Un patto davvero condiviso

Un patto davvero condiviso e consigli di istituto in ogni scuola per realizzare l’alleanza educativa

di Cinzia Olivieri

 

Il richiamo al patto di corresponsabilità è sempre più frequente nell’ormai quotidiana emergenza nei rapporti scuola – famiglia.

Su questo strumento, novità tra le modifiche introdotte oltre 10 anni or sono dal Dpr 235/07 allo Statuto delle studentesse e degli studenti del 1998, appaiono concentrarsi infatti le aspettative per mediare il conflitto.

Nella sua attuale formulazione, l’art. 5-bis del Dpr 249/98, come modificato dal Dpr 235/07, prevede che il patto sia “finalizzato a definire in maniera dettagliata e condivisa diritti e doveri nel rapporto tra istituzione scolastica autonoma, studenti e famiglie”.

Se i fatti di cronaca ce ne rivelano attualmente la scarsa efficacia, tuttavia non si prescinde dalla sua importanza. Forse quindi è insufficiente la conoscenza dei propri obblighi e prerogative per costruire un’alleanza. Occorre qualcosa di più. Serve un’estesa condivisione di azioni comuni ed interventi educativi, altrimenti, in assenza di “trattative” tra le parti, il patto potrebbe piuttosto essere inquadrato nella fattispecie del contratto “per adesione”, unilateralmente predisposto da un contraente.

La nota esplicativa del 2008, nel fornire indicazioni, precisa che la scuola, “nella sua autonomia, ove lo preveda nel regolamento d’istituto, ha la facoltà di attribuire la competenza ad elaborare e modificare il patto in questione al Consiglio di istituto, dove sono rappresentate le diverse componenti della comunità scolastica, ivi compresi i genitori e gli studenti”.

Insomma l’unico potenziale momento e luogo di condivisione individuato per disciplinare le procedure di sottoscrizione, di elaborazione e revisione di tale accordo è nel consiglio di istituto, a cui, a norma dell’art. 10 del Dlgs 297/94, spetta “adottare” il regolamento interno.

Già l’adozione prevede una attività diversa dall’approvazione e dall’elaborazione, concretandosi piuttosto in una sorta di accettazione, di adesione a qualcosa già predisposto, non costituendo quindi necessariamente il risultato di una condivisione. A tanto si aggiunge che non sempre i regolamenti sono a loro volta condivisi, completi e precisi come la norma menzionata richiede.

A ben riflettere, nonostante la dignità e la legittimazione del passaggio da un organo collegiale, anche un documento adottato da pochi membri ed elaborato in maniera magari anche meno condivisa non può dirsi in grado di rappresentare le istanze di una comunità scolastica tante volte complessa e numerosa, specie in un sistema partecipativo in crisi, dove sempre più spesso finisce per prevalere il giustizialismo individuale. Può dunque dirsi condiviso un patto predisposto senza il necessario coinvolgimento ed ancor di più laddove il regolamento non fornisca indicazioni o persino manchi il consiglio di istituto come nel caso degli istituti omnicomprensivi?

Infatti, come si legge nelle circolari ministeriali che forniscono annualmente indicazioni per le elezioni degli organi collegiali, da quasi un ventennio (si veda la Circolare Ministeriale 3 agosto 2000, n. 192) “Nelle istituzioni scolastiche che comprendono al loro interno sia scuole dell’infanzia, primarie e/o secondarie di primo grado, sia scuole secondarie di secondo grado, invece, continuerà ad operare il commissario straordinario, non essendo ancora intervenuta una soluzione normativa circa la composizione del consiglio di istituto delle scuole in questione”.

Eppure è decorso oggettivamente un tempo sufficiente per trovare una soluzione diversa da un commissario straordinario, così come non è stato difficile individuare la composizione del consiglio di istituto e disciplinare le elezioni negli istituti comprensivi (O.M. n. 267 del 4.8.1995) e in caso di aggregazione di istituti scolastici di istruzione secondaria superiore (O.M. 17 giugno 1998, n. 277).

Come si può quindi invocare un’alleanza senza gli strumenti partecipativi per realizzarla?

