Centro dei Padri Trinitari a Venosa, terapie di eccellenza per la disabilita’

Centro dei Padri Trinitari a Venosa, terapie di eccellenza per la disabilita’

VENOSA (PZ). “Apri le braccia, sei libero”. Gli occhi di Alfredo (il nome è di fantasia, ndr) sembrano distendersi a cercare la libertà ad ogni cerchio percorso dalle sue braccia guidate dai gesti sicuri di Angela (il nome è di fantasia, ndr), la sua fisioterapista, che lo circonda in un abbraccio. Un’esperienza di contatto umano, fisico e mentale, che cura, attraverso il corpo, la mente di Alfredo, affetto da gravi disturbi dello spettro autistico, tra le persone con disabilità che vivono stabilmente nel Centro di riabilitazione e formazione professionale Padri Trinitari di Venosa, attivo nel borgo in provincia di Potenza dal 1968, e dal 2014 a Bernalda, nel materano, con la Terapia fisica e rieducazione funzionale, la lungodegenza per anziani e il nucleo Alzheimer.

Sono un centinaio in tutto gli ospiti che hanno un rapporto residenziale con l’istituto, uomini tra i 18 e 40-50 anni affetti da patologie a carattere involutivo come la sclerosi multipla, o pazienti con gravi danni cerebrali, disturbi psichici o pluri-minorazioni anche sensoriali. Tutti provenienti da un bacino molto più ampio delle mura di Venosa: Campania, Calabria, Puglia, qualcuno pure dal Molise, oltre che dalla Basilicata.

Trenta, invece, invece le donne e gli uomini che non abitano il centro in modo permanente, ma partecipano alle sue attività laboratoriali e riabilitativo-professionalizzanti.

Come i laboratori di falegnameria e meccanica, di ceramica, mosaico e pelletteria, o l’orto dell’istituto, dove operatori qualificati insegnano agli ospiti come si coltiva il cardoncello – il fungo, antico vanto della tradizione agroalimentare delle Murge- o come far crescere in serra fiori, frutti fuori stagione e primizie, senza trascurare le colture tradizionali della terra di Orazio: gli ulivi, gli ortaggi e la vigna – da cui si ricava un vino di qualità conservato nelle botti della cantina dell’istituto. Una terapia sperimentata dai Padri Trinitari già da diversi anni, come spiega all’agenzia di stampa Dire una delle fisioterapiste dell’istituto, Mariella Leggeri: “Siccome abbiamo ragazzi adulti abbiamo sperimentato questa nuova terapia e abbiamo notato grandissimi miglioramenti rispetto alla relazione e alle abilità logico-matematiche e anche per quanto riguarda lo spazio ed il tempo, soprattutto lo scorrere delle stagioni e la crescita delle piante”.

E proprio sulla relazione si basa anche l’ippoterapia, altro trattamento d’eccellenza sperimentato da anni a Venosa: “La riabilitazione equestre è un metodo di riabilitazione globale perché interviene su più’ livelli: cognitivo, affettivo-relazionale e neuromotorio”, chiarisce alla Dire Barbara Busto, fisioterapista del Centro riabilitazione Padre Trinitari Venosa specializzata nell’ippoterapia, che segue diverse fasi. La prima fase di avvicinamento all’animale, in cui spesso gli operatori incontrano difficoltà perché “per i nostri ragazzi non è facile l’accettazione dell’animale”; la seconda, di accettazione dell’ambiente, che agisce anche sulle coordinate spazio-temporali; e la terza ed ultima, di p resa di coscienza del proprio corpo sul cavallo e su se stessi, con l’aiuto di un grande specchio posizionato nel maneggio terapeutico. I ragazzi imparano quindi a galoppare o anche solo a far camminare il loro cavallo, in un rapporto di cura che è fatto di tocchi, carezze, calore.

