L’innocenza colpita e scavalcata

L’innocenza colpita e scavalcata

di Vincenzo Andraous

Una sparatoria, un uomo abbattuto, un’esecuzione in piena regola.Eppure la regola è infranta, le regole non sono più santificate né rispettate. La scena è da film d’azione, una sorta di Gomorra live, dove si parla di guaglioncelli, di ragazzini sparatori, di minori tutto fare, eppure anche qui qualcosa non sta al suo posto, le parole e i copioni sono argutamente imbellettati per meglio affascinare, invece, i fatti diversamente sono imbrattati di vergogna, del sangue della vergogna. Mentre si rincorre il nemico, la canna della pistola evidentemente non sta ferma, la mano trema, le dita friggono, i colpi vanno all’impazzata, talmente a destra e a manca, che una bimba, sì, una bimba, rimane distesa sul selciato. E cosa fa il nostro guerriero di turno? La scavalca e continua la sua mattanza, la scavalca infischiandosene bellamente di quella bimba innocente a terra. Qui non si tratta di film, di copioni, di parti da recitare da adolescente difficile, a giovane trasgressivo, per significare che quando non si possiede capacità di subordinare qualche passione a qualche regola, ciò trascina spesso nella devianza, nella criminalità, nel gioco della prepotenza e dei soprusi, dell’indifferenza alle vittime innocenti, che spesso, sempre più spesso rimangono senza giustizia. Accadimenti come questo non debbono consentire giustificazioni, né attenuanti, tanto meno silenzi dettati dalla paura, fatti come questi impongono una presa di coscienza senza se e senza ma, ben oltre le marce dell’ indignazione, c’è necessità di invadere ogni metro di territorio imbizzarrito, ogni centimetro di mascherata inadeguatezza, ogni luogo e ogni spazio di ingannevole fortezza del potere. C’è necessità di ribaltare il punto di contatto tra passato e presente, per non rimanere ancora prostrati e quindi assenti nei modelli di riferimento certi, perché autorevoli, e dunque accreditati di autorità acquisita sul campo. Criminalità organizzata, crimine, reato, no, qui c’è di più e c’è di peggio, perché quando s’ammazzano i bambini innocenti, non esistono più paletti né limiti a tutela di chicchessia, neppure leggi appropriate a confortare sotto il peso della tragedia. Questa è una vera e propria urgenza educativa rivolta alla collettività, a coloro che sono società, a quanti accettando di fare un passo in mezzo, là, dove infuria la tempesta, possono spostare le assi di coordinamento comportamentale di ognuno e di ciascuno,  non sottraendosi al rispetto dell’altro, educare a non rubare la dignità dall’altro, per non confermare quotidianamente l’incontro consapevole con i vicoli ciechi, l’impatto inconsapevole con la violenza della strada, il suo corollario di falsi miti. Una bimba è rimasta scomposta sulla strada, prossimità del dolore più atroce, del dolore più ingiusto, del dolore più inaccettabile, una bimba innocente, colpita, scavalcata, lasciata a morire come Cristo in croce. Forse anche questa amara riflessione non eleverà il grado di civiltà necessario per migliorare lo stato delle cose, ma forse aiuterà qualcuno a non ingrossare le fila di una certa indifferenza sociale.

