RAPPORTO GIOVANI 2018

RAPPORTO GIOVANI 2018

I GIOVANI ITALIANI TRA VOGLIA DI PROTAGONISMO E DISILLUSIONE. IL 73,8% CREDE ANCORA NELL’IMPEGNO SOCIALE

In occasione della Giornata per l’Università Cattolica in uscita in tutte le librerie la V edizione dell’indagine curata dall’Istituto Toniolo

 

MILANO – In coincidenza con la Giornata dell’Università Cattolica è in uscita in tutte le librerie il Rapporto Giovani 2018 curato dall’Istituto Toniolo con il sostegno della Fondazione Cariplo e Intesa Sanpaolo.

La 94ª Giornata ha come titolo “Eredi e Innovatori. I giovani protagonisti della storia” e proprio dal RG2018 emerge come le nuove generazioni incarnino questo binomio, volendo da un lato vagliare criticamente e valorizzare il patrimonio ricevuto e desiderando dall’altro conquistare un ruolo da protagonisti. Ci sono certamente elementi di rassegnazione, disillusione e distacco, ma emerge l’energia con la quale il 73,8% degli intervistati ritiene che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona nella società. Essa si accompagna a quella maggioranza del 67,7% positivamente predisposta al cambiamento. Sotto la lente d’ingrandimento del RG2018 gli snodi principali della transizione alla vita adulta: il lavoro, l’autonomia e le scelte di vita a partire dalla scuola e dalla formazione. Il filo conduttore in questa edizione sono i valori, nella loro accezione più ampia: i valori in salute e quelli declinanti; i sistemi formativi e di orientamento; l’importanza delle soft skills; la domanda di rappresentanza e orientamento politico; la vita nella rete e i disvalori dell’hate speech; l’immigrazione e multiculturalismo; la coppia e la genitorialità; la fede e i valori religiosi.

Il tema dell’immigrazione fornisce significativi elementi per comprendere come gli under 35 si relazionino con le dinamiche sociali del nostro Paese. Oltre il 70% dei giovani intervistati ritiene che l’atteggiamento generale degli italiani nei confronti degli immigrati sia prevalentemente diffidente e ostile (Fig. 1)Nel confronto con la rilevazione del 2015 il dato si impenna: in quell’anno, infatti, la stessa percezione riguardava il 57%. È interessante anche notare come la gran parte dei rispondenti esprima comunque una opinione e come solo il 4,9% se ne astenga. Inoltre, in condizioni di scarsità di lavoro di cui soffrono soprattutto le nuove generazioni, i giovani tendono ad assumere un atteggiamento protezionistico: la maggioranza (soprattutto nelle classi sociali più deboli) ritiene che l’immigrazione dovrebbe essere gestita in modo da non entrare in competizione con le condizioni di lavoro di chi già è in Italia. In particolare, più del 60% ritiene che i datori di lavoro dovrebbero prendere in considerazione l’offerta di lavoro degli italiani prima di valutare quella degli immigrati (62,6%), a fronte del 37,4% che si dichiara in disaccordo con questa affermazione. Il timore della concorrenza lavorativa degli immigrati non risulta comunque più forte rispetto al prolungamento della permanenza dei lavoratori più anziani e alla crescente automazione nei processi produttivi. Esiste quindi una preoccupazione generale sull’impatto dei cambiamenti demografici, sociali e tecnologici rispetto alle opportunità di lavoro, che spinge i giovani con capitale umano più debole verso posizioni difensive. Inoltre, se si considera l’atteggiamento verso gli stranieri regolari presenti in Italia, si ottiene una valutazione largamente positiva (solo uno su tre pensa che la loro presenza peggiori la sicurezza e l’economia del paese).

La “vita nella rete” è un altro grande tema indagato dal Rapporto (Fig. 3). I giovani sono sempre connessi, ma in maniera autonoma e attenta, e con una chiara tendenza a rifiutare ogni forma di violenza e di odio. In particolare, rispetto alle cause del fenomeno hate speech, gli intervistati ritengono che l’odio in rete sia collegato, in qualche modo, alle tensioni che circolano all’interno della società. Lo afferma, infatti, (somma delle modalità «Molto d’accordo» e «Abbastanza d’accordo») il 61,2%. Le percentuali di accordo significativo sul fatto che esprimere l’odio in rete possa essere considerata una forma socialmente accettabile in cui incanalare l’espressione dell’odio e del risentimento sono molto basse (12,2%). Le percentuali si alzano lievemente quando si tratta di prendere posizione sul fatto che esprimere online atteggiamenti negativi verso l’altro possa in un certo senso sublimare la violenza sottraendola alla vita reale. Sono infatti d’accordo con questa affermazione il 19,9% dei giovani italiani. Questo non significa, però, che l’hate speech sarebbe, alla fine, «solo parole», quindi un fenomeno di cui non preoccuparsi affatto. Che si tratti di mero flatus vocis lo pensa solamente il 16,1% dei giovani italiani

Dal RG2018 emerge, inoltre, la visione complessa e disomogenea dei giovani nei confronti della politica. Coloro che hanno espresso una vicinanza alta e convinta per almeno un partito sono il 35,1% del totale. Quelli che non si sentono così vicini ma esprimono un interesse potenziale per una forza politica sono il 24,2%. Mentre i disaffezionati, ovvero coloro che si sentono lontani da tutta l’offerta in campo sono il 40,7%. Nonostante l’attuale quadro poco incoraggiante, il 73,8 percento degli intervistati si dichiara convinto che sia ancora possibile impegnarsi in prima persona per cercare di far funzionare meglio le cose in Italia.

