviso in due fasi: 45 minuti per l’ascolto del testo (listening), e 45 minuti per la lettura (reading). Nessuno sarà promosso o bocciato, ma riceverà un attestato di conoscenza della lingua con l’indicazione del livello Le scuole possono organizzarsi in totale autonomia e fare i test dalle oe 7,30 fino alle 19,30.

I presidi in allarme: costretti a doppi-tripli turni per garantire prove regolari

da Il Sole 24 Ore

I presidi in allarme: costretti a doppi-tripli turni per garantire prove regolari

L’introduzione dello svolgimento online delle prove Invalsi sta mettendo a dura prova diversi istituti su tutto il territorio nazionale. Infatti, non tutti i plessi hanno computer a sufficienza per consentire la contemporaneità dello svolgimento delle prove, per cui la maggior parte delle scuole a livello nazionale sono costrette a fare doppi e tripli turni per garantire lo svolgimento delle stesse.

La posizione dell’Anp Lazio
Lo afferma Mario Rusconi, presidente dell’Associazione nazionale presidi del Lazio, a proposito delle prove Invalsi che da domani coinvolgeranno 574mila alunni di terza media.
«La preoccupazione più grossa, tuttavia – prosegue – per i dirigenti scolastici è legata alle infrastrutture tecnologiche ovvero alla connessione alla rete Internet, capaci di garantire continuità e velocità così come, ad esempio, ci è stato comunicato da diversi dirigenti scolastici di Roma e Lazio. Moltissime sono le scuole a livello nazionale, ma anche della nostra regione, che risentono di connessioni ad Internet molto lente o addirittura mancanti. I presidi in questo caso hanno dovuto far convergere le varie classi in quei plessi a loro disposizione in cui la connessione è un minimo garantita, pur assicurando l’autenticità e l’unicità delle prove per le varie classi».

Secondo Rusconi «grazie ad un accordo nazionale tra Anp e l’Istituto nazionale Invalsi, i nostri associati, che ci hanno segnalato tempestivamente le criticità nelle loro scuole, sono stati messi in contatto con le strutture tecniche Invalsi e sappiamo che circa il 95% dei casi segnalati sono già stati completamente risolti».

Maturità, sì alle calcolatrici ma senza connessione wireless

da Il Sole 24 Ore

Maturità, sì alle calcolatrici ma senza connessione wireless

Il Miur torna sull’utilizzo delle calcolatrici elettroniche nelle prove scritte dell’esame di Stato, e con una nota conferma l’orientamento già assunto lo scorso anno: vale a dire, è consentito l’uso di calcolatrici scientifiche e/o grafiche, purché non siano dotate di capacità di calcolo simbolico (CAS -Computer Algebraic System). È inoltre vietato l’uso di calcolatrici provviste di qualsiasi tipo di connessione in modalità wireless, o che richiedano la connessione alla rete elettrica…».

Le definizioni
Per “calcolatrice scientifica”, prosegue il Miur, si intende un dispositivo elettronico con funzioni essenziali di calcolo matematico e statistico senza capacità grafica, che non ha bisogno di essere collegata alla rete elettrica e non è dotata di connessione wireless; per “calcolatrice grafica” si intende un dispositivo elettronico con funzioni essenziali di calcolo matematico e statistico che permette di effettuare rappresentazione di grafici, tabelle e diagrammi, che non ha bisogno di essere collegata alla rete elettrica e non è dotata di connessione wireless.

All’inizio di ogni anno scolastico verrà pubblicato, tramite un’apposita nota ministeriali, l’elenco di modelli e famiglie di modelli consentiti, aggiornato in base alle segnalazioni pervenute dai produttori nel corso del precedente anno. Tali segnalazioni verranno effettuate inviando una PEC all’indirizzo DGOSV@postacert.istruzione.it contenente le informazioni indispensabili per identificare il modello, nonché le caratteristiche tecniche fondamentali. La PEC recherà come oggetto: “Aggiornamento elenco calcolatrici Esame di Stato”. Il Miur si riserva la facoltà di chiedere ai produttori ulteriori elementi di valutazione prima di procedere a nuovi inserimenti nell’elenco.

Borse di studio all’estero per gli studenti residenti nelle area terremotate

da Il Sole 24 Ore

Borse di studio all’estero per gli studenti residenti nelle area terremotate

di Eu.B.

