Concorso “Scacco al bullo”: i vincitori


Da sempre la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap, oltre a sostenere i processi di inclusione sociale per l’affermazione dei diritti di cittadinanza, di pari opportunità e di non discriminazione di tutte le persone con disabilitàcontrasta tutti i fenomeni di violenza ed abuso quali appunto il bullismo.

Il bullismo è un fenomeno che va contrastato anche culturalmente e aumentando la consapevolezza. I primi interlocutori sono proprio i ragazzi e le ragazze.

Ed è sulla base di queste convinzioni e intenti che la FISH ha promosso il Concorso “Scacco al bullo”, lanciato in collaborazione con il Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca e con l’Ufficio Nazionale Antidiscriminazioni (UNAR).

Il Concorso, che ha visto la partecipazione di oltre 200 opere di Studenti delle Scuole Secondarie di II grado, celebra la sua conclusione con la cerimonia di premiazione dei vincitori che avverrà a Roma il 1° marzo (9.30-13.30) prossimo all’Auditorium WEGIL in Largo Ascianghi 5.

Tre le categorie in gara – fotografie, cortometraggi, racconti – incentrate sulla consapevolezza e sul contrasto al bullismo in tutte le sue forme, a prescindere dagli ambiti in cui si manifesti (scuola, società, social, web) e di chi siano le vittime.

I nominativi dei vincitori e le loro opere sono presentati nello specifico sito www.scaccoalbullo.it

La cerimonia di premiazione è aperta a tutti. Per maggiori informazioni contattare la segreteria FISH (presidenza@fishonlus.it).

Autonomia differenziata in Friuli Venezia Giulia

Autonomia differenziata in Friuli Venezia Giulia: in materia di istruzione un accordo che va subito fermato

Roma, 27 febbraio – Apprendiamo di “uno storico accordo”, così viene definito dall’assessore all’istruzione della Regione Friuli Venezia Giulia, fra la medesima Regione e il MIUR per l’assunzione di personale dirigente, ATA e docente di sostegno, attraverso risorse regionali. L’accordo, approvato dalla giunta regionale e in attesa di sigla definitiva fra le parti, va assolutamente fermato.

Chiediamo subito un incontro al Ministro dell’Istruzione per rendere conto dello sconfinamento dei suoi poteri che non consentirebbero passi avventati e sconsiderati come questo.

L’accordo, errato nei suoi presupposti circa le prerogative che vengono attribuite alla regione e che appartengono invece allo Stato, apre le porte alla regionalizzazione del servizio istruzione, che in quanto servizio istituzionale, è di per sé nazionale e tale deve restare. Le giuste necessità di dotare sia le scuole del necessario personale dirigente, docente e ATA, sia gli uffici territoriali dell’organico di cui è stato depauperato nel corso degli anni, non riguardano la sola regione Friuli Venezia Giulia ma tutte le regioni italiane. Il Ministero, così facendo, abdica al suo ruolo e dichiara la sua incapacità a provvedere alle necessità delle scuole e degli uffici.

La via è un’altra: quella della coesione sociale e dello sviluppo di tutti territori perché il diritto all’istruzione va garantito in ogni angolo del Paese indipendentemente dai confini territoriali dei governi locali.

Il Governo, interpretando quello che deve essere il compito della Repubblica, faccia il suo dovere e non rinunci al suo ruolo. O altrimenti chi ne gestisce le amministrazioni faccia un passo indietro e ceda il posto a chi è capace di fare il suo dovere di governante nazionale.

In audizione per le classi pollaio polemiche sull’autonomia differenziata

da Il Sole 24 Ore

Sul tema dell’autonomia differenziata si è oggi innescata, in VII Commissione Istruzione e Cultura alla Camera, una discussione che ha assunto in alcuni passaggi toni accesi. A denunciarlo è la segretaria della Cisl scuola, Maddalena Gissi, che parla di toni «inusuali per il luogo e del tutto anomali rispetto alle modalità con cui solitamente le audizioni vengono svolte. Solo ripercorrendo il dibattito attraverso la registrazione video dei lavori della commissione, attualmente non ancora disponibile sul sito della Camera, sarà possibile esprimere ulteriori valutazioni sull’accaduto».

La delegazione Cisl scuola ha comunque auspicato che temi di questa portata siano oggetto di pacata e lucida riflessione, «cui non è di alcun giovamento un’incomprensibile e illogica esasperazione dei toni». Anche il segretario della Uil scuola, Pino Turi, ha ribadito, nel corso dell’audizione, la netta contrarietà della Uil scuola ad ogni ipotesi di regionalizzazione. «La scuola italiana è l’istituzione nella quale gli italiani pongono la massima fiducia. Vi pare possibile – ha detto Turi – mettere mano ad una istituzione che funziona e che gode della fiducia di tutti?».

In realtà l’audizione informale riguardava la questione delle cosiddette “classi pollaio” e dunque la proposta di legge in materia di «disposizioni concernenti la formazione delle classi nelle scuole di ogni ordine e grado». La Cisl ha rilevato che si pone «una stretta correlazione tra la garanzia della sicurezza degli alunni e il miglioramento della qualità dell’offerta formativa attraverso l’organizzazione della didattica. La riduzione del numero massimo degli alunni per classe ha un sicuro effetto sul primo punto anche se deve essere accompagnata da urgenti e indifferibili provvedimenti circa l’edilizia scolastica».

Per il sindacato la misura proposta è «certamente di aiuto ma è altrettanto necessario intervenire sul sostegno agli insegnanti verso modalità didattiche innovative e flessibilità organizzative nella gestione degli ambienti di apprendimento».