Il Rapporto mette anche a confronto i giovani italiani e i coetanei europei nel quadro delle aspirazioni professionali e come ritengano di poterle realizzare (fig. 4): sono i tedeschi (39,6%) e gli spagnoli (36,7%) a esprimere maggiori certezze su ciò che intendono realizzare nel loro futuro professionale, mentre si dichiarano certi del loro destino il 31,3% dei britannici, il 28,8% dei francesi e meno di 1 italiano su 4 (22,5%). Viceversa, i nostri giovani spiccano (40,7%) insieme a spagnoli (35,3%) e francesi (33,6%) tra quelli che dichiarano di avere sì delle aspirazioni professionali definite, ma non sanno se riusciranno a realizzarle. La compagine degli «indecisi tra alternative possibili», decisamente più ridotta, vede al primo posto gli inglesi (16,8%). Più preoccupante è il caso dei giovani disorientati, quelli che non hanno alcuna idea rispetto a un possibile percorso professionale o che non ci vogliono nemmeno pensare, che rappresentano insieme una quota consistente degli intervistati italiani (26,8%), francesi (25,4%) e britannici (23,4%).

Un altro aspetto che emerge dall’indagine è il modo con cui i giovani si pongono di fronte all’esperienza religiosa e alla trascendenza, che sta subendo profonde trasformazioni. Viene rivelata, infatti, una sensibilità religiosa non spenta, ma attutita. Si è di fronte a un «fai da te» in cui prevale la ricerca di benessere e armonia interiore. L’oggettività di un’esperienza religiosa, che fa i conti con regole, gerarchie e riti viene rifiutata. Alla domanda «Lei crede a qualche tipo di religione o credo filosofico?», le risposte si raccolgono attorno a due opzioni: quella della religione cattolica (52,7%) e quella di chi dichiara di non credere a nessuna religione (23%) (Tab. 1). Anche la frequenza ai riti conferma la distanza dei giovani dall’esperienza religiosa: coloro che dichiarano di frequentare la Chiesa una volta a settimana sono l’11,7%. Il 53,8% è costituito da frequentatori occasionali: il 20,2% partecipa a una funzione religiosa qualche volta l’anno oppure in particolari circostanze. Il 25,1% non partecipa mai.


Bullismo, Fedeli: “Linea rigorosa nelle sanzioni”

(Giovedì, 19 aprile 2018) “Minacce e offese a docenti da parte di studenti sono inaccettabili ed è necessaria una linea rigorosa nelle sanzioni. Chi infrange le regole, chi ricorre alla violenza verbale o fisica nei confronti di professoresse e professori va sanzionato secondo le norme vigenti, che prevedono la sospensione dalle lezioni per periodi di tempo diversi a seconda della gravità delle azioni compiute e, nei casi più gravi, anche la non ammissione allo scrutinio finale”. Così la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Valeria Fedeli, in merito ai video diffusi in rete in cui si vedono studenti che minacciano e aggrediscono verbalmente i propri docenti.

“Di fronte a immagini come quelle che ci arrivano da Lucca o da Velletri bisogna reagire con fermezza. Applicando le norme esistenti anche nei confronti di chi riprende con smartphone e diffonde simili video per ironizzare e umiliare il proprio professore”, aggiunge la Ministra Fedeli. Che sottolinea: “I docenti non devono subire simili episodi di violenza, e vanno sostenuti non solo dalle loro colleghe e dai loro colleghi e dalle e dai loro dirigenti, ma dall’insieme della società. La figura del docente deve essere adeguatamente riconosciuta, rispettata, valorizzata. Già nei giorni scorsi, consegnando all’insegnante di italiano e storia Franca Di Blasio un’onorificenza come Cavaliere dell’Ordine ‘Al Merito della Repubblica Italiana’, avevo lanciato un appello alle famiglie e alla società tutta. Un appello al rispetto come valore centrale per la scuola e per l’intero Paese, perché non rispettare chi è incaricato di formare le nuove generazioni, non riconoscere il loro valore, la loro funzione educativa, significa non rispettare le nostre ragazze e i nostri ragazzi. Un appello che torno a rivolgere anche e soprattutto ai genitori, perché sappiamo bene che l’autorevolezza dell’insegnante si intreccia in modo stretto, agli occhi delle ragazze e dei ragazzi, con quella dei genitori”.

La Ministra Fedeli ricorda anche le iniziative messe in campo negli ultimi mesi dal MIUR per sostenere concretamente l’azione di cambiamento sociale e culturale necessario, fondato sul dialogo e sul rispetto. “Abbiamo lanciato lo scorso ottobre il Piano nazionale per l’educazione al rispetto, sottolineando la centralità delle relazioni umane e civili nella scuola come fattore centrale per la complessiva qualità di questa istituzione e per il futuro dell’intero Paese. E abbiamo rilanciato il Patto di corresponsabilità educativa tra scuola e famiglie, perché la centralità e il valore della comunità educante non vanno soltanto enunciati ma fatti vivere ogni giorno, concretamente”.

