INTERNALIZZAZIONE PERSONALE COOP SCUOLE

INCONTRO COBAS-MIUR SU INTERNALIZZAZIONE PERSONALE COOP SCUOLE

I COBAS L.P. hanno incontrato ieri 2 ottobre 2018 a Roma, in una lunga riunione il Sottosegretario al MIUR Salvatore Giuliano, assistito dal dott. Jacopo Greco Direttore generale per le risorse umane e finanziarie, per discutere sulla richiesta di internalizzazione di tutti i lavoratori delle cooperative che operano nelle scuole.

Sono circa 15.000 i lavoratori interessati, ex LSU, appalti storici e quelli rimasti fuori dalla stabilizzazione storica dei lavoratori palermitani che operavano in convenzione con le scuole.

Erano presenti all’incontro anche l’On. Tasso e la sen. Di Girolamo che da sempre sostengono le legittime ragioni dei lavoratori.

All’apertura dell’incontro è stato chiesto quali azioni concrete il Governo intende sostenere a favore dei lavoratori che da anni sono utilizzati nelle scuole e di bloccare immediatamente il percorso di una nuova gara CONSIP che è alle porte.

Ricordiamo che la prima disastrosa gara CONSIP aveva ridotto il già misero orario di lavoro. Le proteste dei lavoratori portarono il Governo di allora a realizzare le cosiddette “Scuole Belle” come integrazione oraria, diventate nei fatti ennesima occasione di speculazione a favore delle cooperative. Oggi i lavoratori chiedono che questa speculazione finisca e che si possa avere un vero posto di lavoro. Un obiettivo che pare coincidere con la volontà politica del ministero. D’altronde, conti alla mano, i soldi dati oggi alle cooperative (circa 492.000.000 €/anno) sarebbero più che sufficienti per assumere direttamente tutti i lavoratori interessati, anche secondo il parametro usato dal MEF che valuta in 28.500 € il costo di un posto a tempo pieno di collaboratore scolastico.

Tra l’altro, questa internalizzazione non toglie assolutamente nulla ai precari statali presenti nelle graduatorie perché si agirebbe sui posti già accantonati per le esternalizzazioni e non disponibili per mobilità e assunzioni dalle graduatorie ATA.

È importante che da oggi inizi nelle Commissioni Cultura e Lavoro della Camera l’esame delle proposte per porre fine alle attuali esternalizzazioni e assorbire il personale secondo la procedura attivata per la provincia di Palermo (come indicato nella Risoluzione 7/00037), dove però è ancora da completare l’internalizzazione di quasi 200 lavoratori al momento licenziati dopo aver superato il concorso previsto dal DDG n. 500/2018.

Naturalmente la strada intrapresa nelle Commissioni non garantisce la conclusione da noi auspicata dell’internalizzazione per tutti i lavoratori, perché conosciamo le pressioni che le Cooperative e la Confindustria possono esercitare su tanta parte del Parlamento a difesa dei loro interessi.

Pertanto, al di là della disponibilità espressa dal Sottosegretario Giuliano, e da tutti i partecipanti al Tavolo, rimaniamo convinti che sarà necessaria la mobilitazione dei lavoratori per raggiungere la tanto agognata internalizzazione da prevedere con la prossima Finanziaria. Come COBAS auspichiamo l’unità dei lavoratori come solo in una situazione è stata realizzata, quando il 12 dicembre 2013 in migliaia assediammo il Miur. Questa volta potrebbe toccare al Parlamento.

La riunione si è conclusa con l’impegno a proseguire il confronto su questi temi e a essere auditi dalle Commissioni. Rimane urgente la convocazione di uno specifico Tavolo tecnico per affrontare la situazione dei lavoratori licenziati dalle Cooperative sociali della provincia di Palermo.

per i Cobas L.P.

Roberto Aprile

Ausili, una mamma: “Ministro, le spiego come cambiano la vita dei caregiver”

Redattore Sociale del 03-10-2018

Ausili, una mamma: “Ministro, le spiego come cambiano la vita dei caregiver”

La mamma di un ragazzo con disabilità scrive al ministro Fontana, per spiegargli “la vita dopo il nuovo nomenclatore tariffario, in Lombardia. Da ventiquattro anni solleviamo nostro figlio, più volte al giorno. Abbiamo chiesto due asili e ci sono stati negati. Ecco come si potrebbe fare..”

ROMA. Il nome è un termine tecnico, ma la sua funzione è così concreta che può cambiare la vita di milioni di persone. Il “nomenclatore tariffario” lo conoscono solo gli addetti ai lavori e chi ne ha bisogno: persone con disabilità e loro familiari e caregiver. Ma quanto possa incidere, con l’elenco di ausili (e protesi) che contiene, nella vita quotidiana delle persone, lo fa capire bene oggi una mamma, Alessandra Casula: la mamma di Federico, 24 anni e una gravissima disabilità fisica. “Muove solo un po’ la testa e in parte la mano sinistra: questo gli basta per scrivere poesie, perché Federico è un poeta e ha già pubblicato due libri”, ci spiega Alessandra, che su Facebook ieri ha rivolto al ministro della Famiglia e delle disabilità Lorenzo Fontana un accorato post, in cui spiega “le consuete, inutili, gratuite, fatiche di una persona con disabilità e dei suoi caregiver, ovvero la vita dopo il nuovo nomenclatore tariffario, in Lombardia”.

E’ un’istantanea della vita quotidiana di un caregiver familiare: “Da ventiquattro anni solleviamo quotidianamente nostro figlio, più volte al giorno, per ogni incombente quotidiano, anche quando gli facciamo il bagno nella vasca – racconta Alessandra – È pericoloso, sia per lui che per le nostre schiene e abbiamo deciso di fare il grande passo”. Il “grande passo” si chiama “nomenclatore tariffario”: è, tecnicamente, l’elenco degli ausili che possono essere richiesti al Servizio sanitario nazionale in presenza di determinate e certificate patologie e invalidità. “Abbiamo chiesto, per la prima volta, due ausili cui nostro figlio ha diritto: un sollevatore e una sedia da bagno”: sono gli ausili che, letteralmente, “solleverebbero” da una grande e sempre più insostenibile fatica Alessandra e chi con lei si prende cura di suo figlio. Nel panorama degli ausili, pare esista proprio ciò che al caso loro. “Il medico ci ha consigliato un sollevatore verticalizzante, per provare a rimetterlo in piedi e fargli alcuni esercizi di fisioterapia in posizione eretta e una sedia da bagno basculante, per evitare di farlo cadere mentre lo laviamo sotto la doccia. Con la sedia troppo dritta cadrebbe in avanti, per chiarire”.

