P. Adamo – P. Sollecito, DirCi di Sì

Empatiche Diafonie

di Carlo De Nitti

 

Le relazioni umane e le comunicazioni in cui si sostanziano costituiscono il fulcro del volume di PASQUALE ADAMO e PATRIZIA SOLLECITO, DirCi di Sì, recentemente edito a Bari da WIP Edizioni, prefato da Cenzio Di Zanni, giornalista di vaglia.

Un testo empaticamente diafonico che descrive storie e relazioni tra persone, offrendo loro nuove possibilità. PATRIZIA SOLLECITO disegna situazioni umane con poche eccelse parole che, sapientemente forgiate, generano immagini e scolpiscono condizioni esistenziali. PASQUALE ADAMO offre scelte, svela emozioni, apre possibilità di evoluzione di una realtà che non può che essere aperta. Da mental coach, non prospetta soluzioni predeterminate, “ricette”, ma indice percorsi, sentieri, che, al contrario degli heideggeriani Holzwege, conducono verso la luce del vivere con migliore consapevolezza la loro dimensione di vita.

“E poi gli errori stanno lì per essere vissuti” (p. 17).

“La cura è una forma tenerissima di amore” (.p. 30).

Sono esse due paradigmatiche epigrafi del volume: dirsi/dirci reciprocamente / empaticamente di sì è sempre costruire insieme relazioni positive perché “dare è la migliore forma di comunicazione” (p. 53).

I lettori che, c’è da augurare, saranno tantissimi entrano in contatto con le vite: “in queste pagine risuona un inno all’umanità. Che significa coscienza della propria vulnerabilità”, chiosa Cenzio Di Zanni (p. 9). Scoprire le dimensioni patiche dell’esistenza attraverso la scrittura significa entrare in contatto con il mondo plurale della vita, facendosi carico consapevole dei propri “mali” e delle possibili ”cure”. in una società che censura l’errore, il dolore, la stanchezza, la difformità.

Per tutti, autori e lettori, la letto-scrittura è un metodo efficace per guarire e riscrivere la nostra storia da guariti cicatrizzati” (p. 79), da viandanti apolidi che, par hasard, si incontrano, si accolgono, si dicono di sì, proseguono nei loro cammini so(li)dali, ringraziandosi. Forse.

SCUOLA MESSA KO DA AUTONOMIA E LEGGE 107

ASSEMBLEA GILDA, DI MEGLIO: “SCUOLA MESSA KO DA AUTONOMIA E LEGGE 107, SERVE INVERSIONE DI ROTTA”  

 

“L’autonomia scolastica prima e la legge 107/2015 dopo hanno inferto ferite profonde al nostro sistema scolastico: è tempo che la politica si impegni in un’analisi concreta e seria per trovare una via di uscita. Non chiediamo necessariamente un ritorno al passato, ma vogliamo che al futuro della scuola sia data una speranza di cambiamento”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, in un passaggio del suo discorso all’assemblea nazionale del sindacato in corso a Salerno.

“Il fatto che dei 57mila posti disponibili per le immissioni in ruolo meno della metà siano stati coperti è la dimostrazione del malfunzionamento della macchina amministrativa di cui sono responsabili la legge 107/2015 e la riforma dell’autonomia scolastica che ha voluto smantellare l’amministrazione centrale”, ha spiegato Di Meglio.

Rivolgendosi alla platea di delegati provenienti da tutta Italia, il coordinatore nazionale della Gilda si è soffermato, poi, sul tema del reclutamento, definendolo uno dei tanti tasselli della legge 107 che fa acqua da tutte le parti. “Il sistema dei concorsi previsto dalla cosiddetta Buona Scuola, che prevede un percorso di 3 anni, è estremamente macchinoso e, dunque, destinato a fallire. A breve presenteremo una proposta di legge alla quale stiamo lavorando per semplificare la procedura”.

In merito alla questione delle norme disciplinari, il coordinatore della Gilda ha sottolineato la necessità di istituire un giudice terzo nei procedimenti a carico dei docenti per garantire anche a loro, come avviene nelle altre amministrazioni, un ufficio disciplinare indipendente. Sul fronte del bonus merito, infine, Di Meglio ha ribadito la netta contrarietà verso la presenza di genitori e alunni nel comitato di valutazione: “Si tratta di un’offesa cocente alla dignità dei docenti ai quali deve essere garantita la libertà di insegnamento”.

