LETTERA DEGLI INSEGNANTI AL PAPA

A.I.M.C. Associazione Italiana Maestri Cattolici – Sicilia

Palermo, 10 settembre 2018

Al Santo Padre Francesco

Santità,
gli insegnanti cattolici siciliani manifestano viva gratitudine per la Vostra visita alla città di
Palermo e alla Sicilia.
La nostra Associazione professionale, l’AIMC, che quest’anno celebra i suoi 73 anni di vita, si è
costituita in quest’isola raccogliendosi attorno a Carlo Carretto e Maria Badaloni, che diffusero anche
in Sicilia l’idea di una presenza organizzata di docenti e dirigenti scolastici, pronti a testimoniare,
nell’esercizio della professione scolastica, una vita ispirata ai principi del Vangelo.
Eredi e protagonisti di tale esperienza di servizio alla scuola siciliana, consapevoli della
rilevanza dei bisogni educativi nell’attuale contesto regionale, attendiamo con gioia e con fiducia la
Vostra paterna parola orientatrice.
Risuonano ancora in noi tutti le paterne parole che Vostra Santità ci ha rivolto nell’incontro che
ha voluto concedere alla nostra Associazione il 5 gennaio scorso, parole di apprezzamento e
incoraggiamento. Ci ha esortato a “rinnovare la volontà di essere e fare associazione nella memoria dei
principi ispiratori, nella lettura dei segni dei tempi e con lo sguardo aperto all’orizzonte sociale e
culturale”. “L’essere associazione – ci ha ricordato – è un valore ed è una responsabilità, che in questo
momento è affidata a voi” 1.
Ci risuona sovente il Vostro pressante invito a contrastare la cultura della violenza e del
disimpegno per costruire sentieri di impegno e di pace, il Vostro invito ad “ampliare gli orizzonti ” per
rispondere adeguatamente alle molteplici sfide che l’oggi e il domani ci pongono » .
Le siamo grati per la costante attenzione che Vostra Santità presta all’opera degli insegnanti e
ai problemi dell’educazione, specialmente nelle “periferie esistenziali”, del dialogo tra tutte le genti e
tutte le culture, dell’accoglienza e della misericordia.
Più volte abbiamo sentito il Vostro richiamo ad essere presenza viva e feconda nelle realtà ove
operiamo, in particolare nei luoghi ove è maggiore l’emergenza educativa, a saper rischiare, a
testimoniare le opere di misericordia nel quotidiano, a prestare servizio là dove “l’umanità è ferita” , a
costruire ponti e non muri, a farci carico dell’educazione integrale di ogni alunno e nel contempo a
rinnovare l’impegno per una seria ed efficace alleanza educativa tra scuola, famiglia e istituzioni del
territorio.
Ci siamo sentiti fortemente interpellati nel nostro essere persone e professionisti di scuola,
cristiani, educatori e formatori di persone e di cittadini, mettendo sempre al centro l’alunno che ha il
diritto a crescere pienamente in ambienti che favoriscano lo sviluppo delle sue potenzialità e dei talenti
che Dio gli ha affidato, per una scuola che sappia essere “inclusiva anche umanamente” e che promuova
la cultura dell’accoglienza, del dialogo, dell’incontro.
1 Udienza ai soci dell’AIMC, Roma, 5 gennaio 2017
Piazza Ponticello, 8 – 90134 Palermo – aimc.sicilia@aimc.it – http://aimcnews.blogspot.com
Riconosciamo i nostri limiti e le nostre manchevolezze e riconfermiamo a Vostra Santità la
nostra piena disponibilità ad un servizio generoso ai ragazzi che la Provvidenza ci affida, alla nostra
isola e alle comunità ove operiamo, nel segno della libertà e della democrazia, confortati e illuminati dal
dono della Fede.
Qui, in questa nostra bella terra di Sicilia, ricca di memoria e di contrasti, c’è molto da fare nel
campo dell’istruzione e della formazione per essere degni continuatori di una prestigiosa tradizione ma,
soprattutto, per superare molti limiti e costruire una società migliore, una comunità che abbia
veramente al centro la persona umana e la sua prospettiva di crescita umana, civile e religiosa.
Siamo coscienti che c’è molto da fare per estirpare varie forme di violenza ed assicurare un
futuro migliore alle giovani generazioni, sovente disorientate da falsi valori ed umiliate dalla mancanza
di un vero e adeguato lavoro; c’è molto da fare per valorizzare pienamente le numerose risorse umane,
culturali, religiose, ambientali. E ciò costituisce una pressante sfida per ciascuno di noi.
Siamo consapevoli che non sempre è facile vivere la vita associativa, comunità feconda di
maturazione umana, culturale, spirituale e professionale, al generoso e qualificato servizio della persona
e della società. Non sempre è facile garantire alle istituzioni ove operiamo, anche mediante la nostra
testimonianza, piena qualità.
Sappiamo che non ci mancano e non ci mancheranno la comprensione e l’incoraggiamento della
Santità Vostra e possiamo assicurarLe che la Vostra visita lascerà tracce benefiche ed indelebili in
tutti gli ambienti sociali della nostra Isola e, particolarmente, nella scuola.
Durante la Vostra visita saremo dovunque sarà possibile salutarLa e acclamarLa, ovunque sarà
possibile ascoltarLa.
Santità, siamo grati al Signore per averLa chiamata a guidare la Chiesa e apprezziamo la Vostra
sollecitudine, e il Vostro coraggio e il generoso ed instancabile impegno.
Santo Padre, conti su di noi. È un piccolo contributo, ma siamo dalla Vostra parte, con sempre
filiale affetto.
Voglia benedirci.

Marina Ciurcina
Presidente dell’AIMC della Sicilia

Manifestazione di Interesse

Agenzia per l’Italia Digitale

Manifestazione di interesse per la fornitura di servizi connessi alla migrazione al dominio edu.it per tutti gli istituti scolastici e al dominio .it per gli enti territoriali attualmente sotto dominio gov.it


Al via la manifestazione di interesse per supportare la migrazione dal dominio “.gov.it”

Fino al 28 settembre 2018, gli operatori economici interessati possono partecipare alla manifestazione di interesse che l’Agenzia ha avviato per supportare gli istituti scolastici e gli enti territoriali interessati dal passaggio dal dominio “.gov.it” al dominio “.edu.it” e al dominio “.it”.

La manifestazione è rivolta agli Internet Service Provider (ISP) che già forniscono servizi di gestione dei domini internet alle amministrazioni cui si rivolge la determina AGID n. 36/2018 “Riordino del dominio .gov.it”, al fine di fornire supporto operativo sia agli istituti scolastici sia agli enti territoriali.

