Facciamo 17 goal

Concorso “Facciamo 17 goal. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.
Oggi a Torino la premiazione delle scuole vincitrici

Sono state premiate oggi, presso la Nuvola Lavazza, nell’ambito delle iniziative del Festival dello Sviluppo Sostenibile, le tredici scuole vincitrici del concorso “Facciamo 17 goal. Trasformare il nostro mondo: l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”, promosso dal Gruppo di lavoro MIUR – ASviS.

Alla premiazione era presente anche la Ministra dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Valeria Fedeli.

Il concorso è rivolto alle scuole di ogni ordine e grado e mira a favorire la conoscenza, la diffusione e l’assunzione dei modelli di vita previsti nell’“Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile”.

La premiazione assume un significato ancora più importante perché coincide con giornata dedicata all’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 4 (Istruzione di qualità), che propone due temi di riflessione: l’istruzione di qualità, equa e inclusiva, quale fattore di integrazione e di sviluppo in ogni settore della vita economica, sociale e culturale del paese, e l’educazione allo sviluppo sostenibile come condizione necessaria per un diffuso cambiamento di mentalità in favore della sostenibilità e per adeguare il sistema educativo alle sfide e alle opportunità offerte dalla contemporaneità.

Tutte le informazioni sul Festival dello Sviluppo Sostenibile e sul concorso sono presenti al link:   http://festivalsvilupposostenibile.it/public/asvis/files/Programma_Goal_4.pdf.

IL GIUDICE DEL LAVORO DI NAPOLI RICONOSCE LA PEREQUAZIONE INTERNA

IL GIUDICE DEL LAVORO DI NAPOLI RICONOSCE LA PEREQUAZIONE INTERNA: SI ALLARGA IL SENTIERO PER UNA DIRIGENZA SCOLASTICA NORMALE!

di Francesco G. Nuzzaci, componente Segreteria Nazionale DIRIGENTISCUOLA-Di.S.Conf.

 

Su ricorso patrocinato da DIRIGENTISCUOLA-Di.S.Conf., e del quale qualcuno si è prontamente appropriato, il Giudice del lavoro di Napoli, con sentenza n. 1057 pubblicata il 13 febbraio 2018, ha riconosciuto ad una dirigente scolastica vincitrice del concorso ordinario il pieno diritto a far valere –  ai fini retributivi, pensionistici e della buonuscita – la carriera maturata nel ruolo di provenienza: vale a dire, la c.d. perequazione interna.

La motivazione, nella sua cristallina chiarezza, è ineccepibile, in quanto “esiste una sola figura di dirigente scolastico”; sicché “ogni sperequazione contrattuale appare incongrua e contraria a norme di legge, in particolare in relazione ai principi costituzionali di uguaglianza (artt. 36 e 97), potendo il contratto collettivo, strumento di tutela e di garanzia dei lavoratori, derogare alla legge solo in melius.

Ne consegue l’illegittimità di un contratto che “procrastina ad libitum la sperequazione retributiva della ricorrente rispetto agli altri dirigenti solo in base alle condizioni personali di accesso al ruolo”, facendo così venir meno la sua tipica funzione sociale.

La sentenza del magistrato partenopeo evidentemente non ha condiviso l’opposto orientamento di una giurisprudenza pigra, alimentatasi di una serie di pronunce in fotocopia, il cui nucleo argomentativo può, banalmente, compendiarsi nei seguenti termini: la più rognosa tra tutte le dirigenze pubbliche, per le eterogenee competenze che la gravano e le connesse responsabilità che la astringono, ma la più maltrattata sotto il duplice profilo economico e normativo, ha tutte le ragioni da vendere; ma io giudice non posso entrare nel merito della “libera” volontà delle parti – sindacati rappresentativi e ARAN – che, poste ex lege su un piano paritetico, possono altrettanto liberamente stimare la congruità del trattamento – economico e normativo – delle categorie, o porzioni di categorie, cui il contratto collettivo di lavoro si riferisce e qualora non sussista in contrario un esplicito vincolo di una puntuale norma imperativa. Ragion per cui, in assenza di tale vincolo, la signoria del contratto è impenetrabile e l’accordo raggiunto è legittimo-giusto-equo per definizione: quand’anche si volesse remunerare il dirigente nella stessa misura dei suoi collaboratori scolastici, e pure meno! Beninteso, con tutto il rispetto dovuto ai collaboratori scolastici.

