Manovra & Sociale

Vita.it del 09-01-2019

Manovra & Sociale, ecco com’e’ andata 

Una scheda riassuntiva dei provvedimenti più significativi nel campo del welfare. Bene su azzardo e disabilità. Diminuiscono invece i fondi per servizio civile e cooperazione allo sviluppo. Ma il carico da 90 è stata la pasticciata imboscata del raddoppio dell’Ires. La valutazione complessiva non può quindi che essere negativa.

RADDOPPIO DELL’IRES ALLE NON PROFIT.
Un fulmine a ciel sereno. Il maxiemendamento che ha definito la legge di Bilancio 2019 ha portato dal 12 al 24% la tassazione Ires agli enti non commerciali a seguito della abrogazione dello speciale regime agevolativo previsto all’art. 6 del D.P.R. 601/1973. Questo inciderà ovviamente sul piano finanziario degli enti impegnati in settori particolarmente sensibili, come assistenza sociale e sanitaria, educazione, beneficenza e ricerca, con possibile effetto negativo anche sulla quantità dei servizi erogati. Il vicepremier Lugi di Maio, il suo parigrado Matteo Salvini e il premier Giuseppe Conte hanno subito fatto marcia indietro dichiarando che sarebbero intervenuti per correggere la norma col primo provvedimento possibile. Il nodo? Trovare a strettissimo giro le coperture economiche necessarie alla soppressione del raddoppio dell’Ires (118 milioni per il 2019 e di 158 milioni dal 2020 in avanti).

SERVIZIO CIVILE.
Ammonta a quasi 200 milioni la dotazione complessiva del fondo nazionale Servizio Civile a disposizione per l’anno 2019. Un budget sufficiente per appena 35mila volontari in Italia e 1.000 all’estero nel contingente nel contingente dell’anno in corso, ben al di sotto dei 53mila volontari avviati nel 2018 e ben lontano dalle oltre 110mila domande presentate dai ragazzi (dato 2018)

COOPERAZIONE ALLO SVILUPPO.
Negli ultimi anni l’aiuto pubblico allo sviluppo (Aps) dell’Italia ha avuto un andamento crescente, passando dallo 0,17% del Pil nel 2013 a quasi lo 0,30% (0,294%) nel 2017» Tale progressione sarebbe dovuta continuare cofino a raggiungere la media europea dello 0,5% del Pil, come indica la legge 125/2014 e lo stesso governo aveva programmato nella nota di aggiornamento al Def disettembre. Invece la legge di Bilancio inverte tale progressione fissando per il prossimo triennio un andamento decrescente: 0,289% nel 2019 e 0,262% per i due anni successivi.

SCUOLA.
Previsto un aumento di organico di 2mila posti nella scuola primaria per l’estensione del tempo pieno: un obiettivo strategico, ma ben lontano dal tempo pieno per tutti, fin da subito annunciato da Di Maio. Il recentissimo FIT, percorso formativo triennale previsto per il reclutamento di nuovi insegnanti nella scuola secondaria, viene cancellato: si torna a un semplice percorso annuale di formazione iniziale e prova (comma 792). La Manovra aumenta di 25 milioni di euro l’anno le risorse destinate al trasporto e assistenza degli alunni con disabilità (ex Province): in realtà, come rileva Carlo Giacobini su Handylex, non essendoci risorse precedentemente stanziate per gli anni 2019, 2020 e 2021, per come il coma su questi capitolo risultano esserci solo questi 25 milioni annui. 

ALTERNANZA SCUOLA LAVORO.
I percorsi di alternanza scuola-lavoro vengono ribattezzati “percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento” e già nell’anno scolastico in corso dureranno meno: non meno di 90 ore nei Licei (oggi sono 200), di 150 ore nei Tecnici (oggi sono 400), di 210 nei Professionali (oggi sono 400). Le scuole avranno solo le risorse necessarie a realizzare il numero minimo di ore. Entro 60 giorni arriveranno delle nuove linee guida (comma 784 e sgg).

DISABILITA’.
La Legge di Bilancio riporta a 56,1 milioni di euro per il 2019 il fondo relativo al “dopo di noi”, ossia alla quota originaria prevista a regime dalla legge 112/2016. Per l’anno 2018 e 2019 il governo Gentiloni aveva previsto un taglio di 5 milioni annui, taglio che viene ora cancellato per il 2019 (comma 455). Sul fronte disabilità va segnalato anche uno stanziamento aggiuntivo di 100 milioni di euro per ciascuno degli anni 2019, 2020, 2021 per il Fondo Non Autosufficienze e l’incremento di 5 milioni all’anno del Fondo a sostegno dei caregiver familiari, che però ancora attende una legge. 

POVERTA’.
Le legge di bilancio istituisce il “Fondo per il Reddito di Cittadinanza” per finanziare la Pensione e il Reddito di Cittadinanza. Prevista una dotazione pari a 7.100 milioni di euro per l’anno 2019, 8.055 milioni di euro per l’anno 2020 e 8.317 milioni di euro per il 2021. Il decreto attuativo, ancora in discussione, indica già cifre più basse. Confermato il “Fondo per il contrasto alla povertà educativa minorile”, finanziato da un meccanismo di credito d’imposta concesso alle fondazioni di origine bancaria: viene però ridotta l’entità del credito e pertanto la dotazione del Fondo passerà da 100 a 55 milioni di euro all’anno (commi 255 e sgg, 478, 480)

EDUCATORI PROFESSIONALI.
La legge di bilancio autorizza gli educatori professionali socio-pedagogici a lavorare anche servizi e nei presìdi socio-sanitari. È stata messa una toppa in questo modo ai problemi apertisi con la legge di Bilancio dello scorso anno, che escludeva gli educatori socio-pedagogici dai servizi socio-sanitari, benché in moltissimi ci lavorino da anni. Questa però deve essere l’occasione per rivedere le competenze e la formazione dell’educatore professionale, come operatore dell’inclusione, che tiene insieme nella sua stessa figura l’integrazione socio-sanitaria (comma 517).

EX IPAB.
Ennesima modifica alla norma più travagliata del codice del Terzo Settore: l’art. 79[2]. Si tratta dell’introduzione di una norma riferita a quegli enti e Opere pie che, nel corso dei secoli, hanno svolto attività di assistenza ai poveri, agli anziani, agli ammalati. 
La norma riconosce quindi una nuova ipotesi di de-commercializzazione ad una categoria particolare. Questa ipotesi è però sottoposta a particolari condizioni, tra le quali si segnalano il totale reinvestimento degli utili nell’attività sanitaria o socio-sanitaria e il fatto che non sia “deliberato alcun compenso a favore degli organi amministrativi”.