Borse di studio per gli studenti delle aree terremotate che vogliono svolgere una vacanza di studio all’estero nell’estate 2018. A stanziarle sono le province di Rieti e Ascoli Piceno, grazie alla raccolta fondi organizzata dall’Upi, d’Iitesa con Fondazione e Associazione Intercultura. Destinatari i residenti al 24 agosto 2016, nei Comuni di Accumoli, Amatrice ed Arquata del Tronto, iscritti alla terza media o alle scuole superiori.

Le borse di studio
Finanzieranno programmi estivi nelle seguenti destinazioni:
•Sligo (Irlanda) riservato a ragazzi nati tra il 01/11/2000 e il 30/06/2003, durata di 4 settimane con partenza il 7 luglio e rientro il 4 agosto 2018.
•Barnard Castle (Regno Unito) riservato a ragazzi nati tra 01/08/2002 e il 30/06/2004, durata di 2 settimane con partenza prevista l’8 luglio e rientro il 21 luglio 2018.
I ragazzi interessati potranno inoltrare la domanda per beneficiare delle Borse di studio entro e non oltre il 15 aprile 2018 al seguente indirizzo www.intercultura.it/iscriviti/ . Durante l’iscrizione, quando al punto 4 del modulo “Quota di partecipazione e borse di studio” viene chiesto di indicare il nome dello sponsor, sarà necessario indicare che si vuole usufruire di una Borsa sponsorizzata e poi di seguito selezionare il nome dello sponsor “UPI per Amatrice, Accumoli ed Arquata del Tronto” e compilare le informazioni addizionali richieste. In questo modo si sarà anche esonerati dal pagamento dei 50€ di iscrizione. Nella compilazione del fascicolo online il candidato dovrà specificare la destinazione prescelta. Successivamente, sarà necessario fornire un’autocertificazione di residenza in uno dei Comuni indicati.

La selezione
Tutti gli iscritti saranno chiamati dall’Associazione Intercultura a sostenere una prova attitudinale online, che si terrà mercoledì 18 aprile 2018, per valutare la capacità di affrontare l’esperienza all’estero in autonomia, pur sapendo di poter sempre contare sul sostegno di volontari e formatori per vivere tale esperienza nel migliore dei modi.
Saranno finanziate borse di studio a copertura totale della somma disponibile (€ 41.661,89 totali). Se il numero di domande ricevute dovesse eccedere tale disponibilità si finanzieranno il maggior numero di borse possibili attraverso una graduatoria stilata dall’Associazione Intercultura in base ai seguenti criteri di priorità:
•esito della prova attitudinale e andamento scolastico degli ultimi 2 anni;
•equa distribuzione delle borse rispetto ai residenti nei tre comuni;
•riserva di 3 borse per il soggiorno di 4 settimane a Sligo, in modo da garantire la possibilità di partecipare agli studenti nati tra il 01/11/2000 e il 01/08/2002 in quanto non ammessi a presentare domanda per il soggiorno di due settimane a Barnard Castle ;
•assegnazione delle rimanenti 11 borse per i soggiorni di 2 settimane, in modo da offrire maggiori opportunità di partecipare ai soggiorni estivi anche agli studenti nati nel 2004, non destinatari sinora di analoghe borse di studio.
In base alle candidature ricevute e alle graduatorie stilate, sarà possibile un’eventuale compensazione tra le due tipologie di programmi.
Ai vincitori delle borse di studio verrà offerta una formazione all’esperienza, a Roma, prima della partenza.

Mobilità 2018/19: calcola la tua anzianità di servizio, 6 punti per ogni anno pre ruolo, anno in corso non vale

da Orizzontescuola

Mobilità 2018/19: calcola la tua anzianità di servizio, 6 punti per ogni anno pre ruolo, anno in corso non vale

di Paolo Pizzo

La novità introdotta dal CCNI dello scorso anno relativa alla valutazione del servizio preruolo è confermata anche per l’anno scolastico 2018/19: al pari degli anni di servizio di ruolo anche quello pre ruolo è valutato punti 6 (e non 3) per ogni anno effettivamente prestato.

Tale punteggio è raddoppiato (12 punti) se si sono svolti anni di pre ruolo su posti di sostegno con il possesso del titolo di specializzazione e nella domanda di mobilità si richiedono solo o anche tali posti.