 

La medesima “fictio iuris”, pur con qualche variante d’obbligo, è stata riproposta – e sin qui questa volta condivisa da una granitica giurisprudenza, sia in primo grado che in appello – per negare il diritto alla perequazione esterna: sempre perché un superiore contratto-quadro, stipulato “liberamente” dalle confederazioni rappresentative e dall’ARAN, ha previsto diverse, ed autonome, aree dirigenziali. Se ne deduce – così argomentano i giudici – che la rivendicazione dello stesso trattamento, economico e normativo, rispetto ai pari grado (dirigenti amministrativi e tecnici ) del comune datore di lavoro (il MIUR), non può essere accolta, altrimenti delle menzionate differenti aree vanificandosene l’esistenza.

Dunque, le primarie – e alluvionali –  disposizioni di legge “medio tempore” susseguitesi da quando nell’ordinamento giuridico – or sono vent’anni – s’è affacciata una “dirigenza pezzente” – disposizioni di legge coerenti con l’esperienza fattuale –, sono parimenti assorbite dal dogma dell’intangibilità della convenuta regolamentazione pattizia. E a nulla vale l’aberrazione plasticamente resa in un quadro sinottico a cadenze periodiche riprodotto dalla rivista “Tuttoscuola”: di un dirigente scolastico, figura di vertice di una “pubblica amministrazione” e suo rappresentante legale, inciso da venticinque  responsabilità, eppure remunerato giusto per la metà rispetto al collega dirigente amministrativo (e dei dirigenti tecnici meri attributari di “posizioni dirigenziali”), operante in un ufficio interno dell’Amministrazione e gerarchicamente dipendente dal dirigente generale nell’attuazione di piani, programmi o singole disposizioni da questi definiti e/o impartite.

Peraltro, responsabilità da aggiornare dopo l’emanazione della legge 107/15 sulla “Buona scuola”, del D. Lgs. 50 /16 e s.m.i. sul nuovo Codice dei contratti pubblici, del  D. Lgs. 75/17 sulle speciali competenze in materia di più incisive sanzioni disciplinari direttamente irrogabili ai propri dipendenti, del Regolamento europeo sulla privacy e  D. Lgs. n. 81 del 18.05.18 che l’ha recepito; e – sempre di ieri l’altro – del Testo unico sulla salute e sicurezza sul lavoro, di coordinamento del D. Lgs. 81/08 con il D. Lgs. 106/09: giusto per gradire, un mostruoso malloppo di ben 988 pagine e di parossistici rinvii ad una miriade di fonti eterogenee!

 

Qui, in disparte ogni considerazione sullo sviluppo giudiziario della sentenza in discorso e sulla pronta disponibilità dei benefici statuiti a favore della collega vittoriosa in primo grado, si evidenzia come la stessa sia in linea con la sentenza della Corte costituzionale 178/15, alla luce della quale dovrà altresì essere rivisitata l’attuale posizione dei giudici ordinari, preclusiva della perequazione esterna.

