Non basta la versione

Non basta la versione. Qualche riflessione sulla seconda prova scritta dell’esame di Stato nel Liceo Classico

di Piervincenzo Di Terlizzi

Con la proclamazione, nella diretta Facebook del Ministro Bussetti, delle materie oggetto della seconda prova scritta, si presenta una nuova occasione mediatica per accorgersi che l’esame di Stato del secondo ciclo –per tantissimi, ancora, di “maturità” è cambiato in alcune parti fondamentali, e per dare evidenza ad alcuni di questi cambiamenti. Si parlerà ancora della prova d’italiano e dei mutamenti per la seconda prova scritta allo scientifico e al classico. Di quest’ultima vorrei dire due cose.

Nel mio percorso di formazione, mi è capitato due volte che mi siano state richieste prestazioni più articolate della versione, e si è trattato delle occasioni più importanti, per varie ragioni. La prima volta è stata – ero all’ultimo anno del Liceo – al Certamen Classicum Florentinum, quando, oltre che la traduzione dal greco al latino, svolsi anche un libero commento al testo; la seconda volta, al concorso ordinario, dove pure mi fu chiesta la versione dal greco al latino con commento, e, per latino, una traduzione con commento. Che, insomma, la versione da sola non bastasse, era cosa nota alla scuola italiana anche in tempi persino remotamente passati.

Nella parte iniziale del mio percorso da docente, nell’ambito dell’insieme di sperimentazioni “Brocca” per i Licei classici (argomento che meriterebbe riflessioni a sé stanti), anche la seconda prova scritta dell’esame, molto cautamente peraltro, prevedeva una sezione (aggiuntiva) di commento, oltre che la versione. Più in generale, la necessità di arrivare ad una modificazione delle richieste della seconda prova scritta è stato, semplicemente, da anni elemento condiviso tra docenti, di pari passo con il bisogno di ridefinire, anche in termini di allineamento scientifico, il curricolo delle competenze linguistiche in greco e latino.

A giugno ci sarà, dunque, la nuova prova, che potremmo definire “traduzione con contestualizzazione”, per la quale alcuni primi esempi sono stati forniti dal Ministero a dicembre: sezioni d’inquadramento iniziale e finale, un alleggerimento della quantità di testo da tradurre, confronto con un testo dell’altra lingua (per la prova mista “latino-greco”, come sarà quest’anno), quesiti di comprensione, analisi e interpretazione personale. Gli esempi forniti dal MIUR ricalcano tipologie di prove ben presenti nella pratica didattica dei Licei e nella consapevolezza dei docenti.

In termini generali, si può dire che le varie sezioni di cui si compone la “nuova” prova permettono di disporre di più indicatori di competenze valutabili e, soprattutto, valorizzabili, linguistiche e non solo, rispetto alla traduzione. La traduzione stessa, in fase di riflessione e commento, diventa oggetto di un pensiero ulteriore da parte dello studente. In buona sostanza, già queste semplici considerazioni possono compensare le varie screziature dei timori di novità, spesso più emotive che sostanziali.


Esame di stato è una roulette russa. Va abolito!

La nuova maturità si fa sempre più vicina e terrorizza sempre più studenti. In particolare oggi, giorno in cui si è ufficializzato il già annunciato incubo della “doppia materia” in seconda prova. Matematica e fisica allo scientifico, greco e latino al classico.
“Questa impostazione maldestra e raffazzonata dell’esame di stato è l’ennesima conferma: sperimentano sulla pelle degli studenti.” Dichiara Giammarco Manfreda, coordinatore nazionale della Rete degli Studenti Medi. “Ogni anno si annuncia un cambiamento diverso di questo esame che non ha alcun senso di esistere: serve solo per coronare 5 anni di dannosa valutazione numerica e a dare una scusa alle università per ridurre le possibilità di accesso.”
“La doppia materia in seconda prova confonde gli studenti e ne limita la preparazione. L’orale, se possibile, è ancora più ridicolo. Eliminata la tesina, unico momento di libera espressione e allenamento alla ricerca, il candidato dovrà pescare una tra tre buste con degli “spunti” da cui iniziare il colloquio. Questa maturità sembra più una roulette russa che una prova dotata di un qualche senso. Va abolita una volta per tutte, insieme ai voti numerici. Oggi per questo manifestiamo davanti agli Uffici Scolastici Regionali!” Conclude Manfreda.