Per tali servizi svolti sul sostegno ci sarà però un’apposita casella nel modello di domanda, diversa (e quindi aggiuntiva) rispetto a quella relativa al servizio di pre ruolo svolto su posto normale.

Mentre si dovranno conteggiare due volte gli anni di servizio effettivamente prestati in istituti situati su piccole isole o in paesi in via di sviluppo.

In via generale si valutano i servizi non di ruolo che sono riconosciuti ai fini della ricostruzione della carriera ai sensi del D.L.vo n. 370 del 19/6/970 (convertito nella legge 576 del 26/7/970, nei limiti previsti dagli artt. 485, 487 e 490 del D.L.vo 297/94).

Inoltre:

  • II servizio pre-ruolo nelle Scuole secondarie è valutato se prestato in scuole statali e pareggiate o in scuole annesse ad Educandati femminili statali.
  • Il servizio pre-ruolo nelle scuole elementari è valutabile se prestato nelle scuole statali o parificate o in scuole annesse ad Educandati femminili statali. È valutabile anche il servizio prestato nelle scuole popolari, sussidiarie o sussidiate.

N.B. Nella domanda di trasferimento l’anno in corso non si valuta.

Quindi non può essere valutato l’anno di servizio come anno in ruolo e neanche per il punteggio di  continuità didattica nella scuola di titolarità.

Può essere valutato l’anno in corso solo per il calcolo del quinquennio per i docenti di sostegno nel vincolo quinquennale

QUALI ANNI SONO CONSIDERATI VALIDI?

Per gli anni scolastici anteriori al 1945/46

  • l’insegnante deve aver prestato 7 mesi di servizio compreso il tempo occorso per lo svolgimento degli esami (1 mese per la sessione estiva e 1 mese per l’autunnale).

Per gli anni scolastici dal 1945/46 al 1954/55

  • l’insegnante deve aver percepito la retribuzione anche durante le vacanze estive.

Per gli anni scolastici dal 1955/56 al 1973/74

  • all’insegnante deve essere stata attribuita la qualifica.

Per gli anni scolastici successivi al 1974 fino ad oggi

  • Per gli anni scolastici dal 1974/75 a oggi l’insegnante deve aver prestato servizio per almeno 180 giorni o ininterrottamente dal 1° febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale o, in quanto riconoscibile, per la scuola dell’infanzia, fino al termine delle attività educative.

QUALI SERVIZI SONO CONSIDERATI VALIDI?

Servizio su posto di sostegno

  • Il servizio su posti di sostegno o su posti speciali prestati anche senza il possesso del titolo di specializzazione (se prestato in possesso del titolo di specializzazione tale servizio andrà inserito anche nell’apposita casella qualora si richiedano anche o solo posti di sostegno).

Insegnamento della religione cattolica

  • Il servizio di ruolo e non di ruolo prestato nell’insegnamento della religione cattolica.

Incarico ex art. 36 del CCNL 2007

  • Il servizio prestato in qualità di incaricato ex art. 36 del CCNL 2006/2009.

Paesi appartenenti all’Unione Europea e servizio all’estero

  • I servizi di insegnamento prestati nelle scuole statali di ogni ordine e grado, dei Paesi appartenenti all’Unione Europea, che sono equiparati ai corrispondenti servizi prestati nelle suole italiane, anche se prestati prima dell’ingresso dello Stato nell’Unione Europea. Ai fini della valutazione tali servizi devono essere debitamente certificati dall’Autorità diplomatica italiana nello Stato estero;

  • Servizio di insegnamento (o in qualità di lettore) non di ruolo prestato negli istituti italiani di cultura e nelle istituzioni scolastiche all’estero, svolto con specifico incarico del Ministero degli Affari Esteri.

Servizio militare

  • Il servizio militare o il sostitutivo servizio civile, nei limiti previsti dagli artt. 485, 487 e 490 del D.L.vo n. 297/94 ai fini della valutabilità per la carriera. In questo caso il servizio militare di leva, o il sostitutivo servizio civile, può essere valutato solo se prestato in costanza di rapporto di impiego come docente a tempo determinato nella scuola statale.

  • Servizio militare di leva o per richiamo o per il servizio civile sostitutivo o per l’opera di assistenza tecnica prestata nei paesi in via di sviluppo, se in costanza di rapporto d’impiego non di ruolo presso scuole statali, pareggiate o elementare parificata prestati con il possesso del titolo di studio.