AZZARDO.
Le tasse sull’azzardo crescono. La manovra prevede infatti un incremento del Prelievo Erariale Unico, l’imposta che sostituisce l’Iva nel settore “azzardo legale”, a partire dal 1 gennaio 2019. In ragione della manovra, il PREU è aumentato dell’1,35% sulle slot machine e dell’1,25% sulle VLT, le macchinette presenti solo nelle sale gioco appositamente dedicate. Al contempo, ci sono stati ritocchi al cosiddetto payout, ovvero alla percentuale di possibilità di vincita del giocatore: il payout delle Vlt diminuisce del 1 %, mentre cala del 2% per le macchinette da bar. Viene inoltre previsto l’aumento del prelievo fiscale anche per le scommesse a quota fissa su rete fisica, ad eccezione di quelle ippiche: la nuova tassazione è del 20%. Le scommesse online, invece, pagheranno il 24%. Per le scommesse virtuali l’imposta passa al 22%, mentre per gli altri giochi online sarà il 25% di quanto giocato. Altre norme, che dovranno trovare sostanza in appositi decreti attuativi, sono previste per il cosiddetto “restyling” del totocalcio e per il rilancio del Casinò di Campione d’Italia.

BONUS SPORT.
Introdotto già, nel 2017, con la legge di bilancio per il 2017; disciplinato dal Dpcm 23 aprile 2018; è stato confermato, per il 2019, dai commi 621 e seguenti. Si tratta di un credito d’imposta pari, attualmente, al 65% delle erogazioni liberali effettuate, nel solo 2019, da soggetti Ires e Irpef, per interventi di manutenzione e restauro di impianti sportivi pubblici e per la realizzazione di nuove strutture sportive pubbliche.

A differenza della precedente norma, pertanto:
– la misura è stata estesa anche alle erogazioni liberali di persone fisiche ed enti non commerciali non esercenti attività d’impresa; 
– l’aliquota è stata portata dal 50% al 65%; 
è stato innalzato il tetto del 3xmille, portandolo al 10xmille; 
– è stato tolto il tetto dei 40mila euro; 
– è stato innalzato lo stanziamento di spesa da 10 a 13,2 milioni.

I. Cotroneo, Le voci del sogno

Ivan Cotroneo tra i sogni

di Antonio Stanca

Il napoletano Ivan Cotroneo ha cinquantuno anni ed è scrittore, sceneggiatore e regista. Negli anni ‘90 aveva abbandonato gli studi di Giurisprudenza presso l’Università di Napoli e si era trasferito a Roma dove a ventiquattro anni si era diplomato in sceneggiatura. Aveva cominciato d’allora a prendere contatti con il mondo dello spettacolo, del cinema, con registi che gli avevano affidato incarichi, gli avevano fatto realizzare parti di alcuni film oltre che curare la sceneggiatura. Anche con la televisione Cotroneo ha cercato rapporti e molti sono stati i programmi da lui ideati e realizzati. Né ha trascurato il teatro.
Tra tanti impegni quello per la scrittura narrativa gli ha procurato opere importanti che insieme alle altre del cinema e della televisione lo hanno reso degno di notevoli riconoscimenti.
Un personaggio variamente impegnato, ampiamente noto è diventato quel ragazzo che a vent’anni aveva lasciato l’Università per andare nella capitale. In molte direzioni si è applicato ed ora è una figura di rilievo nell’ambito culturale, intellettuale, artistico del nostro paese. Sono stati soprattutto il cinema e la televisione a farlo conoscere al grande pubblico e sono stati anche i temi molto attuali che il Cotroneo generalmente tratta. La sua produzione letteraria non è meno importante ma meno frequente è risultata ed alcune narrazioni hanno avuto una trasposizione cinematografica ad opera dello stesso Cotroneo. Anche regista è ormai ed anche nell’ultimo scritto, il breve volume Le voci del sogno, che a Dicembre del 2018, è stato pubblicato dalla casa editrice La nave di Teseo di Roma, si possono scoprire collegamenti, richiami con quanto comparso nel suo cinema. Si tratta di quattordici brevissimi brani nei quali ritorna sempre il motivo del sogno. Risalgono ad una circostanza dello scorso autunno quando a Roma, presso il Chiostro del Bramante, fu allestita una mostra di arte contemporanea. Erano quattordici gli artisti che esponevano e quattordici le stanze che li ospitavano. A Cotroneo fu chiesto di preparare delle audioguide, dei brevi commenti che potessero essere sentiti in cuffia dai visitatori e che si riferissero a quanto esposto nelle varie stanze. Quei commenti contiene questo libretto.
Allora ogni artista si era fatto interprete di un sogno attraverso le sue opere. Venissero rappresentati uomini o donne, vecchi o giovani, interni od esterni, case o paesaggi, ogni argomento doveva diventare quello di un sogno, doveva valere come un sogno e Cotroneo doveva trovare per ognuno le parole necessarie a chiarirlo, a spiegarlo. Leggera, lieve, aerea, trasparente era risultata la sua lingua, vicina a quella della poesia, della lirica si era rivelata, non aveva voluto distinguersi dalla dolcezza delle immagini, delle scene delle quali diceva, si era identificata con la loro delicatezza, la loro serenità.
Di sogni era stato chiamato a dire Cotroneo e la lingua dei sogni aveva mostrato di saper usare, di ciò che non si sente, non si vede, non si tocca aveva saputo parlare, ai colori, alle luci delle opere di quegli artisti aveva fatto assomigliare le sue parole. E tanto si era lasciato trasportare da essersi soffermato, alla fine di quella operazione e di questa opera che la raccoglie, a dire anche di quelli che erano stati i suoi sogni durante una notte passata a Napoli a Piazza Mercato, presso casa sua, quando ancora ragazzo gli era sembrato di sentire delle voci, di vedere delle figure, di assistere a dei movimenti che avvenivano intorno a lui e che erano le forme, le mosse assunte dai suoi pensieri, dai suoi sogni. Ora che di sogni stava parlando riconosceva anche i suoi, capiva come anche i sogni abbiano un loro valore, una loro funzione, quanto essi valgano a modificare, migliorare lo stato, la condizione di una persona, di un tempo, di un luogo, come siano stati all’origine del progresso, come diventino idealità, aspirazione.


