Interrogazione dopo inchiesta L’Espresso

Interrogazione deputati Leu dopo inchiesta L’Espresso su viaggi/missione ministro Bussetti a Milano  nei week end
on. Nicola Fratoianni:  Vogliamo sapere dal premier Conte se intende intervenire
 per evitare in futuro queste furbizie

“Da un’inchiesta giornalistica abbiamo appreso che il ministro dell’istruzione  Bussetti, nei primi sei mesi di permanenza nel governo, da giugno a novembre 2018, ha effettuato 70 «viaggi di servizio» di cui 49 avevano come destinazione Milano, capoluogo vicino a dove abita tuttora il titolare del dicastero di Viale Trastevere. E tutti questi viaggi sono classificati come «missioni istituzionali», cioè a carico  del Ministero, la media è di otto viaggi al mese, due a settimana e  stranamente sono quasi sempre in prossimità dei week-end.  Nel mese di giugno 2018 i «viaggi istituzionali» del Ministro Bussetti a Milano sono stati  ben nove, otto a luglio, sette ad agosto, nove a settembre, dieci a ottobre e sei a novembre.”

E’ quanto si legge nell’interrogazione che il gruppo di Leu ha presentato al governo, primo firmatario Nicola Fratoianni.

“La vicenda sollevata da L’Espresso  nelle settimane scorse risulta imbarazzante per un governo  – prosegue il segretario nazionale di Sinistra Italiana – che ha fatto della lotta ai «furbetti» nella pubblica amministrazione una delle sue bandiere, dal momento che un ministro di quello stesso governo, per primo, utilizzerebbe la formula della «missione ministeriale» per effettuare in realtà viaggi verso casa.”

“Vogliamo sapere dal Presidente del Consiglio dei ministri cosa ne pensa di questa vicenda e quali iniziative intenda intraprendere per evitare in futuro il ripetersi di quelli che, ove confermati,  – conclude Fratoianni – rappresentano dei veri e propri episodi di malcostume che gettano discredito verso le istituzioni”

Il Codice unico per le disabilita’ entra nell’agenda di Governo

Disabili.com del 08-03-2019

Il Codice unico per le disabilita’ entra nell’agenda di Governo 

La disabilità è oggetto di uno dei dieci disegni di legge delega approvati dal Consiglio dei Ministri.

Nei mesi scorsi più di una volta si è parlato di un “Codice delle disabilità” che il Governo avrebbe intenzione di stender per dare una armonizzazione, organizzazione e riforma delle politiche in materia di disabilità. Ad annunciarlo fu, per primo, il Premier Conte, per poi essere ripreso tra i progetti in cantiere anche dal ministro Fontana. Insomma, pare proprio che questo Codice diventerà realtà: a conferma di ciò, il fatto che ora il Codice è anche tra i temi di un disegno di legge di delega al Governo.

Nella seduta dello scorso 28 febbraio il Consiglio dei Ministri ha infatti approvato dieci disegni di legge di delega al Governo per le semplificazioni, i riassetti normativi e le codificazioni di settore. I testi di legge in alcuni casi sono collegati alla legge di Bilancio 2019, ma più in generale si riferiscono, ampliandolo, al disegno di legge in materia di semplificazioni, approvato a dicembre 2018. 
I dieci disegni di legge licenziati dal CDM (e che dovranno comunque passare per la discussione parlamentare, ndr) hanno come oggetto materie differenti, e si occuperanno di varie materie, ovvero semplificazione e codificazione, contratti pubblici, revisione del Codice civile, agricoltura, turismo, lavoro, istruzione, l’università, ordinamento militate, beni culturali e del paesaggio e disabilità. Il sesto di questi decreti ha come oggetto, appunto la disabilità. Vediamo cosa contiene. 

Attraverso questa delega il Governo potrà adottare, entro due anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi al fine di promuovere, tutelare e garantire il pieno ed eguale godimento dei diritti umani e delle libertà fondamentali da parte della persona con disabilità e porre le condizioni affinché sia effettivamente rimosso qualsiasi ostacolo che ne limiti o impedisca la piena e libera partecipazione alla vita economica, sociale e culturale.
I decreti legislativi saranno volti ad armonizzare, riordinare e semplificare, anche innovandole, le disposizioni vigenti in materia di disabilità, anche ai fini della definizione del “Codice per la persona con disabilità”. 

Tra gli interventi, declinati in 9 aree, troviamo la volontà di riordinare la disciplina dei congedi parentali per i lavoratori che assistono familiari con disabilità, di prevedere agevolazioni, anche di natura fiscale, in favore dei datori di lavoro che attivano politiche ed azioni volte a migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti con disabilità o che assistano familiari con disabilità, interventi per la maternità delle donne con disabilità, riconoscimento di misure di sostegno per caregiver familiari, etc. 