Il maneggio viene utilizzato anche per le attività sportive dei ragazzi, che dividono le loro giornate tra aule di formazione, laboratori e terapie specifiche, durante la mattinata, e gli sport e le attività ludiche, nel pomeriggio. “Il laboratorio di ceramica aiuta i ragazzi nella manualità, nella gestione dell’argilla, nella decorazione e colorazione degli oggetti realizzati, come i piatti- racconta alla Dire Rosa Solimano, assistente del laboratorio di ceramica del Centro- Riusciamo ad insegnare queste attività con tanta pazienza e tanto amore. Solo con la pazienza e l’amore- conclude- ci si può dedicare veramente ad insegnare qualcosa a questi ragazzi”. (DIRE)

Pubblicazione del codice disciplinare

Pubblicazione del codice disciplinare: una delle tante trappole del nuovo CCNL Scuola per neutralizzare l’azione dei dirigenti scolastici

 

Occorrono davvero un supplemento d’attenzione e tempi più distesi – un lusso raro per i dirigenti scolastici, quotidianamente infangati in trincea – per scovare le tante trappole, spesso abilmente celate in un sostantivo o in un avverbio, del nuovo CCNL del comparto scuola per neutralizzare i poteri della controparte datoriale.

E’, per l’appunto, il caso dell’art. 13, comma 11, che impone ai dirigenti scolastici l’obbligo di rendere pubblico il codice disciplinare entro il 4 maggio 2018, il cui contenuto è dettagliato nel medesimo articolo.

Si tratta di estrapolarvelo e di trasferirlo sul sito istituzionale della scuola. Ma risolutamente. Perché la studiata formula del predetto comma potrebbe ben significare che, omettendosi entro i termini l’adempimento, sarebbe preclusa l’irrogazione di sanzioni disciplinari al personale ATA sino al prossimo CCNL! Con la beffa di essere sicuramente sanzionati dalla propria Amministrazione.

La scuola non può diventare un tribunale

da Avvenire

La scuola non può diventare un tribunale

di Daniele Novara

Fa davvero effetto vedere le immagini di un adolescente che si accanisce in classe contro un insegnante, sia nel caso che si tratti di umiliazione verbale, sia nel caso più grave che si tratti di violenza fisica vera e propria. L’uso delle video riprese, peraltro da parte di altri alunni decisamente in cerca di gloria sui social, ha finito col rivelare un mondo che nella mia lunga esperienza scolastica non è mai stato del tutto assente, specie nei quartieri più pericolosi di alcune città italiane del Sud o in quelli periferici delle metropoli. Avrei tanti episodi da raccontare raccolti nel corso degli anni dagli insegnanti.

Vederli direttamente sugli smartphone è un’altra cosa, crea davvero la sensazione che la nostra scuola sia sotto attacco, che ci sia una vera e propria guerra in corso fra studenti e insegnanti. Su questa base l’opinione pubblica è spinta ad atteggiamenti di criminalizzazione di una certa fetta di alunni, quasi che non fossero più ragazzi e ragazze con tutta la loro problematicità adolescenziale, ma unicamente criminali da punire e condannare una volta per tutte. Si invocano misure sempre più coercitive.

Non basta la sospensione di 5 giorni, ci vuole la bocciatura; non basta la bocciatura, ci vuole l’allontanamento definitivo dalle scuole italiane. Ma anche questo non è sufficiente, bisogna rinchiuderli in qualche comunità che li tratti come meritano. Non resta che l’appello alla lobotomia cerebrale per chiudere il cerchio con tutto il repertorio possibile di punizioni. Questo desolante profluvio di risentimento verso gli alunni rischia di essere un’ennesima occasione persa per migliorare davvero la scuola. Anzitutto faccio osservare che un’eventuale emergenza di questo tipo, ossia di aggressività dentro le aule scolastiche appartiene solo in minima parte agli alunni verso gli insegnanti.

Ben più consistente in questi ultimi anni sono stati gli arresti di insegnanti che maltrattavano gli alunni nei contesti educativi a partire dal nido fino alla scuola primaria e anche oltre. Si può ben dire che ogni giorno la cronaca, specie a livello locale, presenta situazioni di questo tipo. Non penso pertanto che il problema sia la quantità di nefandezze compiute da alcuni insegnanti verso gli alunni o da alcuni alunni verso gli insegnanti quanto mettere finalmente mano a due nodi inderogabili della formazione di chi insegna. Ancora oggi, difatti, il requisito primario se non unico della qualificazione docente resta la pura e semplice conoscenza della materia. Così non si va molto lontano.

Conoscere la matematica non ti qualifica come insegnante, professionista dell’apprendimento. Sono due oggi le competenze professionali inderogabili per chi si avvicina a questo mestiere. La prima è la capacità di organizzare la classe specialmente come entità sociale, se possibile come gruppo, ossia il saper costruire processi di apprendimento che coinvolgano gli alunni nelle loro interazioni, nelle loro dinamiche relazionali e nei processi di imitazione reciproca. L’ho già argomentato anche su queste pagine: pensare di fare ‘lezioni frontali’ all’alunno come individuo singolo è totalmente avulso dalla realtà scolastica.