Conclude la Ministra: “Ripartire dal rispetto e dalla fondamentale importanza della figura dei docenti, mai minimizzare e anzi subito denunciare episodi di violenza verbale o fisica, linea rigorosa nelle sanzioni: ecco la strada da seguire affinché non si debba più assistere a immagini come quelle che ci sono giunte da Lucca e da Velletri”.

Come ti picchio il prof!

Come ti picchio il prof!

di Maurizio Tiriticco

Chiara Saraceno interviene (vedi “la Repubblica” di oggi) con un articolo intitolato “I prof umiliati e il rispetto da insegnare”, sulla recente vicenda dell’alunno dell’Itc “Carrarà” di Lucca, che ingiunge all’insegnante di assegnargli un sei, di inginocchiarsi e non so di che cos’altro! L’analisi è attenta e puntuale – l’autrice è una nota sociologa – e non ho altro da aggiungere, se non da segnalare un passaggio che mi sembra particolarmente significativo. L’accaduto “appare un esempio eclatante di quella zona di guerra che troppo spesso sembrano diventati la scuola e il rapporto tra insegnanti, alunni e genitori, dove gli insegnanti appaiono sempre più delegittimati, privati da qualsiasi autorevolezza”.

Zona di guerra, appunto! Ma perché? Perché siamo giunti a tanto? Certamente si tratta di un episodio particolare, reso noto grazie a un cellulare e al web, ma, mi chiedo: quanti episodi di intolleranza, di mancanza di rispetto per l’“altro”, per un professionista che attende al suo lavoro, si verificano nelle nostre scuole e che non fanno notizia? Per non dire poi dell’insegnante picchiato dal genitore! E di chissà quanti altri episodi simili che non giungono all’attenzione del cronista.

La Saraceno conclude il suo intervento così: “Punire gli atteggiamenti violenti  e non consentire la mancanza di rispetto è doveroso e necessario. Ma non elimina la questione del come educare al rispetto, all’attenzione, anche alla passione per l’apprendimento e al superamento dei fallimenti, a scuola e in famiglia”. La passione per l’apprendimento! In effetti, non penso che sia una divisa che connota un alunno, di ieri, di oggi e di domani! La passione per l’apprendimento – parlo di quello scolastico – è cosa rara! A volte riguarda il secchione! Altre volte un alunno che è veramente curioso, interessato, appassionato. Ma in effetti la “voglia di studiare” non è e non è mai stata una merce molto diffusa.

Il che significa che occorre andare oltre l’episodio, anzi oltre la frequenza di episodi simili, che spesso non giungono all’attenzione della cronaca, ma… c’è da chiedersi: la scuola, oggi, la nostra scuola in particolare, è un valore? Una volta lo era certamente! E, quando insegnavo, quanti genitori, nei rituali colloqui con le famiglie, mi esortavano a dare uno scappellotto al figlio, quando mostravo loro la sequenza delle insufficienze annotate sul registro cartaceo di allora! “Studia – era un’esortazione frequente ai figli – perché senza quel ‘pezzo di carta’ – il diploma – che farai nella vita?

Altri tempi, ovviamente! Oggi il pezzo di carta non è più ambìto! Anche perché, più o meno, ce l’hanno tutti! E anche le lauree! Quelle triennali, poi, non sono così faticose da conseguire, ma… Ecco le ragioni del “ma”! Da una lato l’inflazione dei titoli di studio, dall’altro la concreta difficoltà di – come si suol dire – trovare lavoro! E penso anche al lavoro qualificato che sembra una merce sempre più rara! Quanti giovani laureati oggi corrono in bicicletta per la città a portar pizze per pochi spiccioli!? E il sindacato dov’è? Chiederà qualcuno! Sono ormai passati gli anni dei grandi scioperi di braccianti e operai! I tempi di Di Vittorio, grande dirigente di una Cgil, che ancora non si era frammentata nei tre spezzoni attuali, Cgil, Cisl e Uil!

Sono tempi diversi! Non ci sono più i partiti, quelli che una volta rappresentavano, ciascuno, gli interessi di una parte, appunto, della popolazione. Ormai i voti degli italiani affluiscono ai “non partiti” di oggi non più sulla base di interessi economici, ma di “simpatie”, se si può usare questo vocabolo! Per cui l’operaio può votare indifferentemente per l’una o per l’atra parte sulla base di motivazioni “altre” rispetto a quelle del secolo che ci ha lasciati!

In questo rimescolamento di funzioni e di ruoli, ci chiediamo: chi è l’alunno oggi? Chi è l’insegnante oggi? Persone forse senza etichetta, senza un riconoscimento sociale! Io scrivo, ma in questo preciso momento lo studente di turno starà beffeggiando il prof altrettanto di turno! Mah! E’ il gran pentolone di una scuola che meriterebbe altre Indicazioni, altre Sollecitazioni, altri Governi, altri Ministri in primo luogo! Però, la scuola può attendere! Speriamo che non faccia la fine del Titanic!