Nello specifico, i decreti legislativi di cui al comma 1 intervengono nei seguenti settori,per ciascuno dei quali riportiamo alcuni dei punti salienti, e rinviando alla lettura completa del testo: 

a) definizione della condizione di disabilità: 
qui si intende, tra le altre cose: considerare la persona con disabilità nella sua complessità ed in una prospettiva multidimensionale, caratterizzata da esigenze materiali, esistenziali, relazionali, affettive, formative e culturali, nonché relative al contesto ambientale.

b) accertamento e certificazione:
qui si intende, tra le altre cose: semplificare le procedure e i procedimenti relativi all’accertamento della condizione di disabilità, compresi quelli richiesti per fruire di interventi assistenziali socio-sanitari, garantendo la conclusione degli stessi in tempi definiti.
Inoltre, operare una revisione della disciplina in materia di interdizione, inabilitazione ed amministrazione di sostegno.

c) disciplina dei benefici:
qui si intende, tra le altre cose: assicurare l’integrazione dell’offerta, individuando a tal fine i livelli essenziali delle prestazioni in favore delle persone con disabilità.
Inoltre riordinare, armonizzare e semplificare le disposizioni normative, nonché i relativi procedimenti amministrativi, in materia di criteri e requisiti per l’accesso, l’erogazione e la determinazione dei benefici, degli interventi e dei servizi rivolti alla persona con disabilità.
Inoltre riordinare, anche accorpandoli, i diversi fondi destinati alla tutela, al sostegno e alla promozione dei diritti della persona con disabilità e alla valorizzazione del ruolo di cura, di sostegno e di assistenza della famiglia.

d) sistemi di monitoraggio, verifica e controllo:
qui si intende, tra le altre cose: rivedere i contenuti e le modalità di monitoraggio, controllo e verifica cui sono tenute le amministrazioni centrali a vario titolo coinvolte nell’attuazione della normativa in materia di disabilità.
Inoltre: istituire un’Autorità Garante Nazionale dei diritti delle persone con disabilità

e) promozione della vita indipendente e contrasto dell’esclusione sociale; 
qui si intende, tra le altre cose: riconoscere e valorizzare il ruolo di cura e assistenza della persona con disabilità svolto dai componenti della sua famiglia, prevedendo adeguate misure di sostegno, anche potenziando quale strumento privilegiato di supporto alla persona con disabilità, l’assistenza sociale e sanitaria domiciliare.
Inoltre: rafforzare percorsi non discriminatori per l’accesso e l’esercizio della genitorialità da parte delle persone con disabilità, e, in particolare, di supporto alla maternità della donna con disabilità anche riordinando la disciplina dell’adozione da parte della persona con disabilità

f) abilitazione e riabilitazione; 
qui si intende, tra le altre cose: favorire percorsi di screening neonatale e nella prima infanzia.
Inoltre: assicurare il monitoraggio e la verificabilità, nel rispetto della riservatezza dei dati personali, delle attività svolte durante i percorsi di abilitazione, riabilitazione e cura; favorire l’investimento pubblico e privato, anche mediante misure fiscali, nella ricerca relativa alle malattie rare

g) istruzione e formazione:
qui si intende, tra le altre cose: assicurare alla persona con disabilità l’effettiva realizzazione del diritto allo studio, prevedendo anche adeguate e proporzionate misure a favore delle persone con disabilità ospedalizzate.
inoltre: predisporre i mezzi necessari per garantire alla persona con disabilità e a coloro che manifestano difficoltà nell’apprendimento continuità ed effettività nella fruizione dei servizi di partecipazione all’attività scolastica, anche implementando le misure di sostegno previste a favore degli studenti con disturbi dell’apprendimento; riconoscere e disciplinare le figure professionali che, a vario titolo, intervengono e concorrono nei percorsi di abilitazione e riabilitazione finalizzati all’inclusione scolastica e universitaria, nonché alla partecipazione alla vita collettiva della persona con disabilità.

h) inserimento nel mondo del lavoro e tutela dei livelli occupazionali:
qui si intende, tra le altre cose: riordinare la disciplina dei congedi parentali per i soggetti che assistono familiari con disabilità e promuovere misure funzionali a realizzare un adeguato rapporto tra attività lavorativa ed esigenze della vita privata, sia a favore della persona con disabilità, sia per i soggetti che prestano attività di cura e assistenza
Inoltre: prevedere agevolazioni, anche di natura fiscale, in favore dei datori di lavoro che attivano politiche ed azioni volte a migliorare le condizioni di lavoro dei dipendenti con disabilità o che assistano familiari con disabilità, promuovere misure volte a rimuovere gli ostacoli alla progressione nella carriera professionale delle persone con disabilità, etc

i) accessibilità e diritto alla mobilità: 
qui si intende, tra le altre cose: riordinare le disposizioni per l’attuazione ed il rispetto dei principi e criteri di progettazione universale, accessibilità e fruibilità di beni, luoghi e servizi.
Inoltre: promuovere l’abbattimento delle barriere alla comunicazione, favorendo l’accessibilità dei media, diffondendo ogni tecnologia allo scopo finalizzata e riconoscendo la Lingua dei Segni Italiana (LIS) e la Lingua dei Segni Italiana tattile (LIS tattile); 
Rafforzare le misure a favore delle persone con disabilità prive, o che restano prive, del sostegno familiare, favorendo, tra l’altro, la creazione di aree urbane effettivamente funzionali alla integrazione della persona con disabilità, caratterizzate anche da forme di residenzialità sociale e di domotica assistenzial;
Adottare misure che rendano effettivamente accessibili e fruibili per la persona con disabilità i trasporti aerei, ferroviari, marittimi e stradali, anche per quanto concerne le modalità di prenotazione, i supporti e gli strumenti funzionali allo svolgimento del trasporto stesso, includendo, altresì, il contrassegno europeo e la segnaletica per la circolazione stradale delle persone con disabilità

