Bussetti: «A breve il concorso ordinario per maestri laureati»

da Corriere della sera

Bussetti: «A breve il concorso ordinario per maestri laureati»

Il ministro annuncia di aver firmato il decreto per il concorso straordinario da 12 mila posti che sana la questione dei «diplomati magistrali» ma contemporaneamente anche l’avvio delle procedure per il concorso per i maestri laureati

Orsola Riva

Il Ministro Bussetti ha firmato il decreto per il concorso straordinario per primaria e infanzia confezionato «su misura» dal governo giallo-verde per sanare il contenzioso con i cosiddetti «diplomati magistrali», circa 50 mila maestri e maestre senza laurea che a dicembre scorso erano stati bocciati dal Consiglio di Stato e espulsi dalle graduatorie a esaurimento. Più che un concorso, una quasi-sanatoria dal momento che nessuno verrà bocciato. Grazie al disposto d’urgenza del Decreto Dignità basterà dimostrare di aver prestato servizio per due anni negli ultimi otto e sostenere un esame orale pro forma per passare. In palio ci sono 12 mila posti subito per i più bravi, ma tutti gli altri entreranno comunque in una graduatoria di merito regionale, che sarà più corta e veloce al Nord (dove ci sono più alunni e meno prof) e più lunga e lenta al Sud, dove i tempi per salire in cattedra potrebbero scivolare alle calende greche. Il concorso è riservato a chi è in possesso del requisito dell’abilitazione, quindi sia a chi ha conseguito il diploma magistrale entro l’anno scolastico 2001/2 (cioè prima che per insegnare nelle scuole materne ed elementare diventasse obbligatoria la laurea) sia ai laureati in Scienze della Formazione Primaria. Anche se la precondizione dei due anni di servizio da un lato taglia fuori quei diplomati che, benché in possesso dell’abilitazione da anni, non hanno mai lavorato a scuola o comunque nel frattempo hanno scelto di fare altro. Dall’altro però chiude la porta anche ai laureati di più fresco conio, che infatti sono sulle barricate.

Rischio ricorsi

Proprio per non rischiare di essere travolti da una valanga di ricorsi da parte dei maestri e delle maestre laureate esclusi da questa tornata, il ministero ha annunciato contemporaneamente anche la prossima indizione di un concorso ordinario. «Abbiamo mantenuto l’impegno preso con il Decreto Dignità, sbloccando la situazione di paralisi ereditata dal precedente Governo – ha detto il ministro Bussetti -. Ma non ci fermiamo: a breve partirà anche il concorso ordinario, sempre per la scuola dell’infanzia e primaria, per il quale i miei Uffici stanno avviando le relative procedure autorizzatorie». Un concorso «vero» quest’ultimo, in cui solo chi è promosso salirà in cattedra, mentre chi è bocciato (salvo immancabili ricorsi) resterà fuori.

Stipendio dirigenti scolastici, 30 ottobre incontro all’Aran. Risorse disponibili

da Orizzontescuola

Stipendio dirigenti scolastici, 30 ottobre incontro all’Aran. Risorse disponibili
di redazione

Nella giornata di ieri, abbiamo riferito sull’incontro all’Aran per il rinnovo del CCNL dell’area dirigenti del comparto Istruzione e Ricerca, nel corso del quale si è parlato di relazioni sindacali.

Rinnovo CCNL dirigenti scolastici, bozza relazioni sindacali

Prossimo incontro

Il prossimo incontro all’ARAN, come riferisce la Flc Cgil, è stato fissato per il 30 ottobre 2018.

L’incontro sarà focalizzato sulla parte economica del Contratto, relativamente alla quale i sindacati chiedono l’equiparazione agli altri dirigenti del comparto, quindi quella esterna.

L’UDIR chiede anche la perequazione interna.

Risorse disponibili

Per l’equiparazione della retribuzione  di posizione parte fissa dei dirigenti scolastici a quelle dei coleghi del comparto, le risorse messe a disposizione dalla scorsa legge di bilancio sono le seguenti:

  • 37 milioni nel 2018;
  • 41 milioni  nel 2019;
  • 96 milioni a decorrere dal 2020.

Alle risorse suddette si aggiungono 35 milioni del Fondo Unico Nazionale.