I service provider interessati si impegnano a fornire gratuitamente, per il periodo residuo dei contratti in essere, tutti i servizi volti a supportare il passaggio dei nomi a dominio.

L’iniziativa si inserisce nel più ampio percorso tracciato dalla determina n. 36/2018, volto alla razionalizzazione della presenza su internet della Pubblica amministrazione, e mira a consentire una gestione chiara, efficace e sicura dei siti delle Amministrazioni.

La manifestazione rappresenta un ulteriore passo nell’ambito delle iniziative congiunte a supporto delle amministrazioni interessate, portate avanti da AGID, dal Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR) e dal Consiglio nazionale delle Ricerche (CNR).

Il termine per la presentazione delle proposte è il 28 settembre, in coerenza con la data individuata dal CNR per l’avvio delle registrazioni dei domini “edu.it” (20 settembre 2018), al fine di consentire a istituzioni scolastiche ed enti territoriali coinvolti di disporre, già dall’inizio del mese di ottobre, di un elenco di tutti i Provider che si saranno impegnati a fornire a titolo gratuito tutti i servizi richiesti per la migrazione dei domini.

APPROFONDIMENTI

Come presentare la domanda

Per partecipare alla manifestazione di interesse, gli operatori economici possono inviare la proposta all’indirizzo PEC protocollo@pec.agid.gov.it entro e non oltre il 28/09/2018.

L’e-mail certificata deve avere come oggetto: “Manifestazione di interesse per la fornitura di servizi connessi alla migrazione al dominio edu.it per tutti gli istituti scolastici e al dominio .it per gli enti territoriali attualmente sotto dominio gov.it”

Maggiori Informazioni

Per informazioni riguardanti la procedura è possibile inviare un’e-mail al Referente della procedura all’indirizzo: dominiogov@pcert.agid.gov.it.
dominio .gov.it

Come usare Whatsapp: un corso per ragazzi con disabilita’ psichica

Redattore Sociale del 10-09-2018

Come usare Whatsapp: un corso per ragazzi con disabilita’ psichica

L’idea dell’associazione Diapsi di Torino, che ha già sperimentato per i propri utenti anche altri incontri: non solo per imparare i segreti dello smartphone, ma anche per divertirsi e socializzare.

“Abbiamo già fatto due corsi per utilizzare lo smartphone – racconta Alison dalla segreteria dell’associazione Di.a.psi. (“Difesa ammalati psichici”) di Torino – e sono stati un successo: i ragazzi e le ragazze che hanno partecipato erano interessati e contenti. Adesso ci proviamo con Whatsapp”.

Con l’associazione “il Bandolo – Insieme per sciogliere i nodi del disagio mentale” Di.a.psi organizza eventi di vario tipo per i suoi utenti: giornate in piscina, bowling e minigolf, pomeriggi al cinema e in sala da ballo, pizzate e gite al mare, semplici giornate in compagnia. Per condividere le difficoltà della disabilità mentale, certo, ma anche per divertirsi e socializzare.

In quest’ottica rientra il corso su Whatsapp, promosso dal CSV Vol.To e che si terrà dal 25 settembre al 27 ottobre nella sede di Di.a.psi in via Sacchi 32. Il corso sarà tenuto da David Coen, fotografo e autore della guida “Smartphone facile”: 10 ore di lezioni teorico/pratiche, un’ora il martedì pomeriggio (dalle 15 alle 16); il costo varia dai 10 ai 20 euro ma, naturalmente, occorre utilizzare il proprio telefonino.

“WhatsApp è di gran lunga il sistema di messaggistica più usato in Italia – spiegano gli organizzatori – e rappresenta uno strumento ormai indispensabile per migliorare le comunicazioni interpersonali, ma sono ancora moltissime le persone che non sanno come sfruttarlo al 100%. L’obiettivo del corso è imparare tutte le principali funzionalità di questa piattaforma, come inviare messaggi, foto, documenti, registrazioni vocali e altri contenuti multimediali”.

“Sarà un corso per 25 persone – continua Alison – e per ora abbiamo già 15 iscritti, non male visto che le iscrizioni sono aperte da fine agosto. L’importante è che chi decide di partecipare assicuri una frequenza continuativa e puntuale, perché il corso sia utile e proficuo per tutti”.

Alla fine delle lezioni, probabilmente, verrà organizzato un evento: “Già una volta abbiamo organizzato un giro per Torino per scattare le foto con lo smartphone, abbiamo iniziato per scherzo e alla fine abbiamo addirittura allestito una piccola mostra. Chissà cosa verrà fuori questa volta…”. (Daniele Pallante)

Più inglese in classe, ma pochi risultati

da Il Sole 24 Ore

Più inglese in classe, ma pochi risultati

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Almeno a scuola l’Italia è ferma a I no spik inglish dei fratelli Vanzina. Lo confermano gli ultimi test Invalsi sulla conoscenza della lingua straniera tra i banchi. Con il 44% degli studenti di terza media che non raggiungono il livello A2 – e cioè la sufficienza – nella comprensione dell’inglese. Percentuali che al Sud superano il 50 per cento. Un’emergenza nell’emergenza. Per il Mezzogiorno e per il futuro del Paese. Soprattutto alla vigilia del debutto anche alle superiori delle prove standardizzate che pongono l’asticella all’ambiziosa quota di B2. Seppure non conteranno per l’ammissione alla maturità, per effetto di un emendamento al decreto milleproroghe, le prove serviranno comunque a saggiare i livelli di listening e reading dei nostri giovani alla fine dell’istruzione secondaria. Un attimo prima di mettersi alla prova sul lavoro o all’università.

Il metodo Clil

Se per l’insegnamento dell’inglese valessero i criteri della microeconomia verrebbe da interrogarsi sulla bontà dell’intero processo di produzione. E sul perché l’output lasci così a desiderare nonostante gli input impiegati siano importanti. Sia per una copertura pressoché totale di bambini delle elementari che studiano una lingua straniera, sia per l’allungamento a 13 anni del periodo complessivo in cui viene insegnata (nell’Ue solo Cipro fa di più con 15). Tanto più che è cresciuta di quasi il 15% la quota di alunni delle medie e delle superiori che apprende l’inglese tra i banchi. A questi fattori, nel lontano 2000, l’Italia ha aggiunto poi la sperimentazione del Clil (Content and language integrated learning). E cioè dell’insegnamento in una lingua straniera, generalmente l’inglese, di una disciplina non linguistica, al punto da inserirla (prima in Europa, ndr) già nel 2010 negli ordinamenti scolastici. Diciotto anni e diverse release dopo – da ultima la Buona Scuola che ha proposto agli istituti di estendere il Clil non solo nelle classi quinte delle superiori e anche alla primaria e alle medie – il grado di diffusione nelle scuole sembra ancora limitato. Con i 3 milioni di euro stanziati negli anni 2015/16 e 2016/17 sono stati attivati 250 progetti di reti di scuole con il coinvolgimento di circa 2.000 istituti, metà dei quali del primo ciclo.