La seconda è la competenza, anche sulla base del riconoscimento delle proprie emozioni, nella gestione dei conflitti con gli alunni e fra gli alunni. Un’attitudine assolutamente indispensabile vista la crisi dei concetti di disciplina e autorità che viviamo quotidianamente in una società sempre più frammentata e sfilacciata. Saper comunicare, evitare inutili provocazioni, costruire dei momenti dove i conflitti possono essere affrontati adeguatamente sono basilari insostituibili di una professionalità docente adeguata ai tempi. Non meravigliamoci viceversa se qualche insegnante potrebbe veramente aver sbagliato lavoro e trovarsi in situazioni poco piacevoli. Una scuola di qualità aiuta i propri ragazzi a maturare, a crescere, a gestire le contrarietà, a sviluppare le proprie risorse all’interno di metodologie pedagogiche efficaci che guardano con fiducia alle potenzialità degli alunni stessi prima di condannarli come se fosse semplicemente un tribunale.

Spiace che nei programmi dei partiti che hanno vinto le elezioni ben poco compaia sulla necessità di costruire un nuovo investimento sociale sulla scuola. Lasciare questa istituzione sempre più ai margini dell’interesse comune rischia di trasformarla in uno spazio pericoloso sia per chi ci lavora che per chi dovrebbe ricavarne un beneficio.

Pedagogista, autore del libro ‘I bulli non sanno litigare’

Pensioni, Baretta: facilitare uscita anticipata e congelare età a 67 anni

da Orizzontescuola

Pensioni, Baretta: facilitare uscita anticipata e congelare età a 67 anni

di redazione

Pier Paolo Baretta Sottosegretario di stato al Ministero dell’Economia e delle Finanze, commenta la recente approvazione del DEF (Documento di Economia e Finanza), affermando che “non è privo di indicazioni per chi, si spera a breve, dovrà compiere le scelte”.

Nonostante la crisi nella formazione del Governo, potrebbe approdare già la prossima settimana il testo del Documento Economico e Finanziario per il 2018.

Tra i punti caldi, il dibattito sulle pensioni che ha visto nelle settimane scorse uno scontro a distanza tra i leader di Lega e Movimento 5 stelle che hanno promesso la cancellazione della riforma Fornero e il presidente dell’INPS che ha bocciato l’idea sostenendo che costerebbe circa 90 miliardi in termini di debito pensionistico.

Sulla stessa linea l’ex Ministro Fornero, autrice della riforma, che in una dichiarazione alla stampa ha dichiarato che la sua riforma è stata il frutto di un avvertimento da parte del Fondo Monetario Internazionale.

“Alert” del Fondo Monetario che potrebbe fare il bis, nel caso in cui qualche forza politica mostrasse interesse in un alleggerimento dell’attuale asset pensionistico.

L’argomento pensioni, però, è un momento caldo del dibattito politico e necessità di una risposta alle preoccupazioni dei cittadini insieme all’occupazione, al lavoro e al fisco.

Sulle pensioni è intervenuto Paolo Baretta che prone un passo in direzione di un alleggerimento dei requisiti, ampliando e rendendo meno costosa la flessibilità per l’uscita anticipata dal lavoro e congelare a 67 anni l’età pensionabile.

Boom di iscritti negli istituti agrari: +36% in 5 anni

da Orizzontescuola

Boom di iscritti negli istituti agrari: +36% in 5 anni

di redazione

Aumento del 36% negli ultimi cinque anni di studenti nelle scuole superiori di agraria in Italia. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti su dati del Ministero dell’Istruzione (Miur).

I ragazzi delle superiori che hanno scelto un percorso didattico legato alla terra sono 45.566 nell’anno scolastico 2017-2018.

Nei 35 percorsi didattici negli istituti tecnici superiori a livello nazionale si registra un tasso di occupati di oltre il 73% a un anno dal diploma secondo le elaborazioni Coldiretti sull’ultimo monitoraggio Indire/Ministero dell’Istruzione, con picchi che vanno dal 94,1% dell’Abruzzo all’88,9% del Veneto, dal 79,1% della Lombardia al 76,5% della Puglia, al 77,8% dell’Emilia Romagna o al 75% del Lazio.