Professore incaricato o assistente incaricato e contrattista all’università

  • Il servizio prestato come professore incaricato o assistente incaricato o straordinario (e come ricercatori anche riconfermati per effetto della loro equiparazione per effetto della legge 341/90 alla figura dell’assistente universitario) nelle università a decorrere dal 1/7/975;

  •  Servizio prestato come contrattista all’università ai docenti che avevano in corso un servizio non di ruolo presso scuole statali.

Altri servizi

  • Servizi prestati nelle scuole popolari di tipo A, B e C plurimi, nei corsi di orientamento musicale, nei corsi CRACIS istituiti dai Provveditori agli studi direttamente o su proposta di Enti od Associazioni con finanziamento statale o a carico degli organizzatori; nei centri di lettura mobili e pedagogici e nei corsi di perfezionamento culturale per materie nelle scuole secondarie. È necessario aver prestato servizio per almeno 5 mesi o per l’intera del corso ed abbia riportato la qualifica;

  • Servizi prestati nelle libere attività complementari (LAC) e nello studio sussidiario e di doposcuola di scuola media.

QUALI ASSENZE NON FANNO VENIRE MENO LA VALUTAZIONE DEL SERVIZIO?

  • I periodi di congedo retribuiti e non retribuiti disciplinati dal Decreto Legislativo 26.3.2001 n. 151 (Capo III – Congedo di maternità, Capo IV – Congedo di paternità, Capo V – Congedo parentale, Capo VII – Congedi per la malattia del figlio) che sono computati nell’anzianità di servizio a tutti gli effetti.
  • La fruizione del congedo biennale per l’assistenza a familiari con grave disabilità di cui agli artt. 32, 33 e 34 comma 5 del D.L.vo n. 151/2001.
  • Tutte le altre assenze o permessi interamente o parzialmente retribuite (es. malattia pagata al 50%).

QUALI ASSENZE INTERROMPONO L’ANZIANITA DI SERVIZIO?

  • In generale tutte le assenze non retribuite anche se ricadenti in un periodo coperto da contratto (es. permessi non retribuiti per motivi personali o familiari o aspettative varie, salvo diversamente previsto).

QUALI SERVIZI NON SONO RICONOSCIUTI?

  • Il doposcuola nelle scuole elementari in quanto gestiti dai Patronati Scolastici le cui funzioni erano di preminenza di ordine assistenziale e ricreativo e solo in minima parte didattico;
  • Il servizio prestato nelle scuole paritarie in quanto non riconoscibile ai fini della ricostruzione di carriera. È fatto salvo il riconoscimento del servizio prestato:
  • fino al 31.8.2008 nelle scuole paritarie primarie che abbiano mantenuto lo status di parificate congiuntamente a quello di paritarie
  • nelle scuole paritarie dell’infanzia comunali
  • nelle scuole secondarie pareggiate (art. 360 del T.U.).

Tutto su mobilità

Posti potenziamento, divieto supplenze brevi e saltuarie. Casi in cui si può nominare il supplente

da Orizzontescuola

Posti potenziamento, divieto supplenze brevi e saltuarie. Casi in cui si può nominare il supplente

di redazione

La  nota Miur n. 16041 del 29 marzo 2018, volta a fornire istruzioni in merito alle “Dotazioni organiche del personale docente per l’anno scolastico 2018/2019”, dedica un apposito paragrafo ai posti di potenziamento dell’offerta formativa.

Nell’ambito del succitato paragrafo, inoltre, viene ricordato il divieto di nomina di supplenti brevi e saltuari sui posti di potenziamento e vengono indicate le eccezioni al medesimo divieto.

DIVIETO NOMINA SUPPLENZE BREVI

Come previsto dalla legge n. 107/2015, sui posti di potenziamento non sono previste supplenze brevi. Così, infatti, leggiamo nel comma 95 della legge:

[…] A decorrere dall’anno scolastico 2015/2016, i posti per il potenziamento non possono essere coperti con personale titolare di contratti di supplenza breve e saltuaria…

 NOMINA SUPPLENZE BREVI 

La nomina del supplente è possibile soltanto in presenza di determinate condizioni, come leggiamo nella nota Miur:

Si rammenta che nell’ambito del potenziamento dell’offerta formativa non sono previste sostituzioni, ad eccezione, per le ore strettamente necessarie e solo in caso di assenze superiori a dieci giorni, delle situazioni di sdoppiamento di classi o di singoli insegnamenti e delle attività di carattere curriculare previste dal Piano dell’Offerta Formativa Triennale, comprese quelle di ampliamento dell’offerta formativa alla scuola primaria.