Anche la Uil scuola ha apprezzato la proposta di legge che prevede la riduzione graduale di un punto del rapporto alunni/docente in un triennio; la previsione di un tetto massimo
di 22 alunni nelle classi iniziali, elevabile fino a 23 ed tetto massimo di 20 alunni nelle classi con presenza di alunni con disabilità. «Ridurre il numero di alunni per classe – ha sottolineato Pino Turi – può dare risposte in termini di didattica individualizzata, attenuare i fenomeni di burnout, dovuti allo stress da lavoro correlato, sempre più in aumento. E’ positiva in termini di organico, con la restituzione di circa 86.000 posti per i docenti. Per il personale Ata, l’aumento potrebbe essere di circa 40.000 posti. Un provvedimento che
assume elementi positivi che aiuterebbero, di molto, la qualità dell’istruzione. Rappresentando un beneficio per il personale in termini di mobilità e reclutamento». Oggi si stima che le classi sovradimensionate siano il 5,17% del totale

Liliana Segre “Ministro, ci ripensi non rubiamo il passato ai ragazzi”

da la Repubblica

Simonetta Fiori

La senatrice a vita lancia un appello a Bussetti, titolare dell’Istruzione, perché ripristini la storia all’esame di maturità già dal prossimo anno scolastico. ” Che cosa succederà quando noi testimoni della Shoah non ci saremo più?”

«Un esame di maturità senza la storia mi fa paura. Per questo chiederò al ministro Bussetti di ripensarci». A Liliana Segre proprio non va giù. Da quattro mesi dà battaglia per sapere come sia stato possibile che il Miur abbia soppresso la traccia storica dalla prima prova scritta della maturità. Si è anche fatta promotrice di un “affare assegnato” che in linguaggio tecnico vuol dire promuovere una piccola indagine — in questo caso affidata alla Commissione Cultura del Senato — per sapere da che cosa sia nata la decisione del ministero di cancellare la traccia storica. I lavori parlamentari non sono ancora cominciati. «E ora da cittadina ho chiesto un incontro con il ministro».

Cosa vuole dirgli?

«Vorrei capire il perché della soppressione della storia, che ritengo un atto molto grave. Io mi sono sempre occupata di memoria.

Ma memoria e storia vanno insieme. Da trent’anni rendo testimonianza sulla Shoah nelle scuole, e vedo la fatica che talvolta fanno i professori per contestualizzare il mio racconto. Può capitare che nell’ultima classe delle superiori non si arrivi a svolgere l’intero programma e ci si fermi alla Grande Guerra. Invece sarebbe utile studiare i totalitarismi, i genocidi e la complessità di tutto il Secolo Breve».

Che cosa le fa più paura di questa cancellazione?

«Ormai gli ultimi testimoni dell’Olocausto stanno sparendo. Tra carnefici e vittime, siamo morti quasi tutti».

Perché dice “siamo”?

«Sono una voce che grida nel deserto dei morti. E cosa succederà quando non ci saremo più? La storia è sempre manipolabile. E, dopo che verranno meno gli ultimi sopravvissuti, la Shoah diventerà una riga nei libri di storia. E più tardi ancora, non ci sarà neppure quella.

Ricorda 1984 di Orwell?».

La storia completamente riscritta dal Partito Unico. E gli slogan: “Chi controlla il passato controlla il futuro. E chi controlla il presente controlla il passato”.

«Nessuno è riuscito a dirlo meglio dello scrittore inglese. E trovo assurdo che in tempi come i nostri — nel segno delle parole d’odio — il ministero dell’Istruzione sancisca la marginalità della storia. Devo confessare che, dinanzi alla decisione di cancellarne la traccia alla maturità, sono rimasta sbigottita ma non totalmente sorpresa: come se mi fosse arrivata la conferma triste di tanti segnali registrati negli ultimi anni. Le cose non arrivano mai di colpo, ma sono l’esito di lunghi processi».

Da senatrice ha avviato una sorta di indagine.

«Sì, “un affare assegnato” alla VII Commissione del Senato, ma i lavori sono ancora fermi. Ciascun gruppo ha indicato gli esperti e gli studiosi da ascoltare, ma le audizioni non sono state ancora calendarizzate. Capisco che ci siano delle priorità, ma sarebbe opportuno partire tempestivamente. Anche per arrivare in tempo per il prossimo anno scolastico: mi piacerebbe che la traccia di storia venisse ripristinata».

L’indagine accerterà le motivazioni della decisione ministeriale. Ma si conosce già la risposta del Miur.

«Ah certo, ci diranno che, negli ultimi otto anni, meno del 3 per cento degli studenti ha scelto la traccia storica. Troppo pochi».

Così hanno preferito sopprimere la traccia di storia, invece che chiedersi perché così pochi la scegliessero.

«È questo il punto. Non ci si pone il problema di come venga insegnata.

I docenti sono ancora capaci di rendere affascinante lo studio del passato? Lo dico con grande rispetto per figure eroiche che in Italia non vedono riconosciuto il proprio ruolo. Che entusiasmo si può coltivare con una remunerazione che svilisce?

Detto ciò, io mi imbatto spesso in professori molto bravi e nutro una gratitudine enorme per quello che riescono a fare».

È un problema anche di orari.

Da quest’anno, nel biennio degli istituti professionali la disciplina è ridotta a un’ora settimanale.