Pensioni. Anief: Nel DEF si confermano i 67 anni, per i docenti niente anticipo: perché nell’UE si va a 63 anni?

da Orizzontescuola

Pensioni. Anief: Nel DEF si confermano i 67 anni, per i docenti niente anticipo: perché nell’UE si va a 63 anni?

di redazione

Anief – Il Documento di Economia e Finanza, approvato in forma “tecnica” per la mancanza dell’esecutivo, conferma quello che il Governo Gentiloni aveva avallato da mesi: dal prossimo 1° gennaio la soglia di accesso alla pensione di vecchiaia passerà dagli attuali 66 anni e 7 mesi a 67 anni.

Un balzo in avanti di cinque mesi, che fanno dell’Italia il Paese più severo di tutti in fatto di pensioni. Il gap che si sta creando è sempre più grande. Fa scalpore, poi, il fatto che ci siano delle professioni, come quella dell’insegnante, che si continuano ad annoverare alla stregua delle altre. Mentre le cose non stanno così.

Chi opera nella scuola, vale anche per il personale Ata, non può rimanere in servizio anche da anziano: a 60-62 anni, un lavoratore che opera quotidianamente con i giovani in crescita ha la necessità fisica di andare in pensione. Svolgendo un lavoro di relazione, chi opera nella scuola accumula infatti un grado di stress che alla lunga può sfociare in disturbi se non in patologie: lo dicono i più autorevoli studi in materia, come lo studio decennale ‘Getsemani Burnout e patologia psichiatrica negli insegnanti’. Da una ricerca più recente – realizzata su larga scala, utilizzando quattro questionari, volti ad indagare diversi ambiti problematici connessi con lo sviluppo della sindrome di burnout – risulta che oggi più che mai il “lavoro educativo” è un “ambito professionale particolarmente esposto a condizioni stressogene”, soprattutto tra i docenti più giovani e caratterialmente fragili o emotivi.

Oltre confine lo sanno bene. Vale un dato su tutti: in Europa, in media, un insegnante lascia la cattedra a 63 anni. In Francia ancora prima, perché si consente ai docenti di andare in pensione a 60 anni, al massimo a 62. In altri, come la Germania, con circa 25 anni di insegnamento si permette di lasciare il lavoro. Come se non bastasse, va ricordato che ammesso che si riesca ad anticipare l’accesso al pensionamento, questi docenti percepiranno in media un assegno pensionistico ridotto, rispetto al 2011, fino all’8%.

In Italia si continua, invece, a fare finta di non capire: l’Ape Social l’anticipo pensionistico, fino a circa tre anni e mezzo, finanziato con un prestito pagato non da banche ed assicurazioni (come nel caso dell’Ape normale), ma direttamente dallo Stato, è rimasto relegato ad una quindicina di professioni, inglobando, nel settore più esposto al rischio burnout, solo i maestri della scuola dell’infanzia.

“Non c’è volontà – dice Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – di introdurre una manovra che tenga conto della realtà. Quella di un’altissima percentuale di lavoratori della scuola costretti a rimanere in servizio, convivendo con patologie da stress che possono sfociare in vere e proprie malattie croniche, anche invalidanti o peggio ancora. Quello dell’alta incidenza di malattia psichiatriche ed oncologiche tra chi opera nella scuola è un dato scientificamente rilevato, che non può continuare ad essere ignorato per meri motivi di cassa pubblica”.

“Purtroppo – continua Pacifico – nemmeno il Documento di Economia e finanza contiene quella ‘finestra’ da noi invocata per il restante personale della scuola, dopo l’approvazione della norma che ha definito gravoso il lavoro delle sole insegnanti dell’infanzia. Andando avanti in questo modo, inoltre, né si sblocca il turn over né si annulla il gap generazionale tra alunni e discenti. Si sta riuscendo nell’impresa di fare peggio della riforma Fornero con l’aspettativa di vita che diventa l’alibi per andare in pensione sempre più tardi. Di questo passo, arriveremo a breve a lasciare il lavoro a 70 anni”, conclude il sindacalista Anief-Cisal.