I test Invalsi

A fronte di questi numeri la conoscenza dell’inglese resta debole. Vero è che alla primaria il 79% degli alunni ha conseguito la sufficienza (A1) nella prova d’ascolto. Nella lettura è “in regola” con l’inglese il 92% dei ragazzi. Tuttavia, dietro a quel 79% la situazione è tutt’altro che uniforme sul territorio: si va dal 92% del Trentino al 66% della Sardegna. E poi si peggiora nella scuola media. Il 79% scende al 56% (ascolto), mentre il 92% nella lettura passa al 74 per cento. Con Campania, Calabria, Sicilia e Sardegna che si confermano in forte difficoltà. Il punto è che i docenti specialisti di inglese sono ormai in via di estinzione e che in molti casi l’insegnamento dell’inglese è affidato a insegnanti scarsamente formati. «Ciò nonostante le scuole provano a supplire – raccontano i vertici dell’Invalsi, la presidente, Annamaria Ajello e il dg, Paolo Mazzoli -. Con progetti speciali, esperti esterni, scambi internazionali, genitori volontari, corsi di preparazione alla certificazione esterna».

Le competenze linguistiche sono fondamentali. «Non solo per le opportunità lavorative che potranno offrire un domani nel mercato del lavoro, ma perchè rivelano indirettamente l’apertura mentale a nuovi contesti – evidenzia Daniele Checchi, economista all’università di Milano, ed esperto di education -. Non meno importante è la correlazione alla capacità di problem solving, in quanto agli studenti è richiesto di adattare l’espressione di un concetto alle capacità linguistiche possedute». Motivi ulteriori, che spingono – se ancora ce ne fosse bisogno – a ingranare una marcia in più in classe e non.

Pronti 150 milioni per i prof

da Il Sole 24 Ore

Pronti 150 milioni per i prof

La grana “inglese tra i banchi” a viale Trastevere ce l’hanno ben presente. Al punto che stanno pensando di correre ai ripari. Come ha confermato il ministro Marco Bussetti in una delle tante interviste concesse in concomitanza con l’avvio del nuovo anno scolastico.

L’idea è quella di utilizzare il Pon Istruzione per una formazione ad hoc dei docenti di lingue. A disposizione ci sarebbero 150 milioni della programmazione in corso. Che verrebbero messi a disposizione degli insegnanti con un bando in corso di definizione. Per una volta si resterebbe nel solco della Buona Scuola che, come si ricorderà, ha reso obbligatoria la formazione in servizio dei prof, indicando le competenze di lingua straniera e la metodologia Clil tra le nove priorità per la formazione. Per i docenti sia del primo che del secondo grado.

Al momento per poter insegnare una disciplina non linguistica in un idioma diverso dall’italiano gli insegnanti devono avere una conoscenza certificata di livello C1 della lingua interessata e aver seguito un corso universitario di specializzazione che assicura 20 crediti formativi. Risultato: negli ultimi 5 anni sono stati 12mila i docenti che si sono formati in inglese, francese, tedesco e spagnolo nei licei o negli istituti tecnici. A fronte dei 4mila che hanno frequentato corsi universitari di perfezionamento al Clil. Una platea che il Miur vuole incrementare grazie alle risorse del Pon. Perché – è la linea del ministero – è solo rafforzando le competenze di chi insegna che può aumentare la conoscenza di chi studia.

Borse di mobilità 2018 erogate da Poste italiane

da Il Sole 24 Ore

Borse di mobilità 2018 erogate da Poste italiane

di Eu. B.

Verso lo sblocco delle borse di mobilità 2018 per la scuola. Grazie a due decreti ministeriali che il Miur ha messo a punto nelle scorse settimane e ha appena inviato in Conferenza unificata per i pareri di rito. L’oggetto è uguale per entrambi i provvedimenti: erogare il voucher da 200 a 500 euro per gli studenti delle superiori con cui poter acquistare libri di testo, soluzioni di trasporto e mobilità e prodotti culturali.

Il primo provvedimento
Stabilisce che l’erogazione delle risorse toccherà a Poste italiane che dovrebbe aver superato le difficoltà nell’implementazione del sistema dei voucher dovute all’aggiornamento del Gdpr sulla protezione dei dati personali. Più nel dettaglio il Dm autorizza l’erogazione della borsa attraverso il bonifico domiciliato di Poste italiane Spa. E saranno poi gli studenti o i genitori a poter ritirare presso lo sportello postale il bonus sotto forma di assegno circolare.

Il secondo decreto ministeriale
Con l’altro provvedimento vengono inoltre fissati i criteri per la distribuzione dei fondi alle Regioni che a loro volta li gireranno ai comuni. Di questi, 15 milioni saranno distribuiti sulla base della numerosità delle famiglie a rischio povertà, gli altri 18,4 milioni in proporzione al numero di studenti che nel 2016/2017 hanno lasciato anzitempo i banchi. Una volta raggiunta l’intesa in Conferenza unificata toccherà alle amministrazioni regionali trasmettere al ministero, entro il 10 novembre 2018, l’elenco dei Comuni interessati. Dopodiché il Miur stanzierà i fondi ai municipi. E da questi ultimi arriveranno poi ai diretti interessati.

Vaccini e scuola: resta l’obbligo, ma fino al 10 marzo basterà l’autocertificazione

da Il Sole 24 Ore

Vaccini e scuola: resta l’obbligo, ma fino al 10 marzo basterà l’autocertificazione

di Alessia Tripodi

È stato approvato giovedì notte il nuovo emendamento al Milleproroghe sui vaccini che estende fino al 10 marzo 2019 la validità dell’autocertificazione per l’iscrizione a scuola. Resta l’obbligo di vaccinazione per la frequenza di nidi e materne, ma si dà più tempo alle famiglie per consegnare i certificati ufficiali. Una nuova modifica, dunque, dopo l’emendamento che qualche giorno fa aveva segnato la retromarcia del Governo sulla proroga dell’obbligo fissata dalla circolare Grillo-Bussetti . La possibilità di autocertificare la vaccinazione era già prevista dalla circolare Grillo-Bussetti, ma con l’approvazione nel milleproroghe si punta a farle acquistare validità di legge.

Un nuovo quadro, quello disegnato dall’emendamento dei relatori approvato dalle commissioni Affari costituzionali e Bilancio della Camera, duramente criticato dai presidi, secondo i quali l’effetto sarà solo quello di aumentare la confusione generale .