Reddito di cittadinanza e disabilità: da correggere subito

La FISH, Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, in riferimento alla bozza di decreto legge che dovrebbe introdurre il reddito e la pensione di cittadinanza, oltre a stigmatizzare le dichiarazioni che affermano infondatamente l’aumento delle pensioni di invalidità civile, rileva come non vi siano, nei testi attualmente noti, sufficienti misure a favore delle persone con disabilità.
Non vi trova spazio la consapevolezza che quelle persone vivano una maggiore esclusione sociale, un maggior rischio di impoverimento, maggiori oneri assistenziali a fronte di servizi troppo spesso insufficienti e compensati dai loro familiari.
Si afferma ciò, ancora con più forza, leggendo le dichiarazioni che indicano in 260.000 le persone con invalidità che gioverebbero del reddito di cittadinanza, cifra del tutto aleatoria, oltre che risibile di fronte a milioni di persone con disabilità grave in Italia. Ma quand’anche la cifra fosse reale, è decisamente inferiore a quella che dovrebbe o potrebbe essere se vi fosse concreto riconoscimento delle condizioni di vita. Infatti i testi della bozza di decreto, in alcuni rilevanti passaggi, trattano i nuclei in cui sia presente una persona con disabilità (anche se non autosufficiente o con disabilità grave) in modo più svantaggioso rispetto ai nuclei in cui non sia presente la disabilità pur a parità di condizioni economiche. Chi diffonde quelle cifre non dice che le stesse pensioni (esclusa l’indennità di accompagnamento) vengono di fatto considerate un reddito dal provvedimento.
FISH è perfettamente consapevole che al momento non sia stata prevista una copertura economica sufficiente a garantire le “promesse” di elevare le pensioni di invalidità a 780 euro. Al di là del giudizio politico su tale lacuna, FISH riserva una grande attenzione e conseguenti aspettative proprio sulle premesse fondative del reddito di cittadinanza definito come: “misura unica di contrasto alla povertà, alla disuguaglianza e all’esclusione sociale, a garanzia del diritto al lavoro, nonché a favorire il diritto all’informazione, all’istruzione, alla formazione, alla cultura attraverso politiche volte al sostegno economico e all’inserimento sociale dei soggetti a rischio di emarginazione nella società e nel mondo del lavoro.”
Pertanto, affinché queste finalità riguardino davvero anche le persone con disabilità e le loro famiglie, rispetto alla bozza di decreto la Federazione chiede, con forza e convinzione, per lo meno le seguenti correzioni:

  1. la pensione di cittadinanza, con i limiti corretti di seguito, sia estesa anche alle persone con disabilità a prescindere dall’età;
  2. il limite ISEE previsto per la concessione di reddito e pensione di cittadinanza sia elevato a 15.000 nel caso in cui nel nucleo sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente (come definite dal DPCM 159/2013, quello che ha disciplinato l’ISEE);
  3. la soglia reddituale fissata a 6.000 euro ai fini della concessione del reddito di cittadinanza sia elevata a 12.000 euro nel caso in cui nel nucleo sia presente una persona con disabilità grave o non autosufficiente; nelle medesime situazioni la soglia ai fini della pensione sia elevata da 7.560 euro a 16.560 euro e con riferimento al solo reddito personale dell’interessato;
  4. sia eliminato dal decreto la parte che prevede il computo, nel reddito di cui al punto precedente, delle provvidenze assistenziali (e quindi: “ed inclusivo del valore annuo dei trattamenti assistenziali in corso di godimento da parte dei componenti il nucleo familiare, fatta eccezione per le prestazioni non sottoposte alla prova dei mezzi.”);
  5. il limite di patrimonio mobiliare consenta un incremento maggiore di quello previsto, nel caso in cui sia presente nel nucleo una persona con disabilità: 10.000 euro nel caso di disabilità media; 30.000 euro nel caso di disabilità grave o non autosufficiente al fine di riconoscere il potenziale investimento del nucleo rispetto al “dopo di noi”;
  6. nella scala di equivalenza adottata per il calcolo del limite di reddito e dell’importo del reddito di cittadinanza sia aggiunto un coefficiente ulteriore ed aggiuntivo di 0,5 per ogni persona con disabilità grave o non autosufficiente presente nel nucleo e dello 0,2 nel caso sia presente una persona con disabilità media (come da definizioni del DPCM 159/2013);
  7. adottare ai fini del calcolo dell’ISEE quanto previsto dall’articolo 6 del DPCM 159/2013 (cioè  il cosiddetto ISEE ridotto) quando il valore sia di maggior favore per il richiedente nel caso sia persona con disabilità;
  8. consentire alle persone con disabilità e a chi le assiste di accedere, su loro richiesta, ai servizi relativi ai progetti personali connessi al Patto per il Lavoro e al Patto per l’Inclusione Sociale.


Sono queste le istanze, chiare e anche sostenibili, che FISH sottopone al Governo e al Parlamento che dovrà convertire il decreto legge. Rinviare sine die gli interventi a favore della non autosufficienza e della disabilità, invocando interventi futuri e codici complessivi, non favorisce certo la credibilità e l’autorevolezza dei decisori politici.

REGIONALIZZAZIONE

REGIONALIZZAZIONE, DI MEGLIO: BRUTALE DEMOLIZIONE DELL’ISTRUZIONE NAZIONALE

“Un grave attentato al sistema di istruzione nazionale”: così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, bolla il disegno di legge di attuazione dell’articolo 116, terzo comma, della Costituzione che prevede tutto il settore scolastico tra le materie da devolvere alla Regione Veneto.

“Esprimiamo forte dissenso nei confronti di questa norma perché, così come è stata concepita, comporta una brutale demolizione del sistema nazionale di istruzione. Basta leggere l’articolo 6 del disegno di legge nei punti in cui stabilisce la regionalizzazione dei fondi statali per il sostegno del diritto allo studio e la regionalizzazione del personale della scuola, compreso quello dell’Ufficio scolastico regionale e delle sue articolazioni a livello provinciale”.

“L’istruzione è un bene comune che, in quanto tale, appartiene a tutte le cittadine e a tutti i cittadini: è sbagliato, dunque, – ammonisce Di Meglio – considerarla e trattarla come se fosse territorio esclusivo di una parte politica. Occorre, invece, muoversi con cautela e aprire un ampio dialogo in cui siano coinvolti tutti i partiti presenti in Parlamento. Raccomandiamo, dunque, di evitare pericolose fughe in avanti che rischiano di creare soltanto danni”. 