Tutti coloro che hanno necessità di chiarimenti in merito possono chiedere una consulenza personalizzata a Cedan per sapere se si ha diritto ad andare in quiescenza prima dei termini contributivi e di vecchiaia previsti dalla legge e per scoprire il valore dell’assegno pensionistico, oltre a ulteriori servizi. Per contatti, ci si può collegare al sito internet. Per avere tutte le indicazioni necessarie è possibile anche scrivere una e-mail all’indirizzo

info@cedan.it

Regolamento europeo privacy: scuola sotto pressione

da La Tecnica della Scuola

Regolamento europeo privacy: scuola sotto pressione

Contratto scuola, fonti MEF: aumenti e arretrati a partire da maggio per docenti e Ata

da La Tecnica della Scuola

Contratto scuola, fonti MEF: aumenti e arretrati a partire da maggio per docenti e Ata

Diplomati magistrale, presidio permanente al Miur fino a soluzione defintiva

da La Tecnica della Scuola

Diplomati magistrale, presidio permanente al Miur fino a soluzione defintiva

Date maturità 2018, il calendario completo

da Tuttoscuola

Date maturità 2018, il calendario completo

Il Miur ha comunicato ufficialmente il giorno della prima prova di Maturità 2018, quella che vedrà per l’ultima volta la terza prova all’esame di Stato. Ecco un piccolo calendario date maturità.

Date Maturità 2018

20 giugno 2018 – prima prova Maturità
21 giugno 2018 (da confermare) – seconda prova Maturità
25 giugno 2018 (da confermare) – terza prova Maturità

Date maturità 2017

In attesa della pubblicazione della nuova ordinanza ministeriale, ricordiamo che lo scorso maggio 2017 la ministra dell’Istruzione, Valeria Fedeli, ha firmato l’Ordinanza ministeriale relativa all’esame di maturità 2017 comprendente anche le date dell’ultimo esame di Stato. Ecco il calendario della Maturità 2017.

15 maggio 2017 – I consigli di classe elaborano il documento per le commissioni su quanto fatto nell’ultimo anno di corso
19 giugno 2017 – Prima riunione plenaria delle commissioni

21 giugno 2017 – Prima prova scritta
22 giugno 2017 – Seconda prova scritta
26 giugno 2017 – Terza prova scritta
27 giugno 2017 – Quarta prova scritta per gli indirizzi in cui è prevista

Ammissione Maturità 2018: quali sono i criteri per l’ammissione all’esame di Stato

da Tuttoscuola

Ammissione Maturità 2018: quali sono i criteri per l’ammissione all’esame di Stato

La nuova maturità prevista dal decreto legislativo n. 62/2017 entrerà in vigore l’anno prossimo. Per l’esame di Stato del 2018 valgono le vecchie regole in atto da diverso tempo. Prima ancora di sostenere l’esame occorre conseguire l’ammissione che viene deliberata in sede di scrutinio finale da parte di ogni consiglio di classe. Sono sostanzialmente due i passaggi che contano per l’ammissione.

Ammissione Maturità 2018: la validità dell’anno scolastico

Innanzitutto occorre conseguire la validità dell’anno scolastico avendo presenziato ad almeno tre quarti del monte ore annuo delle lezioni previste. Eventuali deroghe devono essere definite dal collegio dei docenti e applicate, caso per caso, dal consiglio di classe. Nel caso in cui l’anno non sia ritenuto valido il candidato non viene nemmeno valutato nello scrutinio finale e non viene, pertanto, ammesso all’esame. Particolari deroghe sono state previste quest’anno per gli studenti delle arre colpite dal terremoto.

Ammissione Maturità 2018: come funziona per gli studenti del quarto superiore

Possono essere ammessi direttamente all’esame, per abbreviazione per merito, gli studenti del quarto anno che hanno riportato una votazione non meno di otto decimi in ogni disciplina e nel comportamento. Questi studenti – convenzionalmente denominati ottisti – devono avere avuto un regolare corso di studi, senza ripetenze e con medie di almeno sette decimi nel biennio precedente.

Maturità 2018: chi non può essere ammesso

Nello scrutinio finale dove si decide l’ammissione all’esame, non sono ammessi gli studenti che non abbiano la sufficienza (sei decimi) in tutte le discipline di studio. Basta, quindi, un cinque in una qualsiasi disciplina per non essere ammessi all’esame. Oltre alla valutazione del rendimento scolastico, gli studenti devono anche conseguire la sufficienza (sei decimi) nel comportamento.

Come cambia la Maturità

Dall’anno scolastico 2018/19 la Maturità subirà diversi cambiamenti. Dal numero di prove, ai crediti scolastici, passando per Invalsi e alternanza scuola – lavoro, Tuttoscuola ha approfondito tutte queste e le altre novità che vedranno protagonista l’esame di Stato nella guida “Come cambia la Maturità”, scaricabile gratuitamente per gli iscritti al sito.