«Ma che ci fai con un’ora di storia alla settimana? Forse che chi è destinato al mondo del lavoro debba rinunciare a una bussola fondamentale per orientarsi nel presente? Penso anche al rapporto con la città e con i propri monumenti. In Italia possediamo la più alta percentuale del patrimonio artistico mondiale e non siamo in grado di fornire agli studenti gli strumenti per capire questi capolavori. Tra un po’ passando davanti al Colosseo si penserà che sia un’opera pubblica incompiuta progettata quarant’anni fa».

Lei ha detto una volta: senza la storia non si diventa uomini.

«È quello che penso. L’ho anche sperimentato in prima persona. Io ho imparato molto dallo studio della storia».

A lei è capitato di essere fagocitata dalla storia prima ancora di studiarla.

«Questo è vero. Avevo tredici anni quando mi caricarono sul treno per Auschwitz. E della storia d’Italia sapevo poco. Avevo fatto in tempo a studiare Garibaldi, che l’iconografia patriottica mostrava accolto tra applausi nel Sud della penisola. Solo più tardi avrei conosciuto la complessità del Risorgimento».

Riprese gli studi storici dopo essere stata liberata. In che modo l’hanno aiutata a crescere?

«Da privatista feci cinque anni in uno, in un accumulo di nozioni e letture. Ma la storia mi appassionava in un modo speciale, forse perché mi mostrava in che modo la vita dei paesi e delle comunità potesse cambiare forma. Mi concentravo sull’Europa, sulle sue rivoluzioni e sulla formazioni degli Stati nazionali. Capivo perché i latini definissero la storia magistra vitae ».

Cercava di dare un senso alla sua esperienza ad Auschwitz?

«No, questo sarebbe accaduto più tardi. Nel dopoguerra ho cercato se non di dimenticare — questo è impossibile — certo di mettere da parte il lager. La resa dei conti anche storica sarebbe arrivata più tardi».

E dopo l’ha aiutata a capire?

«Ho approfondito sul piano delle conoscenze, ma non ho mai avuta la risposta che cercavo. Continuo a leggere moltissimi saggi sulla Shoah, ma la risposta continuo a non averla».

Alla campagna per lo studio della storia lei ha affiancato un’altra battaglia che è il disegno di legge contro le parole dell’odio. C’è una relazione?

«Sì, c’è un filo comune. Se si ammettono le parole dell’odio nel contesto pubblico, se si accoglie lo hate speech nella ritualità del quotidiano, si legittimano rapporti imbarbariti. Io l’odio l’ho visto. L’ho sofferto. E so dove può portare. Per questo vado a parlare con gli studenti. Gli racconto un passato figlio dell’odio e del rancore disumano e loro mi ascoltano con un’attenzione di cui non smetto di essergli grata».

Arriviamo così al paradosso: in realtà i ragazzi sono affamati di storia.

«Sì, semmai sono stati gli adulti a ridurla a merce d’antiquariato, inutile e fuori moda. Ecco, al ministro Bussetti vorrei riuscire a dire anche questo. Non rubiamo la storia ai nostri ragazzi. Ne hanno un immenso bisogno».

Sostegno, il paradosso del Tfa

da ItaliaOggi

Emanuela Micucci e Alessandra Ricciardi

Un paradosso. Un docente su tre è privo di specializzazione per insegnare sul Sostegno, a livello nazionale sono 50 mila i «generici», secondo fonti sindacali, a cui ricorrono le scuole. Ma il ministero dell’istruzione autorizza poco più di 14 mila nuove specializzazioni. Con una distribuzione sul territorio che, pure questa, non tiene conto del reale fabbisogno del sistema ma solo dell’offerta formativa degli atenei. È il caso del Piemonte, dove l’Università di Torino ha dato la disponibilità a specializzare 200 docenti sul Sostegno -tanti quanti la piccola Basilicata- a fronte di un 94% di docenti che lavora in aiuto ai ragazzi disabili senza specializzazione.

Il decreto di autorizzazione ai nuovi Tfa, tirocini formativi attivi, è stato firmato dal ministro dell’istruzione e università, Marco Bussetti, la scorsa settimana (si veda ItaliaOggi del 22 febbraio). I docenti interessati hanno poco più di un mese di tempo per prepararsi alla prova preselettiva. Si partirà il 28 marzo di mattina per la scuola dell’infanzia e di pomeriggio per la primaria. Poi il 29 marzo di mattina sarà la volta dei test per le medie e di pomeriggio per le superiori. Tempi strettissimi, dunque.

I corsi, infatti, dovranno concludersi entro febbraio 2020, precisa il decreto. Chi otterrà la specializzazione potrà partecipare al concorso che si terrà il prossimo anno per entrare in ruolo. Rilievi sulla ridotta offerta formativa giungono un po’ da tutte le regioni, in generale più dal Nord che dal Sud, che ha portato a casa il 48% dei posti.

La ripartizione dei posti, precisano dal Miur, non segue il criterio del fabbisogno territoriale, ma l’«offerta formativa potenziale» delle università. Università che decidono in virtù della loro autonomia. In un bilanciamento di interessi che tiene conto della disponibilità di strutture e docenti ma anche della convenienza dell’investimento rispetto ad altre attività didattiche. Così, tabelle del Miur alla mano, la maggior parte dei posti, il 48%, pari 6.558 docenti, è stata autorizzata al Sud, dove le graduatorie di docenti sono ancora molto piene, rispetto al Nord, dove gli insegnati di Sostegno mancano e vengono selezionati di più attingendo dalle liste curricolari.