Edilizia scolastica: sbloccati 36 mln per scuole innovative e sicurezza

da Orizzontescuola

Edilizia scolastica: sbloccati 36 mln per scuole innovative e sicurezza
di redazione

Miur –  Trentasei milioni di euro per l’edilizia scolastica innovativa e risorse per la sicurezza degli edifici. Le Commissioni riunite VIII e IX della Camera dei deputati hanno approvato ieri due emendamenti in materia di edilizia scolastica predisposti dal MIUR e presentati dai relatori in sede di conversione del decreto-legge su Genova.

Il primo emendamento sblocca 9 milioni di euro all’anno, per il prossimo triennio, per la progettazione di scuole innovative e 4,5 milioni di euro all’anno, per il prossimo biennio, per la progettazione di Poli dell’infanzia. Una misura molto attesa dagli Enti locali che, al momento, non dispongono delle risorse necessarie.

Il secondo emendamento consente di recuperare i fondi stanziati con un Programma di edilizia scolastica del 2009 e rimasti inutilizzati, che potranno essere destinati a interventi di messa in sicurezza degli edifici.

“Continua il percorso intrapreso dal Governo, fin dal suo insediamento, per semplificare e accelerare le procedure per mettere a disposizione degli Enti locali i finanziamenti necessari per gli interventi in materia di edilizia scolastica – dichiara il Ministro Marco Bussetti -. Stiamo dimostrando con i fatti che il benessere e la sicurezza dei nostri ragazzi rappresentano davvero una priorità”.

L’importanza di un protocollo inclusivo nelle scuole

da Orizzontescuola

L’importanza di un protocollo inclusivo nelle scuole
di redazione

Docente A. Rivelli – La figura del docente inclusivo nelle istituzioni scolastiche è fondamentale ed ha l’obiettivo di informare, formare e orientare i

I decreti legislativi 62 e 66 hanno l’obiettivo di migliorare nelle scuole la qualità del PTOF(Piano Triennale Offerta Formativa) nella materia della valutazione scolastica.

Tra gli effetti in termine di inclusione sociale la progettazione individuale di un piano didattico (PDP) andrà a migliorare e aiutare il ragazzo a conquistare la piena autonomia e a far esprimere tutte le potenzialità.

L’inclusione è responsabile del ragazzo in tutti i momenti del percorso formativo e in tutti gli aspetti del sistema educativo, per consentirgli di esercitare la cittadinanza attiva all’interno dell’istituzione scolastica.

Il far conoscere la motivazione ad apprendere è uno dei traguardi da raggiungere per il conseguimento del successo formativo.
Questo vuole essere un processo attivo verso una società e una scuola attenta all’inclusione di tutti i ragazzi con stili cognitivi diversi, e un valido aiuto alle famiglie che sono sempre più esposte a forti frustrazioni.

Concorso dirigenti scolastici: ricorsi a gogò, il Miur corre ai ripari

da La Tecnica della Scuola

Concorso dirigenti scolastici: ricorsi a gogò, il Miur corre ai ripari
Di Reginaldo Palermo

Le notizie che arrivano da diverse province, da lettori e da amici che ci scrivono sono a dir poco allarmanti: se alle intenzioni e alle lamentele seguiranno i fatti quello del 2018 sarà ricordato come il concorso dei ricorsi.

Disparità di trattamento

Molti candidati, per esempio, stanno parlando di possibili ricorsi legati alle modalità di utilizzo (o non utilizzo) dei manuali contenenti testi di legge: in alcuni casi le commissioni ne avrebbero consentito la consultazione, mentre in altre sedi lo stesso manuale sarebbe stato vietato.
In qualche caso diversi candidati hanno protestato perchè è stato loro impedito di usare pubblicazioni contenenti testi di decreti ministeriali: “I decreti ministeriali – sono insorti diversi docenti – sono fonti primarie e dunque i volumi sono legali”, dimostrando così di non avere molto chiara la differenza fra provvedimenti legislativi e provvedimenti amministrativi.
Altri docenti stanno pensando di ricorrere perchè nella loro aula la prova scritta è iniziata assai dopo le ore 10, come era stato invece stabilito dal Ministero.

