Della Lectio mirabilis!

Della Lectio mirabilis!

di Maurizio Tiriticco

In un articolo pubblicato dal Fatto Quotidiano di oggi leggo: “La lezione frontale ha fatto la storia ma ora è tempo di dirle addio”. Mi chiedo: ma proprio ora è tempo di dirle addio??? Mah!!! Alex Corlazzoli ci informa che “sabato al teatro Carcano di Milano si celebrerà il funerale di un modo di insegnare che ha fatto la storia, ma che è da archiviare”. Rimango sorpreso e stupito! Il funerale alla lezione frontale io e forse tanti insegnanti come me l’abbiamo celebrato da decenni! Indubbiamente alcuni valorosi e valorose resistenti della “lectio magistralis” ci saranno ancora! Che siano quelli/e che vengono spernacchiati/e dagli alunni e schiaffeggiati/e dai loro genitori? Chissà!!!

Per quanto mi riguarda, non credo di avere mai tenuto lezioni frontali! Tante, invece, sono state quelle che mi sono dovuto sciroppare in tanti anni di scuola fino al liceo (l’Università è un’altra cosa!)! Fatta, comunque, qualche rara eccezione, quando “recitavo la mia lezione” dicendo ai miei alunni che nella vita a volte è necessario sciropparsi discorsi lungi e articolati, a volte piacevoli, altre noiosi. E insegnavo loro come e perché si debba porre attenzione ad una lezione ex cathedra, ad un discorso, ad una relazione, ad una conferenza, e come e perché sia necessario anche prendere appunti. Ed era anche per certi versi divertente confrontare gli appunti da loro presi: ciò che per Antonio era importante, per Lucia era di nessun peso! E in me non c’era nulla di “strano” nell’essere consapevole del fatto che una noia mortale avrebbe afflitto i miei alunni, interessati da migliaia di altre “cose” e non certamente dalla prima guerra punica o dal canto secondo del Paradiso (quello sulla Luna, uno dei più complessi del Poema dantesco)!

Cari amici che sabato porterete fiori, corone e candele alla bara della lezione frontale, arrivate in ritardo! Fate un’opera di bene! Rinunciate a pestar sabbia nel mortaio! Gli insegnanti migliori da quel dì che hanno seppellito la lezione frontale! Da quel dì che hanno trovato mille modi per rendere accattivanti informazioni che sono comunque necessarie perché i “nostri bamboli” crescano, studino e capiscano ciò che è utile e imprescindibile conoscere e, quindi, gestire in una società che si fa sempre più complessa e difficile.

Comunque, sono certo che i nostri amici terranno una meravigliosa “lectio mirabilis” sul necessario “omicidio” della “lectio mirabilis”! E pontificheranno certamente “ex cathedra”: una o più sedie dinanzi ad un tavolo rettangolare posto su una pedana convenientemente alta da terra, perché gli “alunni” sottostanti – cioè i soggetti che devono essere “alimentati” dal loro sapere – possano godere della loro vista… e della loro suadente parola! Perché parleranno affidando ovviamente a un microfono il sillabare lento e ben scandito della loro magistrale lezione.

Onde gravitazionali: onorificenze a tre scienziati dell’INFN

Onde gravitazionali, Fedeli consegna onorificenze a tre scienziati dell’INFN

(Venerdì, 13 aprile 2018) La Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, ha consegnato oggi a Roma, nella sede del MIUR, tre onorificenze di Commendatore dell’Ordine al Merito della Repubblica Italiana a Federico Ferrini, Giovanni Losurdo e Fulvio Ricci. I tre scienziati italiani sono tra gli artefici del progetto dell’interferometro Virgo, situato a Cascina, vicino Pisa, e hanno contribuito a una delle scoperte più importanti della storia della fisica: la misura del primo segnale delle onde gravitazionali, prodotte dalla fusione di due stelle di neutroni.

“Grazie a questo progetto l’Italia ha contribuito a scrivere una delle pagine più importanti della fisica moderna – ha sottolineato Fedeli –. Questi risultati sono stati possibili grazie al lavoro eccezionale svolto dai componenti del progetto. Per questo abbiamo chiesto l’onorificenza e per questo ne proporremo anche una alla memoria di Adalberto Giazotto, fisico straordinario, storico padre di Virgo, che purtroppo è recentemente scomparso”.

“Visitando i Laboratori Nazionali del Gran Sasso dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare all’inizio di quest’anno, il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella ha definito l’INFN ‘un punto di eccellenza tra i più alti del nostro Paese’ e un ‘motivo di prestigio e di orgoglio per l’Italia, attestato dal carattere internazionale dei laboratori, non soltanto testimoniato dalla presenza di tanti ricercatori e studiosi di ogni parte del mondo, ma anche per la continua interazione, il continuo confronto e lo scambio di esperienze e di conoscenze con tanti altri luoghi di ricerca del mondo’. Sono parole che condividiamo profondamente, che sono altrettanto valide per il progetto Virgo e la ricerca delle onde gravitazionali, e che ci hanno ulteriormente convinto a richiedere queste onorificenze consapevoli anche del fatto che la scoperta relativa alle onde gravitazionali ha aperto una nuova era dell’astronomia”, ha chiuso Fedeli.

“Quello di oggi è uno splendido riconoscimento – ha commentato il Presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare, Fernando Ferroni – a chi, per così tanti anni, ha perseguito la ricerca di un segnale che sembrava quasi impossibile da rivelare, mettendo la scienza italiana al centro del panorama mondiale. Ringrazio chi ha avuto la sensibilità di cogliere l’importanza di questo evento e tutti i colleghi dell’INFN che hanno contribuito a questa magnifica avventura”, conclude Ferroni.

“L’onorificenza di oggi – ha dichiarato Federico Ferrini – attraverso le persone che ha premiato riconosce l’importanza e il ruolo leader della ricerca italiana in fisica che, nonostante le grandi difficoltà tecnologiche e manageriali che progetti di ricerca di frontiera come Virgo inevitabilmente pongono, è riuscita a raggiungere risultati storici, grazie a un esemplare lavoro di gruppo”.

“Desidero ringraziare le massime autorità della Repubblica – ha commentato Fulvio Ricci – per questo titolo onorifico che mi è attribuito a coronamento di un lungo percorso scientifico. Insieme con la collaborazione internazionale Virgo, che ho avuto l’onere e l’onore di dirigere, siamo riusciti nell’intento di osservare direttamente le prime onde gravitazionali e a contribuire in modo determinante alla nascita dell’astronomia multimessaggera”.

“Vorrei condividere idealmente questo riconoscimento – ha aggiunto Giovanni Losurdo – con tutti coloro che, in un grande lavoro di squadra, hanno contribuito a realizzare Advanced Virgo. Adesso guardiamo avanti: al prossimo periodo di presa dati, da cui ci aspettiamo nuove sorprese, al miglioramento progressivo di Virgo nei prossimi anni, al rivelatore di nuova generazione, l’Einstein Telescope, per cui la Sardegna sarebbe un sito ideale. Siamo solo agli inizi di una straordinaria avventura scientifica in cui l’Italia e l’INFN hanno un ruolo di primo piano”.

Oltre ai tre scienziati hanno presenziato alla consegna delle onorificenze anche il presidente dell’INFN, Fernando Ferroni, la Capo di Gabinetto del MIUR, Sabrina Bono, e il Capo del Dipartimento per la formazione superiore e la ricerca del MIUR, Marco Mancini.


Federico Ferrini Dal marzo 2018 è il nuovo direttore del Cherenkov Telescope Array Observatory (CTAO), cui il nostro Paese partecipa con l’Istituto Nazionale di Astrofisica (INAF) e dal 2013 con l’INFN, e il cui quartier generale è in Italia, a Bologna. Dopo aver dedicato più di 30 anni alla ricerca e all’insegnamento dell’astrofisica all’Università di Pisa, nel 2011 Federico Ferrini è stato nominato direttore dell’Osservatorio Gravitazionale Europeo (EGO) di Cascina (Pisa), che ospita l’interferometro Virgo, fondato dall’INFN italiano e dal CNRS francese. Ferrini ha, inoltre, ricoperto il ruolo di addetto scientifico presso la Rappresentanza Permanente d’Italia presso l’ONU e le Organizzazioni Internazionali a Ginevra, e di presidente del consiglio di amministrazione e del comitato per gli investimenti del CERN Pension Fund.