G. Cacciatore, Piccola italiana

Cacciatore ai tempi del fascismo

di Antonio Stanca

   Nato a Polistena, in provincia di Reggio Calabria, nel 1967, Giacomo Cacciatore è sempre vissuto a Palermo. Dopo la laurea in Lingue straniere ha collaborato per molto tempo, tramite racconti e corsivi, con l’edizione siciliana de “la Repubblica”. Con i romanzi ha cominciato nel 2005 e parecchi ne ha scritto senza abbandonare i primi generi della sua produzione. Alcuni romanzi sono stati tradotti all’estero, in particolare in Francia, Germania e Spagna. Altri hanno avuto una trasposizione cinematografica alla quale, a volte, ha lavorato lo stesso autore come sceneggiatore o come regista. Anche al teatro si è applicato Cacciatore ed anche in collaborazione con altri autori ha prodotto. Ha soltanto cinquantadue anni e tanto ha fatto, in tante direzioni si è mosso. Questo, in verità, si chiede oggi ad un autore perché si affermi, perché venga conosciuto. Non lo si pensa come prima, distante, lontano da quanto accade ma impegnato nei problemi della vita, della società, partecipe dei moderni mezzi usati per discuterli siano essi di stampa o di spettacolo. Succede, infatti, che quasi sempre come giornalisti comincino oggi molti scrittori e che anche della televisione o del cinema o del teatro facciano una loro espressione. Cacciatore è uno di questi casi ma a differenza di altri che non sono riusciti a liberarsi dai modi propri del giornalismo tanto poco il loro ingegno ha saputo creare, egli fin dall’inizio si è mosso nei due campi con l’abilità richiesta da ognuno di essi, ha saputo essere giornalista e scrittore senza che nessuna delle attività risultasse ridotta o guastata dall’altra. Un’ennesima prova viene dall’ultimo romanzo Piccola italiana, pubblicato quest’anno dalla casa editrice Fernandel di Ravenna.

   Lo sguardo dello scrittore è rivolto all’indietro, all’Italia della metà degli anni Trenta, l’Italia del fascismo, quando, avvolta in un panno di lana e poggiata in una cesta insieme ad una lettera di raccomandazione da parte della madre, viene trovata sulla porta di un orfanotrofio una bambina appena nata. Il nome, Agata, veniva dalla lettera, il cognome, Amodio, verrà dall’istituto dove crescerà e studierà nonostante il suo carattere ribelle, bisognoso d’indipendenza, di autonomia, non si concili con il posto, con le sue regole, con le persone alle quali è stata affidata. Le suore prima e le insegnanti poi dovranno lottare per ottenere da Agata il rispetto dovuto, per riportarla entro l’ordine, i principi necessari per una formazione giusta, equilibrata. Molto difficili saranno i loro rapporti anche se qualche volta faranno sperare in un miglioramento.

   Agata si legherà alla coetanea Virginia Levi, di facoltosa famiglia ebrea, messa in istituto solo per un periodo di tempo prestabilito. Insieme le due bambine faranno una coppia inseparabile, stipuleranno un patto di amicizia ma diverse rimarranno. Virginia è dolce, remissiva, non disobbediente come Agata. Non mancheranno gli screzi anche tra loro e, tuttavia, si ricomporrà sempre il loro rapporto, continueranno sempre a stare insieme, rimarranno sempre lontane dalle altre compagne di classe. Ora frequentano la scuola media, siamo nel 1936 e il fascismo è al suo apice. Ovunque imperversa la figura, la voce, l’idea del Duce, si dice addirittura di una sua visita all’orfanotrofio, l’insegnante di quella classe è completamente presa, è innamorata di Mussolini e a lei Agata non risparmia frecciate contro il fascismo. Sarà messa in punizione, in una stanza buia, sporca e fredda, sarà chiamato lo psichiatra perché la riduca alle ragioni richieste dall’ambiente. Non si otterrà molto, continueranno gli scontri con l’insegnante, con le suore, con le altre compagne. Virginia, finito il periodo stabilito, rientrerà a casa ma per essere deportata nei campi di sterminio mentre all’orfanotrofio quell’insegnante verrà trovata morta senza che si capisca se per omicidio o per suicidio e senza che si sappia se Agata rimane o esce dall’istituto.

   Così, con una serie di avvenimenti che succedono contemporaneamente, che si intrecciano, si complicano, si aggravano, si confondono, Cacciatore conclude il romanzo sembrandogli la maniera più degna, la migliore dopo averne fatto una rappresentazione quanto mai lunga di cosa possa succedere nella vita, di come, di quanto si possa star male.    E’ una vita al negativo quella narrata dallo scrittore, è la storia di un dramma non limitato ma esteso, dalla madre abbandonata al carattere della bambina, alla morte dell’insegnante, ai campi di sterminio. E’ una dilatazione alla quale Cacciatore giunge senza trascurare l’indagine psicologica dei personaggi presentati, i particolari dei luoghi della vicenda. Sicuro dei mezzi espressivi, abile nella costruzione dell’opera si dimostra, inoltre, lo scrittore, capace di operare il recupero dettagliato di un passato che sembrava finito e per sempre.