“In un’epoca politica in cui lo studio della Storia perde sempre più peso – conclude il coordinatore nazionale della Gilda – è importante ricordare che la cultura italiana è nata ben prima della formazione dello Stato nazionale e che, quindi, rappresenta un patrimonio da tutelare nella sua unitarietà”.

Aumento delle pensioni di invalidità: non fatto

Sono molto vivi e montanti la delusione e lo sconcerto fra le persone con disabilità e le famiglie a fronte delle aspettative verosimilmente deluse dall’imminente decreto su reddito e pensione di cittadinanza.

Sono sentimenti più che giustificati e alimentati da reiterate dichiarazioni, in particolare dal Capo politico della forza di maggioranza relativa nonché Ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, che davano per fatto l’aumento delle pensioni alle persone con disabilità. Da 280 euro a 780.

In realtà, oltre a non trovare traccia alcuna di questo aumento nella legge di bilancio appena approvata, l’affermazione non ha nessun riscontro nelle bozze del decreto che sta per approdare in Consiglio dei Ministri.

La pensione di cittadinanza spetterà solo agli ultrasessantacinquenni che vivano da soli o con un coetaneo e a condizione che rientrino in limiti reddituali e patrimoniali assai stringenti.

Quanto alle previsioni per il reddito di cittadinanza, non contemplano alcun aumento dei trattamenti assistenziali per le persone con disabilità: i loro nuclei familiari saranno trattati alla stessa stregua degli altri senza considerare, quindi, che la disabilità sia un fattore di impoverimento, di maggiore spesa, di ulteriore esclusione.

Ma vi è anche un altro sconcertante risvolto: nel computo del reddito da considerare quale limite di accesso al reddito di cittadinanza e per il calcolo del suo ammontare, vengono conteggiate anche le pensioni di invalidità, cecità, sordità, oltre alle pensioni sociali.

Inoltre nessun coefficiente aggiuntivo viene previsto nel caso nel nucleo vi sia una persona non autosufficiente o con grave disabilità.

Ultima ma non ultima questione: dai previsti Patti di inclusione e per il lavoro sono escluse le persone con disabilità e chi li assiste. Forse si preferisce comunque farle permanere in un ambito assistenziale anziché sfruttare questa occasione per favorire ciò che FISH richiede da sempre: la reale inclusione e le pari opportunità.

Oltre ad esprimere disappunto per le dannose modalità propagandistiche di comunicazione che impattano su persone spesso in stato di disagio o disperazione, FISH tenterà in tutti i modi di modificare il corso e i contenuti di questo provvedimento, pur essendo cosciente che i margini per ottenere il giusto miglioramento sono assai risicati.

Entro il 31 gennaio si può modificare la domanda «errata»

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci e Laura Virli

Un’altra informazione utile a famiglie e studenti, alle prese fino alle ore 20 del 31 gennaio con le iscrizioni on line al nuovo anno scolastico, è cosa succede in caso di scelta sbagliata “in corsa”, vale a dire, quando è ancora aperta la procedura telematica sul sito del Miur, o se ci si ripensa, successivamente, magari a pochi giorni dall’inizio delle lezioni. Una volta si chiamavano “passerelle” tra scuole. Chiaramente è più facile se si decide di spostarsi fin da subito. Ma visto l’accavallarsi di norme e una certa “discrezionalità” che si riscontra da scuola a scuola, conviene fare un po’ di chiarezza.

Le regole
Diciamo subito che quando una domanda viene inoltrata non è più possibile modificarla. Ma nulla è compromesso per sempre. Se infatti si cambia idea e se lo si fa in questi giorni, e comunque entro il 31 gennaio, è necessario contattare la scuola a cui l’istanza è stata inoltrata e chiedere la restituzione alla famiglia. In questo modo, la domanda ritorna disponibile sul portale per le modifiche e, una volta salvata, potrà essere inoltrata di nuovo.

Il trasferimento
Mettiamo, poi, il caso che questo “ripensamento” avvenga a iscrizioni concluse perché, ad esempio, si vuole cambiare indirizzo o istituto (può capitare che un genitore si debba spostare in altra città per lavoro). Qui si parla di “trasferimento”. In questo caso, i genitori sono chiamati a presentare una richiesta motivata sia al dirigente scolastico della scuola di iscrizione sia a quello della scuola di destinazione. Se il dirigente della scuola di destinazione accoglie la domanda, la scuola di prima iscrizione rilascia il nulla osta tempestivamente, e comunque, entro 30 giorni dalla richiesta. Attenzione. Il trasferimento può anche non essere concesso. Lo spostamento dell’alunno, cioè, non deve comportare l’attivazione di nuove classi, con maggiori oneri a carico dello Stato.

«Colloquio integrativo» per cambiare indirizzo

da Il Sole 24 Ore

di Laura Virli

Tempo di iscrizioni alla scuola superiore. Adolescenti posti di fronte a un bivio da cui potrà dipendere il loro successo formativo e nel lavoro. La paura di sbagliare è elevata. E a volte i dubbi rendono difficile la scelta. Sarà la scuola giusta? Non sempre è così facile decidere. Utile, quindi, sapere che si può cambiare indirizzo. Si, è possibile sempre. Una volta si chiamavano “passerelle” tra scuole. Ma le famiglie devono fare molta attenzione, cercare di fare la scelta giusta e agire con cautela qualora si decida di cambiare strada. A causa di norme che si sono accavallate negli anni, nelle scuole si riscontrano incertezze e una certa flessibilità discrezionale nell’assicurare i passaggi ad altri indirizzi di studio, soprattutto dopo il secondo anno. Cerchiamo di fare un pò di chiarezza.

Cambio di indirizzo dopo il primo anno
All’interno dell’obbligo scolastico, ossia nei primi due anni di scuola superiore o fino ai 16 anni uno studente può cambiare indirizzo senza sostenere un vero e proprio esame. Una volta ottenuta la promozione al termine del primo anno, per essere iscritto alla seconda classe di altro indirizzo di studi, deve sostenere un “colloquio integrativo” prima dell’inizio delle lezioni, diretto ad accertare eventuali carenze nelle materie non studiate nell’indirizzo di provenienza (comma 3 art. 24 Om 90/2001 in applicazione del art. 5 del DPR 323/99).
Ad esempio, se si passa dal liceo scientifico al liceo classico, il ragazzo sosterrà un “colloquio di approfondimento” in greco, materia che non ha studiato il primo anno, al fine di predisporre un piano di recupero individualizzato, da attuare nel primo periodo di lezioni della classe seconda.

