La scuola in piazza, con il lutto al braccio

Al termine di un partecipatissimo presidio di studenti e lavoratori della scuola, tenutosi al MIUR in occasione dello sciopero proclamato da USB in risposta all’appello lanciato dalla campagna Bastalternanza, è stata ricevuta una delegazione dei manifestanti dal dott. Pinneri.

La delegazione era composta da rappresentanti degli studenti, di USB e dell’AnDDL (associazione che rappresenta una consistente fetta dei docenti di Terza fascia), che hanno portato le proprie rivendicazioni ai funzionari del Ministero. I delegati di USB Scuola hanno presentato un articolato documento che tratta approfonditamente ogni punto della piattaforma dello sciopero:

1. l’abolizione dell’ASL e l’eliminazione dell’Invalsi

2. una vera quota 100 e l’immissione in ruolo su tutti i posti liberi

3. una mobilità equa che permetta il rientro degli esiliati

4. ruolo per chi ha 36 mesi di servizio

5. assunzioni per gli ATA per coprire il fabbisogno nelle scuole

6. internalizzazione dei servizi gestiti dalle cooperative e l’assunzione diretta degli ex LSU ATA ad essi adibiti

7. reali aumenti salariali

8. rifiuto della regionalizzazione

9. ritiro della delega sul sostegno

10. integrazione degli alunni stranieri e inserimento di italiano L2 in tutte le scuole.

Pur apprezzando l’apertura e la disponibilità al confronto del ministero, la risposta dei rappresentanti del MIUR è stata deludente e ha evidenziato una sostanziale continuità con i governi precedenti nel considerare la scuola pubblica statale un settore non prioritario in termini di investimenti pubblici. Nulla di nuovo sull’Alternanza scuola-lavoro, se non una semplice riduzione oraria e una ristrutturazione terminologica e di facciata, funzionale ad un mero risparmio di cassa. Nessuna garanzia sull’assunzione stabile delle migliaia di precari della terza fascia, a cui viene garantita solo una percentuale di posti riservati nel prossimo concorso ordinario, deludendo le aspettative di chi da tanti anni porta avanti la scuola italiana da nord a sud. Poche le garanzie sulla mobilità e la possibilità di rientro dei docenti “esiliati”, con una percentuale del 50% sui trasferimenti, da noi proposta, che è stata accolta con molta freddezza. Ancora maggiore la chiusura sulla trasformazione dell’organico di fatto in diritto in relazione ai posti di sostegno, con il Dott. Pinneri che ha espresso le difficoltà da parte del Miur nel superare le resistenze del Mef, che esprime non pochi dubbi sul numero delle certificazioni presenti sul territorio italiano e di conseguenza non vuole procedere a stabilizzare i posti in deroga in organico di diritto.  Silenzio sull’adeguamento degli organici ATA alle reali necessità delle scuole.

In conclusione, il cosiddetto governo del cambiamento tradisce tutta la sua continuità con le politiche scolastiche di tagli, privazioni, precarizzazione, sfruttamento degli ultimi trent’anni. Un governo che non garantisce investimenti nel settore pubblico e nella scuola, che non è in grado di affrontare con un progetto compiuto i temi della stabilizzazione dei precari e del ritorno degli esiliati, prono alle logiche economiche dell’Europa e ai limiti di spesa imposti dal MEF.

Al termine degli interventi, quando il presidio si stava accingendo allo scioglimento, siamo stati raggiunti dalla terribile notizia della morte di uno studente in uno dei principali licei di Catania, un ragazzo sofferente, colto da infarto. All’annuncio gli studenti, giustamente scossi, hanno deciso di raggiungere Montecitorio, dove si stava svolgendo l’altro presidio USB degli Ex LSU-ATA che reclamavano la stabilizzazione. Le forze dell’ordine hanno ostacolato in ogni modo il passaggio, con atteggiamenti repressivi ingiustificabili nei confronti di chi per tutta la mattina aveva preso parte ad una manifestazione pacifica ma rumorosa, tentando di esasperare gli animi dei ragazzi già sconvolti per la notizia. Dopo una lunga trattativa, il corteo ha potuto raggiungere Montecitorio, dove si sono avvicendati gli interventi.

In una simile situazione poniamo il problema di cogliere il senso reale delle parole. “Scuole sicure” per il ministro degli interni Salvini significa mandare polizia negli istituti per reprimere ogni forma di contestazione. “Scuole sicure” per insegnanti e studenti significa aver certezza che non ci crollino i tetti sulla testa mentre facciamo lezione, che gli impianti antincendio e le misure antisismiche siano efficaci e costantemente monitorate, che i defibrillatori siano sempre funzionanti e che il personale sia formato per intervenire in casi di emergenza come questo e che simili tragedie non abbiano mai più a verificarsi.

USB Scuola si stringe alla famiglia del nostro studente, ai suoi compagni, ai suoi insegnanti e conferma ancora una volta che non si fermerà nel pretendere vera sicurezza per chiunque, con qualunque ruolo, vive la scuola ogni giorno.

Pronti 35 milioni per la scuola digitale

da Il Sole 24 Ore

Pronti 35 milioni per la scuola digitale

Trentacinque milioni di euro per la scuola digitale, con un’attenzione particolare alla creazione di ambienti didattici innovativi e tecnologicamente all’avanguardia. Il pacchetto di risorse è contenuto in un decreto firmato dal Ministro Marco Bussetti.

Ambienti digitali didattici innovativi
A seguito della firma del decreto è stato già pubblicato sul sito del Miur http://www.istruzione.it/scuola_digitale/index.shtml un avviso da 22 milioni di euro destinato alle scuole statali di ogni ordine e grado per finanziare la progettazione e creazione di ambienti di apprendimento capaci di integrare nella didattica l’utilizzo di tecnologie all’avanguardia. Oltre 2 milioni di euro di risorse aggiuntive sono stanziati poi per le scuole delle aree a rischio, che saranno individuate in base a criteri oggettivi: alto tasso di dispersione scolastica, disagio negli apprendimenti, status socio-economico della famiglia di origine rilevato dall’Invalsi, tasso di deprivazione territoriale Istat. Ogni istituto potrà presentare un solo progetto. Le proposte dovranno riguardare la realizzazione di ambienti di apprendimento, con l’allestimento e la trasformazione di uno o più spazi interni alla scuola, ed essere collegate all’utilizzo di nuove metodologie didattiche espressamente indicate. Le scuole potranno presentare i progetti a partire dalle ore 10.00 del 3 dicembre 2018, entro e non oltre le ore 15.00 del 17 dicembre 2018, compilando l’apposita istanza on line tramite l’applicativo “Protocolli in rete” disponibile sul portale SIDI – Area Servizi Accessori. Le graduatorie saranno pubblicate sul sito del MIUR www.miur.gov.it: http://www.istruzione.it/scuola_digitale/index.shtml

Le altre misure del pacchetto
Con il decreto vengono stanziati 7,5 milioni per potenziare la formazione dei docenti e le competenze degli studenti sulle metodologie didattiche legate al Piano Scuola Digitale. Vengono poi assegnati 1,5 milioni al Premio nazionale scuola digitale e altri 1,7 milioni alla promozione dell’innovazione didattica e digitale sul territorio. Per valutare l’attuazione del Pnsd, sarà costituito, inoltre, un Comitato scientifico di esperti per monitorare l’andamento del Piano e proporre aggiustamenti alla strategia del Pnsd o a singole azioni.

Anche Unioncamere a favore dell’alternanza: «Il governo ci ripensi»

da Il Sole 24 Ore

Anche Unioncamere a favore dell’alternanza: «Il governo ci ripensi»
di Maria Piera Ceci

Quasi cinquemila firme in quattro giorni per la petizione promossa da Federmeccanica per chiedere che non si torni indietro sull’alternanza scuola-lavoro. Nella legge di Stabilità ora in discussione è previsto infatti un dimezzamento delle ore e dei fondi destinati all’alternanza. Una protesta che a Job & Orienta, la mostra convegno dedicata all’orientamento e alla formazione in corso a Verona, si dipinge dei colori dei gilet gialli, che rimandano alle proteste in corso in Francia. Federmeccanica li ha distribuiti ad alcuni ragazzi delle scuole che hanno distribuito volantini in Fiera per sensibilizzare sui pericoli di un ridimensionamento del progetto alternanza.

Un errore tornare indietro anche per Giuseppe Riello, vicepresidente Unioncamere e presidente Camera di commercio di Verona.
«Penso che sia l’ennesimo errore che il governo sta facendo, perché se c’è una cosa che è stata fatta bene sicuramente è il progetto di alternanza scuola lavoro. Sia come Unioncamere che come singole Camere di commercio, ci siamo impegnati molto sul territorio e i risultati sono arrivati. Come tutte le cose nuove, ha avuto necessità di tempi nella fase iniziale. Ora che abbiamo rodato tutti gli ingranaggi, siamo però pronti ad ottenere dei risultati importanti. I ragazzi hanno un riscontro significativo per la loro crescita e penso che sia assolutamente un errore ridurre le ore e i finanziamenti, perché questo è un primo passo per modernizzare la scuola italiana».

Quanto è importante che gli studenti inizino a conoscere la realtà del mondo del lavoro già con l’Asl?
«Sono tanti anni che sento dire che la scuola italiana è troppo distaccata dal mondo del lavoro vero. Si fa sempre riferimento alla Germania o agli Stati Uniti, anche se in questo caso poi c’è chi critica una presenza eccessiva delle aziende nelle scuole. Certamente quello dell’Asl era un passo per fare in modo che i ragazzi si rendessero conto di cosa voglia dire effettivamente trovarsi in un’azienda, con tante agente, con dei compiti, con dei ruoli. In fase di crescita del ragazzo, nel momento di maggior maturità in quarta o quinta superiore, è fondamentale. Per loro sarebbe una grande perdita».

Qual è il vostro riscontro dell’esperienza già in atto?
«Unioncamere svolge questa attività di coordinamento nel rapporto fra scuole, istituzioni e imprese. Verona, come tante altre Camere di commercio, ha istituito dei bandi attraverso i quali vengono riconosciuti bonus da 750 euro alle aziende che ospitano i ragazzi, di modo da dare un contributo soprattutto alle imprese artigiane e alle piccole e medie imprese. A Verona solo quest’anno abbiamo dato settecentomila euro di contributi alle aziende che hanno ospitato i ragazzi. 750 sono stati i ragazzi che hanno partecipato all’Asl attraverso Camera di commercio e abbiamo avuto oltre mille adesioni al sito che gestisce il progetto. Gli studenti hanno potuto scegliere fra studi professionali, studi tecnici, aziende artigiane e aziende industriali. Hanno avuto un’ampia scelta. La perdita maggiore sarebbe per i ragazzi che perderebbero un’occasione importante di conoscere il mondo del lavoro».

Pensate di aderire alla petizione di Federmeccanica?
«Sicuramente anche Unioncamere farà una serie di attività per scongiurare questo errore».

Dirigenti, responsabilità edilizia per piccole manutenzioni. Scuole effettuano interventi straordinari

da Orizzontescuola

Dirigenti, responsabilità edilizia per piccole manutenzioni. Scuole effettuano interventi straordinari
di redazione

Si è svolto oggi 29 novembre l’incontro al Ministero dell’Istruzione per approfondimenti tecnici sugli aspetti applicativi dell’articolo 39 del Decreto Interministeriale 28 agosto 2018 n. 129 sul nuovo Regolamento di Contabilità delle istituzioni scolastiche. Ne parla la FLC CGIL.

L’articolo 39 riguarda la manutenzione degli edifici scolastici e la responsabilità connessa per i dirigenti scolastici.

L’amministrazione ha illustrato nel dettaglio le previsioni dell’articolo 39, confrontandolo con il previgente articolo 46 del Decreto Interministeriale 44/2001 e sostenendo che le responsabilità già precedentemente previste sono limitate ai soli casi di piccola manutenzione e riparazione.

Ha inoltre aggiunto che è stato necessario accogliere la richiesta del Consiglio di Stato che prevede la possibilità che le scuole effettuino lavori di manutenzione straordinaria con fondi propri, previo accordo con il proprietario dell’immobile.

Si è tenuto conto anche di quanto previsto dall’articolo 1, comma 145, della legge 107/2015 rispetto alle erogazioni liberali in denaro destinate agli investimenti in favore di tutti gli istituti del sistema nazionale di istruzione, per la realizzazione di nuove strutture scolastiche, la manutenzione e il potenziamento di quelle esistenti.

Stipendio e tredicesima, pagamento atteso per il 14 dicembre

da Orizzontescuola

Stipendio e tredicesima, pagamento atteso per il 14 dicembre
di redazione

La tredicesima viene pagata annualmente in concomitanza con il cedolino NoiPA di dicembre, che quest’anno arriverà in anticipo.

Quando viene pagata la tredicesima

Di solito il pagamento della tredicesima per il personale della scuola avviene intorno a metà dicembre.

Lo stipendio arriva insieme alla tredicesima mensilità, intesa come “gratifica natalizia” e quindi corrisposta con largo anticipo ai dipendenti pubblici.

Quest’anno si anticipa

La tredicesima quest’anno potrà essere in conto il 14 di dicembre, di venerdì, dato che il quindici e il sedici saranno rispettivamente un sabato e una domenica.

A garantirlo è lo stesso decreto legge, che stabilisce che qualora il giorno di paga sia festivo on non lavorativo, può essere anticipato al giorno utile.

Come viene calcolata la tredicesima

La tredicesima è una mensilità aggiuntiva, prevista dal CCNL art. 803.

La tredicesima mensilità è corrisposta per intero al personale in servizio continuativo dal primo gennaio dello stesso anno.

Chi presta servizio per un periodo inferiore all’anno avrà una tredicesima che corrisponde ad un dodicesimo per ogni mese di servizio prestato o frazione di mese superiore a 15 giorni.

La tredicesima non spetta per le assenza per  aspettativa o comunque quelle assenze per cui non ci sia stato stipendio.

Cedolino su NoiPA

Il cedolino relativo a stipendio + tredicesima sarà visibile, sin dai primi giorni di dicembre, sulla relativa sezione di NoiPA. Segui il percorso

Sciopero docenti e ATA, proclamato per il 10 dicembre

da Orizzontescuola

Sciopero docenti e ATA, proclamato per il 10 dicembre
di redazione

Il Miur, con nota n. 33383 del 29/11/2018, come già comunicato dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, comunica che il SAESE ha proclamato lo sciopero per la giornata del 10 dicembre 2018.

Lo sciopero riguarda tutto il personale docente ed Ata a tempo indeterminato e determinato, atipico e precario in servizio in Italia e nelle scuole e istituzioni scolastiche italiane all’estero”.

Essendo la scuola un servizio pubblico essenziale, lo sciopero va esercitato nel rispetto delle regole e delle procedure fissate dalla normativa.

Le scuole devono comunicare lo sciopero alle famiglie e agli alunni. Devono inoltre comunicare tramite SIDI le seguenti informazioni:

– il numero dei lavoratori dipendenti in servizio;
– il numero dei dipendenti aderenti allo sciopero anche se negativo;
– il numero dei dipendenti assenti per altri motivi;
– l’ammontare delle retribuzioni trattenute.

nota Miur

FAQ Handicap e Scuola – 62

Domande e risposte su Handicap e Scuola
a cura dell’avv.
Salvatore Nocera e di Evelina Chiocca


Elenco FAQ

Sono una docente di sostegno di un alunno con 104 alla scuola primaria. Entro il mese di ottobre 2018 avrebbe dovuto avere la revisione per tale legge. Ancora nessuno l’ha rivisto. È la scuola che deve contattare ASL o la famiglia si deve muovere? Inoltre ho letto che la revisione d’invalidità adesso spetta all’INPS? Ho un po’ di dubbi, mi può gentilmente fare un quadro più chiaro per risolvere questo problema?

La legge n. 114 del 2014, all’art. 6-bis, stabilisce che è l’INPS, che deve chiamare a visita l’alunno; la stessa norma sancisce che continua ad avere efficacia la precedente certificazione, ovvero, sino a quando non sarà rilasciata la nuova certificazione, sono conservati tutti i diritti previsti.

Vorrei chiedere chiarimenti circa l’esonero da una lingua straniera per gli alunni certificati alla legge 104 e il conseguimento del diploma di scuola secondaria di 1°.

Per gli studenti certificati in conformità alla legge 104/92 non è previsto alcun tipo di esonero, bensì un percorso individualizzato, indicato nel PEI per ciascuna disciplina (ed è a questo percorso che la Sottocommissione deve fare riferimento nel predisporre le prove per l’Esame di Stato). Come stabilito dal decreto legislativo n. 62/2017, le prove d’esame devono essere “coerenti con il PEI, ovvero con il percorso effettivamente svolto. Queste prove, che hanno valore equivalente, determinano, per lo studente, il conseguimento del Diploma di scuola secondaria di Primo grado).
In sintesi, in sede di definizione del PEI, il Consiglio di classe deve fissare specifici obiettivi, che devono essere conseguiti dallo studente nelle ore previste dall’insegnamento della lingua straniera in questione, ossia programma secondo i principi del “percorso individualizzato”.

Sono il babbo di una ragazzina con autismo di 15 anni al primo anno di liceo.
Nel precedente pei erano state assegnate 12 ore di sostegno e 12 di educatore.
Nulla è cambiato nella valutazione di aprile di quest’anno.
Con l’inizio della scuola sono state date 5 di sostegno e delle 12 di educatore la scuola ne ha richieste solo 3 in deroga e 3 ne sono state assegnate dall’ufficio scolastico.
Mia figlia resta completamente scoperta in una disciplina e parzialmente in altre.
Nelle materie in cui è coperta ha anche voti incoraggianti; in quelle parzialmente scoperta no.
Al GLH ci è stato proposto il percorso differenziato e non per obiettivi minimi: visto i risultati abbiamo dato parere negativo; anche gli operatori asl hanno cercato di convincere i professori.
Abbiamo parlato con il preside che ci ha dato una certa disponibilità ma abbiamo come l’impressione che nostra figlia sia stata giudicata un po’ troppo frettolosamente e quindi le successive decisioni sul
richiedere le ore in deroga siano figlie di quel giudizio. Come possiamo muoverci?

ORE DI SOSTEGNO
Se nel PEI del precedente anno sono state indicate 12 ore di sostegno (docente) e 12 ore di assistente ad personam (o educatore), queste ore devono essere garantite. Da quanto lei scrive, risultano, ad oggi, 8 ore di sostegno (docente) e 12 di assistente ad personam.Deve esigere le restanti 4 ore e, se non assegnate, procedere con ricorso, affinché siano garantite le risorse indicate nel PEI (potete avvalervi del supporto gratuito messo a disposizione di ANIEF o di altre Associazioni).
ATTIVITÀ IN CLASSE
Per quanto riguarda la questione “interrogazione”, è compito di tutti i docenti della classe non solo insegnare a sua figlia, ma anche valutarla e, per questo, sono predisposte apposite verifiche (coerenti con il PEI, e di valore equipollente se è stato adottato un PEI semplificato). È quindi normale che la ragazza venga interrogata dal docente disciplinare. Non è vincolante la presenza del docente incaricato su posto di sostegno.
PEI DIFFERENZIATO O PEI SEMPLIFICATO
Correttamente vi siete espressi in merito al PEI, scegliendo per vostra figlia un percorso semplificato a fronte della richiesta del Consiglio di Classe di adottare un Pei differenziato; è bene che siate informati sul fatto che, in questo caso, vostra figlia sarà considerata “non con disabilità” unicamente ai fini della valutazione (sarà cioè valutata come i compagni), mentre per tutto il resto vigono i benefici previsti dalla normativa a favore degli alunni con disabilità (prove equipollenti, uso di sussidi e ausili, ecc.).

La famiglia di un alunno certificato art. 3 comma 1 di scuola secondaria di secondo grado che frequenta da 10 /15 ore settimanali su 32, chiede una programmazione con obiettivi minimi. È possibile con una frequenza oraria così ridotta, senza alcun certificato di necessità di cure o di ospedalizzazione valutare per obiettivi minimi? Qual è la normativa di riferimento?

L’alunno è soggetto alla frequenza, come tutti gli altri studenti, lecito, pertanto, chiedersi da dove deriva una riduzione così significativa dell’orario scolastico: è stata richiesta da voi? È stata richiesta dalla famiglia?

In qualità di insegnante di sostegno sono stata assegnata per 18 ore in una classe, suddividendo le ore nel modo seguente: 10 ore a Tizio e 8 ore a Caio. Nella stessa classe c’é un altro docente di sostegno per 6 ore settimanali su Sempronio. Nelle ore in cui non c’é il suo ins di sostegno, io dovrei seguire anche Sempronio. Cosa ne pensate?

In realtà lei, in quanto docente di sostegno, è assegnata alla classe, quindi deve favorire il processo inclusivo di tutti gli alunni della classe; se parliamo di inclusione, questo principio è importantissimo, e va rispettato.
Certo è che se, come lei scrive, manca uno dei docenti specializzati, allora “deve essere nominato un docente” che supplisca il collega momentaneamente assente.

Ho un figlio disabile che frequenta la primaria di primo grado. Capita che l’insegnante di sostegno manchi per due o tre giorni, parlando con la dirigente scolastica ho richiesto che venga sostituita già dal primo giorno, lei mi ha risposto che secondo i nuovi indirizzi della buona scuola e dell’ultima circolare miur non può sostituirla prima dei 10 giorni di assenza. Volevo capire se questo è vero.

La Nota 9839/2010 interviene sulle “Supplenze temporanee del personale docente”; in essa viene ribadito che vige l’obbligo di provvedere alla sostituzione del personale temporaneamente assente, ricorrendo, prioritariamente, al personale della scuola “in soprannumero o con ore a disposizione o di contemporaneità” non programmata (ovvero in applicazione di quanto previsto dall’art. 28, commi 5 e 6, del CCNL/07) e, in subordine, attribuendo tali ore a personale in servizio, che si renda disponibile ad aumentare di 6 ore l’orario settimanale di servizio.
I Dirigenti possono nominare il personale supplente:
– per periodi inferiori a 5 giorni nella scuola Primaria (come previsto dall’art. 28, c. 5 del CCNL)
– per periodi pari a 15 giorni di assenza nella scuola secondaria.
Per quanto riguarda, nello specifico, il docente su posto di sostegno, è possibile avvalersi del personale della scuola per supplire il primo giorno di assenza, ma dal secondo deve essere nominato un supplente per il tempo di assenza del titolare.

Mia figlia che frequenta la terza media, ha 18 ore di sostegno in quanto ha disabilità grave ex art. 3 legge 104/92.
Quest’anno il nuovo professore di italiano sta creando notevoli difficoltà allo svolgimento personalizzato delle lezioni della prof. di sostegno in quanto pretende, in nome della legge (quale?), che la collega di sostegno stia in classe e aiuti tutti gli allievi in difficoltà, di fatto vanificando l’insegnamento per mia figlia che ha bisogno di interventi mirati. Questo professore impedisce addirittura alla collega di uscire dalla classe per poter lavorare al meglio con mia figlia.
Vi chiedo se è legittimo che, in nome del principio di inclusione (per il quale la scuola si sta dotando di apposito protocollo), l’insegnante di sostegno debba stare sempre in classe e se invece lo stesso può (e deve) uscire per quelle materie dove è necessaria la forte personalizzazione del programma.
Se nel Pei redatto con il neuropsichiatra è scritto che sono necessari interventi fuori aula, interventi in piccoli gruppi e, in altre materie, permanenza in classe, è possibile opporre efficacemente questo documento al protocollo della scuola e alle pretese di questo professore?
È utile far valere il diritto all’istruzione di mia figlia? In extrema ratio, quali rimedi giudiziari si possono far valere?

Il docente di sostegno è assegnato “alla classe”, perché in quella classe è iscritto un alunno con disabilità. Sono quindi i docenti in servizio (su posto di sostegno e su posto disciplinare) a stabilire concordemente, e in base a quanto specificato nel PEI, se e quando prevedere interventi individualizzati. Non ha competenza, in questo caso, il NPI.
Lei può chiedere un incontro con il docente di italiano per cercare di capire come è stato organizzato il tempo scuola, quali obiettivi si intendono perseguire e in quale modo (informazioni che dovrebbero essere già presenti nel PEI che, da quanto scrive, mi pare abbiate già condiviso).

Vorrei avere informazioni circa il numero sufficiente per poter decidere in sede di consiglio di classe per la programmazione differenziata.

Il Consiglio di classe, sulla base degli elementi di conoscenza dell’alunno, quindi in base alle sue capacità, potenzialità, attitudini, nonché in relazione alle materie di indirizzo del percorso di studio, si esprime sulla scelta di un Pei differenziato o di un Pei semplificato (ovvero globalmente riconducibile “al programma ministeriale”, come stabilito dall’OM 90/2001).
Non esiste, nella norma, un’indicazione relativa all’unanimità, per cui appare ovvio che la decisione possa e debba essere assunta a maggioranza, ma che, prima ancora di questo criterio, si debba necessariamente tener conto delle capacità dell’alunno e delle sue potenzialità, avendo presenti tanto il percorso di studio intrapreso (materie caratterizzanti) quanto il Progetto di vita.

Sono una docente di sostegno di scuola secondaria di secondo grado, quest’anno seguo un ragazzo che ha usufruito dell’insegnante di sostegno sin dalla scuola materna. Il ragazzo ora ha 19 anni e frequenta l’ultimo anno di scuola. Durante il primo anno di scuola superiore seguiva un Pei ad obiettivi minimi e dal secondo anno ha seguito un Pei differenziato, quest’anno quindi dovrà sostenere l’esame di maturità per prendere l’attestato. A settembre è andato presso la asl a fare la visita per il rinnovo della 104 e vista la sua maggiore età e la sua disabilità cognitiva lieve la commissione non gli ha rinnovato la 104 in quanto ritiene che il ragazzo non abbia più i requisiti per poter essere considerato come soggetto portatore di handicap. Ovviamente tutto questo è accaduto con l’anno scolastico già iniziato e la scuola ne è venuta a conoscenza solo da pochi giorni perché durante il GLHO la madre ha presentato la documentazione dove si evinceva il fatto che non gli era stata rinnovata la 104. Il problema è quindi che in questa situazione il ragazzo ovviamente non ha più diritto all’insegnante di sostegno e dovrà quindi seguire un percorso come gli altri ragazzi e prendere un diploma. Purtroppo però il ragazzo non ha né le basi ne le competenze per affrontare tutto ciò per cui vorrei sapere come è possibile affrontare questa situazione.

Notiamo una certa tendenza nello scegliere un PEI differenziato, piuttosto che operare scelte coerenti con le effettive “capacità, potenzialità, attitudini” dello studente e del suo “funzionamento” nel complesso, per utilizzare un’espressione ripresa da ICF. Senza null’altro aggiungere, com’è possibile optare per un PEI differenziato, quando vi è una condizione di “disabilità lieve”?
Il mancato rinnovo della certificazione, ovviamente, fa venire meno i benefici derivanti dalla presenza di disabilità.
Che cosa fare? Si potrebbe ipotizzare il ricorso al riconoscimento dello studente come alunno con BES? Ferme restando le recenti indicazioni del MIUR (Nota 1143/18), quanto previsto dalla Direttiva è coerente con azioni che la legge 170/2010 stabilisce per alunni con diagnosi di DSA, quindi, di fatto, applicabili solo nei principi, ma non per questo efficaci e utili (senza contare la necessità di acquisire il consenso dello studente stesso, che è maggiorenne).
In ogni caso, essendo per lo studente l’ultimo anno, se non dovesse superare l’esame di Stato, dovrebbe ripetere l’anno.
E allora, che altro fare? Rilasciare l’attestato di adempiuto obbligo scolastico, come prevede l’art. 21 del dlgs 62/17? Se questa fosse l’opzione, è bene ricordare che allo studente deve essere rilasciato il relativo curricolo, in cui sono indicate le competenze acquisite (questo documento equivale, di fatto, all’attestato dei crediti formativi maturati).
E se lo studente, legittimamente, desiderasse conseguire il titolo di studio, allora il Consiglio di classe deve favorire il suo conseguimento; sarà necessario, mettere in atto quanto possibile per favorire al massimo un recupero del percorso formativo.

Sono un docente di sostegno, vi scrivo perché la famiglia di un alunno con grave disabilita ha messo a verbale che dall’anno prossimo non vorrà il docente di sostegno. Visto che quest’alunno ha anche l’assistente all’autonomia, anche questa figura non sarà più presente?

Se non vorrà più l’assistente, lo sa solo l’interessato. La rinuncia al sostegno non comporta automaticamente la rinuncia all’Assistente.
Fate capire che, se rinunciano al sostegno per timore di non prendere il diploma, sbagliano, perché si può prendere il diploma anche se c’è il sostegno.

Un alunno certificato come dsa con certificazione medica ambigua e poco chiara, nella quale non e riportato alcun riferimento specifico secondo le nuove normative sui codici ic 10.
La dott. ssa che ha redatto la certificazione medica afferma che si tratta di un caso limite, e che andava considerato come dsa. Dato la particolarità del caso, messo al corente il consiglio di classe, la redazione del nuovo pdp è stata temporaneamente sospesa. Chiediamo degli aggiornamenti o precisazioni in forma scritta da parte dei soggetti competenti in materia, poichè dal punto di vista legale la certificazione cosi come è redatta segue la normativa 104 e non la 170?

Premesso che non è compito della scuola certificare né interpretare le certificazioni che pervengono, da quanto lei scrive non si può fare riferimento a nessuno dei due casi citati: infatti, se si trattasse di alunno con disabilità, alla scuola dovrebbero essere consegnati la Diagnosi Funzionale e il Verbale di Accertamento rilasciati dall’ASL e conseguenti il riconoscimento della condizione di “handicap”, ai sensi della legge 104/92 (per la certificazione della legge n. 104/92, occorre la visita medico-legale di invalidità civile e poi, almeno in alcune regioni, anche il CUIS, certificato di inclusione scolastica, che viene rilasciato dall’unità multidisciplinare dell’ASL di residenza dell’alunno).
Se, invece, si trattasse di alunno con diagnosi di DSA, ai sensi della legge 170/2010, avreste dovuto ricevere la Diagnosi redatta da NPI, psicologo e logopedista (dell’ASL o Ente autorizzato), come stabilito dall’Intesa Stato, Regioni, Province Autonome del 25 luglio 2012. Se il Centro che stila la certificazione di DSA non è “accreditato o convenzionato col servizio sanitario nazionale”, allora la certificazione risulta non ammissibile.
Aggiungiamo quanto segue: perché non è stata interpellata la famiglia? Non viene precisato se il referente abbia chiesto autorizzazione alla famiglia per poter contattare direttamente lo specialista (che, da quanto scrive, non ha saputo fornire indicazioni in merito alla documentazione sanitaria). Ripetiamo: la scuola non ha il compito di “interpretare” le diagnosi o le certificazioni, ma di rispettare quanto previsto dalla norma a fronte di una specifica e puntuale documentazione (sia essa una certificazione o una diagnosi).

Alunno con certificazione (da prima visita) di ritardo moderato F71. Unità Multidisciplinare (che non ha inteso certificare alunno ai sensi del DPCM n. 185/2006, in virtù del periodo transitorio riguardo alla nuova normativa), compilerà Diagnosi Funzionale soltanto dopo aver acquisito la certificazione ai sensi della L. 104/92. USR non assegna quindi ore di sostegno fino a quando pratica non sarà completa.
In attesa dell’assegnazione della definizione della pratica e dell’assegnazione del sostegno può il C. di C. , in cui sono già presenti docenti di sostegno assegnati per altri alunni, studiare ed attivare, comunque, un PEI semplificato o differenziato, o potrà soltanto elaborare un Piano Didattico Personalizzato?

Da quanto scrive non vi è neppure una certificazione ai sensi della legge 104/92, senza la quale non è possibile formulare una Diagnosi Funzionale; pertanto, per utilizzare i termini propri della legge 104/92, non è ancora stata “accertata la condizione di handicap”, e, finchè ciò non avverrà, non è possibile esprimersi in modo certo. In ogni caso, in assenza di documentazione formale da parte dell’ASL, ossia Diagnosi Funzionale e Verbale di Accertamento, non è possibile compilare o predisporre un Piano educativo individualizzato. L’ASL non dovrebbe, fra l’altro in assenza di norme che rendano effettivo il nuovo iter di certificazione e di documentazione, non applicare quanto la normativa oggi prevede (ossia il DPCM 185/2006); non siamo infatti in una condizione di “vuoto normativo”.

Sono un docente di sostegno di scuola superiore secondaria. Vorrei sapere se con gli “obiettivi differenziati” e di conseguenza con l’attestato di frequenza e non il diploma (al termine del percorso di studi), si può comunque lavorare in azienda, partecipare a concorsi o appartenere a delle liste speciali per trovare un posto di lavoro.

Certamente con l’attestato è legittimo essere iscritti alle liste speciali e partecipare a corsi di formazione, tirocini di lavoro e “inserimenti lavorativi mirati”, ai sensi della Legge n. 68/99.
Non è possibile partecipare a concorsi di Gruppo B, che richiedono il possesso del diploma di maturità; però si può partecipare a concorsi di gruppo C, per i quali è sufficiente il diploma di scuola secondaria di primo grado.
Con l’Attestato non è possibile iscriversi all’Università, perché occorre il diploma di maturità.

Le scrivo per un consiglio su come gestire la situazione profilatasi riguardo a due alunni H che vengono condotti fuori dalla scuola (!) a mia insaputa, a passeggio al parco o dovunque sia, dalla assistente igienico-sanitaria, e comunque sottratti alla integrazione in classe (sembra con un’autorizzazione della responsabile di Sede nominata dal D.S., che tuttavia non mi é mai pervenuta). Peraltro, una dei due alunni entra sempre in seconda ora ed esce anticipatamente, ad arbitrio della suddetta assistente igienico-sanitaria. Inoltre, la settimana scorsa ho trovato seduto alla cattedra, da solo, uno dei due ragazzi diversamente abili, la cui docente di sostegno era stata incaricata di supplenza altrove. Sembra che vi sia un’autorizzazione in tal senso, mai resa pubblica.

Il diritto allo studio degli alunni con disabilità si esercita “nelle classi comuni” delle scuole di ogni ordine e grado. Questo è un principio assoluto, che tutti sono tenuti a rispettare ed è chiaramente normato dal nostro ordinamento, a partire dalla Costituzione.
Prima questione
Non esiste (né può essere emanata) un’indicazione da parte del Dirigente scolastico o dalla responsabile di plesso o chi per essi che possa legittimare gli assistenti ad personam o educatori di portare gli alunni “a passeggio nel parco” durante le ore di lezione.
Gli assistenti ad personam o “assistenti igienico-sanitari” o educatori non possono portare gli alunni fuori dalla classe e devono lavorare in aula, alla presenza del docente in servizio. Il docente in servizio, al quale sono affidati “tutti gli alunni della classe”, è responsabile di ciascuno di essi penalmente e civilmente.
La prima responsabilità è quindi da individuarsi a carico del docente in servizio, che consente questa riprovevole prassi. Per l’assistente, invece, si profilano responsabilità dal punto di vista personale nei confronti dell’alunno stesso.
Va anche aggiunto che non esiste copertura assicurativa per attività svolte fuori dalla scuola senza l’autorizzazione del Dirigente scolastico, che, se tale fosse, si profilerebbe come “assegnazione di incarico” con indicati data, orario, luogo, durata delle attività, obiettivi, descrizione delle attività ed elenco degli accompagnatori (come in una normale uscita didattica).
Quanto accade, così come lei lo descrive, è molto grave.
Oltre alla responsabilità legata alla sorveglianza, vi è anche una palese lesione del diritto allo studio dell’alunno con disabilità e dei suoi compagni, con evidente discriminazione nei confronti dell’alunno disabile, perseguibile ai sensi della legge 67/2006.
Seconda questione
L’insegnante incaricato su posto di sostegno non può essere utilizzato per attività diverse da quelle per le quali è stato incaricato, quindi non può effettuare supplenze, ancor più se l’alunno con disabilità è presente a scuola. Si tratta di uso improprio del docente, oltre a costituire un evidente danno del diritto allo studio dell’alunno con disabilità (con sottrazione di ore di sostegno). In questo caso, è bene sapere che il docente in questione, ma vale per tutti gli insegnanti, non può allontanarsi dalla classe nel suo orario di lavoro se è privo di “ordine di servizio” scritto e firmato dal Dirigente scolastico, in cui siano indicati: data, orario, classe. In assenza di tale documento, il docente, se effettua una supplenza, sta “abbandonando il proprio posto di lavoro” e dovrà risponderne in prima persona. Con l’ordine di servizio, il docente si sposta dalla classe; quindi informa la famiglia, la quale potrà intervenire presso il Dirigente scolastico minacciando ricorso per “interruzione di pubblico servizio”.

Sono referente del sostegno presso un istituto comprensivo. Di recente è emerso un problema relativo alla gerarchia delle supplenze di colleghi assenti. Il dirigente, a mio parere, giustamente, ha considerato una gerarchia delle sostituzioni che prevede che l’insegnante di sostegno senza la presenza dell’alunno venga utilizzato per la copertura delle supplenze solo dopo aver utilizzato gli insegnanti in compresenza, quelli a disposizione, quelli di potenziamento.
In pratica la necessità di utilizzare l’insegnante di sostegno emerge quando tutte queste figure sono state già impiegate e si dovrebbe ricorrere al pagamento delle ore eccedenti.
Mi potete dare indicazioni normative e pareri sull’operato del dirigente?
Tutto ciò è materia di contrattazione?
Tutto ciò può essere deliberato nel collegio dei docenti o anche nel consiglio d’istituto?

Non esiste una norma che indichi la gerarchia delle supplenze; è invece stabilito che, per le supplenze, debbano essere utilizzati docenti non in servizio e appositamente nominati. Quanto da voi indicato, tuttavia, potrebbe essere individuato come possibile: dopo i docenti a disposizione, dopo quelli del potenziamento e dopo quelli in compresenza, dopo un docente non in servizio, potrebbe essere utilizzato il docente su sostegno, a condizione che l’alunno con disabilità sia assente.

Sono la mamma di un bambino con la Sindrome di Down che l’anno prossimo inizierà il primo anno della scuola media. Avendo scelto una scuola paritaria vorrei sapere quali contributi posso chiedere per finanziare l’insegnante di sostegno.

Nella scuola secondaria di primo grado il docente per il sostegno, essendo scuola dell’obbligo, è retribuito dalla scuola.

Sono il coordinatore didattico di una scuola primaria paritaria. Vorrei chiedere se la figura dell’AEC può essere introdotta anche in una scuola non statale e come avviene in questo caso il reclutamento e il pagamento. Altra cosa se il bambino ha difficoltà di tipo caratteriale e nessuna certificazione di disabilità è possibile fare ricorso a questa figura?

Per le scuole paritarie, l’AEC può essere fornito dagli enti locali (il Comune per la scuola del primo ciclo e la Provincia o la Regione per quelle del secondo ciclo, se le leggi regionali sul diritto allo studio lo prevedono). In mancanza di previsione legislativa regionale, le famiglie, sulla base del presupposto che le scuole sono paritarie rispetto a quelle statali, potrebbero pretendere dalle scuole, a loro spese, la nomina di assistenti, come è stato deciso dalla Cassazione per i docenti per il sostegno.
Però a questo punto anche le scuole paritarie potrebbero invocare la parità e pretendere dallo Stato e dagli Enti locali lo stesso trattamento finanziario usato dallo Stato e dagli Enti locali verso le scuole statali.
In caso di rifiuto, probabilmente le scuole potrebbero sollevare, nel corso della causa promossa dalle famiglie, la questione di legittimità costituzionale del rifiuto di fornire la copertura finanziaria per queste spese anche alle scuole paritarie, invocando la violazione dell’art. 33 comma 4 della Costituzione, che prevede un trattamento identico per le scuole paritarie rispetto a quelle statali, mentre l’art. 33 comma 3 che consente ai privati di aprire scuole (semplicemente private e non anche paritarie) senza ONERI PER L’ERARIO.

Siamo insegnanti di una scuola superiore. Alla nostra scuola è iscritto uno studente con certificazione di disabilità ai sensi della L. 104/92 che non sta frequentando da alcuni mesi proprio a causa della patologia riscontrata. Si vorrebbe attivare l’istruzione domiciliare, ma abbiamo queste perplessità:
– lo studente non è stato precedentemente ospedalizzato, è comunque possibile attivare l’istruzione domiciliare?
– l’insegnante di sostegno deve andare presso l’abitazione del ragazzo? o deve essere “disponibile” ad andare?

Se leggete attentamente l’art 16 del decreto legislativo n. 66/17, vedrete che ormai la preventiva ospedalizzazione non è richiesta ed è sufficiente una prognosi di una impossibilità di frequenza paria ad almeno 30 giorni di lezione anche non continuativi per gravi motivi di salute.
L’attivazione del servizio è possibile previa richiesta, corredata da documentazione sanitaria attestante il periodo di assenza, da parte dei genitori. Sarà compito del dirigente individuare il personale da inviare al domicilio, previa predisposizione di apposito progetto che dovrà essere approvato dall’USR.
Se il docente assegnato per il sostegno dà la propria disponibilità a recarsi al domicilio dell’alunno, potrà espletare lì il suo orario di servizio.
Teneteci informati sugli sviluppi.

Sono papà di un bimbo di 6 anni iscritto al primo anno della scuola primaria. A mio figlio è stato diagnosticato un Disturbo dello spettro autistico di grado lieve, e dopo la visita di accertamento all’ASL ha ottenuto lo status di handicap (legge 104 art.3 comma 1). Sulla diagnosi funzionale il nostro neuropsichiatra aveva richiesto la possibilità di avere oltre all’insegnante di sostegno anche l’educatrice comunale. Per il sostegno tutto bene, ma il comune non ci ha concesso l’educatrice perchè non sussiste la gravità (non ha il comma 3). E’ una prassi possibile?

L’assistenza per l’autonomia e PER la comunicazione non viene attribuita solo nei casi gravi, ma in tutti quelli in cui sussiste la necessita di una forma di assistenza educativa, anche se l’alunno non ha disabilità grave.
Pertanto, insistete col Comune affinché rispetti l’art 13 comma 3 della legge n. 104/92, in cui non si fa alcuna distinzione tra gravi e non gravi; la maggiore o minore gravità influirà sul numero maggiore o minore di ore di assistenza da assegnare.
Inviate una diffida al Comune precisando che se entro una decina di giorni dalla richiesta non procederanno all’assegnazione, sarete costretti a rivolgervi alla Magistratura.

Vorrei sapere qual è la differenza fra le due figure da voi citate nelle faq Personale Educativo Assistenziale nelle Scuole

Il riferimento è alla figura di assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale, di cui all’art. 13, comma 3, della legge 104/92.

Qual è la legge che prevede di andare a scuola a 6 anni? Mio figlio, nato prematuro, compie sei anni a dicembre. Può ripetere l’anno di scuola materna?

Al compimento del sesto anno di età scatta l’obbligo scolastico: lo prevede l’art. 2, comma 1, lettera e) della legge 28 marzo 2003, n. 53 («alla scuola primaria si iscrivano le bambine e i bambini che compiono i sei anni di età entro il 31 agosto; possono iscriversi anche le bambine e i bambini che li compiono entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento»).

Vorrei sapere per un’alunna con la 104, comma 1, con disturbi comportamentali, se la legge prevede la possibilità di prendere provvedimenti disciplinari nel caso il consiglio di classe lo decida.

Anche gli alunni con art 3 comma 3 possono essere destinatari di sanzioni disciplinari, purché queste abbiano carattere educativo più che sanzionatorio. Sentite, eventualmente per le vie brevi, il neuropsichiatra che segue l’alunno.

Sono un insegnante di sostegno a tempo indeterminato e seguo due alunne di seconda media in due classi diverse. Il mese prossimo ci sarà un uscita didattica ad un museo e le due classi in quell’occasione di divideranno. Ho fatto presente che non posso essere in due luoghi diversi, mi è stato risposto dalla referente del sostegno, che potrei prenderle entrambe e tenerle in una delle due classi nel momento della visita guidata. Ho obiettato dicendo che secondo me non è giusto, non vi sarebbero l’integrazione e la socializzazione, due elementi fondamentali per un alunno diversamente abile, perchè una delle due non starebbe con i propri compagni di classe. Vorrei quindi avere un suo parere e se ci sono indicazioni nella normativa.

Non è detto nel quesito perché una delle due classi non partecipi alla visita del museo e perché l’alunna della classe che va non partecipi alla visita.
La normativa sull’inclusione vuole che gli alunni con disabilità abbiano il massimo di opportunità di socializzazione e quindi debbano partecipare alle visite di istruzione della scuola ed in particolare della propria classe.
È altresì contro l’inclusione separare un’alunna con disabilità dalla propria classe e metterla, sia pur temporaneamente, in altra classe.

Sono un’insegnante di scuola primaria e mi trovo a lavorare in una classe quarta, all’interno di questa classe c’è un alunno con disabilità, ma i genitori hanno deciso per l’anno scolastico in corso di rinunciare al sostegno. Leggendo le vostre Faq ho trovato questa informazione:
“La presenza del docente per il sostegno è un diritto non un obbligo: i genitori, se vogliono, possono chiedere la rinuncia al docente per il sostegno. In questo caso occorre verbalizzare la decisione. Per quanto riguarda l’alunno, se la famiglia si limita a rinunciare al solo docente e non ritira la documentazione, deve essere considerato come studente con disabilità a tutti gli effetti. Al Consiglio di classe, pertanto, spetta il compito di programmare il percorso educativo-didattico, definendo modalità di valutazione, criteri di valutazione, eventuali utilizzi di ausilio e quanto previsto dalla norma in materia.”
Vorrei sapere a quale normativa si riferisce quanto voi dichiarate, se ad oggi è ancora così e se è valido in ogni ordine e grado di scuola.