La sua realizzazione passa attraverso un processo di elaborazione del patto ampiamente condiviso, così come previsto ed annunciato, e l’istituzione dei consigli di istituto dove mancano.

Dirigenti scolastici, UDIR: gli anni da docente utili alla RIA

da Orizzontescuola

Dirigenti scolastici, UDIR: gli anni da docente utili alla RIA

di redazione

Comunicato UDIR – Gli anni di servizio svolti come insegnante vanno considerati utili ai fini della retribuzione individuale di anzianità dei dirigenti scolastici, la cosiddetta R.I.A..

E questo vale per tutti i capi d’istituto, prescindendo dall’anno di passaggio nel ruolo superiore di dirigente scolastico a seguito della vincita del concorso pubblico. A confermare la tesi di Udir è un altro tribunale, quello di Napoli, sezione lavoro, che ha accolto la tesi di un legale che opera per il giovane sindacato, l’avvocato Michele Speranza. Ciò significa che si sta sempre più delineando a favore dei ricorrenti la battaglia che riconosce ai dirigenti scolastici vincitori degli ultimi concorsi la perequazione interna per la retribuzione di anzianità

Questi i fatti: una dirigente scolastica, ex docente vincitrice del concorso ordinario di categoria, aveva chiesto il riconoscimento del suo diritto a vedersi attribuita e corrisposta la retribuzione individuale di anzianità – R.I.A.- maturata nella carriera di provenienza, ovvero di docenza. La vicenda trae origine dalla ormai nota sperequazione applicata ai dirigenti assunti a capo delle scuole negli ultimi anni. La disparità di trattamento è stata introdotta dal primo CCNL per il personale dell’Area V della Dirigenza Scolastica, relativo al biennio 2000/2001, che, all’art. 39, ha espressamente abolito la progressione economica per posizioni stipendiali, riconoscendo, però, solo ai vecchi dirigenti quanto già maturato a livello individuale, appunto la Retribuzione Individuale di Anzianità. L’ingiustizia è stata perpetuata dal secondo contratto collettivo nazionale di categoria (per il quadriennio 2002-2005), che all’art 58 ha istituito il cosiddetto assegno ad personam per gli ex presidi Incaricati, ovvero una voce retributiva che, seppur diversa dalla RIA, consiste ugualmente in un riconoscimento dell’anzianità maturata nella carriera docente.

In sostanza, siffatta differenza retributiva, seppur a parità di ruolo e funzioni, si è tradotta in uno scarto economico di circa 350-380 euro sulla retribuzione mensile dei dirigenti scolastici penalizzati, oltre, ovviamente, alle ripercussioni di tale diminutio sul piano contributivo. Il giudice partenopeo, in aderenza anche ad altre pronunce di merito, ha ritenuto che esiste una sola figura di dirigente scolastico. Pertanto, la suddetta sperequazione contrattuale appare incongrua e contraria a norme di legge, in particolare in relazione al principio costituzionale di eguaglianza, nonché ai principi di cui agli articoli 36 e 97 della Costituzione, potendo il contratto collettivo, quale strumento di tutela e di garanzia dei lavoratori, derogare alla legge solo in melius. Nella fattispecie, il giudice ha anche condannato il Miur al pagamento della somma di 22.253,08 euro, a titolo di Ria maturata a far data dalla immissione in ruolo (dal 1.9.2009), oltre accessori come per legge.

Le note che finalmente hanno creato la crepa sul muro del diniego assoluto da parte dei giudici partenopei sono state basate su una serie di punti: in base all’ex art. 157 Trattato Funzionamento Unione Europea e la Direttiva 78/2000 non sono ammesse discriminazioni sul piano retribuito tra dipendenti con le stesse mansione; la strutturazione stipendiale procrastina ad libitum la discriminazione retributiva della ricorrente per come ampiamente dedotto; le norme antidiscriminatorie sulle condizioni di impiego non sono derogabili ed hanno anzi valenza di norma superiore alla Costituzione della Repubblica nell’ambito della gerarchia delle fonti; ergo delle due l’una: o la norma contrattuale che valida l’inammissibile discriminazione viene disapplicata (melius dichiarata nulla per contrarietà al diritto eurounitario) oppure va sollevata questione pregiudiziale alla CGUE ex art 267 TFUE.