Cambio di indirizzo dopo il biennio obbligatorio
Se lo studente desidera cambiare indirizzo di studi, dopo aver ottenuto la promozione alla classe terza (o quarta o quinta), è necessario il superamento di esami integrativi (art. 192 Dlgs 297/94) da effettuarsi prima dell’inizio delle lezioni, per accertare la conoscenza di materie o parti di materie non comprese nei programmi del corso di studio precedentemente seguito. Chiaramente, se lo studente si trova nello stato di sospensione del giudizio per la presenza di un debito, deve essere, prima promosso a tutti gli effetti, e poi, può sostenere gli esami integrativi.

Esami di idoneità
Nel caso in cui uno studente, per qualunque motivo (una malattia, un trasferimento, istruzione parentale, etc), non abbia potuto frequentare o si sia ritirato entro il 15 marzo dell’anno scolastico di riferimento, può chiedere di sostenere un esame di idoneità (art. 192-193 Dlgs 297/94). Per l’accesso agli esami di idoneità, lo studente deve possedere un’età non inferiore a quella di chi abbia seguito regolarmente gli studi. L’esame riguarda tutte le materie previste dal curricolo di studi delle classi precedenti quella alla quale lo studente aspira.

Quota 100, si riaprono i giochi

da Italiaoggi

Alessandra Ricciardi

Marco Bussetti

Mentre si apportano le ultime limature al testo del decreto legge su Quota 100, atteso al prossimo consiglio dei ministri, al dicastero dell’istruzione si lavora alla riapertura dei termini per il personale che vorrà fare domanda. Secondo alcune indiscrezioni, la finestra potrebbe essere contenuta a due settimane. La necessità è di consentire di pianificare in tempo utile gli organici, così da fare le operazioni di mobilità e di assunzione entro luglio prossimo.

Dopo la sanità, la scuola è il comparto pubblico in cui potenzialmente potrebbero esserci le maggiori cessazioni in virtù dei requisiti ridotti del decreto legge. Con oltre un milione di dipendenti l’impatto sulle casse dello stato e sulla funzionalità del servizio potrebbe essere esplosivo. Ma viste le penalizzazioni, dirette e indirette, contenute nel dl, ai piani alti di viale Trastevere si conta che alla fin fine docenti e Ata decidano di attendere i requisiti ordinari, snobbando Quota 100. Le prime previsioni, anche alla luce degli umori testati dai sindacati sul territorio, parlano di un’adesione di 10 mila unità, quasi il 10% della platea che sarebbe potenzialmente interessata a Quota 100. Se così dovesse essere, significherebbe che nel 2019 lascerebbero circa 30 mila dipendenti, un’uscita che dunque pareggerebbe quella dello scorso anno.

Secondo i dati definiti elaborati dal ministero sulle domande di pensionamento presentate entro dicembre scorso, infatti a legislazione vigente sono poco meno di 19.900 i pensionamenti 2019: 15.190 di docenti, dieci mila in meno rispetto all’anno corso, 4.448 per gli Ata, e siamo a 3.490 in meno rispetto al 2018/2019.

Se dunque l’adesione a Quota100 dovesse essere contenuta, si tratterebbe di gestire un flusso in uscita tutto sommato ordinario. Del resto, l’andare in pensione prima comporterà, secondo i calcoli dell’Ufficio parlamentare di Bilancio, un taglio dell’assegno del 5%, in caso di anticipo solo di un anno, fino a più del 30% se l’anticipo è di oltre 4 anni. Per non parlare poi dei ritardi previsti nel pagamento dell’indennità di buona uscita: l’articolo 23 del decreto stabilisce che la agli statali venga pagata al momento in cui matureranno i requisiti previsti dalla legge Fornero, e dunque raggiunti i 67 anni.

Se a dispetto di queste penalizzazioni, Quota 100 dovesse invece fare leva nella scuola, lo scenario cambierebbe completamente: con numeri più alti i rischi di rendere più «precario» il prossimo anno scolastico sarebbero alti. Le graduatorie di candidati abilitati a insegnare sulle cattedre scoperte sono sguarnite, tanto che già lo scorso anno 30 mila assunzioni sono andate deserte. Ecco perché nelle interlocuzioni del Miur con i sindacati c’è chi, ed è il caso della Uil scuola, ha lanciato la proposta di agganciare a Quota 100 un concorso straordinario per chi ha già 36 mesi di servizio alle spalle: si tratterebbe di dare una risposta di stabilizzazione su un gran numero di posti che altrimenti resterebbero senza un docente titolare.

La finestra per uscire con Quota 100 sarebbe sempre settembre. La bozza del decreto legge su Quota 100 all’art. 14, comma 7, precisa che per il personale della scuola ed Afam rimangono in vigore le disposizioni dell’art. 59, comma 9 della legge n. 449/1997, e dunque «la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno».

Appalti, dal 2020 si cambia Pulizie solo con dipendenti

da Italiaoggi

Franco Bstianini

A decorrere dall’anno scolastico 2019/2020, è autorizzata la trasformazione da tempo parziale a tempo pieno del rapporto di lavoro dei 445 assistenti amministrativi e dei 23 tecnici, assunti nell’anno scolastico 2018/2019 per effetto delle disposizioni dell’articolo 1, commi da 619 a 621 della legge n. 205/2017( già lavoratori socialmente utili titolari di contratti co.co.co. stipulati con diverse scuole statali ubicate prevalentemente in Sicilia, ndr.). A decorrere, invece, dal 1° gennaio 2020, le istituzioni scolastiche ed educative statali dovranno svolgere i servizi di pulizia e ausiliari unicamente mediante ricorso a personale dipendente appartenente al profilo dei collaboratori scolastici, rendendo disponibili a tali fini i posti accantonati ai sensi dell’articolo 4 del regolamento di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 119/2009 (il 25 per cento dei posti di collaboratore scolastico in organico nelle scuole interessate).

È quanto dispongono i commi da 738 a 741 e da 760 a 761 di cui all’articolo 1 della legge n. 145 del 30 dicembre 2018( legge di bilancio 2019).