E’ possibile, dunque, nominare un supplente, in caso di assenza del docente di potenziamento, solo se quest’ultimo:

  • si assenta per più di 10 giorni;
  • presta servizio in classi sdoppiate (quindi svolge ore curricolari);
  • presta servizio su singoli insegnamenti sdoppiati (quindi svolge ore curricolari);

svolge attività di carattere curriculare previste dal Piano dell’Offerta Formativa Triennale, comprese quelle di ampliamento dell’offerta formativa alla scuola primaria.

In definitiva, la nomina per supplenze brevi e saltuarie, in sostituzione del docente di potenziamento, è possibile soltanto se quest’ultimo è impiegato anche in ore curricolari (o attività di carattere curricolare) e soltanto per tali ore.

Esempio: un docente svolge 12 ore di potenziamento dell’offerta formativa e 6 curricolari; si assenta per 11 giorni; è possibile nominare un supplente soltanto per 6 ore (quelle curricolari).

Potenziamento infanzia, come avverrà assegnazione posti a.s. 2018/19

da Orizzontescuola

Potenziamento infanzia, come avverrà assegnazione posti a.s. 2018/19

di redazione

Il Miur, come già riferito, ha pubblicato l’annuale nota sugli organici.

Organici 2018/19, confermati 3530 posti in più diritto e 800 posti potenziamento infanzia. Supplenze, potenziamento, sostegno. Nota Miur

Nella nota viene confermata la novità relativa all’assegnazione dei posti di potenziamento alla scuola dell’infanzia, tramite una redistribuzione di quelli già assegnati dalla legge n. 107/2015 agli altri ordini e gradi di istruzione.

L’assegnazione dei succitati posti è prevista dal D.lgs. n. 65/2017, recante norme in merito al nuovo sistema 0-6.

NUMERO POSTI

I posti di potenziamento da assegnare alla scuola dell’infanzia sono in totale 800, da distribuire alle istituzioni scolastiche delle varie regioni.

I suddetti 800 posti sono tutti posti comuni.

DISTRIBUZIONE REGIONI

Gli 800 posti, come riferito dal Miur ai sindacati, saranno distribuiti tra le varie regioni proporzionalmente al numero di alunni frequentanti le scuole dell’infanzia statali.

ASSEGNAZIONE POSTI 

L’assegnazione dei posti è di competenza degli Uffici Scolastici Regionali.

Ciascun USR destinerà alla scuola dell’infanzia, nel limite del
contingente assegnato, i posti dell’organico di potenziamento, senza determinare esuberi nell’ambito dei ruoli regionali.

I posti, come suddetto, non sono di nuova istituzione ma frutto di una rimodulazione dei 48.812 posti già assegnati dalla legge 107/2015 alla scuola primaria e secondaria.

Ciascun USR procederà all’assegnazione alla scuola dell’infanzia dei posti di potenziamento disponibili:

  • prioritariamente della scuola secondaria di II grado;
  • in via secondaria della scuola primaria;
  • in via subordinata della scuola secondaria di primo grado.

nota Miur

Alternanza scuola-lavoro, ecco il manuale per far collaborare scuola ed aziende progetti PON 2017. Scaricalo

da Orizzontescuola

Alternanza scuola-lavoro, ecco il manuale per far collaborare scuola ed aziende progetti PON 2017. Scaricalo

di redazione

Pubblicato il manuale del Ministero che ha come scopo di aiutare le scuole con indicazioni operative per mettere in atto collborazioni con altri istituti e con aziende per la realizzazione dei progetti scuola-lavoro.

Le istruzioni riguardano le scuole che hanno ricevuto le lettere per l’attuazioni dei progetti PON dell’aprile 2017. I progetti riguardano percorsi “on the job” per studenti del trienni conclusivo del percorso di studi superiori e ITS.

In pratica, le scuole troveranno in questo manuale le modalità per collaborare con le altre scuole, instaurare nuove collaborazioni e modificare le esistenti.

Oltre che con altre scuole, il manuale punta a dare indicazioni sulle collaborazioni con aziende o altri enti presenti sul territorio presso cui si svolgono le attività.