Ci si basa sui principii contenuti nella sentenza del Consiglio di Stato n. 245/01, secondo la quale si può chiedere la sostituzione del docente per il sostegno quando si dimostri che non sia stato possibile realizzare un valido rapporto educativo con l’alunno.
Ribadiamo, quindi, che la presenza del docente per il sostegno è un diritto non un obbligo, per cui i genitori, se vogliono, possono chiedere, ed è valido ancor oggi, la rinuncia al docente per il sostegno, con le modalità già indicate e da lei riprese.

Un alunno con P.E.I. differenziato per i primi 3, 4 anni di un istituto superiore può passare ad una programmazione curriculare con obiettivi minimi nell ultimo anno di detta scuola per poter ottenere il diploma con validità legale? Per fare questo quali prove dovrà sostenere? Che tipo di valutazione dovranno adottare gli insegnanti?

Se il passaggio dal PEI differenziato a quello semplificato è stato deliberato dai docenti del consiglio di classe, l’alunno non dovrà sostenere alcuna prova integrativa prima degli esami, come stabilito dall’O M n. 90/01; se invece il passaggio è stato voluto dalla famiglia senza il consenso dei docenti, allora l’alunno, prima degli esami, dovrà sostenere le prove integrative relative a tutti gli anni di PEI differenziato. L’alunno avrà diritto alle prove equipollenti e all’assistenza di chi lo ha assistito durante l’anno e potrà ottenere il diploma se raggiunge la sufficienza.

Sono un assistente educativa scolastica specialistica, potrei avere informazioni inerenti alla nostra compresenza con gli insegnanti di sostegno, nel senso: esiste una normativa specifica che parli di illegittimità se si lavora con l’utente in compresenza con il suo insegnante di sostegno?

L’insegnante di sostegno è assegnato alla classe, quindi a tutti gli alunni, mentre l’assistente ad personam è assegnato nominalmente a un alunno. Mentre il primo si occupa di attività inerenti gli aspetti pedagogici-didattici, l’assistente è incarico per l’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità.
Trattandosi di compiti e competenze differenti, non si pone la questione di legittimità o di illegittimità da lei evocata. Semplicemente si tratta di assegnare risorse sulla base delle effettive necessità dell’alunno con disabilità. Pertanto, l’assistente potrebbe essere assegnata per tutto il tempo-scuola: in questo caso si rapporterà con i docenti in servizio.
Rif. normativi legge 104/92, art. 13, comma 3.

Sono il papà di un bimbo che frequenta l’ultimo anno di Scuola dell’Infanzia. Mio figlio, in quanto disabile, è beneficiario della Legge 104, art. 3 comma 3.
Da una mia indagine risulta che mio filgio non dovrebbe pagare la mensa. La Scuola ed il Comune sono di avviso diverso.

La quota di partecipazione è determinata da indici stabiliti dal Comune di residenza; se in base a questi lei rientra nell’esonero, allora deve essere applicato; se, invece, non si possiedono i requisiti per l’esonero, allora la quota mensa deve essere versata.

Sono un’ insegnante di scuola dell’infanzia, volevo chiedere se è possibile avere anche a metà ’ anno scolastico l’insegnante di sostegno, in quanto la 104 del bambino sarà pronta a dicembre.

Quando la famiglia consegna alla scuola la copia del Verbale di Accertamento e della Diagnosi Funzionale, il Dirigente Scolastico invia la richiesta delle risorse indicate. Sarà l’Ufficio Scolastico Territoriale ad autorizzare le ore in deroga, in modo che venga assunto un docente per garantire le attività di sostegno.
Il sostegno è un diritto costituzionale; pertanto anche ad anno scolastico avviato, l’alunno certificato ha diritto alle ore indicate nella diagnosi funzionale.

Sono un insegnante di sostegno vorrei porvi una domanda, nel caso in cui un alunno cambi scuola a settembre l’insegnante di sostegno che era stato a lui assegnato lo deve seguire? Se si quale é la norma di riferimento?

Non ha precisato se questo avviene prima o dopo l’inizio delle lezioni. Ipotizzando che ciò accada dopo l’avvio delle lezioni, e facendo presente che il docente di sostegno è assegnato alla classe, e non ad uno specifico alunno, nel caso da lei descritto, se il bambino si sposta nello stesso territorio comunale, il docente incaricato su posto di sostegno può andare nella stessa scuola e, quindi, seguire l’alunno. Ma dato che, per il docente, non sussiste più l’obbligo di “seguire l’alunno”, se il docente non accetta questo spostamento, sarà l’USR a stabilire dove collocare il docente e ciò significa che potrà essere assegnato in un comune diverso da quello in cui attualmente opera.

Vorrei sapere, per favore, come può configurarsi la scuola attraverso un progetto educativo di vita, quando le terapie su un alunno autistico, diventano “invadenti”, presciso il diritto/dovere della famiglia, ad effettuare 4 gg su 5 di una scuola a tempo pieno, le terapie di: psicomotricità, logopedia, e metodo aba, sempre rigorosamente di mattina, il bambino entra alle 8.30/10 esce, x rientrare alle 13/15, dalle quali emergono già delle criticità, ma diventa ancora più difficile poter coordinare gli orari di 3 figure, insegnante, assistente ed educatrice, quando la famiglia cambia di continuo tali orari di terapia, mentre la scuola è chiamata verso un serio progetto di inclusione scolastica! vorremmo, in sede di GIO, far emergere tali criticità, ponendo l’accento soprattutto sull’alunno, un piccolo bambino di 6 anni e sulle sue fragilità, ma anche su organizzazioni logistiche, di cui la scuola inevitabilmente è fatta. Quali sono le normative che potrebbero aiutarci in questo caso, per contenere eventuali e inappropriate invadenze, ma soprattutto per permetterci di effettuare il nostro lavoro sull’alunno.

Non avendo specificato l’ordine di scuola, dall’età anagrafica deduciamo che si tratti di scuola Primaria. Le attività di riabilitazione devono essere espletate in orario extrascolastico e non possono interferire con le attività didattiche della scuola.
Parlatene con la famiglia, affinché concordi altri orari con i centri di riabilitazione; potete anche sottoporre alla famiglia la possibilità di spostare il bambino nel corso di 24 o di 27 ore che la scuola offre (togliendolo dal tempo-pieno, ovviamente se l’impegno di frequenza richiesto risultasse, per la famiglia, eccessivo).
Se la situazione dovesse persistere, la scuola può inviare una diffida al legale rappresentante del Centro di riabilitazione, affinché modifichi l’orario delle prestazioni riabilitative. Se anche questo non basta, allora non resta che rivolgersi al Prefetto, come rappresentante del Governo e tutore della legge.

Vorrei un chiarimento dal punto di vista giuridico/legale in quanto neo-assunta in qualità di Neuropsichiatra Infantile.
Ho recentemente preso in carico un paziente seguito finora da un collega che ha cambiato mansioni. Il paziente ha una disabilità sia intellettiva che motoria molto grave, è sempre stato seguito qui dal punto di vista riabilitativo nonostante i genitori siano residenti in un’altra provincia. La mia domanda sta nel chiederle se è obbligatorio che la scuola abbia un contatto “territoriale” per quanto riguarda la riabilitazione. Mi riferisco sia agli aspetti burocratici (diagnosi funzionale, stesura del PEI) ma anche ai successivi rapporti scuola-servizio sanitario che sono spesso molti nei bambini così gravi.
Le chiedo ciò perché la famiglia non vuole avere contatti con la Neuropsichiatria del suo Comprensorio e preferisce farsi seguire fuori provincia. Qui però nascono alcune difficoltà non per ultime le lievi sfumature con cui la legge 104 viene applicata nelle diverse province. D’altra parte sarebbe più facile per la Neuropsichiatria del territorio competente rapportarsi con le scuole del suo distretto.
Da parte mia risulta essere un problema il dovermi rapportare con scuole non del mio territorio.

La norma stabilisce che il Profilo Dinamico Funzionale (che va periodicamente aggiornato) e il Piano Educativo Individualizzato (che va redatto per ogni nuovo anno scolastico) devono essere elaborati “congiuntamente” dai seguenti soggetti: tutti i docenti della classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità, i genitori dell’alunno con disabilità e gli specialisti dell’ASL (o APSS) che seguono l’alunno stesso (legge 104/92; DPR 24/02/1994; Linee guida ministeriali del 4/08/2009, Prot. 4274).
Come poter ovviare alla sua partecipazione, considerata la distanza?
Come avviene in molte aziende, è possibile utilizzare un collegamento virtuale, per esempio tramite skype. In questo modo lei potrà essere presente e contribuire alla elaborazione e alla verifica del Piano educativo individualizzato (e, in sede di aggiornamento, del PDF).

Sono il papà di un bambino autistico che frequenta l’ultimo anno della scuola dell’infanzia. Al bambino è stato, sin dall’inizio, assegnato un insegnate di sostegno. Sono tre anni che abbiamo adottato la tecnica comportamentale ABA (Applied Behavioral Analysis). I responsabili del Centro presso cui fa terapia hanno necessità di “accedere”, attraverso e terapiste qualificate, negli ambienti scolastici al fine di osservare il comportamento del bambino e individuare i giusti correttivi. Purtroppo la Dirigente Scolastica nega l’accesso per motivi di privacy o, quantomeno, afferma che esiste una procedura particolare per consentire tali accessi. Chiedo cortesemente se è possibile venire a conoscenza della normativa di riferimento e, soprattutto, avere la documentazione (dichiarazioni, liberatorie, … …) utile per favorire l’accesso nelle scuole da parte di persone qualificate, in modo che i bambini con autismo possano realmente “dirsi” integrati e inclusi nel sistema considerato nel suo complesso.

Se la vostra richiesta riguarda, nello specifico, l’osservazione durante le attività didattiche, la scuola deve necessariamente acquisire il consenso di tutti i genitori degli alunni della classe; diversamente non si può accedere a una classe, per le questioni sulla privacy che il capo d’Istituto vi ha già sottoposto.
Se, invece, l’intervento dovesse riguardare azioni coerenti con l’applicazione del metodo ABA, e quindi supportato dalla necessità di un confronto con i docenti, allora potrà entrare “a scuola” un esperto, con compiti di supervisione, a condizione che sia in possesso della certificazione BCBA, come precisa la Sentenza del Tribunale di Bologna con ordinanza 20/12/2013.

Profilo di funzionamento: se capisco bene le Linee Guida previste dal D.Lgsvo 66/17 non sono ancora uscite. Ho visto bene?

In base all’art. 5 del decreto legislativo n. 66/17, il Ministero della salute è incaricato di emanare un decreto al quale partecipano, di concerto, il MIUR, il ministero del lavoro e delle politiche sociali, il ministero dell’economia e delle finanze, il ministero per gli affari regionali e le autonomie, previa intesa in sede di Conferenza Unificata Stato-Regioni-Province (e dopo aver sentito l’Osservatorio per l’inclusione scolastica), in cui sono definite le Linee guida contenenti i criteri di redazione della certificazione di disabilità e di redazione del Profilo di Funzionamento.
L’emanazione di questo decreto, ad oggi non ancora avvenuta, renderà operativa la procedura fissata nel decreto stesso, a fronte degli eventuali emanandi decreti attuativi (per le parti interessate).

Sono una docente di sostegno in una scuola secondaria superiore. Il papà di un nostro alunno disabile ha chiesto alla mia scuola di compilare un modulo in cui specificare la composizione totale e il numero degli alunni diversamente abili inseriti nella classe del figlio; in realtà solo il figlio. La scuola ha l’obbligo di fornire tali informazioni? E in particolare, in caso di risposta affermativa, ha l’obbligo di utilizzare il modulo inviato di cui non conosciamo la provenienza?

Se il genitore di un alunno con disabilità chiede alla scuola di conoscere il numero di alunni della classe o degli eventuali compagni con disabilità in essa presenti, personalmente si ritiene che la scuola debba comunicare tali dati numerici, poiché il genitore cerca di far rispettare il DPR n. 81/09 e la qualità dell’inclusione.
Ovviamente non deve essere comunicato alcun nominativo di alunni con o senza disabilità, ma esclusivamente dati numerici.
Non si deve usare nessun modulo fornito dall’esterno, ma procedere con una semplice comunicazione da parte della scuola.

Mio figlio frequenta il quinto anno di un liceo con un programma differenziato. Per dare l’esame, che sarà differenziato, mi hanno richiesto nuovamente la diagnosi funzionale da presentare alla commissione d’esame urgentemente entro i primi di dicembre. È realmente necessaria? L’avevo già portata prima di iniziare il ciclo di scuola, cinque anni fa.

Bisogna capire che cosa è scritto nel Verbale di Accertamento, se cioè è stata indicata una data in base alla quale avreste dovuto richiedere la valutazione, in base al DPCM 185/2006. Verifichi, pertanto, questo documento. Se la data di rivedibilità non è indicata o se è successiva a quella richiesta dalla scuola, si attenga a questo documento e lo comunichi, per iscritto alla scuola, consegnando contestualmente copia del Verbale di Accertamento.

Vi scrivo perchè a mio figlio di 7 anni è stato diagnosticato un disturbo dello spettro autistico ma la visita presso la commissione ASL, richiesta nel luglio 2018 è stata fissata per il mese di maggio 2019, questo significa che non riuscirà ad avere il sostegno adeguato nè quest’anno, nè il prossimo.
Ho letto che il decreto semplificazione n. 90/2014 interviene espressamente su tali lungaggini solo in tema di permessi lavorativi. Se facessi fare un certificato provvisorio presso il centro pubblico in cui è seguito mio figlio, potrei ottenere l’insegnante di sostegno già da ora anche se non sono ancora in possesso della certificazione dell’handicap grave?

Il DPCM 185/2006, ancora in vigore, stabilisce che gli accertamenti di individuazione dell’alunno come soggetto in situazione di handicap, sono da effettuarsi in tempi utili rispetto all’inizio dell’anno scolastico e comunque non oltre trenta giorni dalla ricezione della richiesta. Faccia presente all’ASL quanto sopra, chiedendo un nuovo appuntamento per gli accertamenti previsti.

Può uno studente con disabilità che ha frequentato un istituto superiore di secondo grado e conseguito all’ esame di Stato un certificato di credito formativo, poiché ha seguito un PEI differenziato, iscriversi in altro istituto superiore per conseguire un Diploma?

Essendo l’alunno ultradiciottenne, deve iscriversi solo ai corsi serali; avendo peraltro già fruito del sostegno, durante i cinque anni di PEI differenziato, non riceverà nuovamente il sostegno.
Proponiamo di presentarsi, eventualmente, da privatista, utilizzando per analogia il decreto del 10 dicembre 1984, scritto espressamente per gli esami di scuola secondaria di Primo grado degli alunni privatisti con disabilità.

Sono la mamma di un bimbo di 6 anni con diagnosi di disturbo dello spettro autistico. Il bambino ha cominciato a frequentare la 1’elementare ed è seguito dal’insegnante di sostegno per 22 ore e dall’assistente alla comunicazione. Quest’ultima figura ha seguito il bambino sin dall’asilo ed ha partecipato al percorso di formazione aba con ottimi risultati. Si tenga presente che il servizio di Npi che segue il bambino ha prescritto che l’assistente alla comunicazione debba seguire il bambino per la totalità dell’orario scolastico.
In classe vi è un bimbo oppositivo non diagnosticato che sta creando tante difficoltà. Infatti oltre a creare confusione perché lancia in aria qualunque cosa gli capiti, e’ anche molto aggressivo (più volte anche mio figlio è stato vittima delle sue aggressioni fisiche). Non essendo diagnosticato non ha una persona che lo segue ed il dirigente scolastico ha pensato di “utilizzare” l’assistente alla comunicazione di mio figlio su di lui, imponendole di guardarlo e di portarlo nella stanza morbida per diverse ore al giorno, il tutto con il consenso dei genitori che nel frattempo pare abbiano attivato le procedure per la certificazione.
Mio figlio, però, si trova completamente sprovvisto di questa figura che, non essendo presente in classe, non può captare i vari momenti d’interazione che si creano tra il bambino ed i compagnetti per intervenire con le dovute procedure. Quindi mi ritrovo un bambino completamente diverso: isolato (essendo incapace di stabilire relazioni autonomamente), imitativo di comportamenti aggressivi che vede fare da quel bimbo e con una forte regressione comportamentale dovuta al clima di ansia e paura che si respira in classe.
È legale questa utilizzazione? Qualora dovesse arrivare la certificazione di quel bambino, che quindi avrebbe un sostegno, sarebbe conforme alla legge se il dirigente decidesse di far rimanere quel bimbo in classe con mio figlio? E potrebbe continuare ad utilizzare l’assistente alla comunicazione di mio figlio su quel bambino?

L’assistente assegnato ad un alunno non può in nessun modo essere utilizzato per altri; se occorre, la scuola chieda la nomina di un educatore sino a quando verrà certificata la situazione di disabilità per l’altro alunno.

Sono una docente curriculare di scuola primaria. Nella nostra classe sono presenti due insegnanti di sostegno e due assistenti alla comunicazione per seguire due alunni con handicap lievi. La normativa vieta che le colleghe di sostegno escano dall’aula per fare supplenza in altre classi, pertanto devo essere io durante il mio orario di servizio a lasciare la mia classe per andare a coprire i colleghi assenti e gli alunni rimangono con le colleghe di sostegno
Mi chiedo se tutto ciò è legale, in una settimana nella mia classe ho operato solo 7 su 18.
A mio avvviso, è sacrosanto che agli alunni in difficoltà debba essere garantito il diritto all ‘ isttuzione e l’intervento del docente specializzato, ma ritengo che lo stesso diritto debba essere esteso anche agli altri alunni.
È possibile che la norma vieti l’allontanamento dall’aula del docente di sostegno e obblighi i curriculari a farlo?

Le “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità”, emanate dal MIUR il 4 agosto 2009, vietano espressamente che il docente incaricato su posto di sostegno, soprattutto quando l’alunno con disabilità è a scuola, venga utilizzato per supplenze “in altre classi” oppure “nella classe in cui è assegnato come sostegno alla stessa”.
Il dirigente, pertanto, deve provvedere a nominare un supplente o utilizzare l’organico di potenziamento o, ancora, pagare le ore di supplenza ai colleghi non in servizio che si rendono disponibili. Al massimo, e in via eccezionale, può prevedere che il docente di sostegno supplisca il collega curricolare, ma unicamente per il primo giorno di assenza (questo, naturalmente, potrà verificarsi qualche volta durante l’anno, non ogni volta); quindi, a partire dal secondo giorno, il D.S. deve necessariamente nominare un supplente.
In caso di utilizzo improprio del docente di sostegno, è necessario informare la famiglia, che potrà segnalare al Referente regionale per l’inclusione scolastica (dell’USR di riferimento), affinché inviti il Dirigente scolastico a cessare questa pratica illegittima da subito; in mancanza scatterà la denuncia per interruzione di pubblico servizio e azione discriminante nei confronti del diritto allo studio del figlio.

Sono il papà di una ragazzina disabile, mia figlia frequenta la seconda media ed ha un’educatrice che la segue da 3 anni.
Questa mattina mi ha detto che ieri ha ricevuto una chiamata da un asilo pubblico per l’assistenza da subito di un bambino disabile e ha dovuto dare una risposta immediata per accettare l’incarico che ha accettato e da lunedì 22 non ci sarà più lei, con la quale ho parlato e mi ha detto che deve dare un avviso di 40 pena lo scorporo dei giorni già fatti.
Premetto che dei 40 giorni già fatti non mi interessa nulla, ma chiedo se è possibile avere un comportamento così eticamente scorretto e non deontologico nei confronti non del genitore Ma dell’alunno disabile (che l’ha fatta lavorare) e se non si può fare nulla almeno per obbligare a fare un periodo anche di 10-15 giorni dove dovrà affiancare la nuova sostituta e oltre che spiegare come e cosa ha fatto, far conoscere mia figlia a lei e lei a mia figlia senza abbandonarla così a metà percorso a scuola iniziata e dover iniziare tutto da capo.

Comprendiamo il suo disagio, ma come poter biasimare la scelta di un operatore che opta per un’altra proposta lavorativa? Non conosciamo a fondo le ragioni che hanno spinto l’assistente a fare questa scelta.
Potrebbe essere valutata la possibilità (e la fattibilità) di affiancare la nuova assistente ad personam? Dovrebbe parlarne con il Dirigente scolastico, chiedendo di autorizzare il suo ingresso a scuola dopo aver acquisito un parere da parte del Consiglio di classe (in aula, infatti, potrebbero trovarsi contestualmente troppe figure).
Tuttavia, per il principio di continuità, come giustamente lei evidenzia, l’assistente che sarà sostituita dovrebbe operare almeno nello scambio delle consegne con la nuova, ovviamente sempre sentiti il Dirigente Scolastico e il Consiglio di classe.
Riteniamo più fattibile questa modalità. Ne parli con il Dirigente.

Esiste una normativa relativa alla compresenza dell’assistenza educativa e insegnante di sostegno? Come vengono distribuite le ore dell’assistente sugli alunni disabili?

La norma stabilisce che, ove necessario, sia assegnata all’alunno con disabilità una figura professionale addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale. L’assegnazione di tale risorsa, pertanto, è strettamente correlata alle necessità dell’alunno stesso. Se necessario, infatti, questa figura può essere presente per tutto l’orario scolastico.
Per quanto riguarda l’insegnante incaricato su posto di sostegno, le ore complessive in genere coincidono con l’orario di cattedra (25 per la scuola dell’infanzia; 22 per la scuola primaria; 18 per la scuola secondaria di primo e di secondo grado); il docente di sostegno, assegnato alla classe, sarà presente durante le attività che il Consiglio di classe o il Team docente individua come maggiormente funzionali per promuovere il processo inclusivo a favore dell’alunno con disabilità e dei suoi compagni, essendo egli, come gli altri colleghi della classe, esperto di didattica.

Sono un’insegnante di sostegno della Scuola Primaria e nella mia scuola mi è stato proposto per l’anno scolastico in corso di seguire un’alunna con 104 art.3 comma 3 per 16 ore e le restanti 6 per attività di recupero potenziato nella sua classe di appartenenza, è possibile tutto ciò’? Io credo che dovrei svolgere con questa alunna 22 ore cioè’ la copertura totale. Vorrei sapere se esiste una normativa che possa garantire la legalità del mio lavoro.

Per l’orario di servizio, deve rispettare quanto l’incarico ricevuto dal Dirigente Scolastico, con la distribuzione oraria da lui indicata.
Per quanto riguarda, invece, l’alunno con disabilità, certificato in base all’art. 3 comma 3 della legge 104/92, essendo in condizione di gravità, salvo differenti indicazioni riportate nel PEI, devono essere riconosciute 22 ore settimanali (coerentemente con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010). Se le ore sono state decurtate, la famiglia deve presentare ricorso.

Sono un docente della scuola dell’infanzia. Ho una classe di 23 alunni, di cui due (a mio parere) con disturbo di comportamento. I genitori, dopo molte sollecitazioni portano un bambino a visita, dove si riscontrano difficoltà, che con piccole regole (scrive lo specialista) si potranno avere i risultati. Il medico ha voluto lanciare l’ostacolo ma poi nello stesso tempo ha scaricato tutto sulle insegnanti. Non riesco a lavorare più serenamente, questi due bambini sono il tormento della classe… gli alunni della mia sezione sono piccolini… hanno solo tre anni… non si riesce a dare tutto l’affetto che a questa età, hanno bisogno. Posso relazionare tutto al mio dirigente per iscritto anche se verbalmente già gli é stato detto tutto, giusto per tutelarmi in eventuali incidenti dei bambini a scuola. Volendo, il dirigente può chiedere una visita scolastica per questi due alunni, dopo la relazione dell’andamento scritta da me?

I compiti del docente, descritti nel CCNL di categoria nella sezione “I docenti”, sono coerenti con attività di natura pedagogico-didattica. Ai docenti non viene chiesto di sostituirsi alle figure di riferimento, offrendo affetto, viene invece chiesto loro di educare e di istruire.
E, correttamente, in qualità di docenti avete fatto presente ai genitori quelli che, a vostro parere, risultavano segnali degni di attenzione. I genitori, da quanto lei riferisce, vi hanno ascoltato, sottoponendo i figli ad accertamenti, facendovi persino pervenire la valutazione sanitaria. Non ci sono gli estremi per un’azione diversa, ancor più alla luce della valutazione rilasciata da uno specialista sanitario, avente le competenze per stabilire o meno la presenza di un disturbo o o altro. Non è certo compito della scuola diagnosticare o formulare ipotesi in tal senso. Meglio che ciascuno si attenga ai propri compiti, rispettando il ruolo di altri professionisti.
I compiti del docente, ampiamente descritti nel CCNL di categoria nella sezione “I docenti”, sono coerenti con attività di natura pedagogico-didattica. E, si aggiunge, non viene chiesto ai docenti di sostituirsi alle figure di riferimento, offrendo affetto, ma viene chiesto loro di educare e di istruire.
Pare davvero eccessiva la sua preoccupazione attuale e la sua espressione: “questi due bambini sono il tormento della classe” rivela più la sua incapacità di agire, in qualità di docente.
Appare anche eccessiva quest’ansia di tutelarsi.
Ma da che cosa?
Manca, nel suo scritto, un preciso riferimento o l’intenzione di avviare azioni educative, concordate dal team di sezione: questa è sicuramente la via da percorrere, insieme ad un’attenzione più serena nei confronti degli alunni. Non è raro, e ogni docente lo sa, che l’effetto Pigmalione induca alla realizzazione “della profezia”; mentre i rinforzi negativi, anziché modificarli, rafforzano comportamenti inadeguati. Occorre che i docenti adottino comportamenti differenti, se vogliamo che gli alunni imparino quelli corretti.
Ed è compito dei docenti, di tutti i docenti della sezione, educare e istruire. Orienti la sua azione in questa direzione. Potrà sorprendersi dei risultati.

Vorrei chiarimenti circa l’orario del docente di sostegno. Io ho studiato il mio orario basandomi su una prima osservazione dell’alunno disabile e considerando il Pei dell’alunno… la dirigente mi ha invece invitato a cambiare l’orario perché dovevo inserire 2 prime ore e 2 ultime per fare da supplente in caso di colleghi assenti della stessa mia classe non considerando le esigenze del ragazzo! E’ possibile ciò?

Obbligo anche stavolta premettere che l’alunno con disabilità è alunno di tutti i docenti della classe e che ogni scelta a suo favore deve essere effettuata in accordo all’interno del Team docente o del Consiglio di classe (non ha specificato l’ordine di scuola).
Ora, sappiamo che l’orario è di competenza del Dirigente scolastico, il quale, tuttavia, non può ignorare quelle che sono le indicazioni degli insegnanti della classe.
Ovviamente le motivazioni che il Dirigente le ha riferito per giustificare l’aggiustamento dell’orario non sono in linea con quanto prevede la normativa in materia di inclusione scolastica. Ricordiamo che le Linee Guida del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274, puntualizzano chiaramente che il docente per il sostegno non può essere utilizzato impropriamente per attività non coerenti a quello che è il suo incarico; in sintesi, non può essere utilizzato per fare supplenze durante il suo orario di servizio, quando l’alunno con disabilità è presente in classe.
Che cosa fare?
Vi suggeriamo di presentare al Dirigente scolastico, come docenti della classe, l’orario corredato di motivazioni per le quali, secondo voi, esso risulti più funzionale per l’alunno e per la classe, proprio per favorire il successo formativo e garantire il diritto allo studio. Se il dirigente scolastico dovesse rifiutare, parlatene in sede di GLHO in fase di predisposizione del PEI.
Inoltre, scrivete una lagnanza indirizzata non solo al Dirigente scolastico, ma anche al Referente per l’Inclusione scolastica dell’Ufficio Scolastico Reginale di riferimento e al MIUR (Direzione Generale per lo Studente).

SONO UN’INSEGNANTE DI SOSTEGNO, NELLA SCUOLA PRIMARIA DOVE LAVORO MI HANNO PROPOSTO UN’ASSEGNAZIONE ORARIA DI 16 ORE SU UN’ALUNNA CON 104 ART.3 COMMA 3 E LE RESTANTI 6 ORE DI SUPPORTO ALLA SUA CLASSE COME COMPRESENZA PERCHE’ CON LA BAMBINA CI SAREBBE L’ASSISTENTE. VOLEVO SAPERE SE E’ LEGALE FARE TUTTO CIO’? C’E’ UNA NORMATIVA CHE AFFERMA CHE L’INSEGNANTE DI SOSTEGNO PUO’ EFFETTUARE L’ORARIO SOLO SU ALUNNI CON 104 E NON PER ALTRI RUOLI O FUNZIONI?

Per l’orario di servizio, deve rispettare quanto l’incarico ricevuto dal Dirigente Scolastico, con la distribuzione oraria da lui indicata.
Per quanto riguarda, invece, l’alunno con disabilità, certificato in base all’art. 3 comma 3 della legge 104/92, essendo in condizione di gravità, salvo differenti indicazioni riportate nel PEI, devono essere riconosciute 22 ore settimanali (coerentemente con la Sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010). Se le ore sono state decurtate, la famiglia può presentare ricorso.

E’ possibile ottenere notizie relative alle normative vigenti in tema di valutazione e per l’esame di alunni disabili frequentanti la scuola secondaria di primo grado?

Richiamando l’ultimo provvedimento emanato in materia, ossia il D.lgs. 62/17, gli alunni con disabilità sono ammessi all’esame di Stato facendo riferimento al PEI e, per quanto riguarda la validità dell’anno scolastico (a fronte di eventuali minori presenze, conteggiate a seguito di documentate giustificazioni delle assenze) l’ammissione è consentita se il Consiglio di classe se questi dispone di sufficienti elementi di valutazione.
In sede di esame di Stato le prove strutturate, da ciascuna sottocommissione, sono coerenti con il PEI, ossia con quanto effettivamente svolto dallo studente durante l’anno; le prove sono chiamate differenziate e hanno valore equivalente ai fini del rilascio del titolo di studio (diploma). Naturalmente in sede di esame di Stato lo studente potrà utilizzare gli ausili indicati nel PEI.
Unicamente nel caso in cui lo studente non si presentasse all’esame, senza giustificare tale assenza, viene rilasciato un attestato (valido ai fini della prosecuzione degli studi).

Sono un docente di sostegno della scuola primaria, il mio alunno affetto da grave patologia con sostegno, ha bisogno di interventi di tipo sanitario durante le ore scolastiche. Per cui da quest’anno ha un assistente ad personam per tutta la giornata scolastica. L’assistente sta in classe con i docenti tutto il giorno. La normativa prevede la presenza dell’assistente in classe per tutte le ore visto che i suoi interventi sono solo di tipo sanitario?

Se la figura è assunta come “assistente ad personam”, lavora in classe e favorisce l’autonomia dell’alunno, in presenza dei docenti in servizio.
Appare molto strano che la figura professionale assunta per l’assistenza all’autonomia personale abbia competenze di tipo sanitario e, da quanto scrive, attui interventi di “tipo sanitario” in classe.
Gli interventi di riabilitazione non possono essere effettuati a scuola, bensì in altra sede e in orario extrascolastico. Se, però, per il bambino quel tipo di interventi sono irrinunciabili, allora va pensato un tempo dedicato, in uno spazio esterno all’aula, in cui l’operatore presti la sua necessaria “azione sanitaria”. In sintesi: in aula gli interventi sanitari riabilitativi non sono né contemplati né possibili.

Quando spetta il diritto a non pagare il buono pasto per la mensa scolastica?

Non esiste un diritto assoluto a non pagare la mensa scolastica per il solo fatto che l’alunno sia persona con disabilità. La retta della mensa viene stabilita dal Comune e, in genere, è fissata in base al reddito della famiglia (ISEE); pertanto deve prendere visione delle indicazioni emanate. In caso di impossibilità a effettuare il versamento richiesto, le suggeriamo di contattare i servizi sociali comunali.

Sono la mamma di un bambino di 10 anni con sindrome di Asperger. La diagnosi è arrivata alla fine del 3° anno della scuola primaria, e perciò solo lo scorso anno, ossia in quarta, a mio figlio è stata assegnata un’insegnante di sostegno di ruolo (che da anni opera nello stesso plesso) con un monte ore di 13 ore settimanali, e un assistente ad personam, con copertura di 20 ore settimanali. L’insegnante di sostegno copriva altre ore, seguendo un altro bimbo di 2. Al termine dell’ anno scolastico non mi è stata consegnata alcuna relazione del lavoro svolto. Ed inoltre, senza nessun preavviso, quando il 12 settembre è iniziata la scuola, mio figlio si è vista sostituita l’insegnante di sostegno ed anche l’assistente. Dopo 3 settimane mi è arrivato a casa, su mia specifica richiesta, l’orario scolastico e solo a quel punto ho saputo che la copertura del sostegno era passata da 13 a circa 22 ore, e l’assistente 11 ore. La motivazione non mi è stata assolutamente data, e oggi sono stata contattata dall’ex insegnante di sostegno per dirmi che le dispiaceva molto non poter seguire più mio figlio, ma la cosa non dipendeva da lei, poiché solo qualche giorno prima dell’inizio della scuola le era arrivata a casa la lettera da parte della dirigente la quale, senza darle nessuna motivazione, l’aveva trasferita in un altro plesso e assegnata a 2 bimbi, uno di quinta e uno di seconda. Mi ha spiegato che lei aveva insistito con la dirigente perché l’assegnasse totalmente a mio figlio, ma l’altra non le ha nemmeno risposto.
Quello che chiedo è se vi é legalità in un comportamento del genere, visto che la legge indica che bisogna dare la continuità didattica soprattutto a soggetti con handicap, e se potete indicarmi gli articoli di legge corrispondenti, affinché io stessa possa andare a chiedere spiegazioni, che peraltro relativamente alla legge sulla trasparenza mi devono essere fornite.

È vero che la normativa assegna al Dirigente Scolastico il potere di assegnare i docenti alle classi, ma è pur vero che il principio della continuità didattica è egualmente presente nella normativa e costituisce, a nostro avviso, un limite ai poteri del DS quando sono in gioco i diritti di alunni. Basti citare i principi di continuità, principio cardine del processo inclusivo che riguarda tutti i docenti della classe, anche quello di sostegno, ribadito dalla norma.
Se la docente è rimasta nella stessa Istituzione scolastica, non si capisce perché sia stata spostata; per effetto della continuità didattica, infatti, avrebbe dovuto essere riassegnata alla stessa classe in cui, nel precedente anno, aveva prestato servizio in qualità di insegnante specializzato su posto di sostegno.
Che cosa fare? Parlatene con il Dirigente Scolastico, consegnando nello stesso tempo una comunicazione scritta, indirizzata per conoscenza anche al Referente regionale disabilità dell’USR, in cui, nell’esprimere la vostra contrarietà per lo spostamento del docente, chiedete che lo stesso, essendo presente nella stessa Istituzione scolastica, venga riassegnato alla stessa classe in cui ha già lavorato lo scorso anno e in cui, quest’anno, è ancora iscritto vostro figlio. Il docente dovrà essere incaricato per le 22 ore settimanali già attribuite all’alunno. A supporto della vostra richiesta, fate riferimento non solo a motivazioni di carattere psico-pedagogico, ma anche all’art. 1 comma 72 della legge 662/1996, che assicura il diritto di continuità-
Se non verrete ascoltati, non vi resta che rivolgervi alla Magistratura, inoltrando denuncia per discriminazione (legge 67/2006) e per violazione del principio di continuità fissato dalla legge n. 107/2015, art. 1 comma 181, lettera c) n. 2.

Le indicazioni contenute nei protocolli di intesa e relative alla somministrazione di farmaci salvavita non sembrano essere esaustive. A mio avviso prevedere l’individuazione di personale preposto alla somministrazione di tale farmaco solo su base volontaria potrebbe ledere il diritto ad essere salvati in situazione prevenibile e prevedibile. Mi sembrerebbe invece opportuno investire di tale ruolo chiunque abbia a che fare con l’alunno/a che ha un simile protocollo sanitario. Nella mia scuola stiamo cercando di capire come procedere per garantire la salute dell’alunno/a senza incorrere in errore rispetto a quanto si può chiedere al nostro personale.

Le Raccomandazioni emanate dal MIUR, siglate con il ministero della salute in data 25 novembre 2005, danno indicazioni precise rispetto alla somministrazione dei farmaci a scuola che richiedono, prima di tutto, che la persona individuata per tale compito abbia effettuato un percorso formativo di “Pronto soccorso” e che la stessa esprima manifesta disponibilità, mediante anche la sottoscrizione dell’accordo, predisposto previa richiesta scritta, corredata da documentazione sanitaria, presentata dalla famiglia.
I docenti e il personale ATA non sono tenuti, per contratto, alla somministrazione dei farmaci, competenza che appartiene invece ad altre figure professionali appositamente formate. E la somministrazione di farmaci, anche salvavita, presuppone una responsabilità, di cui il soggetto risponde sia in sede penale che civile.

Sono la mamma di un ragazzo affetto da disabilità psichica in condizione di gravità di quasi 13 anni che quest’anno frequenta la prima media.
Tra ore di sostegno e ore di educatrice non riesce ad avere la copertura completa, mancano 4 ore.
La scuola propone in maniera abbastanza rigida a noi genitori che il ragazzo venga lasciato a casa un giorno a settimana. I servizi preposti, la scuola e l’assistente sociale dicono di aver già concesso il massimo delle ore. L’unica possibilità quando non c’è la copertura totale è che il ragazzo NON frequenti per tali ore la scuola dell’obbligo?

Tutti i docenti della classe sono insegnanti di suo figlio e ciascun docente è responsabile del suo percorso formativo, per cui le ore di sostegno non possono che essere minori, rispetto a tutto il tempo-scuola; nella scuola secondaria di primo grado, nello specifico, in base alla Sentenza della Corte costituzionale n. 80 del 2010, le ore di sostegno a favore di un alunno con disabilità in situazione di gravità sono pari a 18.
Per le ore di assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale, invece, se il GLHO riconosce la necessità, può essere incaricato personale addetto anche per tutto il tempo di frequenza.
Premesso che non è accettabile che al ragazzo sia impedita la frequenza, va precisato che la scuola non può chiedere alla famiglia di tenere a casa il figlio in quanto espressamente vietato dall’art. 12 comma 4 della legge n. 104/92. Pertanto le suggeriamo di lasciare il ragazzo a scuola e di chiedere l’immediata convocazione del GLHO per valutare l’effettiva necessità della presenza di una figura addetta all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale; se il GLHO si esprimerà in tal senso, la scuola si dovrà attivare per inoltrare richiesta all’ente competente; se invece il GLHO riterrà non necessaria quest’ulteriore presenza, non verrà inoltrata richiesta, ma il ragazzo deve frequentare la scuola per tutto i tempo previsto.

Sono una collaboratrice scolastica e assisto una ragazzina dsa (dva) alla quale cambio pannolino
e spesso vengo chiamata dalla insegnante di supporto (educatrice) per aiutarla.
Ho i miei lavori da svolgere sul piano per quanto riguarda la pulizia dei locali (aule e bagni annessi) ma a volte non riesco a portare avanti il mio lavoro per assistere la bambina (sono in una scuola elementare). Posso chiedere una riduzione del numero delle mansioni?

Il contratto, agli artt. 47 e 48 e Allegato A, attribuisce ai collaboratori scolastici l’assistenza di base degli alunni con disabilità, compito che viene assegnato dal Dirigente scolastico per il quale il collaboratore ha diritto ad un aumento stipendiale in forza all’art. 7 dello stesso CCNL. Pertanto, il collaboratore interviene su ordine del Dirigente scolastico.

Sono una docente di sostegno nella scuola Secondaria di Primo grado. Seguo un allievo di classe seconda con 104 art. 3 comma 3, ADHD oppositivo comportamentale, a cui lo scorso anno in classe prima media, sono state assegnate 18 ore settimanali come da richiesta certificazione, mentre quest’anno da 18 sono passate a 10. Per lui ed altri allievi la giustificazione è stata che non non ci sono ore a sufficienza e quindi, senza neanche informarsi sulle potenzialità reali dell’alunno e/o discuterne con il docente di sostegno, sono state decurtate ben 8 ore, con gravi compromissioni. Ad oggi la scuola non ha neanche formalizzato la questione con la famiglia la quale vuole avviare un ricorso per riottenere il massimo monte ore. Quali sono i passi da fare?

La sentenza della Corte Costituzionale n. 80/2010 riconosce agli alunni certificati con disabilità in conformità all’art. 3 comma 3 della legge 104/92, ovvero in condizioni di gravità, il rapporto 1:1 che, nella scuola secondaria di primo grado, corrisponde a 18 ore settimanali.
A questo importante provvedimento va aggiunto quanto il GLHO ha espressamente indicato nel Piano Educativo Individualizzato dello scorso anno rispetto alle risorse necessarie per il corrente anno scolastico 2018-2019 (ovvero, il docente di sostegno per un totale di 18 ore settimanali).
Con questa documentazione, la famiglia può chiedere le ore mancanti, promuovendo ricorso. È possibile chiedere patrocinio gratuito ad alcune Associazioni o ad alcuni Sindacati.

Nella scuola dove lavoro viene richiesto agli insegnanti di sostegno di effettuare un orario che preveda almeno due pomeriggi, inoltre si richiede che tutti i giorni della settimana dal lunedì al venerdì siano coperti con la presenza a scuola degli insegnanti di sostegno in orario 14,30/ 16,30 in modo da avere personale da utilizzare con mansioni di sostituzione colleghi assenti. Tale utilizzo degli insegnanti di sostegno per supplenze è stato messo tra i criteri per le sostituzioni e votati in Collegio Docenti.
Ciò non risulta in linea con la necessità di garantire l’efficacia del pei e non garantisce il diritto allo studio degli alunni con disabilita, come possiamo opporci?

Come precisato nelle Linee guida del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274, l’insegnante di sostegno non può essere utilizzato per svolgere altro tipo di funzioni se non quelle strettamente connesse al progetto d’integrazione; non è possibile, cioé, un utilizzo che, nella sostanza, riduca anche in minima parte l’efficacia di detto progetto. Ne consegue che il docente incaricato su posto di sostegno non può essere utilizzato per supplenze, nel momento in cui l’alunno con disabilità è presente in classe, in quanto ciò si configurerebbe come interruzione di pubblico servizio e azione discriminante ai fini dell’esercizio del diritto allo studio dell’alunno e dei suoi compagni.
I criteri adottati dal Collegio Docenti, in quanto contrari alle disposizioni di legge, non hanno alcun valore. Si suggerisce di contattare sia il referente disabilità dell’Ufficio Scolastico Regionale di riferimento, sia il MIUR, scrivendo loro, affinché intervengano tempestivamente a tutela del diritto degli alunni stessi.
Al tempo stesso, in presenza di ordini di servizio, emanati dal Dirigente scolastico, informare prontamente le famiglie, affinché intervengano presso lo stesso, facendo presente che agiranno tramite ricorso per interruzione di pubblico servizio e per discriminazione.

Sono un’insegnante di sostegno della scuola primaria, durante il mio servizio vengo talvolta affiancata da una terapista comportamentale. Dobbiamo lavorare sempre in compresenza o lei può intervenire anche senza la mia presenza? Quale norma regola la compresenza tra insegnanti, terapisti e assistenti durante le ore di lezione? Sono sempre gli insegnanti responsabili degli alunni o la responsabilità è personale di chi interviene in quel momento sull’alunno?
I terapisti possono portare l’alunno disabile fuori dall’aula per effettuare il loro intervento o devono essere comunque affiancati da un docente?

A scuola, in orario scolastico, non è prevista la “compresenza” con i terapisti, in quanto le attività di riabilitazione devono essere effettuate in orario extrascolastico al di fuori del plesso scolastico.
Non è bene specificato, ma se l’intervento a scuola, di cui lei parla, è correlato ad una scelta da parte della famiglia del metodo cognitivo comportamentale ABA, allora è bene sapere che in classe può entrare unicamente un esperto, con compiti di supervisione, a condizione che sia in possesso della certificazione BCBA, come precisa la Sentenza del Tribunale di Bologna con ordinanza 20/12/2013.
Naturalmente la responsabilità degli alunni, sia che la supervisione venga effettuata in aula o al di fuori dell’aula, è in capo esclusivamente ai docenti in servizio.

Sono una giovane insegnante di sostegno. La dirigente quest’anno mi ha incaricata come referente dell’area sostegno primaria e purtroppo sto cercando di gestire le esigue risorse disponibili.
Nei giorni scorsi il mio alunno è stato assente ed in alcune ore doveva essere seguito da un’educatrice comunale. Dato che nella mia scuola c’è carenza di personale specializzato, al punto che ad ottobre ci ritroviamo ancora con un caso letteralmente scoperto, ho deciso di mandare questa educatrice su un’altra bambina (caso sempre assegnato dalla cooperativa alla medesima educatrice). In queste ore però l’educatrice sarebbe stata in compresenza con l’insegnante di sostegno (so che la compresenza tra insegnante di sostegno ed educatrice è legale), dato lo stato di emergenza e di mancanza di risorse in cui versa la scuola, ho ordinato all’insegnante di sostegno di “coprire” in quelle ore, un altro alunno che purtroppo non ha ancora un insegnante. L’insegnante di sostegno in questione si è rifiutata ed ha minacciato di denunciare la scuola perché ha sottratto per delle ore la sua alunna diversamente abile della presenza della sua insegnante, pur avendo comunque la presenza di un’educatrice.
Io credo di aver agito spinta dalla passione per il mio lavoro e dal buon senso, ma soprattutto mossa dalle direttive della 104 che, tra le altre cose, pone la coorresponsabilità educativa di tutta la comunità scolastica alla base del processo di integrazione. Ho commesso un illecito?

Forse sarebbe stato più opportuno mandare l’assistente (il cui alunno era assente) dall’alunno senza nessuno, lasciando la docente nella sua classe. Si ignorano, però, le situazioni delle vostre classi.
Il criterio sull’utilizzo del personale su posto di sostegno è declinato nelle Linee Guida del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274; le Linee Guida affermano che il docente per il sostegno non può essere utilizzato impropriamente per supplenze nella sua o in altre classi, sottraendo ore di sostegno all’alunno con disabilità.