Nelle regioni settentrionali, infatti, andrà solo il 23% del totale dei posti banditi. A fare il pieno di posti sono Sicilia con 1.492 posti, Campania con 1.460, Puglia con 1.240, Calabria con 1.150. Al contrario in Piemonte sono banditi solo 200 posti, in Emilia Romagna appena 320, superata anche dal Molise con i suoi 370, anche se ci sono ben 3.395 cattedre in deroga. Il Veneto si ferma a 850 posti. Eppure, se in questo anno scolastico lo Stato è riuscito a coprire 13mila posti per il Sostegno, cioè solo il 13% delle richieste, proprio in Piemonte, con 5.413 le cattedre in deroga, lavora senza specializzazione il 94%,in Lombardia e in Veneto l’87%. «Come può un territorio, la Lombardia, mettere a disposizione 1.030 posti, su tre atenei, e aver bisogno di sostegno per 20 mila unità?», domanda Lena Gissi, segretario generale Cisl Scuola, ricordando che da anni «alcune università non mettono a disposizione un congruo numero di posti per la partecipazione ai corsi di sostegno». Il decreto è «l’effetto delle capacità e degli interessi delle università, un antipasto di quanto potrebbe accadere con la regionalizzazione dell’istruzione, la deriva a cui si va incontro quando le autonomie non si confrontano con la realtà», commenta Pino Turi, segretario della Uil scuola.

Nuovi ingressi si contano al Centro e al Sud con la Mediterranea di Reggio Calabria (200 posti), Tor Vergata a Roma (150 posti), Tuscia (130) e Cassino (600). Tanto che proprio il Lazio si aggiudica il primo posto con 2.475 posti, di cui 945 nuovi. E poi, i posti aumentano in Calabria (+700) e a Macerata (+600). Mentre diminuiscano proprio negli atenei del Nord: Bergamo segna -170 posti, Milano Bicocca -80, Udine-41. Nonostante, poi, in totale i posti siano aumentino rispetto al 2016, quando erano 9.649.

Bussetti promette che «in tre anni specializzeremo 40 mila nuovi insegnanti sul Sostegno per garantire un servizio migliore ai nostri studenti», seguendo nei prossimi due anni una «precisa programmazione». Se questo comporterà una regia dell’offerta universitaria non è ancora dato sapere.

Tuttavia, sottolinea la Fcl-Cgil di Francesco Sinopoli «il vero cambiamento sarebbe stabilizzare i 41 mila posti attribuiti in deroga e garantire l’accesso al Tfa ai tanti docenti precari che da anni lavorano in questo settore con gli incarichi al 30 giugno». Una proposta, questa, sostenuta anche dalle associazioni che si occupano dell’inclusione degli studenti con disabilità. «Senza alcun intervento strutturale del Miur finalizzato al transito di questo esercito di docenti precari dall’organico di fatto a quello di diritto, per gli allievi disabili del nostro Paese, la continuità didattica resterà desolatamente un’utopia ed un diritto solo sulla carta», osserva Gianluca Rapisarda della Federazione Pro Ciechi. Mentre Salvatore Nocera della Fish aggiunge che occorre augurarsi che il governo «abbia il coraggio di rompere col passato e di fare approvare in Parlamento una legge sulla creazione di 4 nuove classi di concorso per il sostegno, ciascuna per ogni grado di scuola, a partire da quella dell’infanzia, con la loro separazione dalle carriere dei docenti curricolari».

Concorso ordinario con riserva, 20 punti su 100 premiano i precari

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

Concorso ordinario, 20 punti su 100 saranno riservati al servizio. Lo prevede un emendamento (14.27) al decreto legge su reddito di cittadinanza e pensioni (quota 100), primo firmatario Mario Pittoni (Lega), e appoggiato anche da senatori M5s. approvato dalla commissione lavoro dal senato il 21 febbraio scorso, in sede referente. La ratio della modifica introdotta dal senato al disegno di legge S1018 è quella di fronteggiare gli effetti della pensione quota 100 sul sistema scolastico e garantire lo svolgimento dell’attività didattica. Finora, infatti, le domande presentate dai docenti sono circa 8 mila. Che si aggiungono a quelle relative ai pensionamenti ordinari, che dovrebbero essere circa 33mila. Dal prossimo anno, dunque, se tutte le domande saranno accolte, dovrebbero liberarsi circa 40 mila cattedre, contro le circa 25mila dello scorso anno. E siccome la legge 145/2018 ha abrogato le disposizioni sul concorso riservato ai docenti con tre anni di servizio, il governo ha ritenuto di non vanificare le aspettative dei precari storici, valorizzando l’esperienza acquisita sul campo in anno di insegnamento in vista del prossimo concorso. Resta però un percorso ordinario e non straordinario, come chiesto dai sindacati e già avvenuto per la primaria. Con tempi dunque di realizzazione che difficilmente produrranno effetti già per il prossimo anno scolastico. Il provvedimento su quota 100 dovrà essere licenziato dal senato entro oggi per passare poi alla camera.

«La supervalutazione dell’esperienza e dei titoli di docenti con particolare professionalità, acquisita in anni di servizio precario» si legge nella relazione illustrativa dell’emendamento approvato, «avrà l’effetto da una parte di favorire l’assorbimento di vaste fasce di precariato e dall’altra di assicurare l’immediata copertura dei posti vacanti con personale esperto e professionalmente motivato». Pertanto, i candidati del primo concorso ordinario potranno far valere il servizio svolto presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione. E al servizio sarà attribuito un punteggio fino al 50% del punteggio attribuibile ai titoli. Le graduatorie di merito saranno predisposte attribuendo ai titoli posseduti un punteggio fino al 40% di quello complessivo.