Una senatrice M5S fra i candidati che hanno vinto il ricorso

C’è poi chi sostiene che se è stato accolto il ricorso di coloro che non sono arrivati a 71,70 punti alla preselettiva (pare che fra i candidati che hanno vinto questo ricorso ci sia anche una nota senatrice calabrese del M5S), allo stesso modo dovranno essere accolti i ricorsi di coloro che alla prova scritta conseguiranno la sufficienza ma non raggiungeranno i 70 punti previsti dal bando.
Il tema della disparità di trattamento è insomma quello che più di altri viene chiamato in causa.
Tutti questi ricorsi non potranno che rallentare l’intera procedura e quindi al Ministero già disperano di poter immettere in ruolo i nuovi dirigenti a partire dal prossimo settembre 2019.
Ed è anche per questo che i Ministeri dell’Istruzione e della Pubblica Amministrazione stanno seriamente pensando ad una modifica in itinere della procedura: il concorso potrebbe infatti concludersi di fatto dopo la prova orale, mentre il corso di formazione si trasformerebbe in concreto in una sorta di periodo di prova.

Tagli all’istruzione: dal 3,6% del Pil al 3,5%

da La Tecnica della Scuola

Tagli all’istruzione: dal 3,6% del Pil al 3,5%
Di Pasquale Almirante

La spesa per l’istruzione in rapporto al Pil, «si attesta in media sul 3,6% nel quinquennio 2014-2018 (3,5% nel 2019)»: lo si legge nel documento programmatico di bilancio inviato dal governo all’Europa.

Lo scrive Il Corriere della Sera che aggiunge: “uno 0,1% in meno, ovvero un segno meno che conferma le indiscrezioni che già circolano sugli investimenti (inesistenti) di questo governo al settore della scuola e dell’educazione in generale”.

Più investimenti lo scorso anno

A differenza dell’anno scorso, quando il Miur era retto da Valeria Fedeli, “almeno si manteneva una direzione, che era quella tenuta negli anni precedenti, di leggera crescita”, precisa il Corriere. Per quest’anno dunque, “i segnali che arrivano non sono per niente incoraggianti”, “per le dinamiche di medio-lungo periodo si rinvia alle più recenti previsioni elaborate sulla base della metodologia e dello scenario definito in ambito europeo”.

In generale l’istruzione rappresenta la quarta voce di spesa, preceduta dalla protezione sociale (19,1%), dalla salute (7,1%) e dai servizi pubblici generali (6%). Da noi l’istruzione resta una delle ultime voci.

Dispersione scolastica: ma è proprio colpa della scuola?

da La Tecnica della Scuola

Dispersione scolastica: ma è proprio colpa della scuola?
Di Alvaro Belardinelli

Come già più volte La Tecnica della Scuola ha evidenziato, la dispersione scolastica è un problema gravissimo della Scuola italiana.
Le colpe, spesso, sono addossate tutte alla Scuola stessa, descritta dai media mainstream come antiquata, vetusta nella didattica, fondata su un inutile accumulo di nozioni, rigidamente meticolosa, vanamente noiosa; e, in quanto tale, classista (se simili censure provengono da sinistra) o “estranea al mercato” (se gli attacchi arrivano da destra).

L’ombra di don Milani

Pesa, su entrambe queste critiche alla Scuola (e ai suoi insegnanti), un’ideologia diffusissima dal 1968 ad oggi, i cui assiomi sono oggi un autentico dogma religioso: il donmilanismo.
Infatti, pur senza voler nulla togliere alla figura di don Lorenzo Milani e alla sua buona fede, bisogna riconoscere che la pur nobile passione del priore di Barbiana per l’insegnamento e per il riscatto dei diseredati ha innescato nella maggioranza degli Italiani degli ultimi cinquant’anni la convinzione secondo cui il sapere è inutile, noioso, classista, borghese.
Conseguenza di questa radicata convinzione è un’altra radicata convinzione, non meno acritica e sguaiata: secondo la quale la Scuola italiana va demolita e ricostruita ex novo, con criteri opposti, ove i contenuti da imparare siano pochi, semplici, legati all’utilità pratica.

Una simile religio nacque dunque nelle fila della Sinistra di matrice sessantottesca, come ideologia di liberazione delle masse, sfruttate sul lavoro ed oppresse nella “Scuola dei padroni”, i cui squallidi aguzzini piccolo borghesi erano i docenti.
Dapprima questa stessa religio era aborrita dalla Destra statalista di un tempo, cui cinquant’anni fa piaceva raffigurarsi come sacerdotessa della Cultura (con la C maiuscola).
Negli anni Settanta, però, quando è andato affermandosi tra i ceti dominanti il Verbo neoliberista propugnato dalla Trilateral Commission, dal Gruppo Bilderberg, dalla scuola economica di Chicago, sperimentato nel Cile di Augusto Pinochet, nell’America di Ronald Reagan e nel Regno Unito di Margareth Thatcher, e poi diffuso a macchia d’olio in tutto il mondo, gli stessi ceti egemoni hanno cominciato a guardare alla Scuola in modo molto diverso rispetto alla Destra tradizionale.
Fu così che il donmilanismo imperante tra gli intellettuali di sinistra cominciò ad essere utilizzato anche dalle forze conservatrici, consapevoli del potere della cultura come forza liberatrice, in quanto capace di sviluppare il sapere critico in chi della cultura è partecipe.
Alla Lettera a una professoressa di don Milani, infatti, anche la Fondazione Agnelli ha più volte espresso il proprio apprezzamento. E la religio di don Milani è diventata instrumentum regni.