Il medico “prescrittore”. Teoricamente, tutto semplice. Praticamente, è l’inizio di quella che Alessandra chiama “una giostra insensata e irrispettosa”: in altre parole, la burocrazia. “Ho chiamato il tecnico ortopedico che mi ha fatto vedere diversi modelli, su carta. Come si può pensare di ordinare due ausili del genere guardandoli da un catalogo? Siamo andati in ortopedia e li abbiamo provati. Federico sta seduto bene solo in un tipo di sedia, di una certa misura. Scegliamo anche il sollevatore verticalizzante. Della misura giusta. Bene, con il preventivo, tutte le misure e le foto illustrative, il medico ci ha fatto la prescrizione”.

Il medico “autorizzatore”. Compiuto quindi il primo passo, prescrizione alla mano, “siamo andati all’ufficio disabili (perché andare in un ufficio solo non basta mai, in questo paese) ad aprire una pratica al termine della quale un secondo medico, l’autorizzatore, deve decidere se la nostra richiesta è legittima. Questo, senza mai guardare nemmeno in faccia nostro figlio, ovviamente. Ci viene recapitato a casa un sollevatore completamente diverso da quello prescritto: enorme, per anziani. Un’altra marca, non verticalizzante. Sulla bolla di consegna, però, c’era scritto che mi stavano consegnando l’ausilio della marca richiesta. Sarà stato un errore? Speriamo… Gliel’ho fatto portare via. Della sedia da bagno, nessuna notizia, per mesi”.

Il “verdetto” è un no. “Oggi, mi chiama il povero medico prescrittore, che mi dice che il medico autorizzatore, quello che non sa niente di me, di Federico, della mia schiena e del pericolo che corriamo ogni giorno a prenderlo in braccio come se non avesse 24 anni, perché non ci ha mai visto, insomma, lui ha bocciato ogni richiesta e ora gli devo fare una relazione per spiegargli perché voglio proprio una sedia basculante da bagno e un sollevatore verticalizzante. Dovrò fornire ulteriore documentazione, riportarla al medico, ritornare all’ufficio disabili e aspettare. Devo ricominciare tutto da capo! Aspettare che il medico autorizzatore o chi della Asl per lui si convinca che ho bisogno di un ausilio per sollevare ogni giorno mio figlio. Ho una rabbia che non potete nemmeno immaginare. Mi sento umiliata. E penso a quanti fanno fatica a muoversi di casa e non hanno nessuno che li aiuti in questa nuova giungla burocratica. Prima, il sistema era già macchinoso, ora è ancora peggiorato. Vergogna, vi odio tutti, devo perdere giorni di vita per andare dietro alle vostre giostre insensate e irrispettose”.

Dopo lo sfogo, però, arriva anche la proposta. “Le spiego cosa potrebbe funzionare. Il medico che conosce la persona disabile le prescrive gli ausili necessari. La persona disabile si reca all’ortopedia di fiducia e sceglie gli ausili più adatti al suo caso. L’ ortopedia invia alla Asl la bolla di consegna. Il medico che ha prescritto l’ausilio controlla che sia tutto a posto. STOP. Come per i farmaci. Siamo stufi di perdere tempo e di essere trattati come topi in un labirinto”.

La spiegazione. Poche ore fa, l’aggiornamento: una prima reazione “istituzionale” all’appello di Alessandra, che però non risolve la questione: “Sono stata contattata dalla Asst (Azienda socio sanitaria territoriale) di Lodi. Ho capito cosa sta succedendo. Dopo il decreto 12 gennaio 2017 firmato dal premier Gentiloni, contenente i nuovi Livelli essenziali di Assistenza, con il nuovo Nomenclatore tariffario, avrebbero dovuto essere pubblicate le tariffe da corrispondere per queste prestazioni agli erogatori sia pubblici (Aziende sanitarie e ospedaliere, Aziende ospedaliero-universitarie, Irccs pubblici) che privati equiparati o accreditati (Irccs privati, Ospedali religiosi, ambulatori e laboratori, aziende ortopediche, ecc.). Le tariffe, a quanto pare, non sono ancora state pubblicate e siamo nel marasma, perché per ogni ausilio richiesto fanno le ‘gare’ tra le diverse aziende ortopediche e vince il migliore offerente. Questo sistema non funziona, occorre che le tariffe siano pubblicate e uguali per tutti, che siano rispettose della qualità e dei conti pubblici. Ma sia lasciata alle famiglie la libertà di rivolgersi all’azienda ortopedica di fiducia. La gentilissima persona della Asst che mi ha contattata mi ha detto che non dovrò ricominciare le pratiche da capo e che si occuperanno di trovare ogni documento necessario. Il mio caso personale, insomma, dovrebbe essersi risolto, però credo che esista un problema diffuso: bisogna lavorare con le associazioni per semplificare il sistema di erogazione degli ausili, che oggi è macchinoso, complicato, irrispettoso dei tempi e delle esigenze delle persone e per nulla sicuro per i conti pubblici”. (cl)

Olimpiadi, gare internazionali, 100 e lode: così si premiano gli studenti «eccellenti»

da Il Sole 24 Ore

Olimpiadi, gare internazionali, 100 e lode: così si premiano gli studenti «eccellenti»
di Cl. T.

Il Miur definisce il programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze per l’a.s.2018/19 che individua le iniziative e le modalità di riconoscimento dei livelli di eccellenza conseguiti dagli studenti delle scuole secondarie di secondo grado, statali e paritarie.

Le iniziative
Gli studenti, è scritto nella circolare ministeriale, che ottengono la votazione di 100 e lode nell’esame di Stato e gli studenti che raggiungono risultati elevati nelle competizioni e nelle olimpiadi accedono ai riconoscimenti e ai premi previsti dal decreto legislativo 262 del 29 dicembre 2007. I nominativi degli studenti, previo consenso degli interessati, sono pubblicati nell’albo nazionale delle eccellenze e sono resi disponibili per le università, le accademie, le istituzioni di ricerca e le imprese.

I premi
Gli incentivi previsti per gli studenti delle scuole secondarie di secondo grado che frequentano le scuole italiane e le scuole italiane all’estero, statali e paritarie, e gli importi corrispondenti alle varie tipologie di premio sono determinati con successivi provvedimenti che si possono consultare sul sito del Miur. Anche per l’a.s.2018/19 è previsto un premio aggiuntivo nelle competizioni con fasi internazionali ed è previsto un premio unico nelle competizioni per gruppi che è suddiviso tra i componenti del gruppo stesso.

Stop minori contesi, arriva la Carta per i diritti dei figli nei divorzi

da Il Sole 24 Ore

Stop minori contesi, arriva la Carta per i diritti dei figli nei divorzi

di Alessia Tripodi

Dieci punti per individuare altrettanti diritti dei bambini e dei ragazzi alle prese con i genitori che si separano. Figli a volte contesi, spesso usati come “pedine”, a tutela dei quali arriva la prima “Carta dei diritti dei figli della separazione dei genitori”, presentata ieri a Roma dalla Garante per l’Infanzia, Filomena Albano. Un documento con il quale «abbiamo posto al centro il punto di vista dei figli di chi si separa», dice Albano, spiegando che i principi fondanti della Carta sono ispirati alla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.