Ddl Concretezza

Ddl Concretezza: norme poliziesche che offendono i lavoratori del pubblico impiego
L’articolato del DdL Concretezza nasconde dietro ad alcune buone intenzioni, un impianto autoritario pericoloso, perché incentrato sul controllo dei dipendenti del pubblico impiego.
E’ vero che risolve il paradosso della stabilizzazione dei precari degli Enti di Ricerca: lo stanziamento previsto dalla legge di bilancio 2018, ottenuto dopo una dura battaglia della FLC CGIL e dei precari, era infatti bloccato dalla norma che vietava di incrementare il fondo accessorio oltre la soglia del 2016 impedendo di fatto di utilizzare le risorse stanziate. Col Ddl sarà dunque permesso ai fondi di aumentare, senza ingiuste penalizzazioni per il personale.
Tuttavia le criticità contenute nel testo, soprattutto per il mondo della Scuola, sono davvero preoccupanti.
Intanto è singolare che per varare il piano triennale della concretezza nel pubblico impiego sia necessario coordinarsi con il Ministero dell’Interno. Questo particolare, non secondario, chiarisce fin dall’inizio l’aspetto “poliziesco” del piano. E’ preoccupante l’interesse al controllo “biometrico” delle presenze anche se per il personale docente ed educativo si demanda l’attuazione ad un decreto del MIUR. Simili interferenze sono lesive dell’autonomia organizzativa delle scuole oltre che funzionali ad una propaganda politica, falsa ed ingiustificata, che si iscrive dentro l’onda lunga della denigrazione del lavoro pubblico.
Siamo doppiamente preoccupati inoltre, perché l’organizzazione del lavoro, dunque anche il “controllo”, è materia contrattuale, e in sede contrattuale deve essere trattata, non può essere definita per legge. Con questi interventi si riducono gli spazi di contrattazione delle RSU che abbiamo conquistato con tanta fatica.
Ci sono poi le solite incongruenze: che cosa significa che per il personale pagato da NoiPa si debbano utilizzare “i servizi di rilevazione delle presenze dal sistema “NoiPA” del Ministero dell’economia e delle finanze”? Materialmente come avviene la cosa? Deve esserci qualcuno che lo fa: chi? Le segreterie?

Si tratta in sostanza dell’ennesima iniziativa propagandistica che istituisce un altro inutile e costoso organismo (a carico dei contribuenti): di “concreto” in questo provvedimento c’è solo la prosecuzione della persecuzione dei lavoratori pubblici, utilizzando a questo scopo perfino le Prefetture. Si tratta, da parte della ministra Bongiorno, di un “brunettismo” di ritorno.

Cambiano le legislature e i governi, ma resta la linea consueta della polemica contro i fannulloni nelle PP.AA, da controllare finanche facendo ricorso alle impronte digitali, una costante permeata da una rappresentazione demagogica insopportabile. Ci saremmo aspettati, alle porte del rinnovo dei contratti pubblici, scelte politiche di segno diverso, con l’obiettivo di rilanciare con investimenti mirati attraverso lo strumento del Contratto, la qualità dei servizi e la qualità del lavoro nelle pubbliche amministrazioni.

Scuola, sei cattedre su dieci restano vuote. Aumentano i supplenti

da la Repubblica

Scuola, sei cattedre su dieci restano vuote. Aumentano i supplenti

Sugli oltre 57.300 posti autorizzati quest’anno dal Miur solo il 44% è andato a docenti di ruolo. Graduatorie esaurite, così crescono i precari

Ilaria Venturi

Le cattedre di ruolo ci sono, mancano i docenti da assumere. Sempre di più. Al punto che quest’anno sei cattedre su dieci sono andate deserte. Al termine delle immissioni in ruolo i numeri raccontano l’ennesimo paradosso della scuola: un sistema di reclutamento che fa acqua da tutte le parti. Quest’anno il Miur ha chiesto (e il ministero dell’Economia ha autorizzato) 57.322 nuove assunzioni per l’anno scolastico 2018-19. Ebbene solo 25.105, ovvero il 43,8%, sono andate a buon fine. Con percentuali ancora più basse alle medie (5.710 nomine su 20.999 posti disponibili – il 27%) e alle superiori (7.416 nomine su 18.925 posti – il 39%). E il dramma è sul sostegno dove su 13.329 posti sono stati assunti solo 1.682 insegnanti (12,6%): mancano al Nord e in Sardegna gli specializzati.