Paradossalmente, dunque, gli strumenti dialettici di certa Sinistra sono diventati armi nelle mani della Destra; la quale, ovviamente, li usa per i propri interessi. Scriviamo “certa” Sinistra per indicare quella Sinistra che, consapevolmente, ha fatto del sacerdote cattolico Lorenzo Milani la propria bandiera, ignorando il pensiero di Antonio Gramsci in materia di istruzione.

Gramsci, antitesi di don Milani

Nelle carceri fasciste, il fondatore del PCI scriveva testualmente: «Anche lo studio è un mestiere e molto faticoso, con un suo speciale tirocinio anche nervoso-muscolare, oltre che intellettuale: è un processo di adattamento, è un abito acquisito con lo sforzo e il dolore e la noia. La partecipazione di più larghe masse alla scuola media tende a rallentare la disciplina dello studio, a domandare facilitazioni».
Quanto allo studio delle lingue classiche, Gramsci aggiungeva: «Il latino non si studia per imparare il latino, si studia per abituare i ragazzi a studiare, ad analizzare un corpo storico che si può trattare come un cadavere ma che continuamente si ricompone in vita. Naturalmente io non credo che il latino e il greco abbiano delle qualità taumaturgiche intrinseche: dico che in un dato ambiente, in una data cultura, con una data tradizione, lo studio così graduato dava quei determinati effetti. Si può sostituire il latino e il greco e li si sostituirà utilmente, ma occorrerà sapere disporre didatticamente la nuova materia o la nuova serie di materie, in modo da ottenere risultati equivalenti di educazione generale dell’uomo, partendo dal ragazzetto fino all’età della scelta professionale. In questo periodo lo studio o la parte maggiore dello studio deve essere disinteressato, cioè non avere scopi pratici immediati o troppo immediatamente mediati: deve essere formativo, anche se «istruttivo», cioè ricco di nozioni concrete».

Scuola “per competenze”: che ne direbbe Gramsci?

Ma che cosa pensava Gramsci della Scuola con scopi pratici, “affrancata” dalla cultura “alta”? Lo chiarisce egli stesso nel medesimo testo scritto in carcere: «Nella scuola moderna mi pare stia avvenendo un processo di progressiva degenerazione: la scuola di tipo professionale, cioè preoccupata di un immediato interesse pratico, prende il sopravvento sulla scuola “formativa” immediatamente disinteressata. La cosa più paradossale è che questo tipo di scuola appare e viene predicata come “democratica”, mentre invece essa è proprio destinata a perpetuare le differenze sociali. (…) Ecco perché molti del popolo pensano che nella difficoltà dello studio ci sia un trucco a loro danno; vedono il signore compiere con scioltezza e con apparente facilità il lavoro che ai loro figli costa lacrime e sangue, e pensano ci sia un trucco. In una nuova situazione politica, queste quistioni diventeranno asprissime e occorrerà resistere alla tendenza di rendere facile ciò che non può esserlo senza essere snaturato. Se si vorrà creare un nuovo corpo di intellettuali, fino alle più alte cime, da uno strato sociale che tradizionalmente non ha sviluppato le attitudini psico-fisiche adeguate, si dovranno superare difficoltà inaudite»
(Quaderni dal Carcere, 4 [XIII], 55). Una risposta anticipata all’ideologia della “didattica per competenze”.

Eppure anche ai tempi di Gramsci, cent’anni or sono, molti esponenti socialisti e comunisti ritenevano che la cultura elevata non servisse agli operai né ai contadini, perché inutile orpello delle classi dominanti, che se ne servono come strumento di dominio. E su questo terreno, nei trent’anni appena trascorsi, Destra e Sinistra politica hanno più volte dimostrato di avere della Scuola la medesima concezione e di fare scelte identiche: i cui brillanti risultati – anche in termini di abbandono scolastico – sono purtroppo sotto gli occhi di tutti.