All’articolo 2, quella dedicata alle disposizioni finanziarie, la specifica economica: dall’attuazione delle deleghe non devono derivare nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica. 
Stante ciò, quindi, visto che non sono previste nuove risorse, sta alle amministrazioni competenti per gli adempimenti previsti, provvedere attraverso una diversa allocazione delle ordinarie risorse umane, finanziarie e strumentali, allo stato in dotazione alle medesime amministrazioni.

Staremo a vedere gli sviluppi, ricordando che questo testo è stato licenziato dal Governo ma deve passare per la discussione in Parlamento, dove potrà essere modificato o approvato. 

PRESTO STOP A TEST E PRIMO ANNO APERTO PER TRONCO SANITARIO

UNIVERSITÀ’, M5S: PRESTO STOP A TEST E PRIMO ANNO APERTO PER TRONCO SANITARIO.  AUMENTANO POSTI A MEDICINA DEL 20%

Roma, 8 marzo – “Finalmente grazie al proficuo lavoro in commissione Cultura, siamo vicinissimi alla revisione del sistema di accesso alle facoltà a numero chiuso. Con la norma che abbiamo messo a punto presto ci auguriamo di superare la normativa attuale garantendo il primo anno di corso aperto a tutti attraverso un tronco sanitario comune costituito da alcune di quelle facoltà sanitarie e scientifiche dove oggi rimangono parcheggiati gli studenti in attesa di riprovare il test di medicina – si procederà quindi senza test di accesso –, e con un ampliamento del 20% dei posti per le facoltà di Medicina e Chirurgia”. Lo spiegano i deputati del MoVimento 5 Stelle Luigi Gallo, presidente della commissione Cultura, e Manuel Tuzi, relatore della proposta di legge a prima firma D’Uva sulla revisione delle modalità di accesso ai corsi universitari.
“A questo”, proseguono Gallo e Tuzi, “si aggiunge un ampliamento dei posti in tutte le facoltà scientifiche e non scientifiche, in cui sono presenti tirocini propedeutici o laboratori (ad esempio scienze della formazione o professioni sanitarie), ma con test nazionale”.“L’articolo 34 della Costituzione parla chiaro – riprendono i deputati –: ogni cittadino capace e meritevole ha il diritto di raggiungere i gradi più alti degli studi. In Italia questo non accade da vent’anni, perché non tutti possono accedere al corso di formazione prescelto, in quanto i posti disponibili sono limitati da un test che raramente premia davvero il merito. Riteniamo che questo sia un controsenso, considerando che il nostro Paese è penultimo in Europa per numero di laureati. Solo il 18 % della popolazione ha infatti una laurea, a fronte di un numero altissimo di giovani che desiderano la laurea ma che non hanno la fortuna di ‘entrare’ nelle nostre università”, concludono i deputati del MoVimento 5 Stelle.

Scuola, aumenta la dispersione scolastica: cresce tra le ragazze

da la Repubblica

di ILARIA VENTURI

Nuovo campanello d’allarme sulla dispersione scolastica in Italia. Negli ultimi due anni è tornata a crescere: dal 13,8% del 2016 al 14,5% del 2018. E il peggioramento è dovuto alla crescita della dispersione fra le ragazze (dall’11,2% al 12,1%), mentre quella maschile rimane invariata al 16,6%. E’ la Fondazione Agnelli a leggere i dati Eurostat. L’ufficio statistico dell’Unione europea ha recentemente aggiornato un indicatore cruciale sulla salute dei sistemi di istruzione e formazione: quello relativo alla quota di 18-24enni che hanno terminato gli studi privi di un diploma o di una qualifica. Si tratta della misura ufficialmente adottata in sede europea per quantificare il fenomeno dell’abbandono scolastico e formativo, e seguirne l’evoluzione nel tempo.

E le notizie per l’Italia non sono buone: il dato del 2018 (ancora provvisorio) indica una netta risalita della quota nazionale di early leavers, dal 14 al 14,5%. “Era dalla fine degli anni ’90 che la dispersione calava, con la caratteristica che diminuiva in parallelo la dispersione maschile, sempre più alta, e quella femminile, più bassa” osserva Stefano Molina, ricercatore della Fondazione Agnelli. Quella che nel 2017 poteva essere interpretata come una semplice pausa di riflessione (dal 13,8% al 14%) deve quindi leggersi come una preoccupante inversione di tendenza, dopo decenni di costante successo delle politiche di contrasto alla dispersione.