Leader di Cgil, Cisl e Uil contro «la regionalizzazione del sistema di istruzione»

da Il Sole 24 Ore

I segretari generali di Cgil, Cisl e Uil, Maurizio Landini, Annamaria Furlan e Carmelo Barbagallo, hanno firmato l’appello promosso da tutti i sindacati della scuola «contro la regionalizzazione del sistema di istruzione». Lo hanno fatto chiudendo l’iniziativa unitaria su Europa, cultura e lavoro, a Matera.

L’appello nasce dopo che le regioni Emilia Romagna, Lombardia e Veneto «hanno, tra l’altro, chiesto al governo ulteriori forme e particolari condizioni di autonomia in materia di istruzione e formazione. L’obiettivo è quello di regionalizzare la scuola e l’intero sistema formativo – si legge nel testo – tramite una vera e propria secessione delle regioni più ricche, che porterà ad un sistema scolastico con investimenti e qualità legati alla ricchezza del territorio».


Con la prova di Matematica concluse ieri le rilevazioni Invalsi nella scuola primaria

da Il Sole 24 Ore

Concluse ieri le rilevazioni Invalsi nella scuola primaria con la prova di Matematica. Gli allievi interessati dalla prova nelle classi II e V della primaria si confermano, rispettivamente, 540.909 e 561.775. Con un tasso di partecipazione complessiva (classi campione e non campione) del 98,86% in seconda primaria e del 98,92% in quinta.

Bassa adesione allo sciopero
Nelle classi II l’1,14% delle classi non partecipanti è riconducibile per lo 0,05% a eventi di forza maggiore e per l’1,09% a varie ragioni (scioperi, allievi tutti assenti, altro).
Nelle classi V l’1,08% delle classi non partecipanti è riconducibile per lo 0,05% a eventi di forza maggiore e per lo 1,03% a varie ragioni (scioperi, allievi tutti assenti, altro).

La precisazione dell’Istituto
In una nota l’Invalsi sottolinea che «anche ieri la partecipazione delle classi alla prova di Matematica è tale da garantire ampiamente sostanza alla rilevazione sia per le classi campione sia per quelle non campione e durante l’arco della giornata non si sono registrate particolari criticità».

Precariato, l’intesa possibile

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Un solo percorso abilitante straordinario per i docenti precari che hanno alle spalle 36 mesi di servizio, con lo sbocco dell’immissione in ruolo. E poi basta. Un Pas che dovrebbe consentire l’assunzione a tempo indeterminato di circa 20 mila docenti oggi precari. Per tutti gli altri che hanno 36 mesi di servizio, la platea complessiva si aggira sulle 48 mila unità, c’è il parallelo percorso del concorso ordinario a cui potranno accedere senza prova preselettiva e potendo fare affidamento su una riserva di posti. Del 30% ma anche più. Un elemento, questo, sul quale si può trattare.

È la proposta messa sul tavolo dal capo di gabinetto del ministero dell’istruzione e università, Giuseppe Chinè, in apertura della prima sessione di incontri sul precariato, incontri messi in cantiere dopo l’accordo sottoscritto a Palazzo Chigi da governo e sindacati della scuola e la conseguente revoca dello sciopero proclamato per il 17 di maggio.

I sindacati, a cui il dicastero guidato da Marco Bussetti ha rispedito la palla chiedendo di avere una valutazione unitaria della proposta, hanno chiesto che il percorso articolato sul doppio binario consenta comunque a tutti i precari triennalisti di ottenere l’abilitazione. Una richiesta, questa, su cui hanno concordato, al di là delle diverse impostazioni di base, Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals e Gilda.

Nei prossimi giorni dovrebbe esserci la formalizzazione della proposta condivisa che sarà trasformata in emendamento di maggioranza al decreto Crescita: questo il veicolo legislativo che dovrebbe consentire in tempi veloci di definire anche giuridicamente la questione. Il no chiaro invece è giunto dall’amministrazione all’ipotesi di un Pas aperto a tutti i 50 mila potenziali interessati: non ci sarebbero neanche le capacità organizzative da parte delle università per far fronte a un tale contingente, è una delle motivazioni addotte.