STIPENDI DOCENTI E SCATTO 2013

STIPENDI DOCENTI E SCATTO 2013, GILDA LANCIA PETIZIONE A PALAZZO CHIGI 

“Scongelare” lo scatto di anzianità del 2013 e incrementare gli stipendi dei docenti utilizzando anche le risorse destinate dalla famigerata legge 107/2015 al finanziamento del bonus merito. La Gilda degli Insegnanti inizia il nuovo anno rilanciando i temi economici più sentiti dalla categoria e lo fa promuovendo una petizione indirizzata al Presidente del Consiglio, Giuseppe Conte. Le firme verranno raccolte in tutte le scuole d’Italia e anche online attraverso la piattaforma https://www.change.org/p/giuseppe-conte-stipendi-pi%C3%B9-alti-per-gli-insegnanti
“Negli ultimi anni – spiega il sindacato – i docenti hanno subito una sostanziale diminuzione di prestigio, anche a causa della significativa riduzione del potere di acquisto degli stipendi. Buste paga sempre più leggere hanno portato gli insegnanti italiani a diventare fanalino di cosa nell’impietoso confronto con tutti gli altri dipendenti pubblici e con gli insegnanti degli altri Paesi europei”. Secondo i dati Ocse ed Eurydice, gli stipendi dei docenti in Germania sono praticamente il doppio rispetto a quelli italiani, per tutti i gradi di scuole e per tutte le anzianità, e molto al di sopra della media europea; anche in Spagna le retribuzioni, soprattutto quelle iniziali, si collocano al di sopra della media europea. La Francia ricalca l’andamento europeo, ma con le retribuzioni intermedie più basse, mentre l’Italia si mantiene allineata al livello europeo fino all’anzianità di servizio di 15 anni ma segna un netto calo a fine carriera.

“Per cambiare questa situazione indecorosa – afferma Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti – occorre investire maggiori risorse nel rinnovo del contratto, a partire dai fondi del bonus merito che, secondo Di Meglio, “non è un sistema che consente di premiare un bravo insegnante: è un incremento del fondo di istituto con soldi messi a disposizione del dirigente per premiare chi fa progetti – dice senza mezzi  termine il coordinatore della Gilda -. Noi abbiamo proposto che le somme stanziate con la legge 107 per il bonus merito vengano utilizzate per dare un minimo di incremento di stipendio agli insegnanti. Se ci sono soldi, che non vengano sprecati”.

Riguardo, poi, allo scippo dello scatto di anzianità 2013, la Gilda sottolinea che il blocco ha effetti su tutti perché ha spostato in avanti di un anno la progressione, con danni consistenti e irreversibili su stipendio e previdenza stimabili mediamente in 7000 euro nell’arco della carriera lavorativa. 

Reddito di cittadinanza: la bufala della disabilità


Uno degli impegni più severi nelle prossime ore sarà quello di spiegare alla nostra gente come – al di là degli annunci e dei giochi con i numeri e le parole – la disabilità sia stata ignorata nel decreto sul reddito di cittadinanza.” Così commenta Vincenzo Falabella, Presidente FISH, il testo del decreto legge approvato ieri sera in Consiglio dei Ministri e su cui FISH aveva chiesto con decisione emendamenti volti a migliorarne i contenuti che non sono stati accolti nemmeno in minima parte.

Alle moltissime persone che già ci contattano in queste ore andrà innanzitutto spiegato che l’annunciato aumento delle pensioni diinvalidità non trova alcuna concretezza nella misura approvata dal Governo.”