Scuola, aumenta la dispersione scolastica: cresce tra le ragazze

Le politiche realizzate in Italia avevano come obiettivo di rispettare la scadenza del 2020 dettata dall’Europa di scendere al 10% nella dispersione scolastica. “Ci ha sorpreso che il peggioramento italiano sia tutto ascrivibile alla componente femminile – continua Molina – Forse avevamo accantonato la preoccupazione, invece non bisogna abbassare la guardia. Anzi nella dispersione sono coinvolte, purtroppo, sempre di più le ragazze. E questo è un fenomeno che va capito”.

Il quadro nazionale è molto disomogeneo, con territori che dovrebbero aver già conseguito – in anticipo rispetto alla scadenza del 2020 – l’obiettivo europeo del 10% (Trento, Emilia Romagna, Umbria e Abruzzo), e le Isole dove invece la dispersione rimane superiore al 20%.

Propaganda sulla pelle dei deboli

da la Repubblica

Luca Fraioli

Può un’urgenza essere ignorata per cinque mesi ed emergere prepotentemente a soli quattro giorni dalla scadenza? Evidentemente sì, per Matteo Salvini. Quei genitori che a settembre hanno presentato l’autocertificazione per ottenere l’ammissione a scuola dei bambini da 0 a 6 anni sapevano già allora che il 10 marzo avrebbero dovuto consegnare il certificato vaccinale. A dire il vero lo sapevano fin dal 2017, quando fu varata la legge Lorenzin che prevedeva questo meccanismo per l’anno scolastico 2017-2018, poi prorogato dalla nuova ministra della Salute Giulia Grillo anche al 2018-2019. Eppure il vicepremier e ministro dell’Interno ha chiesto ieri alla collega di governo di varare “urgentemente” un decreto legge che differisca ulteriormente il termine.

Qual è dunque la reale urgenza di Salvini? Nella lettera scrive che è per «evitare traumi ai più piccoli».

Preoccupazione per certi versi comprensibile. Peccato non sia emersa prima, quando il leader della Lega avrebbe potuto ricordare agli inadempienti che c’era una legge da rispettare, per il bene della collettività e della salute pubblica.

Viene da chiedersi se la vera urgenza non sia piuttosto quella di dare un nuovo riferimento politico al popolo dei No Vax, orfano di Beppe Grillo che ora ne raccoglie i fischi fuori dai teatri. E di lanciare un segnale ai leghisti veneti, da sempre contrari all’obbligo, in un momento in cui i rapporti con Luca Zaia non sono idilliaci. Ma quanto vale il voto di chi si oppone alle vaccinazioni?

Recentemente Repubblica ha raccontato che in molte regioni la copertura, proprio grazie alla legge Lorenzin, sta tornando a raggiungere il 95%, la cosiddetta immunità di gregge che fa da argine all’esplosione di epidemie.

Ma il 5% che resta scoperto non è fatto di soli No Vax da contendersi alle urne. Anzi. Molti sono bambini di famiglie “irreperibili”.

E poi ci sono quelli che non possono vaccinarsi perché fragili, con sistemi immunitari resi vulnerabili da gravi patologie.

Come ha spiegato l’immunologo Alberto Mantovani, «le vaccinazioni sono una conquista dell’umanità, una cintura di sicurezza per i miei otto nipoti, ma anche per i bambini affetti da leucemia che quella cintura non se la possono allacciare». È soprattutto a loro che la politica deve una risposta urgente.

Autonomia compie vent’anni, com’è cambiata l’inclusione scolastica

da Orizzontescuola

di Gianluca Rapisarda

Le profonde innovazioni di sistema che hanno investito la scuola italiana a partire dagli anni 90 dello scorso secolo si sono sviluppate attorno ad un evento legislativo “periodizzante”: il DPR 275/99, varato esattamente vent’anni fa e cioè l’8 marzo del 1999.

Tale norma “strategica” è stata emanata ai sensi dell’art 21 della legge 59 del 1997 istitutiva dell’autonomia scolastica e, proprio dell’autonomia costituisce il Regolamento, dettandone le specificità e le declinazioni.

Il DPR 275 del 1999, all’art 4 comma 2 demanda alle scuole l’autonomia didattica ed all’art. 5 comma 1 l’autonomia organizzativa, allo scopo di diversificare l’offerta formativa sulla base delle esigenze del contesto di riferimento e per rispondere in modo puntuale alle richieste formative dei genitori e degli alunni.

Il Regolamento dell’autonomia rappresenta il documento dei nuovi investimenti didattici, il nuovo “Statuto” della scuola italiana, che ogni istituzione scolastica deve adeguatamente “sfruttare” per garantire a ciascun alunno ampi spazi di autonomia e di flessibilità, ora per intervenire per rendere flessibile l’assetto organizzativo dei tempi, degli spazi, delle classi, dei gruppi d’apprendimento, per l’utilizzo funzionale dei docenti, ora per attivare insegnamenti opzionali, facoltativi ed aggiuntivi, ora per innovare il campo delle metodologie e delle risorse strumentali, ora per tentare efficaci protocolli di ricerca e sperimentazione.