Nella nostra classe a t.p. é arrivato un bambino down a livello intellettivo abbastanza grave con copertura dell’ins. di sostegno per 20 h. Può l’educatore (5 h) pretendere di fare l’orario che gli viene più comodo e costringere il collega di sostegno a fare un orario spezzato con buchi orari? Oppure in alternativa coprire la mensa in cui non c’è bisogno perché il bimbo in questione a tavola si comporta meglio dei suoi compagni?

L’assistente ad personam o educatore viene assegnato all’alunno con disabilità per lo svolgimento di precisi compiti, che la legge 104/92 specifica all’art. 13: compiti di “assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale” dell’alunno stesso.
La sua presenza è richiesta in sede di pianificazione del PEI, da parte dei componenti del GHO (cioè tutti gli insegnanti della classe, i genitori e gli specialisti ASL), in quanto funzionale ai bisogni sopra descritti. Ne consegue che egli dovrà svolgere il suo servizio per il tempo previsto, definito dagli insegnanti della classe, in modo da tutelare e garantire il diritto allo studio dell’alunno con disabilità.

Sono un’insegnante della scuola dell’infanzia. Ho in carico da settembre una bambina con disturbo dello spettro autistico; questa settimana abbiamo avuto la riunione d’equipe e nonostante abbia un comma 3 della L. 104 le sono state assegnate 20 ore di insegnante di sostegno anzichè 25 cioè la copertura totale come sarebbe stato giusto; il provveditorato infatti, a fronte della richiesta dell’equipe precedente delle 25 ore, ha assegnato all’istituto comprensivo un monte ore totale di 100 ore da dividere per tutti i casi di handicap a cura della Dirigente; la Dirigente ha fatto meglio che poteva visto che la “coperta era corta” per dare le ore un po’ qui e un po’ là dove serviva ma comunque poche; abbiamo richiesto l’educatore L. 41 che, se verrà, arriverà a gennaio ed avrà al massimo 10 ore in quanto non ci sono fondi; la nostra scuola è aperta per 40 ore alla settimana e noi riteniamo sia un diritto della bambina frequentare a tempo pieno ma ci mancano le risorse per garantirle un percorso adeguato, la buona volontà però non manca! Possiamo fare qualcosa per ottenere 25 ore anzichè 20? la famiglia potrebbe rivolgersi all’Ufficio Scolastico Regionale? altri genitori hanno avuto esperienze simili e come hanno agito? ci sono altre strade da percorrere?

Da quanto scrive, nella sezione in cui lei lavora come docente, incaricata su posto di sostegno, è iscritta un’alunna certificata con disabilità, in base all’art. 3 comma 3 della legge 104/92. Premesso che non è possibile sostituire un docente con la figura di un assistente, in quanto ciascuna figura, in base al proprio contratto, ha competenze e compiti completamente differenti, a fronte delle informazioni indicate, è necessario pertanto che la famiglia promuova un ricorso per il riconoscimento delle ore mancanti.
In base alla Sentenza della Corte Costituzionale n. 80 del 2010, infatti, all’alunna deve essere riconosciuto il rapporto 1:1, pari a 25 ore settimanali; indicazione confermata da quanto stabilito in sede di GLHO lo scorso anno, come richiesta di ore per il presente anno scolastico. Al riguardo possiamo suggerire di rivolgersi ad alcuni enti o sindacati che offrono patrocinio gratuito.

Quest’anno su richiesta della Coordinatrice di plesso del mio Istituto si è posto il problema delle riunioni concesse da ASL solo negli orari scolastici presenti genitori, insegnante di sostegno (anche in servizio e senza sostituzione), educatori, logopedista e Neuropsichiatra presso la scuola in orario di lezione (1 ora).
Il preside ha fatto sapere che a tali incontri possono partecipare solo i docenti curricolari non in servizio in quel momento, mentre è concesso partecipare ai docenti di sostegno ed agli educatori che tolgono loro presenza agli alunni.
Ma è lecita tale limitazione anche quando è assicurata la possibilità di copertura della classe all’interno del team di interclasse senza necessità di divisione della classe che la nostra scuola applica tramite le compresenze, come per le assenze di altri colleghi?
Facendo parte della commissione inclusione e con il collegio docenti previsto per la prossima settimana avrei bisogno di chiarimenti urgenti, visto che, invece, il DS ci impone, anche per ogni colloquio con i genitori, di essere tutti presenti per la tutela e la sinergia necessaria alla didattica condivisa che è giusto assicurare agli alunni.
Davvero abbiamo situazioni di serie A ed altre di Serie B? A mio parere si tratta di un danno che subisce l’alunno BES! Mi domando se il mio pensiero sia errato?

Durante le lezioni in classe non si possono tenere attività che contrastino, impediscano o non consentano il loro corretto svolgimento. Si configurerebbe come interruzione di pubblico servizio.
La scuola deve convocare in orario extrascolastico il GLHO, il gruppo di lavoro impegnato nell’aggiornamento del PDF e nella stesura del PEI, di cui fanno parte, di diritto, tutti i docenti della classe in cui è iscritto l’alunno con disabilità, i genitori e gli specialisti dell’ASL, ovvero gli operatori socio-sanitari che seguono l’alunno, e, ove presenti, eventuali figure addette all’assistenza all’autonomia e/o alla comunicazione personale dell’alunno con disabilità, in conformità a quanto stabilito dall’art. 5 del DPR 24 febbraio 1994. Tale indicazione è richiamata anche dal D.lgs. 66/17.
Le Linee guida del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274, stabiliscono che il Dirigente scolastico debba concordare l’orario dell’incontro del GLHO con la famiglia, individuando comunque orari tali da consentire a tutti i membri di partecipare
L’ASL, in quanto membro effettivo del GLHO, così come lo è la famiglia, ha l’obbligo di partecipare agli incontri del GLHO, quindi i suoi rappresentanti debbono essere presenti alle riunioni anche, se necessario, tramite Skype, come avviene già in alcune scuole (e negli incontri di molte attività private).
Se, pertanto l’ASL dovesse comunicare che i propri rappresentanti sono disponibili solamente in orario scolastico, allora il Dirigente scolastico deve pretendere dal coordinatore amministrativo o dal presidente dell’ASL che, sia pure via Skype, gli specialisti ASL partecipino in orario extrascolastico, pena denuncia per omissione di atti di ufficio o interruzione di un pubblico servizio.
Quanto ai docenti curricolari, essi, in quanto docenti dell’alunno con disabilità, debbono partecipare tutti alle riunioni dei GLHO, pena la delega ai soli docenti per il sostegno, che è vietata.
Se il Dirigente scolastico non si comportasse rispettando quanto stabilito dalla normativa citata, corre il rischio che qualche famiglia possa sporgere denuncia per omissione di atti di ufficio.

Sono mamma di un ragazzo certificato L. 104, art. 3, comma 1. Giorni fa ho inoltrato richiesta di accesso ai documenti/atti amministrativi alla ex Scuola Media del ragazzo motivando il mio interesse personale ad averli (ora lui frequenta il primo anno delle Superiori e volevo far visionare i verbali alla nuova Insegnante di Sostegno, oltre ad averli tra la nostra documentazione… credo di averne diritto).
Chiedevo copia dei verbali redatti dall’allora Insegnante di Sostegno in occasione delle riunioni con la NPI e la Scuola che mi hanno sempre fatto firmare senza darmene copia.
Ora la Preside mi scrive a mezzo email chiedendo chiarimenti. Cosa devo rispondere?

Le “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274, sottolineano l’importanza, “in particolare nel momento del passaggio fra un grado e l’altro d’istruzione, del fascicolo individuale (o fascicolo personale) dell’alunno con disabilità, che dovrà essere previsto a partire dalla
Scuola dell’Infanzia e comunque all’inizio del percorso di scolarizzazione, al fine di documentare il percorso formativo compiuto nell’iter scolastico.”
Non solo. Sempre le Linee Guida evidenziano l’importanza delle “finalità informative” del fascicolo personale dell’alunno con disabilità, la “cui assenza può incidere negativamente
tanto sul diritto di informazione della famiglia quanto sul più generale processo di integrazione.”
Va da sé, quindi, che la scuola secondaria di Primo Grado avrebbe dovuto aver già inviato tale fascicolo da tempo, ancor più a fronte dell’autorizzazione dei genitori. Non facendolo, è incorsa in un mancato rispetto della normativa, a danno dell’alunno con disabilità e del suo percorso formativo (Linee guida).
Le suggeriamo, a questo punto, di chiedere copia integrale del fascicolo personale di suo figlio, in quanto rientra nel suo diritto, ma anche fra i suoi doveri, di genitore.
Riformuli la richiesta di acquisire “copia cartacea” dei documenti contenuti nel fascicolo personale, aggiungendo fra le motivazioni, oltre al fatto di “esercitare la responsabilità genitoriale del minore”, la “necessità di fornire elementi utili ai nuovi docenti, dal momento che il fascicolo personale del figlio (specificare il nome) non è stato trasmesso dalla scuola secondaria di Primo Grado (nome della scuola) alla nuova Istituzione scolastica, presso la quale, oggi, è iscritto il ragazzo”, così come previsto dalla normativa vigente e come da me autorizzato”.

Chi deve firmare la programmazione differenziata per un alunno maggiore con ritardo lieve, la famiglia o l’alunno maggiorenne? e cosa succede in caso di contrasto tra loro?

L’OM 90/2001 attribuisce ai genitori la responsabilità di acconsentire o meno a un percorso differenziato.
In caso di rifiuto da parte del genitore, il Consiglio di classe deve procedere con la programmazione semplificata (globalmente riconducibile ai programmi ministeriali).

Può il DS imporre le quinte e seste ore all’ins. di sostegno nei casi gravi con il comma3?

L’orario di sostegno, in genere, è concordato fra i docenti al fine di offrire opportunità formative efficaci a favore dell’alunno con disabilità
Certamente l’orario è di competenza del Dirigente scolastico, tuttavia se il Consiglio di classe ritiene che debba essere adottata una distribuzione differente, più vantaggiosa per l’alunna, si suggerisce di far pervenire tali motivazioni al Dirigente scolastico. In presenza di diniego, si porrà la questione in sede di GLHO.

Ho mia madre che lavora come collaboratrice scolastico ed é una persona non udente,quindi in possesso della legge 104. Oggi ha avuto un’ordinanza dal preside in cui dice di spostarsi per 1 settimana con gli stessi orari di lavoro da una scuola a un’altra . Questa ordinanza può rifiutarla? O questa ordinanza può valere anche se in possesso della 104 come sopra detto?

L’art. 33 della legge n. 104/92 stabilisce che il lavoratore ha diritto a scegliere la sede più vicina al suo domicilio, “ove possibile”.
Se quindi ci sono necessità organizzative, il Dirigente Scolastico può spostare in sedi più lontane.
Nel caso attuale, si tratta di una sola settimana. Quindi sua madre non può rifiutarsi di eseguire l’ordine di servizio ricevuto.

Sono il genitore di una bambina tetraplegica (tetraparesi spatica discinetica), scrivo per chiedere informazioni in merito ad un problema che si è presentato in ambito scolastico. La bimba sta avendo problemi a scuola in quanto gli assistenti scolastici nominati per l’assistenza ai bambini con handicap, non si ritengono responsabili della somministrazione del cibo, operazione alla quale la bambina, (ovviamente) non può provvedere autonomamente. La mia domanda è la seguente; è lecito che gli operatori scolastici rifiutino di dargli da mangiare e da bere? nonostante noi abbiamo presentato un assunzione di responsabilità genitoriale che li solleva da eventuali rischi??? A quale legge dobbiamo far riferimento per poter autorizzare o far si in qualche modo che la bimba possa essere rifocillata e dissetata durante l’orario scolastico?

Il compito di spostare l’alunno con disabilità nel contesto scolastico, ma anche di provvedere all’assistenza di base e alla somministrazione dei cibi, è in capo ai collaboratori scolastici (artt. 47 e 48 e Allegato A del CCNL di categoria), individuati (e incaricati) dal Dirigente scolastico, previa presentazione di richiesta di tali necessità da parte dei genitori.
Nel caso in cui la somministrazione dei pasti richiedesse particolari manovre, sarà necessario, invece, inviare tale richiesta all’ASL, in modo che provveda con personale specializzato. In questo caso suggeriamo anche di attivarvi per chiedere al Comune, in conformità all’art. 14 della legge 328/2000, un progetto individuale, che il Comune stesso dovrà elaborare in sinergia con l’ASL al fine di stabilire quanto necessario per garantire i diritti di vostra figlia nei vari contesti di vita, compreso l’ambito scolastico (es. trasporto, altro).

Sono una docente di lingua francese presso una scuola secondaria di 1° grado. Su richiesta della famiglia e del neuropsichiatra l’anno scorso, in prima media, un alunno è stato esonerato (non dispensato) dallo studio della lingua francese per gravi disturbi del linguaggio e grave deficit cognitivo. In alternativa l’alunno svolgeva un potenziamento di informatica (video scrittura) per 2 ore settimanali con l’insegnante di sostegno. All’inizio di quest’anno scolastico, l’alunno in questione sembrava essere ancora esonerato. Tuttavia, poiché l’orario definitivo del docente di sostegno non permette la sua presenza durante le ore di francese, e visto che non è possibile affidarlo all’assistente ad personam poiché manca un docente di riferimento in alternativa sia al docente di francese che al docente di sostegno, si è pensato di togliere l’esonero per la lingua francese. Tutto questo mi lascia perplessa. A mio parere sembra indispensabile non solo il coinvolgimento della famiglia, bensì anche il parere del neuropsichiatra. Faccio presente che fino a 15 giorni fa, il docente di sostegno aveva sottolineato le gravi difficoltà dell’alunno, che nel giro di 15 giorni sembra essere miracolosamente migliorato. E’ stato persino riferito che ci sono stati casi in cui uno studente esonerato dalla seconda lingua abbia sostenuto la prova di francese all’esame finale di licenza media… mi sembra un poco assurdo. Potrei sapere come comportarmi?

Per gli alunni con disabilità, il GLHO (composto da tutti i docenti della classe, dai genitori e dagli specialisti) elabora un Piano educativo individualizzato, che contiene la programmazione redatta appositamente per l’alunno sulla base delle sue capacità, delle sue potenzialità, delle sue attitudini, avendo presente il suo “funzionamento” (per prendere un termine coniato da ICF).
Questo significa che per gli alunni con disabilità viene predisposto un “percorso individualizzato” e, in quanto tale, non sussistono condizioni di esonero o di dispensa, bensì unicamente di “individualizzazione”.
Quanto avvenuto nel precedente anno è anomalo e contrario alle indicazioni di norma che tutelano il diritto allo studio dell’alunno con disabilità. Si provveda quest’anno, nel rispetto di tali diritti, a indicare quali sono gli obiettivi che il Consiglio di classe intende raggiungere, descrivendoli disciplina per disciplina e riportandoli nel PEI.
In sostanza, per uno studente con disabilità, ed è questo un esempio, nelle ore in cui sono programmate le lezioni di francese si possono progettare obiettivi relativi all’apprendimento di alcuni termini, piuttosto che al riconoscimento di alcuni oggetti (concreti o iconici), o alla coloritura di spazi. Sono esempi che evidenziano come possa essere possibile anche, se necessario, il discostamento da quelli che sono i contenuti disciplinari.
Non vale, pertanto, se è presente o meno (in quelle ore) il docente di sostegno: durante le ore di francese è in servizio il docente incaricato dell’insegnamento di tale disciplina il quale, in quanto insegnante di tutti gli alunni di quella classe, deve lavorare anche con l’alunno con disabilità, predisponendo le attività per lui contemplate all’interno del PEI.
In sede di esame di Stato, le prove predisposte dovranno essere prove differenziate con valore equivalente, cioè costruite sulla base delle attività effettivamente svolte durante l’anno scolastico; il superamento di tali prove dà diritto al conseguimento del titolo di studio (D.lgs. 62/2017).

Vorrei sapere se esiste una normativa che autorizza i bambini della scuola dell’obbligo a uscire dalla scuola per poter frequentare terapia logopedica o riabillitativa. E se al tempo stesso un dirigente può negare tale uscita ai bambini.

Le attività di riabilitazione devono essere effettuate in orario extrascolastico e al di fuori dall’ambiente scolastico. Il Dirigente scolastico sta agendo correttamente.

Può la dirigente decidere di trasferire le classi con alunni con disabilità cognitive e motorie gravi al piano superiore della scuola, pur in presenza dell’ascensore?

Non conosciamo le motivazioni di tale cambiamento; forse il piano superiore dispone di aule capienti e/o di altri ausili, importanti per gli alunni, ed essendo presente, nell’edificio, un ascensore, lo spostamento potrebbe trovare giustificazione.
Indubbiamente di fronte a disabilità motorie gravi sarebbe più opportuno che gli alunni frequentassero al piano terra. Avete provato a chiedere al Dirigente motivazione di questo cambiamento?

Sono docente di sostegno in una scuola superiore di secondo grado dove abbiamo, tra i 21 alunni con BES, nr 4 alunni con diagnosi e profilo funzionale severi. I nostri 4 alunni frequentano circa 18-20 ore a settimana sia perché non reggerebbero 31 ore di scuola ogni settimana e sia perché non hanno copertura totale (i nostri alunni non hanno né 18 né 20 ore di sostegno).
La possibilità di fare dei laboratori dedicati con la possibilità che vi ruotino 2 docenti + 1 assistente ad personam per 4 alunni è legale? Alcune colleghe di sostegno si sottraggono a questo impegno perché non è sancito dalla legge e forse hanno ragione.
Mi chiedo allora dove prendere le risorse per sostenere questi alunni speciali che NON RIESCONO A STARE IN CLASSE.

La creazione, sia pur temporanea, di gruppi di soli alunni con disabilità è contraria ai principi dell’inclusione scolastica e, come tale, è espressamente vietata dalle “Line guida” ministeriali del 4 agosto 2009, Prot. n. 4274.
Se gli alunni hanno difficoltà a stare in classe per tutto il tempo e se ritenete, come Consiglio di classe, che sia necessario adottare percorsi differenziati, potete prevedere momenti di attività educativa, mediante interventi individualizzati, anche in gruppi eterogenei, coinvolgendo i compagni di classe.
Quanto al personale necessario, dovete chiedere, secondo le necessità, ore aggiuntive e/o di sostegno o/e di assistenza all’autonomia e alla comunicazione personale.
Tenete presente la sentenza del Consiglio di Stato n. 2023/17 che, in caso di scarse risorse ricevute, invita le scuole a inoltrare reclamo all’USR o all’Ente locale interessato e, per conoscenza, alla Corte dei conti Regionale per denunciare la scarsità di risorse e chiederne aggiuntive.

Sono un insegnante di sostegno e la nostra scuola insiste nel far entrare gli specialisti dell’AIAS in orario scolastico qual è la legge che potrei usare per controbattere a questa proposta …sono RSU della primaria … ma non trovo riferimenti di legge … In un vostro articolo fate riferimento al prefetto infatti ho scritto una mail alla prefettura ma non ho ancora ricevuto risposta

Vi è necessità di capire la motivazione che induce a tali interventi. Se, infatti, riguardano un alunno con autismo per il quale la famiglia ha adottato il metodo ABA, l’esperto può entrare in classe, purché in possesso della certificazione BCBA (si rimanda alla Sentenza del Tribunale di Bologna: ordinanza 20/12/2013).
Se trattasi di interventi sulla CAA (Comunicazione Aumentativa Alternativa, volti a far comprendere ai docenti le modalità di comunicazione), anche in questo caso l’esperto può entrare, in virtù della corrispondenza alla figura professionale dell’assistente alla comunicazione personale, prevista dall’art. 13 comma 3 della legge 104/92.
Se trattasi, invece, di interventi di riabilitazione, questi devono essere effettuati in orario extrascolastico e sicuramente non in ambiente scolastico.

Un ragazzo diversamente abile grave frequenta la scuola secondaria di secondo grado ed avendo la copertura completa dell orario é stato seguito da 6 docenti di sostegno per rendere gli interventi più mirati, efficaci ed efficienti.
Quest’anno il genitore ha chiesto solo 2 dei 6 docenti ed è stato accontentato.
Ora le chiedo se il genitore non ha mai espresso per iscritto qualche lamentela verso gli altri docenti negli anni precedenti alla luce di quale principio e quale norma la richiesta è stata assecondata?

Gli art 2,4 e 6 del dpr n. 122/09 prevedono l’ipotesi eccezionale che un alunno possa essere seguito da più di un docente. Però è assurdo pedagogicamente avere sei docenti per il sostegno. L’esperienza, fra l’altro, ha dimostrato che avere più di un docente per il sostegno può disorientare l’alunno.
Di norma i genitori non possono scegliere i docenti per il sostegno; possono solo chiederne la sostituzione se non si è realizzato un valido rapporto educativo con l’alunno (Sentenza del Consiglio di Stato n. 245/01).

Un ragazzo di 21anni compiuti e con disabilita’ grave ha frequentato nell anno 2017/2018 l’ultimo anno di un istituto di istruzione secondaria superiore e all’esame di stato non si è presentato ma il Consiglio di classe ha dimenticato di ratificare il non superamento dell esame e quindi la ripetizione della classe quinta. La scuola visto che il genitore ha intrapreso una tutela giudiziaria nell attesa di risposta da parte della magistratura consente la frequenza provvisoria al ragazzo che del resto non è stato inserito nell elenco. È legittimo ciò? Quali docenti devono essere assegnati visto che la madre addirittura ha indicato 2 nomi di docenti di sostegno?
Può un genitore tra i docenti di sostegno, che hanno seguito il figlio nel percorso scolastico di 5 anni durante il quale non ha mai esternato lamentele scritte verso i docenti, manifestare una preferenza verso qualcuno piuttosto che verso altri? Quali sono i criteri di assegnazione dei docenti di sostegno agli alunni?
Nell istituto per le altre discipline si segue la graduatoria, la continuità e la compatibilità; però per il sostegno per le superiori il criterio della continuità è in minima parte seguito sia per la necessità di un docente esperto della materia in cui l’alunno presenta difficoltà e sia perché quando i ragazzi sono molto gravi si preferisce alternarsi con altri docenti di sostegno per rendere il lavoro meno gravoso.

Se l’alunno ha ottenuto dal TAR una sospensiva, la scuola ha dovuto accettarlo come ripetente; se invece, non c’è la sospensiva, la scuola non ha l’obbligo di accettarlo, sia pur con riserva.
In nessun caso la famiglia può scegliere i docenti per il sostegno; può solo rifiutarli se non riescono a realizzare un valido rapporto educativo, ma non può sceglierli.

Sono un insegnante di sostegno infanzia, quest’anno mi è stato affidato un alunno con una sindrome genetica Cromosopatia multipla; si tratta di un bambino di circa 2 anni e mezzo dunque un anticipatario, tale sindrome ha come conseguenza una serie di problematiche importanti tra queste: assenza di deambulazione, cecità, assenza di linguaggio, crisi epilettiche ecc ecc, la scuola tra l’altro non ha a disposizione assistentato materiale. L’oggetto di dibattito tra la famiglia e la scuola è circa la questione della somministrazione dell’eventuale farmaco salvavita, ovvero il bambino potrebbe aver bisogno del farmaco qualora la crisi supera un certo tempo. Fatta questa sintetica premessa le pongo qualche domanda in merito: a chi spetta la somministrazione del farmaco e la gestione della crisi nel momento in cui si presenta? può un alunno anticipatario con questa delicata situazione frequentare già la scuola dell’infanzia, o esiste una legge che rimanda per questo caso specifico al compimento dei 3 anni di età?

L’alunno è stato accolto, previa domanda da parte dei genitori dalla scuola, pertanto ha diritto alla frequenza.
Per quanto riguarda la somministrazione dei farmaci, anche salvavita, si fa riferimento alle Raccomandazioni emanate dal Miur insieme al Ministero della salute.
La Nota MIUR 23/11/2005, prot. n. 2312, attribuisce al Dirigente scolastico il compito della procedura. Ricevuta dalla famiglia la richiesta scritta, corredata da documentazione medica, il Dirigente scolastico:
a) verifica il luogo in cui conservare e somministrare i farmaci,
b) concede, ove richiesta, l’autorizzazione all’accesso ai locali scolastici in orario scolastico da parte dei genitori o loro delegati (incaricati per la somministrazione dei farmaci)
c) verifica la disponibilità di personale della scuola “in servizio” a garantire la continuità di somministrazione dei farmaci (il personale oltre alla disponibilità deve possedere specifici requisiti)
d) in assenza di locali adatti e/o di disponibilità alla somministrazione da parte del personale della scuola, procede all’individuazione di altri soggetti istituzionali del territorio (per stipulare accordi e convenzione).
Se nessuno dei precedenti requisiti può essere soddisfatto, le Linee guida, allegate alla Nota, indicano i successivi passaggi

Mio figlio con diagnosi di lieve ritardo nello sviluppo, ha iniziato il secondo anno di scuola materna.
In settimana al provveditorato si sono tenute le nomine x il sostegno, chi ha fatto il sostegno lo scorso anno è laureata in “scienze della formazione primaria indirizzo scuola dell’infanzia” ma essendo in II fascia non ha potuto scegliere l’ Istituto, chi ha scelto l’Istituto non è sufficiente e mio figlio (che ha 25 ore di sostegno e 10 di educatore) ha solo le 2 maestre (nuove e quindi con difficoltà perché il mio bimbo non parla e usa solo gesti e ci vuole un po’ per capirlo) di cui una part-time, non ha ancora il sostegno e il Comune sta ancora facendo il bando per la Cooperativa di Educatori.
Dato che ora la scuola dovrà attingere dalla graduatoria interna ho chiesto di essere celeri, ma mi hanno detto che attendono la delibera dal Provveditorato. Ho sollecitato il Provveditorato che dice che per la nomina del sostegno non serve la liberatoria. Mi sapete dire qual è la normativa che permette alla scuola di effettuare le chiamate senza la liberatoria ?

Di solito dopo i primi giorni di Settembre gli Uffici scolastici regionali dovrebbero avere esaurite le graduatorie e quindi comunicano che i presidi possono nominare dalle proprie graduatorie di istituto.
InformateVi con il Vostro Ufficio scolastico regionale se sono state esaurite le graduatorie provinciali e se quindi possono nominare le singole scuole.

Sono la mamma di un bimbo certificato alla fine di giugno 2018 e frequentante la classe quarta primaria.
Ho subito portato la documentazione a scuola. Oggi la scuola mi riferisce che mio figlio non potrà avere l’insegnante di sostegno perché le deroghe vengono assegnate solo su handicap gravi in base a una sentenza del 2005, che non so quale è. È vero? Come devo comportarmi?

È da supporre che vostro figlio sia stato certificato “con disabilità non grave”, ai sensi dell’art. 3 comma 1 della legge n. 104/92.
Anche in questi casi, però, l’alunno ha diritto ad alcune ore di sostegno settimanali sulla base della richiesta formulata, in questo caso, nella Diagnosi Funzionale.
Non conosciamo la Sentenza indicatale dalla scuola; in ogni caso, il diritto al sostegno spetta sulla base della certificazione di disabilità in forza dell’art 13 comma 3 della legge n. 104/92, del DPCM 185/2006, dell’art. 3 del Decreto legislativo n. 66/17.
Insistete quindi per avere mezza cattedra, pari a 11 ore settimanali, minacciando in caso contrario il ricorso alla Magistratura.
(Si allega l’elenco dei Referenti regionali per l’Inclusione scolastica operanti presso ogni Ufficio Scolastico Regionale, ai quali potete rivolgervi, affinché chiariscano, a chi di dovere, che alcune ore di sostegno spettano a vostro figlio, per il quale avete fatto pervenire la documentazione entro il 30 giugno 2018, un tempo limite, ma sufficiente perché fosse inoltrata richiesta da parte del Dirigente Scolastico).

Lavoro con mansioni amministrative nell’ambito dell’accertamento dello stato di alunno con handicap.
Essendo la ns una zona di confine ci sono diversi bambini di cittadinanza svizzera che frequentano la scuola italiana. È prevista la possibilità che possano presentare istanza per il riconoscimento del diritto all’insegnante di sostegno?

La nostra normativa prevede che anche gli alunni stranieri con disabilità presenti in Italia, compresi quelli non regolari, abbiano diritto all’inclusione scolastica con tutte le risorse che vengono fornite agli analoghi alunni italiani.
Siccome la Svizzera è uno Stato florido, sarebbe il caso di promuovere un accordo culturale bilaterale che preveda questo aspetto.

Sono una docente di sostegno della scuola secondaria di primo grado. Quest’anno ho fatto il passaggio nella stessa scuola da tipologia udito a psico-fisico ed in virtu’ di cio’ il dirigente mi ha assegnato un altro alunno interrompendo, con mio disappunto, la continuita’ del progetto didattico-educativo sull’alunna sorda che seguivo gia’ da 2 anni ed assegnando il caso ad una collega neoarrivata su udito. Cosa prevede la normativa sul diritto da parte della famiglia alla continuita’ e cosa si puo’ fare in merito? Il dirigente ha agito correttamente e nell’interesse dell’alunna?

Se il docente rimane nella stessa scuola, l’alunno ha diritto alla continuità, pena denuncia per discriminazione e violazione del principio di continuità fissato dalla legge n. 107/2015, art. 1 comma 181, lettera c) n. 2.

All’inizio di questo mese ho assegnato presso la sede associata un tecnico di laboratorio beneficiario della Legge 104/92 a causa dell’assenza di un posto libero nella sede principale, dove l’interessato ha fatto richiesta in quanto più vicina al suo comune di residenza dove presta assistenza alla moglie.
L’interessato, dopo alcune missive, attraverso il suo legale ha poi comunicato di adire le vie legali in mancanza di revoca del provvedimento.

La legge n. 104/92 all’articolo 33, a proposito dell’assegnazione della sede a lavoratori con disabilità, prevede che essi abbiano diritto a scegliere la sede più vicina alla propria residenza “ove possibile” e, cioè, se di fatto ciò sia possibile.
Se non esiste un posto nella sede più vicina, l’interessato deve accettare la sede assegnata e il ricorso non dovrebbe avere esito positivo.

Una scuola secondaria di primo grado ha formato le classi prime escludendo dal gruppo delle elementari un bambino con 104. Ovvero, su 5 iscritti tra cui tre con 104, ha messo nelle stessa classe 4 alunni, escludendo il quinto che è rimasto senza compagni ai quali era molto legato. A chiarimenti richiesti è stato risposto che hanno guardato solo le preferenze espresse dai genitori sulle domande di iscrizione. Ma le classi non dovrebbero essere eterogenee e formate su precisi criteri? Ora il bambino si rifiuta di andare a scuola

Dite alla famiglia che si rivolga subito al referente regionale per l’inclusione scolastica (elenco dei Referenti delle diverse Regioni).
Ci tenga informati, perché questo è un caso di discriminazione perseguibile ai sensi della l.n. 67/06.

Un ragazzo di 21 anni con disabilita’ grave con il sostegno che ha completato il percorso di scuola secondaria di secondo grado può iscriversi al corso serale ed avere il docente di sostegno per un numero di ore limitato cioè pari a quelle che non ha goduto nel percorso del mattino (ad esempio quando i compagni andavano via alle 15 mentre lui usciva alle 13,conteggiandole per tutti e 5 gli anni) sottratte al monte-ore complessivo del corso serale? Il D.M 455/97 recepito dalla recente normativa sui centri territoriali per gli adulti fa riferimento al monte ore complessivo che cosa significa?

Quanto richiesto non può trovare accoglimento, sia perché le ore di sostegno vengono assegnate di anno in anno e non possono recuperarsi quelle non utilizzate, sia perché una volta ottenute durante i corsi del mattino, l’amministrazione non ne assegna altre nei corsi serali.

Una docente specializzata per le attività di sostegno con incarico a tempo indeterminato svolge servizio in una scuola secondaria di I grado per un intero anno scolastico su cattedra di sostegno.
L’alunno possiede una certificazione di disabilita’ visiva ai sensi della L.104/92 art.3 comma 3. Gli sono state pertanto assegnate 18 ore totali di sostegno, delle quali 9 sono state svolte dalla suddetta docente, le residue 9 ore sono state assegnate ad un docente privo di abilitazione e di specializzazione con un incarico a t.d..
L’anno successivo il figlio della stessa docente, ammesso alla scuola secondaria di I grado, viene inserito nella stessa sezione dell’alunno con disabilita’, ma in classe diversa, dopo aver superato una selezione per poter accedere all’indirizzo musicale ( dunque non per una scelta della docente ma per una casualità).
Vi chiedo cortesemente dei chiarimenti sui seguenti aspetti:
1) la docente può svolgere il proprio servizio in classe diversa da quella del proprio figlio ma nella stessa sezione?
2) quali elementi ostativi impedirebbero la conferma dell’incarico in condizioni di continuità didattica alla docente?
3) è valido il criterio della continuità didattica anche se ha svolto servizio di 9 su 18 ore totali e per un solo anno scolastico?

1) qualunque docente può svolgere attività nella stessa scuola dove frequenta il proprio figlio, purché non insegni nella sua stessa classe,
2) solo se il posto del docente dell’anno precedente viene preso da un docente a tempo indeterminato specializzato o da un docente supplente specializzato con più punti, il docente dell’anno precedente perde quel posto, ma questo non è il caso della docente, in quanto specializzata e di ruolo, pertanto non sussistono elementi ostativi,
3) negli altri casi la continuità deve essere garantita in forza del principio sancito dalla legge n. 107/15, art. 1, comma 181, lettera c) n. 2. Nel caso da lei presentato, pertanto, la continuità deve essere garantita (possibilmente per l’intera cattedra, pari a 18 ore, in quanto sembra non sussistano motivazioni per “spezzarla”).

Nostro figlio, di 21 anni compiuti e con disabilità grave (Sindrome du cri du chat), ha frequentato nell’anno 2017-2018 l’ultimo anno di un Istituto di istruzione secondaria superiore. A metà dell’anno è stato chiesto un GLH nel corso del quale è stato redatto il documento firmato dai docenti, dalla neuropsichiatra dell’ASL di competenza e dai genitori. In detto documento veniva indicata l’opportunità di continuare il percorso formativo del ragazzo riscrivendolo a scuola con la retrocessione , però, di due classi al fine di garantirgli una continuità di relazione con i compagni. La neuropsichiatra indicava con sicurezza la possibilità della permanenza a scuola per i ragazzi con disabilità fino ai 23 anni. Pertanto, al termine della V, invece di sostenere l’esame, ci è stato suggerito dalla scuola di ritirarlo e di fare la nuova iscrizione, iscrizione regolarmente accettata. Oggi, a pochi giorni dall’inizio della scuola e con grande attesa da parte del ragazzo di ricominciare, essendo cambiato il dirigente scolastico, ci è stato comunicato che ci sono problemi per il suo reinserimento e per la concessione delle ore si sostegno delle quali, con una sentenza del TAR, lui usufruisce fino al termine del percorso scolastico. A scuola risulta agli atti il PEI, ma, per errore della scuola, abbiamo saputo soltanto adesso, che non ha fatto seguito a questo la delibera del collegio dei docenti.
Lei ritiene che ci siano delle possibilità di risoluzione del problema? Noi siamo rimasti sconcertati dalla situazione perché, oltre tutto, ne siamo stati informati solo da pochi giorni e non abbiamo avuto né il tempo né il modo di trovare altre soluzioni. Inoltre, non consideriamo la scuola un semplice parcheggio, ma un luogo dove nostro figlio impara a relazionarsi con gli altri, a rispettare le regole e apprende molto più di quanto non sia in grado di esprimere verbalmente.

Quanto concordato in sede di GLHO lo scorso anno non è applicabile: nessuna norma contempla la frequenza fino all’età di 23 anni e non è possibile “retrocedere di classe”. Le “Linee guida per l’integrazione scolastica degli alunni con disabilità” del 4 agosto 2009 (Prot. n. 4274) prevedono la permanenza nel sistema di istruzione e di formazione fino all’età adulta (21 anni).
L’unica considerazione possibile riguarda il fatto che lo studente non si è presentato all’esame di Stato e, in tal caso, il Consiglio di classe avrebbe dovuto affermare il non superamento dell’esame e quindi la ripetizione della classe quinta. Ma questo, da quanto lei scrive, non si è verificato.
Non resta che valutare la possibilità di iscrivere il ragazzo ad un corso serale dove, tenga presente, non sarà assegnato il docente di sostegno, perchè ne ha usufruito durante il corso degli studi superiori del mattino.
A questo punto prendete contatto col Comune per impostare un Progetto di vita ai sensi dell’art.14 della legge n. 328/2000, che possa prevedere o un corso di formazione professionale o un tirocinio di lavoro, che potrebbe svolgersi anche a scuola, ovviamente però senza entrare in aula come alunno.

Sono beneficiario di legge 104 art3 comma 3 per familiare. Vorrei sapere se può essermi assegnata una mole di lavoro maggiore ad esempio un numero di classi più alto rispetto a colleghi della mia stessa disciplina di insegnamento.

La normativa non contempla questa fattispecie, limitandosi ai permessi e ai congedi.
Dipende dalla discrezione del DS tener conto di questo problema anche per ll’assegnazione delle classi o dagli accordi sindacali che possono prenderlo in considerazione.

Desidero conoscere la normativa inerente l’inserimento e la gestione di portatori di handicap all’interno di istituzioni educative quali i convitti annessi.

Non risultano differenze rispetto all’inclusione nelle scuole comuni. Il problema si pone se l’alunno vuole vivere nel convitto, dal momento che la normativa si è preoccupata dell’inclusione nelle scuole vicino casa e non si è preoccupata di casi di alunni con disabilità in istituti che, anzi, ha contrastato. Se l’alunno deve stare sempre in convitto, occorre un accordo col Comune che fornisca un assistente soprattutto negli orari extrascolastici, specie se l’alunno non è autonomo.

In un plesso ubicato in un piccolo comune vi è una sezione staccata del nostro Istituto d’istruzione superiore. Questo plesso è frequentato da un’alunna tetraplegica su carrozzina, bisognosa di assistenza quando va in bagno (necessita di aiuto per alzarsi dalla carrozzina e svestirsi). L’alunna in questione accetta comprensibilmente solo l’assistenza di collaboratrici scolastiche donne, altrimenti rifiuta di frequentare la scuola. Purtroppo il plesso in questione è piccolo per cui è possibile impiegare un unico “bidello”.il fatto è che possiede la 104 per assistenza a un anziano genitore proprio un bidello uomo di quel paese, per cui bisognerebbe contemperare i due diritti, quello dell’alunna all’inclusione e all’istruzione e quello del bidello a lavorare nel posto dove presta assistenza e anche quello del genitore a essere assistito. É difficile capire quale interesse sia preminente. Il Comune manda degli assistenti fisici, le cui ore, però, non coprono l’intero arco della giornata. Sapreste darmi una soluzione o esiste giurisprudenza in materia?

La scuola è un servizio agli studenti, per cui va tutelato, prima di tutto, il diritto allo studio dell’alunna con disabilità. Il recente Decreto legislativo n. 66/2017 prevede che, nell’assegnare i collaboratori scolastici, sia rispettata la differenza di genere, proprio perché rientra nei loro compiti l’assistenza di base (CCNL artt. 47, 48 e Allegato A).
Quindi il DS deve chiedere all’USR l’invio di una collaboratrice scolastica di un paese viciniore, ovviamente non titolare del diritto di disabilità ai sensi della legge n. 104/92. Ciò è ormai un diritto delle alunne e non può essere violato con motivi di tagli alla spesa pubblica.
Se il DS o l’USR non provvedono immediatamente, la famiglia dell’alunna può rivolgersi immediatamente al Tribunale civile, previa diffida, per discriminazione ai sensi della legge n. 67/06.

Gli alunni che ad inizio anno scolastico sono in possesso del certificato ai fini dell’integrazione ma non ancora del verbale della L. 104/92 hanno comunque diritto a delle ore di sostegno, che andrebbero inevitabilmente tolte a quegli alunni in possesso delle certificazioni previste dalla legge?

L’attribuzione delle ore di sostegno è conseguente alla presentazione della documentazione prevista dalla normativa vigente. La famiglia deve consegnare alla scuola il Verbale di accertamento e la Diagnosi Funzionale, e, in base a quanto in esso contenuto, la scuola richiederà le risorse necessarie.
Ricordiamo che in nessun caso è possibile sottrarre ore di sostegno già assegnate ad altri alunni, come afferma la sentenza del Consiglio di Stato n. 2023 del 2017.

Vi chiedo informazioni a riguardo la mia bambina di 12 anni affetta da idrocefalo in possesso di 104/92. L’anno scorso l’orario di entrata a scuola era alle 8.15, e malgrado Tutti i miei sforzi riuscivamo ad entrare alle 8.30. Uscita 13.15
La bambina Tutti i pomeriggi è impegnata con stimoli ed altro, ha logopedisti,(tsmre), il progetto Home Care della regione Lazio, e psicologi, il sabato catechismo…
Quest’anno l’istituto scolastico ha deciso di far entrare i bambini alle 8.00, ciò andrebbe a costituire un disagio ed una discriminazione ad una bimba portatrice di handicap, non riuscirebbe a seguire con attenzione le lezioni, e sarò costretta a chiedere di farla entrare alle 8.30, creando così una discriminazione; l’entrata alle ore 8.00 penalizzerebbe non solo l’attenzione per l’apprendimento scolastico, ma tutta la giornata, lei è seguita da logopedisti fisioterapisti, e psicologi…
In quanto la bambina stanca non dà rendimento e ne avrebbe input positivi.
Vi chiedo posso chiedere al dirigente di istituto di cambiare orario d’entrata e spostarlo alle 8.30??
Devo diffidare il dirigente? Devo inviare al Provveditorato di Roma la diffida per conoscenza?? O è tutto giusto e quindi devo o cambiare scuola o farla entrare dopo..

Nel caso da lei esposto, difficilmente può parlarsi di discriminazione, in quanto trattasi di una scelta di orario determinata dalla richiesta della maggioranza delle famiglie.
Sarà opportuno contattare un’altra scuola, che prevede le ore 8.30 come orario di entrata.

A chi spetta il compito di fornire un operatore di sostegno/educatore durante il pasto alla scuola dell’infanzia per un alunno con disabilità? E’ competenza del dirigente scolastico o del Comune?

In conformità al contratto di categoria, artt. 47 e 48 e Allegato A, il compito di imboccare l’alunno con disabilità è affidato ai collaboratori scolastici, in servizio presso l’Istituto scolastico, individuati dal Dirigente scolastico. Se il bambino con disabilità richiede una specifica attenzione, dovuta a forme patologiche particolari, allora sarà l’ASL, ovvero il servizio sanitario, a provvedere a tale figura, sempre su richiesta del Dirigente scolastico.

Sono la mamma di una bimba di quasi 5 anni affetta da osteogenesi imperfetta di tipo 1.
Brevemente chiarisco quali sono i sintomi della patologia: l’osteogenesi rende le ossa fragili quindi con traumi molto leggeri vengono prodotte delle fratture.
La mia bambina dovrà frequentare l’ultimo anno della scuola materna ed io e mio marito è già dall’anno scorso che cerchiamo di ottenere un assistente alla persona ma invano. Abbiamo ripiegato sull’insegnante di sostegno ma in effetti non serve alla bambina che non ha nessun deficit cognitivo.
Abbiamo bussato alle porte del comune, della dirigente scolastica, della neuropsichiatra che ha redatto la diagnosi funzionale per il sostegno e di un avvocato ma questa figura specifica è inesistente per tutti. Nessuno sa dove reperirlo e chi deve richiedere la sua presenza in classe.
Chiedo cortesemente a Voi se è possibile di avere delucidazioni o a quale ufficio dovrei rivolgermi per avere finalmente la possibilità di tutelare nel modo corretto la salute di mia figlia.

L’art. 13, comma 3, della legge 104/92 prevede che, se necessario, all’alunno con disabilità sia assegnata la figura addetta all’assistenza all’autonomia personale e/o alla comunicazione. Nella Diagnosi Funzionale, predisposta dall’ASL, deve pertanto essere riportata questa indicazione e il Dirigente scolastico, ricevuta la documentazione dalla famiglia, dovrà inoltrare regolare richiesta presso l’Ente competente (in questo caso il comune). In assenza di precise indicazioni, infatti, non è possibile per la scuola effettuare la richiesta. Considerata la particolare situazione, l’assistente ad personam (assistente comunale), assegnata all’alunno, dovrà essere formata dall’ASL anche con un breve corso, sulle problematiche fisiche della bambina.

Sono un assistente educativo, avrei bisogno di un’informazione, le assenze dell’alunno che seguo devono essere recuperate? Oppure no.
Mi è stato affidato un incarico di due alunni e uno dei quali è mancato per un mese e per questo ho dovuto recuperare le assenze dell alunno facendo slittare di un mese il termine del lavoro da me svolto. E non solo mi è stato calcolato solo mezzo punto per un mese di lavoro svolto nonostante tutto io abbia lavorato per due mesi.

Gli studenti sono tenuti alla frequenza nelle giornate di lezione previste dal calendario scolastico. Se uno degli studenti, ai quali lei è stata assegnata in qualità di assistente ad personam o di educatore, è stato assente anche per un mese, è tenuto a giustificare l’assenza alla scuola ma non è tenuto al recupero.
Per le altre questioni la invitiamo a contattare il sindacato di categoria.

Ho una invalidità riconosciuta al 100% rivedibile nel 2019 e sono docente di ruolo alla scuola primaria.
Ho una laurea in architettura vecchio ordinamento e vorrei conseguire una nuova abilitazione per insegnare alle superiori.
Sapete se ci sono percorsi abilitanti speciali o termini legali per chiedere la mobilità?