Diritti dei minori al centro
«Il documento promuove la centralità dei figli proprio nel momento della crisi della coppia» evidenzia Albano, e «i genitori, pur se separati, non smettono di essere genitori». La Carta si apre con il diritto dei figli di continuare ad amare ed essere amati da entrambi i genitori. E di mantenere i loro affetti. «I bambini e i ragazzi hanno diritto a preservare le relazioni familiari, a non esser separati dai genitori, a mantenere rapporti regolari e frequenti con ciascuno di essi e, soprattutto, a essere ascoltati sulle questioni che li riguardano», dice ancora la Garante Albano riassumendo i punti cardine della Carta. E spiegando che gran parte del lavoro è stato fatto in collaborazione con la Consulta dei ragazzi dell’Autorità garante – tanto che «molti articoli sono frutto del loro lavoro», dice Albano – e con la consulenza di esperti del settore giuridico, sociale, psicologico e pedagogico. La Carta sarà inviata ad agenzie educative, consultori, tribunali, ordini professionali e associazioni ed è scaricabile dal sito dell’Autorità (www.garanteinfanzia.org ).

«Il genitore sia un faro»
«Il genitore deve poter essere un faro, un riferimento, la prima persona a cui il figlio pensa di rivolgersi in caso di difficoltà e per condividere gioia ed entusiasmo» sottolinea la Garante, secondo la quale «per aiutare i figli bisogna renderli consapevoli che nel cuore e nella testa si ha un posto per loro». Tra gli altri diritti individuati dalla Carta c’è quello di continuare a essere figli e vivere la loro età, di essere informati e aiutati a comprendere la separazione dei genitori. E ancora: bambini e ragazzi nelle separazioni hanno diritto a essere ascoltati e a esprimere i propri sentimenti, a non subire pressioni e che le scelte che li riguardano siano condivise da entrambi i genitori. I figli, infine, hanno diritto a non essere coinvolti nei conflitti tra genitori, al rispetto dei loro tempi, a essere preservati dalle questioni economiche e a ricevere spiegazioni sulle decisioni che li riguardano.

Il servizio da precari vale meno

da ItaliaOggi

Il servizio da precari vale meno

Lo ha statuito la Corte di giustizia europea: legittima la valutazione di 2/3 per ogni anno. La decisione è una pietra tombale per migliaia di ricorsi

CArlo Forte

Il mancato riconoscimento dell’intero servizio preruolo nella ricostruzione di carriera è legittimo. Lo ha stabilito la Corte di giustizia europea con una sentenza emessa il 20 settembre scorso nella causa C-466/17.

Il giudizio è scaturito a seguito del ricorso presentanto da una docente di ruolo della provincia di Trento aveva presentato ricorso al giudice del lavoro contro il mancato riconoscimento dell’intero servizio preruolo ai fini della progressione economica di anzianità. L’articolo 485 del decreto legislativo 297/94 prevede, infatti, che solo i primi 4 anni di servizio preruolo siano valutabili per intero ai fini della ricostruzione di carriera. E che gli ulteriori anni di servizio preruolo eccedenti il 4° anno debbano essere valutati solo per i 2/3. Ma si tratta di una valutazione provvisoria. Le frazioni di anni di preruolo che non vengono riconosciuti in prima battuta vengono attribuite dopo un certo numero di anni tramite la rielaborazione della ricostruzione di carriera. Ciò avviene al compimento del 16esimo anno per i docenti laureati della scuola secondaria superiore e del 18esimo anno per i docenti della scuola dell’infanzia e primaria, della scuola media e per i docenti diplomati della scuola secondaria superiore. Pertanto, quanto più è lungo il periodo di preruolo, tanto più breve è il periodo di mancato riconoscimento per intero degli anni di preruolo.

La docente, però aveva ritenuto comunque di procedere facendo riferimento alla clausola 4 dell’accordo quadro europeo sul lavoro a tempo determinato del 18 marzo 1999. Tale clausola prevede, infatti, che i lavoratori a tempo determinato non possano essere trattati in modo meno favorevole dei lavoratori a tempo indeterminato comparabili, per il solo fatto di avere un contratto o rapporto di lavoro a tempo determinato, a meno che non sussistano ragioni oggettive.

A fronte di tale premessa il giudice del lavoro di Trento aveva ritenuto di non procedere preferendo interpellare direttamente la Corte di giustizia europea. E i giudici di Bruxelles si sono pronunciati nel senso dalla legittimità dell’articolo 485 del decreto legislativo 297/94. La Corte ha argomentato la propria decisione spiegando che la diversità di valutazione dei servizi preruolo sia giustificata dall’esistenza di ragioni oggettive. Tali ragioni sono riscontrabili nel fatto che l’articolo 485 del testo unico «mira, in parte», si legge nella sentenza, «a rispecchiare le differenze tra l’esperienza acquisita dai docenti assunti mediante concorso e quella acquisita dai docenti assunti in base ai titoli, a motivo della diversità delle materie, delle condizioni e degli orari in cui questi ultimi devono intervenire, in particolare nell’ambito di incarichi di sostituzione di altri docenti». Tanto più che «l’ordinamento giuridico nazionale attribuisce una particolare rilevanza ai concorsi amministrativi. La Costituzione italiana» argomentano i giudici di Bruxelles «al fine di garantire l’imparzialità e l’efficacia dell’amministrazione, prevede infatti, al suo articolo 97, che agli impieghi nelle pubbliche amministrazioni si acceda mediante concorso, salvo i casi stabiliti dalla legge».

I giudici di Bruxelles hanno stabilito, quindi, che la clausola 4 dell’Accordo quadro del 1999 sul lavoro a tempo determinato deve essere interpretata nel senso che essa non osta, in linea di principio, a una normativa nazionale la quale, ai fini dell’inquadramento di un lavoratore in una categoria retributiva al momento della sua assunzione in base ai titoli come dipendente pubblico di ruolo, tenga conto dei periodi di servizio prestati nell’ambito di contratti di lavoro a tempo determinato in misura integrale fino al quarto anno e poi, oltre tale limite, parzialmente, a concorrenza dei due terzi.

La sentenza della Corte di giustizia pone una pietra tombale sul contenzioso seriale in atto in questa materia. L’ordinamento comunitario, al quale l’Italia aderisce in quanto componente dell’Unione europea, è un ordinamento di common law. Il che vuole dire che le sentenze emesse in sede europea vincolano i giudici italiani a decidere in conformità con le statuizioni in esse contenute. Fermo restando il giudicato. Vale a dire: fatta salva l’intangibilità degli effetti delle sentenze ormai definitive. Allo stato attuale, dunque, si prospettano i seguenti scenari.