Conseguenza diretta dell’autonomia scolastica è il Piano dell’Offerta Formativa (POF ex art 3 del D.P.R. 275 del 1999). Infatti, se la norma assegna a tutte le istituzioni scolastiche l’autonomia didattica ed organizzativa, va da sè che esse si debbano dotare di un documento costitutivo della loro identità culturale e progettuale che ne espliciti le scelte in materia di progettazione curricolare, extracurricolare, organizzativa e didattica.

La flessibilità organizzativa e didattica, rafforzata ulteriormente dalla recente Legge 107 del 2015, è, per così dire, la caratteristica “essenziale” della scuola dell’autonomia e quindi, potrebbe e dovrebbe essere il principale strumento a supporto del processo di inclusione degli alunni con disabilità, in quanto è il mezzo indispensabile per adattare il curricolo alle necessità formative dell’allievo, rendendo possibili articolazioni organizzative diverse, nell’ottica di una personalizzazione e specializzazione della didattica, sviluppando processi inclusivi di insegnamento-apprendimento e fornendo risposte adeguate a tutti e ciascuno.

In pratica, l’autonomia scolastica dovrebbe perseguire l’obiettivo di favorire la trasversalità delle prassi di inclusione nei diversi ambiti degli insegnamenti curricolari ed extracurricolari, delle strategie didattico-educative, della gestione delle classi, dell’organizzazione dei tempi e degli spazi, nella prospettiva di una presa in carico globale da parte dell’intera comunità educante di tutti gli studenti, ivi compresi quelli con disabilità.

E pur tuttavia e nonostante il recente Decreto attuativo della Buona Scuola sull’inclusione D. Lgs 66 del 2017, questa nuova prospettiva “inclusiva” della scuola italiana stenta ancora a decollare e, cosa ancor più grave, il più delle volte non è percepita adeguatamente neanche dai genitori dei nostri ragazzi. Essi, infatti, continuano erroneamente a ritenere che l’unica soluzione e “panacea” ai “mali” scolastici dei loro figli sia rappresentata dalla sola ed esclusiva risorsa del docente per il sostegno e non da un contesto più “flessibile”, dando per scontata l’equazione: + ore di sostegno = necessariamente + qualità dell’inclusione.

Ciò denota come il messaggio della “normale” didattica inclusiva sia solo in “nuce” nella scuola italiana e che la scommessa dell’autonomia è ancora tutta da vincere, perché non di rado ci capita di scontrarci desolatamente con interventi didattici inclusivi esclusivamente “episodici”, con il solo carattere dell’urgenza e dell’emergenza e non del “contesto”.

Voglio dire che la sola assegnazione dell’insegnante di sostegno (anche con un numero congruo di ore), agli alunni/studenti con disabilità non è sufficiente a garantirne il successo scolastico e formativo, se non affiancata da un contesto veramente “inclusivo”, capace cioè di rendere gli allievi disabili il più possibile autonomi ed indipendenti nello studio e nella vita, a prescindere dalla presenza o meno dell’insegnante di sostegno.

La nomina del docente per il sostegno con un numero adeguato di ore, pur rappresentando un sacrosanto diritto assolutamente esigibile dai nostri ragazzi e dalle loro famiglie, da sola rischia di essere quasi inutile e di ripetere le “distorsioni” e gli sbagli dell’attuale modello, rappresentati dai deprecabili fenomeni della deresponsabilizzazione dei docenti curricolari rispetto ai loro alunni con disabilità e della perversa delega al solo collega di sostegno dei loro insegnamenti e delle loro valutazioni. Proprio per tale motivo, il sottoscritto, già da tempo, rivendica per gli allievi disabili, oltre alla presenza dell’insegnante specializzato, anche e soprattutto l’indispensabile progettazione e realizzazione all’interno degli Istituti di ogni ordine e grado di ambienti veramente “autonomi e flessibili” (con l’apertura di classi aperte e parallele, l’utilizzo della metodologia dell’apprendimento cooperativo e l’attivazione di gruppi omogenei ed eterogenei, lo svolgimento di attività individualizzate di recupero, potenziamento e di laboratorio e di iniziative di continuità e orientamento scolastico e professionale, la fruizione di strumenti informatici compensativi, la creazione di strutture accessibili e prive di barriere architettoniche e sensoriali, l’uso funzionale e proficuo dell’organico dell’autonomia ed il supporto di assistenti alla comunicazione, pedagogisti e psicologi).

Soltanto se l’imminente Riforma del sostegno preannunciata dall’Esecutivo in carica promuoverà l’organizzazione di siffatti contesti accoglienti e inclusivi, dove tra l’altro il Piano per l’Inclusione (PAI) non sia un documento esclusivamente “sulla carta”, ma al contrario parte integrante della progettazione, della didattica e della valutazione delle Istituzioni Scolastiche e, dunque, anche dei loro Piani Triennali dell’Offerta Formativa, si potranno realisticamente garantire per ogni allievo (anche con disabilità) quelle condizioni di pari opportunità nel raggiungimento del massimo possibile dei traguardi individualizzati e personalizzati d’istruzione, tanto decantate dalla recente normativa italiana sull’autonomia scolastica.

L’autentica “rivoluzione” dell’autonomia, pertanto, sarebbe quella di sancire, nell’ambito dell’attuale sistema d’inclusione, il definitivo passaggio dal docente di sostegno al “sostegno del contesto”.