«L’incontro ha permesso una prima esplorazione del contesto: per formulare precise proposte finalizzate ai necessari interventi legislativi, è risultato necessario conoscere in maniera più dettagliata i dati relativi alle disponibilità di posti e classi di concorso», hanno scritto in un comunicato unitario Francesco Sinopoli, Maddalena Gissi, Pino Turi, Elvira Serafini e Rino Di Meglio, rispettivamente segretari della Flc-Cgil, Cisl scuola, Uil scuola, Snals-Confsal e Gilda. «Questo governo non fa promesse, prende impegni e li mantiene», è il commento di Bussetti, «la notte del 24 aprile abbiamo raggiunto un importante accordo con le organizzazioni sindacali. Abbiamo scritto insieme una bella pagina per l’amministrazione. Siamo già al lavoro per raggiungere gli altri obiettivi che ci siamo posti».

Il 14 maggio, infatti, sarà la volta del tavolo tecnico dedicato ai dirigenti scolastici, il 20 si riunirà quello relativo al rinnovo contrattuale, il 28 quello che si occuperà di Università, Ricerca e Alta Formazione Artistica, Musicale e Coreutica. Ma prima e su di tutti resta il nodo precariato.

Educazione civica a tutti i prof

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

L’insegnamento dell’educazione civica sarà impartito per un’ora alla settimana nella scuola primaria e secondaria di I e II grado. Lo prevede un progetto di legge approvato dalla camera dei deputati il 2 maggio scorso. Il testo deriva dall’unificazione di diverse proposte. È stato approvato in prima lettura dall’aula di Montecitorio su input della lega consenso quasi trasversale ai partiti. E adesso dovrà passare al vaglio del senato. Il nuovo insegnamento non andrà a costituire una classe di concorso ad hoc. L’intenzione del legislatore è quella di trattare la nuova disciplina come un insegnamento fungibile. Che sarà affidato in contitolarità a tutti i docenti della classe coordinati da un insegnante del consiglio di classe a cui sarà assegnato questo specifico incarico. Ma se tra i docenti della classe ve ne sarà uno in possesso dell’abilitazione in discipline giuridiche ed economiche, l’insegnamento dell’educazione civica sarà affidato a quest’ultimo in via esclusiva.

Lo svolgimento della lezione settimanale dovrà avvenire all’interno del monte ore obbligatorio dedicando a tale adempimento un’ora della quota del curriculo dell’autonomia. Il dispositivo vieta la possibilità di assegnare al docente o ai docenti a cui sarà assegnato l’insegnamento della nuova disciplina la possibilità di corrispondere emolumenti aggiuntivi. E questo particolare aspetto potrebbe esporre le nuove norme, se approvate, al rischio di azioni per illegittimità costituzionale.

L’assegnazione ai docenti di discipline diverse da quelle giuridiche ed economiche di questa nuova materia comporterebbe, infatti, una modifica qualitativa della prestazione. E ciò sembrerebbe collidere con l’articolo 36 della Costituzione, il quale prevede che «il lavoratore ha diritto a ad una retribuzione proporzionata alla quantità e alla qualità della del suo lavoro».

Nel caso specifico non si avrebbe una modifica della quantità del lavoro in senso stretto, non essendo previsto un aumento dell’orario di insegnamento. Ma si verificherebbe una modifica sostanziale della qualità del lavoro tramite un arricchimento dei contenuti e un aggravamento degli oneri derivanti dalla necessità di preparare le lezioni.

Specie se si pensa che la nuova disciplina, oltre a presumere la padronanza del diritto costituzionale, prevede anche competenze approfondite in ambiti particolarmente delicati quali la legislazione sulla privacy collegata alle competenze digitali, l’ambiente, il diritto del lavoro, il diritto dell’Unione europea e, in generale, l’educazione alla legalità.

La proposta di legge vieta anche la possibilità di retribuire le attività correlate allo svolgimento dei compiti di coordinamento «salvo che la contrattazione d’istituto stabilisca diversamente con oneri a carico del fondo per il miglioramento dell’offerta formativa». Quanto ai contenuti della nuova disciplina di insegnamento, il progetto di legge prevede sette tracciati epistemici.