Dovrebbe chiedere al suo Ufficio Scolastico Regionale o al MIUR, nello specifico alla direzione generale per il personale docente. Al momento, l’unica possibilità è la partecipazione al FIT, iscrivendosi, dopo aver acquisito i 24 Cfu previsti, al concorso che sarà bandito. Deve valutare se la frequenza del FIT le consentirà poi di insegnare o se dovrà sospendere l’attività per un tempo che, sicuramente, sarà indicata nell’emanando bando.

Sono la zia di una bimba disabile di 5 anni e mezzo. Poiché sua mamma lavora e io sono disoccupata, mi occupo di lei quando non è alla materna, a titolo gratuito. Poiché sono in difficoltà economica, sto attivamente cercando lavoro, ma se lo trovassi mia sorella sarebbe in difficoltà, in quanto non sarebbe in grado di pagare una babysitter. Mi chiedevo perciò se potessi candidarmi come assistente all’igiene (o assistente personale, non so come definirla) per la bambina a scuola, in maniera da avere una retribuzione almeno per i mesi in cui è a scuola. Vorrei sapere quali sono i requisiti per questo incarico, e se l’assunzione debba seguire una graduatoria, oppure se, dopo aver fatto gli opportuni corsi (quali?) possa essere assunta direttamente dal comune o dall’ente scolastico. Quest’anno a settembre la bambina frequenterà l’ultimo anno di scuola materna, l’anno prossimo passerà alla primaria.

Se lei intende svolgere a scuola il ruolo di assistente per l’autonomia e la comunicazione, di cui all’art 13 comma 3 della legge n. 104/92, deve contattare il Comune di residenza, il quale ha una sua normativa per la nomina di queste persone.
Se invece intendere svolgere il ruolo di assistente igienica, ovviamente nell’ipotesi che sua nipote ne abbia necessità o lo richieda altro alunno con disabilità, deve inserirsi nella graduatoria dei collaboratori scolastici dipendenti dagli Uffici Scolastici Regionali e Provinciali, prendendo contatti con tali uffici. Temiamo che, al momento, siano scaduti i termini.

Su un documento di valutazione di scuola primaria, relativo ad un alunno diversamente abile con paritaria, le insegnanti hanno aggiunto a penna “la valutazione si riferisce agli obiettivi previsti nel Pei”. Tale specificazione a me, personalmente, sembra inopportuna. Ho provato a cercare una normativa che lo vieti ma mi sembra di capire che sia a discrezione delle scuole una tale specificazione. L’unico riferimento esplicito da me trovato è relativo alla scuola superiore dove si dice che tale affermazione va esplicitata solo in presenza di una programmazione differenziata. Potrebbe gentilmente, segnalarmi, se esiste, la norma che vieta una tale precisazione in pagella alla scuola primaria.

Il comma 6 dell’art. 15 dell’OM 90/2001 stabilisce che il riferimento al PEI può essere utilizzato unicamente per gli studenti che seguono una programmazione differenziata; di conseguenza, per coloro che seguono una programmazione “globalmente riconducibile ai programmi ministeriali”, ovvero un programma semplificato, non deve essere fatta menzione nella scheda di valutazione. Riprende lo stesso principio il comma 15 dell’art. 11 del decreto legislativo n. 62/2017. A ciò si aggiunga la normativa sulla privacy.
Quindi nella scuola del primo ciclo, dove non esiste la programmazione differenziata, non si può aggiungere la frase erroneamente apposta nella scheda di valutazione della ragazzina di scuola primaria.

Vorrei sapere se per una alunna con disabilità art.3 comma 3 a fine del primo ciclo si deve rilasciare la licenza media o l’attestato?
Naturalmente il PEI è differenziato e ha sostenuto tutte le prove d’esame adattate alle sue capacità.

Nella scuola secondaria di Primo grado la programmazione prevede unicamente il curricolo semplificato o personalizzato. Solamente nel secondo grado sono previste due opzioni: semplificato o differenziato.
Tanto premesso, per gli esami conclusivi del primo ciclo d’istruzione si fa riferimento al Piano educativo individualizzato.
Riferimenti normativi:
– art. 16 c. 2 della l. n. 104/92, in base al quale nella scuola dell’obbligo (allora l’obbligo durava sino alla terza media) la valutazione avviene sulla base del PEI, formulato sulla base delle effettive capacità dell’alunno;
– art. 11 del d.lgs. 62/2017, che recupera il principio della legge 104/92; il decreto stabilisce che le prove d’esame, denominate differenziate, sono predisposte sulla base del PEI, coerentemente con le attività effettivamente svolte durante l’anno; il loro superamento contempla il rilascio del diploma finale.
In sintesi se l’alunno dimostra di aver raggiunto gli obiettivi del suo PEI, evidenziando progressi rispetto i livelli iniziali delle conoscenze, merita il diploma, anche se non sapesse leggere, scrivere o far di conto.
Ricordiamo, infine, che nel diploma finale rilasciato al termine degli esami del primo ciclo e nelle tabelle affisse all’albo di istituto non deve essere fatta menzione delle modalità di svolgimento e della differenziazione delle prove (art. 11).

Il dirigente scolastico ha avvisato la famiglia di un minore con disabilità mentale lieve, iscritto alle scuole medie, che nel prossimo anno scolastico il proprio figlio sarà trasferito in un’altra sezione, visto che l’assegnazione del insegnate di sostegno sono poche.
Desideravo sapere se è lecito spostare un minore da una sezione ad un altra, senza tenere conto della sua disabilità, della necessità di doversi nuovamente riambientare, della continuità socio educativa; il minore ha fatto una fatica enorme quest’anno ad inserirsi in un nuovo ambiente.

La normativa è inclusiva, perché vuole l’inserimento di qualità in una classe con dei compagni e questo per tutta la durata di quel determinato ciclo di studi, in una logica di continuità (sia con i compagni, come detto, e sia dal punto di vista della didattica con i docenti).
Qualunque esigenza organizzativa della scuola, che comporti un cambio di sezione, deve essere vagliata dal GLHO e il suo parere deve considerarsi vincolante, a meno che non sussistano necessità insormontabili di fusione di due classi o di soppressione di una sezione, sempre nel rispetto del tetto massimo di 20 alunni.

Sono il papà di un bambino autistico ed epilettico, quest’anno l’avrei voluto iscrivere alle secondarie di primo grado ad indirizzo musicale ma una prova preselettiva ha causato la sua esclusione. Il punto è questo: è legale far fare una prova preselettiva ad un disabile? E soprattutto, ammesso sia legale, fargliela fare secondo le stesse modalità dei normodotati senza tenere in minimo conto della sua peculiare disabilità (autismo)?

La Legge n.114/2014 all’art 15 comma 9 esclude le persone co n disabilità dal sottoporsi a prove selettive nei concorasi e quindi anche all’ammissione agli istituti musicali.

Sono un insegnate di scuola elementare, mi è sta riscontrata una invalidità lavorativa superiore ai 2/3 pari al 90% per l’asportazione della vescica, e un ictus che mi ha causato una riduzione della mobilità della gamba e braccio dx, attualmente svolgo normalmente la mia attività lavorativa.
Con questo grado di invalidità, il DS o chi per lui potrebbe richiedere nei miei confronti un controllo per verificare se ho ancora i requisiti per l’insegnamento?

Se il DS chiede la visita collegiale per verificare le sue condizioni di idoneità all’insegnamento, dovrà comunque essere rispettata la normativa sull’occupazione obbligatoria dei lavoratori con disabilità, di cui alla l.n. 68/99. Comunque ne parli col suo sindacato.

Vorrei sapere come va compilato il tabellone dello scrutinio di ammissione all’esame di Stato del 5^ anno -secondaria secondo grado – nel caso di alunno h con PEI differenziato che non vada all’esame e permanga per la seconda volta alla frequenza della classe stessa.

Nelle tabelle affisse all’albo di istituto non deve essere fatta menzione del percorso differenziato. Come per tutti gli altri studenti, sul tabellone sarà riportata la dicitura: “ammesso” oppure “non ammesso”.

Sono una docente di sostegno con 11 ore su un alunno grave. L’insegnante di sostegno che insieme a me completava le altre 11 ore sul bambino ha chiesto e ottenuto trasferimento. Io ho chiesto alla DS della nostra scuola di far completare l’orario sull’alunno alla maestra di matematica della classe che ha ottenuto tramite TFA il titolo di sostegno, proprio per garantire continuità didattica, visto che già conosce il bambino e la classe. La DS non mi è sembrata molto d’accordo. Allora le chiedo, non si deve applicare in questo caso il principio di continuità?

La proposta da voi presentata è sicuramente da considerarsi ed è in linea con i principi della corresponsabilità e della continuità didattica. Fate presente alla D.S. che, recentemente, il decreto legislativo n. 66/2017, all’art. 14, attribuisce al dirigente la possibilità di utilizzare i docenti dell’autonomia specializzati in parte su posto di sostegno e in parte su posto comune; questo a vantaggio e beneficio non solo dell’alunno con disabilità, ma di tutto il gruppo-classe e della comunità scolastica nel suo insieme.

Sono una docente di sostegno alla scuola primaria, quest’anno è stato inserito un alunno alla classe terza primaria con problematiche cognitive rilevanti, è stato certificato con DF medio grave solo durante il secondo quadrimestre, l’alunno ha 11 anni e il Dirigente Scolastico ha proposto di fargli fare gli esami di idoneità alla classe quinta proprio per l’età. Noi docenti ci chiediamo se ciò è legale e se si a quale normativa fare riferimento.

Un alunno di 11 anni dovrebbe trovarsi nella stessa classe con i suoi coetanei, e non solo perché la norma prevede il ricorso a bocciature unicamente in casi eccezionali e straordinari, ma perché dal punto di vista degli apprendimenti e della relazione le maggiori interazioni positive avvengono nel gruppo dei pari. Appare pertanto poco educativo che un ragazzino di 11 anni sia in classe con bambini di 8 anni.
Ciò premesso, a nostro avviso appare coerente l’indicazione del Dirigente scolastico che, sicuramente, avrà fatto riferimento a quanto stabilito dal recente decreto legislativo in tema di valutazione; il decreto lgs. n. 62/2017, infatti, prevede che i privatisti possano fare esami secondo la loro età.

Ho letto la normativa relativa all’Esame di Stato per i diversamente abili. In particolare gradirei chiarimenti sulla certificazione delle competenze.
Mi sembra di capire che bisogna rilasciare un attestato certificante le competenze, dove venga indicato un voto, nella prima parte, ed una sorta di report sulle competenze acquisite, nella seconda parte. Sbaglio?
È obbligatorio rilasciare un attestato di questo tipo o si può omettere il voto e apporre al suo posto un giudizio? C’è una discrezionalità della commissione o c’è un modello da adottare per tutti, indipendentemente dalla gravità del disagio?
Non sarebbe opportuno che la Scuola avesse un unico modello con il suo logo?

Il Decreto 742/17 stabilisce, all’art. 1, che le Istituzioni scolastiche statali e paritarie del primo ciclo debbano certificare l’acquisizione delle competenze progressivamente acquisite dagli alunni. E questo vale per tutti gli alunni. In questo documento non sono riportati voti, bensi una descrizione dei risultati del processo formativo, secondo una valutazione complessiva in ordine alla capacità di utilizzare i saperi acquisiti per affrontare compiti e problemi, complessi e nuovi, reali o simulati.
La certificazione delle competenze è redatta in sede di scrutinio finale da parte di tutti i docenti del Consiglio di classe ed è consegnata, in copia, sia alla famiglia dell’alunno sia all’istituzione scolastica o formativa del ciclo successivo (art. 2).
Per gli alunni con disabilità il modello nazionale di certificazione delle competenze può essere accompagnato, ove necessario, da una “Nota esplicativa”, in cui viene descritto “il significato degli enunciati relativi alle competenze del profilo dello studente” rapportati agli obiettivi specifici del Piano Educativo Individualizzato). Nel Modello è presente anche una sezione a cura dell’INVALSI che viene curata dall’INVALSI se lo studente ha affrontato le prove standard. Negli altri casi è il Consiglio di classe che provvede a completare tale sezione.
Non è possibile adottare un modello standard di questo documento valido per tutti gli alunni con disabilità: ciò equivarrebbe a negare il principio di individualizzazione sotteso al processo inclusivo stesso.

Desidero sapere se in una scuola primaria la Ds può assegnare a docente sostegno lingua inglese per la classe nella quale lavora? La docente può essere sostuita da curriculare senza specializzazione?

Tenga presente che i docenti assegnati ad una classe in cui è iscritto un alunno con disabilità, che siano specializzati o non specializzati, sono a “pieno titolo” insegnanti di tutti gli alunni della classe (quindi anche dell’alunno con disabilità).
In base al decreto legislativo n. 66/2017, art. 14, il D.S., acquisita la disponibilità, incarica docenti specializzati per parte del loro orario su posto di sostegno e per parte del loro orario su posto comune o disciplinare (nella stessa classe).

Sono una docente che ha in classe un alunno diversamente abile molto grave e che all’esame non potrà sostenere alcuna prova.
Vorrei saper se è sempre facoltà del consiglio di classe deliberare che verrà ammesso all’esame di terza media solo per il rilascio dell’attesato di credito formativo o questo lo si potrà rilasciare solo nel caso in cui l’alunno non dovesse presentarsi all’eame stesso.(vedi dec. leg. 62/2017)

La norma stabilisce che per gli alunni con disabilità intellettiva “la valutazione, per il suo carattere formativo ed educativo e per l’azione di stimolo che esercita nei confronti dell’allievo, deve comunque aver luogo” (OM 90/2001, art. 15); principio ripreso e confermato dal recente Decreto Legislativo n. 62/2017.
Il D.Lgs. 62/17, confermando tale indirizzo, stabilisce, in linea con quanto stabilito dall’art. 16 della legge 104/92, che per gli alunni con disabilità devono essere predisposte dalla sottocommissione (ovvero dal Consiglio di classe) “prove coerenti con il Piano Educativo Individualizzato”, aventi valore equivalente e, di conseguenza, utili per il conseguimento del diploma. Sempre in linea con le indicazioni del decreto legislativo, le prove devono rispettare nei contenuti e nei tempi quando il PEI riporta.
A tali indicazioni normative la Commissione (così come la sottocommissione) deve attenersi.

Sono un’insegnante di sostegno di ruolo nella scuola primaria nella provincia di Ancona, vorrei sapere che cosa può votare allo scrutinio l’insegnante di sostegno che è insegnante di classe, posso condividere e votare per gli alunni della classe solo il voto di comportamento o anche i voti delle discipline curricolari? Questo concetto non mi è mai troppo chiaro e a quale normativa si può far riferimento. Ovviamente tutto è semplice quando c’ è collegialità e condivisione, diventa complicato quando ci sono pareri discordanti.

Se Lei è solo docente per il sostegno, può esprimere il Suo voto su tutti gli alunni della classe relativamente al livello di inclusione raggiunto da ciascuno, secondo quanto stabilito dagli art 2, 4 e 6 del dpr n. 122/09 che proprio per il voto dei docenti per il sostegno richiama espressamente i parametri dell’art 12 comma 3 della l.n. 104/92.
Se è invece anche docente curricolare, cosa che ho sempre deprecato, ha diritto a due voti: ad uno come docente per il sostegno avente ad oggetto quanto detto sopra; ed altro voto come docente curricolare relativamente alla propria disciplina di insegnamento.

Mio figlio, disabile grave, malattia rara, cieco medio grave, ha 16 anni.
– Per assistenza eventuale crisi epilettica esiste sempre normativa che dirigente scolastico deve individuare qualcuno ,senza imporre,e con asl stilare protocollo di intervento prima assistenza e chiamata 118?
– Cambio pannolino e igiene spetta ai collaboratori scolastici ,supportati da educatore del ragazzo?sento parlare di operatore igienico da alcuni genitori,ma qui non si ha tale figura.
– Quest’anno mio figlio termina la terza media; il dirigente e insegnante sostegno dicono avrà attestato e NON diploma, che non possono compattare in un solo giorno tutto l’esame, che lui poi per suo ritardo cognitivo grave svolge programma da bimbo piccolo, permettetemi.
Il dirigente insiste che deve stare in classe per esame!!! Un ragazzo che fermo 10 minuti e calmo è spesso impossibile!!!

– Somministrazione farmaci
Per la somministrazione dei farmaci, il riferimento normativo è la Nota n. 2312 del 2005, in base alla quale il Dirigente scolastico, a seguito della richiesta “scritta” di somministrazione farmaci (da parte della famiglia):
a) verifica il luogo in cui conservare e somministrare i farmaci,
b) concede, ove richiesta, l’autorizzazione all’accesso ai locali scolastici in orario scolastico da parte dei genitori o loro delegati (incaricati per la somministrazione dei farmaci)
c) verifica la disponibilità di personale della scuola “in servizio” a garantire la continuità di somministrazione dei farmaci (il personale oltre alla disponibilità deve possedere specifici requisiti)
d) in assenza di locali adatti e/o di disponibilità alla somministrazione da parte del personale della scuola, procede all’individuazione di altri soggetti istituzionali del territorio (per stipulare accordi e convenzione).
Se nessuno dei precedenti requisiti può essere soddisfatto, le Linee guida, allegate alla Nota, indicano i successivi passaggi (può trovare la nota al seguente indirizzo: https://archivio.pubblica.istruzione.it/normativa/2005/allegati/linee_guida_farmaci.pdf )
– Cambio pannolino e igiene
L’assistenza di base, nel rispetto del genere, è compito assegnato dal Dirigente scolastico al collaboratore o alla collaboratrice scolastica (rif. Decreto legislativo n. 66/2017)
– Esame di Stato: titolo di studio
In base all’art. 16 della legge 104/92 e del recente Decreto legislativo n. 62/2017, le prove dell’esame conclusivo del primo ciclo di istruzione (esame di Stato) sono preparate dal Consiglio di Classe (sottocommissione) in base al PEI (coerentemente cioè con quanto indicato nel PEI e quindi con quanto svolto effettivamente durante l’anno scolastico, compresi i tempi. Il D.Lgs. 62/2017 ribadisce chiaramente che le prove d’esame devono essere coerenti con il PEI, pertanto quanto in esso indicato deve essere rispettato: se nel PEI vi sono scritte le modalità con cui vengono somministrate le prove -compresi i tempi di svolgimento delle stesse-, allora in sede di esame di Stato devono essere rispettati anche i tempi descritti nel PEI).
Le prove preparate dalla sottocommissione sono definite “differenziate” e hanno valore “equivalente” ai fini del conseguimento del titolo di studio.
Lo studente, che affronta le prove strutturate sulla base del PEI in conformità al D.Lgs. n. 62/2017, consegue regolare titolo di studio.

Sono una docente di sostegno, vorrei chiederle se per un alunno diabetico da legge è previsto un docente di sostegno e va redatto un PEI, nonostante la neuropsichiatra non lo abbia in carico perché l’ alunno non ha problemi cognitivi e non avendo una diagnosi funzionale.

Non tutti gli alunni certificati come “invalidi civili, ciechi o sordi” hanno diritto al sostegno, ma solo quelli che, in base alla Diagnosi Funzionale, ne siano riconosciuti “bisognosi”.

Sono il papà di una bimba di 5 anni disabile al 100% ceca assoluta celebrolesa grave non si muove,non parla, non tiene il capo, si nutre con peg e soffre di epilessia grave ridotta con 4 farmaci e tiene il pannolone. La mia domanda è: vorrei sapere se è obbligatorio iscriverla a scuola.

Senta gli esperti che seguono la bimba; se essi ritengono che comunque è importante farle fare l’esperienza di integrazione scolastica, la iscriva pretendendo che siano predisposti per lei tutti i servizi necessari che Le sono suggeriti dagli esperti, ivi compresi anche quelli della Lega del Filo d’oro di Osimo, specializzati nelle persone con pluri-minorazioni. Altrimenti chieda alla scuola o il riconoscimento al diritto all’istruzione domiciliare o di effettuare l’istruzione familiare.
Comunque tutti questi sono modi di adempimento dell’obbligo scolastico che non può essere violato, pena l’irrogazione di un’ammenda.

Sono una docente di sostegno, abbiamo redatto un PEI ad un bambino a cui la commissione medica ha dato la 104, però a scuola non è arrivata ancora l’attestazione di handicap. È illegale aver redatto il PEI?

In assenza di formale documentazione, ovvero di Verbale di Accertamento e di Diagnosi Funzionale, il bambino non può essere riconosciuto come alunno con disabilità e, di conseguenza, non può essere elaborato un PEI.

Sono un docente di sostegno in un V di un I.T.T. Seguo un ragazzo in possesso di certificazione medica a cui è associato un codice ICF ma sprovvisto di certificazione medica ai fini della legge 104/92; in vista dell’esame di stato mi chiedo se l’alunno in questione possa essere supportato dal docente di sostegno; secondo l’ordinanza ministeriale 2017/18 ex art. 22 mi sembrerebbe di no.

In assenza di formale documentazione, ovvero di Verbale di Accertamento e di Diagnosi Funzionale, lo studente non può essere riconosciuto come alunno con disabilità. Al momento, poi, non ci sono più i tempi neppure per un riconoscimento come alunno con BES, in quanto il documento del 15 maggio e i suoi allegati riservati sono già stati depositati.

Sono l’insegnante di sostegno di un’alunna gravissima che quest’anno sosterrà l’esame di Stato. Volevo sapere se, vista la gravità, l’alunna potrà sostenere solo il colloquio orale (proiezione di una tesina sul suo percorso scolastico) e non le prove scritte, visto che non sa scrivere, non conosce né lettere né numeri e ha grande difficoltà di concentrazione. Durante l’anno é stata valutata in tre materie per attività prevalentemente educative. Potrebbero esserci problemi per il calcolo del voto, visto che mancherebbero i voti degli scritti? Esistono dei riferimenti di legge a riguardo?

Risulta abbastanza strano – e improprio – che nel corso dell’anno scolastico si sia proceduto alla valutazione di soli tre materie e non di tutte, essendo il riferito tempo-scuola coerente con una progettazione che deve essere predisposta e inserita nel Piano Educativo Individualizzato.
Per ciascuna disciplina, infatti, andavano indicate le relative valutazione “in decimi”. Vi è una mancanza al riguardo. Per gli alunni con disabilità per i quali viene adottata una programmazione differenziata il Consiglio di classe prevede per ciascuna disciplina (la cui corrispondenza è il “tempo-scuola”) le relative attività, comprensive di “prove di verifica e di criteri di valutazione”. Questa programmazione non può essere omessa. Si rimanda, al riguardo, all’OM 90/2001.
Ciò premesso, va detto che le prove differenziate (si deduce che per l’alunna, previo acquisito consenso della famiglia, il Consiglio di classe abbia adottato una programmazione differenziata) sono costruite coerentemente con quanto indicato nel PEI. Ne consegue che, sulla base dell’allegato riservato del documento del 15 maggio, potranno essere predisposte prove coerenti, quindi anche una tesina il cui contenuto dovrà essere coerente con le attività “effettivamente svolte” nel corso dell’anno scolastico.
Per quanto riguarda il voto conclusivo, trattandosi di prove differenziate è possibile sostituire alcune o tutte le prove scritte con prove orali e quindi il punteggio globale è rapportabile a quello dei compagni, sia pur trattandosi di PEI differenziato.

Sono una docente di sostegno di una scuola professionale ho saputo che un ragazzo di 20 anni con legge 104 e diagnosi funzionale vuole iscriversi al serale ha diritto al docente di sostegno?
Non ci vuole come per gli altri anche la documentazione dell INPS?

Certamente senza certificazione della Commissione INPS, attestante la certificazione di disabilità ai sensi dell’art 3 comma 1 o comma 3 della legge n. 104/92, non si può richiedere (e avere) il sostegno.
Qualora ciò sia presente agli atti della scuola, l’alunno, anche nei corsi serali, ha diritto al sostegno in forza del D.M. n. 455/97 che è stato, di fatto, recepito dalla recente normativa sui centri territoriali per gli adulti.
Ovviamente se ha già avuto ore di sostegno nelle classi della scuola secondaria di Secondo grado (del mattino), queste verranno decurtate dal monte-ore di sostegno serale e, se le avesse avute con cattedra intera per tutti i cinque anni, riteniamo che l’USR difficilmente riassegnerà ore di sostegno al serale.

Sono un’insegnante di sostegno e vorrei un chiarimento sulla promozione di una ragazza autistica a basso funzionamento non verbale. I genitori si oppongono alla promozione appoggiati dal neuropsichiatra il quale ha firmato una loro richiesta con la quale chiedono la bocciatura della figlia. Il consiglio di classe è invece di parere contrario e voterà per la promozione dell’alunna in quanto ha fatto il suo percorso ottenendo tra l’altro anche dei buoni risultati a livello sia di comportamento e di relazione con gli altri. Vorrei sapere se la ragazza può essere promossa oppure il consiglio deve tenere conto del parere del neuropsichiatra e dei genitori.

È compito esclusivo del Consiglio di classe stabilire l’ammissione o la non ammissione di uno studente alla classe successiva o all’esame di Stato (D.Lgs. 62/2017 e DPR 122/2009).

Sono la mamma di un ragazzo con disabilità. Mio figlio frequenta la quarta elementare ma ha 11 anni perché lo abbiamo trattenuto un anno in più alla scuola dell’infanzia in accordo ovviamente con gli specialisti e insegnanti….ma… mio figlio da quasi due anni ha capito ovviamente di essere più grande e di essere diverso per la sua malattia quindi sono due anni che ci dice che non vuole più stare alle elementari e dal prossimo anno vuole andare in prima media….questa cosa lo fa soffrire e ha chiuso con tutti… La mia domanda è: possiamo far saltare la quinta elementare e portarlo in prima media?

L’art 10 del decreto legislativo n. 62/17 a proposito degli esami dei privatisti stabilisce quanto segue: possono sostenere gli esami di idoneità alla frequenza del primo anno di scuola media i candidati che abbiano compiuto 11 anni di età.
Avendo suo figlio già compiuto 11 anni, potrà partecipare.
In qualità di genitori dovete parlare con la scuola per sapere se può far domanda anche se non si è ritirato entro fine Marzo.
Al momento non si vedono altre soluzioni.

Un ragazzo con dichiarazione di EES per border cognitivo che frequenta la classe terza media, in seguito alla rivalutazione della diagnosi in vista del passaggio alla scuola secondaria di secondo grado, effettuata ad aprile 2018, viene diagnosticato con ritardo cognitivo lieve ICD-10 F70.
Ovviamente la diagnosi verrà recapitata quanto prima alla scuola superiore, ma mi chiedo come comportarci nel corso di questo ultimo mese di scuola e in particolare all’esame di stato del terzo anno. Non possiamo non tenere conto della certificazione, immagino, ma non so se possiamo predisporre delle prove calibrate sulle sue difficoltà, differenziando i quesiti, semplificando le richieste per le materie d’esame, non essendo riconosciuto come diveresamente abile dall’USR e non avendo avuto l’assegnazione delle ore di sostegno.

La sola certificazione non è sufficiente per poter avviare la procedura prevista dalla normativa a favore degli alunni con disabilità. Occorre, infatti, che la famiglia presenti alla scuola copia della Diagnosi Funzionale rilasciata dall’ASL (ai sensi del DPCM 185/2006).
Se la famiglia provvederà in tal senso, consegnando cioè la Diagnosi Funzionale alla scuola, allora il Consiglio di classe con la collaborazione della famiglia e degli specialisti provvederà a elaborare il Profilo Dinamico Funzionale e il PEI e, in sede di esame di Stato, lo studente potrà sostenere prove coerenti con il PEI.
Se, invece, la famiglia non farà avere alla scuola la Diagnosi Funzionale, la scuola dovrà procedere secondo quanto previsto dalla norma vigente: in questo caso, in presenza del solo riconoscimento di BES, lo studente sosterrà le prove d’esame esattamente come i suoi compagni.

Sono il papà di un bambino di 3 anni e mezzo iscritto alla scuola Primaria con Disturbo dello Spettro Autistico, il bambino è certificato con il comma 3 ed ha diritto all’Insegante di Sostegno (al massimo delle ore), all’Assistente Igienico Sanitario ed all’Assistente alla Comunicazione.
Nella sua scuola ci sono 4 bambini Certificati (con il massimo delle ore) e ci sono solo 3 Insegnanti di Sostegno per cui mio figlio come gli altri 3 resta scoperto per un paio di ore, mi chiedo se ciò è possibile?
Il Comune ha nominato l’Assistente alla Comunicazione per un totale di 2 ore settimanali, mi chiedo se ciò è possibile?
Il prossimo anno lo vorremmo trasferire presso un altro Asilo, all’interno dello stesso Circolo ma in un Comune diverso, l’Assistente alla Comunicazione deve essere pagato dal Comune di Residenza del bambino o dal Comune della Classe che frequenta?

Gli alunni certificati con l’art 3 comma 3 della legge n. 104/92, in situazione di gravità, solitamente hanno diritto ad una cattedra intera. In mancanza, si invia diffida all’Ufficio Scolastico Regionale, quindi si procede con il ricorso.

Vi chiedo informazioni e chiarimenti in merito alla possibilità o meno di fermare un alunno certificato.
Ho visto già delle vostre risposte sul sito ma vi chiedo se ci sono novità recenti in quanto la nostra dirigente, in estrema sintesi, ci dice che non si possono più fermare gli alunni con disabilità viste le ultime indicazioni in merito.
Il problema sorge quando è la famiglia stessa a chiederci, a ragione e in pieno accordo con il consiglio di classe, di prolungare il percorso nel primo grado d’istruzione.
Se la non ammissione alla classe successiva, così come la non ammissione all’esame di terza media, di fatto, non pare neanche più contemplabile, che strumenti ci sono per dare più tempo a quegli alunni che sono in uno stato di forte gravità e per cui un anno in più sarebbe senz’altro utile?
Ci pare di capire che l’alunno disabile non possa non avere che un successo formativo, è così?

La normativa sembra puntare più su miglioramenti apprenditivi fondati sulla prosecuzione e senza interruzione coi compagni e sugli sviluppi nel tempo degli stessi, più che sulla ripetizione tramite bocciature.
Comunque se l’alunno non raggiunge gli obiettivi indicati nel PEI, il Consiglio di classe, all’unanimità per la scuola primaria e a maggioranza per gli altri ordini di scuola, può non ammettere alla classe successiva. Su questa decisione, che compete esclusivamente ai docenti della classe, non ha alcuna influenza (né può averla) l’eventuale richiesta di bocciatura da parte della famiglia o di qualsiasi altro soggetto non appartenente al Consiglio di classe.

Una studentessa iscritta al quinto anno di Liceo artistico, fino al quarto anno con diagnosi Dsa (risalente a precedenti ordini di scuola) e relativa predisposizione annuale del Pdp, all’inizio del quinto anno presenta alla scuola una relazione dell’Asl, dove si fa riferimento alla diagnosi F70 codice ICD10 ritardo mentale lieve. Nella relazione si aggiunge che su richiesta della famiglia e dell’allieva non si procede nell’iter per ottenere il riconoscimento della L. 104, ma si chiede ai docenti di adottare una semplificazione del programma. Il consiglio di classe, appurato che in effetti l’allieva necessita di tale semplificazione e con molta volontà raggiunge gli obiettivi minimi attraverso strumenti adeguati, recepiscono le indicazioni scritte nella relazione. Ora però il consiglio di classe, su sollecitazione del dipartimento dei docenti di sostegno, che ritiene non abbia valore per la scuola la relazione Asl ricevuta, decide a maggioranza di ritenere ancora valida la precedente diagnosi Dsa, riprendendo il precedente Pdp riferito a soli strumenti compensativi/dispensativi, senza alcuna semplificazione. È corretta tale decisione? Altri docenti invece ritenevano più corretto adottare un Pdp riferito a un Bes, in quanto la relazione Asl escluderebbe sia la 104 che la 170, ma con riferimento al deficit cognitivo diagnosticato richiederebbe una semplificazione del programma. La domanda è quale procedura sia legittima, e in che modo le indicazioni adottate dal consiglio di classe dovranno essere recepite in sede di esame di Stato.
E’ possibile adottare una semplificazione del programma in caso di Dsa, ad esempio in caso di deficit cognitivo secondario al disturbo? E sarebbe possibile considerare tale semplificazione uno strumento compensativo, possibile quindi in sede di esame di Stato, anche per studenti con Bes? Se sì, a quali condizioni?

Nel presentare la “relazione dell’ASL” la studentessa e la famiglia chiedono l’applicazione di quanto previsto per gli alunni con disabilità, senza tuttavia produrre la relativa documentazione (Diagnosi Funzionale e Verbale di Accertamento); in questo caso la scuola non ha gli strumenti per poter “semplificare il programma”.
In assenza di ciò, il Consiglio di classe si chiede se procedere con il riconoscimento di BES; al riguardo, si ricorda che, anche se la studentessa fosse riconosciuta dal CdC come alunna con BES, il programma svolto coincide con quello della classe frequentata (lo stesso vale per gli studenti con diagnosi di DSA).
Infine, per ritenere “ancora valida” la documentazione presentata (diagnosi di DSA, di cui lei non riferisce se sia stata ritirata o meno) è necessario interpellare la famiglia e la studentessa e, in caso di conferma, procedere alla elaborazione di un Piano Didattico Personalizzato, come previsto dalla normativa a favore degli alunni con DSA, documento che dovrà poi essere allegato, come riservato, al fascicolo del 15 maggio.
Ripetiamo: la semplificazione del programma in presenza di alunni con BES o di alunni con diagnosi di DSA non è possibile; l’individualizzazione del percorso è prevista unicamente per gli studenti con certificazione di disabilità.
La Consensus Conference ha precisato che la diagnosi di DSA comporta l’esclusione della presenza di disabilità. Per cui non può sussistere una disabilità intellettiva come “secondaria” rispetto al Disturbo specifico di Apprendimento.
Le prove equipollenti, peraltro, sono previste esclusivamente per alunni certificati con disabilità ai sensi della l.n. 104/92.

Sono un docente a cui viene chiesto di firmare le ore dell’assistente: il preside è tenuto a comunicare ai docenti l’orario di questi assistenti in forma ufficiale cioè tramite documentazione scritta?

Se le viene chiesto solo di “controfirmare” la firma dell’assistente e non anche di segnalare la sua assenza, non le serve l’orario dell’assistente. Supponiamo che tale richiesta sia determinata dal fatto che gli assistenti vanno pagati ad ora e che, in sala-insegnanti, non esista un registro delle presenze.

Sono la mamma di un bambino autistico che frequenta l’ultimo anno di scuola dell’infanzia.
Sono venuta a sapere che il Dirigente scolastico farà cessare il contratto della supplente di sostegno alla data del 30.05.2018. Per tutto il mese di giugno, quindi, mio figlio si troverà sprovvisto della sua insegnante.
Vorrebbe motivare tale scelta col fatto che, non essendoci più il servizio mensa, i bambini uscirebbero alle ore 13, quindi ci sarebbe la compresenza delle 2 insegnanti di classe, una delle quali si occuperebbe di lui!!!
Tale decisione a me pare priva di fondamento normativo, oltre che logico.
Sono rimasta esterrefatta.
Vorrei sapere se posso muovermi legalmente per far cessare tale forma di arbitrio e sopruso, se di questo si tratta.
Ha mio figlio diritto all’insegnante di sostegno fino al termine delle attività didattiche?

Compito primario del docente per il sostegno è la didattica. Pertanto che la sua presenza non serva più per la pausa-pranzo è irrilevante ai fini del sostegno didattico, il cui bisogno permane per tutto l’anno scolastico e non può essere interrotto per motivi estranei alla didattica, pena ricorso per discriminazione ai sensi della legge n. 67/06.
Scriva una lettera in tal senso al Dirigente scolastico, minacciando eventuale ricorso al Tribunale civile.

Sono un insegnante di scuola superiore. Un mio alunno h dal primo giorno di scuola non ha frequentato, poiché i suoi disturbi comportamentali lo hanno portato a chiudersi sempre piu in se stesso e a rifiutare il contatto umano
Malgrado le sollecitazioni rivolte ai genitori dell’alunno fino al mese di marzo nulla è cambiato. All’inizio di Aprile con nostra sorpresa la famiglia dell’alunno ha contattato il dirigente scolastico chiedendo di predisporre un piano per l’inserimento (di fatto qualche giorno di frequenza saltuaria) e la conseguente promozione. Il dirigente scolastico è stato molto solerte pressando indirettamente il consiglio di classe al fine di predisporre del materiale fittizio che giustifichi un lavoro ed una valutazione che di fatto non ci sarà. Il dirigente è favorevole alla promozione ma allo stesso tempo non ci ha fornito i riferimenti legislativi che giustifichino tale atto. Tutto ruota intorno ad una interpretazione del concetto di valutazione per alunni con handicap grave. Il dirigente asserisce che non dovendo l’alunno ricevere un diploma ma un attestato il Consiglio di Classe può promuovere malgrado le innumerevoli assenze. La disponibilità del Consiglio è totale ma vorremmo essere confortati dalla Legge.

L’art 14 comma 7 del DPR n. 122/09 stabilisce che, per evitare l’invalidità dell’anno scolastico, la famiglia deve presentare la certificazione dell’ASL da cui risulti che le assenze sono dovute a gravi motivi di salute.
I docenti del Consiglio di classe, inoltre, debbono poter effettuare delle interrogazioni e qualche compito a scuola, sulla base del PEI dell’alunno, in modo da acquisire sufficienti elementi e procedere alla valutazione.

Sono la mamma di un ragazzo autistico di 14 anni che frequenta la prima superiore di un istituto tecnico. Il suo Pei prevede il conseguimento di obbiettivi minimi e lui ha buoni voti nella maggior parte delle materie tranne due.
Le mie domande: può essere rimandato nelle materie dov’e’insufficiente? Si potrebbe cambiare il suo programma con uno che porti all’attestato dal momento che abbiamo deciso di fargli fare solo il biennio? Questo cambiamento potrebbe evitargli di essere rimandato a settembre? Se anche fosse bocciato, dopo la ripetizione del primo anno sara’considerato assolto l’obbligo scolastico?

Il Consiglio di classe ha adottato per suo figlio il programma semplificato, ovvero globalmente riconducibile ai programmi ministeriali (OM 90/2001), finalizzato al conseguimento del titolo di studio. Questo contempla che possa essere anche rimandato in una o due materie, ma sulla valutazione dell’insufficienza si deve esprimere il Consiglio di classe (provi a parlarne con i professori). Le suggeriremmo di evitare di passare a un programma differenziato, ancor più a fronte del fatto che lei intende avvalersi unicamente del periodo di obbligo scolastico. Obbligo che si completa al compimento del 16esimo anno di età (pertanto, una volta compiuti i 16 anni, lo studente ha assolto tale adempimento e non è più vincolato alla frequenza).

Sono una docente di sostegno della Scuola dell’Infanzia, seguo un bambino con disturbo dello spettro autistico che frequenta l’ultimo anno della Scuola dell’Infanzia. E’ un bambino con delle difficoltà, ma ultimamente, il suo comportamento è peggiorato al punto da mettere in pericolo la sua incolumità e quella dei compagni. La nostra scuola funziona a tempo normale con sevizio mensa, per cui il bambino rimane a scuola dalle 8.00 alle 16.00, ma dalle 13.00 alle 16.00 il bambino resta senza l’insegnante di sostegno. Fatta questa premessa volevo sapere: il bambino può rimanere di pomeriggio a scuola senza l’insegnante di sostegno?

Molto probabilmente è necessario rammentare che il bambino è alunno di tutti i docenti della sezione e non soltanto del docente incaricato su posto di sostegno. L’alunno con disabilità ha diritto a frequentare per il tempo scelto dalla famiglia e i docenti in servizio non possono rifiutare l’alunno!
Va poi aggiunto che, se effettivamente il bimbo ha necessità di un supporto dalle ore 13 in poi, la scuola può chiedere al Sindaco un certo numero di ore di assistenza per l’autonomia personale, facendo riferimento alle risultanze della “Diagnosi Funzionale”, del Profilo Dinamico Funzionale, già predisposto, e del “Piano Educativo Individualizzato” elaborato per l’anno in corso.
Se necessario, inoltre, la famiglia insista col Comune per iscritto che, se non viene assegnato l’assistente, si rivolgerà al giudice per discriminazione.

Sono un’educatrice/assistente alla comunicazione. Avrei bisogno del Vs aiuto/chiarimento in merito a quanto sto assistendo nella scuola dove lavoro.
Avrei bisogno di sapere se, un insegnante di sostegno (nella fattispecie segue un ragazzo autistico a bassissimo funzionamento) può telefonare a casa dei genitori e chiedere a loro che lo stesso sia tenuto a casa perché il sostegno stesso è malata senza, peraltro, chiedere nemmeno il permesso alla dirigente, tenendo all’oscuro il suo operato. I genitori, molto contrariati hanno tenuto a casa il ragazzo. Esiste una legge che regolamenta questo comportamento?

Nessun docente, sia esso incaricato su posto di sostegno o su posto disciplinare, può chiedere a un genitore di tenere a casa il figlio da scuola.
Si consideri inoltre che, in base all’art. 12, comma 4, della legge n. 104/92, la condizione di disabilità non può essere causa di esclusione dalla frequenza scolastica.

Sono la mamma di un ragazzo di 16 anni autistico non verbale, che andrà in gita con la sua classe a maggio. Lo seguirà il suo professore di sostegno, non l’addetta all’assistenza, ma il dirigente ha chiesto alla famiglia se lo accompagnerà anche un genitore. Il papà ha acconsentito pur di agevolare nostro figlio quindi parteciperà alla gita di 3 giorni a Siena. Ora la scuola chiede gli acconti e più tardi i saldi per tutti e due. (la spesa sarà di 200 euro a testa)
Negli anni precedenti abbiamo sempre accompagnato nostro figlio nelle uscite della scuola di tasca nostra e senza tante storie, perchè per noi è sempre stato importante coinvolgere nostro figlio con gli altri, ma anche gli altri con lui. Purtroppo, ora le spese sono più impegnative.
Vi chiedo gentilmente di spiegarmi in che modo far presente alla scuola che l’accompagnatore, non dovrebbe assumersi la spesa.

La C.M n. 291/92 stabilisce che il compito di “accompagnare” gli alunni in uscita didattica o in viaggio di istruzione può essere affidata a un qualunque membro della comunità scolastica.
Poiché il Dirigente stesso ha chiesto la presenza del genitore in qualità di accompagnatore, il genitore non deve sostenere le spese per tale attività. Diversamente si incorrerebbe in una palese discriminazione, vietata dalla legge n. 67/2006.

Sono una mamma con un figlio autistico ad alto funzionamento le scrivo perchè spero possa consigliarmi in merito a delle problematiche che sto avendo a scuola con l’insegnante di sostegno. Dopo aver constatato che mio figlio non ha partecipato ad alcune attività perchè non c’erano stai i tempi per prepararlo… Cosa posso fare, qual è la norma e come posso muovermi abbiamo già fatto presente alla scuola le linee guida del Miur ma ci hanno risposto che l’insegnante di sostegno può insegnare alla classe perché è insegnante di classe.

Quanto le è stato comunicato dalla scuola è vero in parte: il docente per il sostegno è assegnato alla classe, ma la sua presenza, fissata in un certo numero di ore, è determinata dal fatto che, in quella classe, è iscritto un alunno con disabilità. E quelle ore devono essere puntualmente assicurate: non si possono sottrarre le ore di sostegno, in quanto ciò produrrebbe un’interruzione di pubblico servizio oltre alla lesione del diritto allo studio per l’alunno con disabilità, diritto costituzionalmente garantito.
L’utilizzo del docente di sostegno per supplenze quando l’alunno con disabilità è a scuola, non solo è scorretto e improprio, ma illegale, anche quando questo avviene per l’assenza del docente curricolare nella stessa classe.

Durante le esercitazioni pratiche all’interno di un laboratorio con un alunno comportamentale la responsabilità è solo del insegnante curriculare o anche dell’educatore?

La responsabilità degli alunni, di tutti gli alunni della classe, è del/dei docenti in servizio.
Per quanto riguarda l’educatore egli risponderà, a titolo personale, per eventuali suoi comportamenti nei riguardi dello studente e nei riguardi di terzi.
Le possiamo suggerire di inviare una diffida al Dirigente scolastico per lesione del diritto allo studio e interruzione di pubblico servizio.

Volevo avere dei chiarimenti sui diritti di mio figlio che ha la sindrome di malan che comporta un ritardo psico motorio, non parla non dice quando gli scappano i bisogni ma bisogna ricordarglielo ed accompagnarlo al bagno accertato dall’asl con legge 104 art 3 comma 3, lui frequenta la scuola del infanzia con una copertura di 15 ore per le insegnanti di sostegno e 7 ore assistente at personam. Il problema è che il bambino può frequentare l’asilo solo per quelle 22 ore: è possibile questo per legge? Perché la dirigente mi disse che sono le insegnanti che gestiscono le ore, parlo anche con loro ma mi dissero che loro non si fidano a tenere il bambino in classe per tutte le 40 ore e che non possono restare da sole con lui perché se devono accompagnarlo al bagno non possono abbandonare la classe e che le bidelle non hanno il compito di accompagnare i bambini al bagno.. la npi ci ha chiaramente detto che mio figlio NON ha bisogno di un assistenza con rapporto 1:1 .. ho sentito altre scuole e mi hanno detto che assolutamente il bambino deve frequentare per tutto l orario ma non so cosa devo fare e a che leggi appellarmi.