Ma non è tutto: per come è articolato il testo, i nuclei in cui sono presenti persone con disabilità, titolate di pensione di invalidità civile, verranno inequivocabilmente trattati meno favorevolmente delle famiglie in cui non sia presente una persona non autosufficiente o con disabilità. E questo a identica situazione di povertà assoluta.

Perché? Il gioco è molto semplice: – prosegue Falabella – vengono considerate alla stregua di un reddito le stesse pensioni di invalidità, criterio che avevamo chiesto fosse espunto dal decreto. Inoltre nessun coefficiente aggiuntivo considera la presenza di una persona disabile nel nucleo.” L’apparente contrasto sul “nodo disabili” fra le due forze di maggioranza non ha prodotto alcuna modificazione sostanziale alla bozza del decreto.

Il Ministro Di Maio però ha dichiarato che il reddito di cittadinanza riguarda anche circa 250mila nuclei in cui sia presente una persona con disabilità. “Si gioca con i numeri: in Italia, e ce lo dice ISTAT, esistono 1.700.000 nuclei in condizione di povertà assoluta. Questi rappresentano, per dichiarazione dello stesso Governo, la platea dei beneficiari del reddito e della pensione di cittadinanza. All’interno di quei nuclei poveri assoluti vi sono anche persone con quella disabilità che è una delle prime cause di impoverimento. Quando il Governo, in tutte le sue componenti, è stato messo alle strette dalle nostre serrate critiche, il Ministero del Lavoro ha effettuato un sommario controllo sulla banca dati ISEE scoprendo che vi è un numero consistente di famiglie sotto la soglia di 9.360 euro con una persona con disabilità al loro interno. Appurato tardivamente ciò, invece di elaborare risposte congruenti, ha usato il dato a fini propagandistici lasciando inalterati quei criteri che trattano meno favorevolmente proprio quei nuclei.”

I risultati sono quindi evidenti: nessun propagandato aumento delle pensioni di invalidità e l’importo del reddito di cittadinanza sarà, in tutti i casi, più basso quando in famiglia c’è un disabile, un titolare di pensione sociale, un giovane che percepisce una borsa lavoro.

Di fronte a queste evidenze – conclude il presidente Falabella – non ci resta che chiamare a raccolta le nostre associazioni e tutte le organizzazioni dell’impegno civile e chiedere con forza al Parlamento di censurare e modificare quel testo visto che il Governo ha pedissequamente ignorato ogni ragionevole richiesta di emendamento!”

Scuola, ecco i furbetti dell’anticipo negli istituti paritari

da la Repubblica

Salvo Intravaia

Le iscrizioni sono in corso, e tra le scelte cui le famiglie sono chiamate una delle più importanti riguarda l’opzione del cosiddetto “anticipo”, introdotto dalla Gelmini nella omonima riforma del 2008: la possibilità di iscrivere i bambini particolarmente dotati in prima elementare a 5 anni e mezzo. La norma attuale, per l’esattezza, consente di iscrivere alla primaria i bambini che compiono i sei anni entro il 30 aprile dell’anno scolastico di riferimento. Sono i genitori a stabilire se fare esordire anticipatamente i figli nella scuola dell’obbligo. Anche se le maestre della scuola dell’infanzia consigliano mamme e papà sul punto, e spesso si pronunciano negativamente.

Ma per i fanatici dell’anticipo, che – magari per pochi giorni – non rientrano nell’opzione, una scappatoia c’è. Basta rivolgersi a qualche scuola paritaria compiacente che accetta di iscrivere ugualmente in prima anche i bambini che festeggiano il sesto compleanno dopo il 30 aprile. Del resto, pensano i genitori, perché penalizzare un bambino che compie sei anni magari il primo o il due maggio? Ma a proposito delle iscrizioni all’anno scolastico 2019/2020, che si chiuderanno il prossimo 31 gennaio, il Miur ribadisce attraverso il proprio sito che “non è consentita, anche in presenza di disponibilità di posti, l’iscrizione alla prima classe della primaria di bambini che compiono i sei anni successivamente al 30 aprile 2020”.