Giovanni Losurdo Primo Ricercatore dell’INFN di Pisa, lavora alla ricerca sulle onde gravitazionali sin dalla sua tesi di laurea, conseguita a Pisa nel 1993 sotto la guida di Adalberto Giazotto. Phd in fisica alla Scuola Normale, ha trascorso periodi di studio e ricerca nei principali laboratori coinvolti nella ricerca delle onde gravitazionali (Caltech, MIT, University of Western Australia, Tokyo University, University of Glasgow). Dal 2006 ha coordinato le attività per dar vita ad Advanced Virgo, il progetto pensato per rendere 10 volte più sensibile l’interferometro Virgo. Nel 2009, dopo l’approvazione del progetto da parte degli enti finanziatori, ne é diventato project leader. In questo ruolo ha guidato l’attività di oltre 200 fisici, ingegneri e tecnici di 5 paesi europei (Italia, Francia, Olanda, Polonia e Ungheria), dal disegno del rivelatore fino al completamento della costruzione.

Fulvio Ricci È professore ordinario di Fisica Generale e Gravitazione Sperimentale alla Sapienza Università di Roma e associato alla Sezione di Roma 1 dell’INFN. Come membro del gruppo gravitazionale di Edoardo Amaldi e Guido Pizzella, lavora prima al CNR di Frascati e poi al CERN di Ginevra. Dal 1995, contribuisce allo sviluppo dell’interferometro VIRGO per la rivelazione delle onde gravitazionali. Dal 2014 al 2017 è alla guida della collaborazione internazionale VIRGO che, già dal 2007, si coordina con l’analogo progetto americano LIGO. Nel febbraio del 2016, in coincidenza con la conferenza stampa del progetto LIGO in USA, annuncia in Europa la prima osservazione diretta di un’onda gravitazionale

INFN Istituto Nazionale di Fisica Nucleare

Fedeli: Calo studenti preoccupa, ma si ragioni in modo strategico

Scuola, Fedeli: “Calo studenti preoccupa, ma si ragioni in modo strategico. No a impoverimento del sistema: bisogna continuare ad investire”

(Venerdì, 13 aprile 2018) “Se si vuole affrontare in modo efficace il valore cruciale per il Paese dell’istruzione, tema fondamentale per il futuro delle nuove generazioni, bisogna sempre avere una visione strategica. Lavorare e investire costantemente per l’inclusione e per l’innalzamento della qualità del sistema, partendo da ciò che già abbiamo oggi, in un’ottica di costante miglioramento. E allora, se entro i prossimi dieci anni ci saranno un milione di studentesse e studenti in meno, non possiamo non essere preoccupati per il calo demografico che si sta verificando nel nostro Paese, con un conseguente progressivo invecchiamento della popolazione. Ma dobbiamo anche da subito avere, per il settore Istruzione, uno sguardo lungo, riflettere nella cornice di un piano strategico, funzionale a una sempre maggiore qualità della formazione delle nostre ragazze e dei nostri ragazzi e del sistema educativo”.

Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli in merito allo studio pubblicato dalla Fondazione Agnelli “Scuola, orizzonte 2028: evoluzione della popolazione scolastica in Italia e implicazioni per le politiche”. Dal rapporto emerge che nei prossimi dieci anni ragazze e ragazzi in età scolare, compresi tra i 3 e i 18 anni, passeranno dagli attuali 9 milioni a 8 milioni.

“Questa prospettiva non deve – sottolinea la Ministra Fedeli – comportare una riduzione drastica del numero delle cattedre, un esubero di docenti o un rallentamento del turn over. Affrontando un simile scenario con una visione strategica, i decisori politici possono e, a mio giudizio, devono continuare ad investire su quella che è l’intera filiera del sapere. Così come abbiamo fatto in questi anni. Non bisogna mai più tornare a epoche di tagli e riduzioni. Perché se è vero, come è vero, che al centro del sistema educativo ci sono le studentesse e gli studenti, una riduzione del loro numero può essere affrontata, diversamente dal passato, curvando sempre di più il sistema per rispondere alle loro esigenze e alle sfide del futuro. E questo va fatto in modo strutturale. Diminuzione del numero di alunne e alunni per classe, rafforzamento e allargamento della possibilità di scelta del tempo pieno, in alcune regioni del Paese decisamente carente, attuazione del piano per combattere la dispersione scolastica, che è la base per combattere le diseguaglianze e le altre povertà, reti territoriali per l’apprendimento permanente, favorire e sostenere l’attivazione di percorsi d’istruzione integrati sono alcuni esempi di una scuola che possiamo disegnare già oggi, consapevoli di questi scenari. Alcune scelte in questo senso sono già state compiute. Il calo di studentesse e studenti è già in atto, ma i 15 mila posti in organico di diritto in più messi nel 2017, lo sforzo per i nuovi concorsi, l’impegno profuso per il potenziamento del personale, bandi come ‘Scuole al centro’ per l’apertura degli istituti anche d’estate e gli stessi bandi Pon per contribuire a realizzare una scuola aperta, inclusiva e innovativa sono azioni messe in campo in questi ultimi anni proprio pensando al fatto che, in ogni caso, la scuola debba sempre essere potenziata, mai impoverita. La recente riforma dell’istruzione va in questa direzione. Su questa traccia bisognerà proseguire, rendendo strutturali le scelte compiute, e continuando a ragionare anche per dare risposte strategiche alle sfide che il nostro Paese si troverà ad affrontare nel prossimo decennio”.

Scuola, la lezione frontale ha fatto la storia ma ora è tempo di dirle addio

da Il Fatto Quotidiano

Scuola, la lezione frontale ha fatto la storia ma ora è tempo di dirle addio

di

Cara lezione frontale, addio. Sabato al teatro Carcano di Milano si celebrerà il funerale di un modo di insegnare che ha fatto la storia ma che è da archiviare. A dare l’ultimo saluto alla cattedra e al suo predellino, all’insegnante che ama stare davanti ai suoi studenti come se dovesse essere l’unico depositario della verità, saranno centinaia di docenti chiamati al commiato della lezione dal pedagogista Daniele Novara del Centro psicopedagogico per l’educazione e la prevenzione dei conflitti (CCP) di Piacenza.

L’allievo di Danilo Dolci, degno ereditario della maieutica, finalmente metterà una pietra su un modello di insegnamento che dovrebbe essere destinato solo a far parte dei ricordi. “La scuola italiana – spiega Novara – ha un problema che si perde nella notte dei tempi. Questo problema non riguarda l’architettura tradizionale del sistema scolastico, i cosiddetti cicli d’istruzione, né la distribuzione delle materie nel curriculo. Non è l’abbandono scolastico o i voti numerici e neppure la formazione degli insegnanti e il sistema di valutazione. È in realtà un vizio di forma, legato alla storia della scuola in Italia, e a tutto quell’insieme di idee, convinzioni e credenze, quelli che si definiscono gli “elementi impliciti”, su come si trasmettono i contenuti dell’insegnamento. Il problema della scuola italiana nasce da un equivoco, profondamente radicato e pervasivo, che ha un nome preciso: lezione frontale”.

Sia chiaro: il problema non è dei più semplici. Abbiamo tutti presenti le classi dei nostri figli o nipoti: nella maggior parte c’è ancora la cattedra, la lavagna, i banchi separati uno a uno. Sembra che l’esperienza di Mario Lodi (che aveva messo da parte la cattedra) e di Maria Montessori (che stava in mezzo ai bambini come faceva anche Alberto Manzi), sia caduta nel vuoto.