CONTRATTO, FIRMA CON RISERVA

CONTRATTO, GILDA FIRMA CON RISERVA: “ATTO DOVUTO PER TUTELARE CATEGORIA” 
“Pur mantenendo tutte le riserve già espresse in occasione della pre-intesa siglata dagli altri sindacati all’Aran il 9 febbraio scorso, abbiamo deciso di sottoscrivere il CCNL per poter continuare a rappresentare il personale della scuola nelle contrattazioni integrative e nelle importanti sequenze contrattuali previste dallo stesso contratto”. A dichiararlo è Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Federazione Gilda-Unams, al termine della riunione degli organi statutari che si è svolta questa mattina a Roma in vista della convocazione  all’Aran. La firma “tecnica” da parte della FGU, accompagnata da una nota critica a verbale, è avvenuta nel pomeriggio. 
“Confermiamo il nostro voto di insufficienza al contratto – sottolinea Di Meglio – e ribadiamo che le risorse stanziate per gli aumenti sono palesemente inadeguate a garantire il recupero del potere di acquisto delle retribuzioni rimaste bloccate per 9 anni. In quanto a stipendi, inoltre, il personale scolastico è discriminato anche nell’ambito del nuovo comparto, che dunque risulta unificato soltanto sulla carta”.
“Nonostante ciò, la Federazione Gilda-Unams non ha potuto sottrarsi alla sottoscrizione del contratto a causa dell’articolo 22 in base al quale – spiega il coordinatore nazionale della FGU – i sindacati che decidono di non firmare sono esclusi da tutti i livelli di contrattazione, perdendo così una parte delle proprie prerogative. Si tratta di una norma di carattere estorsivo, in palese contrasto con quanto sancito dalla Corte Costituzionale nella sentenza 231 del 2013 riguardo la vertenza tra Fiom Cgil e Fiat. Ci impegneremo con ogni mezzo e percorreremo ogni strada utile affinché la Consulta si esprima anche per i contratti del pubblico impiego e questa norma iniqua venga cancellata dal nostro ordinamento”.
“Contro questa disposizione, la Confederazione Generale Sindacale (CGS), di cui fa parte la Federazione Gilda-Unams, – conclude Di Meglio – ha già presentato un reclamo al Comitato dei diritti sociali del Consiglio d’Europa”.

Comparto Istruzione e Ricerca: firmato definitivamente il contratto

Roma 19 aprile – Finalmente, dopo 8 anni, il CCNL ritorna ad essere centrale nella regolamentazione delle relazioni sindacali e dei rapporti di lavoro.

Vengono superati gli aspetti più invasivi e deleteri della “legge Brunetta” e della legge 107. Attraverso la contrattazione nei luoghi di lavoro sarà stabilito l’utilizzo di tutte le risorse del salario accessorio, ivi comprese le risorse destinate alla valorizzazione professionale come ad esempio il bonus, riconoscendo così pienamente la disciplina per via negoziale del rapporto di lavoro nei suoi aspetti retributivi.

Questo contratto riporta alla normalità modi e tempi delle relazioni sindacali; ora si dovrà dar seguito, in tempi brevi, alle sequenze contrattuali sui problemi rimasti aperti riguardanti l’ordinamento professionale, i sistemi di classificazione professionale, le carriere, i profili ATA, le sanzioni disciplinari dei docenti.

Ma soprattutto andrà avviata a breve la trattativa del nuovo Contratto 2019-21 per il quale la FLC CGIL, Cisl FSUR e Uil Scuola Rua chiederanno da subito al futuro governo di stanziare le risorse necessarie a partire dalla prossima legge di bilancio.

Questo contratto rappresenta un passo importante, fondamentale, per ridare certezze e dignità a più di un milione di lavoratrici e lavoratori che operano nelle scuole, nelle università, negli enti di ricerca e nell’AFAM che, al pari degli altri lavoratori pubblici, sono stati ingiustamente penalizzati in questi anni.

Si consegna alle Rappresentanze Sindacali Unitarie, le cui elezioni si stanno svolgendo proprio in queste ore, l’opportunità di un forte protagonismo nella contrattazione.

Adesso le amministrazioni procedano subito alla liquidazione degli arretrati e all’adeguamento degli stipendi attesi da oltre 1,2 milione di lavoratori.

Noi proseguiremo la nostra azione puntando sul protagonismo delle lavoratrici e dei lavoratori e sulle RSU che coinvolgeremo in ogni passaggio dell’attuazione delle sequenze contrattuali e sulla piattaforma del CCNL 2019-2021.