Pertanto, il servizio inciderà, in termini di punteggio, fino a un massimo del 20% sul punteggio complessivo: 60 punti a disposizione della commissione per valutare le prove; 20 punti per i titoli di studio e professionali; 20 punti per il servizio. «L’approvazione dell’emendamento è un primo segnale, pur non risolutivo, di attenzione al problema più volte ricordato dai diretti interessati», commenta Pittoni.

La norma parla di servizio prestato «presso le istituzioni scolastiche del sistema nazionale di istruzione». E dunque, sarà considerato valido sia il servizio prestato nelle scuole statali che quello svolto nelle scuole paritarie. Il sistema nazionale di istruzione, infatti, è costituito dalle scuole statali e dalle scuole paritarie private e degli enti locali (si veda l’articolo 1 della legge 62/2000). Il concorso ordinario a cui fa riferimento l’emendamento Pittoni è quello ordinario. Vale a dire: la selezione che sarà aperta ai candidati laureati muniti dei 24 Cfu aggiuntivi previsti dal decreto 59/17. Che è l’unica tipologia concorsuale attraverso la quale sarà consentito l’accesso all’insegnamento, non essendo più previsto il concorso riservato ai precari triennalisti. La legge 145/2018, infatti, ha abrogato espressamente le disposizioni contenute nel decreto 59/17 che prevedevano questa procedura speciale.

La stessa legge, però, ha previsto un’eccezione. Al primo concorso ordinario, infatti, i candidati che negli 8 anni precedenti alla data di indizione del concorso avranno svolto 3 anni di servizio nelle scuole statali o paritarie, saranno ammessi anche se non avranno conseguito i 24 Cfu aggiuntivi previsti dal decreto 59/17. Fatta eccezione per gli aspiranti insegnanti tecnico pratici, ai quali l’accesso è consentito anche solo con l’abilitazione. E il sostegno, per il quale ci vuole anche il diploma di specializzazione specifico. E a questi candidati sarà riservato il 10% delle cattedre disponibili. Ciò vuol dire che, se risulteranno idonei, ma non riusciranno ad ottenere un punteggio utile ad essere immessi in ruolo per diritto di graduatoria, potranno comunque concorrere all’assegnazione di una cattedra individuata nella quota del 10% loro riservato.

Facciamo un esempio. Poniamo che le cattedre messe a concorso siano 50. Di queste, 40 saranno assegnate scorrendo la graduatoria di merito ordinaria (nella quale avranno titolo ad essere inseriti anche i precari triennalisti). E le rimanenti 10 saranno assegnate scorrendo una graduatoria a parte, nella quale saranno collocati solo i precari triennalisti. Ad entrambe le graduatorie si applicheranno anche le disposizioni previste per i riservisti (invalidi e orfani per lavoro). Per maturare il triennio valido per accedere alla quota di riserva del 10%, i candidati dovranno avere prestato, in ognuno dei 3 anni utili, almeno 180 giorni di servizio (anche frazionatamente) oppure dovranno avere prestato servizio nell’anno scolastico di riferimento, ininterrottamente, dal 1° febbraio fino agli scrutini finali. La partecipazione al concorso, per chi avrà maturato il triennio in tempo utile, sarà consentita in una qualsiasi delle classi di concorso nelle quali avranno prestato almeno un anno di servizio nel triennio di riferimento.

Sulle classi pollaio tutti d’accordo, sulla regionalizzazione nervi tesi in Commissione Cultura

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Il tema della regionalizzazione domina ormai su tutto. Ad iniziare dalla scuola. Ne è la testimonianza quanto accaduto il 26 febbraio nella Commissione Istruzione e Cultura della Camera, nel corso delle audizioni tenute dai sindacati sulla proposta di legge n. 877, a prima firma dell’on. Lucia Azzolina del M5S, sulla cancellazione delle cosiddette classi pollaio.

Un componente della Commissione Cultura avrebbe “deviato” il tema…

In base alla testimonianza della segretaria della Cisl Scuola, Maddalena Gissi, è apparsa “francamente sorprendente la divagazione, ad opera di un componente della Commissione, su temi non contemplati all’ordine del giorno, come quelli riguardanti l’autonomia differenziata, sui quali si è innescata una discussione che ha assunto in alcuni passaggi tono piuttosto accesi, inusuali per il luogo e del tutto anomali rispetto alle modalità con cui solitamente le audizioni vengono svolte”.

“Solo ripercorrendo il dibattito attraverso la registrazione video dei lavori della commissione, attualmente non ancora disponibile sul sito della Camera, sarà possibile esprimere ulteriori valutazioni sull’accaduto. La delegazione CISL Scuola ha comunque auspicato che temi di questa portata siano oggetto di pacata e lucida riflessione, cui non è di alcun giovamento un’incomprensibile e illogica esasperazione dei toni”, ha concluso la Gissi.

Per risolvere i problemi di organico basta regionalizzare…

La Flc-Cgil spiega che “nella fase di confronto, alcuni parlamentari della Commissione hanno avanzato la tesi che la soluzione ai problemi di organico e di ammodernamento degli edifici risieda non tanto nella riduzione degli alunni per classe, quanto nell’attuazione del progetto di autonomia differenziata”. Ed è quello il momento in cui il confronto è diventato aspro.

Il sindacato guidato da Francesco Sinopoli, ha cercato di dire “che un simile progetto avrebbe delle conseguenze ancora più negative sulla garanzia del diritto sociale all’istruzione, che verrebbe esercitato in maniera diseguale sul territorio nazionale. La Carta costituzionale assegna allo Stato il compito di rimuovere gli ostacoli e sanare le differenze e non di accentuarle”.