‘Partecipiamo alla sicurezza nazionale’: licei e istituti superiori incontrano l’intelligence

da Tuttoscuola

‘Partecipiamo alla sicurezza nazionale’: licei e istituti superiori incontrano l’intelligence

Le nuove frontiere della sicurezza nazionale, gli eventi che segnano il Paese, le sfide di un mondo che cambia, ma anche l’uso consapevole del web, i social media e la robotica. Da oggi sui banchi di scuola arriva “Partecipiamo alla sicurezza nazionale”: il nuovo progetto promosso dal DIS, il Dipartimento delle Informazioni per la Sicurezza della Presidenza del Consiglio, in collaborazione con la DGSIP – Direzione generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione del MIUR.

L’obiettivo è quello di spiegare ai ragazzi delle scuole secondarie di II grado il complesso mestiere degli 007 nel nuovo mondo globale e digitalizzato. In cattedra ci saranno i dirigenti degli istituti scolastici ed i rappresentanti della sicurezza nazionale: si parlerà dell’evoluzione dei Servizi segreti del nostro Paese che ha portato alla costituzione del Sistema di Informazione per la Sicurezza della Repubblica, così come riformato nel 2007; degli obiettivi della ricerca informativa; dei “ferri del mestiere”. Ma saranno illustrate anche le attività e le opportunità che l’Intelligence ha rivolto ai giovani: come il concorso “Disegna l’intelligence”, il tour nelle università italiane “Roadshow Intelligence Live“, l’iniziativa “Una tesi per la sicurezza nazionale”, la politica di reclutamento del Comparto, soffermandosi poi sulla recente iniziativa “Be Aware. Be Digital” che prevede il rilascio di un videogioco per educare i più giovani all’uso consapevole del web, dei social media e delle nuove tecnologie.

Il doppio zero della sigla non autorizza ad uccidere e non prevede effetti speciali, come spesso si legge nei romanzi di Ian Fleming. L’intelligence nel nostro Paese opera attraverso sforzi quotidiani, costanti e perlopiù invisibili, lontano dai riflettori e con l’unico obiettivo di servire l’Italia e proteggere i suoi cittadini. Una sola regola: mettere il decisore politico nelle condizioni di compiere scelte informate per difendere la società aperta, come pure per salvaguardare le condizioni dalle quali dipendono la sua sopravvivenza ed il suo sviluppo; per di più, in un ambiente planetario che si contraddistingue per il suo essere sempre più complesso e mutevole diventando altresì sempre più interconnesso.

Prevenire, prevedere e proteggere assicurando a tutti gli italiani la possibilità di vivere, per l’appunto, in sicurezza. Perché più sicurezza vuol dire più libertà.

Il tour di visite nelle scuole secondarie di II grado è partito il 13 aprile. La prima campanella è suonata per l’Istituto Statale Istruzione Superiore Leonardo Da Vinci di Firenze. Seguita poi dai Licei “Genovesi” di Napoli e “Salvemini” di Bari. Tra le altre tappe individuate d’intesa con il MIUR ci saranno Roma, Venezia, Perugia, Genova e Torino.

Il DIS e il MIUR collaborano da anni in iniziative riguardanti attività di ricerca scientifica, didattica e di formazione. L’iniziativa “Partecipiamo alla sicurezza nazionale” nasce, infatti, per avvicinare le ragazze ed i ragazzi, alla soglia della maggiore età, ad una tematica, quella della sicurezza nazionale, nelle sue diverse e moderne sfaccettature, che riguarda la vita di tutti gli italiani e che mai come in questo momento storico merita dovuta attenzione.

Mensa e gite scolastiche, una guida per conoscere le spese detraibili

da Tuttoscuola

Mensa e gite scolastiche, una guida per conoscere le spese detraibili

Mense e gite scolastiche detraibili anche quest’anno. La conferma arriva dall’Agenzia delle Entrate, che già per il 730 del 2017 aveva introdotto questa misura. Lo scorso anno poi era stata diffusa una circolare esplicativa (7/E del 4 aprile 2017) che spiegava nel dettaglio quali documenti produrre. Per il 2018 la misura viene addirittura rafforzata, come spiega la guida alla compilazione del modello 730 (disponibile a questo link)

Detrazione spese scolastiche, ecco come fare

In particolare è stato aumentato a 717 euro il limite delle spese d’istruzione per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado del sistema nazionale d’istruzione; la detrazione per la frequenza e il pagamento delle rette mensili dell’asilo nido (pubblico o privato) è del 19% su un importo massimo di 632 euro a figlio; la detrazione delle spese sostenute per la frequenza di scuole dell’infanzia, del primo ciclo di istruzione e della scuola secondaria di secondo grado è del 19% fino ad un massimo di 717 euro (prima era 564 euro). Prevista anche la detrazione per l’affitto degli studenti fuori sede: anche in questo caso del 19% ma su un importo massimo di 2.633 euro.