E’ noto che gli Ermellini di palazzo della Consulta hanno decretato l’ “illegittimità sopravvenuta” di una lunga moratoria contrattuale, imponendo al Governo di riaprire le trattative nel pubblico impiego e quindi nelle nuove aree dirigenziali, ridotte a quattro con la stipula del CCNQ del 13 luglio 2016, in obbligata attuazione del D. Lgs. 150/09 (c.d. “Riforma Bruetta”). Di modo che il contratto dovrà essere lo strumento di un “giusto bilanciamento” tra le esigenze di riequilibrio della finanza pubblica – presidiato dal riscritto articolo 81 della Carta fondamentale – e il principio della libertà sindacale ex art. 39, che nel pubblico impiego c.d. “privatizzato” ha il “necessario completamento nell’autonomia negoziale”. Autonomia negoziale che certamente soggiace ai “limiti delle risorse rese disponibili dalle leggi finanziarie”, ma che nondimeno deve garantire una “contrattazione utile”, che “deve potersi esprimere nella sua pienezza su ogni aspetto riguardante le condizioni di lavoro, che attengono immancabilmente anche alla parte qualificante dei profili economici”, ovvero “preordinata a contemperare in maniere efficace e trasparente gl’interessi contrapposti delle parti” e concorrere a dare “piena attuazione al principio della proporzionalità della retribuzione”, in riferimento alla quantità e qualità del lavoro svolto (art. 36, comma 1 Cost.) e “criterio non più oscurabile, ponendosi per un verso come strumento di garanzia della parità di trattamento e, per altro verso, come fattore propulsivo della produttività e del merito”.

Pertanto, dopo tre rinvii “al prossimo giro”, seguiti da un blocco di due lustri, la piena equiparazione retributiva e normativa va realizzata in questa quarta tornata contrattuale, relativa al triennio 2016-2018.

Se peraltro un datore di lavoro concorda con la rappresentanza dei “lavoratori” – sottoscrivendo congiunte dichiarazioni a verbale replicate in fotocopia in calce agli ultimi tre contratti della defunta(?) quinta area della dirigenza scolastica – che il suo trattamento economico, da quindici anni e passa, è ingiusto e che tale ingiustizia va sanata, non si può più tergiversare “ad libitum”, com’è scritto in sentenza dal Giudice delle leggi e ripreso dal magistrato del lavoro di Napoli.

Provvedervi è diventato un obbligo giuridico per le parti contraenti. Perché un datore di lavoro non può lucrare un sinallagma che persiste inalterato per un tempo indefinito, avvalendosi di una riconosciuta prestazione dirigenziale e continuando a corrispondere una remunerazione da quadro, cioè la metà di una retribuzione dirigenziale. Altrimenti questo datore di lavoro attua un comportamento non conforme alla correttezza e alla buona fede, siccome imposte negli articoli 1175 e 1375 del codice civile, per unanime giurisprudenza dotate di valore normativo e dunque integranti i contenuti del contratto.

In altri termini, dovrà valere un criterio di giustizia sostanziale, in luogo di criteri formali completamente sradicati dal dato di realtà e la cui legittimità si pretenderebbe presunta “iuris et de iure”.

Anche perché non può più essere opposto l’alibi delle differenti aree dirigenziali, atteso che, a norma della riferita ed attuata novella brunettiana, vi è ora un’unica area dirigenziale allo scopo – testuale – di  “armonizzare e integrare le discipline contrattuali” dei dirigenti preposti alla conduzione delle istituzioni scolastiche e dei dirigenti delle università e degli enti di ricerca; nel mentre eventuali parti speciali o sezioni” sono “dirette a normare taluni peculiari aspetti del rapporto di lavoro che non siano pienamente o immediatamente uniformabili o che necessitino di una distinta disciplina. Le stesse possono anche disciplinare specifiche professionalità che continuino a richiedere, anche nel nuovo contesto, una peculiare regolamentazione” (art. 8, comma 2, CCNQ 13 luglio 2016).

Non si possono perciò mantenere all’interno della nuova area le attuali barriere economiche, che la riforma intende smantellare o almeno fortemente contenere (e neanche quelle normative, di sicuro con riguardo alla mobilità professionale ad ampio raggio, se si è in possesso delle stesse competenze richieste ai dirigenti non aggettivati), surrettiziamente dilatando a dismisura le sezioni oltre la “ratio” che le giustifica (che le può giustificare).