Eppure il primo atto rivoluzionario di un insegnate oggi è proprio quello di cambiare il suo modo di fare lezione. “Oggi – spiega Novara – siamo passati dal manoscritto al tablet, ma il sistema resta sostanzialmente lo stesso: l’assunto che muove comunque ancora gran parte della didattica della scuola italiana è che per far imparare qualcosa a qualcuno, e quindi per insegnare, il metodo più scontato, lineare e apparentemente efficace sia quello di utilizzare il sistema della lettura di un testo associata a una spiegazione”.

Non è il parere di un singolo pedagogista estremista. Le parole di Novara fanno rima con quelle del presidente dell’Indire, l’istituto nazionale di documentazione, innovazione e ricerca educativa che nel libro Dall’aula all’ambiente di apprendimento scrive: “L’ambiente non cambia certo per l’ingresso di qualche strumento nuovo, anzi rafforza i suoi caratteri e la lavagna interattiva multimediale (Lim) potenzia la lezione frontale”.

La vera innovazione sta nel ripensare il nostro modo di fare lezione dando una degna sepoltura a quella frontale. Gli esempi non mancano: dalla scuola senza zaino, alla flipnet alla quale Maurizio Maglioni ha dedicato per la Erickson il suo recente Capovolgiamo la scuola ma il problema resta chiarire che idea abbiamo di apprendimento. Si può apprendere da soli? Quanto conta la motricità nell’apprendimento? Chi insegna all’insegnante come far apprendere? Che ruolo ha il docente oggi in aula? Finalmente sabato diremo un bel “vaffa” alla lezione frontale. E forse sarà l’inizio di una nuova era. Forse.

In 10 anni perse 55mila cattedre

da Il Sole 24 Ore

In 10 anni perse 55mila cattedre

di Eugenio Bruno

Nascite in calo. Meno immigrati. Classi spopolate. Cattedre in eccesso. Assunzioni più difficili. Anche nel profondo Nord dei prof notoriamente “introvabili”. È lo scenario distopico e post-apocalittico che sembra partorito dalla penna di Philip K. Dick e che invece emerge da uno studio della Fondazione Agnelli sulla scuola italiana nel 2028. Con annesso invito ai prossimi governi a intervenire senza indugi sull’offerta formativa per gli studenti e sul reclutamento dei docenti per non farsi trovare impreparati.

Il calo demografico

Il paper “Scuola. Orizzonte 2028”, che sarà presentato oggi, tratteggia l’Italia che si siederà tra i banchi da qui a dieci anni. Il combinato disposto già in essere tra la diminuzione del numero di madri potenziali (-10% di 15-45enni tra il 2007 e il 2017) e la riduzione della loro propensione a fare figli porterà per forza di cose verso il basso il plotone dei nostri connazionali in età scolastica. Complice anche il calo di fecondità delle donne straniere e la riduzione dei flussi migratori la Fondazione Agnelli stima una discesa da 9 a 8 milioni di bambini e ragazzi nella fascia d’età 3-18 anni.

Lo “spopolamento” tra i banchi

Gli alunni delle scuole di ogni ordine e grado tenderanno a scendere. Ciò avverrà, salvo rare eccezioni, lungo tutta la penisola. A pagare il conto maggiore saranno soprattutto infanzia e primaria. I piccoli tra 3 e 5 anni diminuiranno infatti del 14% sia al Sud che al Nord e del 17% al Centro mentre i bambini in età 6-10 anni scenderanno del 16% al settentrione, del 19% nelle regioni centrali e del 14% al Meridione. Seppure in misura minore lo stesso fenomeno investirà le medie – dove, ridiscendendo lo stivale, il calo sarà rispettivamente del 10, del 19 e del 9% – e, in parte le superiori. Solo al Centro però (-13%) perché al Nord (+4%) e al Mezzogiorno (+6%) continuerà a prevalere il segno più. Rinviando alla grafica qui accanto per il dettaglio regionale in questa sede conviene soffermarsi sulla riduzione di classi/sezioni che ne conseguirà. Nel complesso l’infanzia ne perderà oltre 6.300, la primaria quasi 18mila, le secondarie di I grado 9.400 e quelle di secondo grado circa 3mila.

Meno alunni, meno prof

L’impatto sugli organici è facilmente immaginabile. Poiché il numero di posti a disposizione ogni anno dipende innanzitutto dal numero di classi che si riesce a formare lo stock di insegnanti da assumere (sia attraverso le stabilizzazioni che mediante i concorsi) secondo lo studio tenderà inesorabilmente (e inevitabilmente) a scendere. Di 55.600 unità per la precisione. Così suddivise: -12.600 alla scuola dell’infanzia, -22.100 alle elementari, -15.700 alle medie e -5.200 alle superiori. Come conciliare questi numeri con il piano di assunzioni avviato dalla Buona Scuola due anni e mezzo fa sarà tutto da vedere. Anche perché la diminuzione dei vuoti da riempire interesserà pure le regioni settentrionali che al momento presentano ancora posti scoperti, addirittura da anni per alcune materie e in certe aree (come la celebre matematica in Lombardia). Con un doppio “effetto collaterale” immaginato dalla Fondazione Agnelli: da un lato, si assisterà a un rallentamento nel turnover dei professori per cui i nuovi insegnanti immessi in ruolo saranno meno di quelli che usciranno (per pensionamenti, ad esempio); dall’altro, a soffrirne saranno anche il rinnovamento del corpo docente e l’innovazione didattica.

Le vie d’uscita

Il paper ne individua due: intervenire o meno. La seconda soluzione, e cioè accettare così com’è la riduzione degli organici determinata dal declino demografico, avrebbe un effetto benefico per le casse dello Stato che potrebbe risparmiare fino a 1,8 miliardi. Ma sicuramente non aiuterebbe il rinnovamento della nostra classe docente, che già oggi è la più anziana d’Europa. Da qui la proposta della Fondazione Agnelli di utilizzare le risorse risparmiate per investire sulla qualità dell’offerta formativa. In tre possibili direzioni. O aumentando il numero di insegnanti per classe grazie alla reintroduzione del modulo didattico alle elementari e della coprogettazione interdisciplinare ai gradi superiori. O riducendo il numero di allievi, come prevede la riforma francese di Macron. O ancora rafforzando in maniera più generalizzata la scuola aperta di pomeriggio. Ed è proprio quest’ultima la strada che il direttore Andrea Gavosto, interpellato dal Sole 24 Ore, suggerisce di intraprendere: «È un nostro vecchio pallino. Sappiamo che è il migliore strumento di contrasto della dispersione scolastica, soprattutto al Sud dove resta oltre il 20 per cento. Si potrebbe usare il pomeriggio – spiega Gavosto – per rafforzare alcune materie, introdurre nuove attività progettuale e avviare i curricula personalizzati sul modello della Spagna e del Regno Unito». Una possibilità che la Buona Scuola già prevedeva e che finora è rimasta sostanzialmente sulla carta.

Dobbiamo trasformare una crisi in opportunità

da Il Sole 24 Ore

Dobbiamo trasformare una crisi in opportunità

di Dario Braga

La popolazione scolastica diminuirà drasticamente nei prossimi anni. Il rapporto della Fondazione Agnelli dipinge un quadro di tendenza molto chiaro. La riduzione della natalità di questi anni si rifletterà nella dimensione delle coorti di studentesse e studenti che entreranno nella scuola. Sempre stando alle proiezioni della Fondazione Agnelli, questa diminuzione non sarà compensata che in minima parte dalla immigrazione.