Il primo riguarda i docenti che hanno vinto cause con sentenze definitive. Che manterranno il diritto a disporre delle somme già incassate e a continuare a percepire le retribuzioni calcolate sulla base delle ricostruzioni di carriera elaborate in attuazione di tali sentenze definitive. Il secondo è quello dei docenti che si trovano in pendenza di giudizio. A questi insegnanti si applicherà il principio enunciato dalla Corte di giustizia e, quindi perderanno le cause in corso. Il terzo scenario riguarda il futuro. E cioè i potenziali ricorrenti che dovessero decidere di intentare ex novo cause in questa materia. Questi ricorrenti, oltre ad andare incontro a sicura soccombenza, dovranno anche affrontare il rischio concreto di dover rifondere le spese legali all’amministrazione.

La ricostruzione di carriera è un provvedimento che consiste nel riconoscimento dei servizi preruolo ai fini della progressione economica di carriera (cosiddetti gradoni). Il beneficio è riconosciuto a domanda dell’interessato. L’istanza va presentato entro il 31 dicembre di ogni anno, così come previsto dal comma 209, dell’articolo 1, della legge 107/2015.

La progressione di carriera è suddivisa in sei gradoni, che corrispondono ad altrettanti periodi che si maturano al compimento di determinati anni di servizio di ruolo o, comunque, di servizio non di ruolo riconosciuto per effetto dell’avvenuta ricostruzione di carriera: 1° gradone: da 0 a 8 anni di servizio; 2° gradone: da 9 a 14 anni di servizio; 3° gradone: da 15 a 20 anni di servizio; 4° gradone: da 21 a 27 anni di servizio; 5° gradone: da 28 a 34 anni di servizio; 6° gradone: da 35 di servizio in poi.

L’articolo 489 del decreto legislativo 297/94, così come interpretato dall’articolo 11, comma 14, della lege 124/99, dispone che il periodo di servizio è considerato come anno scolastico intero se ha avuto la durata di almeno 180 giorni oppure se il servizio sia stato prestato ininterrottamente dal 1°febbraio fino al termine delle operazioni di scrutinio finale. Fermo restando la valutazione dei 2/3 per gli anni eccedenti il 4°, così come previsto dall’articolo 485 del testo unico.

Trasferimenti, il governo punta a limitarli

da ItaliaOggi

Trasferimenti, il governo punta a limitarli

Sandra Cardi

Il governo intende porre ulteriori limiti ai trasferimenti dei docenti. Lo aveva annunciato il ministro dell’istruzione, Marco Bussetti, e la previsione dovrebbe essere indicata già nella nota di aggiornamento del Def, di cui si attende il trasferimento al Parlamento dopo l’approvazione del consiglio dei ministri del 27 settembre scorso. Dunque, se da una parte la maggioranza di governo ha manifestato l’intenzione di cancellare la chiamata diretta, restituendo ai docenti la titolarità nell’istituzione scolastica, dall’altra parte sembrerebbe pronta a porre ulteriori vincoli alla mobilità degli insegnanti. Mobilità già fortemente limitata dal precedente esecutivo, tramite l’introduzione di misure fortemente impeditive della possibilità di avvicinarsi al proprio nucleo familiare.

Nella precedente legislatura, infatti, il governo cancellò la possibilità, per i docenti, di indicare le consuete 15 istituzioni scolastiche di preferenza nella domanda di trasferimento, concedendo solo la facoltà di indicarne 5. Nella domanda dello scorso anno, peraltro, era comunque possibile indicare ulteriori 10 preferenze relative agli ambiti territoriali. Ma questa possibilità è stata utilizzata prevalentemente nella mobilità interprovinciale. Gli ambiti territoriali, infatti, comprendono territori estesi circa il doppio degli ex distretti scolastici. E dunque, tale facoltà era del tutto inutile per i docenti che già si trovavano in scuole dell’ambito che comprendeva le istituzioni scolastiche del comune di residenza. Gli ambiti territoriali, infatti, sono 380 (mentre i distretti erano 800) a fronte di un territorio nazionale che si estende su 301 mila chilometri quadrati.

Pertanto non sono rari i casi di docenti che, pur insegnando nell’ambito dove è ubicato il proprio comune di residenza, siano costretti ad andare a lavorare in scuole che distano dalla propria abitazione anche 100 e più chilometri. Ciò rende la prestazione particolarmente gravosa perché, oltre agli oneri ordinari, gli interessati sono costretti al pendolarismo.

I maggiori oneri si riverberano anche sulla qualità della prestazione, inevitabilmente gravata dalla perdita di energie che vengono consumate per il viaggio. Né è ipotizzabile che il docente interessato possa spostare di volta in volta la propria residenza nel comune di servizio. Al termine della precedente legislatura si era aperto uno spiraglio con il decreto Madia, che aveva restituito parzialmente la mobilità alla contrattazione collettiva, sebbene senza la possibilità di derogare le norme restrittive contenute nella legge 107/2015.

La previsione della nota di aggiornamento al Def potrebbe essere predittiva, secondo rumors ministeriali, di una norma da inserire nella Finanziaria che crei una connessione tra ambito regionale dei nuovi concorsi e residenza professionale nella stessa regione a valle della quale scatterebbe il vincolo a restare nella stessa regione anche per 5 anni.

Merito in stand-by, il decreto è alla Corte

da ItaliaOggi

Merito in stand-by, il decreto è alla Corte

Niente vicolo di destinazione dal 2018

Bonus merito, fondi in stand by. Il decreto ministeriale che reca le regole sugli importi e le disposizioni di attuazione è ancora fermo alla Corte dei conti. E solo dopo il placet della magistratura contabile potrà essere pubblicato in Gazzetta Ufficiale: presupposto indefettibile affinché le relative somme possano essere versate alle scuole. Lo ha fatto sapere l’amministrazione centrale a margine di una riunione che si è tenuta a viale Trastevere con i sindacati firmatari del contratto di lavoro, Cgil, Cisl, Uil, Gilda e Snals, in merito all’assegnazione delle risorse finanziarie per l’anno scolastico 2018/2019. La novità di quest’anno riguarda la confluenza delle risorse dei vari capitoli all’interno del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa e la cessazione del vincolo di destinazione d’uso. Va detto subito che il vincolo continuerà a permanere per i fondi relativi al bonus del merito previsto dalla legge 107/2015, mentre non sarà più valido per le altre voci. La cessazione della destinazione d’uso obbligatoria discende dall’articolo 40, comma 1, del nuovo contratto. Al quale è stata data attuazione con l’articolo 9, comma 2, del contratto collettivo nazionale integrativo del 1° agosto scorso. La contrattazione integrativa di istituto, dunque, potrà disporre autonomamente delle relative cifre indicando quali somme debbano essere destinate per la retribuzione delle varie prestazioni accessorie, la cui regolazione è stata demandata al tavolo negoziale di istituto. L’autonomia negoziale potrà essere esercitata per i fondi del 2018/2019. E ciò avrà valore anche per gli eventuali avanzi che dovessero residuare e che potranno essere utilizzati senza vincolo di destinazione d’uso ai fini della contrattazione dell’anno scolastico 2019/2020. Il vincolo continuerà a permanere, invece, per gli avanzi del 2017/2018 che, per contro, dovranno fare riferimento alla disciplina precedente. Per quanto riguarda il bonus del merito, il vincolo di destinazione d’uso delle relative somme resta fermo, ma la contrattazione d’istituto indicherà la percentuale degli aventi titolo e i minimi e massimi percepibili.