Udir ricorda che sono sempre attivi i ricorsi per recuperare Fun, Ria e Perequazione esterna.

Infortuni a scuola: 75.000 i casi, 20.000 in meno rispetto al 2012

da Orizzontescuola

Infortuni a scuola: 75.000 i casi, 20.000 in meno rispetto al 2012

di redazione

Nell’anno scolastico 2016/2017 sono stati oltre 75.000 gli infortuni più o meno gravi occorsi a studenti in ambito scolastico: il 56% (42.000 casi) maschi e il 44% femmine (33.000 casi): i dati li riporta l’Anmil, Associazione nazionale dei lavoratori mutilati ed invalidi del lavoro.

I dati sono in continuo calo: erano infatti circa 90.000 nell’anno scolastico 2012/2013.

Si tratta in genere di infortuni lievi, ma quasi 200 hanno comportato gravi invalidità permanenti; il 62% ha riguardato i maschi mentre il 38% femmine. Il tipo di lesione più frequente è stata la frattura, causa di oltre la metà delle invalidità permanenti; il resto sono lussazioni, distorsioni, ferite e contusioni.

La parte del corpo più colpita da infortuni è stata il ginocchio (28% del totale), seguita dalla caviglia (20%), dal polso (12%), dalla colonna vertebrale (10%) e infine il braccio (7%).

Gli studenti più “esuberanti” sono quelli di scuole elementari e medie inferiori, che rappresentano il 68% (circa 50.000) degli studenti infortunati; quelli delle Superiori sono circa 23.000 (pari al 31%), mentre gli Universitari sono meno del 2% (circa 2.000).

I mesi in cui si registra il maggior numero di infortuni sono Marzo, Aprile e Maggio. In questi tre mesi, che rappresentano in pratica l’ultimo trimestre dell’anno scolastico, si verifica circa la metà degli infortuni, ovvero più del doppio di quelli che si verificano nei primi tre mesi di scuola (Settembre, Ottobre, Novembre).

Il giorno più a rischio – come per gli infortuni sul lavoro – è il lunedì con il 25% di infortuni rispetto al resto della settimana. Quasi un terzo degli infortuni (32%) si concentra tra le ore 10 e le ore 11: è questa, in genere, la fascia oraria in cui gli studenti fanno la sospirata “ricreazione” e possono dare libero sfogo alla loro vivacità repressa dopo le prime ore passate nei banchi.

Tra gli studenti infortunati ce ne sono anche 4.300 di origine straniera (pari a quasi il 6% del totale). Una collettività che, in linea con l’andamento e il consolidamento della presenza straniera in Italia, è cresciuta notevolmente negli ultimi decenni.

Le comunità straniere prevalenti tra gli studenti infortunati sono: rumena (circa 900 casi), albanese (circa 400), marocchina (circa 350), moldava (circa 250), ucraina (circa 170) e indiana (circa 120).

Le regioni dove si registrano più infortuni sono Lombardia, Emilia e Veneto.

Diplomati magistrale, i genitori protestano: “non togliete le maestre ai nostri figli”

da La Tecnica della Scuola

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Mobilità 2018, le operazioni e la pubblicazione dei movimenti: tutte le scadenze

da La Tecnica della Scuola

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La matematica si impara anche con Stem on line

da La Tecnica della Scuola

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Studiare da adulti si può: la ricerca di Indire

da Tuttoscuola

Studiare da adulti si può: la ricerca di Indire

Chi l’ha detto che solo da ragazzi si può apprendere, che trascorsi gli anni della scuola ormai tutto è perduto? Al contrario, sono i dati presentati a Torino da Indire, l’Istituto Nazionale di Documentazione, Innovazione e Ricerca Educativa, a smentire questo assunto, rivelando che in Italia gli adulti studiano eccome, ed anzi sono in aumento. “Viaggio nell’istruzione degli Adulti In Italia”, questo il titolo dello studio coordinato dal ricercatore dell’Istituto Fausto Benedetti, diffuso nel corso di FierIDA, la manifestazione organizzata dalla Rete Italiana Istruzione degli Adulti – RIDAP.