 

DIRIGENTISCUOLA è ben consapevole della propria oggettiva consistenza, ma non meno della sua incessante azione che ha costretto le storiche sigle sindacali della dirigenza scolastica ad uscire allo scoperto e a denunciare l’ “emergenza” – non solo “salariale” – di una categoria relegata in una sorta di “riserva indiana” per quivi contemplare la sua ineffabile “specificità”; di fatto ricondotta a quella figura “direttiva” propria di un assetto pre-autonomistico e il cui profilo si legge ancora nell’articolo 396 del D. Lgs. 297/94 (“Testo unico delle disposizioni legislative sull’istruzione”): che della dirigenza conserva il mero “nomen iuris” e con ciò caricata di un coacervo di responsabilità superiori a quelle riscontrabili in un direttore generale!

Anche per questa sua testardaggine, talvolta pure agita un po’ fuori le righe, Il Governo si è indotto ad inserire nella legge di stabilità per il 2018 (legge n. 205 del 27 dicembre 2017) apposite risorse finanziarie, oltre quelle destinate a tutti i rinnovi dei contratti del pubblico impiego, parametrate sul tasso d’inflazione programmato nella complessiva misura del 3,48% nel triennio 2016-2018.

Vi è scritto che per assicurare una “progressiva armonizzazione” della retribuzione di posizione parte fissa dei dirigenti scolastici con quella delle altre figure dirigenziali dell’area Istruzione e Ricerca gli stanziamenti ammontano a 37 milioni di euro per l’anno 2018, a 41 milioni per l’anno 2019 e a 96 milioni a decorrere dal 2020”.

Quest’ultima, testuale, dicitura consente (o dovrebbe consentire) – in ragione dell’organico dei dirigenti scolastici e dell’attuale distanza retributiva della parte fissa, intorno agli 8.500,00 euro annui lordi – di perequare anche la retribuzione di posizione variabile, sebbene su un arco temporale di quattro-cinque anni.

Poiché, sempre col supporto letterale del testo, le cennate risorse sono imputabili/riferibili al triennio contrattuale 2016-2018, devono andare a beneficio di tutti i colleghi in servizio nel triennio, ancorché esigibili alle previste scadenze (e in aggiunta ai 35 milioni di euro di aumento strutturale del FUN previsti dalla legge 107/15 e prioritariamente destinati alla parte fissa della retribuzione).

E dai predetti 95 milioni di euro “a decorrere dal 2020” dovrà poi attingersi – ovviamente per i dirigenti scolastici che risulteranno in servizio – per incrementare la parte del FUN relativa alla retribuzione di risultato.

E’ questo l’obiettivo minimo per poter firmare il nuovo contratto!

Un obiettivo che né l’ARAN né il MEF  avrebbero motivo di ostacolare, perché non richiede, a legislazione vigente, lo stanziamento di risorse finanziarie aggiuntive.

Mancarlo, qui ed ora, significherebbe tradire il mandato della categoria.

Governo Lega-M5s verso un nuovo reclutamento docenti: ora il vero rischio è il caos

da Repubblica

Governo Lega-M5s verso un nuovo reclutamento docenti: ora il vero rischio è il caos

Il concorso per gli abilitati non inseriti nelle graduatorie giuste per le assunzioni in pianta stabile (liste provinciali a esaurimento) è appena partito con quasi 50 mila aspiranti. Col cambio al vertice a viale Trastevere alcune procedure potrebbero essere cancellate per la ‘revisione’ programmata nel contratto

di SALVO INTRAVAIA

ROMA – Il nuovo governo Lega-M5S pensa ad un nuovo sistema di reclutamento per i docenti della scuola. Quello introdotto dalla Buona scuola bis è appena partito e la sovrapposizione con l’ennesimo cambio di direzione sull’argomento rischia di creare un caos di leggi, decreti e ordinanze tale da fare perdere la rotta al più esperto dei tecnici ministeriali, oltre che agli addetti ai lavori.

Se non si trova una soluzione politica allo stratificarsi di norme sullo stesso argomento varate dai diversi governi che si sono succedute a Palazzo della Minerva, si rischia anche di ingigantire a dismisura il contenzioso amministrativo con i risultati che oggi tutti conoscono, ad esempio, a proposito di migliaia di maestre di scuola elementare prima assunte in ruolo e adesso sull’orlo del licenziamento.