La legge 104/92 garantisce il diritto all’educazione e all’istruzione dal nido all’università (art. 12). Pertanto il bambino ha diritto a frequentare per tutto il tempo scuola. Per le questioni poste, suggeriamo di convocare un GLHO in cui affrontare la questione dell’assistenza di base e dell’autonomia.
Per l’assistenza di base (bagno), la competenza è dei collaboratori scolastici: pertanto il dirigente scolastico deve affidare tale compito a una collaboratrice o a un collaboratore.
Per l’autonomia personale (e per la comunicazione), la legge stabilisce che siano garantite figure professionali come gli assistenti ad personam (art. 13 della legge 104/92); in questo caso è possibile chiedere la presenza dell’assistente ad personam per il tempo necessario (in sede di incontro, inserite anche la richiesta delle ore necessarie per il prossimo anno nel PEI).
Per quanto riguarda il docente, invece, essendo il bambino certificato con art. 3 comma 3, gli devono essere riconosciute 25 ore di insegnante di sostegno, ovvero il rapporto 1:1 (anche in questo caso, in sede di incontro di GLHO, inserite la richiesta delle ore necessarie per il prossimo anno nel PEI).

Sono un ‘insegnate referente delle visite guidate nella scuola primaria. Nell organizzare un’ uscita un genitore di un alunno diversamente abile ha chiesto di essere autorizzato ad accompagnare il bambino, perche giornalmente gli vengono somministrati medicinali poiche’ affetto da crisi epilettiche. Dietro mia richiesta il DS ha autorizzato il genitore. Di conseguenza ho ritenuto opportuno mettere l ‘insegnante di sostegno del bambino a supporto su altre classi che superano i 15 bambini. Il quesito e’ il seguente: e’ corretto quello che ho fatto oppure no?

La C.M n. 291/92 stabilisce che il compito di “accompagnare” gli alunni in uscita didattica o in viaggio di istruzione può essere affidata a un qualunque membro della comunità scolastica.
Se il genitore partecipa all’uscita per “somministrare i medicinali” al figlio e anche in qualità di “accompagnatore”, allora quanto da lei disposto va bene ed è legittimo.

Vorrei sapere se è possibile che un alunno non vedente sostenga l’esame di maturità usando un tablet o simili, personale o deve essere fornito dalla scuola.

Se lo studente ha utilizzato lo strumento nel corso dell’anno, sicuramente può utilizzarlo anche in sede di esame di stato, purché siano rimossi file o altri materiali non coerenti con la prova o che potrebbero in qualche modo inficiare la prova stessa. Nel dubbio, sarà la scuola a provvedere con apposito strumento, ovviamente fruibile e noto, nell’utilizzo, allo studente.

La famiglia di un alunno diversamente abile, è obbligata a consegnare alla scuola la certificazione di situazione di handicap o in base al D.L. 196/2003, depositare in segreteria un certificato generico, rilasciato dal medico di base, che attesti la disabilità e la necessita di un docente di sostegno?

La famiglia, affinché per il figlio siano riconosciute e assegnate le risorse necessarie, deve consegnare alla scuola “copia” della documentazione necessaria, nello specifico: la Diagnosi Funzionale e il Verbale di Accertamento, entrambi rilasciati dall’ASL, ai sensi del DPCM 185/2006.

Sono un’insegnante di sostegno della scuola superiore. All’interno della mia classe frequentano tre allieve disabili, tutte che seguono la programmazione con gli obiettivi minimi; preciso che una di queste allieve ha chiesto a dicembre, nell’ ambito della stessa scuola, un cambio di classe ed è per questo motivo che ora nel secondo quadrimestre ci troviamo con tre studentesse diversamente abili e tre docenti di sostegno che, suddividendosi le discipline, seguono singolarmente le tre allieve. Conosco gli artt. del DPR 122/2009: “… Qualora un alunno con disabilità sia affidato a più docenti del sostegno, essi si esprimono con un unico voto.”
Secondo il mio modesto parere, per ogni allieva disabile i tre docenti di sostegno esprimono in sede di scrutinio un voto solo; secondo altri, tutti e tre i docenti votano per ogni singolo allievo disabile con un totale di 9 voti, tre per ogni studentessa.

La norma da lei citata è chiarissima: ogni docente del consiglio di classe esprime un solo voto.
Il caso citato dal DPR 122/2009 riguarda l’assegnazione per lo stesso caso.
Nella situazione da lei descritta l’assegnazione, per quanto sia alla classe, è intesa come rapporto 1:1. Pertanto ogni insegnante componente del gruppo di classe vota per tutti gli alunni attraverso un solo voto.
Solo se un alunno è seguito da più docenti per il sostegno, questi, tutti insieme, esprimono un solo voto.

Sono un’insegnante di sostegno e vorrei avere informazioni riguardo il caso di un ragazzo sordo.
L’alunno ha frequentato la scuola alberghiera seguendo un PEI differenziato (è solo sordo, non presenta ritardi), la mamma non soddisfatta di questo percorso proposto ha deciso di iscriverlo nella nostra scuola.
La mamma vorrebbe riscrivere il figlio al primo anno e fargli seguire un PEI ad obiettivi minimi e affiancargli un assistente alla comunicazione, secondo i diritti che hanno tutti i sordi.
In questo modo perderebbe due anni, ma ricomincerebbe un nuovo percorso.
Ciò è possibile? Chi stabilisce che il ragazzo pur avendo fatto due anni di PEI differenziato non ha le competenze per iscriversi al 3 anno?
La mamma deve sottoscrivere una dichiarazione in cui esplicitamente chiede la rinuncia di due anni?

L’ammissione al primo o al terzo anno spetta alla scuola e non alla famiglia; in mancanza di un titolo di studio idoneo, sarà il Consiglio di classe a stabilire in quale classe iscrivere lo studente.
Vi sono, piuttosto, problemi relativi al sostegno e all’età. Non ci si può iscrivere alla scuola secondaria di secondo grado (frequenza del mattino), se si è ultradiciottenni; in questo caso, infatti, è possibile iscriversi solo ai corsi serali.
Quanto al sostegno, se lo studente ha già fruito di questo diritto alla scuola secondaria di secondo grado, già frequentata, vi sono dubbi in merito al fatto che l’Ufficio Scolastico Regionale assegni un altro docente per il sostegno.

Legge 1 dicembre 2018, n. 132

Legge 1 dicembre 2018, n. 132

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza pubblica, nonchè misure per la funzionalità del Ministero dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata. Delega al Governo in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate. (18G00161)

(GU Serie Generale n.281 del 03-12-2018)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno
approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga

la seguente legge:
Art. 1

  1. Il decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113, recante disposizioni
    urgenti in materia di protezione internazionale e immigrazione,
    sicurezza pubblica, nonche’ misure per la funzionalita’ del Ministero
    dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia
    nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
    sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata, e’ convertito
    in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente
    legge.
  2. Il Governo e’ delegato ad adottare, entro il 30 settembre 2019:
    a) uno o piu’ decreti legislativi recanti disposizioni integrative
    in materia di riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle
    Forze armate nonche’ correttive del decreto legislativo 29 maggio
    2017, n. 94;
    b) uno o piu’ ulteriori decreti legislativi recanti disposizioni
    integrative in materia di revisione dei ruoli del personale delle
    Forze di polizia nonche’ correttive del decreto legislativo 29 maggio
    2017, n. 95.
  3. I decreti legislativi di cui al comma 2, lettere a) e b), fermo
    restando il mantenimento della sostanziale equiordinazione del
    personale delle Forze armate e delle Forze di polizia, sono adottati
    osservando, rispettivamente, i principi e criteri direttivi di cui
    all’articolo 1, comma 5, secondo periodo, della legge 31 dicembre
    2012, n. 244, e i principi e criteri direttivi di cui all’articolo 8,
    comma 1, lettera a), numero 1), della legge 7 agosto 2015, n. 124. La
    rideterminazione delle dotazioni organiche complessive delle Forze di
    polizia, ivi prevista, e’ attuata in ragione delle aggiornate
    esigenze di funzionalita’ e della consistenza effettiva alla data del
    1° gennaio 2019, ferme restando le facolta’ assunzionali autorizzate
    e non esercitate alla medesima data.
  4. I decreti legislativi di cui al comma 2 sono adottati secondo la
    procedura prevista dall’articolo 8, comma 5, della legge 7 agosto
    2015, n. 124.
  5. Agli eventuali oneri derivanti dall’adozione dei decreti
    legislativi di cui al comma 2 si provvede nei limiti delle risorse
    del fondo di cui all’articolo 35, comma 1, del decreto-legge 4
    ottobre 2018, n. 113.
  6. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello
    della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.
    La presente legge munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita
    nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica
    italiana. E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla
    osservare come legge dello Stato.
    Data a Roma, addi’ 1º dicembre 2018

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei
ministri

Salvini, Ministro dell’interno
Visto, il Guardasigilli: Bonafede


TESTO COORDINATO DEL DECRETO-LEGGE 4 ottobre 2018, n. 113

Testo del decreto-legge 4 ottobre 2018, n. 113 (in Gazzetta Ufficiale
– Serie generale – n. 231 del 4 ottobre 2018), coordinato con la
legge di conversione 1º dicembre 2018, n. 132 (in questa stessa
Gazzetta Ufficiale alla pag. 1), recante: «Disposizioni urgenti in
materia di protezione internazionale e immigrazione, sicurezza
pubblica, nonche’ misure per la funzionalita’ del Ministero
dell’interno e l’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia
nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata.». (18A07702)

(GU n.281 del 3-12-2018)

Vigente al: 3-12-2018

Titolo I
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI RILASCIO DI SPECIALI PERMESSI DI SOGGIORNO TEMPORANEI PER ESIGENZE DI CARATTERE UMANITARIO NONCHÉ IN MATERIA DI PROTEZIONE INTERNAZIONALE E DI IMMIGRAZIONE
Capo I
Disposizioni urgenti in materia di disciplina di casi speciali di permesso di soggiorno per motivi umanitari e di contrasto all’immigrazione illegale

Avvertenza:
Il testo coordinato qui pubblicato e’ stato redatto dal Ministero
della giustizia ai sensi dell’art. 11, comma 1, del testo unico delle
disposizioni sulla promulgazione delle leggi, sull’emanazione dei
decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubblicazioni
ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre
1985, n.1092, nonche’ dell’art.10, comma 3, del medesimo testo unico,
al solo fine di facilitare la lettura sia delle disposizioni del
decreto-legge, integrate con le modifiche apportate dalla legge di
conversione, che di quelle richiamate nel decreto, trascritte nelle
note. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti
legislativi qui riportati.
Le modifiche apportate dalla legge di conversione sono stampate
con caratteri corsivi.
Tali modifiche sono riportate in video tra i segni (( … )).
A norma dell’art.15, comma 5, della legge 23 agosto 1988, n. 400
(Disciplina dell’attivita’ di Governo e ordinamento della Presidenza
del Consiglio dei Ministri), le modifiche apportate dalla legge di
conversione hanno efficacia dal giorno successivo a quello della sua
pubblicazione.

Art. 1

Disposizioni in materia di permessi di soggiorno per motivi umanitari
e disciplina di casi speciali di permessi di soggiorno temporanei
per esigenze di carattere umanitario
1. Al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 4-bis, al comma 2, terzo periodo, le parole « per
richiesta di asilo, per protezione sussidiaria, per motivi
umanitari,» sono sostituite dalle seguenti: «per protezione
sussidiaria, per i motivi di cui all’articolo 32, comma 3, del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,»;
b) all’articolo 5:
1) al comma 2-ter, al secondo periodo, le parole « per motivi
umanitari » sono sostituite dalle seguenti: « per cure mediche
nonche’ dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18, 18-bis,
20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis, e del permesso di soggiorno
rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25 »;
2) il comma 6, e’ sostituito dal seguente: « 6. Il rifiuto o la
revoca del permesso di soggiorno possono essere altresi’ adottati
sulla base di convenzioni o accordi internazionali, resi esecutivi in
Italia, quando lo straniero non soddisfi le condizioni di soggiorno
applicabili in uno degli Stati contraenti. »;
3) al comma 8.2, lettera e), le parole « o per motivi umanitari »
sono sostituite dalle seguenti: « e nei casi di cui agli articoli 18,
18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e del permesso di soggiorno
rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, » e dopo la lettera g) e’
aggiunta la seguente: « g-bis) agli stranieri di cui all’articolo
42-bis.»;
c) all’articolo 9, comma 3, lettera b), le parole « o per motivi
umanitari » sono sostituite dalle seguenti: « , per cure mediche o
sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18,
18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis nonche’ del permesso di
soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25. »;
d) all’articolo 10-bis, comma 6, le parole « di cui all’articolo 5,
comma 6, del presente testo unico, » sono sostituite dalle seguenti:
« di cui all’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio
2008, n. 25, nonche’ nelle ipotesi di cui agli articoli 18, 18-bis,
20-bis, 22, comma 12- quater, 42-bis del presente testo unico e nelle
ipotesi di cui all’articolo 10 della legge 7 aprile 2017, n. 47, »;
e) all’articolo 18, comma 4, dopo le parole « del presente articolo
» sono inserite le seguenti: « reca la dicitura casi speciali, »;
f) all’articolo 18-bis:
1) al comma 1 le parole « ai sensi dell’articolo 5, comma 6, » sono
soppresse;
2) dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente
articolo reca la dicitura “casi speciali”, ha la durata di un anno e
consente l’accesso ai servizi assistenziali e allo studio nonche’
l’iscrizione nell’elenco anagrafico previsto dall’articolo 4 del
regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7
luglio 2000, n. 442, o lo svolgimento di lavoro subordinato e
autonomo, fatti salvi i requisiti minimi di eta’. Alla scadenza, il
permesso di soggiorno di cui al presente articolo puo’ essere
convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro subordinato
o autonomo, secondo le modalita’ stabilite per tale permesso di
soggiorno ovvero in permesso di soggiorno per motivi di studio
qualora il titolare sia iscritto ad un corso regolare di studi. »;
g) all’articolo 19, comma 2, del decreto legislativo 25 luglio
1998, n. 286, dopo la lettera d), e’ inserita la seguente:
«d-bis) degli stranieri che versano in condizioni di salute di
particolare gravita’, accertate mediante idonea documentazione
rilasciata da una struttura sanitaria pubblica o da un medico
convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, tali da
determinare un rilevante pregiudizio alla salute degli stessi, in
caso di rientro nel Paese di origine o di provenienza. In tali
ipotesi, il questore rilascia un permesso di soggiorno per cure
mediche, per il tempo attestato dalla certificazione sanitaria,
comunque non superiore ad un anno, rinnovabile finche’ persistono le
condizioni di salute di particolare gravita’ debitamente certificate,
valido solo nel territorio nazionale.»;
h) dopo l’articolo 20, e’ inserito il seguente:
«Art. 20-bis (Permesso di soggiorno per calamita’). – 1. Fermo
quanto previsto dall’articolo 20, quando il Paese verso il quale lo
straniero dovrebbe fare ritorno versa in una situazione di
contingente ed eccezionale calamita’ che non consente il rientro e la
permanenza in condizioni di sicurezza, il questore rilascia un
permesso di soggiorno per calamita’.
2. Il permesso di soggiorno rilasciato a norma del presente
articolo ha la durata di sei mesi, ed e’ rinnovabile per un periodo
ulteriore di sei mesi se permangono le condizioni di eccezionale
calamita’ di cui al comma 1; il permesso e’ valido solo nel
territorio nazionale e consente di svolgere attivita’ lavorativa, ma
non puo’ essere convertito in permesso di soggiorno per motivi di
lavoro.»;
i) all’articolo 22:
1) al comma 12-quater, le parole: «ai sensi dell’articolo 5, comma
6» sono soppresse;
2) dopo il comma 12-quinquies, e’ aggiunto il seguente:
«12-sexies. Il permesso di soggiorno di cui ai commi 12-quater e
12-quinquies reca la dicitura “casi speciali”, consente lo
svolgimento di attivita’ lavorativa e puo’ essere convertito, alla
scadenza, in permesso di soggiorno per lavoro subordinato o
autonomo.»;
l) all’articolo 27-ter, comma 1-bis, lettera a), le parole «o per
motivi umanitari;» sono sostituite dalle seguenti: «, per cure
mediche ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli
articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater e 42-bis nonche’ del
permesso di soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3,
del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;»;
m) all’articolo 27-quater, comma 3, lettera a), le parole «o per
motivi umanitari;» sono sostituite dalle seguenti: «per cure mediche
ovvero sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli
18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, 42-bis nonche’ del permesso
di soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,»;
n) all’articolo 29, comma 10:
1) alla lettera b), le parole «di cui all’articolo 20» sono
sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 20 e 20-bis»;
2) la lettera c) e’ abrogata;
n-bis) all’articolo 32, comma 1-bis, gli ultimi due periodi sono
soppressi;
o) all’articolo 34, comma 1, lettera b), le parole «per asilo
politico, per asilo umanitario,» sono sostituite dalle seguenti: «per
asilo, per protezione sussidiaria, per casi speciali, per protezione
speciale, per cure mediche ai sensi dell’articolo 19, comma 2,
lettera d-bis),»;
p) all’articolo 39:
1) al comma 5, le parole «per motivi umanitari, o per motivi
religiosi» sono sostituite dalle seguenti: «per motivi religiosi, per
i motivi di cui agli articoli 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma
12-quater, e 42-bis, nonche’ ai titolari del permesso di soggiorno
rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;»;
2) al comma 5-quinquies, lettera a), le parole «o per motivi
umanitari» sono sostituite dalle seguenti: «, per cure mediche ovvero
sono titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 18,
18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis, nonche’ del permesso
di soggiorno rilasciato ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25»;
q) dopo l’articolo 42, e’ inserito il seguente:
«Art. 42-bis (Permesso di soggiorno per atti di particolare valore
civile). – 1. Qualora lo straniero abbia compiuto atti di particolare
valore civile, nei casi di cui all’articolo 3, della legge 2 gennaio
1958, n. 13, il Ministro dell’interno, su proposta del prefetto
competente, autorizza il rilascio di uno speciale permesso di
soggiorno, salvo che ricorrano motivi per ritenere che lo straniero
risulti pericoloso per l’ordine pubblico e la sicurezza dello Stato,
ai sensi dell’articolo 5, comma 5-bis. In tali casi, il questore
rilascia un permesso di soggiorno per atti di particolare valore
civile della durata di due anni, rinnovabile, che consente l’accesso
allo studio nonche’ di svolgere attivita’ lavorativa e puo’ essere
convertito in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o
subordinato.».
2. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
seguenti modificazioni:
a) all’articolo 32, il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
«3. Nei casi in cui non accolga la domanda di protezione
internazionale e ricorrano i presupposti di cui all’articolo 19,
commi 1 e 1.1, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, la
Commissione territoriale trasmette gli atti al questore per il
rilascio di un permesso di soggiorno annuale che reca la dicitura
“protezione speciale”, salvo che possa disporsi l’allontanamento
verso uno Stato che provvede ad accordare una protezione analoga. Il
permesso di soggiorno di cui al presente comma e’ rinnovabile, previo
parere della Commissione territoriale, e consente di svolgere
attivita’ lavorativa ma non puo’ essere convertito in permesso di
soggiorno per motivi di lavoro.»;
b) all’articolo 35-bis, comma 1, dopo le parole «articolo 35»
sono inserite le seguenti: «anche per mancato riconoscimento dei
presupposti per la protezione speciale a norma dell’articolo 32,
comma 3,».
3. All’articolo 3 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
sono apportate le seguenti modificazioni:
a) al comma 1:
1) alla lettera c) le parole «in materia di riconoscimento della
protezione internazionale di cui all’articolo 35 del decreto
legislativo 28 gennaio 2008, n. 25» sono sostituite dalle seguenti:
«aventi ad oggetto l’impugnazione dei provvedimenti previsti
dall’articolo 35 del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,
anche relative al mancato riconoscimento dei presupposti per la
protezione speciale a norma dell’articolo 32, comma 3, del medesimo
decreto legislativo»;
2) la lettera d) e’ sostituita dalla seguente:
«d) per le controversie in materia di rifiuto di rilascio,
diniego di rinnovo e di revoca del permesso di soggiorno per
protezione speciale nei casi di cui all’articolo 32, comma 3, del
decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25;»;
3) dopo la lettera d) e’ inserita la seguente:
«d-bis) per le controversie in materia di rifiuto di rilascio, di
diniego di rinnovo e di revoca dei permessi di soggiorno di cui agli
articoli 18, 18-bis, 19, comma 2, lettere d) e d-bis), 20-bis, 22,
comma 12-quater, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286;»;
b) il comma 4-bis, e’ sostituito dal seguente:
«4-bis. Le controversie aventi ad oggetto l’impugnazione dei
provvedimenti previsti dall’articolo 35 del decreto legislativo 28
gennaio 2008, n. 25, anche relative al mancato riconoscimento dei
presupposti per la protezione speciale a norma dell’articolo 32,
comma 3, del medesimo decreto legislativo, e quelle aventi ad oggetto
l’impugnazione dei provvedimenti adottati dall’autorita’ preposta
alla determinazione dello Stato competente all’esame della domanda di
protezione internazionale sono decise dal tribunale in composizione
collegiale. Per la trattazione della controversia e’ designato dal
presidente della sezione specializzata un componente del collegio. Il
collegio decide in camera di consiglio sul merito della controversia
quando ritiene che non sia necessaria ulteriore istruzione.».
4. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, lettera
b), numero 1, e al comma 3, lettera a), non devono derivare nuovi o
maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le Amministrazioni
interessate provvedono ai relativi adempimenti con le risorse umane,
strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.
5. Dopo l’articolo 19-bis del decreto legislativo 1° settembre
2011, n. 150, e’ inserito il seguente:
«Art. 19-ter (Controversie in materia di diniego o di revoca dei
permessi di soggiorno temporanei per esigenze di carattere
umanitario). – 1. Le controversie di cui all’articolo 3, comma 1,
lettere d) e d-bis), del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13,
convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
sono regolate dal rito sommario di cognizione.
2. E’ competente il tribunale sede della sezione specializzata in
materia di immigrazione, protezione internazionale e libera
circolazione dei cittadini dell’Unione europea del luogo in cui ha
sede l’autorita’ che ha adottato il provvedimento impugnato.
3. Il tribunale giudica in composizione collegiale. Per la
trattazione della controversia e’ designato dal presidente della
sezione specializzata un componente del collegio.
4. Il ricorso e’ proposto, a pena di inammissibilita’, entro trenta
giorni dalla notificazione del provvedimento, ovvero entro sessanta
giorni se il ricorrente risiede all’estero, e puo’ essere depositato
anche a mezzo del servizio postale ovvero per il tramite di una
rappresentanza diplomatica o consolare italiana. In tal caso
l’autenticazione della sottoscrizione e l’inoltro alla autorita’
giudiziaria italiana sono effettuati dai funzionari della
rappresentanza e le comunicazioni relative al procedimento sono
effettuate presso la medesima rappresentanza. La procura speciale al
difensore e’ rilasciata altresi’ dinanzi alla autorita’ consolare.
5. Quando e’ presentata l’istanza di cui all’articolo 5,
l’ordinanza e’ adottata entro 5 giorni.
6. L’ordinanza che definisce il giudizio non e’ appellabile. Il
termine per proporre ricorso per cassazione e’ di giorni trenta e
decorre dalla comunicazione dell’ordinanza a cura della cancelleria,
da effettuarsi anche nei confronti della parte non costituita. La
procura alle liti per la proposizione del ricorso per cassazione deve
essere conferita, a pena di inammissibilita’ del ricorso, in data
successiva alla comunicazione dell’ordinanza impugnata; a tal fine il
difensore certifica la data di rilascio in suo favore della procura
medesima. In caso di rigetto, la Corte di cassazione decide
sull’impugnazione entro sei mesi dal deposito del ricorso.
7. Si applicano le disposizioni di cui ai commi 14 e 15
dell’articolo 35-bis del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n.
25.».
6. Al decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1999, n.
394, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 11, comma 1, la lettera c-ter) e’ abrogata;
b) all’articolo 13, comma 1, le parole da «, salvo che ricorrano»
fino alla fine del comma sono soppresse;
c) all’articolo 14, comma 1, lettera c), le parole «, per motivi
umanitari» sono soppresse;
d) all’articolo 28, comma 1, la lettera d) e’ abrogata.
7. Al decreto del Presidente della Repubblica 12 gennaio 2015, n.
21, sono apportate le seguenti modificazioni:
a) all’articolo 6, il comma 2 e’ abrogato;
b) all’articolo 14, comma 4, le parole da «, ovvero se ritiene che
sussistono» fino alla fine del comma sono soppresse.
8. Fermo restando i casi di conversione, ai titolari di permesso di
soggiorno per motivi umanitari gia’ riconosciuto ai sensi
dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio 2008,
n. 25, in corso di validita’ alla data di entrata in vigore del
presente decreto, e’ rilasciato, alla scadenza, un permesso di
soggiorno ai sensi dell’articolo 32, comma 3, del decreto legislativo
28 gennaio 2008, n. 25, come modificato dal presente decreto, previa
valutazione della competente Commissione territoriale sulla
sussistenza dei presupposti di cui all’articolo 19, commi 1 e 1.1,
del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.
9. Nei procedimenti in corso, alla data di entrata in vigore del
presente decreto, per i quali la Commissione territoriale non ha
accolto la domanda di protezione internazionale e ha ritenuto
sussistenti gravi motivi di carattere umanitario allo straniero e’
rilasciato un permesso di soggiorno recante la dicitura «casi
speciali» ai sensi del presente comma, della durata di due anni,
convertibile in permesso di soggiorno per motivi di lavoro autonomo o
subordinato. Alla scadenza del permesso di soggiorno di cui al
presente comma, si applicano le disposizioni di cui al comma 8.

Art. 2

Prolungamento della durata massima del trattenimento dello straniero
nei Centri di permanenza per il rimpatrio e disposizioni per la
realizzazione dei medesimi Centri

  1. All’articolo 14, al comma 5, del decreto legislativo 25 luglio
    1998, n. 286, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al quinto periodo la parola «novanta» e’ sostituita dalla
    seguente: «centottanta»;
    b) al sesto periodo la parola «novanta» e’ sostituita dalla
    seguente: «centottanta».
  2. Al fine di assicurare la tempestiva esecuzione dei lavori per la
    costruzione, il completamento, l’adeguamento e la ristrutturazione
    dei centri di cui all’articolo 14, comma 1, del decreto legislativo
    25 luglio 1998, n. 286, per un periodo non superiore a tre anni a
    decorrere dalla data di entrata in vigore del presente decreto, e per
    lavori di importo inferiore alla soglia di rilevanza comunitaria, e’
    autorizzato il ricorso alla procedura negoziata senza previa
    pubblicazione del bando di gara di cui all’articolo 63 del decreto
    legislativo 18 aprile 2016, n. 50. Nel rispetto dei principi di
    trasparenza, concorrenza e rotazione, l’invito contenente
    l’indicazione dei criteri di aggiudicazione e’ rivolto ad almeno
    cinque operatori economici, se sussistono in tale numero soggetti
    idonei.
    2-bis. Nell’ambito delle procedure di cui al comma 2, l’Autorita’
    nazionale anticorruzione (ANAC) svolge l’attivita’ di vigilanza
    collaborativa ai sensi dell’articolo 213, comma 3, lettera h), del
    decreto legislativo 18 aprile 2016, n. 50.
    2-ter. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 2-bis non
    devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
    pubblica. L’ANAC provvede allo svolgimento dell’attivita’ di cui al
    medesimo comma con le risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente.
    2-quater. Il soggetto gestore dei centri di cui agli articoli 9 e
    11 del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, dei centri
    previsti dal decreto-legge 30 ottobre 1995, n. 451, convertito, con
    modificazioni, dallalegge 29 dicembre 1995, n. 563, e dei centri di
    cui agli articoli 10-ter e 14 del decreto legislativo 25 luglio 1998,
    n. 286, pubblica, con cadenza semestrale, nel proprio sito internet o
    portale digitale la rendicontazione delle spese di gestione,
    effettuata sulla base delle disposizioni vigenti in materia,
    successivamente alle verifiche operate dalla prefettura ai fini della
    liquidazione. Gli stessi dati sono resi disponibili nel
    sitointernetdelle prefetture territorialmente competenti attraverso
    un link di collegamento al sito internet o al portale digitale del
    soggetto gestore.
  3. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono
    derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
    Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le
    risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
    vigente.

Art. 3

Trattenimento per la determinazione o la verifica dell’identita’ e
della cittadinanza dei richiedenti asilo

  1. All’articolo 6, del decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142,
    sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) dopo il comma 3, e’ inserito il seguente:
    «3-bis. Salvo le ipotesi di cui ai commi 2 e 3, il richiedente puo’
    essere altresi’ trattenuto, per il tempo strettamente necessario, e
    comunque non superiore a trenta giorni, in appositi locali presso le
    strutture di cui all’articolo 10-ter, comma 1, del decreto
    legislativo 25 luglio 1998, n. 286, per la determinazione o la
    verifica dell’identita’ o della cittadinanza. Ove non sia stato
    possibile determinarne o verificarne l’identita’ o la cittadinanza,
    il richiedente puo’ essere trattenuto nei centri di cui all’articolo
    14 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, con le modalita’
    previste dal comma 5 del medesimo articolo 14, per un periodo massimo
    di centottanta giorni.»;
    b) al comma 7, le parole «2 e 3» sono sostituite dalle seguenti:
    «2, 3 e 3-bis, secondo periodo»;
    c) al comma 9, le parole «2, 3 e 7» sono sostituite dalle seguenti:
    «2, 3, 3-bis e 7».
  2. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 23-bis, comma 1, dopo le parole «alla misura del
    trattenimento» sono inserite le seguenti «nelle strutture di cui
    all’articolo 10-ter del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
    ovvero»;
    b) all’articolo 28, comma 1, letterac), dopo le parole «e’ stato
    disposto il trattenimento» sono inserite le seguenti: «nelle
    strutture di cui all’art. 10-ter del decreto legislativo 25 luglio
    1998, n. 286
    ovvero»;
    c) all’articolo 35-bis, comma 3, lettera a), le parole da
    «provvedimento di trattenimento» fino alla fine della medesima
    lettera sono sostituite dalle seguenti: «provvedimento di
    trattenimento nelle strutture di cui all’articolo 10-ter del decreto
    legislativo 25 luglio 1998, n. 286, ovvero nei centri di cui
    all’articolo 14 del medesimo decreto legislativo 25 luglio 1998, n.
    286;».
    2-bis. All’articolo 7, comma 5, lettera e), del decreto-legge 23
    dicembre 2013, n. 146, convertito, con modificazioni, dalla legge 21
    febbraio 2014, n. 10, dopo le parole: «del testo unico di cui al
    decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, e successive
    modificazioni,» sono inserite le seguenti: «nonche’ presso i locali
    di cui all’articolo 6, comma 3-bis, primo periodo, del decreto
    legislativo 18 agosto 2015, n. 142,».
  3. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo
    non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
    pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi
    adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente.

Art. 4

Disposizioni in materia di modalita’ di esecuzione dell’espulsione

  1. All’articolo 13, comma 5-bis, del decreto legislativo 25 luglio
    1998, n. 286, dopo le parole «centri disponibili» sono inseriti i
    seguenti periodi: «, ovvero salvo nel caso in cui non vi sia
    disponibilita’ di posti nei Centri di cui all’articolo 14 ubicati nel
    circondario del Tribunale competente. In tale ultima ipotesi il
    giudice di pace, su richiesta del questore, con il decreto di
    fissazione dell’udienza di convalida, puo’ autorizzare la temporanea
    permanenza dello straniero, sino alla definizione del procedimento di
    convalida in strutture diverse e idonee nella disponibilita’
    dell’Autorita’ di pubblica sicurezza. Qualora le condizioni di cui al
    periodo precedente permangono anche dopo l’udienza di convalida, il
    giudice puo’ autorizzare la permanenza, in locali idonei presso
    l’ufficio di frontiera interessato, sino all’esecuzione
    dell’effettivo allontanamento e comunque non oltre le quarantotto ore
    successive all’udienza di convalida. Le strutture ed i locali di cui
    ai periodi precedenti garantiscono condizioni di trattenimento che
    assicurino il rispetto della dignita’ della persona.».
  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1, primo e
    secondo periodo, non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico
    della finanza pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai
    relativi adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente. Agli oneri derivanti dal comma 1,
    terzo periodo, pari a 1.500.000 euro per l’anno 2019, si provvede a
    valere sulle risorse del Fondo Asilo, Migrazione e Integrazione
    (FAMI), cofinanziato dall’Unione europea per il periodo di
    programmazione 2014-2020.

Art. 5

Disposizioni in materia di divieto di reingresso

  1. All’articolo 13, comma 14-bis, del decreto legislativo 25 luglio
    1998, n. 286, le parole «di cui alla Convenzione di applicazione
    dell’Accordo di Schengen, resa esecutiva con legge 30 settembre 1993,
    n. 388.» sono sostituite dalle seguenti: «di cui al regolamento (CE)
    n. 1987/2006 del Parlamento europeo e del Consiglio del 20 dicembre
    2006 e comporta il divieto di ingresso e soggiorno nel territorio
    degli Stati membri della Unione europea, nonche’ degli Stati non
    membri cui si applica l’acquis di Schengen.».

Art. 5-bis

Disposizioni in materia di convalida del respingimento disposto dal
questore e di registrazione nel sistema di informazione Schengen

  1. All’articolo 10 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
    sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) dopo il comma 2 sono inseriti i seguenti:
    «2-bis. Al provvedimento di respingimento di cui al comma 2 si
    applicano le procedure di convalida e le disposizioni previste
    dall’articolo 13, commi 5-bis, 5-ter, 7 e 8.
    2-ter. Lo straniero destinatario del provvedimento di respingimento
    di cui al comma 2 non puo’ rientrare nel territorio dello Stato senza
    una speciale autorizzazione del Ministro dell’interno. In caso di
    trasgressione lo straniero e’ punito con la reclusione da uno a
    quattro anni ed e’ espulso con accompagnamento immediato alla
    frontiera. Si applicano altresi’ le disposizioni di cui all’articolo
    13, comma 13, terzo periodo.
    2-quater. Allo straniero che, gia’ denunciato per il reato di cui
    al comma 2-ter ed espulso, abbia fatto reingresso nel territorio
    dello Stato si applica la pena della reclusione da uno a cinque anni.
    2-quinquies. Per i reati previsti dai commi 2-ter e 2-quater e’
    obbligatorio l’arresto dell’autore del fatto anche fuori dei casi di
    flagranza e si procede con rito direttissimo.
    2-sexies. Il divieto di cui al comma 2-ter opera per un periodo non
    inferiore a tre anni e non superiore a cinque anni, la cui durata e’
    determinata tenendo conto di tutte le circostanze concernenti il
    singolo caso.»;
    b) dopo il comma 6 e’ inserito il seguente:
    «6-bis. Il divieto di cui al comma 2-ter e’ inserito, a cura
    dell’autorita’ di pubblica sicurezza, nel sistema di informazione
    Schengen di cui alregolamento (CE) n. 1987/2006 del Parlamento
    europeo e del Consiglio, del 20 dicembre 2006, e comporta il divieto
    di ingresso e soggiorno nel territorio degli Stati membri dell’Unione
    europea, nonche’ degli Stati non membri cui si applica l’acquis di
    Schengen.».

Art. 6

Disposizioni in materia di rimpatri

  1. All’articolo 1, comma 1122, della legge 27 dicembre 2017, n.
    205, la lettera b) e’ sostituita dalla seguente:
    «b) al fine di potenziare le misure di rimpatrio, il Fondo di cui
    all’articolo 14-bis, comma 1, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
    n. 286, e’ incrementato di 500.000 euro per il 2018, di 1.500.000
    euro per il 2019 e di 1.500.000 euro per il 2020;».

Art. 6-bis

Regolazione e controllo del lavoro dei familiari del personale di
rappresentanze diplomatico-consolari straniere e di organizzazioni
internazionali

  1. Gli stranieri notificati come familiari conviventi di agenti
    diplomatici, di membri del personale amministrativo e tecnico, di
    funzionari e impiegati consolari o di funzionari internazionali
    possono, previa comunicazione tramite i canali diplomatici, svolgere
    attivita’ lavorativa nel territorio della Repubblica, a condizioni di
    reciprocita’ e limitatamente al periodo in cui possiedano in Italia
    la condizione di familiare convivente ai sensi dell’articolo 37,
    paragrafi 1 e 2, della Convenzione sulle relazioni diplomatiche,
    fatta a Vienna il 18 aprile 1961, dell’articolo 46 della Convenzione
    sulle relazioni consolari, fatta a Vienna il 24 aprile 1963, o delle
    pertinenti disposizioni degli accordi di sede con organizzazioni
    internazionali.
  2. Tra i soggetti conviventi di cui al comma 1 sono compresi il
    coniuge non legalmente separato di eta’ non inferiore ai diciotto
    anni, la parte di un’unione civile tra persone dello stesso sesso, i
    figli minori, anche del coniuge, o nati fuori del matrimonio, non
    coniugati, a condizione che l’altro genitore, qualora esistente,
    abbia dato il suo consenso, i figli di eta’ inferiore ai venticinque
    anni qualora a carico, i figli con disabilita’ a prescindere dalla
    loro eta’, nonche’ i minori di cui all’articolo 29, comma 2, secondo
    periodo, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, adottati o
    affidati o sottoposti a tutela. Il Ministero degli affari esteri e
    della cooperazione internazionale accerta l’equivalenza tra le
    situazioni regolate da ordinamenti stranieri e quelle di cui alla
    legge 20 maggio 2016, n. 76.
  3. Fermo restando il rispetto della normativa italiana in materia
    fiscale, previdenziale e di lavoro e fatte salve le diverse
    disposizioni previste dagli accordi internazionali, i familiari di
    cui al presente articolo non godono dell’immunita’ dalla
    giurisdizione civile e amministrativa, se prevista, per gli atti
    compiuti nell’esercizio dell’attivita’ lavorativa.
  4. Dall’attuazione del presente articolo non devono derivare nuovi
    o maggiori oneri a carico della finanza pubblica.

Capo II
Disposizioni in materia di protezione internazionale

Art. 7

Disposizioni in materia di diniego e revoca della protezione
internazionale

  1. Al decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251, sono apportate
    le seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 12, al comma 1, lettera c), le parole «del codice
    di procedura penale» sono sostituite dalle seguenti: «del codice di
    procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-bis, 583-quater,
    624 nell’ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, primo comma,
    numero 3), e 624-bis, primo comma, del codice penale. I reati di cui
    all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis), del
    codice di procedura penale, sono rilevanti anche nelle fattispecie
    non aggravate»;
    b) all’articolo 16, al comma 1, lettera d-bis) le parole «del
    codice di procedura penale» sono sostituite dalle seguenti: «del
    codice di procedura penale ovvero dagli articoli 336, 583, 583-bis,
    583-quater, 624 nell’ipotesi aggravata di cui all’articolo 625, primo
    comma, numero 3), e 624-bis, primo comma, del codice penale. I reati
    di cui all’articolo 407, comma 2, lettera a), numeri 2), 6) e 7-bis),
    del codice di procedura penale, sono rilevanti anche nelle
    fattispecie non aggravate.».

Art. 7-bis

Disposizioni in materia di Paesi di origine sicuri e manifesta
infondatezza della domanda di protezione internazionale

  1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) dopo l’articolo 2 e’ inserito il seguente:
    «Art. 2-bis (Paesi di origine sicuri). – 1. Con decreto del
    Ministro degli affari esteri e della cooperazione internazionale, di
    concerto con i Ministri dell’interno e della giustizia, e’ adottato
    l’elenco dei Paesi di origine sicuri sulla base dei criteri di cui al
    comma 2. L’elenco dei Paesi di origine sicuri e’ aggiornato
    periodicamente ed e’ notificato alla Commissione europea.
  2. Uno Stato non appartenente all’Unione europea puo’ essere
    considerato Paese di origine sicuro se, sulla base del suo
    ordinamento giuridico, dell’applicazione della legge all’interno di
    un sistema democratico e della situazione politica generale, si puo’
    dimostrare che, in via generale e costante, non sussistono atti di
    persecuzione quali definiti dall’articolo 7 del decreto legislativo
    19 novembre 2007, n. 251, ne’ tortura o altre forme di pena o
    trattamento inumano o degradante, ne’ pericolo a causa di violenza
    indiscriminata in situazioni di conflitto armato interno o
    internazionale. La designazione di un Paese di origine sicuro puo’
    essere fatta con l’eccezione di parti del territorio o di categorie
    di persone.
  3. Ai fini della valutazione di cui al comma 2 si tiene conto, tra
    l’altro, della misura in cui e’ offerta protezione contro le
    persecuzioni ed i maltrattamenti mediante:
    a) le pertinenti disposizioni legislative e regolamentari del Paese
    ed il modo in cui sono applicate;
    b) il rispetto dei diritti e delle liberta’ stabiliti nella
    Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle
    liberta’ fondamentali del 4 novembre 1950, ratificata ai sensi della
    legge 4 agosto 1955, n. 848, nel Patto internazionale relativo ai
    diritti civili e politici, aperto alla firma il 19 dicembre 1966,
    ratificato ai sensi della legge 25 ottobre 1977, n. 881, e nella
    Convenzione delle Nazioni Unite contro la tortura del 10 dicembre
    1984, in particolare dei diritti ai quali non si puo’ derogare a
    norma dell’articolo 15, paragrafo 2, della predetta Convenzione
    europea;
    c) il rispetto del principio di cui all’articolo 33 della
    Convenzione di Ginevra;
    d) un sistema di ricorsi effettivi contro le violazioni di tali
    diritti e liberta’.
  4. La valutazione volta ad accertare che uno Stato non appartenente
    all’Unione europea e’ un Paese di origine sicuro si basa sulle
    informazioni fornite dalla Commissione nazionale per il diritto di
    asilo, che si avvale anche delle notizie elaborate dal centro di
    documentazione di cui all’articolo 5, comma 1, nonche’ su altre fonti
    di informazione, comprese in particolare quelle fornite da altri
    Stati membri dell’Unione europea, dall’EASO, dall’UNHCR, dal
    Consiglio d’Europa e da altre organizzazioni internazionali
    competenti.
  5. Un Paese designato di origine sicuro ai sensi del presente
    articolo puo’ essere considerato Paese di origine sicuro per il
    richiedente solo se questi ha la cittadinanza di quel Paese o e’ un
    apolide che in precedenza soggiornava abitualmente in quel Paese e
    non ha invocato gravi motivi per ritenere che quel Paese non e’
    sicuro per la situazione particolare in cui lo stesso richiedente si
    trova»;
    b) all’articolo 9, dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente:
    «2-bis. La decisione con cui e’ rigettata la domanda presentata dal
    richiedente di cui all’articolo 2-bis, comma 5, e’ motivata dando
    atto esclusivamente che il richiedente non ha dimostrato la
    sussistenza di gravi motivi per ritenere non sicuro il Paese
    designato di origine sicuro in relazione alla situazione particolare
    del richiedente stesso»;
    c) all’articolo 10:
    1) al comma 1 e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «L’ufficio
    di polizia informa il richiedente che, ove proveniente da un Paese
    designato di origine sicuro ai sensi dell’articolo 2-bis, la domanda
    puo’ essere rigettata ai sensi dell’articolo 9, comma 2-bis»;
    2) al comma 2, dopo la lettera d) e’ aggiunta la seguente:
    «d-bis) l’elenco dei Paesi designati di origine sicuri ai sensi
    dell’articolo 2-bis»;
    d) all’articolo 28, comma 1, dopo la lettera c-bis) e’ aggiunta la
    seguente:
    «c-ter) la domanda e’ presentata da un richiedente proveniente da
    un Paese designato di origine sicuro ai sensi dell’articolo 2-bis»;
    e) all’articolo 28-bis, comma 2, la lettera a) e’ sostituita dalla
    seguente:
    «a) il richiedente rientra in una delle ipotesi previste
    dall’articolo 28-ter»;
    f) dopo l’articolo 28-bis e’ inserito il seguente:
    «Art. 28-ter (Domanda manifestamente infondata). – 1. La domanda e’
    considerata manifestamente infondata, ai sensi dell’articolo 32,
    comma 1, lettera b-bis), quando ricorra una delle seguenti ipotesi:
    a) il richiedente ha sollevato esclusivamente questioni che non
    hanno alcuna attinenza con i presupposti per il riconoscimento della
    protezione internazionale ai sensi del decreto legislativo 19
    novembre 2007, n. 251;
    b) il richiedente proviene da un Paese designato di origine sicuro
    ai sensi dell’articolo 2-bis;
    c) il richiedente ha rilasciato dichiarazioni palesemente
    incoerenti e contraddittorie o palesemente false, che contraddicono
    informazioni verificate sul Paese di origine;
    d) il richiedente ha indotto in errore le autorita’ presentando
    informazioni o documenti falsi o omettendo informazioni o documenti
    riguardanti la sua identita’ o cittadinanza che avrebbero potuto
    influenzare la decisione negativamente, ovvero ha dolosamente
    distrutto o fatto sparire un documento di identita’ o di viaggio che
    avrebbe permesso di accertarne l’identita’ o la cittadinanza;
    e) il richiedente e’ entrato illegalmente nel territorio nazionale,
    o vi ha prolungato illegalmente il soggiorno, e senza giustificato
    motivo non ha presentato la domanda tempestivamente rispetto alle
    circostanze del suo ingresso;
    f) il richiedente ha rifiutato di adempiere all’obbligo del rilievo
    dattiloscopico a norma del regolamento (UE) n. 603/2013 del
    Parlamento europeo e del Consiglio, del 26 giugno 2013;
    g) il richiedente si trova nelle condizioni di cui all’articolo 6,
    commi 2, lettere a), b) e c), e 3, del decreto legislativo 18 agosto
    2015, n. 142»;
    g) all’articolo 32, comma 1, lettera b-bis), le parole: «nei casi
    di cui all’articolo 28-bis, comma 2, lettera a)» sono sostituite
    dalle seguenti: «nei casi di cui all’articolo 28-ter».