SCIOPERO DELLA FAME

SCIOPERO DELLA FAME
DAL PROSSIMO 28 APRILE IL COORDINAMENTO DIPLOMATI MAGISTRALI
ABILITATI IN SCIOPERO DELLA FAME E IN PRESIDIO PERMANENTE DAVANTI AL
MINISTERO DELLA PUBBLICA ISTRUZIONE.
Le maestre e i maestri diplomati magistrali che da anni prestano servizio nella
Scuola Italiana con impegno e dedizione annunciano che dal prossimo 28 aprile
inizierà lo sciopero della fame e un presidio permanente dinnanzi al Ministero
della Pubblica Istruzione Università e Ricerca.
Il Diploma Magistrale conseguito prima del 2002 era ed è abilitante all’insegnamento
ex -legge, per cui gli insegnanti con tale titolo avevano ed hanno diritto all’inserimento
nelle Graduatorie ad Esaurimento (ex Permanenti), in quanto in esse sono iscritti i
docenti in possesso di abilitazione. Tali Graduatorie sono utilizzate per l’assunzione in
ruolo, nel limite del 50% dei posti conferibili e annualmente autorizzati, oltre che
per l’attribuzione dei contratti a tempo determinato.
A fronte di questo scenario, inaspettatamente, il CdS in Adunanza Plenaria,
rovesciando l’orientamento giuridico che si pensava ormai consolidato, sconfessa
se stesso ed emette una sentenza illogica quanto nefasta, respingendo
un ricorso identico a quelli finora passati in giudicato, adducendo come motivazione
la tardiva impugnazione dell’atto lesivo del diritto dei Diplomati a
stare nelle GaE. Motivazione che lo stesso CdS, con una sentenza del 2015, aveva
già confutato e superato. Il Consiglio di Stato dunque prende una decisione
gravissima, che colpisce decine di migliaia di lavoratrici e lavoratori della
Scuola Italiana con anni di precariato alle spalle e apre la strada a quello che si
prospetta essere il più grande licenziamento di massa dal dopoguerra ad oggi
a firma di un Governo: il licenziamento di migliaia di Diplomati Magistrali
Abilitati!
I maestri e le maestre da subito hanno richiesto una risoluzione alla politica tramite
un provvedimento d’urgenza che ne salvaguardasse i diritti e riconoscesse loro il
merito di aver svolto per anni il loro lavoro, come si evince dalla petizione:
https://www.petizioni24.com/richiesta_di_un_decreto_legge_durgenza_per_gli_insegnanti_con_diploma_magistrale
Ad oggi nessuna risposta e nessun provvedimento è giunto, motivo per il quale dal
prossimo 28 aprile in via permanente i docenti in possesso di questo titolo saranno
in sciopero della fame.

Mense scolastiche, perchè è anticoncorrenziale la richiesta del centro di cottura prima dell’aggiudicazione

da Il Sole 24 Ore

Mense scolastiche, perchè è anticoncorrenziale la richiesta del centro di cottura prima dell’aggiudicazione

di Amedeo Di filippo

È illegittimo il bando per l’appalto del servizio di refezione scolastica che richiede, ai fini dell’ammissione, la disponibilità di un centro cottura nel territorio comunale, in quanto questa disponibilità è un requisito di esecuzione del contratto e non di partecipazione alla gara. Lo afferma il Tar Campania con la sentenza 2083/2018 (si veda anche Scuola24 del 12 aprile).

Il caso
Nell’ambito di una procedura di gara per l’affidamento del servizio di refezione scolastica, l’impresa ricorrente è stata esclusa per aver dichiarato di essere titolare di un centro cottura che però era stato dichiarato inagibile. È, quindi, ricorsa perché la disponibilità del centro cottura sarebbe requisito di esecuzione ma non di partecipazione.
Il Tar campano ha avallato la tesi del ricorrente e accolto il ricorso, in quanto il possesso di un centro cottura è elemento materialmente necessario per l’esecuzione del servizio di mensa scolastica, legittimamente esigibile verso il concorrente aggiudicatario definitivo come condizione per la stipulazione del contratto, perché è in quel momento che matura per l’amministrazione l’interesse a che il contraente abbia a disposizione la struttura per assicurare il servizio. Diversamente ragionando, evidenziano i giudici, si finirebbe per avallare una ingiustificata restrizione della concorrenza, oltre che la violazione del principio di non discriminazione e di parità di trattamento, perché si imporrebbe a tutti i concorrenti di procurarsi prima dell’aggiudicazione definitiva un centro di cottura, così sostenendo gli investimenti in vista di una solo possibile ma non certa acquisizione della commessa.

L’iniquo vantaggio
Richiedere l’effettiva disponibilità di un centro di cottura nel territorio comunale sin dalla data di presentazione della domanda, senza consentire all’impresa di organizzarsi all’esito della vittoriosa partecipazione, equivale a riservare la gara stessa alle sole imprese che già operano nel territorio, in palese violazione delle disposizioni comunitarie. Così producendo un iniquo vantaggio agli operatori economici già operanti sul territorio e determinando, a causa della richiesta capacità organizzativa aggiuntiva per l’impresa, un elemento di distorsione dei costi del partecipante alla procedura di gara. Prima dell’aggiudicazione, considerata l’alea della gara, è in realtà sufficiente secondo il Tar Campania che vi sia una formale dichiarazione di impegno del concorrente a procurarsi tempestivamente un centro cottura, sulla cui base la stazione appaltante potrà poi pretendere che sia acquisita la disponibilità effettiva ai fini della stipula e della successiva esecuzione del contratto d’appalto.

Contratto prof, via libera della Corte dei conti: aumenti da 81 a 111 euro

da Corriere della sera

Contratto prof, via libera della Corte dei conti: aumenti da 81 a 111 euro

Era stato siglato il 9 febbraio scorso, ma il mancato visto dell’organo giudiziario aveva bloccato gli aumenti, che vanno da 81 a 111 euro. La ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli: «Regole certe per la continuità didattica»