Scarica il manuale

Libri di testo 2018/19: dalla consultazione all’adozione, dalla tempistica ai tetti di spesa. Scheda di sintesi

da Orizzontescuola

Libri di testo 2018/19: dalla consultazione all’adozione, dalla tempistica ai tetti di spesa. Scheda di sintesi

di redazione

Il Miur ha pubblicato l’annuale nota sull’adozione dei libri di testo, riguardante l’anno scolastico 2018/19.

Adozioni libri testo 2018/19, pubblicata nota Miur: delibera Collegio docenti seconda decade di maggio. Comunicazione dati entro 8 giugno

La nota rinvia alla precedente nota n. 2581 del 9 aprile 2014, che riassume l’intero quadro normativo a cui le istituzioni scolastiche devono attenersi per l’adozione dei libri di testo …

Vediamo in questa scheda le classi in cui è possibile adottare nuovi libri, la consultazione dei testi da parte dei docenti, il ruolo del dirigente scolastico al riguardo, l’organo collegiale che deve deliberare l’adozione dei nuovi libri di testo, la tempistica e le novità introdotte dalla legge n. 221/2012, dal DM di applicazione n. 781/2013 e dal DL n. 104/2013 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 128/2013.

CLASSI IN CUI E’ POSSIBILE ADOTTARE NUOVI LIBRI DI TESTO

E’ possibile adottare nuovi libri di testo nelle classi:

  • prime e quarte della scuola primaria;
  • prime della scuola secondaria di primo grado;
  • prime e terze e, per le sole specifiche discipline in esse previste, per le classi quinte della scuola secondaria di secondo grado.

CARATTERISTICHE LIBRI TESTO E LIBRI CONSIGLIATI

I libri di testo da adottare devono essere:

  • coerenti con il PTOF, con l’ordinamento scolastico e con il limite di spesa stabilito;
  • in versioni digitali o miste, previste nell’allegato al decreto ministeriale n.
    781/2013 (versione cartacea accompagnata da contenuti digitali integrativi; versione cartacea e digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi; versione digitale accompagnata da contenuti digitali integrativi).

I testi consigliati possono essere indicati dal Collegio docenti solo se a carattere monografico o di approfondimento delle discipline di riferimento. Rientrano tra i testi consigliati anche i singoli contenuti digitali integrativi o in forma disgiunta dal libro di testo.

CONSULTAZIONE TESTI: RUOLO DOCENTI E DIRIGENTE SCOLASTICO

L’adozione è preceduta dalla consultazione dei testi da parte dei docenti.

I docenti, al fine di avere tutte le informazioni relative alle proposte editoriali, possono incontrare gli operatori editoriali scolastici, compatibilmente con le esigenze di servizio e fermo restando il regolare svolgimento delle lezioni.

Ai dirigenti scolastici spetta il compito di vigilare, affinché le adozioni siano deliberate nel rispetto della normativa vigente e siano frutto  della libertà di insegnamento e dell’autonomia professionale dei docenti.

I dirigenti, inoltre, devono richiedere ai centri di produzione specializzati i libri in braille per gli alunni non vedenti o ipovedenti.

ORGANO COLLEGIALE COMPETENTE 

L’adozione dei libri di testo è di competenza del Collegio docenti, sentiti i consigli di classe e di interclasse.

La legge n. 128/2013 ha modificato gli articoli 151, comma 1, e 188 del D,lgs. 297/94 , rendendo facoltativa l’adozione dei suddetti libri: “i libri di testo possono essere adottati…” e non ” … sono adottati …”. Ciò in vista della produzione, da parte delle scuole, di materiale didattico digitale da utilizzare come libri di testo e strumenti didattici per la disciplina di riferimento.

TEMPISTICA

Il Collegio docenti adotta i libri di testo nella seconda decade di maggio.

TETTI SPESA SCUOLA SECONDARIA

I tetti di spesa sono definiti (o meglio da definirsi) con decreto ministeriale di natura non regolamentare.

I tetti di spesa, riguardanti le classi delle scuole secondarie di primo e
secondo grado, sono ridotti del 10% soltanto nelle classi in cui tutti i testi sono stati adottati, per la prima volta, a partire dall’anno scolastico 2014/2015 e realizzati nella versione cartacea e digitale, accompagnata da contenuti digitali integrativi (modalità mista di tipo b – punto 2 dell’allegato al decreto ministeriale n. 781/2013).