Seppure in tempi diversi e con diverse modalità, le predette disposizioni hanno, da un lato, l’obiettivo di porre fine all’esperimento, in atto da una decina di anni, di esternalizzare le pulizie delle scuole affidandole a ditte esterne all’amministrazione scolastica e dall’altro quello di garantire, inserendoli negli organici del personale Ata, il posto di lavoro a tempo pieno sia agli assistenti amministrativi e tecnici, già assunti dall’anno scolastico 2018/2019, che ai circa dodicimila ex lavoratori socialmente utili che a determinate condizioni hanno prestato e tutt’ora continuano a prestare servizio nelle scuole alle dipendenze di imprese di pulizia.

Il ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca, si legge tra l’altro nel citato comma 760, è autorizzato ad avviare un’apposita procedura selettiva, per titoli e colloquio, finalizzata ad assumere alle dipendenze dello Stato, a decorrere dal 1° gennaio 2020, il personale impegnato per almeno dieci anni, anche non continuativi, purché includano il 2018 e il 2019, presso le istituzioni scolastiche ed educative statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi. I requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, nonché le relative modalità di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande, saranno fissati con apposito decreto del ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

In Gazzetta il concorso Dsga I ricorsi sono dietro l’angolo

da Italiaoggi

Molteplici le carenze per un’impugnativa al tar

 Francesco Bastianini
Il bando del concorso pubblico per esami e titoli, per la copertura di 2.004 posti di direttore dei servizi generali ed amministrativi (area D del personale Ata), previsto dall’art. 1, comma 605, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, è stato pubblicato, seppure «in zona Cesarini» nella Gazzetta Ufficiale – 4ª Serie speciale Concorsi ed esami, n. 102 del 28 dicembre 2018. Il concorso è bandito per la copertura dei posti che si prevede risulteranno vacanti e disponibili negli anni scolastici 2018/2019, 2019/2020 e 2020/2021. La domanda di partecipazione al concorso va presentata, entro il 28 gennaio 2019, ad una sola regione unicamente in modalità telematica attraverso l’applicazione Polis. I candidati devono essere in possesso dei diplomi di laurea, delle lauree specialistiche e delle lauree magistrali di cui all’allegato A del decreto ministeriale 18/12/2018, ovvero di analoghi titoli conseguiti all’estero considerasti equipollenti o equivalenti ai sensi della normativa vigente.

In deroga ai predetti requisiti sono ammessi a partecipare al concorso gli assistenti amministrativi che alla data del 1° gennaio 2018 hanno maturato almeno tre anni interi di servizio, anche non continuativi, sulla base di incarichi annuali, negli ultimi otto, nelle mansioni di Dsga anche in assenza dei requisiti culturali di cui alla tab. B allegata al contratto 29/11/2007. Il concorso si articolerà su due prove scritte ed una orale e nella valutazione dei titoli. Alla prove scritte sarà ammesso un numero di candidati pari a tre volte il minimo dei posti messi a concorso da ogni singola regione. Qualora a livelli regionale il numero dei candidati risulterà essere superiore a quattro volte il numero dei posti disponibili alle prove di esame saranno ammessi solo coloro che avranno superato un test di preselezione computer-based che si svolgerà, contemporaneamente nelle regioni coinvolte, nel giorno che sarà fissato con avviso in G.U. del 15 marzo 2019.

Saranno comunque ammessi tutti i candidati che nella prova preselettiva avranno conseguito un punteggio pari a quello del candidato collocato nell’ultima posizione utile e i candidati portatori di handicap. È altamente probabile che le decisioni del ministro dell’istruzione di non accogliere: la richiesta di comprendere, fra i requisiti di accesso anche in deroga degli assistenti amministrativi, anche l’anno scolastico 2017/2018; di prevedere, in alternativa alla lingua inglese altra lingua straniera; di esonerare dai test preselettivi gli assistenti amministrativi con tre anni di servizio facenti funzioni di direttori saranno contestate con ricorso alla giustizia amministrativo o ordinaria.

Il governo congela 1,7 miliardi

da Italiaoggi

Sono quelli previsti dal piano di edilizia scolastica 2018/2019: il decreto di riparto non c’è

In ritardo il decreto che sblocca 1,700 milioni per 1.000 interventi sulle scuole. E mancano i testi dei decreti per il riparto dei 75 milioni per l’assistenza degli alunni disabili e per le borse di studio sia del 2017 sia del 2018. La lunga lista dei ritardi del governo Conte è stata messa a punto dalla regioni, in un documento approvato nell’ultima conferenza delle regioni di fine 2018.

Ci sono «questioni urgenti in materia di edilizia scolastica e di istruzione» che richiedono «chiarimenti ed aggiornamenti», insistono. Quattro i provvedimenti sul banco degli imputati.

Il primo è il decreto di autorizzazione alla stipula dei mutui e avvio delle procedure di appalto per interventi sul Piano di edilizia scolastica 2018/2020. Nonostante le modifiche di semplificazione apportate alla procedura per l’adozione del Piano dal decreto legge n.86 del 12 luglio 2018 e nonostante l’accordo per rendere più rapida l’assegnazione delle risorse sancito in Conferenza unificata il 6 settembre 2018. Gli enti locali denunciano come «anche questa volta siamo alla fine dell’anno senza che sia stato approvato il decreto che autorizza le regioni a stipulare i mutui e, quindi, gli enti locali ad avviare le procedure d’appalto». Si ritarda così l’utilizzo dei 1.700 milioni di euro, attivabili in termini di volume di investimento, derivanti dall’utilizzo dei contributi pluriennali previsti dalla legge n.232 dell’11 dicembre 2016, come rimodulati dalla legge n. 205 del 27 dicembre 2017.

Si tratta di quasi 1.000 interventi di notevole importanza (l’importo medio è di 1,9 milioni) che non prenderanno avvio nei tempi previsti, sottolineano gli enti locali. Il decreto, infatti, doveva essere adottato entro 90 giorni dalla approvazione della programmazione unica (dm 615 del 12 settembre 2018) e, quindi, entro il 12 dicembre 2018. Di qui «la richiesta di approvare con urgenza il decreto che autorizza le regioni a stipulare i mutui», ribadisce la Conferenza delle regioni.