Il primo comprende la Costituzione, le istituzioni dello stato italiano, dell’unione europea e degli organismi internazionali e, in più, la storia della bandiera e dell’inno nazionale. Il secondo riguarda l’Agenda 2030 per lo sviluppo sostenibile, adottata dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite il 25 settembre 2015: un testo normativo molto corposo che fissa un programma d’azione per le persone, il pianeta e la prosperità.

Il terzo verte sull’educazione alla cittadinanza digitale. A questo ambito la proposta dedica l’intero articolo 5 del dispositivo. Che reca la descrizione dettagliata di una serie di abilità e competenze che vanno dalla capacità di analizzare, confrontare e valutare criticamente la credibilità e l’affidabilità delle fonti di dati, informazioni e contenuti digitali alla capacità di interagire attraverso varie tecnologie digitali e individuare i mezzi e le forme di comunicazione digitali appropriati per un determinato contesto. Per poi spaziare dall’informazione alle regole a cui attenersi nell’utilizzo delle teconologie informatiche e dei social network, fino a quelle per la creazione e gestione della propria identità digitale e della legislazione sulla privacy.

Il quarto asse epistemico verte invece sulla conoscenza del diritto, con particolare riguardo al diritto del lavoro. Il quinto è incentrato sull’educazione ambientale, lo sviluppo ecosostenibile e la tutela del patrimonio ambientale, delle identità, delle produzioni e delle eccellenze territoriali e agroalimentari.

Il sesto sull’educazione alla legalità. Il settimo sull’educazione al rispetto e alla valorizzazione del patrimonio culturale e dei beni pubblici comuni. Fini qui gli assi in dettaglio. Nondimeno il testo normativo prevede anche che, nell’ambito dell’insegnamento trasversale dell’educazione civica debbano essere promosse l’educazione stradale, l’educazione alla salute e al benessere, l’educazione al volontariato e alla cittadinanza attiva. E tutte le azioni sono finalizzate ad alimentare e rafforzare il rispetto nei confronti delle persone, degli animali e della natura.

Verso censimenti permanenti

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Intervista a Gian Carlo Blangiardo, nuovo presidente ISTAT

Siamo in piena crisi demografica, una crisi che neppure l’immigrazione riesce a bilanciare. «Il primo obiettivo deve essere bloccare la discesa. Successivamente si può pensare a invertire la tendenza sulla fecondità», ragiona Gian Carlo Blangiardo, presidente dell’Istat, professore ordinario di Demografia all’Università di Milano Bicocca. «Le soluzioni ci sono, ma richiedono risorse e riconoscimenti valoriali. Occorre partire dalla consapevolezza che i figli che si fanno sono un valore anche economico per la società… sono loro che pagheranno le future pensioni ». Blangiardo è alla guida dell’Istituto di statistica da febbraio scorso, di questi giorni la rilevazione che ha registrato la ripresa dell’economia italiana. Nell’intervista con ItaliaOggi spiega come cambierà l’Istat, con, tra gli altri, «nuove statistiche sulle famiglie e la presenza straniera».

Domanda. Presidente, partiamo dall’ultimo rapporto dell’Istat che ha registrato nel primo trimestre 2019 una crescita del 0,2% del pil dopo due trimestri negativi, anche l’occupazione è cresciuta a marzo dello 0,3%. È possibile dire che siamo usciti dalla recessione?

Risposta. Più che recessione parlerei di lieve e breve flessione dell’attività economica, coerente con uno scenario internazionale che nel 2018 è stato certamente difficile. Da questo punto di vista la ripresa del pil di inizio 2019 è sicuramente confortante, soprattutto alla luce dei miglioramenti del mercato del lavoro, e consente di guardare in modo diverso all’immediato futuro della nostra economia; tra l’altro i dati europei confermano che ai segnali di ripresa congiunturale in Italia corrisponde un’accelerazione della crescita media dell’area Uem, ora a +0,4%, con possibili effetti positivi sulla domanda estera che si rivolge alle nostre imprese.