Il nostro Paese avrà quindi meno giovani, meno studenti, meno diplomati e meno forze intellettuali fresche. Questo è già di per sé un problema. Altri Paesi monitorati nello stesso studio non mostrano tuttavia la stessa tendenza. In termini percentuali la popolazione di studenti è prevista in crescita significativa in Svezia, in Germania e nel regno Unito, ed è sostanzialmente stabile in Francia, mentre, come noi, Spagna e la Polonia vedranno una diminuzione, anche se decisamente meno drastica. Queste differenze riflettono certamente le diverse politiche di supporto alla maternità dei diversi Paesi durante il decennio della grande crisi. Supporto alla maternità che non si risolve solo negli incentivi finanziari, più o meno una tantum, ma che richiede una diversa struttura del lavoro femminile e una ben diversa organizzazione scolastica, a cominciare dagli asili per arrivare alle scuole medie. Si pensi solo al tempo pieno, praticato da noi in maniera disomogenea: il nostro sistema scolastico è ancora largamente fondato sul concetto che “al pomeriggio ci pensano la mamma o i nonni”.

La seconda conseguenza evidenziata dallo studio è la riduzione di fabbisogno di insegnanti nei diversi ordini scolastici. Si parla di oltre 50.000 (cinquantamila!) posti in meno da qui a 10 anni. Una riduzione di questo genere ha conseguenze sociali non indifferenti. In primo luogo, ovviamente, si prospetta una ulteriore riduzione dei posti di lavoro per laureati. L’impatto sulla occupabilità di quanti entrano nell’università in questo momento o nei prossimi anni avendo in mente l’insegnamento come prima scelta (o come “piano B” in caso di mancato raggiungimento di altri obiettivi) sarà notevole.

Che dire? In un mondo in cui la Politica si occupasse veramente del futuro del Paese e non del fabbisogno immediato di posizioni di potere (o del mantenimento di promesse elettorali insostenibili), ci si metterebbe intorno a un tavolo per definire strategie di sistema. Una strategia di sistema è certamente quella di trasformare questa situazione di potenziale crisi in opportunità, anche alla luce dell’altro dato inquietante, e sempre presente, del basso numero di laureati nel nostro Paese. Proviamo ad assumere che le forze politiche, in maniera bipartisan, concordino in primo luogo di non diminuire la spesa complessiva per il corpo docente. I quasi due miliardi di euro che sarebbero potenzialmente disponibili andrebbero utilizzati in parte per agire sul livello stipendiale dei docenti, per accrescere la capacità di attrazione dell’insegnamento in quelle aree (soprattutto scientifiche e tecnologiche) dove la capacità di attrazione del privato è molto più forte, e in parte per reclutare sì docenti, ma nell’ottica di ridurre il numero di studenti nelle classi, e di espandere tempo pieno e attività di supporto, tutoraggio e recupero dei ritardi di apprendimento. Si tratterebbe quindi di agire in controtendenza, e di utilizzare nuovi docenti per accrescere il periodo di presenza a scuola degli studenti, introducendo anche sperimentazioni di nuovi modelli di apprendimento.

Bisognerebbe accrescere contestualmente la selettività dei processi di formazione degli insegnanti – sulla base della vocazione e della provata capacità didattica – rivedendo anche alcune distorsioni introdotte negli anni passati sui titoli di studio che danno accesso all’insegnamento (penso ad alcune lauree telematiche e a equipollenze inaccettabili in un Paese avanzato). L’obiettivo ultimo sarebbe quello di aumentare il numero di studenti in grado di proseguire con gli studi universitari dopo il secondo anno di scuola superiore.

C’è poi il problema di quanti entrano oggi, o entreranno nei percorsi universitari. Molti di loro saranno i docenti del prossimo decennio. Credo che il quadro di decrescita indicato dalla Fondazione Agnelli chiami a una riflessione sul rapporto tra lauree e sbocchi professionali. È il tema – sempre controverso – della programmazione degli accessi. Servirebbe un piano dei fabbisogni di docenza dei prossimi anni costruito sulla base dei trend di trasformazione della popolazione studentesca da indicare alle Università – come viene fatto per altri corsi di studio – per programmare il numero di laureati da avviare alla docenza nei vari gradi scolastici.

Ovviamente non ci si può fermare qui, la diminuzione della popolazione di studenti consentirà anche di concentrare investimenti – anche in coordinamento con le sedi universitarie – per l’ammodernamento e il potenziamento dei laboratori scientifici puntando anche ad aumentare il numero di studenti che si dirigerà verso indirizzi di studio scientifici e tecnologici, dove è più marcato il differenziale rispetto ai Paesi europei in termini di numeri di laureati. Agendo sui tempi di presenza a scuola si potrà mantenere alto il fabbisogno di docenti, diminuire le situazioni di affollamento, aumentare il numero di studenti che prosegue con successo, ridurre l’impatto della tempistica media scolastica di oggi sulla organizzazione delle famiglie e quindi sul lavoro femminile. Non basta, ovviamente. Ma i dati della Fondazione Agnelli devono spingere a “produrre politica” – non slogan – né misure una tantum.

Direttore dell’Institute of Advanced Studies Alma Mater Studiorum University of Bologna

Meno studenti: 55 mila prof verso l’esubero

da Corriere della sera

Meno studenti: 55 mila prof verso l’esubero

La ricerca: Entro il 2028

Gianna Fregonara

Non si arresta l’emorragia di studenti. E così entro dieci anni la scuola rischia di avere 55 mila docenti di troppo. Lo studio è della Fondazione Agnelli .

Da oggi al 2028 l’Italia «perderà» un milione di studenti e dunque scomparirà una classe su 10 e non servirà più un professore ogni tredici. Sono i dati dello studio pubblicato dalla Fondazione Agnelli «scuola, orizzonte 2028: evoluzione della popolazione scolastica in Italia e implicazioni per le politiche» che mira a fare il punto — con una proiezione statistica — su quelle che saranno le risorse in termini di professori e di studenti nel sistema educativo italiano dalla scuola dell’infanzia alla maturità, ponendosi come orizzonte appunto i prossimi dieci anni.

E poiché prima di immaginare e affrontare qualsiasi riforma o modello di scuola è necessario conoscere i dati e le risorse, il rapporto offre dati fondamentali sia a chi lavora nel mondo della scuolasia a chi dovrà, a partire dalle prossime settimane, indicare le linee di politica scolastica.

Secondo il modello usato dalla Fondazione Agnelli gli studenti passeranno dai circa 9 milioni attuali a 8 milioni circa a causa della scarsa natalità ma anche del tasso sempre più ridotto di immigrazione (che è dimezzato peraltro negli ultimi dieci anni) e alla diminuita propensione alla natalità anche nella popolazione immigrata, alle elementari nel 2028 ci saranno nel Nord Italia il 16 per cento dei bambini in meno, nel Sud gli alunni scenderanno addirittura di 19 punti e nel Centro di 14. Alle scuole medie ci sarà una crescita lenta del numero di studenti ancora per qualche anno ma tra dieci anni le regioni del Nord perderanno uno studente su 10, così come il Centro (-9 per cento) mentre il Sud, interessato dal fenomeno dell’emigrazione interna ed esterna ormai da diversi anni, perde uno studente su 5 (-19 per cento).

Il fenomeno della «scomparsa» degli alunni tra dieci anni non interesserà ancora le scuole superiori del Nord e Centro Italia, che faranno segnare ancora una «gobba» positiva del 4 e del 6 per cento. Ma la tendenza del Sud non lascia dubbi sull’evoluzione: -13 per cento. Cresceranno le classi delle scuole superiori in Piemonte, Lombardia, Emilia Romagna, Toscana e nel Lazio, ma il saldo complessivo delle classi è di meno 36.721. Una su dieci. Il che significa che rispetto ai dati di oggi ci sarà un esubero di 55 mila professori.

Sono numeri che devono indurre governo e Parlamento a riflettere perché significano un rallentamento del turn over e dunque un nuovo invecchiamento complessivo degli insegnanti nonostante lo sforzo dei nuovi concorsi — una volta esaurita la fase attuale delle sanatorie dei «vecchi» precari — di reclutare docenti subito dopo la laurea. In termini di stipendi, se non si farà nulla, ci sarà una riduzione della spesa di quasi due miliardi all’anno.