Mobilità, limiti ai trasferimenti e vincolo 5 anni per neoassunti

da Orizzontescuola

Mobilità, limiti ai trasferimenti e vincolo 5 anni per neoassunti
di redazione

Il Governo, leggiamo su Italia Oggi, ha intenzione di porre un freno ai trasferimenti. La previsione potrebbe essere contenuta già nella nota di aggiornamento al DEF.

Nuovo CCNL: la mobilità

Il CCNL 2016/18 ha rinviato alla contrattazione con i sindacati le nuove regole per la mobilità del personale docente.

Dal prossimo anno si prospettano infatti importanti novità per la contrattazione sulla mobilità e il contratto collettivo integrativo avrà durata triennale.

Il CCNI sulla mobilità che sarà predisposto il prossimo anno avrà, quindi, validità per il triennio 2019/2020 – 2020/2021 – 2021/2022, rimanendo, comunque, la possibilità, per i docenti in possesso dei necessari requisiti, di poter partecipare alla mobilità con cadenza annuale.

Mobilità su scuola e blocco triennale per i docenti

La possibilità di partecipare annualmente alla mobilità, che fino al corrente anno scolastico, ha interessato indistintamente tutti i docenti, nel futuro, con l’applicazione delle nuove regole previste nell’ipotesi di CCNL 2016-2018, potrà cambiare.

Nell’art.22 comma 4 lettera a1)del succitato CCNL si stabilisce, infatti, che “[….] al fine di perseguire il principio della continuità didattica, i docenti possono presentare istanza volontaria non prima di tre anni dalla precedente, qualora abbiano ottenuto l’istituzione scolastica richiesta volontariamente [….]”

In base a questa disposizione, i docenti che, a decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, risulteranno soddisfatti nella domanda di mobilità territoriale o professionale acquisendo titolarità in una delle scuole richieste, non potranno presentare domanda di mobilità per un triennio a decorrere dall’anno scolastico in cui avranno ottenuto il movimento richiesto .

Piano di rientro per i docenti

Dall’altro lato però il Governo starebbe pensando ad un piano di rientro, da rendere attuativo con alcune misure:

  • tempo pieno al sud (in Sicilia è stata avviata la sperimentazione)
  • trasformazione in organico di diritto dei posti di sostegno in deroga
  • TFA sostegno per 10.000 posti

Ne consegue che i posti di sostegno saranno quelli che offriranno le possibilità maggiori di impiegno, a patto che i docenti conseguano la relativa specializzazione (per l’avvio dei corsi il Miur ha già inviato alle Università la nota per la ricognizione dei posti disponibili).

Assunti da concorso e vincolo 5 anni

La previsione della nota di aggiornamento al Def potrebbe essere predittiva – scrive Italia Oggi – di una norma da inserire nella Finanziaria che crei una connessione tra ambito regionale dei nuovi concorsi e residenza professionale nella stessa regione a valle della quale scatterebbe il vincolo a restare nella stessa regione anche per 5 anni.

Neoassunti, visite in scuole innovative: come fare domanda, i posti

da Orizzontescuola

Neoassunti, visite in scuole innovative: come fare domanda, i posti
di Nino Sabella

I docenti neoimmessi in ruolo, dallo scorso anno scolastico, hanno la possibilità di svolgere visite in scuole innovative, sottraendo ai laboratori formativi le ore ad esse dedicate.

Sottolineiamo che le visite non riguardano i docenti FIT, ma i neoassunti in ruolo da GaE e GM 2016, chi ottiene il passaggio di ruolo, chi svolge l’anno di prova dopo uno o più rinvii o chi deve ripeterlo per la seconda e ultima volta. Insomma, tutti coloro i quali devono svolgere il percorso delineato dal DM n. 850/2015.

Scuole innovative

Le scuole innovative si caratterizzano per una consolidata propensione all’innovazione organizzativa e didattica finalizzata a favorire il confronto, il dialogo e il reciproco arricchimento. Sono riconosciute tali dall’USR competente per territorio.

Nelle scuole innovative i neoassunti conoscono contesti di applicazione concreta di nuove metodologie didattiche, di innovazioni tecnologiche e di efficace contrasto alla dispersione scolastica.

Articolazione attività

Le visite possono avere una durata massima di due giornate di “full immersion” nelle scuole accoglienti; ogni giornata può durare al massimo 6 ore.

Le visite sono sostitutive (in parte o in tutto) del monte-ore dedicato ai
laboratori formativi. Considerato che a questi ultimi sono destinate 12 ore, due visite di 6 ore ciascuna li sostituirebbero tutti.

Le visite si svolgono singolarmente o in piccoli gruppi.

Individuazione docenti

I docenti interessati presentano apposita domanda.

L’individuazione avviene sulla base di criteri preventivamente resi pubblici. La nota dello scorso anno scolastico, diversamente da quella per il 2018/19, indicava espressamente i criteri da prendere a riferimento, prevedendo che nella scelta si dovessero privilegiare i docenti operanti in scuole a forte processo immigratorio, caratterizzate da alti tassi di dispersione e situate in aree a rischio.

Partecipazione

I docenti, interessati a svolgere le visite (al massimo 3000 – vedi tabella di seguito riportata), presentano apposita domanda. Le visite avverranno senza oneri per l’Amministrazione.

Posti disponibili

I posti disponibili al livello nazionale sono 3.000, così suddivisi per regione:

nota Miur 2 agosto 2018 

Test psicoattitudinali ai docenti, sì dei presidi: professione delicata, non adatta a tutti. Ok pure alle telecamere in classe

da La Tecnica della Scuola

Test psicoattitudinali ai docenti, sì dei presidi: professione delicata, non adatta a tutti. Ok pure alle telecamere in classe
Di Alessandro Giuliani

Per formare i giovani serve una predisposizione innata, non tutti possono svolgere questo lavoro: ben vengano i test psicoattitudinali per gli aspiranti docenti. Sì anche alle telecamere in classe, perché il diritto alla tutela prevale su quello della privacy. A dare il consenso per le due disposizioni, previste da un disegno di legge presentato da un gruppo di deputati della maggioranza, è il presidente dell’Associazione nazionale presidi Antonello Giannelli, nel corso di un’audizione alla Camera.

Giannelli (presidente Anp): i concorsi devono prevedere anche l’attitudine

“E’ condivisibile – ha detto il rappresentante Anp – l’introduzione di disposizioni di legge che impongano la verifica, tanto iniziale che periodica, del possesso dell’idoneità psicoattitudinale all’attività da svolgere: professioni delicate e rilevanti quali quelle dell’educazione, dell’istruzione e anche della cura di anziani e disabili, necessitano di personale appositamente individuato tramite concorsi che prevedano non solo l’accertamento del possesso di conoscenze e competenze specifiche, ma anche preliminarmente dell’attitudine a lavorare a stretto contatto con bambini, adolescenti anziani“.