La possibilità di aggirare l’ostacolo, per le scuole paritarie (solo alcune), è determinata dal fatto che l’iscrizione alla classe prima avviene obbligatoriamente online per le sole scuole statali. “Mentre – continua il ministero dell’Istruzione – per le scuole paritarie resta sempre facoltativa l’adesione al sistema delle Iscrizioni online”. E quasi sempre queste scuole preferiscono il più tradizionale modulo cartaceo da compilare e consegnare personalmente.

Ecco quindi la scappatoia: anche perché, una volta che i bambini sono stati iscritti in prima sotto età e promossi per diversi anni, nessuno si sogna più di obiettare nulla nei gradi successivi d’istruzione. Nel 2016/2017 erano ben 1.635 i bambini che frequentavano la seconda elementare e che festeggiavano il compleanno dopo il 30 aprile 2017. Ed erano quasi quasi 1.900 nell’anno precedente, il 2015/2016.

Pensioni quota 100, solo per i lavoratori della scuola varrà tutto il 2019? Si attende la Circolare Inps

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

I lavoratori della scuola potranno usufruire di quota 100 facendo valere anche l’anno 2019? È la domanda che si stanno ponendo diverse decine di migliaia di insegnanti, Ata e dirigenti scolastici, il cui destino pensionistico è legato proprio alla validità dell’anno in corso, per il raggiungimento dei 62 anni di età e dei 38 anni di contributi complessivi: la richiesta di chiarezza si è amplificata a seguito dell’approvazione da parte del Consiglio dei ministri del testo del decreto contenente anche le norme che regolano il reddito di cittadinanza.

Un dubbio lecito

Il dubbio, del resto, è lecito. Nell’ultima versione del decreto a nostra disposizione, che potrebbe però all’ultimo momento avere subito delle modifiche, c’era scritto che “per il personale del comparto Scuola ad Afam si applicano le disposizioni di cui all’articolo 59, comma 9, della legge 27 dicembre 1997, n. 449”.

In quel testo di legge, di 21 anni fa, si spiega che “per il personale del comparto scuola resta fermo, ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico, che la cessazione dal servizio ha effetto dalla data di inizio dell’anno scolastico e accademico, con decorrenza dalla stessa data del relativo trattamento economico nel caso di prevista maturazione del requisito entro il 31 dicembre dell’anno”.

Potrà aderire anche chi compie i 62 anni a dicembre?

Se quel comma non è stato sottratto o modificato all’ultimo momento, significa che per raggiungere il doppio requisito – età anagrafica minima e contributi da considerare nel “montante” dei 38 anni – solo per i docenti, il personale Ata e i dirigenti scolastici varrà tutto il 2019.

In pratica, anche i lavoratori che compiranno il 62° anno nel dicembre prossimo, avrebbero la possibilità di accedere a quota 100 (sempre se in possesso di almeno 38 anni di contributi finiti riconoscibili).

In tal caso, per il raggiungimento delle 38 annualità di contribuzione, varranno anche i quattro mesi che vanno da settembre a dicembre 2019, anche se il lavoratore non sarà più in servizio. Confermando la tradizionale norma previdenziale che “regala” 120 giorni al personale della scuola collocato in pensione.

E gli altri dipendenti pubblici?

Per gli altri dipendenti dello Stato, l’uscita dal lavoro tramite quota 100 si realizzerà un mese prima: il 1° agosto 2019.

Tuttavia, per i lavoratori statali non appartenenti al comparto Scuola, però, i requisiti dovranno essere completati entro l’entrata in vigore del decreto.

Successivamente, gli statali conseguiranno “il diritto alla decorrenza del trattamento pensionistico trascorsi sei mesi dalla data di maturazione dei requisiti stessi”.

Il personale scolastico, in pratica, se confermate tali date, in prima battuta godrebbe di qualche beneficio a livello di requisiti rispetto ai colleghi degli altri comparti pubblici. Salvo poi attendere un altro anno per vedersi concessa un’altra “finestra” d’uscita dal lavoro.