Conte: presto intervento di sistema
Un richiamo alla chiarezza è giunto anche dal premier Giuseppe Conte: «Proprio per dare certezze alle famiglie e ai bambini che vanno a scuola siamo intervenuti con un nuovo emendamento che assorbe quello precedente ed estende il regime individuato come transitorio per consentire l’avviamento dell’anno scolastico», ha spiegato il premier, annunciando che, in prospettiva, sulla materia “ci sarà un intervento di sistema sul quale stiamo lavorando».

La ministra Grillo: fiducia in soluzione equilibrata
Il ministro della Salute, Giulia Grillo, ringraziando «personalmente» i Nas per le ispezioni che rafforzano «l’alleanza fra istituzioni e cittadini», ha sottolineato di essere «fiduciosa che il Parlamento riesca a individuare, grazie al lavoro della maggioranza e dei relatori, una soluzione equilibrata» rispetto all’emendamento odierno.

Lorenzin: emendamento gravissimo
L’iter dell’emendamento stesso è stato all’insegna delle polemiche: nel primo voto parlamentare si è infatti registrato il dissenso di due deputati, uno della Lega e uno di M5s (Boldi e Trizzino), mentre l’ex ministro Beatrice Lorenzin ha parlato di un «emendamento gravissimo», perché «abbiamo visto che esiste un movimento organizzato che predispone autocertificazioni false».

In Parlamento consegnate 300mila firme pro vax
Intanto, le quasi 300mila firme raccolte dall’associazione IoVaccino per chiedere di non indebolire la legge sull’obbligo vaccinale sono state consegnate in Parlamento. «Siamo qui per presentare le firme che abbiamo inviato via mail e con cui vogliamo sensibilizzare i parlamentari a un discorso più serio e articolato sul tema, anche insieme con le società scientifiche», ha spiegato Stefano Zona, medico specialista in malattie infettive e membro del comitato scientifico di IoVaccino.

Il servizio di refezione scolastica per gli alunni delle primarie non è obbligatorio

da Il Sole 24 Ore

Il servizio di refezione scolastica per gli alunni delle primarie non è obbligatorio

di Maria Luisa Beccaria

Via libera al panino a scuola: non può essere obbligatorio, infatti, il servizio di refezione scolastica per gli alunni delle scuole materne ed elementari.
La sentenza del Consiglio di Stato 5156/2018, nel confermare quella del Tar Napoli 1566/2018, ha bocciato le delibere 21 e 121/2017 del Comune di Benevento, che hanno stabilito il divieto, nei locali in cui si svolge la refezione scolastica, di consumare cibi diversi da quelli forniti dall’impresa appaltatrice del servizio, limitando la sfera giuridica dei ricorrenti, sia quali legali rappresentanti degli alunni, sia nella qualità di genitori.

La scelta alimentare facoltà individuale
La scelta alimentare è una facoltà dell’individuo, espressione della libertà personale, e se minore, della famiglia mediante i genitori. Salvo non ricorrano dimostrate e proporzionali ragioni particolari di sicurezza o decoro, essa è libera e si esplica all’interno ed all’esterno delle mura domestiche, in luoghi altrui, in luoghi aperti al pubblico, in luoghi pubblici.
I giudici hanno ritenuto inidoneo e sproporzionato il divieto di permanenza nei locali scolastici per gli alunni che vogliono mangiare cibi portati da casa o acquistati in modo autonomo. Esso risulta altresì in contrasto con la circolare del ministero dell’Istruzione, dell’università e della ricerca del 3 marzo 2017 n. 348 , rivolta ai direttori degli uffici scolastici regionali, che ha consentito di consumare i cibi portati da casa, dettando alcune regole igieniche e sollecitando, per evitare possibilità di scambio di alimenti e contaminazioni, cautele analoghe a quelle relative alla somministrazione di pasti speciali, (in caso di celiachia e/o di intolleranze alimentari), anche con il supporto del Servizio di igiene degli alimenti e della nutrizione presso l’Asl territoriale.

Le norme
L’articolo 6, comma 1, del Dlgs 63/2017 aveva qualificato facoltativi i servizi mensa, attivabili a richiesta, per le alunne e agli alunni delle scuole pubbliche dell’infanzia, primarie e secondarie di primo grado. Essi possono essere assicurati nei limiti dell’organico disponibile e senza nuovi o maggiori oneri per gli enti pubblici interessati.
L’articolo 2 del Dlgs 63/2017 ha definito la competenza dello Stato, le Regioni e gli enti locali per la programmazione degli interventi per il sostegno al diritto allo studio per fornire, su tutto il territorio nazionale, anche il servizio di mensa.

La giurisprudenza
L’importante precedente è la sentenza 21 giugno 2016 numero 1059 della Corte di Appello di Torino che ha definito la refezione scolastica servizio locale a domanda individuale, non obbligatorio per l’ente locale ma facoltativo per l’utente.
È stato riconosciuto il diritto al pasto domestico quale diritto soggettivo derivante dall’ordinamento costituzionale e scolastico, in particolare dall’articolo 34, comma 2, della Costituzione che tutela il diritto all’istruzione primaria, e dalla normativa scolastica. L’attuazione di esso determina l’adozione di misure organizzative, in relazione alla specifica situazione logistica dei singoli istituti scolastici.
Alla sentenza, contro la quale il Comune di Torino ha proposto ricorso in Cassazione, hanno fatto seguito le ordinanze cautelari dei Tribunali di Torino (13 agosto e 9 settembre 2016), di Genova (20 dicembre 2016), di Napoli (25 maggio 2017), quest’ultima nell’ambito del procedimento proposto per l’annullamento della deliberazione del consiglio comunale del 10 luglio 2017 numero 21, e degli articoli 1, 2, 3 e 4 del regolamento servizio di ristorazione scolastica, che ha consentito ai dirigenti scolastici di dettare «prescrizioni di salvaguardia igienica (proporzionate e non disagevoli), per l’introduzione di alimenti esterni nelle scuole di riferimento».

Iniziative legislative
Risale al 2015 il Ddl 2037, che al 20 settembre 2017 si trova alla 9ª Commissione permanente (Agricoltura e produzione agroalimentare) del Senato in sede referente.
I servizi di ristorazione sono stati considerati parte integrante delle attività formative ed educative erogate dalle istituzioni scolastiche, nonché servizi pubblici essenziali in quanto contribuiscono a garantire il godimento dei diritti della persona, costituzionalmente tutelati, alla salute, all’assistenza e all’istruzione.
Nelle osservazioni datate 15 febbraio 2017 l’Anac ha valutato positivamente la scelta del criterio di aggiudicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa per l’aggiudicazione dei contratti pubblici relativi ai servizi di ristorazione ospedaliera, assistenziale e scolastica. È prevista anche la predisposizione di un bando tipo Anac.