La proposta anche per i futuri presidi

Di test attitudinali, La Tecnica della Scuola si è occupata di recente, a proposito del concorso per dirigenti scolastici: in redazione, a questo proposito, sono giunti contributi e proposte di cambiamento delle prove pre-selettive concorsuali.

In particolare, avevamo riportato la proposta di un docente, favorevole, in fase di selezione dei nuovi presidi, “di un test psico-attitudinale finalizzato ad approfondire gli aspetti della personalità, le reali capacità umane-relazionali e tutto ciò che attiene all’effettivo essere competente, ma pur sempre in buon equilibrio mentale?”.

Successivamente, avevamo anche descritto le difficoltà pratiche nel realizzare test psico-attitudinale (obbligatoriamente face to face) nel corso della selezione decine di migliaia di candidati, auspicando comunque tale verifica in fase di concorso avanzato, quindi nel corso del colloquio finale, dove giunge una quantità di aspiranti decisamente ridotta.

I dirigenti Anp favorevoli anche alla videosorveglianza delle aule

Sempre dinanzi alle Commissioni riunite I (Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio e interni) e XI (Lavoro pubblico e privato) di Montecitorio, il 2 ottobre il presidente Anp ha espresso il parere dei dirigenti che rappresenta anche per quanto riguarda l’introduzione di sistemi di videosorveglianza negli asili nido e nelle scuole dell’infanzia.

Anche questa disposizione, nelle intenzioni dei promotori, servirebbe a garantire una maggior protezione nei confronti dei soggetti deboli (minori in tenera età, anziani e disabili), nell’ambito delle misure di prevenzione delle condotte di maltrattamento o di abuso dei soggetti deboli e indifesi quali sono i bambini in tenera età e gli anziani.

Dall’Anp, quindi, giunge una posizione ben diversa rispetto a quella espressa dal Garante dalla privacy Antonello Soro, secondo il quale le telecamere presentano “un grado di rischio adeguato a legittimare una limitazione comunque importante della libertà del lavoratore nell’adempimento della prestazione educativa o di cura”.

Il diritto alla tutela prevale su tutto

Giannelli ha specificato che “non esiste un diritto assoluto alla privacy, così come non esiste un diritto assoluto alla tutela. Tra i due, noi riteniamo che il diritto alla tutela prevalga. La scuola non teme di aprirsi all’esterno, pur nel rispetto della privacy del personale e, soprattutto, dei bambini e dei soggetti deboli ospitati dalle strutture”.

Attraverso un documento presentato alla Commissione, l’Anp ha suggerito che “il sistema di videosorveglianza venga organizzato in modo tale da rendere le registrazioni inaccessibili al personale in servizio presso la struttura in questione e i dati dovrebbero essere raccolti in forma crittata e mantenuti su server, locale o preferibilmente remoto, solo per un tempo non superiore a 30 giorni”.

Per Giannelli, infine, “i sistemi di videosorveglianza dovrebbero essere adottati solo per garantire la sicurezza e non per permettere ai genitori di verificare in tempo reale il lavoro degli operatori”.

La proposta di legge sulla video-sorveglianza degli asili e luoghi di cura avrebbe ricevuto, sempre in audizione presso le commissioni di competenza, anche l’assenso del Moige, l’associazione nazionale dei genitori.

Circolare Elezioni degli organi collegiali 2018. Solo un ordinario ritardo?

Circolare Elezioni degli organi collegiali 2018. Solo un ordinario ritardo?

di Cinzia Olivieri

L’OM 215/91 (art. 21) prevede che il dirigente convochi le assemblee per l’elezione dei rappresentanti di genitori e studenti nei consigli di classe, interclasse ed intersezione entro il 31 ottobre di ogni anno nella data stabilita dal consiglio di istituto (art. 22).

È la circolare ministeriale che invece detta il termine per il rinnovo dei consigli di istituto giunti a scadenza nonché per le suppletive, sebbene, per la verità, l’art. 53 ultimo comma della citata ordinanza disponga che esse dovrebbero “essere indette, di norma, all’inizio dell’anno scolastico successivo all’esaurimento delle liste, contestualmente alle elezioni annuali”… ed è probabilmente quel “di norma” che fa la differenza.

Tradizionalmente quindi queste elezioni si tengono nel mese di novembre, anche in considerazione della tempistica dei vari adempimenti che necessariamente le precedono.

Ed infatti non oltre 45 giorni prima delle votazioni deve essere nominata la Commissione Elettorale.

Entro il 35° giorno antecedente il voto, i Dirigenti comunicano a detta commissione i nominativi degli elettori delle varie componenti (art. 27), i cui elenchi debbono essere depositati non oltre 25 giorni prima, nonché le sedi dei seggi elettorali (art. 37).

Avverso l’erronea compilazione degli elenchi possono essere presentati i ricorsi alla commissione entro 5 giorni dall’affissione all’albo dell’avviso di avvenuto deposito degli stessi, che sono decisi entro i successivi 5 giorni (art. 28).

Dalle ore 9 del 20° giorno e non oltre le ore 12 del 15° giorno che precede le elezioni debbono essere presentate le liste dei candidati (art. 32) relativamente alle quali la commissione effettua le opportune verifiche e vengono assunte le iniziative conseguenti.

Dal 18° al 2° giorno antecedente le votazioni si svolge la propaganda elettorale (art. 35) e non oltre 5 giorni prima i seggi sono nominati ed insediati (art. 38).

È per consentire il regolare e sereno svolgimento di tali operazioni ed un rinnovo dell’organo collegiale quanto più possibile tempestivo (giacché nonostante la prevista proroga – art. 50 – possono verificarsi numerose decadenze senza possibilità di attingere per surroga a liste intanto esaurite) che la data per lo svolgimento delle elezioni viene di consueto stabilita entro la seconda metà del mese di novembre.

L’elencazione potrà apparire lunga ma non immotivata considerando che la circolare ministeriale negli ultimi venti anni è stata emanata secondo le seguenti scadenze:

  • Nota 26 settembre 2017 n. 11642
  • CM 21 settembre 2016, n. 7
  • CM 7 settembre 2015, n. 18
  • CM 21 luglio 2014, n. 42
  • CM 1 agosto 2013, n. 20
  • CM 2 agosto 2012, n. 73
  • CM 8 settembre 2011, n. 78
  • CM 5 agosto 2010, n. 73
  • CM 27 agosto 2009, n. 77
  • CM 2 agosto 2007, n. 67
  • CM 4 settembre 2008, n. 71
  • CM 5 settembre 2006, n. 61
  • CM 4 agosto 2005, n. 72
  • CM 21 settembre 2004, n. 70
  • CM 3 settembre 2003, n. 70
  • CM 2 ottobre 2002, n. 107
  • CM 24 settembre 2001, n. 141
  • CM 3 agosto 2000, n. 192
  • CM 4 agosto 1999, n. 195
  • CM 1° luglio 1998 n. 296