Si attende la Circolare applicativa dell’Inps

A questo punto, per i lavoratori della scuola si attendono però delle conferme, sia da parte del ministero dell’Istruzione sia dall’Inps.

L’istituto di previdenza, in particolare, dovrà scrivere, nero su bianco, i limiti temporali per l’età e per la validità della contribuzione, che dovrebbero essere quelli da noi illustrati.

Le indicazioni arriveranno a breve, considerando che il personale della scuola interessato potrà presentare la domanda entro il prossimo 28 febbraio, come già anticipato.

Le richieste del sindacato

Nel frattempo, anche i sindacati reclamano chiarezza: secondo la Cisl Scuola c’è estrema “necessità di tenere nella dovuta considerazione le particolari modalità con cui avvengono le cessazioni dal servizio del personale scolastico, che può andare in pensione unicamente il 1° settembre di ogni anno. Una scadenza ravvicinata rispetto ai numerosi adempimenti che incidono sia su lavoratrici e lavoratori direttamente interessati, sia sulle procedure di regolare avvio dell’anno scolastico”.

Per chi vuole andare in pensione – sostiene la Cisl Scuola – occorre garantire una puntuale e corretta valutazione dei requisiti posseduti, che incidono sia dal punto di vista del diritto di accesso alla pensione, sia alla determinazione del suo ammontare. Dal punto di vista organizzativo, sapere con certezza quante saranno le cessazioni dal servizio è indispensabile al fine di rendere disponibili per le operazioni di mobilità (trasferimenti e passaggi di ruolo, cattedra o profilo) i posti che si liberano per effetto dei pensionamenti.”

Ora ci si attivi – – dice Maddalena Gissi, leader della Cisl Scuola – per accelerare al massimo tutti gli adempimenti connessi alla gestione delle domande. Fare presto e bene è l’obiettivo che l’Amministrazione deve darsi, stabilendo opportune intese con l’INPS, attivando momenti di coordinamento a livello territoriale per i quali se necessario anche le strutture sindacali e di patronato sono pronte a rendersi disponibili”.

Quota 100, sì del Consiglio dei ministri: 30 mila euro cash di Tfr, in pre-pensione un milione di lavoratori

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Nella serata di giovedì 17 gennaio, il Consiglio dei ministri ha approvato il ‘decretone’ su reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni: la riunione è stata molto veloce, appena mezz’ora, a conferma che gli accordi erano stati presi in mattinata. Ora, il doppio provvedimento – il cui testo definitivo non è ancora stato pubblicato – dovrà essere convertito in legge dalle Camere entro 60 giorni.

Il ritiro dal lavoro sarà possibile, in prima applicazione, dal primo aprile 2019 per i lavoratori privati che abbiano raggiunto i requisiti indicati entro il 31 dicembre 2018 e dal primo agosto 2019 per i lavoratori pubblici che li abbiano maturati all’entrata in vigore del decreto.

Cosa prevede il decreto

Oltre a quota 100, il decreto prevede, la possibilità, solo per le donne, di andare in pensione in anticipo con 42 anni e 10 mesi di contributi, se uomini, e con 41 anni e 10 mesi di contributi. Maturati i requisiti, i lavoratori e le lavoratrici percepiscono la pensione dopo tre mesi.

Ci sarà anche la possibilità per le donne di andare in pensione a 58 anni se dipendenti e 59 se autonome, con almeno 35 anni di contributi al 31 dicembre 2018 (Opzione donna).

A passare è stata che l’applicazione degli adeguamenti alla speranza di vita per i lavoratori precoci, che potranno quindi andare in pensione con 41 anni di contributi. Anche in questo caso, il diritto al trattamento pensionistico decorrerà dopo tre mesi dalla data di maturazione dei requisiti.

Via libera al riscatto agevolato del periodo di laurea entro i 45 anni. Ma anche alla facoltà di riscatto di periodi non coperti da contribuzione, con una detraibilità dell’onere del 50% in cinque quote annuali e la rateizzazione fino a 60 mesi, a condizione di non aver maturato alcuna contribuzione prima del 31 dicembre 1995 e di non essere titolari di pensione.