La Cgil non arretra

Il sindacato confederale annuncia, quindi, che “non arretrerà nemmeno di un passo rispetto ai principi costituzionali che sono alla base della federazione stessa che si batte da anni per la qualità della scuola pubblica, di tutti e di ognuno, in una visione unitaria e solidale dell’intero sistema”.

Anche il segretario della Uil Scuola, Pino Turi, ha ribadito, nel corso dell’audizione, la netta contrarietà della Uil scuola ad ogni ipotesi di regionalizzazione: “la scuola italiana è l’istituzione nella quale gli italiani pongono la massima fiducia. Vi pare possibile – ha detto Turi – mettere mano ad una istituzione che funziona e che gode della fiducia di tutti?”.

Classi pollaio: solo il Mef potrebbe dire no alla cancellazione

Eppure, l’audizione era incentrata su tutt’altro: sulle cosiddette “classi pollaio”, un tema che a differenza della regionalizzazione c’è un consenso unanime: l’unica componente che, ad oggi, potrebbe essere contraria è il Mef, che potrebbe puntare i piedi in caso di ampliamento sostanziale degli organici derivante proprio dall’innalzamento delle classi.

Per la Cisl, la riduzione del numero massimo degli alunni dovrebbe comunque “essere accompagnata da urgenti e indifferibili provvedimenti circa l’edilizia scolastica”.

Inoltre, per il sindacato la misura proposta è “certamente di aiuto ma è altrettanto necessario intervenire sul sostegno agli insegnanti verso modalità didattiche innovative e flessibilità organizzative nella gestione degli ambienti di apprendimento”.

La soluzione a mille problemi…

Ridurre il numero di alunni per classe, ha detto Pino Turi (Uil Scuola), “può dare risposte in termini di didattica individualizzata, attenuare i fenomeni di burnout , dovuti allo stress da lavoro correlato, sempre più in aumento. È positiva in termini di organico, con la restituzione di circa 86.000 posti per i docenti. Per il personale ATA, l’aumento, non ben quantificato dalla relazione, a nostro parere potrebbe essere di circa 40.000 posti.

“Un provvedimento che assume elementi positivi che aiuterebbero, di molto, la qualità dell’istruzione.

Rappresentando altresì un beneficio per il personale in termini di mobilità e reclutamento”.

Quel taglio di ore e di posti di dieci anni fa

Il leader dalla Uil Scuola ha anche ricordato che nel 2008, mentre in Italia il Governo tagliava circa 140 mila posti in organico – tra docenti e personale ATA – la Germania, pur attraversando la stessa crisi, investiva otto miliardi nel sistema dell’istruzione. Oggi vediamo i risultati, con le classi sovradimensionate che si stiama che siano il 5,17% del totale.

Anche la Flc-Cgil ha ricordato che la norma introdotta dall’allora governo Berlusconi, la L. 133/08, “che portò all’innalzamento del numero di alunni per classe e al taglio del tempo pieno e delle ore di laboratorio negli istituti tecnici e professionali con la cancellazione di oltre 134.000 posti tra docenti e personale ATA”.

“Consideriamo un primo passo importante la revisione dei parametri che regolano la formazione delle classi. Ma la modifica del decreto va governata con una nuova definizione del fabbisogno organico di diritto di docenti e ATA, in modo che esso non risponda a meri motivi di contenimento della spesa pubblica. E va accompagnato da misure strutturali importanti: una radicale riqualificazione dell’edilizia scolastica, una generalizzazione della scuola dell’infanzia, il ripristino del modello di tempo pieno e prolungato e una modernizzazione dei laboratori nelle secondarie”.

Il cambiamento in arrivo

La proposta di legge all’esame della VII Commissione, presieduta dall’on. Luigi Gallo (M5S) rappresenta, in effetti, una discontinuità rispetto al passato, intervenendo sulla riduzione graduale di un punto del rapporto alunni/docente in un triennio; sulla previsione di un tetto massimo di 22 alunni nelle classi iniziali, elevabile fino a 23; sul tetto massimo di 20 alunni nelle classi con presenza di alunni con disabilità.

Su questo punto, l’Anief, presente all’audizione, ha lanciato l’operazione verità, finalizzata al superamento di questo genere di classi, fenomeno che contraddice il D. P. R. del 20 marzo 2009 n. 81 art. 5, comma 2, in base al quale “le classi iniziali delle scuole e istituti di ogni ordine e grado, ivi comprese le sezioni di scuola dell’infanzia, che accolgono alunni con disabilità sono costituite, di norma, con non più di 20 alunni”.

Secondo Marcello Pacifico, presidente nazionale Anief, ricorda che “occorre fare di tutto per debellare una situazione vergognosa, tutta italiana, che intacca la formazione degli alunni e mette a dura prova la professionalità dei docenti. Inoltre genera rischi inerenti alla sicurezza, questione che espone anche i dirigenti scolastici a un accentuarsi delle loro responsabilità. Senza dimenticare che le cosiddette classi pollaio vanno a calpestare i diritti degli alunni diversamente abili, che necessiterebbero di spazi adeguati, diverse programmazioni, azioni educative e valutazioni personalizzate”.

Azzolina (M5S): nelle classi pollaio coinvolti 1,5 milioni di alunni

In serata, Lucia Azzolina, deputata del MoVimento 5 Stelle in commissione Cultura e prima firmataria della proposta di legge contro le classi pollaio, ha fatto sapere su Facebook che le audizioni dei sindacati della scuola, in commissione Cultura alla Camera, “confermano la necessità di mettere mano alla questione delle cosiddette classi pollaio. Parliamo di 1,5 milioni di alunni che oggi sono divisi in 55.000 classi, una media di oltre 27 per classe”.