D. Cosa risponde a chi accusa queste rilevazioni di essere parziali, limitate ad un arco temporale troppo breve per essere significative? A marzo 2019, rispetto a prima del giuramento del governo Conte, maggio 2018, in Italia ci sono 35 mila occupati in meno, di cui 19 mila a tempo indeterminato, rileva per esempio Luigi Marattin.

R. È evidente che, per essere interpretate correttamente, le variazioni mese su mese dell’occupazione vanno inquadrate in un contesto più ampio. Osservando i dati emerge come il livello di occupazione abbia toccato il valore massimo a maggio 2018 per poi scendere fino a ottobre e mostrare un recupero già da novembre dello scorso anno: nel periodo compreso tra ottobre 2018 e marzo 2019 gli occupati sono cresciuti di quasi 100mila unità. Il dato di marzo non sembra quindi isolato, ma rafforza una tendenza in atto da cinque mesi.

D. Ma la nostra economia è ancora in stagnazione ?

R. Le positive stime preliminari del Pil del primo trimestre derivano da dinamiche settoriali di crescita diffuse a tutti i principali comparti (agricoltura, industria e servizi). Il fatto che il recupero di inizio anno non derivi solo dalla ripresa della produzione industriale ma si estenda agli altri settori può indicare in qualche misura un cambiamento ciclico in corso, anche se i fattori di incertezza sullo scenario economico sono ancora attivi.

D. Riassumendo, ci sono segnali di ripresa, e poi il debito privato è sotto la media, l’export tira, il debito pubblico è solo per il 24% in mano ai creditori esteri e c’è un avanzo primario dell’1,6%: secondo lei a fronte di questi dati i giudizi de mercati, e dunque spread e rating, sono giustificati?

R. L’economia italiana, seppure continui a mantenere un ritmo di crescita nettamente inferiore a quello delle altre grandi economie europee, ha mostrato resilienza e capacità di reazione, soprattutto sul fronte della competitività esterna. È inoltre pienamente integrata con le altre economie e riveste un ruolo rilevante nelle catene globali del valore. Ritengo che questi aspetti debbano essere maggiormente valorizzati per una obiettiva valutazione da parte dei soggetti che influenzano i mercati finanziari.

D. Quali sono i settori più vitali dell’economia del Paese?

R. Il settore manifatturiero ha mostrato una notevole capacità di riposizionamento dopo la doppia crisi, con una performance di livello assoluto e risultati che hanno contribuito in modo cruciale al parziale recupero realizzato in questi anni dal nostro sistema economico, aumentando ad esempio la propensione innovativa e la presenza delle imprese sui mercati esteri. Comunque, in base al nostro Indicatore sintetico di competitività, ai primi posti della graduatoria risultano i settori delle bevande, la chimica, la farmaceutica, i macchinari.

D. E i servizi?

R. I comparti dei servizi mostrano maggiori eterogeneità, con una minore diffusione delle spinte alla crescita, derivante in parte dall’eccessiva frammentazione dimensionale e in parte da una persistente debolezza della domanda interna, solo in parte mitigata da una buona performance dei comparti maggiormente sensibili alla domanda estera, ad esempio turistica.

D. A livello territoriale che gap ha riscontrato?

R. È un aspetto che rappresenta tuttora forti criticità, e condiziona in misura rilevante la capacità di crescita economica e riduzione delle disuguaglianze. Tra il 2011 e il 2017, il Mezzogiorno ha registrato la massima flessione del Pil tra le diverse ripartizioni: il gap economico preesistente si è quindi aggravato nonostante la ripresa economica. Oppure, guardando alle dinamiche recenti, se nella media nazionale l’incidenza delle imprese «in ripiegamento» (quelle che nel 2018 hanno registrato flessioni di fatturato sia sul mercato interno sia su quello estero) è pari a poco meno di un terzo del totale, nel Mezzogiorno la stessa incidenza è superiore di oltre 6 punti.

D. Le imprese utilizzano bene il capitale umano esistente oggi in Italia?

R. Secondo le nostre analisi nel 2017 il fenomeno della «sovraistruzione» riguarda 5 milioni 569 mila occupati, il 24,2% del totale e il 35,0% degli occupati diplomati e laureati. Si tratta quindi di un fenomeno rilevante, che da un lato ostacola una maggiore crescita economica, dall’altro genera ampi effetti negativi sul piano sociale.