Con il via libera della Corte dei Conti, dopo che sul testo sottoscritto il 9 febbraio era stato dato l’ok da parte del Consiglio dei Ministri, arriva finalmente al traguardo il nuovo contratto della scuola per 1,2 milioni di dipendenti: per la firma definitiva i sindacati sono stati convocati per giovedì prossimo all’Aran, l’Agenzia per il pubblico impiego. A firmare saranno Cgil, Cisl e Uil. Lo Snals, con il segretario generale Elvira Serafini, ha fatto sapere che non è intenzione del sindacato dare il proprio assenso ad un rinnovo contrattuale che, del resto, non ha avuto neppure il loro assenso in occasione della pre-intesa. La Gilda, guidata da Rino Di Meglio, deciderà giovedì mattina il da farsi. «L’entrata in vigore di questo contratto ci consente di avviare un percorso significativo di valorizzazione delle professionalità che lavorano nei nostri settori- spiega la ministra dell’Istruzione Valeria Fedeli- di offrire migliori condizioni alle dipendenti e ai dipendenti, di continuare a mettere al centro anche le nostre ragazze e i nostri ragazzi, fine ultimo di ogni nostra azione, con regole certe per la continuità didattica». Soddisfatti i sindacati. «Aver firmato il contratto – sottolinea Maddalena Gissi, Cisl – si conferma la scelta giusta, un concreto punto fermo in una situazione di grande incertezza politica. Chiunque abbia un minimo di buon senso lo capisce, anzi lo ha capito da subito, con buona pace dei tanti demagoghi in servizio permanente effettivo capaci solo di diffondere strumentali allarmismi. Questo contratto non ha tolto nessuna tutela, ne ha rafforzato qualcuna, ha ridato spazio alla contrattazione, a tutti i livelli. In questi giorni si vota per rinnovare le RSU, grazie al contratto abbiamo dato più senso e più valore a questo grande evento di partecipazione e democrazia». Pino Turi, Uil, rimarca: «Il testo firmato a febbraio diventa pienamente efficace. Buona notizia nel primo giorno di elezioni Rsu. Ora gli aumenti nelle tasche delle persone», chiede, facendo notare che i tempi dell’attesa (70 giorni) sono stati «inaccettabili». Per la Flc Cgil, «questo contratto non è un punto di approdo ma una ripartenza, visto che andrà in scadenza il 31 dicembre 2018 e che il prossimo governo dovrà stanziare nella legge di bilancio le risorse per il triennio 2019-2021».

Cosa prevede

La parte economica del rinnovo era infatti quella più attesa. Gli aumenti salariali previsti vanno da un minimo di 80,40 a un massimo di 110,70 euro, e non ci sarà nessun aumento dell’orario di servizio. Pienamente salvaguardato per le fasce retributive più basse il bonus fiscale di 80 euro. Per quanto riguarda la quota merito, 100 milioni saranno utilizzati «a pioggia» negli aumenti contrattuali. La restante parte (altri 100 milioni) sarà contrattata nelle singole scuole. Sulla mobilità, solo chi ottiene la titolarità di scuola a domanda volontaria non può cambiare per tre anni. Nessun blocco per chi ottiene la titolarità su ambito o si muove perché perde il posto. La mansione di tutor nell’alternanza scuola-lavoro sarà obbligatoria ma “incentivata”, ossia pagata, a parte. La formazione degli insegnanti prevede 500 euro di bonus per l’acquisto di computer, tablet e corsi di formazione. La formazione in servizio diventa obbligatoria, ma sarà il Collegio a stabilire il monte ore complessivo annuale. Consigli di classe, collegi dei docenti, ricevimenti dei genitori passano da 40 ore più 40 ore a 80 complessive. I fondi del merito non saranno più distribuiti dai dirigenti scolastici ma saranno in parte contrattati a livello di istituzione scolastica e in parte andranno a finire nello stipe

Cosa non prevede

Non entrano invece per ora nel contratto alcune regole che riguardano i comportamenti dei docenti a scuola. Dopo gli scandali delle molestie ripetute denunciate in alcune scuole la proposta di licenziare i prof che tengono comportamenti ‘non opportuni’ verrà attuata, ma in una seconda fase della contrattazione. Anche le sanzioni disciplinari sono state rinviate ad una successiva sequenza contrattuale.

Dispersione scolastica, Fedeli: scesa al 13,8%, ma resta “il problema della scuola italiana”

da Orizzontescuola

Dispersione scolastica, Fedeli: scesa al 13,8%, ma resta “il problema della scuola italiana”

di redazione

Il Ministro Fedeli, alla presentazione del WeWorld Index 2018, è intervenuto sul fenomeno della dispersione scolastica che, in dieci anni, è diminuita passando dal 20,8% al 13,8%.

Nonostante il fenomeno sia diminuito, prosegue la Fedeli, resta il problema della scuola italiana, che presenta delle differenze di carattere territoriale e di genere. Infatti, il fenomeno riguarda soprattutto i maschi, più esposti rispetto alle studentesse.

Il Ministro, riferisce l’Ansa, sostiene che ”agire sulla dispersione scolastica, sull’insuccesso formativo e sulla povertà educativa richiede un intervento condiviso e strutturato che incida sulle cause originarie del disagio giovanile. Combattere la povertà educativa è la base per combattere le altre povertà: da lì partono le disuguaglianze, così come le opportunità”.

La Fedeli, infine, evidenzia il legame tra dispersione scolastica e altri fenomeni economici e sociali: “l’abbandono e la dispersione scolastici hanno conseguenze negative, certamente, sulle vite dei singoli, ma arrecano danno complessivo alla società, comportano una perdita economica per l’intero Paese in termini di Pil, minano la coesione territoriale e sociale’‘.