Dal 1995 a oggi 3 milioni studenti hanno abbandonato la scuola

da Il Sole 24 Ore

Dal 1995 a oggi 3 milioni studenti hanno abbandonato la scuola

A giorni le classi saranno formate, gli zaini pronti, 590 mila ragazzi inizieranno le scuola
superiori e tuttavia uno di loro su quattro non arriverà al diploma. Dirà addio agli studi prima di averli portati a termine. Un dossier della rivista specializzata Tuttoscuola che
L’Espresso anticipa in esclusiva mostra come l’Italia abbia perso lungo la strada tre milioni e mezzo di studenti, dal 1995 a oggi. È una voragine: il 30,6 per cento degli iscritti è scomparso prima di raggiungere il traguardo.

E’ vero anche che in questi vent’anni sono stati alzati argini, spesso grazie a iniziative esterne, di volontari e associazioni. E che il tasso di abbandono scolastico è diminuito: nel 2018 hanno detto addio in anticipo ai professori 151mila ragazzi, il 24,7 per cento del totale, contro il 36,7 del duemila. È un miglioramento, ma non una vittoria. Perché «l’incuria intorno e lo sconforto interno che portano gli adolescenti a far cadere i libri prima di averli compresi, sono gli stessi spettri che rischiano poi di trattenerli a lungo in quella macchia che è la conta dei Neet, dei giovani che non studiano né lavorano: il vuoto lattiginoso dentro cui è chiuso un ventenne su tre al Sud».

«Si può evitare questa immane, ennesima catastrofe culturale, economica e sociale, che avviene proprio davanti ai nostri occhi disattenti e rassegnati?”, si chiede Giovanni Vinciguerra, direttore di Tuttoscuola, introducendo il dossier “La scuola colabrodo”.
«Per farlo di sicuro bisogna partire dal sistema scolastico», conclude.

A rafforzare l’urgenza del tema possono essere i conti. Tuttoscuola li ha fatti, in denaro: ha calcolato quanto ci costa questo spreco generazionale. Partendo dalla stima Ocse per cui
lo Stato investe poco meno di settemila euro l’anno a studente, per l’istruzione secondaria, il costo degli abbandoni si misura allora in cinque miliardi e 520 milioni solo considerando i
cicli scolastici 2009-2014 e 2014-2018. Cinque miliardi bruciati in nove appelli d’inizio settembre. Ancora non importa a nessuno, questo spreco? Guardando ai vent’anni presi in
considerazione dal dossier, la cifra diventa addirittura vertiginosa: 55,4 miliardi di euro.
È la misura di un fallimento sociale, oltre che economico, enorme, scrive l’Espresso.

 

Scuola, questa settimana si torna in classe: suona la campanella per 8,6 milioni, in calo al Sud

da Corriere della sera

Scuola, questa settimana si torna in classe: suona la campanella per 8,6 milioni, in calo al Sud

Al centro delle criticità la sicurezza degli edifici scolastici: negli ultimi giorni Bussetti ha dichiarato di aver sbloccato un miliardo di euro per gli adeguamenti antisismici nelle scuole, ma per gli studenti si tratta di misure insufficienti

La campanella del primo giorno di scuola è già suonata il 5 settembre scorso in Alto Adige e suonerà domani anche in Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Abruzzo e Basilicata. Saranno oltre 8,6 milioni gli studenti delle scuole statali e paritarie che fino al prossimo 20 settembre – data in cui torneranno sui banchi gli allievi in Puglia, gli ultimi per i quali il calendario regionale prevede la ripresa delle lezioni – inizieranno il nuovo anno scolastico 2018-2019.

Gli studenti

Nel nuovo anno scolastico le studentesse e gli studenti delle scuole statali saranno 7.682.635, per un totale di 370.611 classi. Di questi, 919.091 frequenteranno la scuola dell’infanzia, 2.498.521 la scuola primaria, 1.629.441 la secondaria di I grado, 2.635.582 la secondaria di II grado. Il numero totale di alunni è in leggero calo: lo scorso anno erano 7.757.849. Tra le quattro Regioni con il decremento più consistente, le prime tre sono del Sud: – 15.534 studenti in Campania, – 12.487 in Sicilia, – 11.977 in Puglia, – 5.972 in Piemonte. Sempre nella scuola statale, sono 245.723 le alunne e gli alunni con disabilità, un anno fa erano 234.658. Di questi, 21.434 frequenteranno la scuola dell’infanzia, 89.029 la primaria, 66.823 la secondaria di I grado, 68.437 la secondaria di II grado. Nella secondaria di II grado, 1.294.890 ragazzi frequenteranno un indirizzo liceale, 827.990 un indirizzo tecnico, 512.702 un indirizzo professionale. Studentesse e studenti della paritaria sono circa 880.000 (dato al 2017/2018). Le scuole sono 8.290, per un totale di oltre 40.000 sedi scolastiche presenti sul territorio nazionale. I posti del personale docente, tra organico dell’autonomia e organico di fatto, sono 822.723, di cui 141.412 di sostegno.

Le cattedre

Nei giorni scorsi i sindacati hanno lanciato l’allarme: a loro dire c’è il rischio che delle 57 mila assunzioni programmate dal ministero dell’Istruzione, se ne faranno solo 37 mila, al massimo 40 mila se andrà bene, per mancanza di candidati con i requisiti necessari, ritardi ed errori nelle graduatorie. «Lavoriamo da settimane per consentire un avvio ordinato – ha replicato il titolare del Miur, Marco Bussetti, parlando oggi a Cernobbio – abbiamo chiuso le immissioni in ruolo entro il 31 agosto, come promesso. Le cattedre che risultano vacanti verranno coperte come ogni anno con supplenti. La mancanza di alcuni docenti è fisiologica, è un falso problema, e tuttavia occorre ripensare i meccanismi di reclutamento: su questo bisogna lavorare e penso che l’unica soluzione, la migliore, sia semplificare le procedure».

I supplenti

I supplenti sarebbero circa 80 mila, il 10% quindi del personale docente. Un tema che è stato al centro dell’attenzione in queste settimane è quello della sicurezza degli edifici scolastici: negli ultimi giorni Bussetti ha dichiarato di aver sbloccato un miliardo di euro per gli adeguamenti antisismici nelle scuole, ma per gli studenti si tratta di misure insufficienti. Per gli allievi sarebbero 14 i miliardi di euro necessari per avere delle scuole sicure e il 12 Ottobre promettono una mobilitazione. Già l’11 settembre intanto un sit in Piazza del Parlamento per chiedere la riapertura delle GaE, le Graduatorie ad esaurimento, è stato promosso dal sindacato Anief. Situazione confusa, infine, in materia di vaccini: dopo una serie di emendamenti al Milleproroghe, resta l’obbligo vaccinale per la frequenza scolastica di nidi e materne per l’anno scolastico che sta per cominciare, ma sarà valida l’autocertificazione delle avvenute vaccinazioni solo fino al 10 marzo. Dopo questa data, i genitori dovranno consegnare agli istituti i certificati ufficiali.