Quello che la Fondazione Agnelli propone è di considerare questi cambiamenti come un’opportunità. «La disponibilità di altri insegnanti non impegnati nelle lezioni potrebbe consentire l’apertura delle scuole anche al pomeriggio, l’aumento del numero di professori per classe o anche la riduzione del numero di studenti», spiega il direttore della Fondazione Andrea Gavosto. La forte diminuzione di studenti al Sud, dove sono presenti più insegnanti in cerca di cattedra, e la scarsa o nulla recettività che ci sarà nelle scuole del Nord, cambia definitivamente anche le chance dei prof in esubero di trovare lavoro, pur lontano da casa. «Ma quello che si deve evitare — conclude Gavosto — è che rallentando il turn over la scuola accumuli altri ritardi nelle pratiche di insegnamento più moderne».

Si svuotano le aule “Tra dieci anni un milione di alunni in meno”

da la Repubblica

Si svuotano le aule “Tra dieci anni un milione di alunni in meno”

La ricerca della Fondazione Agnelli

Corrado Zunino

Colpa della denatalità. L’Italia in controtendenza rispetto a Germania e Regno Unito. L’effetto: un calo di quasi 56mila cattedre e prof più anziani

ROMA

L’orizzonte scuola, visibile con un binocolo puntato al 2030, dice che gli istituti italiani si svuoteranno: perderemo 36.721 classi nei prossimi dieci anni e — purtroppo per maestri e professori, ma anche per l’innovazione didattica — 55.600 posti cattedra dalla primaria all’ultimo anno delle superiori.

Il turn- over dei docenti dovrà rallentare e i ragazzi, dopo un tentativo di svecchiamento iniziato con la “Buona scuola”, torneranno a vedere insegnanti anziani.

La Fondazione Agnelli ha posizionato il suo nuovo lavoro — “ Evoluzione della popolazione scolastica in Italia” — nel medio periodo e, avvalendosi di studi statistici raffinati anche se perfettibili, ha mostrato come la crisi di natalità italiana inciderà profondamente sull’istituzione scolastica. I governi che verranno potranno usare questa diminuzione di insegnanti per risparmiare un miliardo e 826 milioni di euro lasciando incancrenire problemi antichi. Oppure potranno impegnare i soldi facendo tre cose: allungare l’orario scolastico al pomeriggio offrendo così corsi di recupero e alternative alla dispersione, ripristinare doppi maestri alle elementari, come già negli Anni ’90, e ancora spezzare in due le classi aiutandole a respirare, come già ha fatto la Francia di Macron nelle zone più spopolate.

Riavvolgendo il nastro, prima delle conclusioni, l’analisi di “ Evoluzione…” spiega che cosa sia, davvero, la crisi demografica italiana: ununicum in Europa. Nel quindicennio 2015- 2030 si assisterà una forte contrazione della popolazione studentesca ( tra i sei e i sedici anni): nel nostro Paese l’aliquota dei bambini- adolescenti passerà da 100 a 85. Solo da noi. La Spagna scenderà da 100 a 93, la Francia resterà quasi in pari fermandosi sulla media dell’Unione europea: 99. Germania e Regno Unito saliranno a 109 e la Svezia vedrà crescere il proprio comparto ragazzi di un quarto: da 100 a 125. Ora gli studenti italiani — e qui il conteggio si fa tra i tre e i diciotto anni — sono 9 milioni. Nel 2028 saranno 8 milioni. Mancano madri italiane ( meno dieci per cento nel periodo 2007-2017) e si sono ridotti i saldi dei flussi migratori internazionali. La novità illustrata dal lavoro della Fondazione Agnelli è che la diminuzione, in tempi più lunghi, riguarderà anche il Nord Italia. E questo introduce una nuova questione: gradualmente l’esodo di insegnanti meridionali verso il Settentrione del Paese si fermerà.

Nei prossimi dieci anni gli iscritti alla scuola primaria diminuiranno consistentemente in tutte le circoscrizioni. Alle superiori di primo grado (le medie) la crescita al Centro- Nord continuerà per alcuni anni, ma poi si fermerà e invertirà la direzione. La popolazione degli istituti superiori secondari crescerà ancora per un decennio al Centro- Nord. Al Sud, invece, proseguirà il declino. Alcuni esempi. Dal 2018 al 2028 i bambini frequentanti la primaria in Valle d’Aosta scenderanno del 19 per cento, in Friuli e in Emila del 17. In Campania del 20 per cento ( 2.371 classi in meno) e in Sardegna del 24: uno su quattro in meno, una crisi demografica acuta. Sono in totale 36.721 classi perse e significano, appunto, 55.600 posti cattedra cancellati nei prossimi dieci anni.

Andrea Gavosto, direttore della Fondazione Agnelli, dice: « Possiamo usare questi dati per restare fermi e risparmiare oppure per organizzare una scuola migliore».

Organici 2018/19, classi iniziali con alunni disabili si formano con massimo 20 alunni. Le condizioni

da Orizzontescuola

Organici 2018/19, classi iniziali con alunni disabili si formano con massimo 20 alunni. Le condizioni

di redazione

Il numero di alunni delle classi iniziali delle scuole di ogni ordine e grado, in presenza di alunni disabili, è disciplinato dal DPR n. 81/09.

La nota Miur n. 16041 del 29 marzo 2018, che fornisce indicazioni in merito alla dotazione organica del personale docente per l’anno scolastico 2018/19, nel paragrafo dedicato ai posti di sostegno, così recita:  Si raccomanda la massima attenzione nella costituzione delle classi iniziali con alunni disabili, nel rispetto di quanto previsto dal D.P.R. 81/09 art. 5 comma 2

Il predetto articolo 5, comma 2, del DPR 81/09 prevede:

“Le classi iniziali delle scuole ed istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non  più di 20 alunni, purché sia esplicitata e motivata la necessità di tale consistenza numerica, in rapporto alle esigenze formative degli alunni disabili, e purché il progetto articolato di integrazione definisca espressamente le strategie e le metodologie adottate dai docenti della classe, dall’insegnante di sostegno, o da altro personale operante nella scuola…”

In presenza di alunni disabili, dunque, le classi iniziali della scuola dell’infanzia, primaria, secondaria di primo e secondo grado, sono formate, di norma, con un massimo di 20 alunni.

Quanto suddetto  è possibile, soltanto:

  • se la scuola esplicita e motiva la necessità di costituire la classe con 20 alunni in relazione ai bisogni formativi degli alunni disabili;
  • se il progetto di integrazione definisce strategie e metodologie adottate dai docenti della classe, docenti curricolari e di sostegno, o da altro personale che opera nella scuola.

nota Miur

Organici. Fondazione Agnelli, tra 10 anni un milione di studenti e 55.000 cattedre in meno

da Orizzontescuola

Organici. Fondazione Agnelli, tra 10 anni un milione di studenti e 55.000 cattedre in meno

di redazione

Un milione di studenti in meno e, quindi, meno classi e meno insegnanti, in tutta Italia.

La Fondazione scrive in un comunicato:

Meno studenti e dunque – a norme vigenti – meno classi e meno insegnanti, in tutta Italia. È questo lo scenario del prossimo decennio che per la scuola italiana prospettano le elaborazioni della Fondazione Agnelli, a partire dai dati Istat sull’evoluzione demografica. Con significative implicazioni per le politiche dell’istruzione dei prossimi governi. L’approfondimento sarà disponibile sul sito della Fondazione Agnelli (www.fondazioneagnelli.it) da venerdì 13 aprile.

In Italia la popolazione in età scolare fra i 3 e i 18 anni (dalla scuola dell’infanzia alla secondaria di II grado) è oggi di circa 9 milioni. Fra 10 anni, nel 2028 sarà scesa a 8 milioni. Nessun altro paese europeo avrà un trend così declinante. Le ragioni di questa contrazione demografica vanno ricercate, in primo luogo, nella diminuzione del numero delle madri potenziali e del loro tasso di fecondità, in particolare delle donne straniere. Ma conta anche la riduzione dei flussi migratori internazionali, con un saldo migratorio con l’estero sceso dal 7,5 per mille nel 2007 al 3 per mille nel 2017.