L’anno scorso i posti coperti furono il 75,6%: su 51.773 cattedre di ruolo furono assunti 29.841 insegnanti. Quest’anno la situazione è peggiorata perchè la graduatoria del concorso 2016 è ormai esaurita e solo uno dei tre concorsi annunciati nel 2018-19 è in corso. Anche le Gae, le graduatorie ad esaurimento che costituiscono l’altro canale per essere assunti a tempo idneterminato, sono esaurite nella maggior parte delle discipline, tra cui le materie scientifiche: matematica, fisica, scienze alle medie e superiori. Infine, il Fit, il percorso triennale di formazione varato dall’ex ministra Valeria Fedeli, non è arrivato al termine nella maggioranza dei casi: “Solo nel Lazio le commissioni hanno programmato le prove per novembre”, denuncia Lena Gissi, segretaria della Cisl scuola.

I dati emergono da un incontro oggi al Miur coi sindacati proprio sul personale della scuola. È al Nord che è stato assegnato il minor numero di cattedre: quasi 13mila su oltre 34mila (il 37,4%); va meglio al Centro (41%) e soprattutto al Sud dove sono stati assunti 8.040 insegnanti su 12.702 posti a disposizione (63%). A soffrire della carenza di docenti di ruolo sono soprattutto le medie e le superiori, mentre sulla materna la copertura dei posti è arrivata all’82% e alla primaria al 64%.

Il sostegno. Qui il racconto è di un Paese diviso: gli specializzati mancano al Nord e in Sardegna. I posti disponibili al Nord erano 10.350, quante assunzioni sono state fatte? Appena 452. Al Sud invece sono stati assunti 800 specializzati, ma su 1.342 cattedre. “La mancanza di specializzati rappresenta solo una parte del Paese, il problema è che al Sud ci sono ma non vengono messi in ruolo i posti, siamo usati come precari: veniamo chiamati in deroga, come per sopperire un’emergenza che non è reale perché occupiamo cattedre in realtà vuote e sopperiamo a necessità di studenti che ci sono ogni anno”, spiega Francesca Cimmino del gruppo delle superiori “Idonei fantasma sostegno della Campania”. “La cosa più scandalosa è non poter garantire la continuità didattica ai nostri alunni. Io stesso non so se sarò affidata alla stessa scuola dello scorso anno”.

I sindacati: “Fare i concorsi”. Lena Gissi scuote la testa e ironicamente commenta: “Impressionanti i vuoti delle assunzioni. Il Mef si lecca i baffi con tutti questi posti restituiti, un assurdo. La situazione sta peggiorando e non si risolverà se non ci saranno bandi immediati di concorso e poi occorre assumere provvedimenti per gli abilitati di seconda fascia. Insomma, il problema è riuscire a programmare il fabbisogno, riconosciamo il lavoro avviato dalla ministra Fedeli e la buona volontà di Bussetti, ma oggi va aperta la discussione sui meccanismi reclutamento, e va fatto subito non a giugno 2019”. Il ministro Marco Bussetti al videoforum di Repubblica ha promesso concorsi ordinari. E l’assunzione di 10mila insegnanti di sostegno. “Nonostante tutti gli annunci e le promesse dei ministri su un avvio dell’anno regolare, la scuola parte con molte cattedre vuote ed è grave, il sistema di copertura dei posti ha bisogno di essere ripensato e questo vale anche per il personale Ata”, attacca Annamaria Santoro, segretaria della Flc-Cgli.