I dati riguardano il monitoraggio quantitativo e qualitativo condotto da Indire sui 126 Centri Provinciali per l’Istruzione degli Adulti (CPIA). In particolare, si scopre che nell’anno scolastico 2016/2017 sono ben 108.539 gli iscritti ai vari percorsi formativi, un dato in aumento del 18,4% rispetto al 2015/2016. Crescono anche gli stranieri iscritti a percorsi di I livello (quelli cioè relativi alla scuola dell’obbligo) e passano da 12.542 a 14.312 (con un +14,1%) così come quelli iscritti aipercorsi di II livello (+16,9%).

In Italia i percorsi di I livello tenuti nei CPIA nel 2016/2017 sono stati incrementati del 7% (1.057) rispetto all’anno precedente, i percorsi di II livello sono cresciuti del 40% (1.336)

Interessante notare poi che la percentuale di adulti iscritti ai corsi che raggiungono il titolo desiderato è in media superiore al 50%, percentuale che sale all’83% nel caso del diploma di scuola superiore. Tra gli stranieri, le percentuali di successo sono ancora maggiori, fino all’85,3%. Segno che con la forza di volontà ogni obiettivo può essere alla portata, oltre che indice di una buona qualità dei corsi.

Il volume di Indire infine propone due approfondimenti, sul cambiamento identitario dell’adulto italiano, analizzato attraverso le parole di un piccolo gruppo di opinion leader, e su tre focus group condotti con docenti e dirigenti di CPIA del centro Italia per raccontare crescita costante negli ultimi anni della riforma.

Presidenza italiana IHRA

Shoah, a Roma dal 28 al 31 maggio la prima sessione plenaria della presidenza italiana dell’IHRA

Il 27 maggio al MAXXI, convegno sulle leggi razziali

Si svolgerà a Roma dal 28 al 31 maggio la prima riunione plenaria dellaInternational Holocaust Remembrance Alliance (IHRA), organizzata dalla delegazione italiana, che ne ha la presidenza per il 2018  (www.holocaustremembrance.com).

Oltre alle attività delle commissioni e dei gruppi di lavoro, è previsto un fitto programma collaterale che inizierà domenica 27 maggio, giorno in cui presso il museo MAXXI – dalle 10 alle 17 – si terrà un convegno dedicato alle leggi razziali. L’iniziativa è organizzata dalla delegazione italiana all’IHRA, dal Centro di Documentazione Ebraica Contemporanea di Milano e dalla Fondazione per le Scienze Religiose di Bologna, con la collaborazione del MIUR. Dopo i saluti dell’Ambasciatore Sandro De Bernardin, attuale Presidente IHRA, e della Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane Noemi Di Segni, i lavori saranno aperti dalle lezioni di Steven T. Katz, su “Antisemitism in Times of Crisis” e di Giuliano Amato, su “Summa iniuria: Law and Discrimination”.

Dopo le sessioni dedicate a “modelli”, “pratiche” e “patrimonio”, la giornata verrà chiusa da Wichert ten Have, con “Crossing bridges: Academic, Research, Politics” e da Jean-Frédéric Schaub, su “Making the History of the Racist Laws in Europe”.

Per i giorni successivi è in programma una visita guidata alla Fondazione Museo della Shoah – per coloro che fanno parte del gruppo di lavoro su Musei e Memoriali – mentre tutte le delegate e tutti i delegati saranno accompagnati a visitare la Sinagoga e il Museo ebraico di Roma.

Il 29 maggio, presso il Vittoriano, si svolgerà una proiezione straordinaria di “La stella di Andra e Tati”, il film d’animazione dedicato alla storia di Andra e Tatiana Bucci, deportate bambine e sopravvissute ad Auschwitz, realizzato dal MIUR con RAI e Larcadarte. Interverranno le protagoniste della storia, che dialogheranno e si confronteranno con le delegate e i delegati dell’IHRA.

Il 30 maggio, presso le Terme di Diocleziano, “Giobbe”, l’opera teatrale dell’artista Yuval Avital, concluderà il programma. Uno spettacolo inedito che, partendo dall’episodio biblico, affronta in un’accezione universale e contemporanea il tema della persecuzione attraverso un’indagine sugli archetipi di bene, male e giustizia.