Vaccini obbligatori per gli insegnanti, la protesta in rete per l’emendamento

da Corriere della sera

Vaccini obbligatori per gli insegnanti, la protesta in rete per l’emendamento

Scatena le polemiche l’emendamento per introdurre i vaccini obbligatori per il personale della scuola: non è stato ancora discusso, ma se fosse approvato in Parlamento, costringerebbe i prof a vaccinarsi entro la fine dell’anno

Valentina Santarpia

«Entro il 31 dicembre 2018, al fine di assicurare la tutela della salute pubblica ed il mantenimento di adeguate condizioni di sicurezza epidemiologica in termini di profilassi e di copertura vaccinale, le vaccinazioni di cui all’articolo 1, sono rese obbligatorie per tutto il personale che opera a qualsiasi titolo nei servizi educativi per l’infanzia, nelle istituzioni del sistema nazionale di istruzione, nei centri di formazione professionale regionale e nelle scuole private non paritarie nonché per gli operatori sanitari e sociosanitari»: è bastato che circolasse il testo dell’emendamento presentato dal deputato Paolo Russo di Forza Italia al decreto Milleproroghe per far scattare l’allarme tra gli insegnanti. Dopo il caos vaccini per i bambini – con il governo che ha di fatto congelato la situazione dell’anno scorso, prorogando per un altro anno la possibilità di presentare l’autocertificazione- è arrivata la doccia gelata anche per i docenti: un emendamento che, se approvato, porterebbe l’obbligo vaccinale anche tra gli insegnanti. Apriti cielo: i docenti , nei gruppi su Facebook, commentano indignati: «Non possono obbligarci». La modifica della legge prevede che, in caso di immunizzazione avvenuta in seguito alla malattia contratta in maniera naturale, il personale possa esimersi dalla vaccinazione: naturalmente, dovrà provarlo con un certificato medico o con le analisi del sangue. Le vaccinazioni, conclude l’articolo, possono essere «omesse o differite in caso di accertato pericolo per la salute».

Insulti e proteste

In realtà non si tratta di una novità assoluta, visto che anche l’ex ministra della Salute Beatrice Lorenzin in un primo momento, quando aveva introdotto l’obbligo vaccinale, aveva pensato di obbligare pure il personale scolastico a sottoporsi alle vaccinazioni. Poi l’idea era sfumata, ufficialmente per i costi eccessivi, ma in realtà anche a causa delle proteste dei sindacati, che ritenevano troppo coercitiva la possibilità di sottoporre segretari, bidelli e insegnanti alla profilassi. Adesso l’ipotesi torna in campo. E non entusiasma i prof, che in poche ore hanno riempito di commenti e insulti le bacheche dei gruppi per insegnanti: «Dovremo pagare noi i costi per gli esami per dimostrare di essere immuni: non sanno più come svuotarci le tasche», dice indignata Claudia A. «Li facciano loro!», sbotta Maria R. «La vaccinazione deve essere libera e gratuita. Il TSO vaccinale è anticostituzionale», scrive Giancarlo M..Ma c’è anche chi fa notare che, fino a qualche anno fa, per insegnare bisognava presentare un certificato di sana e robusta costituzione, e fare controlli sulla tbc. Simonetta C. è pragmatica: «Sentite: Io ho 60 anni. Nella scuola da 36. Non ho mai preso malattie dai bambini. Per la rosolia mi sono vaccinata. Se a 60 anni, con 36 e più a contatto con i bambini non ho preso neanche l’influenza ( da cui non mi vaccino( non vedo perché dovrei vaccinati adesso. Il discorso è che l’emendamento è stato proposto da forza Italia, di cui non si parla più…..dovranno trovare un argomento per avere un titolo in prima pagina? Inoltre non sembra che ci siano le coperture perché anche il governo precedente ci aveva provato, poi era stato cassato. Ora…Se trovano le coperture per vaccinarci in massa, possono trovare le coperture per darci un aumento di stipendio, che è la priorità». Ma c’è anche chi nota, come Gabriele G.: «Usciti dal marasma dell’incertezza attuale, io sono favorevole (in linea di massima) a che la gente che ha contatti numerosi, si vaccini»

«L’Invalsi non basta cambiamo le prove per valutare i ragazzi»

da Il Messaggero

«L’Invalsi non basta cambiamo le prove per valutare i ragazzi»

Intervista a Bussetti

Da domani torneranno sui banchi di scuola quasi 8 milioni di studenti, regione per regione a scaglioni in giorni diversi. Prende il via il primo anno scolastico targato Marco Bussetti. Sarà diverso dai precedenti? «In realtà l’anno si avvia con le vecchie regole, sono arrivato al ministero il 1° giugno, troppo tardi per fare grandi cambiamenti. Tuttavia ho da subito eliminato alcune criticità della Buona Scuola per riportare ordine e serenità e garantire un clima di collaborazione tra tutte le componenti del mondo della scuola. Vorrei che i nostri ragazzi trovassero scuole sicure, accoglienti e belle. Vorrei, ad esempio, che nelle scuole ci fossero gli armadietti per tutti i ragazzi. Sarebbe un modo più concreto per rendere la scuola in ambiente vivo e pieno di stimoli».