Quali spese si possono detrarre?

Come lo scorso anno, tra le spese ammesse alla detrazione troviamo le tasse (a titolo di iscrizione e di frequenza) e i contributi obbligatori. Vi rientrano, inoltre, in quanto connesse alla frequenza scolastica, i contributi volontari e le erogazioni liberali. In particolare si tratta delle spese per:

– la mensa scolastica (Circolare 02.03.2016 n. 3/E risposta 1.15) e i servizi scolastici integrativi quali l’assistenza al pasto e il pre e post scuola;

– le gite scolastiche, per l’assicurazione della scuola e ogni altro contributo scolastico finalizzato all’ampliamento dell’offerta formativa deliberato dagli organi d’istituto (dunque corsi di lingua, teatro, ecc., svolti anche al di fuori dell’orario scolastico e senza obbligo di frequenza). Se le spese sono pagate alla scuola, i soggetti che prestano l’assistenza fiscale non devono richiedere al contribuente la copia della delibera scolastica che ha disposto tali versamenti. La delibera va richiesta, invece, nel caso in cui la spesa per il servizio scolastico integrativo non sia sostenuta per il tramite della scuola, ma sia pagata a soggetti terzi.

Non si possono detrarre

Confermata inoltre l’assenza di detrazione per l’acquisto di materiale di cancelleria e di testi scolastici per la scuola secondaria di primo e secondo grado; servizio di trasporto scolastico.

Detrazione spese scolastiche: i documenti da conservare

Facendo ancora riferimento alla Circolare 7/E del 4 aprile 2017, resta ovviamente l’obbligo di controllare e conservare la documentazione del caso. Il contribuente dovrà esibire e conservare le ricevute o quietanze di pagamento. Le spese sostenute per la mensa scolastica possono essere documentate mediante la ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario e deve riportare nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno. Nello schema fornito dall’Agenzia, ecco la documentazione necessaria:

Per le spese sostenute per la mensa scolastica

– ricevuta del bollettino postale o del bonifico bancario intestata al soggetto destinatario del pagamento con riportata nella causale l’indicazione del servizio mensa, la scuola di frequenza e il nome e cognome dell’alunno;

– qualora il pagamento sia stato effettuato in contanti, con altre modalità di pagamento o con l’acquisto di buoni in formato sia cartaceo sia elettronico, attestazione del soggetto che ha ricevuto il pagamento o della scuola che certifichi l’ammontare della spesa sostenuta nell’anno e i dati dell’alunno o studente.

Per le gite scolastiche, l’assicurazione della scuola e altri contributi scolastici finalizzati all’ampliamento dell’offerta formativa:

– ricevute o quietanze di pagamento recanti gli importi sostenuti a tale titolo nel corso del 2016 e i dati dell’alunno o studente;

– qualora il pagamento sia stato effettuato nei confronti di soggetti terzi attestazione dell’istituto scolastico dalla quale si rilevi la delibera di approvazione e i dati dell’alunno o studente.

J.-C. Izzo, Vivere stanca

Izzo o della moderna umanità perduta

di Antonio Stanca

Nel 1998 lo scrittore francese Jean-Claude Izzo aveva raccolto nel breve volume Vivere stanca alcuni suoi racconti pubblicati in precedenza su giornali o riviste e recentemente l’opera è stata riproposta dalla casa editrice E/O di Roma con la traduzione di Franca Doriguzzi e le illustrazioni di Joëlle Jolivet.

Izzo era nato a Marsiglia nel 1945 e qui era morto nel 2000 a cinquantacinque anni. Prima di giungere alla narrativa si era applicato in diverse direzioni. Aveva scritto e pubblicato raccolte di poesie, aveva prodotto testi per il cinema, il teatro, la radio, aveva collaborato con giornali e riviste, era stato membro del movimento cattolico “Pax Christi” oltre che del partito socialista e poi di quello comunista. Era vissuto generalmente a Marsiglia, si era separato dalla moglie, poi anche dalla donna venuta dopo ed infine anche da questa.