La Buona Scuola: cosa salvare

da la Repubblica

La Buona Scuola: cosa salvare

Andrea Gavosto, Fondazione Agnelli

Le prime mosse del nuovo governo in campo scolastico sono rivolte a cancellare alcuni pezzi della Buona scuola. Fra questi, la ( limitata) possibilità del dirigente scolastico di scegliere i docenti che più servono al proprio istituto, l’alternanza scuola- lavoro e l’obbligo di partecipare ai test Invalsi per accedere all’esame di maturità, come ha spiegato il ministro Bussetti a RepubblicaTv. Benissimo, si dirà: la riforma del governo Renzi è impopolare fra i docenti, mal disegnata in origine, preoccupata soprattutto di assumere schiere di precari senza verificarne le competenze (ma in questo caso l’attuale governo non sembra cambiare rotta).

Le misure già prese e altre annunciate in Parlamento – come la completa eliminazione dei test Invalsi – fanno intravedere, tuttavia, un disegno più ampio: come se la maggioranza giallo- verde volesse progressivamente minare il modello di autonomia che ha guidato la scuola negli ultimi 20 anni, senza che però traspaia un’alternativa chiara e credibile. La scuola dell’autonomia, voluta da Luigi Berlinguer, prevede che gli istituti abbiano ampi margini di manovra sui contenuti e gli orari degli insegnamenti, superando la rigidità dei vecchi programmi ministeriali; la gestione delle risorse umane e finanziarie, con un ruolo rafforzato dei presidi; il rinnovamento della didattica; la risposta agli specifici bisogni dei territori. Così è, anche in modo più spinto, in molti paesi europei. L’autonomia deve però andare di pari passo con una seria rendicontazione dei risultati delle scuole al ministero e alle famiglie, a partire dagli apprendimenti: di qui la necessità di un sistema di valutazione, ancora inviso a molti docenti. Di una valutazione che confronti le scuole per sapere di ognuna a che livello si colloca e aiutarne il miglioramento. Va detto che, pur con alcuni successi, l’autonomia non ha raggiunto i suoi obiettivi. Oggi la scuola non è così diversa da 20 anni fa. È mancato il coraggio di spingersi fino in fondo e, alla fine, chi di fatto ha lasciato languire l’autonomia è la stessa sinistra riformista che l’aveva creata. In parte per motivi nobili, come il timore che accentui i divari fra scuole, già eccessivi nel nostro Paese, con il rischio che le migliori attraggano gli insegnanti e gli studenti più bravi, lasciando le altre in un circolo vizioso; in parte per motivi meno nobili, come la paura di scontentare gli insegnanti ( è successo comunque!), storicamente orientati a sinistra, ma spesso conservatori per quel che riguarda criteri di assunzione, orari di lavoro, restii ad accettare di non essere tutti egualmente bravi e motivati. Ma se la stagione dell’autonomia scolastica si sta esaurendo, qual è il modello di scuola del ” governo del cambiamento”? Non è affatto chiaro. Il M5S asseconda le pulsioni egualitarie dei docenti, sacrificando ogni possibilità di distinzione e carriera in base al merito, depotenziando il ruolo di presidi e valutazione. C’è forse nostalgia del centralismo, quando tutto era deciso dal ministero attraverso circolari e graduatorie? Oggi, però, non è pensabile governare così un sistema di un milione di insegnanti, 8 milioni di studenti e 80.000 scuole, con bisogni complessi e diversificati. E, davvero, sappiamo che fra i docenti «uno vale uno» non funziona. Nel Dna della Lega vi è invece la scuola delle regioni, alle quali trasferire tutte le competenze sull’istruzione. Contando su ampie risorse, Lombardia e Veneto sarebbero in grado di garantire risultati scolastici eccellenti e disegnare i sistemi più adatti alle esigenze di sviluppo locale. Ma le regioni del Sud, già oggi nelle ultime posizioni in Europa? Il rischio è che, lasciate da sole, sprofondino ancora di più, accentuando la frattura fra le due Italie. La scuola italiana è forse a un passaggio importante: da un modello incompiuto e probabilmente già esaurito a un altro i cui contorni ancora non si vedono, ma potrebbero svelare un ircocervo di visioni incompatibili e perciò irrealizzabili. Limitarsi a distruggere, senza riflettere su dove si vuole andare, sarebbe un rimedio peggiore del male.