È delle ultime ore la sospensione dell’obbligatorietà del test Invalsi per l’ammissione alla maturità. Che cosa ne pensa? È possibile trovare altre procedure per valutare il sistema di istruzione?
«Le prove Invalsi si faranno, ma non saranno prescrittive ai fini dell’esame di Stato. Anche questo rinvio è una decisione di buon senso. Ci sarebbe stata, per la prima volta, una prova di inglese che gli studenti avrebbero affrontato senza avere mai avuto il tempo di sperimentare. Assurdo. La prova rimane come rilevazione degli apprendimenti, come valutazione di sistema. E poi sì, bisogna pensare anche ad altre forme di valutazione non solo degli apprendimenti ma delle soft skills (le capacità personali nell’affrontare problemi e difficoltà, ndr) come fanno molti Paesi dell’Ocse».
I risultati del test Invalsi disegnano una scuola a due velocità: Nord e Sud. Come potenziare le scuole del Sud?
«Non mi piace ragionare in termini di Nord e Sud perché il rischio è quello di generalizzare. Le scuole che presentano delle criticità vanno sostenute e potenziate. Più tempo pieno, maggior attenzione alle competenze di base, programmi di sostegno al metodo di studio. Per combattere la povertà educativa l’unica medicina è fare più scuola».
Si è deciso di rinviare l’obbligatorietà anche per l’alternanza scuola lavoro, la cui organizzazione ha comportato tante difficoltà per le scuole in questi anni. Come si può semplificare il compito degli istituti?
«Fare esperienze di alternanza è molto importante. Per orientarsi sia nel mondo del lavoro sia nelle università. Tuttavia dobbiamo ricordare che l’Italia è molto variegata. Esistono territori con profonde differenze. Le esperienze che si possono fare nelle grandi città non possono essere fatte nelle campagne. Per questo è giusto dare un numero minimo di ore di alternanza da fare e contare sull’autonomia piena delle scuole. Ciascuna scuola potrà scegliere il percorso di alternanza e la durata con un numero minimo di ore di base. E ovviamente bisognerà sostenerle. Non è la quantità ad essere importante, ma la qualità dei percorsi».
Internet da quest’anno entra in classe, con smartphone e tablet in mano ai ragazzi come strumenti didattici: è la strada giusta?
«Ricordiamoci sempre che una buona lezione è fatta da un buon maestro. Gli strumenti sono funzionali al clima relazionale e metodologico della classe. Certo poi la tecnologia avanza e dobbiamo imparare usarla nel miglior modo possibile».
Gli studenti, in un recente sondaggio pubblicato da Il Messaggero, ci dicono che spesso i docenti non sono pronti ad usare la tecnologia in classe. Come potrebbero essere aiutati?
«Prima di tutto ricordiamoci che la scuola è un mondo complesso, che ha a che fare con diverse intelligenze. Puntiamo sul rispetto dei ruoli e diffidiamo dal facile giudizio. Usare la tecnologia non significa usare i social. I docenti si stanno formando e gli studenti devono imparare che la tecnologia ha una sua grammatica, complessa come l’algebra e la geometria».
Dallo stesso sondaggio risulta che la maggioranza degli studenti usa il cellulare in classe per chattare. Che strumenti hanno i docenti per impedire gli abusi?
«Discorso complicato. La cosa fondamentale è sempre stringere un’alleanza educativa, dichiarare regole chiare e certe. In questo le famiglie possono esserci di grande aiuto. A volte capita anche che lo studente, in diretta, racconti alla mamma tramite messaggio il voto che ha preso in classe».
Per i ragazzi che non possiedono dispositivi personali, la scuola come interviene?
«Le nostre scuole si stanno ormai attrezzando, anche grazie a programmi operativi nazionali che hanno permesso e permetteranno nei prossimi anni di lavorare molto sulle nuove tecnologie acquistando dispositivi di varia natura e lasciandoli in dotazione degli studenti».
Il Consiglio di Stato ha permesso alle famiglie di mandare a scuola i bambini con il panino da casa. Come vigilare sulla salute dei bambini allergici?
«Bisognerebbe mettersi d’accordo su cosa sia davvero importante nella scuola. Ad esempio la mensa prima ancora che luogo dove si pranza è un luogo dove si condividono momenti relazionali importanti. Il valore di stare a tavola tutti insieme e mangiare, magari anche qualcosa che non ci piace, è molto più importante della scelta del cibo. A scuola si consumano spesso battaglie ideologiche che andrebbero fatte in altre sedi».
A proposito di vigilanza, per l’obbligo vaccinale è sufficiente un’autocertificazione. I presidi non sono d’accordo. E lei?
«Su questo mi rimetto interamente alle decisioni del Parlamento».
A volte però il Parlmento tra proposte e contro proposte alimenta confusione tra le famiglie. Vuole fare un appello ai politici per frenare le polemiche?
«Ma un appello lo farei proprio a tutti. In Italia siamo tutti un po’ ct della Nazionale e insegnanti. Se cominciassimo a pensare alla scuola come luogo di condivisione di crescita, il nostro Paese avrebbe sicuramente un futuro migliore».
Lorena Loiacono

Maturità, sospeso l’obbligo dell’Invalsi

da Il Messaggero

Maturità, sospeso l’obbligo dell’Invalsi

Pezzo per pezzo sta venendo giù la Buona scuola di Renzi, con un emendamento al Milleproroghe infatti sono stati scardinati i requisiti di ammissione alla maturità del 2019: il test Invalsi e l’alternanza scuola lavoro vengono sospesi. Valutazione e formazione on the job, vale a dire i cardini dell’innovazione introdotta dai decreti attuativi della legge 107 per riformare l’esame, non ne faranno più parte. Un emendamento al Milleproroghe fa slittare di due anni l’obbligo di partecipazione ai test Invalsi nell’ultimo anno di scuola superiore. L’obbligo era previsto, per la prima volta, proprio dall’esame conclusivo dell’anno scolastico 2018-2019. Identica procedura verrà riservata all’obbligo di svolgere l’Alternanza scuola-lavoro negli ultimi tre anni delle superiori per accedere all’esame di Stato. Lo stesso ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, del resto, aveva già anticipato la volontà di mettere mano alla maturità e di voler rivedere i criteri dell’alternanza. Ad accogliere con soddisfazione l’emendamento sono soprattutto gli studenti che hanno intrapreso una lunga battaglia per opporsi alle modalità dei test con manifestazioni e boicottaggi, tra schede annullate e scioperi che arrivavano ogni anno in concomitanza delle prove. L’obbligo introdotto dai decreti attuativi della Buona Scuola, infatti, serviva proprio per evitare che i ragazzi dell’ultimo anno boicottassero il test, giocandosi così la possibilità di sostenere l’esame di maturità. Secondo le novità introdotte dalla prossima maturità i ragazzi dell’ultimo anno delle superiori sono chiamati a sottoporsi a un test al computer per dimostrare le loro competenze in Italiano, Matematica e Inglese.