La diminuzione della popolazione studentesca investirà nei prossimi 10 anni in modo progressivo e differenziato tutte le aree e le regioni del Paese, a partire dalla scuola dell’infanzia e dalla primaria. La popolazione fra 3 e 5 anni diminuirà ovunque già da oggi, portando nel 2028 a una riduzione di circa 6.300 sezioni della scuola dell’infanzia a livello nazionale, a regole vigenti. Gli iscritti alla scuola primaria (6-10 anni) diminuiranno consistentemente al Nord, al Centro e al Sud (con un picco del 24% in Sardegna e del 20% in Campania, ma lo stesso Veneto scenderà del 18%) con una perdita di circa 18.000 classi. Gli iscritti alla scuola media (11-13 anni) continueranno a crescere debolmente per qualche anno al Nord e al Centro, per poi unirsi al Sud nel declino, con una perdita totale al 2028 di circa 9.400 classi. Una traiettoria simile alle medie – sebbene più spostata in là nel tempo – avrà anche la popolazione fra i 14 e i 18 anni, con una perdita complessiva alle scuole superiori di circa 3.000 classi nel decennio (in Piemonte, Lombardia, Veneto, Emilia-Romagna, Toscana, Umbria e Lazio il saldo nel 2028 sarà, però, ancora positivo).

A partire da queste previsioni demografiche sulla popolazione in età scolare, la Fondazione Agnelli ha provato a quantificare gli effetti sugli organici del corpo insegnante, poiché la diminuzione degli studenti e delle classi si tradurrà – a regole vigenti – in un minor fabbisogno e dunque in una contrazione in tutti i gradi scolastici.

Potrebbero essere oltre 55.000 i posti/cattedre in meno fra 10 anni, a partire dai gradi inferiori. Il fenomeno investirà progressivamente tutte le regioni, comprese quelle del Nord; si può quindi prevedere un raffreddamento della mobilità territoriale dei docenti, poiché diminuiranno le opportunità di trasferirsi dal Sud al Centro-Nord per entrare in ruolo. A regole vigenti si assisterà anche a un rallentamento nel turnover: i nuovi insegnanti immessi in ruolo saranno in numero inferiore agli insegnanti che usciranno (per pensionamenti, ecc.). Come ha commentato Andrea Gavosto, direttore della Fondazione “a soffrirne sarà il rinnovamento del corpo docente e probabilmente anche la capacità di innovazione didattica dell’intero sistema d’istruzione”.

Una situazione del genere propone problemi e sfide nuove alle politiche scolastiche dei governi futuri, che dovranno sapere tenere conto delle onde lunghe dei cambiamenti demografici.

Una prima alternativa è non fare nulla: accettare la riduzione degli organici determinata dal declino demografico, con la conseguente minore capacità di rinnovamento del corpo docente. Tale soluzione potrebbe portare, peraltro, a un risparmio di quasi 2 miliardi di euro annui.

Ma ci sono alternative. Una potrebbe essere aumentare il numero medio di insegnanti per classe, come avvenne nel 1990 con l’introduzione del modulo didattico alle scuole elementari, favorendo lo sviluppo di forme di co-progettazione interdisciplinare anche ai gradi superiori. Una seconda ipotesi consiste nella riduzione del numero medio di studenti per classe. Ad esempio, in Francia la «riforma Macron» ne prevede il dimezzamento nelle aree più problematiche.

“L’alternativa che tuttavia appare preferibile a chi dà priorità al miglioramento della qualità dell’istruzione in Italia – ha chiosato il direttore della Fondazione Agnelli – è un rafforzamento generalizzato della “scuola del pomeriggio”, con più possibilità di scelta del tempo pieno/prolungato, attività integrative, supporto ai percorsi personalizzati, contrasto all’abbandono”.

Fondazione Agnelli – Demografia scolastica 2028

Esami Maturità 2018 e vincoli per dirigenti primo grado, ANP diffida il Miur

da Orizzontescuola

Esami Maturità 2018 e vincoli per dirigenti primo grado, ANP diffida il Miur

di redazione

I Dirigenti scolastici delle scuole secondarie di primo grado e degli istituti comprensivi, possono presentare domanda di partecipazione agli esami di maturità, in qualità di Presidente, sino al 20 aprile 2018.

Esami Stato II grado, domanda Dirigenti scuole primo grado dal 9 al 20 aprile. Ecco le condizioni, nota Miur

In prima battuta, i dirigenti suddetti erano stati esclusi, come possiamo leggere nella Circolare n. 4537 del 16/03/2018, in quanto il decreto legislativo n. 62/2017 ha affidato loro la Presidenza della Commissione dell’esame di Stato di I grado nella scuola di titolarità o reggenza.

CONDIZIONI AI FINI DELLA PRESENTAZIONE DELLA DOMANDA

L’apertura del Miur, tuttavia, non ha soddisfatto i dirigenti interessati, a causa delle condizioni imposte ai fini della presentazione della domanda.

I suddetti dirigenti, infatti,oltre ad essere in possesso dell’abilitazione all’insegnamento nella scuola secondaria, devono dichiarare:

  • che sarà garantito il regolare svolgimento dell’esame di Stato di primo ciclo nella scuola di titolarità e/o di reggenza, individuando un docente collaboratore che lo sostituisca;
  • che il collaboratore è in possesso dei seguenti requisiti:

– essere docente di scuola secondaria;

– non essere docente di classe terza di scuola secondaria di primo grado, perché già componente di diritto della commissione d’esame;

– aver già svolto la funzione di Presidente di commissione per l’esame di Stato conclusivo del primo ciclo di istruzione.

In alternativa alle sopra riportate dichiarazioni, si deve dichiarare di poter concludere le operazioni di svolgimento dell’esame di Stato di I grado, nella scuola di titolarità e/o di reggenza, prima dell’avvio delle procedure relative all’esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione.

LA PROTESTA

Le condizioni, previste dalla nota Miur, ha scatenato la protesta dei Presidi coinvolti, i quali le ritengono ingiuste e lesive del loro diritto di partecipazione agli esami conclusivi del secondo ciclo di istruzione.

L’ANP, come leggiamo sul sito dell’Associazione dei Presidi, ha diffidato il Miur per l’immediata rettifica delle disposizioni contenute nella nota e la conseguente eliminazione delle preclusioni introdotte per via amministrativa alla nomina del Dirigenti scolastici in servizio nel I ciclo a Presidenti di commissione II ciclo, non previste dalla normativa vigente.

Qui il modello di domanda

Collaboratori dei dirigenti: chiediamo il distacco e il riconoscimento economico per il nostro lavoro

da Orizzontescuola

Collaboratori dei dirigenti: chiediamo il distacco e il riconoscimento economico per il nostro lavoro

di redazione

comunicato ANCODIS –  L’Associazione Nazionale Collaboratori Dirigenti Scolastici (ANCODIS) prende atto della decisione dell’Associazione SOLO DIRIGENTI e del sindacato UDIR di protestare con un giorno di ferie per martedì 17 aprile 2018.

Con questa iniziativa i DS intendono far rilevare all’opinione pubblica “il malcontento di una categoria negli ultimi anni vessata, incompresa e con carichi di responsabilità eccessivi rispetto a stipendi decisamente non in linea, per essere eufemistici, con il carico di lavoro e con il resto della Pubblica Amministrazione”.

I promotori ritengono, inoltre, di realizzare una “forma di protesta civile, significativa e rumorosa, che sarà occasione per riflettere collettivamente e per mettere in risalto la situazione dei dirigenti scolastici dimenticati”.

Ricordiamo che già il 25 maggio 2017, una protesta dalle forme variegate (sciopero per alcuni/assemblee e ferie per altri) fece emergere questo malcontento della categoria che ANCODIS sostenne ritenendo pienamente fondate le ragioni che avevano portato a tale decisione.