“L’eccessiva precarizzazione e la continua frustrazione delle aspettative dei nostri insegnanti rappresentano punti fondamentali da affrontare – scrivono nell’ormai famoso Contratto di governo Luigi Di Maio e Matteo Salvini nel capitolo sulla scuola – per un reale rilancio della nostra scuola. Sarà necessario assicurare, pertanto, anche attraverso una fase transitoria, una revisione del sistema di reclutamento dei docenti”. Con l’obiettivo, già fallito dal governo Renzi, di “garantire da un lato il superamento delle criticità che in questi anni hanno condotto ad un cronico precariato e dall’altro un efficace sistema di formazione”.

Ma il caos sembra dietro l’angolo. Perché il nuovo reclutamento introdotto dalla Buona scuola bis, quello che Lega e M5S vogliono abolire o emendare, ha appena mosso i suoi primi passi.

Il concorso riservato agli abilitati non inseriti nelle graduatorie giuste per le assunzioni in pianta stabile (le liste provinciali ad esaurimento) è appena partito con quasi 50 mila aspiranti alla cattedra fissa e si dovrebbe concludere entro fine agosto. Seguirà dopo, o dovrebbe a questo punto seguire, il concorso riservato a coloro che sono senza abilitazione ma hanno svolto almeno tre anni di supplenza e infine arriverà il concorso per i “semplici” laureati che stanno raccogliendo, sborsando almeno 500 euro, i 24 Cfu (i Crediti formativi universitari) previsti dalla riforma Gelmini.

Ma non è detto che, col cambio al vertice a viale Trastevere, le ultime due procedure partiranno davvero, potrebbero essere cancellate dal nuovo ministro a favore della “revisione” programmata nel contratto.

Il sistema del reclutamento degli insegnanti, con annessa la formazione universitaria per sedere dietro la cattedra, è stato il pallino di ogni recente governo.

Nel 1989, per rispondere alle istanze di un precariato che assumeva dimensioni sempre più vaste, venne introdotto il doppio canale di reclutamento: metà dei posti disponibili venivano assegnati ai vincitori di concorso e l’altra metà ai precari (abilitati e con almeno 360 giorni di supplenza) inseriti nelle liste provinciali. Nel 1992 nascono le Ssis (le Scuola di specializzazione all’insegnamento secondario) e dieci anni dopo nascono le facoltà di Scienze della formazione primaria. Intanto, nel 1999, le graduatorie del “doppio canale” si trasformano in “graduatorie permanenti” da aggiornare ogni anno.

Ma, dato l’enorme numero di precari prodotto dal sistema politico con continue modifiche, nel 2006 l’allora ministro della Pubblica istruzione, Giuseppe Fioroni, decide di bloccare gli ingressi trasformando le liste provinciali in graduatorie ad esaurimento. Intanto, Moratti prima e Gelmini dopo cambiano le regole per accedere all’insegnamento (la cosiddetta Formazione iniziale universitaria) lasciando il meccanismo del reclutamento quasi inalterato.

Nel 2012, dopo oltre dieci anni di silenzio, arriva il concorsone per i soli abilitati. Prima di allora potevano partecipare alla selezione tutti i laureati e diplomati dell’istituto magistrale. E nel 2015 arriva Renzi che cambi ancora le regole del reclutamento: tre concorsi e graduatorie da svuotare prima possibile. Intanto il contenzioso assume dimensioni sempre maggiori che il prossimo governo rischia di alimentare.

Esame di Stato per alunni disabili: prove scritte equipollenti. Criteri per colloquio. La guida

da Orizzontescuola

Esame di Stato per alunni disabili: prove scritte equipollenti. Criteri per colloquio. La guida

di Giovanna Onnis

Le prove d’esame per i candidati con disabilità devono essere predisposte secondo le disposizioni previste nel DPR n.323 del 23 luglio 1998, come chiaramente citato nell’art.22 dell’OM n.350/2018.