I medesimi tetti di spesa sono ridotti del 30% solo nelle classi in cui
tutti i testi sono stati adottati, per la prima volta, dall’anno scolastico
2014/2015 e realizzati nella versione digitale, accompagnata da contenuti digitali integrativi (modalità digitale – tipo c – punto 2 dell’allegato al decreto ministeriale n. 781/2013).

E’ previsto un’eventuale superamento del tetto di spesa, entro il limite massimo del 10%, che va adeguatamente motivato dal Collegio docenti.

ABOLIZIONE VINCOLO ADOZIONE

Il vincolo pluriennale di adozione – 5 anni per la scuola primaria e 6 per la secondaria – e il vincolo di immodificabilità dei contenuti (5 anni) dei testi sono stati aboliti dalla legge n. 221/2012.
COMUNICAZIONI DATI ADOZIONI
Le scuole devono comunicare, entro l’8 giugno, i dati relativi alle adozioni:

CONTROLLO REGOLARITÀ AMMINISTRATIVA E CONTABILE

La delibera del Collegio docenti relativa all’adozione dei libri di testo è soggetta al controllo di regolarità amministrativa e contabile, secondo quanto previsto dall’art. 11 del D.lgs. n. 123/2011.

nota adozioni libri di testo a.s. 2018/19

Prove Invalsi 2018, verbali per le classi non campione

da La Tecnica della Scuola

Prove Invalsi 2018, verbali per le classi non campione

Commissioni esami di Stato II ciclo: modelli ES-1 entro il 4 aprile 2018

da La Tecnica della Scuola

Commissioni esami di Stato II ciclo: modelli ES-1 entro il 4 aprile 2018

Organici scuola 2018-2019, ecco la nota del Miur. Confermati i numeri già comunicati

da La Tecnica della Scuola

Organici scuola 2018-2019, ecco la nota del Miur. Confermati i numeri già comunicati

Mezzo milione di stranieri orfani dello jus soli

da Tuttoscuola

Mezzo milione di stranieri orfani dello jus soli

Il focus sugli alunni stranieri (826.091 nel 2016-17), pubblicato dal Miur nei giorni scorsi, merita alcuni approfondimenti che possono aiutare le prospettive della loro integrazione nel sistema scolastico nazionale e, a seguire, nella società italiana.

Dopo che, con la fine dell’ultima legislatura, è andata in archivio la possibilità di varare una legge sullo jus soli temperato anche nei confronti di quasi mezzo milione di ragazzi nati in Italia con cittadinanza non italiana (cosiddetti di seconda generazione), resta soltanto l’obiettivo di una loro integrazione sostanziale assicurata dalle nostre scuole.

Gli alunni stranieri di seconda generazione erano circa 371 mila nel 2012-13 e al termine del quinquennio 2012/13-2016/17 sono passati a circa 503 mila, con un incremento percentuale superiore a un terzo.

Rispetto agli 826 mila stranieri presenti nelle scuole italiane, quelli di seconda generazione rappresentano quasi il 61%, una percentuale destinata a crescere, anche perché il flusso migratorio dall’estero sta registrando da qualche anno un rallentamento.

In base ai dati rilevati dall’Istat, il numero degli stranieri di minore età da qualche anno è in calo; ne è prova il fatto che a cominciare dal 2013-14 il numero dei bambini stranieri iscritti nella scuola dell’infanzia si è ridotto, segno di un’onda di magra che gradualmente interesserà i settori superiori per il momento in aumento per numero di alunni stranieri iscritti.

Pur in questa situazione demografica contratta, i bambini stranieri di seconda generazione nella scuola dell’infanzia nel 2016-17 erano l’85,3% (140.671 su un totale di 164.820 stranieri presenti): con un range compreso tra l’88,7% in Emilia Romagna e il 61,3% in Campania.

Nella scuola primaria erano il 73,4% (221.643 su 302.122), nella secondaria di I e di II grado percentuali minori.

Fisiologicamente la percentuale complessiva degli stranieri di seconda generazione è destinata a crescere. In quest’anno scolastico si può stimare che siano ormai due su tre, sempre più integrati linguisticamente, culturalmente e socialmente.

Per quanto tempo si potrà ignorare lo jus soli per loro?