Seconda questione: il riparto del contributo di 75 milioni di euro per l’anno 2018 a favore delle regioni a statuto ordinario e degli enti territoriali per l’assistenza per l’autonomia e la comunicazione personale degli alunni con disabilità fisiche e sensoriali. Predisposto in base alla legge n. 2018 del 28 dicembre 2015 (art. 1, comma 947), il decreto del presidente del Consiglio dei ministri non ha ottenuto l’intesa in Conferenza Unificata il 1° agosto 2018 ed è, poi, stato approvato dal Consiglio dei Ministri in via definitiva il 24 settembre 2018.

Da allora, però, non si sono avute più notizie. «Considerata la delicatezza della tematica e la difficoltà di assicurare il servizio sui territori», gli enti locali chiedono «la pubblicazione del Dpcm o comunque di ricevere il testo registrato alla Corte dei conti nel più breve tempo possibile». Da una parte, infatti, le regioni avevano proposto che la ripartizione delle risorse fosse basata per 2012-14 e avevano chiesto al governo che il fondo diventasse strutturale e venisse incrementato fino a raggiungere il fabbisogno stimato dallo stesso governo, pari a 112 milioni di euro. Dall’altra parte l’Anci, appoggiando i criteri di riparto proposti dalle regioni, aveva sollecitato un tavolo di confronto tra tutti i soggetti interessati per criteri condivisi per gli anni successivi. Tavolo interistituzionale che anche l’Upi aveva richiesto, sebbene fosse favorevole al criterio del governo per la distribuzione delle risorse basata sul numero degli alunni disabili. Infine, la Conferenza delle regioni chiede chiarimenti su due provvedimenti che riguardano le borse di studio.

Gli schemi dei decreti del Miur sulle modalità di erogazione delle borse di studio sia per l’anno 2017 sia per il 2019, in base al decreto legislativo n.63 del 13 aprile 2017 (art. 9 comma 4). Nel primo caso, la Conferenza delle regioni, «come già richiesto in sede di Conferenza Unificata del 18 ottobre 2018», torna a chiedere «di ricevere una nota esplicativa su tempi e modalità di riscossione del beneficio per una corretta informazione alle famiglie». Anche nel secondo caso, poiché «l’intesa sul provvedimento è stata resa nella seduta della Conferenza Unificata del 18 ottobre 2018», la richiesta è «di ricevere il testo registrato alla Corte dei conti nel più breve tempo possibile».

Le maestre prima in pensione

da Italiaoggi

Nicola Mondelli
Tito Boeri

Anche gli insegnanti in servizio nelle scuole per l’infanzia da almeno sette anni nei dieci precedenti il pensionamento e in possesso di una anzianità contributiva di almeno trenta anni hanno titolo ad accedere dal 1° settembre 2019 al trattamento pensionistico di vecchiaia o a quello anticipato. A condizione che possano fare valere, alla data del 31 dicembre 2019, rispettivamente 66 anni e 7 mesi di età anagrafica o 41 anni e 10 mesi di contribuzione se donne, 42 anni e 3 mesi se uomini.

Nei loro confronti, infatti, non trova applicazione ai fini del requisito contributivo per l’accesso alla pensione di vecchiaia o a quella anticipata, l’adeguamento alla speranza di vita stabilito, ai sensi dell’articolo 12 del decreto legge 31 maggio 2010, n. 78, adeguamento che, per l’anno 2019, richiede invece sessantasette anni di età anagrafica o, indipendentemente dall’età anagrafica, 42 anni e 3 mesi di contribuzione se donne e 43 anni e 3 mesi se uomo.

Lo ha ribadito l’Inps con il messaggio n. 4804 del 21 dicembre 2018 con il quale l’Ente di previdenza ha fornito le istruzioni per la presentazione della domanda di pensione da parte dei lavoratori inclusi nell’allegato B di cui all’articolo 1, comma 148, del decreto ministeriale 18 aprile 2018, domanda che può essere presentata , esclusivamente per via telematica.

Le istruzioni contenute nella nota dell’Inps, applicabili anche agli insegnanti indicati in premessa, riguardano solo le modalità di presentazione della domanda di pensione e non anche quelle richieste specificatamente nella circostanza al personale della scuola. Per tale personale infatti, propedeutica alla presentazione della domanda di pensione è, come dispone l’annuale decreto del ministro dell’istruzione, la domanda di cessazione dal servizio da presentare nei termini indicati nel decreto.

Per la cessazione dal servizio dal 1° settembre 2019, il termine era fissato per il 12 dicembre 2018, un termine che gli insegnanti in premessa non hanno potuto rispettare in quanto, tanto nel decreto ministeriale n. 727 dell’15 novembre 2018 che nella circolare applicativa prot. 50647 del 16 novembre 2018, la possibilità di accedere alla pensione, possedendo «solo» i requisiti richiesti antecedentemente all’adeguamento alla speranza di vita, non era citata nel modello di domanda.

Per superare la scadenza del termine per la presentazione della domanda di cessazione dal servizio con effetto dal 1° settembre 2019 (l’unica finestra di uscita possibile per il personale della scuola, come dispone l’art. 59, comma 9, della legge n. 449/1997 e successive modificazioni), sarà pertanto necessario uno specifico intervento ministeriale che fissi al 28 febbraio 2019, così come è previsto dall’art. 72, comma 11, del decreto legge n. 112/2008, il termine ultimo per inoltrare la domanda di cessazione dal servizio. La sola nota dell’istituto presieduto da Tito Boeri a tal fine non è sufficiente.

NoiPA, detrazioni fiscali per figlio fino a 24 anni. Limiti reddito

da Orizzontescuola

di redazione

Procedura da seguire dal 01/01/2019 detrazioni fiscali per figlio età fino a 24 anni con reddito fino € 4000. Le indicazioni del Prof. Renzo Boninsegna Snals Verona.

Dal 01/01/2019 i genitori possono godere della detrazione fiscale se il figlio non ha superato i 24 anni di età e non  possiede un reddito complessivo annuo lordo (al lordo oneri deducibili) superiore a  €  4.000.

Per avere diritto alle detrazioni fiscali per i figli fiscalmente a carico si deve inviare richiesta detrazioni on line utilizzando le funzioni NOIPA (se in servizio) oppure INPS (se in pensione).

La scheda illustra la procedura da seguire.

N.B. Se il figlio ha superato i 24 anni di età i genitori possono godere della detrazione fiscale se il figlio non possiede un reddito complessivo annuo lordo (al lordo oneri deducibili) superiore a 2.840, 51 euro.