Andrea Gavosto è direttore della Fondazione Agnelli

Concorso dirigenti scolastici, confermato: prova scritta 18 ottobre. E’ in Gazzetta

da Orizzontescuola

Concorso dirigenti scolastici, confermato: prova scritta 18 ottobre. E’ in Gazzetta

di redazione

Sarà giorno 18 di ottobre la prova scritta del Concorso per Dirigenti Scolastici. La conferma, dopo la nostra notizia data in anteprima qualche giorno fa e ripresa da piccole testate di argomento scolastico e da alcuni sindacati, con la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.

Tempistica

La prova scritta si svolgerà il prossimo 18 ottobre.

Ecco pubblicazione in Gazzetta

Concorso

La procedura concorsuale, per l’ammissione al corso dirigenziale di formazione e tirocinio, si articola in:

  • una prova scritta;
  • una prova orale.

Modalità svolgimento e Durata

La prova si svolge al computer ed ha una durata di 150 minuti.

La prova si articola in cinque quesiti a risposta aperta e due quesiti in lingua straniera.

Quesiti a risposta aperta

I cinque quesiti a risposta aperta riguardano le seguenti tematiche:

a) normativa riferita al sistema educativo di istruzione e di formazione e agli ordinamenti degli studi in Italia con particolare attenzione ai processi di riforma in atto;

b) modalita’ di conduzione delle organizzazioni complesse, con particolare riferimento alla realta’ delle istituzioni scolastiche ed educative statali;

c) processi di programmazione, gestione e valutazione delle istituzioni scolastiche, con particolare riferimento alla predisposizione e gestione del Piano Triennale dell’Offerta Formativa, all’elaborazione del Rapporto di Autovalutazione e del Piano di Miglioramento, nel quadro dell’autonomia delle istituzioni scolastiche e in rapporto alle esigenze formative del territorio;

d) organizzazione degli ambienti di apprendimento, con particolare riferimento all’inclusione scolastica, all’innovazione digitale e ai processi di innovazione nella didattica;

e) organizzazione del lavoro e gestione del personale, con particolare riferimento alla realta’ del personale scolastico;

f) valutazione ed autovalutazione del personale, degli apprendimenti e dei sistemi e dei processi scolastici;

g) elementi di diritto civile e amministrativo, con particolare riferimento alle obbligazioni giuridiche e alle responsabilità tipiche del dirigente scolastico, nonché di diritto penale con particolare riferimento ai delitti contro la Pubblica Amministrazione e in danno di minorenni;

h) contabilità di Stato, con particolare riferimento alla programmazione e gestione finanziaria presso le istituzioni scolastiche ed educative statali e relative aziende speciali;

i) sistemi educativi dei Paesi dell’Unione Europea.

Quesiti in lingua

I quesiti in lingua straniera sono due, ciascuno dei quali consiste in cinque domande a risposta chiusa, volte a verificare la comprensione di un testo nella lingua prescelta dal candidato tra inglese, francese, tedesco e spagnolo.

Le materie, su cui vertono i due quesiti, sono quelle indicate nelle sopra riportate lettere d) o i).

I quesiti sono formulati e svolti nella lingua straniera prescelta dal candidato, al fine di verificarne la conoscenza al livello B2 del CEF.

Punteggio

Il punteggio massimo conseguibile è di 100 punti, derivanti dalla somma dei punteggi ottenuti in ciascuno dei sette quesiti (5 a risposta aperta più 2 a risposta chiusa).

A ciascuno dei cinque quesiti a riposta aperta è attribuito un punteggio massimo di 16 punti.

ciascuno dei quesiti in lingua straniera è attribuito un punteggio massimo di 10 punti (2 per ciascuna risposta chiusa corretta).

Il punteggio totale della prova è quindi uguale a: (16×5)+(10×2)= 80+20=100

Superamento prova

Per superare la prova ed ottenere l’ammissione alla prova è necessario conseguire un punteggio minimo.

Il succitato punteggio minimo pari a 70 punti.

Premio “Storie di alternanza”, Miur invita alla partecipazione. Iscrizioni entro il 19 ottobre

da Orizzontescuola

Premio “Storie di alternanza”, Miur invita alla partecipazione. Iscrizioni entro il 19 ottobre

di redazione

Il Miur, con apposita nota, invita gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado a partecipare al Premio delle Camere di Commercio “Storie di alternanza” -Seconda Edizione 2018-2019.