L’Italia, conclude la Fedeli, aderendo alle priorità dell’agenda Onu 2030 si proposta di abbattere il fenomeno a meno del 10%.

Valutazione dirigenti scolastici: esiti non influiranno sulla retribuzione

da Orizzontescuola

Valutazione dirigenti scolastici: esiti non influiranno sulla retribuzione, interlocuzioni con il Nev e modifica “anagrafe professionale”
di redazione

Il 16 aprile ultimo scorso, il Miur ha illustrato ai sindacati la “nota esplicativa 3”, relativa alla valutazione dei dirigenti scolastici.

L’Amministrazione, nello specifico, ha informato i sindacati sui seguenti aspetti:

  • legame tra Valutazione e Retribuzione;
  • rapporto tra Dirigente e Nucleo di Valutazione;
  • portfolio;
  • sezione anagrafe professionale del portfolio.

VALUTAZIONE E RETRIBUZIONE

Anche per il corrente anno scolastico, come riferito dai sindacati, la retribuzione di risultato dei dirigenti non sarà legata alla valutazione, secondo quanto previsto dalla legge n. 107/15 e dalla successiva direttiva Miur n. 36/2016, come già anticipato dalla nostra redazione.

INTERLOCUZIONE DIRIGENTE E NUCLEO DI VALUTAZIONE

Nell’ambito del processo di valutazione, il dirigente scolastico presenterà al Nucleo di Valutazione le azioni professionali realizzate.

L’interlocuzione, ossia la presentazione delle succitate azioni, avverrà in presenza.

PORTFOLIO

La compilazione del portfolio avverrà online, a partire dal 20 aprile, e le varie aree potranno essere aggiornate nel corso dell’anno scolastico, in quanto rimarranno aperte.

La sezione “Anagrafe Professionale” è stata oggetto di alcune modifiche, di seguito riportate:

  • le dimensioni professionali elencate nella sezione, riguardanti l’autovalutazione, sono le stesse per le quali il dirigente scolastico indicherà le azioni professionali;
  • il numero delle azioni da documentare va da un minimo di quattro a un massimo di otto;
  • le “aree di processo” sono state eliminate;
  • i condizionamenti di contesto, che il dirigente può elencare e comunicare al nucleo, avranno un maggior peso;
  • il numero dei documenti, che il dirigente scolastico deve caricare a sistema, è stato ridotto.

Terminato il processo valutativo, sarà restituito un feedback che indicherà punti di forza e di possibile miglioramento dell’azione dirigenziale.

 

Personale ATA, aumenti e arretrati da maggio. Le info utili

da La Tecnica della Scuola

Personale ATA, aumenti e arretrati da maggio. Le info utili

Il 9 maggio 59mila studenti in “Corsa contro la fame”

da La Tecnica della Scuola

Il 9 maggio 59mila studenti in “Corsa contro la fame”

Pubblicato focus su alunni con DSA: sono quasi 255mila, la dislessia il disturbo più diffuso

da Tuttoscuola

Pubblicato focus su alunni con DSA: sono quasi 255mila, la dislessia il disturbo più diffuso

Sono complessivamente 254.614 le alunne e gli alunni delle scuole italiane di ogni ordine e grado con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA), pari al 2,9% del totale della popolazione studentesca dell’anno scolastico 2016-2017.

È quanto emerge dalla pubblicazione dedicata agli “Alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento (DSA) nell’a.s. 2016/2017”, pubblicata sul sito del MIUR e curata dall’Ufficio Statistica e Studi.

La percentuale più alta di alunne e alunni con DSA si trova nella scuola secondaria di I grado: sono il 5,40% dei frequentanti, contro il 4,03% della secondaria di II grado e l’1,95% della primaria. Le scuole dell’infanzia hanno trasmesso dati riguardo a casi sospetti di disturbi specifici dell’apprendimento: si tratta di un numero esiguo, 774 bambine e bambini nel 2016/2017, pari allo 0,05% del totale dei frequentanti.

A livello territoriale, le alunne e gli alunni con disturbi specifici dell’apprendimento sono maggiormente presenti nelle regioni del Nord-Ovest (4,5% sul totale della popolazione studentesca), seguite dalle regioni del Centro (3,5%), del Nord-Est (3,3%) e del Sud (1,4%). I valori più elevati si rintracciano in Liguria (4,9%), Valle d’Aosta (4,8%), Piemonte e Lombardia (entrambe 4,5%). Le percentuali più basse, invece, si rilevano in Sicilia (1,1%), Campania (0,9%) e Calabria (0,7%).

Il disturbo mediamente più diffuso è la dislessia (42,5% delle certificazioni), anche se più disturbi possono coesistere in una stessa persona. Seguono le certificazioni per la disortografia (20,8%), quelle per la discalculia (19,3%) e quelle per la disgrafia (17,4%).

Dal 2010-2011 al 2016-2017 si osserva, infine, una notevole crescita delle certificazioni di DSA dovuta all’introduzione della legge 170 del 2010 grazie alla quale la scuola ha assunto un ruolo di maggiore responsabilità nei confronti delle alunne e degli alunni con questi disturbi, con più formazione per il corpo docente e una sempre maggiore individuazione dei casi sospetti.