Le disposizioni in materia di pagamento del trattamento di fine servizio o di fine rapporto prevedono la corresponsione della relativa indennità sulla base di una specifica richiesta di finanziamento da parte degli aventi diritto, con la costituzione di uno specifico fondo di garanzia.

Attivato anche un “Fondo bilaterale per il ricambio generazionale”, che prevede la possibilità di andare in pensione tre anni prima di quota 100 purché si abbia una contemporanea assunzione a tempo indeterminato.

Conte: un milione di lavoratori in tre anni

Più che soddisfatto dell’esito dell’approvazione in CdM il premier Giuseppe Conte: nella conferenza stampa a Palazzo Chigi di presentazione del decreto, ha detto che questa è “una tappa fondamentale per questa esperienza di governo: è la dimostrazione che questo Governo gli impegni li mantiene”.

Abbiamo approvato “due misure che non rispondono a estemporanee promesse elettorale, ma costituiscono un progetto di politica economica sociale di cui questo governo va fiero”.

Abbiamo detto sì, ha continuato Conte, ad “un progetto che riguarda cinque milioni di persone che si trovano in povertà e un milione di persone che potranno andare nel triennio in anticipo in pensione”.

Salvini: nessun adeguamento alla speranza di vita

In attesa di prendere visione del testo approvato, è il ministro dell’Interno Matteo Salvini ad annunciare le novità approvate: “Non c’è nessun adeguamento alla speranza di vita (riferendosi ai cinque mesi che sono scattati a fine 2018 e che avrebbero dovuto innalzare l’uscita dal lavoro sia della pensione di anzianità sia di quella di vecchiaia n.d.r.), c’è la possibilità di riscattare in maniera agevolata gli anni della laurea, sono tutelati i comparti delle forze dell’ordine”.

Ma l’accordo raggiunto più importante riguarda la buonuscita degli statali, quindi anche di docenti, Ata e dirigenti scolastici: ci sarà “subito la liquidazione per il settore pubblico, 30 mila euro cash“, ha detto il vicepremier.

A spiegare meglio la consistenza del provvedimento sul Tfr è stata, con un tweet, la ministra per la Pubblica amministrazione Giulia Bongiorno: “Dopo anni di lunghe attese, finalmente i dipendenti pubblici – ‘quotisti’ e non – che andranno in pensione avranno subito 30.000 euro di Tfr/Tfs, con interessi al 95% a carico dello Stato. Lavoreremo per aumentare la cifra, fino a 40-45.000 euro. Un risultato storico!”.

Assegno di pensione: no tagli, sì decurtazioni

Per quanto riguarda la consistenza dell’assegno di pensionamento da accreditare a chi aderirà a quota 100, invece, bisogna ancora attendere qualche giorno: con quota 100, ha ribadito, “non c’è nessuna penalizzazione e nessun taglio, sarà una libertà di scelta”.

In effetti, non ci saranno tagli, ma decurtazioni (anche del 20% o forse più) derivanti dal mancato gettito nelle casse dell’Inps degli ultimi anni di lavoro: il “montante” dei contributi, in pratica, si ridimensiona e produce un assegno ridotto.

In tutto, il doppio provvedimento è costato allo Stato diversi miliardi: “Soldi veri: 22 miliardi di euro”, ha detto ancora il vice presidente del consiglio, riferendosi alla valenza il ‘decretone’ su reddito di cittadinanza e quota 100 sulle pensioni.

Concorso Dsga, scadenza domande il 27 o il 28 gennaio?

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Aprendo il bando di concorso Dsga 2019, pubblicato nella G.U. n. 102 del 28/12/2018, si legge a chiare lettere che la scadenza per l’inoltro telematico delle domande è il 27 gennaio 2019. In effetti, come ci hanno fatto notare alcuni lettori, se la domanda deve essere presentata, a pena di esclusione, entro  trenta giorni dalla data di pubblicazione del bando nella Gazzetta Ufficiale, la scadenza cade esattamente il 27.