Se lo scorso anno si è optato per una “nota” in luogo di una “circolare”, in questo corrente abbiamo superato ogni scadenza storica, persino quella del 2002. E probabilmente non appare proprio casuale se ne leggiamo i contenuti di quest’ultima: “Non essendo ancora intervenuta la revisione della disciplina degli organi collegiali a livello di singola istituzione scolastica, anche per l’anno scolastico 2002/03 dovranno essere indette le elezioni dei consigli di classe, interclasse ed intersezione, e dei consigli di circolo/istituto cessati con il decorso anno scolastico, nonché le eventuali elezioni suppletive degli stessi…A tal fine, si confermano nuovamente le istruzioni diramate con la circolare ministeriale n. 192 del 3.8.2000 – già richiamate con la C.M. n. 141 del 24.9.2001 – con esclusione dei punti relativi alle elezioni suppletive dei consigli scolastici distrettuali e provinciali. …”

Infatti nel 2002 sembrava prossima una riforma che adeguasse la collegialità alle competenze del dirigente nella scuola dell’autonomia ed intanto con la circolare 192/2000 erano state indette per l’ultima volta le sole elezioni suppletive degli organi collegiali territoriali che nel 2001 furono definitivamente escluse. Così silenziosamente sono stati cancellati i consigli scolastici distrettuali e provinciali nonostante il Dlgs 233/99 avesse previsto i consigli scolastici regionali e locali, mai istituiti.

Ed oggi che ragioni di opportunità consiglierebbero persino di anticipare il più possibile le scadenze elettorali, da quando la L 107/2015 (art. 1 comma 12) ha stabilito che il piano triennale dell’offerta formativa debba essere predisposto e rivisto e quindi sottoposto all’approvazione del consiglio di istituto (comma 14) entro il mese di ottobre, assistiamo all’indizione in assoluto più tardiva.

Che si stia infine valutando una soluzione normativa circa la composizione del consiglio di istituto delle istituzioni scolastiche che comprendono al loro interno sia scuole dell’infanzia, primarie e/o secondarie di primo grado, sia scuole secondarie di secondo grado, dove da un decennio opera il commissario straordinario?

I precedenti e le parole critiche nei confronti dei genitori dall’inizio della nuova legislatura non lasciano ben sperare in tal senso. Ma quello che sorprende è l’assenza di preoccupazione o comunque di dichiarata apprensione dei genitori. In fondo è solo un ritardo…davvero solo questo?!

Progetto Sport in classe, adesioni delle scuole primarie entro il 22 ottobre

da La Tecnica della Scuola

Progetto Sport in classe, adesioni delle scuole primarie entro il 22 ottobre
Di Lara La Gatta

Il MIUR e il Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), con il sostegno del Comitato Italiano Paralimpico (CIP) e di diverse Regioni ed Enti Locali, promuovono anche per l’a.s. 2018/2019 il progetto “Sport di Classe”.

L’obiettivo è la valorizzazione dell’educazione fisica e sportiva nella scuola primaria per le sue valenze trasversali e per la promozione di stili di vita corretti e salutari, favorire lo star bene con sé stessi e con gli altri nell’ottica dell’inclusione sociale.

Il progetto si rivolge a tutte le classi IV e V delle scuole primarie
statali e paritarie, e prevede, rispetto alle edizioni precedenti, un incremento delle ore realizzate dal Tutor per ogni classe: 23 ore per ciascuna classe assegnata, ripartite in 22 ore di copresenza con il docente titolare della classe (1 ora a settimana), e 1 ora per attività trasversali.

Gli Istituti scolastici possono inviare richiesta di partecipazione al progetto dal 3 al 22 ottobre 2018.

L’individuazione dei Tutor avverrà attraverso un “Avviso pubblico per ricerca di Tutor Sportivi Scolastici” (pubblicato sul sito www.progettosportdiclasse.it) valido per tutto il territorio nazionale. Gli interessati devono presentare apposita istanza di partecipazione registrandosi sull’area riservata dello stesso sito. I candidati Tutor possono inviare domanda fino al 15 ottobre 2018.

Concorso Dirigenti scolastici: le sedi in cui si svolgeranno le prove scritte

da La Tecnica della Scuola

Concorso Dirigenti scolastici: le sedi in cui si svolgeranno le prove scritte
Di Lara La Gatta

Il 18 ottobre prossimo (dalle ore 10) è la data stabilita per lo svolgimento della prova scritta del corso-concorso nazionale, per titoli ed esami, finalizzato al reclutamento di dirigenti scolastici presso le istituzioni scolastiche statali.

La comunicazione è contenuta nell’avviso pubblicato nella 4a Serie Speciale – Concorsi ed Esami n. 73 del 14 settembre 2018.

Nel medesimo avviso viene comunicato che entro il 3 ottobre 2018 sarà trasmesso l’elenco delle sedi della prova scritta, con la loro esatta ubicazione, con l’indicazione della destinazione dei candidati distribuiti, analogamente alla prova preselettiva, nella regione di residenza in ordine alfabetico. Contestualmente saranno fornite ulteriori istruzioni operative.

I candidati si dovranno presentare nelle rispettive sedi d’esame muniti di un documento di riconoscimento in corso di validità, del codice fiscale e, per i soli candidati esonerati dalla prova preselettiva ai sensi dell’articolo 20, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, della ricevuta di versamento attestante il pagamento del diritto di segreteria pari ad € 10,00.

I candidati residenti all’estero, o ivi stabilmente domiciliati, sosterranno la prova nella regione Lazio; i candidati residenti nelle province di Trento e Bolzano sosterranno la prova nella regione Veneto.

Di seguito gli elenchi degli abbinamenti candidati-sedi:

Svolgimento della prova scritta

Ricordiamo che la prova scritta è unica su tutto il territorio nazionale e che lo svolgimento è computerizzato.

Consiste in cinque quesiti a risposta aperta sulle materie indicate nel bando e due quesiti in lingua straniera. Ciascuno dei due quesiti in lingua straniera è articolato in cinque domande a risposta chiusa, volte a verificare la comprensione di un testo nella lingua straniera prescelta dal candidato tra inglese, francese, tedesco e spagnolo. La prova ha la durata di 150 minuti.

A ciascuno dei cinque quesiti della prova scritta non espressi in lingua straniera, la Commissione del concorso attribuisce un punteggio nel limite massimo di 16 punti. A ciascuno dei quesiti in lingua straniera la Commissione attribuisce un punteggio nel limite massimo di 10 punti, 2 per ciascuna risposta corretta. Il punteggio complessivo della prova scritta è dato dalla somma dei punteggi ottenuti in ciascuno dei sette quesiti.

I candidati che ottengono un punteggio complessivo pari o superiore a 70 punti superano la prova scritta e sono ammessi a quella orale.

Gli studenti contro Bussetti: scioperi e proteste per maggiori fondi all’istruzione

da La Tecnica della Scuola

Gli studenti contro Bussetti: scioperi e proteste per maggiori fondi all’istruzione
Di Redazione

Le associazioni studentesche contro il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti.