Contratto Scuola: via libera alla Corte dei Conti, 19 aprile stipula definitiva all’Aran

da Tuttoscuola

Contratto Scuola: via libera alla Corte dei Conti, 19 aprile stipula definitiva all’Aran

Il Ministero dell’Istruzione ha reso noto nella serata dello scorso 17 aprile che la Corte dei Conti ha certificato l’ipotesi di rinnovo del contratto del comparto del settore ‘Istruzione e Università’ – che comprende Scuola, Università, Alta formazione artistica, musicale e coreutica (AFAM), Ricerca – siglata lo scorso 9 febbraio. La certificazione riguarda l’attendibilità dei costi quantificati per il rinnovo del contratto e la compatibilità con le risorse disponibili. A breve seguirà la firma definitiva del nuovo contratto collettivo nazionale da parte dell’Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni (ARAN) e le Organizzazioni sindacali: per circa 1,2 milioni di dipendenti entreranno così in vigore le novità previste dal nuovo contratto.

Siamo molto soddisfatti per il traguardo raggiunto – commenta la Ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli – che ci consente di dare il giusto riconoscimento professionale ed economico, dopo oltre 8 anni di attesa, alle donne e agli uomini che lavorano con passione e serietà nel comparto della conoscenza. Il contratto che abbiamo siglato il 9 febbraio scorso è il frutto di un serrato confronto: se abbiamo raggiunto questa importante intesa è grazie al senso di responsabilità delle Organizzazioni sindacali, dell’Aran, della Funzione pubblica, che hanno operato per raggiungere questo risultato, che rappresenta non un punto di arrivo, ma di partenza. L’entrata in vigore di questo contratto ci consente di avviare un percorso significativo di valorizzazione delle professionalità che lavorano nei nostri settori, di offrire migliori condizioni alle dipendenti e ai dipendenti, di continuare a mettere al centro anche le nostre ragazze e i nostri ragazzi, fine ultimo di ogni nostra azione, con regole certe per la continuità didattica. Con il rinnovo abbiamo mantenuto un impegno preciso. Abbiamo segnato una pagina importante. Abbiamo lavorato nel solco dell’intesa siglata il 30 novembre del 2016, andando oltre, convinti come siamo che valorizzare chi opera nei settori della conoscenza significhi impegnarsi per garantire un futuro di qualità alle nostre giovani e ai nostri giovani”, chiude la Ministra.

Soddisfazione da parte di Uil Scuola: “il testo firmato a febbraio diventa pienamente efficace. Buona notizia nel primo giorno di elezioni Rsu. Ora gli aumenti nelle tasche delle persone“, fa sapere il sindacato in una nota. “Inaccettabili i tempi di attesa (70 giorni) per arrivare alla conclusione dell’iter di approvazione – dichiara il segretario, Pino Turi -. Vera riforma di struttura dovrebbe essere riduzione dei tempi della burocrazia non più vicini a tempi società reale“.

La scuola dell’infanzia resiste: in un quinquennio -8% di bambini e -0,3% di sezioni

da Tuttoscuola

La scuola dell’infanzia resiste: in un quinquennio -8% di bambini e -0,3% di sezioni

La flessione demografica interessa da qualche anno soprattutto la scuola dell’infanzia, il settore interessato per primo dall’arrivo dell’onda di magra delle nascite.

Contrariamente a quanto si potrebbe pensare, per il momento la flessione sembra avere appena scalfito il settore dell’infanzia, almeno per quanto riguarda le scuole statali, mentre per le paritarie la situazione è aggravata anche da difficoltà gestionali.

Mettendo a confronto la situazione delle scuole statali dell’infanzia dell’ultimo quinquennio, si può rilevare che la sensibile flessione del numero di bambini iscritti (82.857 in meno tra il 2013-14 e il 2017-18), pari a -8%, non ha provocato una proporzionata flessione del numero di sezioni funzionanti (139 sezioni in meno) pari soltanto a -0,3%.

Anche nelle regioni del Sud, dove il calo del numero di bambini è stato maggiore che altrove, a fronte di una flessione di iscritti del 9,5% (30.460 bambini meno tra il 2013-14 e il 2017-18), la percentuale di soppressione di sezioni è stata soltanto dell’1,4% (205 sezioni in meno).

Le Isole, anch’esse interessate ad un sensibile calo demografico, nel quinquennio considerato hanno registrato una flessione dell’8,2% nel numero di iscritti, ma hanno avuto una contenuta riduzione del numero di sezioni pari all’1,1%.

Le scuole dell’infanzia del Centro Italia hanno avuto una flessione di bambini iscritti soltanto del 7%, ma hanno incrementato dello 0,5% il numero delle sezioni.

Come si può intuire, per il momento la consistente flessione del numero di bambini iscritti non ha ancora prodotto variazioni strutturali sulla rete scolastica, ma, se non interverranno misure legislative di sostegno, anche i livelli di erogazione del servizio ne risentiranno.

In attesa di un possibile aiuto futuro, il decremento di iscritti, a fronte di una sostanziale conferma del numero delle sezioni, ha prodotto una riduzione del numero di bambini per sezione che è passato da una media nazionale del 23,8 bambini/sez. del 2013-14 a 22,0 del 2017-18.

Le scuole del Nord Est hanno avuto la maggior diminuzione del numero medio di bambini per sezione, passato nell’arco del quinquennio dal 24,7 al 22,7.