In base all’art.6 del citato DPR la commissione d’esame, sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe, relativa alle attività svolte, alle valutazioni effettuate e all’assistenza prevista per l’autonomia e la comunicazione, predispone per i candidati con disabilità prove equipollenti a quelle assegnate agli altri candidati.

Le prove equipollenti, in coerenza con il PEI, possono consistere nell’utilizzo di mezzi tecnici o modalità diverse, ovvero nello sviluppo di contenuti culturali e professionali differenti, ma comunque atti a consentire la verifica degli obiettivi di apprendimento previsti dallo specifico indirizzo di studi, al fine del rilascio del relativo diploma.

Per la predisposizione delle prove d’esame e nel corso del loro svolgimento, la commissione d’esame può avvalersi di personale esperto; a tal fine la stessa si avvale, se necessario, dei medesimi operatori che hanno seguito l’alunno durante l’anno scolastico.

Il docente di sostegno e le eventuali altre figure a supporto dell’alunno con disabilità vengono nominati dal Presidente della commissione sulla base delle indicazioni del documento del consiglio di classe, acquisito il parere della commissione.

Per i candidati non vedenti, i testi della prima e della seconda prova scritta, se le scuole lo richiedono, sono trasmessi dal Ministero anche in codice Braille.

Per i candidati che non conoscono il codice Braille è possibile richiedere ulteriori formati (audio e/o testo), autorizzando anche la utilizzazione di altri ausili idonei, abitualmente in uso nel corso dell’attività scolastica ordinaria.

Per i candidati ipovedenti i testi della prima e della seconda prova scritta sono trasmessi in conformità alle richieste delle singole scuole le quali indicano su apposita funzione SIDI tipologia, dimensione del carattere e impostazione interlinea.

Per tutte le prove in formato speciale, come chiarisce l’art.22 comma 7 dell’OM n.350/2018, le scuole dovranno dare comunicazione anche alla Struttura Tecnica Esami di Stato via mail all’indirizzo seguente: segr.servizioisp@istruzione.it

Il tempo a disposizione per le prove scritte e il tempo da dedicare al colloquio d’esame, per i candidati con disabilità, deve rispettare quanto prevede il comma 8 del succitato art.22, in sintonia con l’art.6 del DPR n.323/1998

E’ possibile, quindi, prevedere tempi più lunghi nell’effettuazione delle prove scritte, anche in modalità grafica o scrittografica, compositivo/esecutiva musicale e coreutica, e del colloquio, come previsti dall’art.16 comma 3 della legge n. 104/1992, purché questo non comporti un maggior numero di giorni rispetto a quello stabilito dal calendario degli esami. In casi eccezionali, la commissione, tenuto conto della gravità della disabilità, della relazione del consiglio di classe, delle modalità di svolgimento delle prove durante l’anno scolastico, può deliberare lo svolgimento di prove equipollenti in un numero maggiore di giorni.

Per quanto concerne lo svolgimento dell’esame di Stato, la sua valutazione e il titolo conseguito, è possibile differenziare i candidati con disabilità che hanno seguito una programmazione per obiettivi minimi, dai candidati con disabilità che hanno seguito una programmazione differenziata.

Nel primo caso, come precedentemente indicato la programmazione seguita come previsto nel P.E.I., conforme alle Linee guida e alle Indicazioni nazionali, consente ai candidati di sostenere l’esame anche mediante prove equipollenti e tempi più lunghi e determina l’acquisizione del titolo di studio (diploma conclusivo dei corsi di studio di istruzione secondaria superiore)

Nel secondo caso, i candidati che hanno seguito un percorso didattico differenziato, sempre in base al P.E.I., e sono stati valutati dal consiglio di classe con l’attribuzione di voti e di un credito scolastico relativi unicamente allo svolgimento di tale Piano possono sostenere prove differenziate, coerenti con il percorso svolto, finalizzate solo al rilascio di un attestato dove devono essere inseriti tutti gli elementi informativi indicati nel DPR n. 323/1998.