Link Coordinamento Universitario e Unione degli Studenti sono critiche nei confronti dell’operato del governo in tema di diritto allo studio: “I primi dati provenienti dalle diverse regioni sulla copertura dei posti letto per studenti idonei alla borsa è estremamente preoccupante, infatti sono sempre di più gli studenti e le studentesse che restano esclusi dall’assegnazione, seppur idonei, per via della mancanza degli effettivi posti letto.”- dichiara Alessio Bottalico, coordinatore nazionale di Link Coordinamento Universitario.

“C’è da considerare, inoltre, in Italia persiste la figura dell’idoneo non beneficiario: infatti, nell’anno accademico 2017/2018 circa il 3,5% degli aventi diritto non hanno ricevuto la borsa di studio. Questo fenomeno, ad eccezione della Lombardia, riguarda soprattutto le regioni meridionali, quali Calabria, Molise e Sicilia, dove solo uno studente su tre degli aventi diritto ha percepito la borsa di studio”.

“Nonostante l’aumento dei fondi lo scorso anno, risulta evidente l’urgenza di politiche di rifinanziamento nel diritto allo studio, a partire da un investimento ingente di fondi in legge di bilancio, per garantire non solo la copertura, ma anche la qualità del servizio, tale da non mettere le studentesse e gli studenti nella posizione di dover abbandonare gli studi a percorso iniziato, a causa dell’insostenibilità economica delle spese che di diritto lo Stato dovrebbe coprire. Per questo, contro la consultazione farsa lanciata quest’estate negli Atenei del sud, abbiamo lanciato a livello nazionale una consultazione studentesca “La nostra vita non è un gioco: ora parlano gli studenti” che si terrà dal 22 al 26 ottobre per prendere parola come studenti e studentesse su quelli che sono i nostri reali bisogni durante il nostro percorso di formazione verso la Legge di Stabilità.”- conclude il coordinatore nazionale di Link.

Anche l’Unione degli Studenti attacca Marco Bussetti: “Non è possibile che nel DEF non si voglia investire veramente sull’istruzione e ripensare completamente l’alternanza scuola lavoro, limitandosi invece a mettere delle toppe su un sistema che ha semplicemente dimostrato di fallire. Per una scuola diversa, il 12 Ottobre ci mobiliteremo in tutta Italia”.

“Con una scuola pesantemente sottofinanziata, edifici scolastici pericolanti e mancanza di fondi in ogni campo, si continua con la linea degli scorsi governi di ignorare la scuola nelle leggi di bilancio, afferma Giulia Biazzo, coordinatrice nazionale dell’Unione degli Studenti.

“Alle dichiarazioni di Bussetti preferiamo proposte reali” Conclude l’Unione degli Studenti “Vogliamo nuovi finanziamenti, dall’edilizia all’alternanza al diritto allo studio. Vogliamo che si ricominci ad investire sulla scuola, sul futuro del paese. Il 12 Ottobre bloccheremo le città e agiteremo il paese: cambiare è davvero possibile, serve una scossa”.

Pensione anticipata, niente tagli all’assegno ma servono almeno 38 anni di contributi

da La Tecnica della Scuola

Pensione anticipata, niente tagli all’assegno ma servono almeno 38 anni di contributi
Di Alessandro Giuliani

Più che quota 100, sarebbe meglio chiamarla quota 38: sono gli anni di contributi che il governo ha deciso di chiedere ai lavoratori cha dal 2019 vorranno lasciare anticipatamente il lavoro a partire dai 62 anni di età.

Per chi avrà più di 62 anni la quota sale

Ciò significa che gli unici a beneficiare dalla tanto citata quota 100 saranno i nati nel 1957: solo loro, infatti, se in possesso dei 38 anni di contributi minimi richiesti, potranno lasciare in servizio raggiungendo la fatidica cifra.

Per chi è nato dopo, dal 1958 in poi, invece, se ne riparlerà l’anno successivo. Mentre chi è nato dopo, se vorrà aderire al piano del governo contenuto nel Def, potrà lasciare comunque con non meno di 38 anni di contribuzione pensionistica.

Ciò significa, per intenderci, che coloro che nel 2019 avranno 63 anni dovranno raggiungere quota 101. Per chi ha avrà 64 anni, la somma degli anni salirà a 102. Sino ai 104 anni complessivi che saranno necessari per chi vorrà lasciare un anno prima.

Niente penalizzazioni

La buona notizia, per tutti, è quella che non dovrebbero scattare penalizzazioni alcune sull’assegno d quiescenza: nemmeno dell’1,5 per cento paventato nei giorni scorsi.

Questo significa che a lasciare il lavoro sarebbero, secondo le stime della maggioranza, non meno di 400 mila lavoratori, con un’alta percentuale di insegnanti sia del primo ciclo (che hanno iniziato a lavorare già attorno ai 20 anni) sia della secondaria (che possono far valere il riscatto della laurea).

Nel computo sono inclusi anche coloro che beneficeranno dell’Ape sociale (rivista e corretta) e dell’opzione donna (servono 35 anni di contributi ed almeno 57 anni e tre mesi di età anagrafica, ma con riduzione dell’assegno pensionistico del 20-30 per cento).

Lasceranno molti insegnanti

Quello che l’attuale governo giallo-verde considera l’avvio della controriforma Fornero, costerà il primo anno circa 8 miliardi di euro: a beneficiarne saranno oltre 400 mila lavoratori. Di questi, un’ampia fetta sarà costituita da insegnanti. Di tutti i cicli.

Perché potrebbero avvantaggiarsene i maestri dell’infanzia e della primaria, in larghissima parte donne, almeno quelli che hanno iniziato a lavorare poco dopo il conseguimento del diploma; ma a fruire dell’anticipo pensionistica con soglia minima di contributi posta a 38 anni, sarebbero anche molti professori laureati della secondaria, i quali si farebbero vare gli anni di studio all’università attraverso il riscatto oneroso (la cui entità varia a seconda dell’anno di presentazione della richiesta).

Tutte le altre opzioni per lasciare prima

Disco rosso, invece, per l’uscita dal lavoro con 41 anni di contributi indipendentemente dall’età anagrafica: se ne riparlerà nel 2019 ha promesso il vice premier Luigi Di Maio.

Solo per i lavoratori precoci (quelli che hanno cominciato a lavorare prima dei 19 anni) in situazioni di difficoltà (per i quali era intervenuto il Governo Gentiloni) come la disoccupazione o la disabilità di un familiare resta l’accesso alla pensione con 41 anni di contribuzione indipendentemente dall’età.

Per la pensione anticipata indipendente dall’età anagrafica, nella migliore delle ipotesi, il Governo potrà procedere al blocco dell’aumento dell’aspettativa di vita di cinque mesi e quindi il mantenimento dei 42 anni e 10 mesi di contributi (41 e 10 mesi per le donne).