I Collaboratori dei DS, non potendo non riconoscere le ragioni della protesta, dichiararono la solidarietà ed il sostegno ai presidi.

Oggi – nel confermare coerentemente quelle posizioni – ANCODIS non può esimersi dal fare rilevare la condizione di disagio dei Collaboratori che non hanno alcun riconoscimento giuridico né economico nonostante in ogni I.S. si caratterizzino per l’alto senso del servizio (senza limiti di tempo e di cari-chi di lavoro), per l’impegno quotidiano nella gestione e nell’organizzazione della scuola, per il ruolo di primi interlocutori per docenti, genitori ed alunni, per la funzione di mediazione nella ricerca di prime soluzioni nelle conflittualità tra alunni, docenti e famiglie (non dimenticando le aggressioni anche a loro danno).

Ribadiamo con assoluta fermezza e determinazione che il nostro lavoro è in gran parte LAVORO DI QUALITA’ e di SERVIZIO ma senza alcun riconoscimento giuridico.

ANCODIS, dunque, evidenzia con forza all’opinione pubblica che le scuole vengono gestite anche con il lavoro dei Collaboratori (si pensi alle numerose scuole in reggenza, ai plessi distaccati, alle attività extradidattiche, ai progetti, alle quotidiane emergenze, alla gestione delle procedure degli esami nei diversi ordini, alle sostituzioni dei DS impegnati in Esame di Stato).

Ed i nostri DS – impegnati nel riconoscimento delle loro legittime rivendicazioni – conoscono bene la fatica e l’impegno di chi li collabora lealmente, professionalmente e con competenza rendendo più efficiente l’organizzazione e la gestione delle Istituzioni Scolastiche loro affidate.

Noi Collaboratori dei DS vogliamo, quindi, ribadire due proposte che riteniamo necessarie nella scuola moderna:

  • il distaccamento dalle attività didattiche per un Collaboratore in tutte le scuole con il ripristino delle funzioni vicarie in caso di assenza del DS (ex vicepreside);
  • il riconoscimento giuridico nel quadro di una moderna progressione di carriera che tenga conto dei ruoli che ciascun collaboratore – nelle specifiche funzioni – assolve.

Vogliamo ricordare quanto scritto nel nostro documento costitutivo: “Pensiamo di essere sulla strada giusta, consapevoli delle difficoltà, ma forti della certezza che siamo parte integrante a pieno titolo della comunità educante nelle nostre I.S. e protagonisti del buon funzionamento delle stesse. Desideriamo rivendicare il diritto all’esistenza riconosciuta per norma di legge, regolamentata nel prossimo CCNL, definita in una carriera di quadro intermedio – middle management – dichiarata necessaria da più parti ma nei fatti ancora oggi non incanalata in una discussione seria che guarda alla scuola del 2020”.

Chiediamo di aprire il dibattito ed il confronto su questi temi con i rappresentanti delle OO.SS., delle associazioni, delle Istituzioni, per affermare che nella scuola moderna è necessario un riconoscimen-to giuridico dei Collaboratori del DS che renda merito al servizio, alle esperienze ed alle competenze.

Pertanto, se il 17 aprile i DS saranno in ferie i Collaboratori dei DS iscritti ad ANCODIS non saranno in servizio.

E’ il momento di dire che abbiamo il diritto di ESISTERE. Con buona pace di tutti!

Rosolino Cicero, Presidente ANCODIS Palermo
Renato Marino, Presidente ANCODIS Siracusa
Silvia Zuffanelli, Presidente ANCODIS Firenze
Cristina Picchi, Presidente ANCODIS Pisa
Mara Degiorgis, Presidente ANCODIS Cuneo
Antonella D’Agostino, Presidente ANCODIS Catania
Carla Federica Spoleti, Presidente ANCODIS Roma

Mobilità 2018 scuola Infanzia: quali e quante domande, modelli e tempistica

da Orizzontescuola

Mobilità 2018 scuola Infanzia: quali e quante domande, modelli e tempistica

di Giovanna Onnis

Con la pubblicazione dell’Ordinanza ministeriale sulla mobilità 2018/19 sono state fornite precise indicazioni ai docenti di tutti gli ordini e gradi di istruzione in merito alle tipologie di domande che possono essere presentate e alla tempistica per inviarle, per un’eventuale revoca e per la pubblicazione dei movimenti.

Riteniamo utile riassumere in schede specifiche per ogni ordine e grado di istruzione, tutte le informazioni che riguardano i docenti titolari, distinguendo scuola dell’Infanzia, scuola Primaria, scuola Secondaria I grado e scuola Secondaria II grado e riservando specifica scheda agli insegnanti di sostegno.

Con il presente articolo vogliamo mettere in evidenza tutte le informazioni riguardanti i docenti titolari nella scuola dell’Infanzia

TERMINI PRESENTAZIONE DOMANDE

Gli insegnanti della scuola dell’Infanzia potranno presentare domanda di mobilità dal 3 aprile 2018 al 26 aprile 2018

DATE DA RICORDARE

Le successive operazioni e la pubblicazione dei movimenti per gli insegnanti della scuola dell’Infanzia, come indicato nell’art.2 comma 2 dell’OM, devono essere disposte con la seguente tempistica:

  • termine ultimo comunicazione al SIDI delle domande di mobilità e dei posti disponibili 11 maggio
  • pubblicazione dei movimenti 8 giugno

REVOCA DELLA DOMANDA E REGOLARIZZAZIONE DOCUMENTAZIONE ALLEGATA

È consentito regolarizzare la documentazione allegata alla domanda di mobilità o revocare la domanda stessa entro e non oltre il quinto giorno utile prima del termine ultimo, previsto nell’art. 2 dell’OM, per la comunicazione al SIDI dei posti disponibili.

Gli insegnanti della scuola dell’Infanzia, quindi, potranno effettuare ciò entro e non oltre il 6 maggio 2018

Le istanze inviate dopo tale data possono essere prese in considerazione solo per gravi motivi validamente documentati ed a condizione che pervengano entro il termine ultimo, previsto nell’art. 2 dell’OM, per la comunicazione al SIDI dei posti disponibili.

Per gli insegnanti della scuola dell’Infanzia, che si trovano nelle predette condizioni, il termine ultimo è, quindi, l’11 maggio 2018

Come chiarisce la nota 1) dell’OM , nella considerazione della data di inoltro, farà fede il protocollo della scuola alla quale è stata presentata l’istanza di revoca ovvero quello dell’ufficio ricevente o la ricevuta della pec

QUALI DOMANDE

I movimenti richiedibili possono rientrare nella mobilità territoriale (trasferimento sia provinciale che interprovinciale) e nella mobilità professionale (passaggio di ruolo sia provinciale che interprovinciale).

Gli insegnanti in possesso dei requisiti necessari possono, quindi, presentare contemporaneamente diverse domande utilizzando specifici moduli presenti nella piattaforma ministeriale Istanze online, dove dovranno essere compilate e inviate entro i termini previsti dall’ordinanza come abbiamo indicato.

Gli insegnanti della scuola dell’Infanzia potranno, quindi, presentare le seguenti domande:

DOMANDA DI TRASFERIMENTO

Il trasferimento può essere richiesto sia nella provincia di titolarità che in altre province utilizzando lo stesso modulo.

Il modello sarà disponibile su Istanze online a decorrere dal 3 aprile 2018, nella sezione riservata ai docenti della scuola dell’Infanzia

QUALE TIPOLOGIA DI TRASFERIMENTO

Il trasferimento, sia provinciale che interprovinciale, potrà essere richiesto per le seguenti tipologie di posto:

  • posto comune
  • posto sostegno

Il trasferimento su posti di sostegno può essere richiesto, chiaramente, solo dai docenti in possesso del titolo di specializzazione necessaria.