D. Che strategia intende perseguire alla guida dell’Istituto?

R. La valorizzazione delle fonti amministrative e dei Big data e l’ulteriore specializzazione delle indagini statistiche rappresentano aspetti strategici della produzione statistica e gli investimenti fatti vanno trasformati in guadagni informativi percepibili per la collettività e le istituzioni. Si tratta da un lato di migliorare gli strumenti, con nuovi sistemi di raccolta dati, innovazioni digitali, esplorazione di nuove fonti, innovazioni nelle metodologie, dall’altro di accelerare il rilascio di informazioni sempre più integrate e granulari, a supporto delle decisioni individuali e collettive.

D. Perché puntate sui censimenti permanenti?

R. La strategia di costruzione di un sistema basato sui censimenti permanenti su popolazione, istituzioni, imprese, no profit e agricoltura, in grado di produrre annualmente statistiche dettagliate su tutte le principali aree tematiche va nelle direzione che ho appena indicato. Ad esempio, sul territorio è possibile misurare simultaneamente e in modo dettagliato diversi aspetti: le strategie e risultati economici per le imprese, il profilo reddituale e la partecipazione al mercato del lavoro per gli individui e molte altre dimensioni tematiche integrate.

D. Quali saranno i settori sui cui vorrà intervenire?

R. Verranno sviluppate statistiche nuove sulle famiglie come soggetto portante della società e la lettura familiare delle condizioni di vita e di progresso della popolazione, saranno creati un sistema statistico integrato delle statistiche sociali e un altro sul lavoro, sviluppati nuovi indicatori sulla presenza straniera, sulla violenza di genere, sulle discriminazioni, sull’infanzia. Le innovazioni riguarderanno anche altre tematiche, tra queste, la creazione di un nuovo modello di breve periodo sull’economia italiana; lo sviluppo di nuovi indicatori su benessere e sostenibilità; la realizzazione di un sistema strutturato di statistiche sulla Pubblica Amministrazione; nuove misurazioni sulla globalizzazione, l’economia digitale, l’economia delle piattaforme, i conti dell’ambiente.

D. Lei è un demografo, qual è lo scenario per il nostro paese?

R. Uno scenario tutt’altro che roseo, stiamo vivendo una crisi demografica importante, il saldo tra natalità e mortalità è negativo dagli anni ‘90, e dal 2013 facciamo il record negativo ogni anno, nel 2018 è arrivato a 200 mila unità in meno. Il dato è che sotto i due figli per donna non c’è ricambio. E noi siamo sotto dagli anni 70, oggi a 1,3.

D. Che cosa consiglierebbe al decisore politico?

R. Il primo obiettivo è bloccare la discesa. Successivamente si può pensare a invertire la tendenza sulla fecondità. Le soluzioni ci sono, penso al part-time per le donne che diventano madri, che però non deve essere penalizzante ai fini della carriera, così come a una rete diffusa di servizi di welfare, a partire dagli asili nido. Ma occorre partire dalla consapevolezza che i figli che si fanno sono un valore anche economico per la società… sono loro che pagheranno le future pensioni.

D. Su questo come siamo messi rispetto all’Europa?

R. Anche in altri paesi europei il tasso di natalità è sceso, ma a un certo punto c’è stata un’inversione di tendenza, penso a Germania, Danimarca, Austria, Ungheria, Repubblica ceca. È la dimostrazione che qualcosa si può fare.

D. L’immigrazione non serve a bilanciare?

R. È dal 2015 che l’immigrazione, che è essenzialmente proveniente da sbarchi e per motivi di lavoro, non è più in grado di bilanciare la detanalità.

D. Gli immigrati rappresentano un valore per l’economia italiana?

R. Va preso atto che, sia ai fini della crescita del Pil che della contribuzione previdenziale, si tratta di un apporto indiscutibile sebbene concentrato in qualifiche professionali medio-basse.