FORMAZIONE

Il test, stando alla Buona Scuola, non avrebbe dato alcun punteggio o votazione ai fini dell’esame, ma sarebbe stato comunque indispensabile svolgerlo. Non sarà più così: tutto sospeso fino all’anno scolastico 2019/2020. Lo stesso discorso vale per l’Alternanza scuola-lavoro, altro tassello fondamentale della riforma Renzi che prevedeva, per la maturità del 2019, che gli studenti completassero il triennio di alternanza prima di sedersi all’esame per poi riferirne durante la prova orale. Anche in questo caso l’esperienza non avrebbe dato esito ad alcuna votazione ma sarebbe stata considerata come formazione dello studente. In base alla legge 107 del 2015, sono 200 le ore da svolgere nei licei e 400 negli istituti tecnici e professionali negli ultimi tre anni di scuola. Il ministero dell’istruzione si era impegnato a stanziare, ogni anno, 100 milioni di euro per sostenere i percorsi. Con lo slittamento inserito nel Milleproroghe anche questa parte della Buona scuola verrebbe meno. Inoltre la maggioranza vorrebbe rivedere i criteri dell’alternanza scuola lavoro nei licei, dove è più difficile organizzare gli stage restando legati alle materie di studio. Ma allora, senza obbligo di formazione on the job e test Invalsi, cosa resta della nuova maturità del 2019? I candidati non avranno più tre prove scritte ma due: italiano e prova di indirizzo. È stata abrogata la terza prova scritta, il cosiddetto quizzone, con domande scelte direttamente dalla commissione. Il colloquio orale verterà su tutte le materie. I punteggi legati alla carriera scolastica avranno maggiore peso sul voto finale rispetto al passato, con un massimo di 40 punti, mentre le due prove scritte e il colloquio avranno un massimo di 20 punti ciascuno.
Lorena Loiacono

Riforma sostegno, Profilo di Funzionamento: cos’è, chi lo redige, cosa contiene

da Orizzontescuola

Riforma sostegno, Profilo di Funzionamento: cos’è, chi lo redige, cosa contiene

di Nino Sabella

Il D.lgs. n. 66/2017 detta nuove norme in materia di inclusione degli studenti disabili certificati, promuovendo la partecipazione della famiglia e delle associazioni di riferimento, quali interlocutori dei processi di inclusione scolastica e sociale.

Tra le novità la redazione di un nuovo documento, ossia il profilo di funzionamento.

Cos’è

Il profilo di funzionamento (PF) è il documento propedeutico alla redazione del PEI.

Il PF:

  •  sostituisce, ricomprendendoli, la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale;
  • è redatto dopo l’accertamento della disabilità, secondo i criteri del modello bio-psicosociale della Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute (ICF).
  • definisce anche le competenze professionali e la tipologia delle misure di sostegno e delle risorse strutturali necessarie per l’inclusione scolastica; evidenziamo che tali competenze non erano in precedenza riconosciute alla diagnosi funzionale e al profilo dinamico funzionale.

Chi lo redige

Il PF è redatto dall’unità di valutazione multidisciplinare, di cui al DPR 24 febbraio 1994, sulla base della certificazione di disabilità inviata dai genitori.

L’ unità di valutazione multidisciplinare è composta da:

  1. a) un medico specialista o un esperto della condizione di salute della persona;
  2. b) uno specialista in neuropsichiatria infantile;
  3. c) un terapista della riabilitazione;
  4. d) un assistente sociale o un rappresentante dell’Ente locale di competenza che ha in carico il soggetto.

Alla redazione del PF collaborano i genitori dell’alunno e un rappresentante dell’amministrazione scolastica, individuato preferibilmente tra i docenti della scuola frequentata dal soggetto interessato.

Aggiornamento

Il profilo di funzionamento va aggiornato al passaggio di ogni grado di istruzione, a partire dalla scuola dell’infanzia.

Può essere, inoltre, aggiornato in caso di nuove condizioni di funzionamento della persona disabile.

Linee Guida Miur

Criteri, contenuti e modalità di redazione del PF saranno definiti in apposite Linee Guida, da adottare tramite un decreto del Ministero della Salute, di concerto con il Miur, con i Ministeri del Lavoro e delle Politiche sociali, dell’Economia e delle Finanze, per gli affari regionali e le autonomie, sentito l’Osservatorio permanente per l’inclusione scolastica (introdotto dall’articolo 15 del decreto) e previa intesa in sede di Conferenza Unificata. Tale decreto deve essere adottato entro 180 giorni dall’entrata in vigore del decreto (66/2017) oggetto della nostra trattazione (ricordiamo che il decreto è entrato in vigore il 31 maggio 2017).

Decorrenza

Il profilo di funzionamento sostituirà la diagnosi funzionale e il profilo dinamico funzionale a partire dal 1° gennaio 2019.

Supplenze brevi, quando si può nominare e quando no su posto di potenziamento

da Orizzontescuola

Supplenze brevi, quando si può nominare e quando no su posto di potenziamento

di Nino Sabella

Il Miur, con circolare n. 37856 del 28 agosto 2018, ha impartito istruzioni e fornito indicazioni in materia di attribuzione delle supplenze per l’anno scolastico 2018/19.

circolare n. 37856 del 28 agosto 2018

La circolare fornisce, tra le altre, indicazioni anche in materia di supplenze brevi su posti di potenziamento, chiarendo quando è possibile o meno assegnarle, in caso di assenza breve e saltuaria.

Ricordiamo che per le supplenze brevi e saltuarie le graduatorie da cui attingere sono quelle di istituto.

Divieto nomina

Il divieto di nomina sui posti di potenziamento vige nei casi di supplenza breve e saltuaria, per cui non è possibile sostituire con un supplente (inserito nelle graduatorie di istituto) il docente impiegato su posto di potenziamento (per l’intero orario di servizio, previsto dall’articolo 28 del CCNL 2007, confermato dal CCNL 2016/18 nelle parti non disciplinate dal medesimo).

Così leggiamo nella circolare:

I posti del potenziamento introdotti dall’art. 1 comma 95 della Legge 13 luglio 2015 n. 107 non possono essere coperti con personale titolare di supplenze brevi e saltuarie, ad eccezione delle ore di insegnamento curriculare eventualmente assegnate al docente nell’ambito dell’orario di servizio contrattualmente previsto nel rispetto dell’art.28 comma 1 del CCNL 2016/18 e purché si tratti di assenze superiori a 10 giorni.

Possibilità di nomina

Come si legge nel sopra riportato paragrafo della circolare Miur, il divieto di nomina su posti di potenziamento per supplenza breve e saltuaria prevede uneccezione: “… ad eccezione delle ore di insegnamento curriculare eventualmente assegnate al docente nell’ambito dell’orario di servizio contrattualmente previsto“.

Nel caso, dunque, il docente impiegato sul posto di potenziamento svolga anche ore curricolari, occupando quindi un posto/cattedra “mista/o”, è possibile nominare il supplente per le sole ore di insegnamento curricolare. Esempio: un docente di scuola media svolge 9 ore di potenziamento e 9 ore curricolari; la supplenza sarà attribuita soltanto per le 9 ore curricolari.

Un’altra condizione per poter nominare, secondo quanto detto sopra, è che la supplenza sia superiore a 10 giorni (ciò vale anche per le altre tipologie di supplenze).