Il docente che intende chiedere ambedue le tipologie di posto (comune/sostegno) avrà la possibilità di indicare nella domanda a quale tipologia intende dare priorità, graduando l’ordine di preferenza nelle apposite caselle numerate del modello domanda.

Riportiamo a titolo esemplificativo come si presentano le caselle nel modulo domanda

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In caso di errata o dubbia compilazione di tale sezione (es. attribuzione dello stesso ordine preferenziale a diverse tipologie di posto, indicazione della casella ‘2’ senza aver contrassegnato la casella ‘1’, etc.), come chiarisce la nota 2) dell’art.24 del CCNI, il trasferimento sarà effettuato solo per la medesima tipologia di posto di attuale titolarità.

Se il docente che presenta domanda non contrassegna nessuna delle suindicate caselle, il trasferimento sarà disposto solo per la tipologia di posto di attuale titolarità.

Se, invece, come indicato nell’art.24 comma 7 del CCNI, il docente contrassegna due o più caselle il trasferimento è disposto con le seguenti modalità:

a) in caso di preferenza puntuale (singola scuola o singolo ambito) verranno progressivamente esaminate le varie tipologie di posto esistenti nella scuola o nell’ambito secondo l’ordine espresso dal docente;

b) in caso di preferenza sintetica “provincia” viene esaminata la prima tipologia di posto prescelta dall’aspirante nelle citate caselle, per tutti gli ambiti compresi nella singola preferenza sintetica espressa. Successivamente, con le medesime modalità, vengono esaminate le altre tipologie di posto, secondo l’ordine indicato dall’aspirante nelle predette caselle del modulo domanda

DOMANDA DI PASSAGGIO DI RUOLO

Il passaggio di ruolo può essere chiesto dai docenti che, al momento di presentazione della domanda, hanno superato il periodo di prova nel ruolo di appartenenza (scuola dell’Infanzia) e sono in possesso della specifica abilitazione per il passaggio al ruolo richiesto.

Il passaggio di ruolo può essere richiesto per un solo ruolo (scuola Primaria, Secondaria I grado e Secondaria II grado), anche per più province.

Nell’ambito del singolo ruolo, il passaggio può essere richiesto per più classi di concorso appartenenti allo stesso grado di scuola.

Gli insegnanti della scuola dell’Infanzia possono chiedere, quindi, il passaggio:

  • nel ruolo della scuola Primaria, purché in possesso del titolo di abilitazione all’insegnamento nelle scuole Primarie.

Come chiarisce la nota 1) dell’art.4 del CCNI, conservano valore di abilitazione all’insegnamento nella scuola primaria i titoli di studio conseguiti al termine dei corsi quadriennali e quinquennali sperimentali dell’istituto magistrale, entro l’anno scolastico 2001/2002, ai sensi del D.M. 10/3/1997 e del DPR del 15 marzo 2014

  • nel ruolo della scuola Secondaria I grado, purché in possesso dell’abilitazione per la classe di concorso o le classi di concorso richieste

Come chiarisce la nota 2) dell’art.4 del CCNI, le abilitazioni per classi di concorso di cui al previgente ordinamento confluite nelle classi di concorso previste dal DPR 19/16 e successive integrazioni e modifiche hanno comunque valore ai fini dei passaggi

  • nel ruolo dei docenti laureati della scuola Secondaria II grado, purché in possesso dell’abilitazione per la classe di concorso o le classi di concorso richieste.

Anche in questo caso vale il chiarimento della suindicata nota 2)

  • nel ruolo del personale educativo, se in possesso dello specifico titolo di accesso (idoneità o laurea in Scienze della formazione primaria – indirizzo scuola primaria o i titoli di studio conseguiti a termine dei corsi quadriennali e quinquennali magistrali sperimentali dell’istituto magistrale conseguiti entro l’anno scolastico 2001/2002, ai sensi del D.M. 10. 3. 1997, art. 2 commi 1 e 3
  • nel ruolo del personale insegnante tecnico-pratico nell’ambito della scuola Secondaria II grado, se in possesso del titolo di studio di accesso alla classe di concorso della tabella B del DPR 19/2016 e successive modifiche e integrazioni

Come chiarisce la nota 2bis) dell’art.4 del CCNI, i titoli di accesso per classi di concorso di cui al previgente ordinamento confluite nelle classi di concorso previste dal DPR 19/16 e successive integrazioni e modifiche tabella B hanno comunque valore ai fini dei passaggi

SU QUALI POSTI

Le disponibilità per le operazioni di mobilità territoriale e per quelle di mobilità professionale, come chiarisce l’art.8 del contratto sulla mobilità, sono determinate dalle effettive vacanze risultanti all’inizio dell’anno scolastico per il quale si effettuano i movimenti.

Sono disponibili:

  • i posti vacanti in seguito alla variazione dello stato giuridico del personale (es. dimissioni, collocamento a riposo, decadenza, etc.)
  • i posti vacanti in seguito a movimento in uscita
  • i posti disponibili dell’organico dell’autonomia comunicati a cura dell’ufficio territorialmente competente al sistema informativo nei termini fissati dalle apposite disposizioni ministeriali.

Dalle predette disponibilità vanno detratti i posti e le cattedre occupati dal personale rientrato nei ruoli di di provenienza e quelli necessari per la sistemazione dei docenti soprannumerari della provincia.

Non sono considerati disponibili:

  • i posti e le cattedre che si renderanno vacanti a seguito dei passaggi di ruolo in altro grado di scuola disposti in data successiva a quella dei rispettivi trasferimenti
  • le cattedre ed i posti la cui vacanza non sia stata trasmessa al sistema informativo entro i termini fissati dalle apposite disposizioni ministeriali

Ai fini dei trasferimenti e dei passaggi nella scuola dell’infanzia sono utilizzabili i posti dell’organico, i posti di sostegno, i posti di tipo speciale, i posti attivati presso le scuole ospedaliere, stabiliti per l’anno scolastico dal quale decorrono i movimenti medesimi.

I posti in organico nella scuola dell’infanzia (compresi quelli di tipo speciale e di sostegno e i posti delle scuole ospedaliere) sono richiedibili mediante l’indicazione del codice e della dizione in chiaro della scuola sede di organico. Questa scuola, come chiarisce la nota 1) dell’art 11 dell’OM, è individuabile nel B.U. delle scuole con la dicitura “Sede di organico-esprimibile dal personale docente

QUALI MODULI

L’insegnante di scuola dell’Infanzia che partecipa alla mobilità per il prossimo anno scolastico dovrà compilare il modulo domanda nel portale del MIUR Istanze online.

I moduli da compilare saranno diversi a seconda del movimento richiesto

Modulo per Trasferimento

Sarà reperibile nella sezione “Mobilità scuola dell’Infanzia”

Modulo per Passaggio di ruolo

Sarà reperibile nella sezione relativa al grado di istruzione richiesto

QUANTE DOMANDE

Possono essere presentate contemporaneamente più domande

Domanda di Trasferimento

È unica sia per movimento provinciale che interprovinciale, sia per posto comune che per sostegno

Domanda di Passaggio di ruolo

Il passaggio di ruolo può essere richiesto:

  • per un solo ruolo
  • per più province
  • per più classi di concorso appartenenti allo stesso ruolo

Si devono presentare tante domande quante sono le classi di concorso richieste.

In ogni domanda di passaggio di ruolo il docente deve indicare esplicitamente, per ciascuna classe di concorso, l’ordine di preferenza di una domanda rispetto alle altre.

ORDINE DI VALUTAZIONE DELLE DOMANDE

Il passaggio di ruolo prevale sul trasferimento.

Nel caso di presentazione di domanda di trasferimento e di passaggio di ruolo, infatti, il conseguimento del passaggio di ruolo rende inefficace la domanda di trasferimento o il trasferimento eventualmente già disposto.

In caso di più passaggi di ruolo (per diverse classi di concorso) si segue l’ordine di priorità indicato dal docente nelle singole domande

Mobilità scuola docenti 2018: vademecum compilazione domanda e modelli per dichiarazioni personali

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