Consigliere della Federazione Nazionale delle Istituzioni Pro Ciechi

Sciopero docenti, ATA e dirigenti, proclamato per il 15 marzo

da Orizzontescuola

di redazione

Il Miur, con nota n. 6784 del 4/03/2019, ha comunicato la proclamazione dello sciopero per la giornata del 15 marzo, da parte del sindacato SISA (Sindacato Indipendente Scuola e Ambiente).

Lo sciopero riguarda tutto il personale della scuola: dirigente, ATA e docente, sia di ruolo che a tempo determinato.

Essendo l’istruzione un servizio pubblico essenziale, lo sciopero va esercitato in osservanza delle regole e delle procedure fissate dalla normativa vigente (articolo 1 della legge 12 giugno 1990, n. 146 e successive modifiche ed integrazioni  e norme pattizie definite  ai sensi dell’art. 2 della legge medesima).

Le scuole devono comunicare lo sciopero alle famiglie e agli alunni; devono inoltre comunicare tramite SIDI le seguenti informazioni:

  • numero dei lavoratori dipendenti in servizio;
  • numero dei dipendenti aderenti allo sciopero anche se negativo;
  • numero dei dipendenti assenti per altri motivi;
  • ammontare delle retribuzioni trattenute.

nota

Programma annuale, pubblicazione Vademecum piano dei conti e delle destinazioni. Nota Miur

da Orizzontescuola

di redazione

Prosegue l’azione di accompagnamento, da parte del Miur, relativamente all’applicazione del nuovo Regolamento amministrativo-contabile delle scuole.

Con nota n. 4646 del 6 marzo 2019, infatti, l’Amministrazione ha comunicato la pubblicazione del Vademecum per l’utilizzo delle voci del piano dei conti e del piano delle destinazioni.

Piano dei conti: Vademecum

Il Vademecum è uno strumento operativo per l’utilizzo delle voci del piano dei conti ( Allegato 1, nota Miur 2348 del 6 febbraio 2019) e del piano delle destinazioni (Allegato 3, nota Miur n. 25674 del 20 dicembre 2018).

Nel Vademecum, in particolare, sono delineati:

  • la descrizione delle singole voci del piano dei conti e del piano delle destinazioni;
  • specifici focus su alcuni profili maggiormente significativi.

Il Vademecum è reperibile sul SIDI, nella sezione “Help Desk Amministrativo-Contabile”, al seguente percorso: Documentazione-> Programma Annuale, Conto Consuntivo e Inventario -> Vademecum per l’utilizzo delle voci del piano dei conti e del piano delle destinazioni delle istituzioni scolastiche.

Approvazione programma annuale anche in difformità alle indicazioni del Vademecum

Il Miur sottolinea che,  qualora un’istituzione scolastica abbia approvato il programma annuale in difformità rispetto alle indicazioni fornite nel Vademecum, in via del tutto eccezionale, per l’esercizio finanziario in corso, può derogare alle stesse.

nota

Regionalizzazione e contratto: sindacati proclamano la mobilitazione, forse è sciopero

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

I sindacati del comparto scuola hanno deciso di aprire la mobilitazione generale.

I motivi della protesta

Quattro sono i temi che Cgil, Cisl, Uil, Snals e Gilda considerano irrinunciabili: no alla regionalizzazione, rinnovo del contratto, lotta alla precarietà, valorizzazione del personale ATA.
Il punto sul quale i sindacati appaiono irremovibili e compatti riguarda proprio il contrasto al progetto di regionalizzazione del sistema di istruzione che sta nell’agenda del Governo ma sul quale il M5S ha già manifestato forti perplessità.

“Ma – sostengono i sindacati – c’è anche un’emergenza salariale che si trascina da tempo: trattamenti economici inadeguati a riconoscere l’importanza e il valore del lavoro nei settori della conoscenza determinano una situazione che vede il nostro Paese in pesante svantaggio rispetto alla media delle retribuzioni europee, come attestato più volte da indagini e ricerche internazionali”.
“Le scelte fatte con la legge di stabilità per il 2019 –
accusano i sindacati – negano ad oggi la possibilità di compiere, col rinnovo del contratto, un passo significativo in direzione di un riallineamento retributivo alla media europea: smentiti ancora una volta impegni e promesse, che non hanno alcuna credibilità se non trovano riscontro in precise e concrete scelte di investimento”.

L’emergenza precariato – dichiarano i segretari nazionali – prosegue e anzi si aggrava e “il ricorso ai contratti di lavoro a tempo determinato non si è affatto ridotto negli ultimi anni, nonostante ripetuti interventi legislativi in materia di reclutamento”.
Senza trascurare l’emergenza che riguarda il personale ATA, costretto a carichi di lavoro crescenti e sempre più gravosi, con organici inadeguati e ricorso abnorme, anche in questo settore, a contratti a termine.

I sindacati parlano esplicitamente di “un piano dettagliato di iniziative di mobilitazione e, anche se non lo dicono esplicitamente, lasciano intendere che non è neppure da escludere uno sciopero generale del comparto.