Nell’art.13 del succitato DPR si stabilisce, infatti, quanto segue: “Qualora l’alunno in situazione di handicap ha svolto un percorso didattico differenziato e non abbia conseguito il diploma attestante il superamento dell’esame, riceve un attestato recante gli elementi informativi di cui al comma 1”

Gli elementi informativi ai quali si fa riferimento e che devono essere indicati nell’attestato, sono i seguenti:

  • l’indirizzo e la durata del corso di studi
  • la votazione complessiva ottenuta
  • le materie di insegnamento ricomprese nel curricolo degli studi con l’indicazione della durata oraria complessiva destinata a ciascuna
  • le competenze, le conoscenze e le capacità anche professionali acquisite in relazione alla programmazione seguita
  • i crediti formativi eventualmente documentati in sede d’esame.

Questi candidati sostengono l’esame con prove scritte differenziate i cui testi sono elaborati dalle commissioni sulla base della documentazione fornita dal consiglio di classe.

I suddetti alunni, qualora non svolgano una o più prove scritte, sono ammessi alla prova orale, con l’indicazione sul tabellone esclusivamente dei risultati delle prove scritte effettivamente sostenute, rapportati in quarantacinquesimi. Il punteggio complessivo delle prove scritte risulterà a verbale e potrà essere calcolato in automatico con l’utilizzo dell’applicativo “Commissione web” o, in alternativa, determinato proporzionalmente.

Per tutti i candidati con disabilità, il riferimento all’effettuazione delle prove equipollenti o differenziate deve essere indicato solo nell’attestazione di cui all’articolo 13 del D.P.R. n. 323/1998 e non nei tabelloni affissi all’albo dell’istituto.

Co.co.co. Colloqui già iniziati per la stabilizzazione dal 1 settembre 2018, 745 le domande pervenute

da Orizzontescuola

Co.co.co. Colloqui già iniziati per la stabilizzazione dal 1 settembre 2018, 745 le domande pervenute

di redazione

Si è svolto l’incontro di informativa sulla procedura di selezione per la stabilizzazione del “personale co.co.co.”. Ce ne parla lo Snals.

La stabilizzazione di detto personale avrà decorrenza 1/09/2018.
Sono pervenute 745 domande tramite piattaforma, anziché le preventivate 812, in quanto alcune unità di detto personale risultano essere prive dei requisiti e/o in età pensionabile.

La Commissione Nazionale, istituita con decreti del 3/04/18 e 11/04/18 e composta da Personale del Miur in quiescenza, sta già effettuando i colloqui per poi procedere alla valutazione dei titoli.

Rispetto allo stanziamento previsto dalla legge di stabilità avanzerebbero circa un paio di milioni di euro, che potrebbero essere impiegati per incrementare le ore di Part Time o per trasformazioni del rapporto di lavoro full time.

I sindacati hanno proposto l’inquadramento del personale non al livello 0 ma con una maggiore anzianità giuridica per utilizzare queste somme.

Mobilità: spostati i trasferimenti primaria e infanzia al 1° e 12 giugno

da Orizzontescuola

Mobilità: spostati i trasferimenti primaria e infanzia al 1° e 12 giugno

di redazione

Nuove date per conoscere gli esiti della domanda di trasferimento per gli insegnanti di infanzia e primaria.

Le nuove date

scuola dell’infanzia

pubblicazione dei movimenti
12 giugno 2018  (invece di 8 giugno)

scuola primaria

pubblicazione dei movimenti
1° giugno 2018 (invece di 30 maggio)

Lo slittamento delle date si è reso necessario a causa della proroga dei termini per l’inserimento delle domadne di pensionamento.

Arretrati scuola, per i supplenti brevi non saranno il 28 maggio

da La Tecnica della Scuola

Arretrati scuola, per i supplenti brevi non saranno il 28 maggio

PON “Orientamento formativo e ri-orientamento”: chiarimento su selezione degli esperti

da La Tecnica della Scuola

PON “Orientamento formativo e ri-orientamento”: chiarimento su selezione degli esperti

160 milioni di tagli alla scuola

da La Tecnica della Scuola

160 milioni di tagli alla scuola