Art. 8

Disposizioni in materia di cessazione
della protezione internazionale

  1. All’articolo 9 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n. 251,
    dopo il comma 2-bis, e’ inserito il seguente:
    «2-ter. Per l’applicazione del comma 1, lettera d), e’ rilevante
    ogni rientro nel Paese di origine, ove non giustificato da gravi e
    comprovati motivi.».
  2. All’articolo 15 del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
    251, dopo il comma 2-bis, e’ aggiunto il seguente:
    «2-ter. Ai fini di cui al comma 2, e’ rilevante ogni rientro nel
    Paese di origine, ove non giustificato da gravi e comprovati
    motivi.».

Art. 9

Disposizioni in materia di domanda reiterata e di domanda presentata
alla frontiera

  1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    0a) all’articolo 2, comma 1, dopo la lettera b) e’ inserita la
    seguente:
    «b-bis) “domanda reiterata”: un’ulteriore domanda di protezione
    internazionale presentata dopo che e’ stata adottata una decisione
    definitiva su una domanda precedente, anche nel caso in cui il
    richiedente abbia esplicitamente ritirato la domanda ai sensi
    dell’articolo 23 e nel caso in cui la Commissione territoriale abbia
    adottato una decisione di estinzione del procedimento o di rigetto
    della domanda ai sensi dell’articolo 23-bis, comma 2;»;
    a) all’articolo 7 il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
    «2. La previsione di cui al comma 1 non si applica a coloro che:
    a) debbono essere estradati verso un altro Stato in virtu’ degli
    obblighi previsti da un mandato di arresto europeo;
    b) debbono essere consegnati ad una Corte o ad un Tribunale penale
    internazionale;
    c) debbano essere avviati verso un altro Stato dell’Unione
    competente per l’esame dell’istanza di protezione internazionale;
    d) hanno presentato una prima domanda reiterata al solo scopo di
    ritardare o impedire l’esecuzione di una decisione che ne
    comporterebbe l’imminente allontanamento dal territorio nazionale;
    e) manifestano la volonta’ di presentare un’altra domanda reiterata
    a seguito di una decisione definitiva che considera inammissibile una
    prima domanda reiterata ai sensi dell’articolo 29, comma 1, o dopo
    una decisione definitiva che respinge la prima domanda reiterata ai
    sensi dell’articolo 32, comma 1, lettere b) e b-bis).»;
    b) all’articolo 28-bis:
    1) dopo il comma 1, sono inseriti i seguenti:
    «1-bis. Nel caso previsto dall’articolo 28, comma 1, lettera
    c-ter), e dall’articolo 29, comma 1, lettera b), la questura provvede
    senza ritardo alla trasmissione della documentazione necessaria alla
    Commissione territoriale che adotta la decisione entro cinque giorni.
    1-ter. La procedura di cui al comma 1 si applica anche nel caso in
    cui il richiedente presenti la domanda di protezione internazionale
    direttamente alla frontiera o nelle zone di transito di cui al comma
    1-quater, dopo essere stato fermato per avere eluso o tentato di
    eludere i relativi controlli, e nei casi di cui all’articolo 28,
    comma 1, lettera c-ter). In tali casi la procedura puo’ essere svolta
    direttamente alla frontiera o nelle zone di transito.
    1-quater. Ai fini di cui al comma 1-ter, le zone di frontiera o di
    transito sono individuate con decreto del Ministro dell’interno. Con
    il medesimo decreto possono essere istituite fino a cinque ulteriori
    sezioni delle Commissioni territoriali di cui all’articolo 4, comma
    2, per l’esame delle domande di cui al medesimo comma 1-ter.»;
    2) al comma 2, la lettera b) e’ abrogata;
    3) al comma 2, lettera c), le parole «dopo essere stato fermato per
    avere eluso o tentato di eludere i controlli di frontiera ovvero»
    sono soppresse;
    c) all’articolo 29, comma 1-bis, l’ultimo periodo e’ abrogato;
    d) dopo l’articolo 29 e’ inserito il seguente: «Art. 29-bis
    (Domanda reiterata in fase di esecuzione di un provvedimento di
    allontanamento). – 1. Nel caso in cui lo straniero abbia presentato
    una prima domanda reiterata nella fase di esecuzione di un
    provvedimento che ne comporterebbe l’imminente allontanamento dal
    territorio nazionale, la domanda e’ considerata inammissibile in
    quanto presentata al solo scopo di ritardare o impedire l’esecuzione
    del provvedimento stesso. In tale caso non si procede all’esame della
    domanda ai sensi dell’articolo 29.»;
    e) all’articolo 35-bis:
    1) al comma 3, lettera d), le parole «di cui all’art. 28-bis, comma
    2,» sono sostituite dalle seguenti: «di cui all’articolo 28-bis,
    commi 1-ter e 2,»;
    2) al comma 5 le parole: «, per la seconda volta,» sono soppresse.
  2. Per le finalita’ di cui al comma 1, lettera b), e’ autorizzata
    la spesa di 1.860.915 euro a decorrere dall’anno 2019. Ai relativi
    oneri si provvede ai sensi dell’articolo 39.
    2-bis. Al fine di velocizzare l’esame delle domande di protezione
    internazionale pendenti, con decreto del Ministro dell’interno
    possono essere istituite, dal 1° gennaio 2019 con durata massima di
    otto mesi, ulteriori sezioni delle Commissioni territoriali per il
    riconoscimento della protezione internazionale di cui all’articolo 4
    del decreto legislativo 25 gennaio 2008, n. 25, fino ad un numero
    massimo di dieci.
    2-ter. Per le finalita’ di cui al comma 2-bis e’ autorizzata la
    spesa di 2.481.220 euro per l’anno 2019. Ai relativi oneri si
    provvede ai sensi dell’articolo 39.

Art. 10

Procedimento immediato innanzi alla Commissione territoriale per il
riconoscimento della protezione internazionale
1. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
seguenti modificazioni:
0a) all’articolo 32, comma 1, dopo la lettera b-bis) e’ aggiunta la
seguente:
«b-ter) rigetta la domanda se, in una parte del territorio del
Paese di origine, il richiedente non ha fondati motivi di temere di
essere perseguitato o non corre rischi effettivi di subire danni
gravi o ha accesso alla protezione contro persecuzioni o danni gravi,
puo’ legalmente e senza pericolo recarvisi ed esservi ammesso e si
puo’ ragionevolmente supporre che vi si ristabilisca;»;
a) all’articolo 32, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
«1-bis. Quando il richiedente e’ sottoposto a procedimento penale
per uno dei reati di cui agli articoli 12, comma 1, lettera c), e 16,
comma 1, lettera d-bis), del decreto legislativo 19 novembre 2007, n.
251, e successive modificazioni, e ricorrono le condizioni di cui
all’articolo 6, comma 2, lettere a), b), e c), del decreto
legislativo 18 agosto 2015, n. 142, ovvero e’ stato condannato anche
con sentenza non definitiva per uno dei predetti reati, il questore,
salvo che la domanda sia gia’ stata rigettata dalla Commissione
territoriale competente, ne da’ tempestiva comunicazione alla
Commissione territoriale competente, che provvede nell’immediatezza
all’audizione dell’interessato e adotta contestuale decisione,
valutando l’accoglimento della domanda, la sospensione del
procedimento o il rigetto della domanda. Salvo quanto previsto dal
comma 3, in caso di rigetto della domanda, il richiedente ha in ogni
caso l’obbligo di lasciare il territorio nazionale, anche in pendenza
di ricorso avverso la decisione della Commissione. A tal fine si
provvede ai sensi dell’articolo 13, commi 3, 4 e 5, del decreto
legislativo 25 luglio 1998, n. 286.»;
b) all’articolo 35-bis, comma 5, le parole «ai sensi dell’articolo
29, comma 1, lettera b)» sono sostituite dalle seguenti: «ai sensi
dell’articolo 29, comma 1, lettera b), nonche’ del provvedimento
adottato nei confronti del richiedente per il quale ricorrono i casi
e le condizioni di cui all’articolo 32, comma 1-bis. Quando, nel
corso del procedimento giurisdizionale regolato dal presente
articolo, sopravvengono i casi e le condizioni di cui all’articolo
32, comma 1-bis, cessano gli effetti di sospensione del provvedimento
impugnato gia’ prodotti a norma del comma 3.».

Art. 11

Istituzione di sezioni della Unita’ Dublino

  1. All’articolo 3, al comma 3, del decreto legislativo 28 gennaio
    2008, n. 25, le parole «del Ministero dell’interno» sono sostituite
    dalle seguenti: «del Ministero dell’interno e le sue articolazioni
    territoriali operanti presso le prefetture individuate, fino ad un
    numero massimo di tre, con decreto del Ministro dell’interno, che
    provvedono nel limite delle risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente».
  2. All’articolo 4 del decreto-legge 17 febbraio 2017, n. 13,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 13 aprile 2017, n. 46,
    dopo il comma 2 e’ aggiunto il seguente:
    «2-bis. Per l’assegnazione delle controversie di cui all’articolo
    3, comma 3-bis, del decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25,
    l’autorita’ di cui al comma 1 e’ costituita dall’articolazione
    dell’Unita’ Dublino operante presso il Dipartimento per le liberta’
    civili e l’immigrazione del Ministero dell’interno nonche’ presso le
    prefetture-uffici territoriali del Governo che ha adottato il
    provvedimento impugnato.».

Art. 12

Disposizioni in materia di accoglienza
dei richiedenti asilo

  1. All’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n.
    416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n.
    39, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) il comma 1, e’ sostituito dal seguente:
    «1. Gli enti locali che prestano servizi di accoglienza per i
    titolari di protezione internazionale e per i minori stranieri non
    accompagnati, che beneficiano del sostegno finanziario di cui al
    comma 2, possono accogliere nell’ambito dei medesimi servizi anche i
    titolari dei permessi di soggiorno di cui agli articoli 19, comma 2,
    lettera d-bis), 18, 18-bis, 20-bis, 22, comma 12-quater, e 42-bis del
    decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286, qualora non accedano a
    sistemi di protezione specificamente dedicati.»;
    a-bis) il comma 2 e’ sostituito dal seguente:
    «2. Con decreto del Ministro dell’interno, sentita la Conferenza
    unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto
    1997, n. 281, che si esprime entro trenta giorni, sono definiti i
    criteri e le modalita’ per la presentazione da parte degli enti
    locali delle domande di contributo per la realizzazione e la
    prosecuzione dei progetti finalizzati all’accoglienza dei soggetti di
    cui al comma 1. Nei limiti delle risorse disponibili del Fondo di cui
    all’articolo 1-septies, il Ministro dell’interno, con proprio
    decreto, provvede all’ammissione al finanziamento dei progetti
    presentati dagli enti locali»;
    a-ter) il comma 3 e’ abrogato;
    b) al comma 4, le parole da «del richiedente asilo» fino a «di cui
    al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,» sono sostituite dalle
    seguenti: «dei soggetti di cui al comma 1»;
    c) al comma 5, alla lettera a), le parole «dei richiedenti asilo,
    dei rifugiati e degli stranieri con permesso umanitario» sono
    sostituite dalle seguenti: «dei soggetti di cui al comma 1»;
    d) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Art. 1-sexies. Sistema
    di protezione per titolari di protezione internazionale e per minori
    stranieri non accompagnati».
  2. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 5:
    1) al comma 2, le parole «agli articoli 6, 9, 11 e 14» sono
    sostituite dalle seguenti: «agli articoli 6, 9 e 11»;
    2) al comma 5, le parole «agli articoli 6, 9 e 14» sono sostituite
    dalle seguenti: «agli articoli 6 e 9»;
    b) all’articolo 8, al comma 1, le parole «di cui all’articolo 16, »
    fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «di cui
    all’articolo 16. »;
    c) all’articolo 9, il comma 5 e’ abrogato;
    d) all’articolo 11:
    1) al comma 1, le parole «delle strutture di cui agli articoli 9 e
    14,» sono sostituite dalle seguenti: «dei centri di cui all’articolo
    9,»;
    1-bis) al comma 2, le parole: «sentito l’ente» sono sostituite
    dalle seguenti: «previo parere dell’ente»;
    2) al comma 3, le parole «nelle strutture di cui all’articolo 9»
    fino alla fine del comma sono sostituite dalle seguenti: «nei centri
    di cui all’articolo 9»;
    e) all’articolo 12, al comma 3, le parole «strutture di cui agli
    articoli 9, 11 e 14.» sono sostituite dalle seguenti: «strutture di
    cui agli articoli 9 e 11.»;
    f) all’articolo 14:
    1) al comma 1, le parole da «Sistema di protezione» fino alla fine
    del comma, sono sostituite dalle seguenti: «presente decreto»;
    2) il comma 2 e’ abrogato;
    3) al comma 3 e’ premesso il seguente periodo: «Al fine di accedere
    alle misure di accoglienza di cui al presente decreto, il
    richiedente, al momento della presentazione della domanda, dichiara
    di essere privo di mezzi sufficienti di sussistenza.»;
    4) al comma 4, secondo periodo, le parole «ai sensi del comma 1»
    sono soppresse;
    5) la rubrica dell’articolo 14 e’ sostituita dalla seguente: «Art.
  3. Modalita’ di accesso al sistema di accoglienza»;
    g) all’articolo 15:
    1) i commi 1 e 2 sono abrogati;
    2) la rubrica dell’articolo 15 e’ sostituita dalla seguente: «Art.
  4. Individuazione della struttura di accoglienza»;
    h) all’articolo 17:
    1) il comma 4 e’ abrogato;
    2) al comma 6, le parole «ai sensi dei commi 3 e 4» sono sostituiti
    dalle seguenti: «ai sensi del comma 3»;
    h-bis) all’articolo 19, comma 3, sono aggiunte, in fine, le
    seguenti parole: «e comunque senza alcuna spesa o onere a carico del
    Comune interessato all’accoglienza dei minori stranieri non
    accompagnati»;
    i) all’articolo 20:
    1) al comma 1, le parole da «Ferme restando» fino a «il
    Dipartimento per le liberta’ civili» sono sostituite dalle seguenti:
    «Il Dipartimento per le liberta’ civili»;
    2) al comma 2, le parole «e agli articoli 12 e 14, comma 2,» sono
    sostituite dalle seguenti: «e all’articolo 12,»;
    l) all’articolo 22, il comma 3 e’ abrogato;
    m) all’articolo 22-bis, commi 1 e 3, la parola: «richiedenti» e’
    sostituita dalle seguenti: «titolari di»;
    n) all’articolo 23:
    1) al comma 1, le parole «di cui all’articolo 14» sono sostituite
    dalle seguenti: «di cui agli articoli 9 e 11»;
    2) al comma 7, le parole «di cui agli articoli 9, 11 e 14» sono
    sostituite dalle seguenti: «di cui agli articoli 9 e 11».
  5. Al decreto legislativo 28 gennaio 2008, n. 25, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 4, comma 5, secondo periodo, le parole «governativa
    o in una struttura del sistema di protezione di cui all’articolo
    1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,» sono soppresse;
    b) all’articolo 13, comma 2, le parole «di cui all’articolo 8 del
    decreto legislativo 30 maggio 2005, n. 140,» sono sostituite dalle
    seguenti: «di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 18 agosto
    2015, n. 142,».
  6. Le definizioni di «Sistema di protezione per richiedenti asilo e
    rifugiati» ovvero di «Sistema di protezione per richiedenti asilo,
    rifugiati e minori stranieri non accompagnati» di cui all’articolo
    1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, ovunque presenti,
    in disposizioni di legge o di regolamento, si intendono sostituite
    dalla seguente: «Sistema di protezione per titolari di protezione
    internazionale e per minori stranieri non accompagnati» di cui
    all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39, e
    successive modificazioni.
  7. I richiedenti asilo presenti nel Sistema di protezione di cui
    all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre 1989, n. 416,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio 1990, n. 39,
    alla data di entrata in vigore del presente decreto, rimangono in
    accoglienza fino alla scadenza del progetto in corso, gia’
    finanziato.
    5-bis. I minori non accompagnati richiedenti asilo al compimento
    della maggiore eta’ rimangono nel Sistema di protezione di cui al
    comma 4 fino alla definizione della domanda di protezione
    internazionale.
  8. I titolari di protezione umanitaria presenti nel Sistema di
    protezione di cui all’articolo 1-sexies del decreto-legge 30 dicembre
    1989, n. 416, convertito, con modificazioni, dalla legge 28 febbraio
    1990, n. 39, alla data di entrata in vigore del presente decreto,
    rimangono in accoglienza fino alla scadenza del periodo temporale
    previsto dalle disposizioni di attuazione sul funzionamento del
    medesimo Sistema di protezione e comunque non oltre la scadenza del
    progetto di accoglienza.
  9. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo
    non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
    pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi
    adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente.

Art. 12-bis

Monitoraggio dei flussi migratori

  1. Entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge di
    conversione del presente decreto, il Ministro dell’interno effettua
    un monitoraggio dell’andamento dei flussi migratori al fine della
    progressiva chiusura delle strutture di cui all’articolo 11 del
    decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142.

Art. 12-ter

Obblighi di trasparenza per le cooperative sociali che svolgono
attivita’ in favore di stranieri

  1. Al comma 125 dell’articolo 1 della legge 4 agosto 2017, n. 124,
    dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Le cooperative
    sociali sono altresi’ tenute, qualora svolgano attivita’ a favore
    degli stranieri di cui al decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286,
    a pubblicare trimestralmente nei propri siti internet o portali
    digitali l’elenco dei soggetti a cui sono versate somme per lo
    svolgimento di servizi finalizzati ad attivita’ di integrazione,
    assistenza e protezione sociale».

Art. 13

Disposizioni in materia di iscrizione anagrafica

  1. Al decreto legislativo 18 agosto 2015, n. 142, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 4:
    1) al comma 1, e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il
    permesso di soggiorno costituisce documento di riconoscimento ai
    sensi dell’articolo 1, comma 1, lettera c), del decreto del
    Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445.»;
    2) dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
    «1-bis. Il permesso di soggiorno di cui al comma 1 non costituisce
    titolo per l’iscrizione anagrafica ai sensi del decreto del
    Presidente della Repubblica 30 maggio 1989, n. 223, e dell’articolo
    6, comma 7, del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286.»;
    b) all’articolo 5:
    1) il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
    «3. L’accesso ai servizi previsti dal presente decreto e a quelli
    comunque erogati sul territorio ai sensi delle norme vigenti e’
    assicurato nel luogo di domicilio individuato ai sensi dei commi 1 e
    2.»;
    2) al comma 4, le parole «un luogo di residenza» sono
    sostituite dalle seguenti: «un luogo di domicilio»;
    c) l’articolo 5-bis e’ abrogato.

Capo III
Disposizioni in materia di cittadinanza

Art. 14

Disposizioni in materia di acquisizione
e revoca della cittadinanza

  1. Alla legge 5 febbraio 1992, n. 91, sono apportate le seguenti
    modificazioni:
    a) all’articolo 8, il comma 2 e’ abrogato;
    a-bis) dopo l’articolo 9 e’ inserito il seguente:
    «Art. 9.1. – 1. La concessione della cittadinanza italiana ai sensi
    degli articoli 5 e 9 e’ subordinata al possesso, da parte
    dell’interessato, di un’adeguata conoscenza della lingua italiana,
    non inferiore al livello B1 del Quadro comune europeo di riferimento
    per la conoscenza delle lingue (QCER). A tal fine, i richiedenti, che
    non abbiano sottoscritto l’accordo di integrazione di cui
    all’articolo 4-bis del testo unico di cui al decreto legislativo 25
    luglio 1998, n. 286, o che non siano titolari di permesso di
    soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9
    del medesimo testo unico, sono tenuti, all’atto della presentazione
    dell’istanza, ad attestare il possesso di un titolo di studio
    rilasciato da un istituto di istruzione pubblico o paritario
    riconosciuto dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e della
    ricerca e dal Ministero degli affari esteri e della cooperazione
    internazionale o dal Ministero dell’istruzione, dell’universita’ e
    della ricerca, ovvero a produrre apposita certificazione rilasciata
    da un ente certificatore riconosciuto dal Ministero dell’istruzione,
    dell’universita’ e della ricerca e dal Ministero degli affari esteri
    e della cooperazione internazionale o dal Ministero dell’istruzione,
    dell’universita’ e della ricerca.»;
    b) all’articolo 9-bis, comma 2, le parole «di importo pari a 200»
    sono sostituite dalle seguenti «di importo pari a 250»;
    c) dopo l’articolo 9-bis e’ inserito il seguente:
    «Art. 9-ter. – 1. Il termine di definizione dei procedimenti di cui
    agli articoli 5 e 9 e’ di quarantotto mesi dalla data di
    presentazione della domanda.
  2. (soppresso).
    d) dopo l’articolo 10 e’ inserito il seguente:
    «Art. 10-bis. – 1. La cittadinanza italiana acquisita ai sensi
    degli articoli 4, comma 2, 5 e 9, e’ revocata in caso di condanna
    definitiva per i reati previsti dall’articolo 407, comma 2, lettera
    a), n. 4), del codice di procedura penale, nonche’ per i reati di cui
    agli articoli 270-ter e 270-quinquies.2, del codice penale. La revoca
    della cittadinanza e’ adottata, entro tre anni dal passaggio in
    giudicato della sentenza di condanna per i reati di cui al primo
    periodo, con decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del
    Ministro dell’interno.».
  3. Le disposizioni di cui al comma 1, lettera c), si applicano ai
    procedimenti di conferimento della cittadinanza in corso alla data di
    entrata in vigore del presente decreto.
    2-bis. Il termine per il rilascio degli estratti e dei certificati
    di stato civile occorrenti ai fini del riconoscimento della
    cittadinanza italiana e’ stabilito in sei mesi dalla data di
    presentazione della richiesta da parte di persone in possesso di
    cittadinanza straniera.
  4. All’articolo 1, comma 1, della legge 12 gennaio 1991, n. 13, la
    lettera aa) e’ sostituita dalla seguente: «aa) concessione e revoca
    della cittadinanza italiana;».

Capo IV
Disposizioni in materia di giustizia

Art. 15

Disposizioni in materia di giustizia

  1. Le funzioni di agente del Governo a difesa dello Stato italiano
    dinanzi alla Corte europea dei diritti dell’uomo sono svolte
    dall’Avvocato generale dello Stato, che puo’ delegare un avvocato
    dello Stato.
  2. Al testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica
    30 maggio 2002, n. 115, nel capo V del titolo IV della parte III,
    dopo l’articolo 130, e’ inserito il seguente:
    «Art. 130-bis (L) (Esclusione dalla liquidazione dei compensi al
    difensore e al consulente tecnico di parte). – 1. Quando
    l’impugnazione, anche incidentale, e’ dichiarata inammissibile, al
    difensore non e’ liquidato alcun compenso.
  3. Non possono essere altresi’ liquidate le spese sostenute per le
    consulenze tecniche di parte che, all’atto del conferimento
    dell’incarico, apparivano irrilevanti o superflue ai fini della
    prova.».
    1-bis. All’articolo 7, comma 4, del decreto-legge 31 agosto 2016,
    n. 168, convertito, con modificazioni, dalla legge 25 ottobre 2016,
    n. 197, le parole: «e sino al 1º gennaio 2019» sono soppresse.

Art. 15-bis

Obblighi di comunicazioni a favore del Procuratore della Repubblica
presso il tribunale per i minorenni

  1. Dopo l’articolo 11 della legge 26 luglio 1975, n. 354, e’
    inserito il seguente:
    «Art. 11-bis (Comunicazioni al Procuratore della Repubblica presso
    il tribunale per i minorenni). – 1. Gli istituti penitenziari e gli
    istituti a custodia attenuata per detenute madri trasmettono
    semestralmente al procuratore della Repubblica presso il tribunale
    per i minorenni del luogo ove hanno sede l’elenco di tutti i minori
    collocati presso di loro con l’indicazione specifica, per ciascuno di
    essi, della localita’ di residenza dei genitori, dei rapporti con la
    famiglia e delle condizioni psicofisiche del minore stesso. Il
    procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni,
    assunte le necessarie informazioni, chiede al tribunale, con ricorso
    motivato, di adottare i provvedimenti di propria competenza.
  2. Il procuratore della Repubblica presso il tribunale per i
    minorenni, che trasmette gli atti al medesimo tribunale con relazione
    informativa, ogni sei mesi, effettua o dispone ispezioni nei medesimi
    istituti indicati, ai fini di cui al comma 1. Puo’ procedere a
    ispezioni straordinarie in ogni tempo.
  3. I pubblici ufficiali, gli incaricati di un pubblico servizio,
    gli esercenti un servizio di pubblica necessita’ che entrano in
    contatto con il minore di cui al comma 1 debbono riferire al piu’
    presto al direttore dell’istituto su condotte del genitore
    pregiudizievoli al minore medesimo. Il direttore dell’istituto ne da’
    immediata comunicazione al procuratore della Repubblica presso il
    tribunale per i minorenni.».
  4. Al codice di procedura penale sono apportate le seguenti
    modificazioni:
    a) dopo l’articolo 387 e’ aggiunto il seguente:
    «Art. 387-bis (Adempimenti della polizia giudiziaria nel caso di
    arresto o di fermo di madre di prole di minore eta’). – 1.
    Nell’ipotesi di arresto o di fermo di madre con prole di minore eta’,
    la polizia giudiziaria che lo ha eseguito senza ritardo ne da’
    notizia al pubblico ministero territorialmente competente, nonche’ al
    procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni del
    luogo dell’arresto o del fermo.»;
    b) all’articolo 293, dopo il comma 4 e’ aggiunto il seguente:
    «4-bis. Copia dell’ordinanza che dispone la custodia cautelare in
    carcere nei confronti di madre di prole di minore eta’ e’ comunicata
    al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i minorenni
    del luogo di esecuzione della misura.»;
    c) all’articolo 656, dopo il comma 3 e’ aggiunto il seguente:
    «3-bis. L’ordine di esecuzione della sentenza di condanna a pena
    detentiva nei confronti di madre di prole di minore eta’ e’
    comunicato al procuratore della Repubblica presso il tribunale per i
    minorenni del luogo di esecuzione della sentenza.».

Art. 15-ter

Funzioni del personale del Corpo di polizia penitenziaria in materia
di sicurezza

  1. Al capo II del titolo I delle norme di attuazione, di
    coordinamento e transitorie del codice di procedura penale, di cui al
    decreto legislativo 28 luglio 1989, n. 271, dopo l’articolo 4-bis e’
    aggiunto il seguente:
    «Art. 4-ter (Nucleo di polizia penitenziaria a supporto delle
    funzioni del procuratore nazionale antimafia). – 1. Nell’esercizio
    delle funzioni di cui all’articolo 371-bis, commi 1 e 2, del codice e
    con specifico riferimento all’acquisizione, all’analisi ed
    all’elaborazione dei dati e delle informazioni provenienti
    dall’ambiente penitenziario, il procuratore nazionale antimafia e
    antiterrorismo si avvale di un apposito nucleo costituito, fino a un
    massimo di venti unita’, nell’ambito del Corpo di polizia
    penitenziaria e composto da personale del medesimo Corpo.
    L’assegnazione al predetto nucleo non determina l’attribuzione di
    emolumenti aggiuntivi.».

Titolo II
DISPOSIZIONI IN MATERIA DI SICUREZZA PUBBLICA, PREVENZIONE E CONTRASTO AL TERRORISMO E ALLA CRIMINALITÀ MAFIOSA
Capo I
Disposizioni in materia di sicurezza pubblica e di prevenzione del terrorismo

Art. 16

Controllo, anche attraverso dispositivi elettronici,
dell’ottemperanza al provvedimento di allontanamento dalla casa
familiare

  1. All’articolo 282-bis, comma 6, del codice di procedura penale,
    dopo la parola «571,» e’ inserita la seguente: «572,» e dopo le
    parole «612, secondo comma,» e’ inserita la seguente: «612-bis,».
  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono
    derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
    Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le
    risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
    vigente.

Art. 17

Prescrizioni in materia di contratto di noleggio di autoveicoli per
finalita’ di prevenzione del terrorismo

  1. Per le finalita’ di prevenzione del terrorismo, gli esercenti di
    cui all’articolo l del decreto del Presidente della Repubblica 19
    dicembre 2001, n. 481, comunicano, per il successivo raffronto
    effettuato dal Centro elaborazione dati, di cui all’articolo 8 della
    legge 1° aprile 1981, n. 121, i dati identificativi riportati nel
    documento di identita’ esibito dal soggetto che richiede il noleggio
    di un autoveicolo, di cui all’articolo 54 del decreto legislativo 30
    aprile 1992, n. 285. La comunicazione e’ effettuata contestualmente
    alla stipula del contratto di noleggio e comunque con un congruo
    anticipo rispetto al momento della consegna del veicolo. Sono esclusi
    dalla previsione del presente comma i contratti di noleggio di
    autoveicoli per servizi di mobilita’ condivisa, quali in particolare
    il car sharing, al fine di non comprometterne la facilita’ di
    utilizzo.
  2. Il Centro di cui al comma 1 procede al raffronto automatico dei
    dati comunicati ai sensi del comma 1 con quelli in esso conservati,
    concernenti provvedimenti dell’Autorita’ giudiziaria o dell’Autorita’
    di pubblica sicurezza, ovvero segnalazioni inserite, a norma delle
    vigenti leggi, dalle Forze di polizia, per finalita’ di prevenzione e
    repressione del terrorismo. Nel caso in cui dal raffronto emergano
    situazioni potenzialmente rilevanti per le finalita’ di cui al comma
    l, il predetto Centro provvede ad inviare una segnalazione di allerta
    all’ufficio o comando delle Forze di polizia per le conseguenti
    iniziative di controllo, anche ai fini di cui all’articolo 4, primo
    comma, del testo unico delle leggi di pubblica sicurezza, di cui al
    regio decreto 18 giugno 1931, n. 773.
  3. I dati comunicati ai sensi del comma 1 sono conservati per un
    periodo di tempo non superiore a sette giorni. Con decreto del
    Ministro dell’interno di natura non regolamentare, da adottarsi entro
    sei mesi dalla data di entrata in vigore del presente decreto, sono
    definite le modalita’ tecniche dei collegamenti attraverso i quali
    sono effettuate le comunicazioni previste dal comma l, nonche’ di
    conservazione dei dati. Il predetto decreto e’ adottato, sentito il
    Garante per la protezione dei dati personali, il quale esprime il
    proprio parere entro quarantacinque giorni dalla richiesta, decorsi i
    quali il decreto puo’ essere comunque emanato.
  4. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo
    non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
    pubblica. Il Dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero
    dell’interno provvede ai relativi adempimenti con le risorse umane,
    strumentali e finanziarie disponibili a legislazione vigente.

Art. 18

Disposizioni in materia di accesso al CED interforze da parte del
personale della polizia municipale

  1. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 16-quater del
    decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 8, convertito, con modificazioni,
    dalla legge 19 marzo 1993, n. 68, il personale dei Corpi e servizi di
    polizia municipale dei comuni con popolazione superiore ai centomila
    abitanti, addetto ai servizi di polizia stradale, in possesso della
    qualifica di agente di pubblica sicurezza, quando procede al
    controllo ed all’identificazione delle persone, accede, in deroga a
    quanto previsto dall’articolo 9 della legge 1° aprile 1981, n. 121,
    al Centro elaborazione dati di cui all’articolo 8 della medesima
    legge al fine di verificare eventuali provvedimenti di ricerca o di
    rintraccio esistenti nei confronti delle persone controllate. La
    presente disposizione si applica progressivamente, nell’anno 2019,
    agli altri comuni capoluogo di provincia.
    1-bis. Con decreto del Ministro dell’interno, adottato previo
    accordo sancito in sede di Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
    locali, sono determinati i parametri connessi alla classe
    demografica, al rapporto numerico tra il personale della polizia
    municipale assunto a tempo indeterminato e il numero di abitanti
    residenti, al numero delle infrazioni alle norme sulla sicurezza
    stradale rilevate nello svolgimento delle funzioni di cui
    all’articolo 12 del codice della strada, di cui al decreto
    legislativo 30 aprile 1992, n. 285, in relazione ai quali le
    disposizioni di cui al comma 1 trovano applicazione anche con
    riguardo a comuni diversi da quelli di cui allo stesso comma 1.
  2. Con decreto del Ministro dell’interno, da emanarsi entro 90
    giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
    presente decreto, sentita la Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
    locali, nonche’ il Garante per la protezione dei dati personali, sono
    definiti le modalita’ di collegamento al Centro elaborazione dati e i
    relativi standard di sicurezza, nonche’ il numero degli operatori di
    polizia municipale che ciascun comune puo’ abilitare alla
    consultazione dei dati previsti dal comma 1.
  3. Per l’attuazione del comma 1 e’ autorizzata la spesa di 150.000
    euro per l’anno 2018 e di 175.000 euro per l’anno 2019. Ai relativi
    oneri si provvede, per l’anno 2018, ai sensi dell’articolo 39 e, per
    l’anno 2019, mediante corrispondente riduzione del Fondo per
    interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10,
    comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307.
    3-bis. Agli oneri derivanti dall’attuazione del comma 1-bis, nel
    limite di euro 25.000 per l’anno 2019, si provvede mediante
    corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui
    all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999,
    n. 44.

Art. 19

Sperimentazione di armi ad impulsi elettrici da parte delle polizie
locali

  1. Previa adozione di un apposito regolamento comunale, emanato in
    conformita’ alle linee generali adottate in materia di formazione del
    personale e di tutela della salute, con accordo sancito in sede di
    Conferenza unificata di cui all’articolo 8 del decreto legislativo 28
    agosto 1997, n. 281, i comuni capoluogo di provincia, nonche’ quelli
    con popolazione superiore ai centomila abitanti possono dotare di
    armi comuni ad impulso elettrico, quale dotazione di reparto, in via
    sperimentale, per il periodo di sei mesi, due unita’ di personale,
    munito della qualifica di agente di pubblica sicurezza, individuato
    fra gli appartenenti ai dipendenti Corpi e Servizi di polizia locale.
    1-bis. Con decreto del Ministro dell’interno, adottato previo
    accordo sancito in sede di Conferenza Stato-citta’ ed autonomie
    locali, sono determinati i parametri connessi alle caratteristiche
    socioeconomiche, alla classe demografica, all’afflusso turistico e
    agli indici di delittuosita’, in relazione ai quali le disposizioni
    di cui al comma 1 trovano applicazione anche per comuni diversi da
    quelli di cui al medesimo comma.
  2. Con il regolamento di cui al comma 1, i comuni definiscono, nel
    rispetto dei principi di precauzione e di salvaguardia
    dell’incolumita’ pubblica, le modalita’ della sperimentazione che
    deve essere effettuata previo un periodo di adeguato addestramento
    del personale interessato nonche’ d’intesa con le aziende sanitarie
    locali competenti per territorio, realizzando altresi’ forme di
    coordinamento tra queste ed i Corpi e Servizi di polizia locale.
  3. Al termine del periodo di sperimentazione, i comuni, con proprio
    regolamento, possono deliberare di assegnare in dotazione effettiva
    di reparto l’arma comune ad impulsi elettrici positivamente
    sperimentata. Si applicano in quanto compatibili le disposizioni del
    regolamento di cui al decreto del Ministro dell’interno 4 marzo 1987,
    n. 145, ad eccezione di quanto previsto dall’articolo 2, comma 2.
  4. I comuni e le regioni provvedono, rispettivamente, agli oneri
    derivanti dalla sperimentazione di cui al presente articolo e alla
    formazione del personale delle polizie locali interessato, nei limiti
    delle risorse disponibili nei propri bilanci.
  5. All’articolo 8, comma 1-bis, del decreto-legge 22 agosto 2014,
    n. 119, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 ottobre 2014,
    n.146, le parole «della pistola elettrica Taser» sono sostituite
    dalle seguenti: «dell’arma comune ad impulsi elettrici».

Art. 19-bis

Interpretazione autentica dell’articolo 109 del regio decreto 18
giugno 1931, n. 773

  1. L’articolo 109 del Testo unico delle leggi di pubblica
    sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, si
    interpreta nel senso che gli obblighi in esso previsti si applicano
    anche con riguardo ai locatori o sublocatori che locano immobili o
    parti di essi con contratti di durata inferiore a trenta giorni.

Art. 19-ter

Dotazioni della polizia municipale. Interpretazione autentica
dell’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge 7 marzo 1986,
n. 65

  1. L’articolo 5, comma 5, primo periodo, della legge 7 marzo 1986,
    n. 65, si interpreta nel senso che gli addetti al servizio di polizia
    municipale ai quali e’ conferita la qualifica di agente di pubblica
    sicurezza possono portare, senza licenza, le armi di cui possono
    essere dotati in relazione al tipo di servizio nei termini e nelle
    modalita’ previsti dai rispettivi regolamenti, nonche’ nei casi di
    operazioni esterne di polizia, d’iniziativa dei singoli durante il
    servizio, anche al di fuori del territorio dell’ente di appartenenza
    esclusivamente in caso di necessita’ dovuto alla flagranza
    dell’illecito commesso nel territorio di appartenenza.

Art. 20

Estensione dell’ambito di applicazione del divieto di accesso ai
luoghi in cui si svolgono manifestazioni sportive

  1. All’articolo 6, comma 1, della legge 13 dicembre 1989, n. 401,
    dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Il divieto di cui al
    presente comma puo’ essere adottato anche nei confronti dei soggetti
    di cui all’articolo 4, comma 1, lettera d), del decreto legislativo 6
    settembre 2011, n. 159.».

Art. 20-bis

Contributo delle societa’ sportive agli oneri per i servizi di ordine
pubblico in occasione di manifestazioni sportive

  1. All’articolo 9, comma 3-ter, del decreto-legge 8 febbraio 2007,
    n. 8, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 aprile 2007, n.
    41, le parole: «Una quota non inferiore all’1 per cento e non
    superiore al 3 per cento» sono sostituite dalle seguenti: «Una quota
    non inferiore al 5 per cento e non superiore al 10 per cento».

Art. 21

Estensione dell’ambito di applicazione del divieto di accesso in
specifiche aree urbane

  1. All’articolo 9, comma 3, del decreto-legge 20 febbraio 2017, n.
    14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48,
    sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) dopo le parole «su cui insistono» sono inserite le seguenti:
    «presidi sanitari,»;
    b) dopo le parole «flussi turistici,» sono inserite le seguenti:
    «aree destinate allo svolgimento di fiere, mercati, pubblici
    spettacoli,».
    1-bis. All’articolo 10, commi 2 e 3, del decreto-legge 20 febbraio
    2017, n. 14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile
    2017, n. 48, le parole: «sei mesi» sono sostituite dalle seguenti:
    «dodici mesi».
    1-ter. Dopo l’articolo 13 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n.
    14, convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48,
    e’ inserito il seguente:
    «Art. 13-bis (Disposizioni per la prevenzione di disordini negli
    esercizi pubblici e nei locali di pubblico trattenimento). – 1. Fuori
    dai casi di cui all’articolo 13, il questore puo’ disporre per
    ragioni di sicurezza, nei confronti delle persone condannate con
    sentenza definitiva o confermata in grado di appello nel corso degli
    ultimi tre anni per reati commessi in occasione di gravi disordini
    avvenuti in pubblici esercizi ovvero in locali di pubblico
    trattenimento, per delitti non colposi contro la persona e il
    patrimonio, nonche’ per i delitti previsti dall’articolo 73 del testo
    unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre
    1990, n. 309, il divieto di accesso agli stessi locali o ad esercizi
    pubblici analoghi, specificamente indicati, ovvero di stazionamento
    nelle immediate vicinanze degli stessi.
  2. Il divieto di cui al comma 1 puo’ essere limitato a specifiche
    fasce orarie e non puo’ avere una durata inferiore a sei mesi; ne’
    superiore a due anni; Il divieto e’ disposto; con provvedimento
    motivato, individuando comunque modalita’ applicative compatibili con
    le esigenze di mobilita’, salute e lavoro del destinatario dell’atto.
  3. Il divieto di cui al comma 1 puo’ essere disposto anche nei
    confronti di soggetti minori di diciotto anni che hanno compiuto il
    quattordicesimo anno di eta’. Il provvedimento e’ notificato a coloro
    che esercitano la responsabilita’ genitoriale.
  4. Il questore puo’ prescrivere alle persone alle quali e’
    notificato il divieto previsto dal comma 1di comparire personalmente
    una o piu’ volte negli orari indicati, nell’ufficio o comando di
    polizia competente in relazione al luogo di residenza dell’obbligato
    o in quello specificamente indicato.
  5. In relazione al provvedimento di cui al comma 4 si applicano, in
    quanto compatibili, le disposizioni di cui all’articolo 6, commi 3 e
    4, della legge 13 dicembre 1989, n. 401.
  6. La violazione del divieto di cui al presente articolo e’ punita
    con la reclusione da sei mesi ad un anno e con la multa da 5.000 a
    20.000 euro.».
    1-quater. All’articolo 8, comma 4, del decreto legislativo 6
    settembre 2011, n. 159, dopo le parole: «sottoposte a misure di
    prevenzione o di sicurezza,» sono inserite le seguenti: «di non
    accedere agli esercizi pubblici e ai locali di pubblico
    trattenimento, anche in determinate fasce orarie,».

Art. 21-bis

Misure per la sicurezza nei pubblici esercizi

  1. Ai fini di una piu’ efficace prevenzione di atti illegali o di
    situazioni di pericolo per l’ordine e la sicurezza pubblica
    all’interno e nelle immediate vicinanze degli esercizi pubblici,
    individuati a norma dell’articolo 86 del testo unico delle leggi di
    pubblica sicurezza, di cui al regio decreto 18 giugno 1931, n. 773,
    con appositi accordi sottoscritti tra il prefetto e le organizzazioni
    maggiormente rappresentative degli esercenti possono essere
    individuate specifiche misure di prevenzione, basate sulla
    cooperazione tra i gestori degli esercizi e le Forze di polizia, cui
    i gestori medesimi si assoggettano, con le modalita’ previste dagli
    stessi accordi.
  2. Gli accordi di cui al comma 1 sono adottati localmente nel
    rispetto delle linee guida nazionali approvate, su proposta del
    Ministro dell’interno, d’intesa con le organizzazioni maggiormente
    rappresentative degli esercenti, sentita la Conferenza Stato-citta’
    ed autonomie locali.
  3. L’adesione agli accordi sottoscritti territorialmente ed il loro
    puntuale e integrale rispetto da parte dei gestori degli esercizi
    pubblici sono valutati dal questore anche ai fini dell’adozione dei
    provvedimenti di competenza in caso di eventi rilevanti ai fini
    dell’eventuale applicazione dell’articolo 100 del citato testo unico
    di cui al regio decreto n. 773 del 1931.

Art. 21-ter

Sanzioni in caso di inottemperanza al divieto di accesso in
specifiche aree urbane

  1. All’articolo 10 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48,
    sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 2 e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Il
    contravventore al divieto di cui al presente comma e’ punito con
    l’arresto da sei mesi ad un anno»;
    b) al comma 3, dopo il primo periodo e’ inserito il seguente: «Il
    contravventore al divieto emesso in relazione ai casi di cui al
    presente comma e’ punito con l’arresto da uno a due anni».

Art. 21-quater

Introduzione del delitto di esercizio molesto dell’accattonaggio

  1. Dopo l’articolo 669 del codice penale e’ inserito il seguente:
    «Art. 669-bis (Esercizio molesto dell’accattonaggio). – Salvo che
    il fatto costituisca piu’ grave reato, chiunque esercita
    l’accattonaggio con modalita’ vessatorie o simulando deformita’ o
    malattie o attraverso il ricorso a mezzi fraudolenti per destare
    l’altrui pieta’ e’ punito con la pena dell’arresto da tre a sei mesi
    e con l’ammenda da euro 3.000 a euro 6.000. E’ sempre disposto il
    sequestro delle cose che sono servite o sono state destinate a
    commettere l’illecito o che ne costituiscono il provento.».

Art. 21-quinquies

Modifiche alla disciplina sull’accattonaggio

  1. All’articolo 600-octies del codice penale sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
    «Chiunque organizzi l’altrui accattonaggio, se ne avvalga o
    comunque lo favorisca a fini di profitto e’ punito con la reclusione
    da uno a tre anni.»;
    b) la rubrica e’ sostituita dalla seguente: «Impiego di minori
    nell’accattonaggio. Organizzazione dell’accattonaggio».

Art. 21-sexies

Disposizioni in materia di parcheggiatori abusivi

  1. Il comma 15-bis dell’articolo 7 del codice della strada, di cui
    al decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285, e’ sostituito dal
    seguente:
    «15-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, coloro che
    esercitano senza autorizzazione, anche avvalendosi di altre persone,
    ovvero determinano altri ad esercitare senza autorizzazione
    l’attivita’ di parcheggiatore o guardiamacchine sono puniti con la
    sanzione amministrativa del pagamento di una somma da euro 771 ad
    euro 3.101. Se nell’attivita’ sono impiegati minori, o se il soggetto
    e’ gia’ stato sanzionato per la medesima violazione con provvedimento
    definitivo, si applica la pena dell’arresto da sei mesi a un anno e
    dell’ammenda da 2.000 a 7.000 euro. E’ sempre disposta la confisca
    delle somme percepite, secondo le modalita’ indicate al titolo VI,
    capo I, sezione II.».