Spirito irresoluto, irrequieto era stato quello di Izzo, sempre alla ricerca di altro si era mosso, di quanto credeva avesse potuto soddisfare, calmare quei bisogni che non considerava soltanto suoi ma anche di altri, di quelli che nella vita moderna erano rimasti superati dai tempi, dai costumi, dal modo di essere, di fare, che avevano visto finire quei valori che erano sempre stati dello spirito perché sconfitti da quelli della materia. Erano diventati questi i più importanti e contro di essi non solo con le opere aveva combattuto Izzo ma anche con la religione, con la politica. Sempre sospeso, però, era rimasto tra l’aspirazione a recuperare quanto richiesto dall’anima e gli infiniti, insormontabili ostacoli che la realtà gli frapponeva, tra il bisogno di bene e la constatazione di un male che si era ormai tanto diffuso da essere diventato modo di vivere, sistema.

Chiari sarebbero stati, nelle opere di Izzo, i riflessi di questa difficile condizione sofferta dall’autore. La trilogia marsigliese, composta dai romanzi Casino totale del 1993, Chourmo del 1994 e Solea del 1998, ne sarebbe stata la più famosa testimonianza, avrebbe fatto di lui lo scrittore più letto nel contesto della narrativa francese della fine del secolo scorso. Con quei romanzi Izzo si sarebbe rivelato un autore completamente nuovo nei contenuti e nella forma espressiva, avrebbe inaugurato il genere detto del “noir mediterraneo”, di una narrazione, cioè, continuamente percorsa da un senso di paura, continuamente esposta a pericoli incombenti, a disastri imminenti. Ad accrescere questo stato di tensione interveniva la lingua dello scrittore, pur essa completamente nuova perché sintetica, ridotta all’essenziale e sempre interrotta, frenata, framezzata, sempre fatta di frasi minime, di parole sole quasi si trattasse di esclamazioni, sospiri, lamenti.

Fabio Montale sarebbe stato l’eroe di quei romanzi, il personaggio nel quale Izzo si sarebbe trasferito per combattere, tramite lui, contro un mondo che era diventato nemico e per rimanerne vittima.

I racconti di Vivere stanca sono degli anni ’90, gli stessi della trilogia marsigliese e come i romanzi di questa sono ambientati a Marsiglia, come in quei romanzi i loro personaggi, i loro protagonisti sono eroi negativi destinati a perdere nel loro confronto con la vita. Tutti, uomini e donne, vecchi e giovani, sono rappresentati in una situazione di aspirazioni deluse, di speranze fallite, tutti sono mostrati alla ricerca di quanto avrebbe potuto sollevarli, salvarli. Sono dei disperati, non sanno come fare perché hanno perso il lavoro o non si sono mai applicati con costanza, perché hanno debiti o sono rimasti ai margini del posto, dell’ambiente, del quartiere dove vivono, perché sono stati traditi nei loro affetti di padri o madri, mariti o mogli, figli o figlie, fratelli o sorelle, amici o amanti, e soli vivono ormai e di soli ricordi. Alcuni si sono chiusi in sé stessi, hanno fatto della loro sconfitta l’unico pensiero, si sono tanto identificati con esso da giungere a sacrificarsi per esso, a darsi la morte.

Il sesso, l’alcol saranno i modi da tutti cercati per alleviare quanto li opprime ma inalterata rimarrà l’idea che altro sarebbe stato loro possibile, che altra vita avrebbero meritato, che ingiusto era stato non averla ottenuta. Non grandi erano state le loro aspirazioni ma minime, di gente comune e nemmeno erano state possibili. Di questi pensieri, eternamente e vanamente nutriti da quelle persone, dei tormenti della loro coscienza vuole dire la scrittura di Izzo che anche in questi racconti è tanto animata, tanto vicina alle situazioni, alle vicende rappresentate da farle apparire vere, da muoverle come nella realtà. Un discorso continuamente interrotto come quello dello scrittore dà l’impressione che non sia scritto ma parlato e che vada ascoltato più che letto. Sembra la voce di quella moderna umanità perduta la scrittura di Izzo, di quell’umanità della quale ha voluto essere il testimone, l’interprete.