Riflessioni di settembre

Riflessioni di settembre

di Stefano Stefanel

 

Sul Corriere della sera di oggi (16 settembre 2018) appaiono due notizie che mi riguardano. Non perché parlino di me o delle scuole che dirigo, ma perché descrivono comportamenti dirigenziali opposti ai miei. Le notizie che riporto vengono desunte dai giornali, visto che non ho alcuna conoscenza dei fatti o dei colleghi. Quindi possono anche non essere nella realtà così come vengono raccontate. Riporto anche i titoli del Corriere della sera, perché sintomatici di quello che secondo i mass media interessa il pubblico sulla scuola. Non intendo dare giudizi sul lavoro dei colleghi, ma certamente mi viene spontanea una riflessione quando altrove vedo direzioni che intraprendono vie opposte a quelle che sto percorrendo io. Diciamo che sono riflessioni private che faccio in pubblico e che magari si riferiscono a notizie date non nella maniera corretta. Ma tant’è: gli argomenti sono di grande attualità e valore e credo sia ora di finirla con un approccio che mette sullo stesso piano tutto e il suo contrario.

 

ALUNNI ISCRITTI, ALUNNI ACCETTATI

Titola il Corriere della sera a firma di Luca Marconi: “Liceali e professori al mare. ‘Le aule non bastano per tutti’”. Nel Liceo classico Jacopo Sannazzaro di Napoli ci sarebbero 48 aule per 53 classi, quindi si fanno i turni ed alcune classi svolgono attività extra-moenia, attività che sono contestate da una parte degli studenti, ma che valgono nel conteggio delle ore curricolari. Quest’estate era stata fatta circolare la notizia che al Liceo Jacopone da Todi di Todi era stata costituita una classe prima con 39 studenti, poi sdoppiata dal Miur (Il FattoQuotidiano, 11 agosto 2018). Tutto questo riporta alla mente quello che scriveva La Repubblica il 14 febbraio 2018 e cioè che nei Licei milanesi Leonardo da Vinci, Einstein e Volta le iscrizioni venivano accettate in base ai risultati ottenuti nelle scuole secondarie di primo grado o in base a test appositamente creati per selezionare i migliori studenti.

Perché queste notizie mi riguardano? Perché anch’io dirigo un Liceo scientifico che ha più iscritti di quanti può contenerne. Anch’io come i Licei milanesi non accetto tutte le iscrizioni, ma lo faccio non in base ad un presunto merito (diciamo anche che non credo affatto che le Scuole secondarie di primo grado della zona abbiano comuni criteri di valutazione), ma solo tenendo conto della distanza dell’abitazione dell’alunno dal Liceo che dirigo integrata dalla distanza di quell’abitazione dal Liceo più vicino. Diciamo che attuo delle iscrizioni di tipo “popolare”: tutti possono accedere al Liceo. Non credo che i Licei di città debbano “uccidere” i Licei della provincia, né che un voto a quattordici anni debba precludere un progetto di vita.

Se però nel sistema scolastico italiano ci sono visioni così diverse qualche domanda ce la possiamo porre, qualunque sia l’orientamento che abbiamo. Se siamo scuola dell’obbligo e siamo anche scuola pubblica non credo la soluzione migliore sia quella di costituire più classi di quanti siano gli spazi disponibili, né quella di creare selezioni che rafforzano ancora di più i Licei a scapito degli Istituti Tecnici e Professionali. E soprattutto che rafforzano nell’opinione pubblica la percezione che il Liceo sia una scuola “superiore” agli altri indirizzi. Ritengo su questa linea di condotta di essere minoritario, ma non ho dati a disposizione, in quanto riesco a fare queste riflessioni solo a seguita della lettura della stampa quotidiana. Manca un quadro d’insieme fornito dal Miur, mancano dati certi su numeri e comportamenti e questo lascia aperto lo spazio ad un “fai da te” non sempre virtuoso.

Quello delle iscrizioni senza limiti numerici o delle liste d’attesa gestite per far capire che alla scuola migliore si accede solo con i risultati migliori a me sembrano pratiche perdenti. E ovviamente indirizzo il Liceo che dirigo verso altre direzioni. Ma questa è la mia impostazione condivisa dai docenti e dal consiglio d’istituto del Liceo che dirigo. Forse basta spostarsi qualche chilometro per trovare idee diverse. Il sistema scolastico senza indirizzi precisi rischia di trovare soluzioni che piacciono al grande pubblico per la loro drammaticità e spettacolarità, ma che rendono ancora più dispari il sistema nel suo insieme. Non credo sia questa la strada giusta per un equilibrato sistema di istruzione secondaria che non favorisca solo i Licei a scapito della restante offerta formativa.

 

BYOD ADDIO

La seconda notizia è assolutamente incredibile e la riporto così come appare sul Corriere della sera (Beppe Persichella: Il primo istituto che blocca i cellulari degli alunni). Il Liceo paritario Dan Benedetto di Piacenza ha acquistato un congegno americano che blocca i cellulari (Yondr). I ragazzi inseriscono all’inizio dell’attività didattica i cellulari dentro un sacchetto speciale che li scherma totalmente. In primo luogo tiro un sospiro di sollievo perché la notizia riguarda un Istituto paritario che vuole stare fuori dal mondo e dal progresso, con l’appoggio dei genitori (così dice il giornale).

Mi piacerebbe però sapere come questo Liceo si rapporti al Piano Nazionale Scuola Digitale, ai Progetti PON, al Byod (Bring you our device: porta il tuo dispositivo), ai libri digitali (teoricamente obbligatori), ecc. Diciamo pure che sono affari loro: contenti così nessuno ha niente da dire. Ma la curiosità resta.

Perché la notizia mi riguarda? Perché io all’opposto ho un Liceo in cui esiste una totale deregolamentazione sull’uso dei dispositivi di proprietà sia di studenti che dei docenti, una forte ricerca di compiti e prove non copiabili, una costante interrelazione tra carta e on line, un comportamento generale degli studenti che non richiede repressione e che individua in maniera abbastanza veloce le deviazioni nell’uso dei dispositivi, un Patto di corresponsabilità e un Regolamento applicati senza alcuna scossa particolare. Stiamo realizzando molti progetti PON, siamo cablati anche nei angoli più remoti, abbiamo aule speciali con alta strumentazione tra cui dei microscopi collegati a complessi dispositivi scientifici on line, abbiamo un Byod molto sviluppato, ecc.

Anche in questo caso una domanda forse ce la possiamo fare: perché non esiste un’idea nazionale, ministeriale, sul rapporto corretto tra carta e on line? Forse il Liceo che dirigo è troppo spostato verso il BYOD (però siamo travolti da carta e libri che non so più dove mettere), ma il Don Benedetto porta i suoi studenti (accompagnati dai genitori plaudenti) verso epoche antiche, diciamo un po’ “oscurate”.

 

Gli esempi che mi hanno dettato queste riflessioni dicono che quello che si vede in giro più che autonomia è confusione: non credo possa stare contemporaneamente dalla parte della ragione chi gestisce il surplus di iscrizioni liceali in maniere opposte. Né – allo stesso modo – chi favorisce il BYOD e chi lo reprime. Qui non si tratta di diverse direzioni dell’autonomia scolastica, ma proprio di mondi opposti, che non possono creare una buona soluzione complessiva.