Art. 22

Potenziamento di apparati tecnico-logistici del Ministero
dell’interno

  1. Al fine di corrispondere alle contingenti e straordinarie
    esigenze connesse all’espletamento dei compiti istituzionali della
    Polizia di Stato e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, per
    l’acquisto e il potenziamento dei sistemi informativi per il
    contrasto del terrorismo internazionale, ivi compreso il
    rafforzamento dei nuclei
    «Nucleare-Batteriologico-Chimico-Radiologico» (NBCR) del suddetto
    Corpo, nonche’ per il finanziamento di interventi diversi di
    manutenzione straordinaria e adattamento di strutture ed impianti, e’
    autorizzata in favore del Ministero dell’interno la spesa complessiva
    di 15.000.000 euro per l’anno 2018 e di 49.150.000 euro per ciascuno
    degli anni dal 2019 al 2025, da destinare:
    a) quanto a 10.500.000 euro per l’anno 2018 e a 36.650.000 euro
    per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, alla Polizia di Stato;
    b) quanto a 4.500.000 euro per l’anno 2018 e a 12.500.000 euro
    per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, al Corpo nazionale dei
    vigili del fuoco.
  2. Agli oneri di cui al comma 1 si provvede ai sensi dell’articolo

Art. 22-bis

Misure per il potenziamento e la sicurezza delle strutture
penitenziarie

  1. Al fine di favorire la piena operativita’ del Corpo di polizia
    penitenziaria, nonche’ l’incremento degli standard di sicurezza e
    funzionalita’ delle strutture penitenziarie, e’ autorizzata la spesa
    di 2 milioni di euro per l’anno 2018, di 15 milioni di euro per
    l’anno 2019 e di 25 milioni di euro annui per ciascuno degli anni dal
    2020 al 2026, da destinare ad interventi urgenti connessi al
    potenziamento, all’implementazione e all’aggiornamento dei beni
    strumentali, nonche’ alla ristrutturazione e alla manutenzione degli
    edifici e all’adeguamento dei sistemi di sicurezza.
  2. Per le ulteriori esigenze del Corpo di polizia penitenziaria
    connesse all’approvvigionamento di nuove uniformi e di vestiario, e’
    autorizzata la spesa di euro 4.635.000 per l’anno 2018.

Art. 23

Disposizioni in materia di blocco stradale

  1. Al decreto legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, sono apportate le
    seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 1, comma 1, le parole «in una strada ferrata»
    sono sostituite dalle seguenti: «in una strada ordinaria o ferrata o
    comunque ostruisce o ingombra una strada ordinaria o ferrata, ad
    eccezione dei casi previsti dall’articolo 1-bis,»;
    b) l’articolo 1-bis e’ sostituito dal seguente: «Art. 1-bis. – 1.
    Chiunque impedisce la libera circolazione su strada ordinaria,
    ostruendo la stessa con il proprio corpo, e’ punito con la sanzione
    amministrativa del pagamento di un somma da euro mille a euro
    quattromila. La medesima sanzione si applica ai promotori ed agli
    organizzatori.».
  2. All’articolo 4, comma 3, del decreto legislativo 25 luglio 1998,
    n. 286, dopo le parole «e degli articoli 473 e 474 del codice penale»
    sono inserite le seguenti: «, nonche’ dall’articolo 1 del decreto
    legislativo 22 gennaio 1948, n. 66, e dall’articolo 24 del regio
    decreto 18 giugno 1931, n. 773.».

Art. 23-bis

Modifiche al codice della strada

  1. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile
    1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) l’articolo 213 e’ sostituito dal seguente:
    «Art. 213 (Misura cautelare del sequestro e sanzione accessoria
    della confisca amministrativa). – 1. Nell’ipotesi in cui il presente
    codice prevede la sanzione accessoria della confisca amministrativa,
    l’organo di polizia che accerta la violazione provvede al sequestro
    del veicolo o delle altre cose oggetto della violazione facendone
    menzione nel verbale di contestazione della violazione.
  2. Nelle ipotesi di cui al comma 1, il proprietario o, in caso di
    sua assenza, il conducente del veicolo o altro soggetto obbligato in
    solido, e’ sempre nominato custode con l’obbligo di depositare il
    veicolo in un luogo di cui abbia la disponibilita’ o di custodirlo, a
    proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio,
    provvedendo al trasporto in condizioni di sicurezza per la
    circolazione stradale. Il documento di circolazione e’ trattenuto
    presso l’ufficio di appartenenza dell’organo di polizia che ha
    accertato la violazione. Il veicolo deve recare segnalazione visibile
    dello stato di sequestro con le modalita’ stabilite nel regolamento.
    Di cio’ e’ fatta menzione nel verbale di contestazione della
    violazione.
  3. Nelle ipotesi di cui al comma 5, qualora il soggetto che ha
    eseguito il sequestro non appartenga ad una delle Forze di polizia di
    cui all’articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, le spese di
    custodia sono anticipate dall’amministrazione di appartenenza. La
    liquidazione delle somme dovute alla depositeria spetta alla
    prefettura-ufficio territoriale del Governo. Divenuto definitivo il
    provvedimento di confisca, la liquidazione degli importi spetta
    all’Agenzia del demanio, a decorrere dalla data di trasmissione del
    provvedimento.
  4. E’ sempre disposta la confisca del veicolo in tutti i casi in
    cui questo sia stato adoperato per commettere un reato, diverso da
    quelli previsti nel presente codice, sia che il reato sia stato
    commesso da un conducente maggiorenne, sia che sia stato commesso da
    un conducente minorenne.
  5. All’autore della violazione o ad uno dei soggetti con il
    medesimo solidalmente obbligati che rifiutino ovvero omettano di
    trasportare o custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le
    prescrizioni fornite dall’organo di polizia, si applica la sanzione
    amministrativa del pagamento di una somma da euro 1.818 a euro 7.276,
    nonche’ la sanzione amministrativa accessoria della sospensione della
    patente di guida da uno a tre mesi. In caso di violazione commessa da
    minorenne, il veicolo e’ affidato in custodia ai genitori o a chi ne
    fa le veci o a persona maggiorenne appositamente delegata, previo
    pagamento delle spese di trasporto e custodia. Quando i soggetti
    sopra indicati si rifiutino di assumere la custodia del veicolo o non
    siano comunque in grado di assumerla, l’organo di polizia dispone
    l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto presso uno dei
    soggetti di cui all’articolo 214-bis. Di cio’ e’ fatta menzione nel
    verbale di contestazione della violazione. Il veicolo e’ trasferito
    in proprieta’ al soggetto a cui e’ consegnato, senza oneri per
    l’erario, quando, decorsi cinque giorni dalla comunicazione di cui al
    periodo seguente, l’avente diritto non ne abbia assunto la custodia,
    pagando i relativi oneri di recupero e trasporto. Del deposito del
    veicolo e’ data comunicazione mediante pubblicazione nel sito
    internet istituzionale della prefettura-ufficio territoriale del
    Governo competente. La somma ricavata dall’alienazione e’ depositata,
    sino alla definizione del procedimento in relazione al quale e’ stato
    disposto il sequestro, in un autonomo conto fruttifero presso la
    tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha ad oggetto la
    somma depositata; in ogni altro caso la medesima somma e’ restituita
    all’avente diritto.
  6. Fuori dei casi indicati al comma 5, entro i trenta giorni
    successivi alla data in cui, esauriti i ricorsi anche giurisdizionali
    proposti dall’interessato o decorsi inutilmente i termini per la loro
    proposizione, e’ divenuto definitivo il provvedimento di confisca, il
    custode del veicolo trasferisce il mezzo, a proprie spese e in
    condizioni di sicurezza per la circolazione stradale, presso il luogo
    individuato dal prefetto ai sensi delle disposizioni dell’articolo
    214-bis. Decorso inutilmente il suddetto termine, il trasferimento
    del veicolo e’ effettuato a cura dell’organo accertatore e a spese
    del custode, fatta salva l’eventuale denuncia di quest’ultimo
    all’autorita’ giudiziaria qualora si configurino a suo carico estremi
    di reato. Le cose confiscate sono contrassegnate dal sigillo
    dell’ufficio cui appartiene il pubblico ufficiale che ha proceduto al
    sequestro. Con decreto dirigenziale, di concerto fra il Ministero
    dell’interno e l’Agenzia del demanio, sono stabilite le modalita’ di
    comunicazione, tra gli uffici interessati, dei dati necessari
    all’espletamento delle procedure di cui al presente articolo.
  7. Avverso il provvedimento di sequestro e’ ammesso ricorso al
    prefetto ai sensi dell’articolo 203. Nel caso di rigetto del ricorso,
    il sequestro e’ confermato. La declaratoria di infondatezza
    dell’accertamento si estende alla misura cautelare ed importa il
    dissequestro del veicolo ovvero, nei casi indicati al comma 5, la
    restituzione della somma ricavata dall’alienazione. Quando ne
    ricorrono i presupposti, il prefetto dispone la confisca con
    l’ordinanza ingiunzione di cui all’articolo 204, ovvero con distinta
    ordinanza, stabilendo, in ogni caso, le necessarie prescrizioni
    relative alla sanzione accessoria. Il prefetto dispone la confisca
    del veicolo ovvero, nel caso in cui questo sia stato distrutto, della
    somma ricavata. Il provvedimento di confisca costituisce titolo
    esecutivo anche per il recupero delle spese di trasporto e di
    custodia del veicolo.
  8. Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il
    periodo in cui il veicolo e’ sottoposto al sequestro, circola
    abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino
    abusivamente e’ punito con la sanzione amministrativa del pagamento
    di una somma da euro 1.988 a euro 7.953. Si applica la sanzione
    amministrativa accessoria della revoca della patente. L’organo di
    polizia dispone l’immediata rimozione del veicolo e il suo trasporto
    presso uno dei soggetti di cui all’articolo 214-bis. Il veicolo e’
    trasferito in proprieta’ al soggetto a cui e’ consegnato, senza oneri
    per l’erario.
  9. La sanzione stabilita nel comma 1 non si applica se il veicolo
    appartiene a persone estranee alla violazione amministrativa.
  10. Il provvedimento con il quale e’ stata disposta la confisca del
    veicolo e’ comunicato dal prefetto al P.R.A. per l’annotazione nei
    propri registri.»;
    b) l’articolo 214 e’ sostituito dal seguente:
    «Art. 214 (Fermo amministrativo del veicolo). – 1. Nelle ipotesi in
    cui il presente codice prevede che all’accertamento della violazione
    consegua l’applicazione della sanzione accessoria del fermo
    amministrativo del veicolo, il proprietario, nominato custode, o, in
    sua assenza, il conducente o altro soggetto obbligato in solido, fa
    cessare la circolazione e provvede alla collocazione del veicolo in
    un luogo di cui abbia la disponibilita’ ovvero lo custodisce, a
    proprie spese, in un luogo non sottoposto a pubblico passaggio. Sul
    veicolo deve essere collocato un sigillo, secondo le modalita’ e con
    le caratteristiche definite con decreto del Ministero dell’interno,
    che, decorso il periodo di fermo amministrativo, e’ rimosso a cura
    dell’ufficio da cui dipende l’organo di polizia che ha accertato la
    violazione ovvero di uno degli organi di polizia stradale di cui
    all’articolo 12, comma 1. Il documento di circolazione e’ trattenuto
    presso l’organo di polizia, con menzione nel verbale di
    contestazione. All’autore della violazione o ad uno dei soggetti con
    il medesimo solidalmente obbligato che rifiuti di trasportare o
    custodire, a proprie spese, il veicolo, secondo le prescrizioni
    fornite dall’organo di polizia si applica la sanzione amministrativa
    del pagamento di una somma da euro 776 a euro 3.111, nonche’ la
    sanzione amministrativa accessoria della sospensione della patente di
    guida da uno a tre mesi. L’organo di polizia che procede al fermo
    dispone la rimozione del veicolo ed il suo trasporto in un apposito
    luogo di custodia, individuato ai sensi delle disposizioni
    dell’articolo 214-bis, secondo le modalita’ previste dal regolamento.
    Di cio’ e’ fatta menzione nel verbale di contestazione della
    violazione. Si applicano, in quanto compatibili, le norme sul
    sequestro dei veicoli, ivi comprese quelle di cui all’articolo 213,
    comma 5, e quelle per il pagamento ed il recupero delle spese di
    custodia.
  11. Nei casi di cui al comma 1, il veicolo e’ affidato in custodia
    all’avente diritto o, in caso di violazione commessa da minorenne, ai
    genitori o a chi ne fa le veci o a persona maggiorenne appositamente
    delegata, previo pagamento delle spese di trasporto e custodia.
  12. Se l’autore della violazione e’ persona diversa dal proprietario
    del veicolo, o da chi ne ha la legittima disponibilita’, e risulta
    altresi’ evidente all’organo di polizia che la circolazione e’
    avvenuta contro la volonta’ di costui, il veicolo e’ immediatamente
    restituito all’avente titolo. Della restituzione e’ redatto verbale,
    copia del quale viene consegnata all’interessato.
  13. Avverso il provvedimento di fermo amministrativo del veicolo e’
    ammesso ricorso al prefetto a norma dell’articolo 203.
  14. Salvo che il veicolo non sia gia’ stato trasferito in
    proprieta’, quando il ricorso sia accolto e l’accertamento della
    violazione dichiarato infondato l’ordinanza estingue la sanzione
    accessoria ed importa la restituzione del veicolo dall’organo di
    polizia indicato nel comma 1. La somma ricavata dall’alienazione e’
    depositata, sino alla definizione del procedimento in relazione al
    quale e’ stato disposto il sequestro, in un autonomo conto fruttifero
    presso la tesoreria dello Stato.
  15. Quando sia stata presentata opposizione ai sensi dell’articolo
    205, la restituzione non puo’ avvenire se non dopo il provvedimento
    dell’autorita’ giudiziaria che rigetta il ricorso.
  16. E’ sempre disposto il fermo amministrativo del veicolo per
    uguale durata nei casi in cui a norma del presente codice e’ previsto
    il provvedimento di sospensione della carta di circolazione. Per
    l’esecuzione provvedono gli organi di polizia di cui all’articolo 12,
    comma 1. Nel regolamento sono stabilite le modalita’ e le forme per
    eseguire detta sanzione accessoria.
  17. Il soggetto che ha assunto la custodia il quale, durante il
    periodo in cui il veicolo e’ sottoposto al fermo, circola
    abusivamente con il veicolo stesso o consente che altri vi circolino
    abusivamente e’ punito con la sanzione amministrativa del pagamento
    di una somma da euro 1.988 a euro 7.953. Si applicano le sanzioni
    amministrative accessorie della revoca della patente e della confisca
    del veicolo. L’organo di polizia dispone l’immediata rimozione del
    veicolo e il suo trasporto presso uno dei soggetti di cui
    all’articolo 214-bis. Il veicolo e’ trasferito in proprieta’ al
    soggetto a cui e’ consegnato, senza oneri per l’erario.»;
    c) all’articolo 214-bis, commi 1 e 2, le parole «comma 2-quater»
    sono sostituite dalle seguenti: «comma 5»;
    d) dopo l’articolo 215 e’ inserito il seguente:
    «Art. 215-bis (Censimento dei veicoli sequestrati, fermati,
    rimossi, dissequestrati e confiscati). – 1. I prefetti, con cadenza
    semestrale, provvedono a censire, sentiti anche gli organi
    accertatori per quanto di competenza, i veicoli giacenti da oltre sei
    mesi presso le depositerie di cui all’articolo 8 del decreto del
    Presidente della Repubblica 29 luglio 1982, n. 571, a seguito
    dell’applicazione, ai sensi del presente codice, di misure di
    sequestro e fermo, nonche’ per effetto di provvedimenti
    amministrativi di confisca non ancora definitivi e di dissequestro.
    Di tali veicoli, individuati secondo il tipo, il modello e il numero
    di targa o di telaio, indipendentemente dalla documentazione dello
    stato di conservazione, e’ formato apposito elenco, pubblicato nel
    sito internet istituzionale della prefettura-ufficio territoriale del
    Governo competente per territorio, in cui, per ciascun veicolo, sono
    riportati altresi’ i dati identificativi del proprietario risultanti
    al pubblico registro automobilistico.
  18. Nei trenta giorni successivi alla pubblicazione dell’elenco di
    cui al comma 1, il proprietario o uno degli altri soggetti indicati
    all’articolo 196 puo’ assumere la custodia del veicolo, provvedendo
    contestualmente alla liquidazione delle somme dovute alla
    depositeria, con conseguente estinzione del debito maturato nei
    confronti dello Stato allo stesso titolo. Di tale facolta’ e’ data
    comunicazione in sede di pubblicazione dell’elenco di cui al comma 1,
    con l’avviso che in caso di mancata assunzione della custodia i
    veicoli oggetto di fermo, sequestro e dissequestro sono da ritenersi
    abbandonati, mentre quelli oggetto di confisca non ancora definitiva
    sono da ritenersi definitivamente confiscati. Di tale confisca e’
    data comunicazione a cura del prefetto al pubblico registro
    automobilistico per l’annotazione nei propri registri. La
    prefettura-ufficio territoriale del Governo informa dell’inutile
    decorso dei predetti termini l’Agenzia del demanio, che provvede a
    gestire tali veicoli, anche ai soli fini della rottamazione nel caso
    di grave danneggiamento o deterioramento, secondo le procedure e le
    modalita’ dettate dal regolamento di cui al decreto del Presidente
    della Repubblica 13 febbraio 2001, n. 189. La liquidazione delle
    relative spese compete alla medesima Agenzia a decorrere dalla data
    di ricezione dell’informativa di cui al periodo precedente.
  19. La somma ricavata dall’alienazione e’ depositata, sino alla
    definizione del procedimento in relazione al quale e’ stato disposto
    il sequestro o il fermo, in un autonomo conto fruttifero presso la
    tesoreria dello Stato. In caso di confisca, questa ha a oggetto la
    somma depositata; in ogni altro caso la somma depositata e’
    restituita all’avente diritto.
  20. Con decreto dirigenziale, di concerto fra il Ministero
    dell’interno e l’Agenzia del demanio, sono stabilite le modalita’ di
    comunicazione, tra gli uffici interessati, dei dati necessari
    all’espletamento delle procedure di cui al presente articolo.».

Capo II
Disposizioni in materia di prevenzione e contrasto alla criminalità mafiosa

Art. 24

Modifiche al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159

  1. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, sono apportate
    le seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 10, dopo il comma 2-ter e’ inserito il seguente:
    «2-quater. In caso di conferma del decreto impugnato, la corte di
    appello pone a carico della parte privata che ha proposto
    l’impugnazione il pagamento delle spese processuali.»;
    b) all’articolo 17, al comma 3-bis sono apportate le seguenti
    modificazioni:
    1) alla lettera c), dopo la parola «comunicazione» e’ inserita
    la seguente: «sintetica» e le parole «La mancata comunicazione
    comporta l’inammissibilita’ della proposta» sono sostituite dalle
    seguenti: «Il procuratore nei dieci giorni successivi comunica
    all’autorita’ proponente l’eventuale sussistenza di pregiudizi per le
    indagini preliminari in corso. In tali casi, il procuratore concorda
    con l’autorita’ proponente modalita’ per la presentazione congiunta
    della proposta.»;
    2) la lettera d) e’ abrogata;
    c) all’articolo 19, comma 4, all’ultimo periodo, dopo le parole
    «sequestro della documentazione» sono inserite le seguenti: «di cui
    al primo periodo»;
    d) all’articolo 67, al comma 8, dopo le parole «comma 3-bis, del
    codice di procedura penale» sono inserite le seguenti: «nonche’ per i
    reati di cui all’articolo 640, secondo comma, n. 1), del codice
    penale, commesso a danno dello Stato o di un altro ente pubblico, e
    all’articolo 640-bis del codice penale».
    1-bis. Le disposizioni degli articoli 83, comma 3-bis, e 91, comma
    1-bis, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159,
    limitatamente ai terreni agricoli che usufruiscono di fondi europei
    per importi non superiori a 25.000 euro, non si applicano fino al 31
    dicembre 2019.
  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono
    derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
    Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le
    risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
    vigente.

Art. 25

Sanzioni in materia di subappalti illeciti

  1. All’articolo 21, comma 1, della legge 13 settembre 1982, n. 646,
    sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al primo periodo, le parole «l’arresto da sei mesi ad un anno
    e con l’ammenda» sono sostituite dalle seguenti: «la reclusione da
    uno a cinque anni e con la multa»;
    b) al secondo periodo, le parole «dell’arresto da sei mesi ad un
    anno e dell’ammenda» sono sostituite dalle seguenti: «della
    reclusione da uno a cinque anni e della multa.».

Art. 26

Monitoraggio dei cantieri

  1. All’articolo 99, comma 1, del decreto legislativo 9 aprile 2008,
    n. 81, dopo le parole «provinciale del lavoro» sono inserite le
    seguenti: «nonche’, limitatamente ai lavori pubblici, al prefetto».

Art. 26-bis

Piano di emergenza interno per gli impianti di stoccaggio e
lavorazione dei rifiuti

  1. I gestori di impianti di stoccaggio e di lavorazione dei
    rifiuti, esistenti o di nuova costruzione, hanno l’obbligo di
    predisporre un piano di emergenza interna allo scopo di:
    a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da
    minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per
    l’ambiente e per i beni;
    b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute
    umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti;
    c) informare adeguatamente i lavoratori e i servizi di emergenza e
    le autorita’ locali competenti;
    d) provvedere al ripristino e al disinquinamento dell’ambiente dopo
    un incidente rilevante.
  2. Il piano di emergenza interna e’ riesaminato, sperimentato e, se
    necessario, aggiornato dal gestore, previa consultazione del
    personale che lavora nell’impianto, ivi compreso il personale di
    imprese subappaltatrici a lungo termine, ad intervalli appropriati,
    e, comunque, non superiori a tre anni. La revisione tiene conto dei
    cambiamenti avvenuti nell’impianto e nei servizi di emergenza, dei
    progressi tecnici e delle nuove conoscenze in merito alle misure da
    adottare in caso di incidente rilevante.
  3. Per gli impianti esistenti, il piano di emergenza interna di cui
    al comma 1 e’ predisposto entro novanta giorni dalla data di entrata
    in vigore della legge di conversione del presente decreto.
  4. Il gestore trasmette al prefetto competente per territorio tutte
    le informazioni utili per l’elaborazione del piano di emergenza
    esterna, di cui al comma 5.
  5. Per gli impianti di cui ai commi precedenti, al fine di limitare
    gli effetti dannosi derivanti da incidenti rilevanti, il prefetto,
    d’intesa con le regioni e con gli enti locali interessati, predispone
    il piano di emergenza esterna all’impianto e ne coordina
    l’attuazione.
  6. Il piano di cui al comma 5 e’ predisposto allo scopo di:
    a) controllare e circoscrivere gli incidenti in modo da
    minimizzarne gli effetti e limitarne i danni per la salute umana, per
    l’ambiente e per i beni;
    b) mettere in atto le misure necessarie per proteggere la salute
    umana e l’ambiente dalle conseguenze di incidenti rilevanti, in
    particolare mediante la cooperazione rafforzata con l’organizzazione
    di protezione civile negli interventi di soccorso;
    c) informare adeguatamente la popolazione, i servizi di emergenza
    e le autorita’ locali competenti;
    d) provvedere sulla base delle disposizioni vigenti al ripristino
    e al disinquinamento dell’ambiente dopo un incidente rilevante.
  7. Il prefetto redige il piano di emergenza esterna entro dodici
    mesi dal ricevimento delle informazioni necessarie da parte del
    gestore, ai sensi del comma 4.
  8. Il piano di cui al comma 5 e’ riesaminato, sperimentato e, se
    necessario, aggiornato, previa consultazione della popolazione, dal
    prefetto ad intervalli appropriati e, comunque, non superiori a tre
    anni. La revisione tiene conto dei cambiamenti avvenuti negli
    impianti e nei servizi di emergenza, dei progressi tecnici e delle
    nuove conoscenze in merito alle misure da adottare in caso di
    incidenti rilevanti.
  9. Con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d’intesa
    con il Ministro dell’interno per gli aspetti concernenti la
    prevenzione degli incendi, previo accordo sancito in sede di
    Conferenza unificata, sono stabilite le linee guida per la
    predisposizione del piano di emergenza esterna e per la relativa
    informazione alla popolazione.
  10. All’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo
    si provvede senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica.

Art. 27

Disposizioni per migliorare la circolarita’ informativa

  1. L’articolo 160 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, e’
    sostituito dal seguente:
    «Art. 160. – Per le finalita’ di prevenzione generale di reati e
    per l’esercizio del potere di proposta di cui all’articolo 17, comma
    1, del decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, le cancellerie
    dei tribunali e delle corti di appello hanno l’obbligo di trasmettere
    ogni quindici giorni, anche per via telematica, il dispositivo delle
    sentenze di condanna irrevocabili a pene detentive al questore della
    provincia in cui il condannato ha la residenza o l’ultima dimora e al
    direttore della Direzione investigativa antimafia. Analogo obbligo
    sussiste per le cancellerie presso la sezione misure di prevenzione e
    presso l’ufficio G.I.P. del tribunale in relazione alla comunicazione
    di copia dei provvedimenti ablativi o restrittivi, emessi nell’ambito
    delle rispettive attribuzioni, alle questure competenti per
    territorio e alla Direzione investigativa antimafia.».
  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al presente articolo
    non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza
    pubblica. Le Amministrazioni interessate provvedono ai relativi
    adempimenti con le risorse umane, strumentali e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente.

Art. 28

Modifiche all’articolo 143 del decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
267

  1. All’articolo 143 del testo unico delle leggi sull’ordinamento
    degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
    267, dopo il comma 7 e’ inserito il seguente:
    «7-bis. Nell’ipotesi di cui al comma 7, qualora dalla relazione del
    prefetto emergano, riguardo ad uno o piu’ settori amministrativi,
    situazioni sintomatiche di condotte illecite gravi e reiterate, tali
    da determinare un’alterazione delle procedure e da compromettere il
    buon andamento e l’imparzialita’ delle amministrazioni comunali o
    provinciali, nonche’ il regolare funzionamento dei servizi ad esse
    affidati, il prefetto, sulla base delle risultanze dell’accesso, al
    fine di far cessare le situazioni riscontrate e di ricondurre alla
    normalita’ l’attivita’ amministrativa dell’ente, individua, fatti
    salvi i profili di rilevanza penale, i prioritari interventi di
    risanamento indicando gli atti da assumere, con la fissazione di un
    termine per l’adozione degli stessi, e fornisce ogni utile supporto
    tecnico-amministrativo a mezzo dei propri uffici. Decorso inutilmente
    il termine fissato, il prefetto assegna all’ente un ulteriore
    termine, non superiore a 20 giorni, per la loro adozione, scaduto il
    quale si sostituisce, mediante commissario ad acta,
    all’amministrazione inadempiente. Ai relativi oneri gli enti locali
    provvedono con le risorse disponibili a legislazione vigente sui
    propri bilanci.».
    1-bis. All’articolo 143, comma 11, del testo unico delle leggi
    sull’ordinamento degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18
    agosto 2000, n. 267, il primo periodo e’ sostituito dal seguente:
    «Fatta salva ogni altra misura interdittiva ed accessoria
    eventualmente prevista, gli amministratori responsabili delle
    condotte che hanno dato causa allo scioglimento di cui al presente
    articolo non possono essere candidati alle elezioni per la Camera dei
    deputati, per il Senato della Repubblica e per il Parlamento europeo
    nonche’ alle elezioni regionali, provinciali, comunali e
    circoscrizionali, in relazione ai due turni elettorali successivi
    allo scioglimento stesso, qualora la loro incandidabilita’ sia
    dichiarata con provvedimento definitivo.».

Art. 29

Modifiche in materia di attivita’ svolte negli enti locali dal
personale sovraordinato ai sensi dell’articolo 145 del decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267

  1. Le risorse di cui all’articolo 1, comma 706, della legge 27
    dicembre 2006, n. 296, possono essere incrementate, nel rispetto
    dell’invarianza dei saldi di finanza pubblica, fino ad un massimo di
    5.000.000 euro annui a decorrere dal 2018, mediante utilizzo delle
    risorse che si rendono disponibili nel corso dell’anno, relative alle
    assegnazioni a qualunque titolo spettanti agli enti locali,
    corrisposte annualmente dal Ministero dell’interno.
  2. Il Ministro dell’economia e delle finanze, su proposta del
    Ministro dell’interno, e’ autorizzato ad apportare con propri decreti
    le occorrenti variazioni compensative di bilancio.

Art. 29-bis

Modifiche al codice della strada, in materia di circolazione di
veicoli immatricolati all’estero

  1. Al codice della strada, di cui al decreto legislativo 30 aprile
    1992, n. 285, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) all’articolo 93:
    1) dopo il comma 1 sono inseriti i seguenti:
    «1-bis. Salvo quanto previsto dal comma 1-ter, e’ vietato, a chi ha
    stabilito la residenza in Italia da oltre sessanta giorni, circolare
    con un veicolo immatricolato all’estero.
    1-ter. Nell’ipotesi di veicolo concesso in leasing o in locazione
    senza conducente da parte di un’impresa costituita in un altro Stato
    membro dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo che non
    ha stabilito in Italia una sede secondaria o altra sede effettiva,
    nonche’ nell’ipotesi di veicolo concesso in comodato a un soggetto
    residente in Italia e legato da un rapporto di lavoro o di
    collaborazione con un’impresa costituita in un altro Stato membro
    dell’Unione europea o aderente allo Spazio economico europeo che non
    ha stabilito in Italia una sede secondaria od altra sede effettiva,
    nel rispetto delle disposizioni contenute nel codice doganale
    comunitario, a bordo del veicolo deve essere custodito un documento,
    sottoscritto dall’intestatario e recante data certa, dal quale
    risultino il titolo e la durata della disponibilita’ del veicolo. In
    mancanza di tale documento, la disponibilita’ del veicolo si
    considera in capo al conducente.
    1-quater. Nell’ipotesi di cui al comma 1-bis e ferma restando
    l’applicazione delle sanzioni previste dal comma 7-bis, se il veicolo
    non e’ immatricolato in Italia, l’intestatario chiede al competente
    ufficio della motorizzazione civile, previa consegna del documento di
    circolazione e delle targhe estere, il rilascio di un foglio di via e
    della relativa targa, ai sensi dell’articolo 99, al fine di condurre
    il veicolo oltre i transiti di confine. L’ufficio della
    motorizzazione civile provvede alla restituzione delle targhe e del
    documento di circolazione alle competenti autorita’ dello Stato che
    li ha rilasciati.»;
    2) dopo il comma 7 sono inseriti i seguenti:
    «7-bis. Per la violazione delle disposizioni di cui al comma 1-bis
    si applica la sanzione amministrativa del pagamento di una somma da
    euro 712 a euro 2.848. L’organo accertatore trasmette il documento di
    circolazione all’ufficio della motorizzazione civile competente per
    territorio, ordina l’immediata cessazione della circolazione del
    veicolo e il suo trasporto e deposito in luogo non soggetto a
    pubblico passaggio. Si applicano, in quanto compatibili, le
    disposizioni dell’articolo 213. Qualora, entro il termine di
    centottanta giorni decorrenti dalla data della violazione, il veicolo
    non sia immatricolato in Italia o non sia richiesto il rilascio di un
    foglio di via per condurlo oltre i transiti di confine, si applica la
    sanzione accessoria della confisca amministrativa ai sensi
    dell’articolo 213.
    7-ter. Per la violazione delle disposizioni di cui al comma 1-ter,
    primo periodo, si applica la sanzione amministrativa del pagamento di
    una somma da euro 250 a euro 1.000. Nel verbale di contestazione e’
    imposto l’obbligo di esibizione del documento di cui al comma 1-ter
    entro il termine di trenta giorni. Il veicolo e’ sottoposto alla
    sanzione accessoria del fermo amministrativo secondo le disposizioni
    dell’articolo 214, in quanto compatibili, ed e’ riconsegnato al
    conducente, al proprietario o al legittimo detentore, ovvero a
    persona delegata dal proprietario, solo dopo che sia stato esibito il
    documento di cui al comma 1-ter o, comunque, decorsi sessanta giorni
    dall’accertamento della violazione. In caso di mancata esibizione del
    documento, l’organo accertatore provvede all’applicazione della
    sanzione di cui all’articolo 94, comma 3, con decorrenza dei termini
    per la notificazione dal giorno successivo a quello stabilito per la
    presentazione dei documenti.»;
    b) all’articolo 132:
    1) al comma 1 sono aggiunti, in fine, i seguenti periodi: «Scaduto
    il termine di un anno, se il veicolo non e’ immatricolato in Italia,
    l’intestatario chiede al competente ufficio della motorizzazione
    civile, previa consegna del documento di circolazione e delle targhe
    estere, il rilascio di un foglio di via e della relativa targa, ai
    sensi dell’articolo 99, al fine di condurre il veicolo oltre i
    transiti di confine. L’ufficio della motorizzazione civile provvede
    alla restituzione delle targhe e del documento di circolazione alle
    competenti autorita’ dello Stato che li ha rilasciati.»;
    2) il comma 5 e’ sostituito dal seguente:
    «5. Fuori dei casi indicati all’articolo 93, comma 1-ter, chiunque
    viola le disposizioni di cui al comma 1 e’ soggetto alla sanzione
    amministrativa del pagamento di una somma da euro 712 a euro 2.848.
    L’organo accertatore trasmette il documento di circolazione
    all’ufficio della motorizzazione civile competente per territorio,
    ordina l’immediata cessazione della circolazione del veicolo e il suo
    trasporto e deposito in luogo non soggetto a pubblico passaggio. Si
    applicano, in quanto compatibili, le disposizioni dell’articolo 213.
    Se entro il termine di centottanta giorni, decorrenti dalla data
    della violazione, il veicolo non e’ immatricolato in Italia o non e’
    richiesto il rilascio di un foglio di via per condurlo oltre i
    transiti di confine, si applica la sanzione accessoria della confisca
    amministrativa ai sensi dell’articolo 213.»;
    c) all’articolo 196, comma 1, l’ultimo periodo e’ sostituito dai
    seguenti: «Nelle ipotesi di cui all’articolo 84 risponde solidalmente
    il locatario e in quelle di cui all’articolo 94, comma 4-bis,
    risponde solidalmente l’intestatario temporaneo del veicolo. Nei casi
    indicati all’articolo 93, commi 1-bis e 1-ter, e all’articolo 132,
    delle violazioni commesse risponde solidalmente la persona residente
    in Italia che ha, a qualunque titolo, la disponibilita’ del veicolo,
    se non prova che la circolazione del veicolo stesso e’ avvenuta
    contro la sua volonta’.».

Capo III
Disposizioni in materia di occupazioni arbitrarie di immobili

Art. 30

Modifica dell’articolo 633 del codice penale

  1. L’articolo 633 del codice penale e’ sostituito dal seguente:
    «Art. 633 (Invasione di terreni o edifici). – Chiunque invade
    arbitrariamente terreni o edifici altrui, pubblici o privati, al fine
    di occuparli o di trarne altrimenti profitto, e’ punito, a querela
    della persona offesa, con la reclusione da uno a tre anni e con la
    multa da euro 103 a euro 1032.
    Si applica la pena della reclusione da due a quattro anni e della
    multa da euro 206 a euro 2064 e si procede d’ufficio se il fatto e’
    commesso da piu’ di cinque persone o se il fatto e’ commesso da
    persona palesemente armata.
    Se il fatto e’ commesso da due o piu’ persone, la pena per i
    promotori o gli organizzatori e’ aumentata.».

Art. 31

Modifiche all’articolo 266 del codice di procedura penale

  1. All’articolo 266, comma 1, lettera f-ter), del codice di
    procedura penale, le parole «516 e 517-quater del codice penale;»
    sono sostituite dalle seguenti: «516, 517-quater e 633, secondo
    comma, del codice penale;».
  2. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 1 non devono
    derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
    Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le
    risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
    vigente.

Art. 31-bis

Modifica all’articolo 284 del codice di procedura penale

  1. All’articolo 284 del codice di procedura penale, dopo il comma
    1-bis e’ inserito il seguente:
    «1-ter. La misura cautelare degli arresti domiciliari non puo’
    essere eseguita presso un immobile occupato abusivamente.».

Art. 31-ter

Disposizioni in materia di occupazione arbitraria di immobili

  1. All’articolo 11 del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, i
    commi 1, 2 e 3 sono sostituiti dai seguenti:
    «1. Il prefetto, acquisito il parere del Comitato provinciale per
    l’ordine e la sicurezza pubblica in seduta allargata ai
    rappresentanti della regione, emana, ai sensi dell’articolo 13 della
    legge 1° aprile 1981, n. 121, direttive per la prevenzione delle
    occupazioni arbitrarie di immobili.
  2. Quando e’ richiesto l’intervento della Forza pubblica per
    l’esecuzione di un provvedimento di rilascio di immobili occupati
    arbitrariamente da cui puo’ derivare pericolo di turbative per
    l’ordine e la sicurezza pubblica, l’autorita’ o l’organo che vi
    provvede ne da’ comunicazione al prefetto.
  3. Il prefetto, ricevuta la comunicazione di cui al comma 2,
    convoca il Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica
    ai fini dell’emanazione delle direttive concernenti il concorso delle
    diverse componenti della Forza pubblica nell’esecuzione del
    provvedimento, estendendo la partecipazione ai rappresentanti della
    regione. Il prefetto comunica tempestivamente all’autorita’
    giudiziaria che ha emesso il provvedimento di rilascio l’intervenuta
    esecuzione dello stesso.
    3.1. Il prefetto, qualora ravvisi la necessita’ di definire un
    piano delle misure emergenziali necessarie per la tutela dei soggetti
    in situazione di fragilita’ che non sono in grado di reperire
    autonomamente una sistemazione alloggiativa alternativa, sentito il
    Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica, istituisce
    una cabina di regia incaricata di provvedere nel termine di novanta
    giorni. Della cabina di regia fanno parte, oltre a rappresentanti
    della prefettura, anche rappresentanti della regione e degli enti
    locali interessati, nonche’ degli enti competenti in materia di
    edilizia residenziale pubblica. Ai rappresentanti della cabina di
    regia non spetta alcun compenso, indennita’, gettone di presenza,
    rimborso di spese o altro emolumento comunque denominato.
    3.2. Alla scadenza del termine di novanta giorni di cui al comma
    3.1, il prefetto riferisce all’autorita’ giudiziaria gli esiti
    dell’attivita’ svolta dalla cabina di regia, indicando i tempi di
    esecuzione del provvedimento di rilascio ovvero le ragioni che ne
    rendono necessario il differimento. L’autorita’ giudiziaria
    competente per l’esecuzione, tenuto conto delle informazioni
    ricevute, adotta i provvedimenti necessari, ivi compreso quello di
    differimento dell’esecuzione. Ferma restando la responsabilita’ anche
    sotto il profilo risarcitorio degli autori del reato di occupazione
    abusiva, al proprietario o al titolare di altro diritto reale di
    godimento sull’immobile e’ liquidata dal prefetto un’indennita’
    onnicomprensiva per il mancato godimento del bene, secondo criteri
    equitativi che tengono conto dello stato dell’immobile, della sua
    destinazione, della durata dell’occupazione, dell’eventuale fatto
    colposo del proprietario nel non avere impedito l’occupazione.
    L’indennita’ e’ riconosciuta a decorrere dalla scadenza del termine
    di novanta giorni di cui al comma 3.1 e non e’ dovuta se l’avente
    diritto ha dato causa o ha concorso a dare causa con dolo o colpa
    grave all’occupazione arbitraria. Avverso il provvedimento che ha
    disposto la liquidazione dell’indennita’ il proprietario
    dell’immobile puo’ proporre ricorso dinanzi al tribunale del luogo
    ove l’immobile si trova. Il ricorso e’ proposto, a pena di
    inammissibilita’, entro trenta giorni dalla comunicazione del
    provvedimento di liquidazione dell’indennita’. Si applicano gli
    articoli 737 e seguenti del codice di procedura civile e il tribunale
    decide in composizione monocratica. Il reclamo si propone al
    tribunale e del collegio non puo’ far parte il giudice che ha
    pronunciato il provvedimento.
    3.3. Il differimento dell’esecuzione del provvedimento di rilascio
    non puo’ superare un anno decorrente dalla data di adozione del
    relativo provvedimento.
    3.4. Ai fini della corresponsione dell’indennita’ di cui al comma
    3.2, nello stato di previsione del Ministero dell’interno e’
    istituito un fondo con una dotazione iniziale di 2 milioni di euro
    annui a decorrere dal 2018. Agli oneri derivanti dal presente comma
    si provvede mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle
    entrate di cui all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23
    febbraio 1999, n. 44, affluite all’entrata del bilancio dello Stato,
    che restano acquisite all’erario. Il fondo potra’ essere alimentato
    anche con le risorse provenienti dal Fondo unico giustizia di cui
    all’articolo 61, comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per
    la quota spettante al Ministero dell’interno.
    3.5. Qualora al prefetto sia richiesto l’ausilio della Forza
    pubblica per l’esecuzione di una pluralita’ di ordinanze di rilascio
    da cui puo’ derivare pericolo di turbative per l’ordine e la
    sicurezza pubblica, convoca il Comitato provinciale per l’ordine e la
    sicurezza pubblica, allargato ai rappresentanti della regione, per la
    predisposizione del programma degli interventi. La determinazione del
    programma degli interventi avviene secondo criteri di priorita’ che
    tengono conto della situazione dell’ordine e della sicurezza pubblica
    negli ambiti territoriali interessati, dei possibili rischi per
    l’incolumita’ e la salute pubblica, dei diritti dei soggetti
    proprietari degli immobili, nonche’ dei livelli assistenziali che
    devono essere garantiti agli aventi diritto dalle regioni e dagli
    enti locali. Il programma degli interventi e’ comunicato
    all’autorita’ giudiziaria che ha adottato le ordinanze di rilascio
    nonche’ ai soggetti proprietari. Il termine di novanta giorni di cui
    al comma 3.1 inizia a decorrere, per ciascun intervento, dalla data
    individuata in base al programma degli interventi.
    3.6. Avverso il programma di cui al comma 3.5 e’ ammesso ricorso
    innanzi al giudice amministrativo, che decide con il rito di cui
    all’articolo 119 del decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104.
    L’eventuale annullamento del predetto provvedimento puo’ dar luogo,
    salvi i casi di dolo o colpa grave, esclusivamente al risarcimento in
    forma specifica, consistente nell’obbligo per l’amministrazione di
    disporre gli interventi necessari ad assicurare la cessazione della
    situazione di occupazione arbitraria dell’immobile.».
  4. Il rispetto della procedura di cui ai commi da 3 a 3.6
    dell’articolo 11 del citato decreto-legge n. 14 del 2017, come
    modificato dal comma 1 del presente articolo, esonera il Ministero
    dell’interno ed i suoi organi periferici dalla responsabilita’ civile
    e amministrativa per la mancata esecuzione di provvedimenti di
    rilascio di immobili abusivamente occupati, qualora la stessa sia
    dipesa dall’impossibilita’ di individuare le misure emergenziali di
    cui al comma 3.1 del citato articolo 11, ovvero dalla necessita’ di
    assicurare la salvaguardia della pubblica e privata incolumita’. Nei
    predetti casi e’ dovuta esclusivamente l’indennita’ di cui al comma
    3.2 del citato articolo 11.
  5. Le disposizioni di cui all’articolo 11 del citato decreto-legge
    n. 14 del 2017, come modificato dal comma 1 del presente articolo, si
    applicano anche alle controversie per le quali non sia intervenuta
    sentenza alla data di entrata in vigore della legge di conversione
    del presente decreto.

Titolo III
DISPOSIZIONI PER LA FUNZIONALITÀ DEL MINISTERO DELL’INTERNO NONCHÉ SULL’ORGANIZZAZIONE E IL FUNZIONAMENTO DELL’AGENZIA NAZIONALE PER L’AMMINISTRAZIONE E LA DESTINAZIONE DEI BENI SEQUESTRATI E CONFISCATI ALLA CRIMINALITÀ ORGANIZZATA
Capo I
Disposizioni per la funzionalità del Ministero dell’interno

Art. 32

Disposizioni per la riorganizzazione dell’amministrazione civile del
Ministero dell’interno

  1. Nell’ambito dei processi di riduzione organizzativa e al fine di
    garantire gli obiettivi complessivi di economicita’ e di revisione
    della spesa previsti dalla legislazione vigente, il Ministero
    dell’interno applica la riduzione percentuale del 20 per cento
    prevista dall’articolo 2, comma 1, lettera a), del decreto-legge 6
    luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7
    agosto 2012, n. 135, nella misura pari a ventinove posti di livello
    dirigenziale generale, attraverso:
    a) la riduzione di otto posti di livello dirigenziale generale
    assegnati ai prefetti nell’ambito degli Uffici centrali del Ministero
    dell’interno di cui al decreto del Presidente della Repubblica 7
    settembre 2001, n. 398, con conseguente rideterminazione della
    dotazione organica dei prefetti di cui alla Tabella 1 allegata al
    decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22 maggio 2015,
    pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 18 settembre 2015;
    b) la soppressione di ventuno posti di prefetto collocati a
    disposizione per specifiche esigenze in base alla normativa vigente,
    secondo le modifiche di seguito indicate:
    1) all’articolo 237 del decreto del Presidente della Repubblica
    10 gennaio 1957, n. 3, il terzo comma e’ sostituito dal seguente: «I
    prefetti a disposizione non possono eccedere il numero di due oltre
    quelli dei posti del ruolo organico»;
    2) all’articolo 3-bis, comma 1, del decreto-legge 29 ottobre
    1991, n. 345, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 dicembre
    1991, n. 410, le parole «del 15 per cento» sono sostituite dalle
    seguenti: «del 5 per cento»;
    3) all’articolo 12, comma 2-bis, primo periodo, del decreto
    legislativo 19 maggio 2000, n. 139, dopo le parole «i prefetti», sono
    inserite le seguenti: «entro l’aliquota dell’1 per cento».
  2. Restano ferme le dotazioni organiche dei viceprefetti e dei
    viceprefetti aggiunti, del personale appartenente alle qualifiche
    dirigenziali di prima e di seconda fascia, nonche’ del personale non
    dirigenziale appartenente alle aree prima, seconda e terza
    dell’Amministrazione civile dell’interno di cui alla Tabella 1
    allegata al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 22
    maggio 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 217 del 18
    settembre 2015.
  3. All’articolo 42, comma 1, della legge 1° aprile 1981, n. 121, le
    parole «di 17 posti» sono sostituite dalle seguenti: «di 14 posti».
  4. Il Ministero dell’interno adotta, con le modalita’ e nel termine
    di cui all’articolo 12, comma 1-bis, primo periodo, del decreto-legge
    17 febbraio 2017, n. 13, convertito, con modificazioni, dalla legge
    13 aprile 2017, n. 46, il relativo regolamento di organizzazione.
    Entro il medesimo termine si provvede a dare attuazione alle
    disposizioni di cui all’articolo 2, comma 11, lettera b), del
    decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, convertito, con modificazioni,
    dalla legge 7 agosto 2012, n. 135, con conseguente riassorbimento,
    entro il biennio successivo, degli effetti derivanti dalle riduzioni
    di cui ai commi 1 e 2.