Ma nel comunicato del Miur e sulla pagina dedicata al Concorso Dsga il Miur scrive che “La domanda deve essere presentata, a pena di esclusione, sul sito POLIS Istanze OnLine del MIUR, entro le ore 23,59 del trentesimo giorno decorrente dalla data di pubblicazione del bando sulla Gazzetta Ufficiale, IV serie speciale Concorsi (28 gennaio 2019)”.

Qual è dunque la data esatta di scadenza?

Il 27 gennaio cade di domenica e secondo il regolamento CEE, Euratom n. 1182/71 del 3 giugno 1971, nonché secondo l’art. 2963 del Codice civile, se il termine scade in un giorno festivo, è prorogato di diritto al giorno seguente non festivo.

Si tratta di norme evidentemente riferite a periodi precedenti all’avvento delle procedure informatiche, quando le domande si presentavano in modalità cartacea e quindi era necessario recarsi negli Uffici postali per spedire la raccomandata.

Si aggiunge, inoltre, che nel bando, contrariamente a quanto normalmente avviene, non è neanche riportata la frase “qualora la scadenza coincida con giorno festivo, il termine si intende prorogato al primo giorno successivo non festivo”.

Perché non esplicitarlo che il termine slitta al giorno successivo, visto che il trentesimo giorno dalla pubblicazione in G.U. cade di domenica?

Abbiamo ritenuto opportuno segnalare al MIUR questa discrepanza tra il comunicato e quanto riportato nel bando in Gazzetta Ufficiale (linkato dalla stessa pagina del Ministero), perché potrebbe ingenerare confusione tra i molti candidati che si accingono a presentare la domanda.

Nota 18 gennaio 2019, AOODGOSV 1182

Agli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
all’Intendenza Scolastica per la Lingua Italiana di
BOLZANO
all’Intendenza Scolastica per la Lingua Tedesca di
BOLZANO
all’Intendenza Scolastica per la Lingua Ladina di
BOLZANO
alla Provincia di Trento Servizio Istruzione
TRENTO
alla Sovrintendenza agli Studi per la Regione Autonoma della Valle D’Aosta
AOSTA
ai Dirigenti scolastici dei Licei artistici
LORO SEDI

Oggetto: Progetto nazionale “Seminari sulle Indicazioni Nazionali per i Licei Artistici”

Nota 18 gennaio 2019, AOODGSIP 213

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione
Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

Ai Dirigenti Scolastici delle scuole di ogni ordine e grado
LORO SEDI
e, p.c.
Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano
Bolzano
Al Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento
Trento
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca
Bolzano
All’Intendente Scolastico per la Scuola località Ladine
Bolzano
Al Sovrintendente degli Studi per la Regione Valle d’Aosta
Aosta

Oggetto: Protocollo d’intesa tra il MIUR e la PCM – Dipartimento per le politiche antidroga – siglato in data 7 agosto 2017 e successivo accordo di collaborazione ex art. 15 della legge n. 241 del 1990 sottoscritto in data 18 dicembre 2017. Avvio del piano di formazione per i docenti.

Decreto Ministeriale 18 gennaio 2019, AOOUFGAB 37

Discipline oggetto della seconda prova scritta, eventuale disciplina oggetto di una terza prova scritta per specifici indirizzi di studio e modalità organizzative relative allo svolgimento del colloquio, ripartizione del punteggio delle tre prove scritte, ove previste per specifici indirizzi di studio

Nota 18 gennaio 2019, AOODGOSV 1149

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione – Ufficiop VI

Ai Direttori Generali degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
AI Capo del Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione
SEDE
AI Sovrintendente Scolastico per la Provincia Autonoma di Trento
AI Sovrintendente Scolastico per la Provincia Autonoma di Bolzano
AI Sovrintendente agli Studi per la Regione Autonoma della Valle d’Aosta
LORO SED

Oggetto: Istruzione degli adulti e apprendimento permanente – Avvio III annualità del Progetto “EduFinCPIA” – Trasmissione linee Guida III Edizione a.s. 2018/2019