Assunzioni, per gli ATA nessun aumento in organico

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Come abbiamo riportato in precedenza, il 6 marzo 2019 il Miur ha convocato i sindacati per illustrare i criteri con i quali verrà rideterminato l’organico per l’anno scolastico 2019/20 tenuto conto della fine del blocco triennale degli organici previsto dalla L.107/15 e del calo degli iscritti.

A preoccupare i sindacati è il calo degli alunni iscritti al prossimo anno scolastico: 69 mila.

Si è certamente trattato di un primo incontro in cui l’amministrazione ha fornito i numeri e le intenzioni per quanto riguarda le dotazioni organiche.

Organici ATA: meno posti per il prossimo anno?

In base a questi numeri, forse a pagare dazio per il calo di iscritti sarà il personale ATA. Infatti, la diminuzione degli alunni potrebbe determinare un calo del personale collaboratore scolastico (1.224 posti in meno) e assistente amministrativo (437 posti in meno).
Tutto ciò potrebbe però essere azzerato per effetto dell’art. 3 co.2 del D. Lgs. 66/2017 in base al quale la “definizione dell’organico del personale  amministrativo, tecnico e ausiliario (ATA)” deve tenere conto, “tra i criteri per il riparto delle risorse professionali, della presenza di bambine e bambini, alunne e alunni, studentesse e studenti con disabilità certificata iscritti presso ciascuna istituzione scolastica statale, fermo restando il limite alla dotazione organica di cui all’articolo 19, comma 7, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, e successive modificazioni”.

Ciò vuol dire che per il prossimo anno scolastico non potrebbero esserci aumenti, ma nemmeno riduzioni di organico.

Poco organico e più mansioni per gli Ata

Tale situazione per quanto riguarda il personale ATA non va giù ai sindacati, specialmente alla Flc Cgil: “Abbiamo denunciato il netto dissenso rispetto all’impostazione data dal MIUR: essa non prevede alcun incremento organico pur in presenza di un aumento dell’offerta formativa per il tempo pieno nella scuola primaria, per le ore di laboratorio nei professionali e dell’attività di strumento nei licei musicali. E’ evidente che l’aumento di tempo scuola previsto dalle normative comporterà un aumento di lavoro per gli ATA”, si legge sul sito del sindacato.

“Il nostro ragionamento è molto semplice: gli ATA hanno subìto pesanti tagli a fronte di un aumento selvaggio dei carichi di lavoro, quindi anche per loro si pone la rivendicazione della restituzione dei 50.000 posti tagliati dalla Gelmini.

In conclusione abbiamo rivendicato un aumento proporzionale delle dotazioni organiche e l’estensione della figura dell’assistente tecnico in tutte le scuole”, conclude la Flc Cgil.

8 marzo, le donne conquistano la scuola: sempre meno gli uomini che scelgono di insegnare

da Tuttoscuola

8 marzo, festa della donna, un ottimo giorno per dire che tra i settori pubblici la scuola è quello con la più alta percentuale di donne. In dieci anni la percentuale di “quote rosa” in cattedra è aumentata di oltre due punti percentuali – passando dall’80,6% all’82,7% – e, anche se in tutta Italia l’incremento è stato generalizzato, è stata la fascia delle scuole superiori a contribuire maggiormente a questo incremento di genere. Anche tra i docenti con contratto a tempo determinato la prevalenza è nettamente al femminile: le insegnanti statali con supplenza annuale o fino al termine delle attività didattiche su posti comuni e di sostegno sono infatti quasi 96 mila, il 76%. Una vera e propria “valanga rosa” che ha travolto anche la dirigenza scolastica, fino a pochi anni fa territorio a predominanza maschile. Al Meridione l’incremento più forte di donne nella scuola. Tuttoscuola ha analizzato il fenomeno elaborando gli ultimi dati Miur sul personale scolastico.

Sotto il profilo strettamente professionale questa accentuata femminilizzazione è un bene o un male? I pareri sono contrastanti e difficilmente si armonizzano in una sintesi condivisa.

Il fenomeno della crescente femminilizzazione dell’insegnamento investe tutti i Paesi economicamente più sviluppati, e suscita non poche preoccupazioni perché secondo alcuni comporterebbe un certo impoverimento della qualità dell’insegnamento soprattutto nell’area delle discipline tecnico-scientifiche, essendo i laureati maschi in tali discipline attratti da altre professioni, più gratificanti e meglio retribuite. La quasi totale assenza di uomini tra i docenti in tutto il percorso di studi preuniversitario demotiverebbe inoltre gli studenti maschi dall’intraprendere questa professione, percepita ormai come femminile.

In altri settori le donne, in particolare ai vertici, sono ancora pochissime: come ricorda il Corriere della sera, solo il 7% degli amministratori delegati in Italia e in Europa sono donne. Se sembra esserci un “soffitto di cristallo” che limita la carriera delle donne, si direbbe che ci sia una porta di cristallo che limita l’accesso degli uomini alla professione docente.

E se in molti settori si affronta giustamente il tema delle “quote rosa” per limitare la disparità di genere, forse si dovrebbe avviare una riflessione su possibili “quote azzurre” per l’insegnamento, o comunque a rendere più attrattivo per tutti il mestiere di insegnante dal punto di vista economico e della carriera.