Art. 32-bis

Istituzione del Nucleo per la composizione delle Commissioni
straordinarie per la gestione degli enti sciolti per fenomeni di
infiltrazione e di condizionamento di tipo mafioso o similare

  1. Presso il Dipartimento per le politiche del personale
    dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e
    finanziarie del Ministero dell’interno – Direzione centrale per le
    risorse umane e’ istituito un apposito nucleo, composto da personale
    della carriera prefettizia, nell’ambito del quale sono individuati i
    componenti della commissione straordinaria di cui agli articoli 143 e
    144 del testo unico di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
    267, per la gestione degli enti sciolti per fenomeni di infiltrazione
    e di condizionamento di tipo mafioso o similare.
  2. Al nucleo di cui al comma 1 e’ assegnato, nell’ambito delle
    risorse organiche della carriera prefettizia, un contingente di
    personale non superiore a cinquanta unita’, di cui dieci con
    qualifica di prefetto e quaranta con qualifica fino a viceprefetto.
  3. Le unita’ di personale individuate nell’ambito del nucleo di cui
    al comma 1 quali componenti della commissione straordinaria nominata
    ai sensi degli articoli 143 e 144 del decreto legislativo 18 agosto
    2000, n. 267, possono essere collocate in posizione di disponibilita’
    in base alla vigente normativa, per l’esercizio a tempo pieno e in
    via esclusiva delle funzioni commissariali, ove l’amministrazione ne
    ravvisi l’urgenza.
  4. Con decreto del Ministro dell’interno di natura non
    regolamentare, sono individuati le modalita’, i criteri e la durata
    di assegnazione al nucleo di cui al comma 1, in conformita’ alle
    disposizioni di cui al decreto legislativo 19 maggio 2000, n. 139.
  5. Fermi restando i compensi spettanti per lo svolgimento delle
    attivita’ commissariali indicate al comma 1, la mera assegnazione al
    nucleo non determina l’attribuzione di compensi, indennita’, gettoni
    di presenza, rimborsi di spese o emolumenti comunque denominati.

Art. 32-ter

Nomina del presidente della Commissione per la progressione in
carriera di cui all’articolo 17 del decreto legislativo 19 maggio
2000, n. 139

  1. All’articolo 17, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo
    19 maggio 2000, n. 139, le parole: «scelto tra quelli preposti alle
    attivita’ di controllo e valutazione di cui al decreto legislativo 30
    luglio 1999, n. 286,» sono soppresse.

Art. 32-quater

Disposizioni in materia di tecnologia 5G

  1. All’articolo 1, comma 1036, della legge 27 dicembre 2017, n.
    205, le parole: «, avvalendosi degli organi della polizia postale e
    delle comunicazioni ai sensi dell’articolo 98 del codice di cui al
    decreto legislativo 1° agosto 2003, n. 259» sono sostituite dalle
    seguenti: «. A tal fine i predetti Ispettorati possono richiedere al
    prefetto l’ausilio della Forza pubblica».

Art. 32-quinquies

Riorganizzazione del Servizio centrale di protezione

  1. All’articolo 14 del decreto-legge 15 gennaio 1991, n. 8,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 15 marzo 1991, n. 82, sono
    apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 1, al primo periodo, le parole: «Ministro del tesoro,
    del bilancio e della programmazione economica» sono sostituite dalle
    seguenti: «Ministro dell’economia e delle finanze» e il secondo
    periodo e’ sostituito dal seguente: «Il Servizio centrale di
    protezione e’ articolato in almeno due divisioni dotate di personale
    e strutture differenti e autonome, in modo da assicurare la
    trattazione separata delle posizioni dei collaboratori di giustizia e
    dei testimoni di giustizia»;
    b) dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
    «1-bis. All’attuazione del presente articolo si provvede nei limiti
    delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
    legislazione vigente».

Art. 32-sexies

Istituzione del Centro Alti Studi del Ministero dell’interno

  1. Per la valorizzazione della cultura istituzionale e
    professionale del personale dell’Amministrazione civile dell’interno
    e’ istituito il Centro Alti Studi del Ministero dell’interno
    nell’ambito del Dipartimento per le politiche del personale
    dell’Amministrazione civile e per le risorse strumentali e
    finanziarie che opera presso la Sede didattico-residenziale, con
    compiti di promozione, organizzazione e realizzazione di iniziative,
    anche di carattere seminariale, finalizzate allo studio e
    all’approfondimento dei profili normativi e amministrativi attinenti
    all’esercizio delle funzioni e dei compiti dell’Amministrazione
    civile dell’interno, nonche’ alla realizzazione di studi e ricerche
    sulle attribuzioni del Ministero dell’interno.
  2. Il Centro Alti Studi del Ministero dell’interno, fermi restando
    la dotazione organica e il contingente dei prefetti collocati a
    disposizione ai sensi della normativa vigente, e’ presieduto da un
    prefetto, con funzioni di presidente, ed opera attraverso un
    consiglio direttivo e un comitato scientifico i cui componenti sono
    scelti fra rappresentanti dell’Amministrazione civile dell’interno,
    docenti universitari ed esperti in discipline amministrative,
    storiche, sociali e della comunicazione. Al presidente e ai
    componenti degli organi di cui al periodo precedente non spetta la
    corresponsione di compensi, rimborsi di spese, emolumenti o gettoni
    di presenza comunque denominati. Il Centro Alti Studi del Ministero
    dell’interno non costituisce articolazione di livello dirigenziale
    del Ministero dell’interno.
  3. Per le spese di promozione, organizzazione e realizzazione di
    iniziative, anche di carattere seminariale, nonche’ realizzazione di
    studi e ricerche, e’ autorizzata la spesa di 50.000 euro annui a
    decorrere dal 2019. Al relativo onere si provvede mediante
    corrispondente utilizzo delle risorse destinate alle spese di
    funzionamento della Sede didattico-residenziale di cui al comma 1.
  4. Fatto salvo quanto disposto dal comma 3, all’attuazione delle
    disposizioni di cui al presente articolo si provvede nell’ambito
    delle risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a
    legislazione vigente e comunque senza nuovi o maggiori oneri a carico
    della finanza pubblica.

Art. 33

Norme in materia di pagamento dei compensi per lavoro straordinario
delle Forze di polizia

  1. Al fine di garantire le esigenze di tutela dell’ordine e della
    sicurezza pubblica, a decorrere dall’esercizio finanziario 2018, per
    il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro straordinario
    svolte dagli appartenenti alle Forze di polizia, di cui all’articolo
    16 della legge 1° aprile 1981, n. 121, e’ autorizzata, a valere sulle
    disponibilita’ degli stanziamenti di bilancio, la spesa per un
    ulteriore importo di 38.091.560 euro in deroga al limite di cui
    all’articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n.
  2. Il pagamento dei compensi per prestazioni di lavoro
    straordinario di cui al comma 1, nelle more dell’adozione del decreto
    di cui all’articolo 43, tredicesimo comma, della legge 1° aprile
    1981, n. 121, e’ autorizzato entro i limiti massimi fissati dal
    decreto applicabile all’anno finanziario precedente.

Art. 34

Incremento richiami personale volontario del Corpo nazionale dei
vigili del fuoco

  1. Per le finalita’ di cui all’articolo 9, commi 1 e 2, del decreto
    legislativo 8 marzo 2006, n. 139, gli stanziamenti di spesa per la
    retribuzione del personale volontario del Corpo nazionale dei vigili
    del fuoco, iscritti nello stato di previsione del Ministero
    dell’interno, nell’ambito della missione «Soccorso civile», sono
    incrementati di 5,9 milioni di euro per l’anno 2019 e di 5 milioni di
    euro a decorrere dall’anno 2020.
  2. L’impiego del personale volontario, ai sensi dell’articolo 9 del
    decreto legislativo 8 marzo 2006, n. 139, e’ disposto nel limite
    dell’autorizzazione annuale di spesa, pari a 20.952.678 euro per
    l’anno 2019 e a 20.052.678 euro a decorrere dall’anno 2020.
  3. Per l’attuazione del presente articolo e’ autorizzata la spesa
    di 5,9 milioni di euro per l’anno 2019 e di 5 milioni di euro a
    decorrere dall’anno 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi
    dell’articolo 39.

Art. 35

Ulteriori disposizioni in materia di riordino dei ruoli e delle
carriere del personale delle Forze di polizia e delle Forze armate

  1. Al fine di adottare provvedimenti normativi in materia di
    riordino dei ruoli e delle carriere del personale delle Forze di
    polizia e delle Forze armate, ivi comprese le Capitanerie di porto,
    volti a correggere ed integrare il decreto legislativo 29 maggio
    2017, n. 94, e il decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 95, e’
    istituito un apposito fondo nello stato di previsione del Ministero
    dell’economia e delle finanze, nel quale confluiscono le risorse di
    cui all’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 3, comma 155,
    secondo periodo, della legge 24 dicembre 2003, n. 350, con
    riferimento alle risorse gia’ affluite ai sensi dell’articolo 7,
    comma 2, lettera a), del decreto-legge 16 ottobre 2017, n. 148,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 2017, n. 172, e
    non utilizzate in attuazione dell’articolo 8, comma 6, della legge 7
    agosto 2015, n. 124, alle quali si aggiunge una quota pari a
    5.000.000 euro, a decorrere dall’anno 2018, dei risparmi di spesa di
    parte corrente di natura permanente, di cui all’articolo 4, comma 1,
    lettere c) e d), della legge 31 dicembre 2012, n. 244.

Art. 35-bis

Disposizioni in materia di assunzioni a tempo indeterminato di
personale della polizia municipale

  1. Al fine di rafforzare le attivita’ connesse al controllo del
    territorio e di potenziare gli interventi in materia di sicurezza
    urbana, i comuni che nel triennio 2016-2018 hanno rispettato gli
    obiettivi dei vincoli di finanza pubblica possono, nell’anno 2019, in
    deroga alle disposizioni di cui all’articolo 1, comma 228, della
    legge 28 dicembre 2015, n. 208, assumere a tempo indeterminato
    personale di polizia municipale, nel limite della spesa sostenuta per
    detto personale nell’anno 2016 e fermo restando il conseguimento
    degli equilibri di bilancio. Le cessazioni nell’anno 2018 del
    predetto personale non rilevano ai fini del calcolo delle facolta’
    assunzionali del restante personale.

Art. 35-ter

Modifiche all’articolo 50 del testo unico di cui al decreto
legislativo 18 agosto 2000, n. 267

  1. All’articolo 50 del testo unico delle leggi sull’ordinamento
    degli enti locali, di cui al decreto legislativo 18 agosto 2000, n.
    267, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 7-bis, dopo le parole: «anche in relazione allo
    svolgimento di specifici eventi,» sono inserite le seguenti: «o in
    altre aree comunque interessate da fenomeni di aggregazione
    notturna,» e sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonche’
    limitazioni degli orari di vendita degli esercizi del settore
    alimentare o misto, e delle attivita’ artigianali di produzione e
    vendita di prodotti di gastronomia pronti per il consumo immediato e
    di erogazione di alimenti e bevande attraverso distributori
    automatici»;
    b) dopo il comma 7-bis e’ inserito il seguente:
    «7-bis.1. L’inosservanza delle ordinanze emanate dal Sindaco ai
    sensi del comma 7-bis e’ punita con la sanzione amministrativa
    pecuniaria del pagamento di una somma da 500 euro a 5.000 euro.
    Qualora la stessa violazione sia stata commessa per due volte in un
    anno, si applicano le disposizioni di cui all’articolo 12, comma 1,
    del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, anche se il
    responsabile ha proceduto al pagamento della sanzione in misura
    ridotta, ai sensi dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n.
    689.».

Art. 35-quater

Potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza urbana da
parte dei comuni

  1. Per il potenziamento delle iniziative in materia di sicurezza
    urbana da parte dei comuni e’ istituito nello stato di previsione del
    Ministero dell’interno un apposito fondo, con una dotazione pari a 2
    milioni di euro per l’anno 2018 e a 5 milioni di euro per ciascuno
    degli anni 2019 e 2020. Le risorse del suddetto fondo possono essere
    destinate anche ad assunzioni a tempo determinato di personale di
    polizia locale, nei limiti delle predette risorse e anche in deroga
    all’articolo 9, comma 28, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n. 122.
  2. Alla copertura dei relativi oneri si provvede:
    a) quanto a euro 1 milione per l’anno 2018, mediante
    corrispondente riduzione del Fondo di cui all’articolo 1, comma 200,
    della legge 23 dicembre 2014, n. 190;
    b) quanto a euro 1 milione per l’anno 2018 e a euro 5 milioni per
    l’anno 2020, mediante corrispondente riduzione del Fondo per
    interventi strutturali di politica economica, di cui all’articolo 10,
    comma 5, del decreto-legge 29 novembre 2004, n. 282, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 27 dicembre 2004, n. 307;
    c) quanto a euro 5 milioni per l’anno 2019, mediante
    corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui
    all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999,
    n. 44, affluite all’entrata del bilancio dello Stato, che restano
    acquisite all’erario.
  3. Il fondo di cui al comma 1 potra’ essere alimentato anche con le
    risorse provenienti dal Fondo unico giustizia di cui all’articolo 61,
    comma 23, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con
    modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, per la quota
    spettante al Ministero dell’interno.
  4. Le modalita’ di presentazione delle richieste da parte dei
    comuni interessati nonche’ i criteri di ripartizione delle risorse
    del fondo di cui al comma 1 sono individuate, entro novanta giorni
    dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del
    presente decreto, con decreto del Ministro dell’interno, da adottare
    di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sentita la
    Conferenza Stato-citta’ ed autonomie locali.

Art. 35-quinquies

Videosorveglianza

  1. Al fine di potenziare gli interventi in materia di sicurezza
    urbana per la realizzazione degli obiettivi di cui all’articolo 5,
    comma 2, lettera a), del decreto-legge 20 febbraio 2017, n. 14,
    convertito, con modificazioni, dalla legge 18 aprile 2017, n. 48, con
    riferimento all’installazione, da parte dei comuni, di sistemi di
    videosorveglianza, l’autorizzazione di spesa di cui all’articolo 5,
    comma 2-ter, del citato decreto-legge n. 14 del 2017 e’ incrementata
    di 10 milioni di euro per l’anno 2019, di 17 milioni di euro per
    l’anno 2020, di 27 milioni di euro per l’anno 2021 e di 36 milioni di
    euro per l’anno 2022.
  2. Al relativo onere si provvede mediante corrispondente riduzione
    delle autorizzazioni di spesa di cui all’articolo 1, comma 140,
    lettere b) ed e), della legge 11 dicembre 2016, n. 232, nell’ambito
    del programma «Contrasto al crimine, tutela dell’ordine e della
    sicurezza pubblica» della missione «Ordine pubblico e sicurezza»
    dello stato di previsione del Ministero dell’interno.
  3. Le autorizzazioni di spesa di cui al comma 2 possono essere
    reintegrate mediante rimodulazione di risorse finanziarie assegnate o
    da assegnare al Ministero dell’interno per la realizzazione di
    investimenti.

Art. 35-sexies

Utilizzo degli aeromobili a pilotaggio remoto da parte delle Forze di
polizia di cui all’articolo 16, primo comma, della legge 1° aprile
1981, n. 121

  1. All’articolo 5 del decreto-legge 18 febbraio 2015, n. 7,
    convertito, con modificazioni, dallalegge 17 aprile 2015, n. 43, il
    primo periodo del comma 3-sexiese’ sostituito dal seguente: «Fermo
    restando quanto disposto dal codice della navigazione e dalla
    disciplina dell’Unione europea, con decreto del Ministro
    dell’interno, di concerto con il Ministro della difesa, con il
    Ministro dell’economia e delle finanze e con il Ministro delle
    infrastrutture e dei trasporti, da emanare, sentito l’Ente nazionale
    per l’aviazione civile (ENAC), entro centoventi giorni dalla data di
    entrata in vigore della presente disposizione, sono disciplinate le
    modalita’ di utilizzo, da parte delle Forze di polizia, degli
    aeromobili a pilotaggio remoto, comunemente denominati “droni”, ai
    fini del controllo del territorio per finalita’ di pubblica
    sicurezza, con particolare riferimento al contrasto del terrorismo e
    alla prevenzione dei reati di criminalita’ organizzata e ambientale,
    nonche’ per le finalita’ di cui all’articolo 2, comma 1, del decreto
    legislativo 19 agosto 2016, n. 177, e, per il Corpo della guardia di
    finanza, anche ai fini dell’assolvimento delle funzioni di polizia
    economica e finanziaria di cui all’articolo 2 del decreto legislativo
    19 marzo 2001, n. 68.».

Capo II
Disposizioni sull’organizzazione e il funzionamento dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata

Art. 36

Razionalizzazione delle procedure di gestione e destinazione dei beni
confiscati

  1. All’articolo 35 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, al comma 2, secondo periodo, dopo le parole «comunque non
    superiore a tre,» sono inserite le seguenti: «con esclusione degli
    incarichi gia’ in corso quale coadiutore,».
    1-bis. All’articolo 35-bis del decreto legislativo 6 settembre
    2011, n. 159, il comma 3 e’ sostituito dal seguente: «3. Al fine di
    consentire la prosecuzione dell’attivita’ dell’impresa sequestrata o
    confiscata, dalla data di nomina dell’amministratore giudiziario e
    fino all’eventuale provvedimento di dissequestro dell’azienda o di
    revoca della confisca della stessa, o fino alla data di destinazione
    dell’azienda, disposta ai sensi dell’articolo 48, sono sospesi gli
    effetti della pregressa documentazione antimafia interdittiva,
    nonche’ le procedure pendenti preordinate al conseguimento dei
    medesimi effetti.».
  2. All’articolo 38 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    0a) al comma 2:
    1) al primo periodo, le parole: «sequestro e» sono sostituite
    dalla seguente: «sequestro,» e dopo la parola: «straordinaria» sono
    inserite le seguenti: «e i dati, individuati dal regolamento di
    attuazione previsto dall’articolo 113, comma 1, lettera c),
    indispensabili per lo svolgimento dei propri compiti istituzionali»;
    2) al secondo periodo, le parole: «inserendo tutti» sono
    sostituite dalle seguenti: «aggiornando dalla data del provvedimento
    di confisca di secondo grado»;
    3) il terzo periodo e’ soppresso;
    a) al comma 3:
    1) al secondo periodo, dopo la parola «coadiutore,» sono
    inserite le seguenti: «che puo’ essere»;
    2) dopo il secondo periodo e’ inserito il seguente: «Qualora
    sia diverso dall’amministratore giudiziario, il coadiutore nominato
    dall’Agenzia deve essere scelto tra gli iscritti, rispettivamente,
    agli albi richiamati all’articolo 35, commi 2 e 2-bis.»;
    3) e’ aggiunto, in fine, il seguente periodo: «All’attuazione
    del presente comma, si provvede con le risorse umane e finanziarie
    disponibili a legislazione vigente.».
    2-bis. All’articolo 41-ter, comma 1, del decreto legislativo 6
    settembre 2011, n. 159, nell’alinea, le parole: «sono istituiti,
    presso le prefetture-uffici territoriali del Governo, tavoli
    provinciali permanenti sulle aziende sequestrate e confiscate, aventi
    il compito di» sono sostituite dalle seguenti: «il prefetto puo’
    istituire, presso la prefettura-ufficio territoriale del Governo, un
    tavolo provinciale sulle aziende sequestrate e confiscate, avente il
    compito di».
    2-ter. All’articolo 43 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 1, le parole: «il provvedimento di confisca di primo
    grado, entro sessanta giorni dal deposito» sono sostituite dalle
    seguenti: «i provvedimenti di confisca di primo e di secondo grado,
    entro sessanta giorni dal deposito di ciascuno dei medesimi
    provvedimenti»;
    b) il comma 5-bis e’ sostituito dal seguente: «5-bis. Dopo il
    conferimento di cui all’articolo 38, comma 3, l’Agenzia provvede al
    rendiconto ai sensi dei commi precedenti qualora la confisca venga
    revocata. In caso di confisca definitiva l’Agenzia trasmette al
    giudice delegato una relazione sull’amministrazione dei beni,
    esponendo le somme pagate e riscosse, le spese sostenute e il saldo
    finale, con l’indicazione dei limiti previsti dall’articolo 53. In
    tale ultimo caso, il giudice delegato, all’esito degli eventuali
    chiarimenti richiesti, prende atto della relazione».
    2-quater. All’articolo 44 del decreto legislativo 6 settembre 2011,
    n. 159, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
    «2-bis. Per il recupero e la custodia dei veicoli a motore e dei
    natanti confiscati, l’Agenzia applica le tariffe stabilite con il
    decreto del Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro
    dell’economia e delle finanze, emanato ai sensi dell’articolo 59 del
    testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30
    maggio 2002, n. 115. Ferme restando le tariffe stabilite dal periodo
    precedente, l’Agenzia puo’ avvalersi di aziende da essa amministrate
    operanti nello specifico settore.».
  3. All’articolo 48 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 3:
    1) alla lettera b) le parole «Presidente del Consiglio dei
    ministri» sono sostituite dalle seguenti: «Ministro dell’interno»;
    2) alla lettera c) le parole «al patrimonio del comune ove
    l’immobile e’ sito, ovvero al patrimonio della provincia o della
    regione» sono sostituite dalle seguenti: «al patrimonio indisponibile
    del comune ove l’immobile e’ sito, ovvero al patrimonio indisponibile
    della provincia, della citta’ metropolitana o della regione»;
    2-bis) alla lettera c), quartultimo periodo, le parole: «Se entro
    un anno» sono sostituite dalle seguenti: «Se entro due anni»;
    2-ter) alla lettera c), terzultimo periodo, sostituire le parole:
    «Alla scadenza dei sei mesi» sono sostituite dalle seguenti: «Alla
    scadenza di un anno»;
    3) la lettera d) e’ sostituita dalla seguente:
    «d) trasferiti prioritariamente al patrimonio indisponibile
    dell’ente locale o della regione ove l’immobile e’ sito, se
    confiscati per il reato di cui all’articolo 74 del citato testo unico
    approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990,
    n. 309, qualora richiesti per le finalita’ di cui all’articolo 129
    dello stesso decreto del Presidente della Repubblica. Se entro due
    anni l’ente territoriale destinatario non ha provveduto alla
    destinazione del bene, l’Agenzia dispone la revoca del trasferimento
    ovvero la nomina di un commissario con poteri sostitutivi.»;
    b) al comma 4 sono aggiunte, in fine, le seguenti parole «,
    nonche’, per una quota non superiore al 30 per cento, per
    incrementare i fondi per la contrattazione integrativa anche allo
    scopo di valorizzare l’apporto del personale dirigenziale e non
    dirigenziale al potenziamento dell’efficacia ed efficienza
    dell’azione dell’Agenzia. La misura della quota annua destinata
    all’incremento dei fondi per la contrattazione integrativa viene
    definita con decreto del Ministro dell’interno di concerto con il
    Ministro dell’economia e delle finanze su proposta dell’Agenzia e
    l’incremento non puo’ essere superiore al 15 per cento della
    componente variabile della retribuzione accessoria in godimento da
    parte del predetto personale»;
    c) dopo il comma 4 e’ inserito il seguente:
    «4-bis. Fermi restando i vincoli connessi al trasferimento nel
    patrimonio indisponibile dell’ente destinatario, nell’ambito delle
    finalita’ istituzionali di cui al comma 3, letterac), rientra
    l’impiego degli immobili, tramite procedure ad evidenza pubblica, per
    incrementare l’offerta di alloggi da cedere in locazione a soggetti
    in particolare condizione di disagio economico e sociale anche
    qualora l’ente territoriale ne affidi la gestione all’ente pubblico a
    cio’ preposto.»;
    d) i commi 5, 6 e 7 sono sostituiti dai seguenti:
    «5. I beni di cui al comma 3, di cui non sia possibile effettuare
    la destinazione o il trasferimento per le finalita’ di pubblico
    interesse ivi contemplate, sono destinati con provvedimento
    dell’Agenzia alla vendita, osservate, in quanto compatibili, le
    disposizioni del codice di procedura civile. Qualora l’immobile si
    trovi nelle condizioni previste per il rilascio del permesso di
    costruire in sanatoria, l’acquirente dovra’ presentare la relativa
    domanda entro centoventi giorni dal perfezionamento dell’atto di
    vendita. L’avviso di vendita e’ pubblicato nel sitointernet
    dell’Agenzia e dell’avvenuta pubblicazione e’ data notizia nel
    sitointernetdell’Agenzia del demanio. La vendita e’ effettuata per un
    corrispettivo non inferiore a quello determinato dalla stima
    formulata ai sensi dell’articolo 47. Qualora, entro novanta giorni
    dalla data di pubblicazione dell’avviso di vendita, non pervengano
    proposte di acquisto per il corrispettivo indicato al precedente
    periodo, il prezzo minimo della vendita non puo’, comunque, essere
    determinato in misura inferiore all’80 per cento del valore della
    suddetta stima. Fatto salvo il disposto dei commi 6 e 7 del presente
    articolo, la vendita e’ effettuata al miglior offerente, con
    esclusione del proposto o di colui che risultava proprietario
    all’atto dell’adozione della misura penale o di prevenzione, se
    diverso dal proposto, di soggetti condannati, anche in primo grado, o
    sottoposti ad indagini connesse o pertinenti al reato di associazione
    mafiosa o a quello di cui all’articolo 416-bis.1 del codice penale,
    nonche’ dei relativi coniugi o parti dell’unione civile, parenti e
    affini entro il terzo grado, nonche’ persone con essi conviventi.
    L’Agenzia acquisisce, con le modalita’ di cui agli articoli 90 e
    seguenti, l’informazione antimafia, riferita all’acquirente e agli
    altri soggetti allo stesso riconducibili, indicati al presente comma,
    affinche’ i beni non siano acquistati, anche per interposta persona,
    da soggetti esclusi ai sensi del periodo che precede, o comunque
    riconducibili alla criminalita’ organizzata, ovvero utilizzando
    proventi di natura illecita. Si applica, in quanto compatibile, il
    comma 15. I beni immobili acquistati non possono essere alienati,
    nemmeno parzialmente, per cinque anni dalla data di trascrizione del
    contratto di vendita e quelli diversi dai fabbricati sono
    assoggettati alla stessa disciplina prevista per questi ultimi
    dall’articolo 12 del decreto-legge 21 marzo 1978, n. 59, convertito,
    con modificazioni, dalla legge 18 maggio 1978, n. 191. I beni
    immobili di valore superiore a 400.000 euro sono alienati secondo le
    procedure previste dalle norme di contabilita’ dello Stato.
  4. Possono esercitare la prelazione all’acquisto:
    a) cooperative edilizie costituite da personale delle Forze
    armate o delle Forze di polizia;
    b) gli enti pubblici aventi, tra le altre finalita’
    istituzionali, anche quella dell’investimento nel settore
    immobiliare;
    c) le associazioni di categoria che assicurano, nello specifico
    progetto, maggiori garanzie e utilita’ per il perseguimento
    dell’interesse pubblico;
    d) le fondazioni bancarie;
    e) gli enti territoriali.
  5. La prelazione deve essere esercitata, a pena di decadenza, nei
    termini stabiliti dall’avviso pubblico di cui al comma 5, salvo
    recesso qualora la migliore offerta pervenuta non sia ritenuta di
    interesse.»;
    e) dopo il comma 7-bis sono inseriti i seguenti:
    «7-ter. Per la destinazione ai sensi del comma 3 dei beni indivisi,
    oggetto di provvedimento di confisca, l’Agenzia o il partecipante
    alla comunione promuove incidente di esecuzione ai sensi
    dell’articolo 666 del codice di procedura penale. Il tribunale,
    disposti i necessari accertamenti tecnici, adotta gli opportuni
    provvedimenti per ottenere la divisione del bene. Qualora il bene
    risulti indivisibile, i partecipanti in buona fede possono chiedere
    l’assegnazione dell’immobile oggetto di divisione, previa
    corresponsione del conguaglio dovuto in favore degli aventi diritto,
    in conformita’ al valore determinato dal perito nominato dal
    tribunale. Quando l’assegnazione e’ richiesta da piu’ partecipanti
    alla comunione, si fa luogo alla stessa in favore del partecipante
    titolare della quota maggiore o anche in favore di piu’ partecipanti,
    se questi la chiedono congiuntamente. Se non e’ chiesta
    l’assegnazione, si fa luogo alla vendita, a cura dell’Agenzia e
    osservate, in quanto compatibili, le disposizioni del codice di
    procedura civile o, in alternativa, all’acquisizione del bene per
    intero al patrimonio dello Stato per le destinazioni di cui al comma
    3, e gli altri partecipanti alla comunione hanno diritto alla
    corresponsione di una somma equivalente al valore determinato dal
    perito nominato dal tribunale, con salvezza dei diritti dei creditori
    iscritti e dei cessionari. In caso di acquisizione del bene al
    patrimonio dello Stato, il tribunale ordina il pagamento delle somme,
    ponendole a carico del Fondo Unico Giustizia. Qualora il partecipante
    alla comunione non dimostri la propria buona fede, la relativa quota
    viene acquisita a titolo gratuito al patrimonio dello Stato ai sensi
    del primo comma dell’articolo 45.
    7-quater. Le modalita’ di attuazione della disposizione di cui al
    comma 7-ter, ai sensi della quale, in caso di acquisizione del bene
    al patrimonio dello Stato, il tribunale ordina il pagamento delle
    somme, ponendole a carico del Fondo unico giustizia, sono stabilite
    con decreto del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto
    con il Ministro della giustizia»;
    f) il comma 10 e’ sostituito dal seguente:
    «10. Il 90 per cento delle somme ricavate dalla vendita di cui al
    comma 5, al netto delle spese per la gestione e la vendita degli
    stessi, affluiscono al Fondo Unico Giustizia per essere riassegnate,
    previo versamento all’entrata del bilancio dello Stato, nella misura
    del quaranta per cento al Ministero dell’interno, per la tutela della
    sicurezza pubblica e per il soccorso pubblico, nella misura del
    quaranta per cento al Ministero della giustizia, per assicurare il
    funzionamento ed il potenziamento degli uffici giudiziari e degli
    altri servizi istituzionali, e, nella misura del venti per cento
    all’Agenzia, per assicurare lo sviluppo delle proprie attivita’
    istituzionali, in coerenza con gli obiettivi di stabilita’ della
    finanza pubblica.»;
    f-bis) dopo il comma 10 e’ inserito il seguente: «10-bis. Il 10 per
    cento delle somme ricavate dalla vendita di cui al comma 5 confluisce
    in un fondo, istituito presso il Ministero dell’interno, per le spese
    di manutenzione ordinaria e straordinaria dei beni di cui al comma 3,
    lettera c)»;
    g) dopo il comma 12-bise’ inserito il seguente:
    «12-ter. I beni mobili, anche iscritti in pubblici registri, non
    destinati ai sensi dei commi 12 e 12-bis, possono essere destinati
    alla vendita, con divieto di ulteriore cessione per un periodo non
    inferiore a un anno, nel rispetto di quanto previsto dal comma 5,
    sesto periodo, ovvero distrutti.»;
    h) dopo il comma 15-tere’ aggiunto, in fine, il seguente:
    «15-quater. I beni di cui al comma 5 che rimangono invenduti,
    decorsi tre anni dall’avvio della relativa procedura, sono mantenuti
    al patrimonio dello Stato con provvedimento dell’Agenzia. La relativa
    gestione e’ affidata all’Agenzia del demanio.».
    3-bis. All’articolo 51, comma 3-ter, del decreto legislativo 6
    settembre 2011, n. 159, le parole: «Qualora sussista un interesse di
    natura generale» sono sostituite dalle seguenti: «Ai fini del
    perseguimento delle proprie finalita’ istituzionali».
  6. Dall’attuazione delle disposizioni di cui al comma 3 non devono
    derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. Le
    Amministrazioni interessate provvedono ai relativi adempimenti con le
    risorse umane, strumentali e finanziarie disponibili a legislazione
    vigente.

Art. 36-bis

Iscrizione di provvedimenti al registro delle imprese

  1. Nel capo IV del titolo III del libro I del decreto legislativo 6
    settembre 2011, n. 159, dopo l’articolo 51 e’ inserito il seguente:
    «Art. 51-bis (Iscrizione di provvedimenti al registro delle
    imprese). – 1. Il decreto di sequestro di cui all’articolo 20, il
    decreto di confisca di cui all’articolo 24, i provvedimenti di cui
    agli articoli 34 e 34-bis, la nomina dell’amministratore giudiziario
    ai sensi dell’articolo 41, il provvedimento di cui all’articolo 45,
    nonche’ tutti i provvedimenti giudiziari di cui al presente decreto
    comunque denominati, relativi ad imprese, a societa’ o a quote delle
    stesse, sono iscritti al registro delle imprese, su istanza della
    cancelleria, entro il giorno successivo al deposito in cancelleria,
    con le modalita’ individuate dal regolamento emanato ai sensi
    dell’articolo 8, comma 6-bis, della legge 29 dicembre 1993, n. 580.
    Nelle more dell’emanazione del regolamento di cui al periodo
    precedente si applica l’articolo 8, comma 6-ter, della citata legge
    n. 580 del 1993.».

Art. 37

Disposizioni in materia di organizzazione e di organico dell’Agenzia

  1. All’articolo 110, comma 1, del decreto legislativo 6 settembre
    2011, n. 159, il primo periodo e’ sostituito dal seguente:1.
    L’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei beni
    sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata e’ posta sotto
    la vigilanza del Ministro dell’interno, ha personalita’ giuridica di
    diritto pubblico ed e’ dotata di autonomia organizzativa e contabile,
    ha la sede principale in Roma e fino a 4 sedi secondarie istituite
    con le modalita’ di cui all’articolo 112, nei limiti delle risorse
    ordinarie iscritte nel proprio bilancio.».
  2. All’articolo 112 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 4:
    1) dopo la lettera c) e’ inserita la seguente: «c-bis) provvede
    all’istituzione, in relazione a particolari esigenze, fino a un
    massimo di quattro sedi secondarie, in regioni ove sono presenti in
    quantita’ significativa beni sequestrati e confiscati alla
    criminalita’ organizzata, nei limiti delle risorse di cui
    all’articolo 110, comma 1;»;
    2) la lettera h) e’ sostituita dalla seguente: «h) approva il
    bilancio preventivo e il conto consuntivo;»;
    b) al comma 5, alla lettera a) la parola «, h)» e’ soppressa.
  3. All’articolo 113-bis del decreto legislativo 6 settembre 2011,
    n. 159, sono apportate le seguenti modificazioni:
    a) al comma 2, primo periodo, dopo le parole «si provvede» sono
    inserite le seguenti: «, nel limite di cento unita’»;
    b) dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
    «2-bis. Per la copertura delle ulteriori settanta unita’ di
    incremento della dotazione organica, il reclutamento avviene mediante
    procedure selettive pubbliche, in conformita’ alla legislazione
    vigente in materia di accesso agli impieghi nelle pubbliche
    amministrazioni. Per l’espletamento delle suddette procedure
    concorsuali, il Dipartimento per le politiche del personale
    dell’amministrazione civile e per le risorse strumentali e
    finanziarie del Ministero dell’interno collabora con l’Agenzia. Gli
    oneri per lo svolgimento delle procedure concorsuali sono a carico
    dell’Agenzia.»;
    c) dopo il comma 4 sono inseriti i seguenti:
    «4-bis. Nell’ambito della contrattazione collettiva 2019/2021 viene
    individuata l’indennita’ di amministrazione spettante agli
    appartenenti ai ruoli dell’Agenzia, in misura pari a quella
    corrisposta al personale della corrispondente area del Ministero
    della giustizia.
    4-ter. Oltre al personale di cui al comma 1, l’Agenzia e’
    autorizzata ad avvalersi di una aliquota non superiore a 100 unita’
    di personale non dirigenziale appartenente alle pubbliche
    amministrazioni di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto
    legislativo 30 marzo 2001, n. 165, nonche’ ad enti pubblici
    economici. Nei limiti complessivi della stessa quota l’Agenzia puo’
    avvalersi in posizione di comando di personale delle Forze di polizia
    ad ordinamento civile e militare con qualifica non dirigenziale fino
    a un massimo di 20 unita’. Il predetto personale e’ posto in
    posizione di comando, distacco o fuori ruolo anche in deroga alla
    vigente normativa generale in materia di mobilita’ temporanea e nel
    rispetto di quanto previsto dall’articolo 17, comma 14, della legge
    15 maggio 1997, n. 127, conservando lo stato giuridico e il
    trattamento economico fisso, continuativo ed accessorio, secondo
    quanto previsto dai rispettivi ordinamenti, con oneri a carico
    dell’amministrazione di appartenenza e successivo rimborso da parte
    dell’Agenzia all’amministrazione di appartenenza dei soli oneri
    relativi al trattamento accessorio.».
  4. Per l’attuazione del comma 3, letterab), e’ autorizzata la spesa
    di 570.000 euro per l’anno 2019 e 3.400.000 euro a decorrere
    dall’anno 2020. Ai relativi oneri si provvede ai sensi dell’articolo

Art. 37-bis

Disposizioni in materia di funzionamento dell’Agenzia

  1. All’articolo 113 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, il comma 3 e’ sostituito dal seguente:
    «3. Sulla base di apposite convenzioni, anche onerose, l’Agenzia,
    per l’assolvimento dei suoi compiti e delle attivita’ istituzionali,
    puo’ richiedere, nei limiti degli stanziamenti del proprio bilancio,
    la collaborazione di amministrazioni centrali dello Stato, ivi
    comprese societa’ e associazioni in house ad esse riconducibili di
    cui puo’ avvalersi con le medesime modalita’ delle amministrazioni
    stesse, di Agenzie fiscali o di enti pubblici».

Art. 38

Deroga alle regole sul contenimento della spesa degli enti pubblici e
disposizioni abrogative

  1. All’articolo 118 del decreto legislativo 6 settembre 2011, n.
    159, e’ aggiunto, in fine, il seguente comma:
    «3-bis. Al fine di assicurare la piena ed efficace realizzazione
    dei compiti affidati all’Agenzia le disposizioni di cui all’articolo
    6, commi 7, 8, 9, 12 e 13 e 14, del decreto-legge 31 maggio 2010, n.
    78, convertito, con modificazioni, dalla legge 30 luglio 2010, n.
    122, di cui all’articolo 5, comma 2, del decreto-legge 6 luglio 2012,
    n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 agosto 2012, n.
    135, nonche’ di cui all’articolo 2, commi da 618 a 623, della legge
    24 dicembre 2007, n. 244, non trovano applicazione nei confronti
    dell’Agenzia nazionale per l’amministrazione e la destinazione dei
    beni sequestrati e confiscati alla criminalita’ organizzata fino al
    terzo esercizio finanziario successivo all’adeguamento della
    dotazione organica di cui all’articolo 113-bis, comma 1. Allo scadere
    della deroga di cui al presente comma, entro 90 giorni, con decreto
    del Ministro dell’interno di concerto con il Ministro dell’economia e
    delle finanze su proposta dell’Agenzia vengono stabiliti i criteri
    specifici per l’applicazione delle norme derogate sulla base delle
    spese sostenute nel triennio.».
  2. Per l’attuazione del comma 1, e’ autorizzata la spesa di 66.194
    euro a decorrere dal 2018. Ai relativi oneri si provvede ai sensi
    dell’articolo 39.
  3. Al decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159, i commi 7 e 8
    dell’articolo 52 sono abrogati.
  4. L’articolo 1, comma 291, della legge 27 dicembre 2017, n. 205,
    e’ abrogato.

Art. 38-bis

Disposizioni a sostegno delle vittime delle attivita’ di estorsione e
dell’usura

  1. Alla legge 23 febbraio 1999, n. 44, sono apportate le seguenti
    modificazioni:
    a) all’articolo 13, dopo il comma 2 e’ inserito il seguente:
    «2-bis. Non possono far parte dell’elenco di cui al comma 2
    associazioni ed organizzazioni che, al momento dell’accettazione
    della domanda di iscrizione, non siano in regola con la
    documentazione antimafia di cui al libro II, capi dal I al IV, del
    decreto legislativo 6 settembre 2011, n. 159»;
    b) all’articolo 13, comma 3, le parole «centoventi giorni» sono
    sostituite dalle seguenti: «ventiquattro mesi»;
    c) all’articolo 14, dopo il comma 1, e’ inserito il seguente:
    «1-bis. Qualora dalla disponibilita’ dell’intera somma dipenda la
    possibilita’ di riattivare in maniera efficiente l’attivita’
    imprenditoriale, previa concessione di provvisionale, ovvero di altre
    misure cautelari, da parte del giudice nel corso del giudizio
    relativo all’evento delittuoso posto a base dell’istanza, possono
    essere erogate somme di denaro a titolo di anticipo dell’elargizione,
    sino a concorrenza dell’intero ammontare»;
    d) all’articolo 19, al comma 1, lettera d), sono aggiunte, in
    fine, le seguenti parole:
    «I membri di cui alla presente lettera devono astenersi dal
    prendere parte all’attivita’ del Comitato, incluse eventuali
    votazioni, quando sono chiamati ad esprimersi su richiedenti
    l’accesso al fondo di cui all’articolo 18 i quali siano, ovvero siano
    stati nei dieci anni precedenti, membri delle loro associazioni
    ovvero abbiano ricevuto supporto in sede di giudizio dalle medesime
    associazioni. Ogni decisione assunta in violazione di quanto previsto
    dal precedente periodo e’ da considerarsi nulla»;
    e) all’articolo 19, dopo il comma 1 e’ inserito il seguente:
    «1-bis. In un’apposita sezione del sito internet del Ministero
    dell’interno sono pubblicati i decreti di nomina dei componenti di
    cui al comma 1, lettera d).»;
    f) all’articolo 20, al comma 1, le parole «trecento giorni» sono
    sostituite dalle seguenti: «due anni a decorrere dal provvedimento di
    sospensione. Non sono dovuti interessi di mora nel frattempo
    eventualmente maturati».
  2. All’articolo 14, comma 5, della legge 7 marzo 1996, n. 108, la
    parola «sei» e’ sostituita dalla seguente: «ventiquattro».

Titolo IV
DISPOSIZIONI FINANZIARIE E FINALI

Art. 39

Copertura finanziaria

  1. Agli oneri derivanti dagli articoli 9, 18, comma 3,
    limitatamente all’anno 2018, 22, 22-bis, 34, 37 e 38, pari a
    21.851.194 euro per l’anno 2018, a 75.028.329 euro per l’anno 2019, a
    84.477.109 euro per ciascuno degli anni dal 2020 al 2025, a
    35.327.109 euro per l’anno 2026 e a 10.327.109 euro a decorrere
    dall’anno2027, si provvede:
    a) quanto a 5.900.000 euro per l’anno 2019 e a 5.000.000 di euro
    annui a decorrere dall’anno 2020, mediante corrispondente riduzione
    dello stanziamento del fondo speciale di parte corrente iscritto, ai
    fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma
    «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire»
    dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze
    per l’anno 2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento
    del Ministero dell’interno;
    a-bis) quanto a 4.635.000 euro per l’anno 2018, mediante
    corrispondente riduzione dello stanziamento del fondo speciale di
    parte corrente iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020,
    nell’ambito del programma «Fondi di riserva e speciali» della
    missione «Fondi da ripartire» dello stato di previsione del Ministero
    dell’economia e delle finanze per l’anno 2018, allo scopo
    parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo al Ministero della
    giustizia;
    a-ter) quanto a 2.000.000 di euro per l’anno 2018, a 15.000.000 di
    euro per l’anno 2019 e a 25.000.000 di euro per ciascuno degli anni
    dal 2020 al 2026, mediante corrispondente riduzione dello
    stanziamento del fondo speciale di conto capitale iscritto, ai fini
    del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del programma «Fondi di
    riserva e speciali» della missione «Fondi da ripartire» dello stato
    di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze per l’anno
    2018, allo scopo parzialmente utilizzando l’accantonamento relativo
    al Ministero della giustizia;
    b) quanto a 15.150.000 euro per l’anno 2018 e a 49.150.000 euro
    per ciascuno degli anni dal 2019 al 2025, mediante corrispondente
    riduzione dello stanziamento del fondo speciale di conto capitale
    iscritto, ai fini del bilancio triennale 2018-2020, nell’ambito del
    programma «Fondi di riserva e speciali» della missione «Fondi da
    ripartire» dello stato di previsione del Ministero dell’economia e
    delle finanze per l’anno 2018, allo scopo utilizzando
    l’accantonamento relativo al Ministero dell’interno;
    c) quanto a 66.194 euro per l’anno 2018, a 4.978.329 euro per
    l’anno 2019, a 5.327.109 euro annui a decorrere dall’anno 2020,
    mediante corrispondente utilizzo di quota parte delle entrate di cui
    all’articolo 18, comma 1, lettera a), della legge 23 febbraio 1999,
    n. 44, affluite all’entrata del bilancio dello Stato, che restano
    acquisite all’erario.
  2. Il Ministro dell’economia e delle finanze e’ autorizzato ad
    apportare con propri decreti le occorrenti variazioni di bilancio.

Art. 40

Entrata in vigore

  1. Il presente decreto entra in vigore il giorno successivo a
    quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale della
    Repubblica italiana e sara’ presentato alle Camere per la conversione
    in legge.