Mobilità docenti 2019, posti disponibili e non disponibili

da Orizzontescuola

di redazione

I criteri per la determinazione delle sedi e, quindi, delle cattedre disponibili per le operazioni di mobilità territoriale e professionale risultano gli stessi utilizzati lo scorso anno, come indicati nel CCNI sulla mobilità 2017/18, che risulta prorogato per un altro anno scolastico e, conseguentemente, valido anche per il prossimo anno 2018/19.

Secondo quanto si legge nel contratto

  1. Le disponibilità per le operazioni di mobilità territoriale a domanda e d’ufficio e per quelle di mobilità professionale sono determinate, dalle effettive vacanze risultanti all’inizio dell’anno scolastico per il quale si effettuano i movimenti, determinatesi a seguito di variazioni di stato giuridico del personale (es.: dimissioni, collocamento a riposo, decadenza, etc.) e sui posti vacanti e disponibili dell’organico dell’autonomia comunicati a cura dell’ufficio territorialmente competente sistema informativo nei termini che saranno fissati dalle apposite disposizioni ministeriali.

  2. Sono, inoltre, disponibili per le operazioni di mobilità:

a) le cattedre ed i posti, istituiti ex novo per l’organico dell’autonomia di ciascun anno scolastico e sprovvisti di personale titolare;
b) le cattedre ed i posti già vacanti all’inizio dell’anno scolastico o che si dovessero rendere vacanti a qualsiasi altro titolo, la cui vacanza venga comunicata al sistema informativo entro i termini previsti per la comunicazionedei dati al sistema medesimo;
c) le cattedre ed i posti non assegnati in via definitiva al personale con contratto a tempo indeterminato.

Dalle predette disponibilità vanno detratti i posti e le cattedre occupati dal personale rientrato nei ruoli di cui al precedente art. 7. Per l’a.s. 2019/20 dalle disponibilità sono inoltre detratti a livello di singola istituzione scolastica, o a livello provinciale in caso di eventuale contrazione di organico, i posti e le cattedre dove è in servizio nell’a.s. 2018/19 il personale docente assunto a seguito della procedura concorsuale indetta con DDG 85/2018 ed inserito nelle graduatorie relative pubblicate entro il 31 agosto 2018, mentre per il personale docente individuato ai sensi del DM 631 del 25 settembre 2018 tale detrazione awerrà a livello provinciale.

  1. Sono altresì disponibili le cattedre ed i posti che si rendono vacanti per effetto dei movimenti in uscita, fatta salva la sistemazione del soprannumerario della provincia.

4.Non sono considerati disponibili le cattedre ed i posti la cui vacanza non sia stata trasmessa al sistema informativo entro il termine fissato dalle apposite disposizioni ministeriali.

  1. Per le immissioni in ruolo autorizzate per ciascun anno scolastico del triennio 2019/20, 2020/21, 2021 viene accantonato il cinquanta per cento delle disponibilità determinate al termine dei trasferimenti provinciali.

Le aliquote

  1. Le operazioni di mobilità del personale docente, relative alla terza fase, sul restante 50 per cento si realizzano nel triennio di validità del presente contratto secondo le seguenti aliquote:

– a.s. 2019/20 il 40% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 10% alla mobilità professionale;
– a.s. 2020/21 il 30% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 20% alla mobilità professionale;
– a.s. 2021/22 il 25% delle disponibilità è destinato alla mobilità territoriale interprovinciale e il 25% alla mobilità professionale.
Tali aliquote sono applicate fatti salvi gli accantonamenti richiesti e la sistemazione del soprannumero provinciale considerando distintamente le diverse tipologie di posto (comune/sostegno).

  1. Ai fini della ripartizione idei posti di cui al precedente comma 5, l’eventuale posto dispari, fatto salvo quanto previsto nell’articolo 5 del presente contratto, è assegnato ad anni alterni a favore delle assunzioni in ruolo ovvero alle operazioni di mobilità; nel 2019/20 viene assegnato per le operazioni di mobilità.
  2. Il calcolo dei contingenti di cui al comma 6 del presente articolo viene effettuato arrotondando all’unità successiva, ove possibile, il resto decimale più alto. Qualora il calcolo delle predette aliquote dia luogo ad un numero non intero, questo se pari a 0,5 si approssima all’unità superiore a favore della mobilità territoriale interprovinciale.

  3. I posti e le cattedre che si dovessero rendere disponibili per effetto dei trasferimenti interprovinciali e dei passaggi di cattedra in uscita e dei passaggi di ruolo vanno ad incrementare le disponibilità per la mobilità in ingresso nel limite delle percentuali indicate al comma 6. Nel caso in cui terminate le operazioni di mobilità territoriale interprovinciale l’aliquota dei posti destinati non venga esaurita i posti residui sono destinati alla mobilità professionale, fatta salva la salvaguardia del personale in esubero sulla provincia. Qualora all’esito delle operazioni relative alla mobilità professionale, nei limiti del contingente residuino ulteriori posti disponibili, gli stessi verranno destinati a mobilità territoriale interprovinciale, fermo restando il rispetto del contingente destinato alla mobilità territoriale e professionale.

  4. Solo per le classi di concorso risultanti in esubero nazionale di cui all’art. 2, comma 4 del presente contratto nell’a.s. di riferimento (2019/20, 2020/21 ovvero 2021/22), finché permanga la situazione di esubero suddetta, la mobilità territoriale si effettua sul 100 per cento delle disponibilità determinate al termine della FaseII.

Il contratto

Tutto sulla mobilità

Sport a scuola

Mercoledì 9 gennaio, alle ore 12, presso la Sala “Aldo Moro” del MIUR, il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, il Sottosegretario alla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Giancarlo Giorgetti, il Presidente del Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI), Giovanni Malagò, il Presidente del Comitato Italiano Paralimpico (CIP), Luca Pancalli e il Segretario Generale dell’Associazione Nazionale Comuni Italiani (ANCI), Veronica Nicotra, presenteranno i Campionati Studenteschi 2018/2019. L’incontro sarà moderato dalla giornalista del TG1 Alma Grandin.

Durante l’evento verranno proclamate le città che sono state individuate per ospitare le Finali dei Campionati Studenteschi e quella in cui si terrà la Festa dello Sport, dedicata alle scuole di I grado italiane.

L’incontro sarà anche l’occasione per fare il punto sulla sperimentazione didattica “Studenti-Atleti” e per parlare delle iniziative in campo per lo sport a scuola, anche con riferimento agli alunni con disabilità.