Altrimenti la tendenza è chiara, consolidata e probabilmente destinata a continuare: la “marea rosa” si diffonderà ancora nella scuola.

Stabilizzare il lavoro di docenti e ATA: sit-in dei precari martedì 12 marzo

da Tuttoscuola

Precari della scuola in piazza martedì 12 marzo. In tutta Italia, promosse da Flc CGIL, CISL Scuola e UIL Scuola RUA, si terranno manifestazioni davanti agli Uffici Scolastici o alle Prefetture per richiamare l’attenzione sulla realtà, ancora troppo diffusa, del lavoro precario che in ambito scolastico continua a rappresentare una vera e propria emergenza. Da anni si susseguono interventi legislativi in materia di formazione iniziale e reclutamento del personale, da anni governi e maggioranze parlamentari diverse annunciano l’imminente fine del precariato, ma la situazione continua a rimanere quella attestata da numeri che ci riportano impietosamente alla realtà. Non che le cose vadano meglio sul versante del personale ATA, con organici insufficienti e assunzioni limitate ogni anno alla sola copertura del turn over.

Basta precarietà” è lo slogan scelto per le manifestazioni del 12 marzo, i cui obiettivi sono riportati nel volantino che viene diffuso in questi giorni in tutte le scuole. Anzitutto una fase transitoria di immissioni in ruolo per assumere gli abilitati e i docenti di terza fascia con tre anni di servizio. Solo così, per le associazioni sindacali, si può evitare il riproporsi della situazione dello scorso autunno, quando le assunzioni si sono potute fare solo su meno della metà dei posti di cui era stata autorizzata la copertura.

Secondo i sindacati occorre poi fare in modo di rendere disponibili per le operazioni di mobilità e di assunzione anche i posti liberati dal meccanismo di quota 100, evitando che siano destinati alla copertura con supplenze. Viene poi denunciato l’elevato costo dei percorsi di specializzazione per il sostegno, per i quali i sindacati chiedono anche di ampliare le possibilità di partecipazione; numeri bassi e mal distribuiti, che dimostrano fra l’altro come sia da rivedere l’affidamento in esclusiva delle specializzazioni alle Università. Viene rivendicata dalle associazioni sindacali inoltre la stabilizzazione del personale ATA su tutti i posti vacanti e disponibili, ribadendo infine la volontà di contrastare ogni ipotesi di affidare alle Regioni il reclutamento del personale scolastico.

A tale proposito, nel corso delle manifestazioni sarà possibile sottoscrivere la petizione/appello lanciata nei giorni scorsi contro ogni ipotesi di regionalizzazione del sistema nazionale di istruzione.

A stabilire modalità, sedi e orari di svolgimento delle manifestazioni di martedì 12 marzo saranno nei prossimi giorni le strutture territoriali dei sindacati promotori. Già deciso intanto che il sit-in riguardante l’area metropolitana di Roma si terrà davanti al palazzo del MIUR in viale Trastevere, dove i manifestanti si raduneranno a partire dalle 15,30.

Sciopero scuola 8 marzo: i motivi della protesta

da Tuttoscuola

Il MIUR ha comunicato le organizzazioni sindacali sottoindicate hanno proclamato per venerdì, 8 marzo 2019 lo sciopero generale di tutti i settori lavorativi pubblici, privati e cooperativi, compreso il comparto scuola, di tutti i lavoratori e lavoratrici a tempo indeterminato e determinato, con contratti precari e atipici:

– Slai per il Sindacato di classe
– USI-Unione Sindacale Italiana con adesione dell’USI SURF per quanto attiene scuola, università, ricerca e formazione;
– USB Confederazione, con adesione di USB Pubblico Impiego e USB Lavoro Privato (personale ex LSU e dipendenti ditte pulizia e decoro scuole);
– USI Unione Sindacale Italiana;
– COBAS-Comitati di base della scuola, con adesione dell’ANIEF;
– CUB Confederazione Unitaria di base;
– SGB-Sindacato Generale di Base.

Poiché l’azione di sciopero scuola 8 marzo in questione interessa il servizio pubblico essenziale “istruzione”, il diritto di sciopero va esercitato in osservanza delle regole e delle procedure  fissate dalla legge 146/1990. I dirigenti scolastici devono comunicare tempestivamente, attraverso il portale SIDI – menu “I tuoi servizi”, area “Rilevazioni” – i seguenti dati: il numero dei lavoratori dipendenti in servizio; il numero dei dipendenti aderenti allo sciopero anche se negativo; il numero dei dipendenti assenti per altri motivi; l’ammontare delle retribuzioni trattenute.

Lo sciopero scuola di venerdì 8 marzo coincide con la festa della donnaNon Una Di Meno, il movimento italiano di lotta contro la violenza di genere in tutte le sue forme, ha invitato tutte le lavoratrici alla mobilitazione.
I principali motivi della protesta sono la difesa dei diritti delle donne e contro la violenza e le discriminazioni di genere. Il giorno scelto per manifestare non è certo casuale.