“Ci conforta sapere che chi rappresenta il corpo docente ritiene che sia giunto il momento di abbandonare l’approccio ragionieristico investendo con decisione sulla qualità della didattica e in generale della scuola e dunque sul futuro del Paese”.

“L’operazione di ascolto e di confronto avviata in commissione ci conferma che finalmente, grazie alla nostra proposta di legge sulle classi pollaio, abbiamo l’opportunità di mettere in campo una didattica moderna e di valorizzare appieno la professione docente, producendo un necessario quanto radicale rinnovamento dell’istruzione”, ha concluso Azzolina.

Organici, le novità per istituti professionali e licei musicali

da La Tecnica della Scuola

Di Redazione

In relazione alle operazioni riguardanti la definizione degli organici per il prossimo anno scolastico, la Cisl Scuola segnala le novità riguardanti quelli degli istituti professionali e dei licei musicali.

Organici Istituti professionali.

In data 19 febbraio sono state aperte le funzioni per l’acquisizione delle classi negli Istituti professionali come riformati dal D.Lvo 61/2017.

I nuovi indirizzi sono stati già avviati nel corso del 2018/2019 per le sole classi Prime e sono estesi, nel prossimo anno, alle classi Seconde.

In allegato le tabelle già predisposte lo scorso anno con i nuovi quadri orari e il confronto con quelli vigenti prima della riforma.

L’avvio graduale dei nuovi indirizzi comporterà per il 2019/2020 un nuovo incremento di posti di ITP in organico di diritto. L’incremento previsto, stando agli stanziamenti disposti a tal fine dal D.Lvo 61, si aggiunge a quello del 2018/2019 (1.161 posti in più) e dovrebbe aggirarsi intorno alla stessa quantità dello scorso anno. Per contro si avrà una riduzione di posti della tabella A per effetto della riduzione di ore di insegnamento previste dai nuovi ordinamenti (l’anno scorso il taglio è stato di circa 300 posti e stimiamo analoga riduzione anche per il 2019/2020 ).

Organici Licei Musicali.

Per effetto della Legge di Bilancio 2018 che ha stanziato le risorse per 400 posti in più nell’organico di diritto destinati alla seconda ora di strumento nel liceo musicale, le funzioni di acquisizione delle classi del programma in dotazione alle scuole sviluppa un organico che aggiunge un’ora di strumento musicale per ogni alunno sia delle classi Prime che delle classi Seconde.

Il nuovo quadro orario è dunque il seguente:

A055 Strumento Musicale
per ciascuno strumento per ogni alunno

Classe I:  primo strumento 2 ore, secondo strumento 1 ora
Classe II: primo strumento 2 ore, secondo strumento 1 ora
Classi III e IV: per ciascuno strumento 1 ora
Classe V: 2 ore solo per il 1° strumento

Maturità 2019, niente tema storico. Liliana Segre: “Bussetti ci ripensi. Un esame senza storia fa paura”

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Si stanno svolgendo in questo periodo le simulazioni degli esami di stato 2019. La prima simulazione della prova d’italiano è già avvenuta lo scorso 19 febbraio, mentre il 28 partirà quella relativa alla seconda prova, che varia da istituto a istituto.

Fra le novità principali del nuovo esame di stato c’è l’abbandono della traccia storica, che ha suscitato molte polemiche fra gli insegnanti.

Molti i politici e intellettuali contrari. Fra i personaggi pubblici di spicco c’è la senatrice a vita Liliana Segre, che da mesi punta il dito nei confronti di questa assenza pesante: “Un esame di maturità senza la storia mi fa paura. Per questo chiederò al ministro Bussetti di ripensarci”, dichiara Segre su La Repubblica.

Da quattro mesi, infatti, dà battaglia per sapere come sia stato possibile che il Miur abbia soppresso la traccia storica dalla prima prova scritta della maturità.

Si è anche fatta promotrice di un “affare assegnato”, cioè una piccola indagine – in questo caso affidata alla Commissione Cultura del Senato – per sapere da che cosa sia nata la decisione del ministero di cancellare la traccia storica. I lavori parlamentari, tuttavia, non sono ancora cominciati. “E ora da cittadina ho chiesto un incontro con il ministro”.

“Vorrei capire il perché della soppressione della storia, continua la senatrice a vita, che ritengo un atto molto grave. Io mi sono sempre occupata di memoria. Ma memoria e storia vanno insieme. Da trent’anni rendo testimonianza sulla Shoah nelle scuole, e vedo la fatica che talvolta fanno i professori per contestualizzare il mio racconto. Può capitare che nell’ultima classe delle superiori non si arrivi a svolgere l’intero programma e ci si fermi alla Grande Guerra. Invece sarebbe utile studiare i totalitarismi, i genocidi e la complessità di tutto il Secolo Breve”.

Per Liliana Segre, infatti, l’assenza della storia dall’esame di maturità rappresenta un fatto gravissimo, che potrebbe pregiudicare, a suo avviso, una lenta dimenticanza: “Sono una voce che grida nel deserto dei morti. E cosa succederà quando non ci saremo più? La storia è sempre manipolabile. E, dopo che verranno meno gli ultimi sopravvissuti, la Shoah diventerà una riga nei libri di storia. E più tardi ancora, non ci sarà neppure quella.”

La senatrice immagina già l’esito dell’affare assegnato: “Ci diranno che, negli ultimi otto anni, meno del 3 per cento degli studenti ha scelto la traccia storica. Troppo pochi”.