Finalità

L’iniziativa si propone la finalità di valorizzare e dare visibilità ai racconti dei progetti di alternanza ideati, elaborati e realizzati dagli studenti e dai tutor delle scuola statali e paritarie. A tal fine, pertanto, si invitano alla partecipazione gli studenti frequentanti i Licei e gli Istituti tecnici e professionali che abbiano svolto, a partire dall’a.s. 2017/2018, un percorso di alternanza  presso Imprese, Enti, Professionisti, in Impresa formativa simulata o altro.

Iscrizioni

Il Premio si articola in due sessioni:

  • Sessione II semestre 2018, il cui termine per l’iscrizione e l’invio della documentazione scade il 19 ottobre 2018;
  • Sessione I semestre 2019, il cui termine per l’iscrizione e l’invio della documentazione decorre dal l° febbraio 2019 e scade il 12 aprile 2019.

Per tutti i dettagli leggi la nota Miur

Concorso abilitati aperto a 4.000 ITP. Il 4 dicembre la Camera di Consiglio

da Orizzontescuola

Concorso abilitati aperto a 4.000 ITP. Il 4 dicembre la Camera di Consiglio

di redazione

Anief – È una nuova soddisfazione quella che arriva dal TAR Lazio e una nuova conferma di un successo tutto targato Anief che vede l’emanazione da parte del TAR del Lazio di nuovi provvedimenti di pieno accoglimento che confermano il diritto alla partecipazione alle prove concorsuali 2018 dei docenti in possesso di diploma ITP.

Gli Avvocati Fabio Ganci e Walter Miceli ottengono piena ragione sul Miur in tribunale riaprendo il concorso riservato 2018 a più di 4mila docenti ITP precari da anni. Attese, nelle prossime ore, le ordinanze cautelari relative alle altre categorie di docenti che da anni lavorano nella scuola pubblica perché hanno conseguito il diploma presso l’Accademia delle Belle Arti, i Conservatori e l’Accademia di Danza o sono risultati idonei ai precedenti concorsi, abilitati all’estero o in corso di specializzazione sul sostegno, ma esclusi dal Miur dall’accesso al percorso FIT riservato.

Il TAR, inoltre, potrebbe sollevare nella prossima Camera di Consiglio del 4 dicembre una nuova questione di illegittimità costituzionale sulla specifica e peculiare condizione degli insegnanti tecnico pratici e di tutti gli altri insegnanti che non hanno potuto frequentare un percorso ordinario di abilitazione (SSIS, Cobaslid, AFAM o TFA). “L’accesso al concorso 2018 di docenti che da anni lavorano nella scuola pubblica ma che da altrettanto tempo non avevano mai avuto modo di conseguire un’abilitazione con procedura ordinaria – spiega Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief e segretario confederale Cisal – è un atto dovuto. Come sindacato non potevamo non intervenire per sanare ancora una volta le illegittimità poste in essere dal Ministero dell’Istruzione nei confronti di migliaia di lavoratori precari, da anni impegnati a insegnare nelle nostre scuole, e in attesa di poter accedere alle immissioni in ruolo”.

Ancora una volta, dunque, la battaglia Anief al fianco dei docenti precari è risultata vincente. Il sindacato informa tutti gli interessati che si sono affidati con fiducia al nostro sindacato per la tutela dei propri diritti e rivendicare la partecipazione al concorso 2018 riservato, che l’Ufficio Legale sta predisponendo le specifiche istruzioni da seguire e le diffide da far pervenire agli Uffici Scolastici Regionali di proprio interesse in modo da trasmettere il favorevole provvedimento che permetterà loro di accedere alle prove concorsuali riservate anche, eventualmente, attraverso la predisposizione di apposite sessioni suppletive ove le prove orali dovessero essersi già svolte.

Concorso docenti infanzia e primaria, due bandi entro il 2018 e i nodi del contingente

da La Tecnica della Scuola

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Sostegno ed inclusione scolastica, cosa cambia?

da La Tecnica della Scuola

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Concorso dirigenti scolastici, prove psico-attitudinali al posto dei test nozionistici: cresce la richiesta

da La Tecnica della Scuola

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Festival della filosofia sul tema della verità

da La Tecnica della Scuola

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BES e DSA, confermati i piani didattici personalizzati

da La Tecnica della Scuola

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