Ma gli studenti non ne vogliono proprio sapere della storia? Liliana Segre risponde che “sono stati gli adulti a ridurla a merce d’antiquariato, inutile e fuori moda. Ecco, al ministro Bussetti vorrei riuscire a dire anche questo. Non rubiamo la storia ai nostri ragazzi. Ne hanno un immenso bisogno”.

La simulazione della prima prova

Le tracce pubblicate dal Miur sono in tutto sette: due per la tipologia A (analisi e interpretazione del testo), tre per la tipologia B (il testo argomentativo) e due per la tipologia C (il tema d’attualità).

Gli autori scelti come protagonisti delle prove sono Giovanni Pascoli, Elsa Morante, Claudio Pavone, Antonio Cassese, Carlo Rubbia, Giacomo Leopardi, Vittorino Andreoli.

È previsto che le prove non facciano media né sostituiscano altre verifiche periodiche.

Griglie di valutazione. Un esempio

La prof.ssa Marina Petrone, docente presso il Liceo Classico “Vittorio Emanuele II” di Napoli ha voluto condividere con la comunità dei lettori de La Tecnica della Scuola il lavoro svolto, con i colleghi, sulle griglie di valutazione per la prima prova della nuova maturità sulla base degli indicatori forniti dal Miur.

Oltre alle griglie – una per ciascuna tipologia prevista – è stata predisposta una tabella di conversione punteggio/voto.

Modelli disponibili in formato PDF e WORD

Dottorati di ricerca, nuove regole per l’accreditamento

Nota 27 febbraio 2019, AOODGSINFS 6623
Indicazioni operative sulle procedure di accreditamento dei dottorati. A.A. 2019-2020-XXXV ciclo


Un sistema più snello e più semplice di accreditamento dei corsi di dottorato, che ha l’obiettivo primario di favorire un aumento di proposte di dottorati innovativi, intersettoriali e interdisciplinari. È quello previsto dalle Nuove linee guida per l’accreditamento dei corsi di dottorato messe a punto su indicazione del Ministro Marco Bussetti dal Dipartimento per la Formazione superiore e la Ricerca, diretto dal professor Giuseppe Valditara. Nel documento, che introduce un’importante riforma di questo sistema, un’attenzione particolare viene riservata ai dottorati industriali favorendo convenzioni tra gli atenei e le aziende più attente a investire in Ricerca e Sviluppo.

A seguito delle Linee guida, che hanno recentemente ottenuto il parere positivo del CUN (disponibile al seguente link: https://www.cun.it/homepage/evidenza/in-merito-alle-linee-guida-per-l-accreditamento-delle-sedi-e-dei-corsi-di-dottorato-un-analisi-e-una-proposta/, sono state pubblicate, oggi sul sito del MIUR, le FAQ e le indicazioni operative sulle procedura di accreditamento dei dottorati per l’anno accademico 2019-2020. Le domande di accreditamento potranno essere presentate, esclusivamente sulla banca dati http://dottorati.miur.it, a partire dal 12 marzo 2019 e fino all’1 aprile. Successivamente, entro il 6 maggio, l’ANVUR provvederà a fornire la propria valutazione al fine dell’emissione da parte del MIUR dei provvedimenti di concessione o rifiuto dell’accreditamento.

Il Cun, in particolare, ha apprezzato la notevole semplificazione contenuta nelle linee guida elaborate dal Dipartimento.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGSINFS 6623

Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
DIPARTIMENTO PER LA FORMAZIONE SUPERIORE E PER LA RICERCA
Direzione generale per lo studente, lo sviluppo e l’internazionalizzazione della formazione superiore
Ufficio 6°
Offerta formativa universitaria, dottorati di ricerca, esami di Stato e profession

Ai Rettori Istituzioni Universitarie
Ai Presidenti Enti di Ricerca vigilati dal MIUR e degli altri enti valutati nell’ambito della VQR 2004-2010
Al Presidente dell’ANVUR
LORO SEDI
E p.c.
Al Presidente della CRUI
Al direttore del CINECA

OGGETTO: Indicazioni operative sulle procedure di accreditamento dei dottorati. A.A. 2019-2020-XXXV ciclo.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGOSV 3610

Direttori generali e dirigenti preposti agli Uffici scolastici regionali
LORO SEDI
Regione autonoma Valle d’Aosta
Assessorato dell’ istruzione, università, ricerca e politiche giovanili
istruzione@pec.regione.vda.it
Provincia autonoma di Bolzano – Alto Adige
Direzione Istruzione e Formazione tedesca
bildungsdirektion@pec.prov.bz.it
Direzione Istruzione e Formazione italiana
sovrintendenza.hauptschulamt@pec.prov.bz.it
Amministrazione scuola e cultura ladina
culturayintendenzaladina@pec.prov.bz.it
Provincia autonoma di Trento
Dipartimento della conoscenza
dip.conoscenza@pec.provincia.tn.it
p.c. Referenti regionali EsaBac
LORO SEDI

Oggetto: Esami conclusivi del secondo ciclo di istruzione nelle scuole con percorsi EsaBac ed EsaBac techno – a.s.2018/19. Attività di controllo.

Nota 27 febbraio 2019, AOODGOSV 3618

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca della Provincia Autonoma di BOLZANO
All’ Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine della Provincia Autonoma di BOLZANO
Al Dirigente Generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Autonoma VALLE D’AOSTA
LORO SEDI
per il successivo inoltro
A tutte le Istituzioni scolastiche di istruzione secondaria di secondo grado del territorio

Oggetto: Premio delle Camere di Commercio “Storie di alternanza”