D. Ai nostri confini il continente africano ha tassi di natalità altissimi, il solo Niger nei prossimi vent’anni si stima passi dagli attuali 200 a 400 milioni di abitanti. C’è il rischio che l’Italia e in generale l’Europa finiscano per essere africanizzati?

R. È difficile stimare cosa possa accadere da qui a 20, 30 o 40 anni, ma è di tutta evidenza che i flussi migratori vanno gestiti. E serve una politica europea per riuscirci. L’Italia è un molo nel Mediterraneo e non è utile a se stessa e a tutta l’Europa che sia lasciata da sola in questa situazione a gestire il fenomeno degli sbarchi.

D. A che misure pensa?

R. I migranti devono essere sostenuti qui e nei loro paesi di origine. Attrarre migrazioni qualificate e al tempo stesso utilizzare i flussi in entrata e in uscita come fattore di sviluppo per i paesi di origine.

Concluse le prove INVALSI nella scuola primaria: partecipa oltre il 98%

da Orizzontescuola

di redazione

Comunicato Invalsi – Concluse oggi le rilevazioni INVALSI nella scuola primaria con la prova di Matematica.

Gli allievi interessati dalla prova odierna nelle classi II e V primaria si confermano, rispettivamente, 540.909 e 561.775.

Di seguito le percentuali di partecipazione:

PROVA DI MATEMATICA II PRIMARIA V PRIMARIA

Partecipazione classi campione 98,69% 98,69%

Partecipazione classi non campione 98,87% 98,93%

Partecipazione complessiva (classi campione e non campione) 98,86% 98,92%

Nelle classi II l’1,14% delle classi non partecipanti è riconducibile: per lo 0,05% a eventi di forza maggiore e per l’1,09% a varie ragioni (scioperi, allievi tutti assenti, altro).

Nelle classi V l’1,08% delle classi non partecipanti è riconducibile: per lo 0,05% a eventi di forza maggiore e per lo 1,03% a varie ragioni (scioperi, allievi tutti assenti, altro).

Anche oggi la partecipazione delle classi alla prova di Matematica è tale da garantire ampiamente la significatività della rilevazione sia per le classi campione sia per quelle non campione e durante l’arco della giornata non si sono registrate particolari criticità.

L’INVALSI ringrazia i dirigenti, i docenti, le famiglie e, in modo particolare, gli allievi che hanno partecipato alle rilevazioni.

Concorso ATA, stop appalti pulizie. Titolo di studio: licenza media. Gli altri requisiti

da Orizzontescuola

di redazione

I Cobas  Lavoro  hanno organizzato il 20 aprile a Brindisi un incontro con il sottosegretario del MIUR Salvatore Giuliano, per discutere pubblicamente con i lavoratori e le lavoratrici degli appalti di pulizie nelle scuole pubbliche sulla internalizzazione del servizio che avverrà a partire dal 1o gennaio 2020.

Alla luce dell’incontro di Brindisi i Cobas elencano  quelle che sono le certezze  e i nodi che sarà invece necessario affrontare quanto prima:
“1. la stabilizzazione degli ex LSU e degli appalti storici avverrà a partire dal 1° gennaio 2020. Verrà svolto un apposito concorso per accedere alla qualifica di collaboratore scolastico. Il requisito fondamentale è quello di possedere almeno 10 anni di servizio, anche non continuativi, che includa anche il 2018 e il 2019;
2. in merito al titolo di studio, sembra sia sufficiente la licenza media (come per il concorso di Palermo), ma sembra che ci sarà la possibilità di partecipare con riserva al concorso anche per i lavoratori che hanno solo la licenza di scuola primaria che attesteranno lo svolgimento di scuole per avere la licenza di scuola secondaria inferiore.
3. sulla questione dell’orario di lavoro invece non abbiamo ancora notizie certe: è evidente però che su questo aspetto giocheranno un ruolo determinante le risorse che verranno stanziate e il numero di lavoratori che si prevederà di stabilizzare.
4. Il concorso sarà esclusivamente una prova orale, incentrata sul CCNL Scuola.”

I requisiti come previsti dalla Legge di Bilancio 2019

Potrà partecipare alla procedura, secondo quanto scritto nella legge di bilancio 2019, il personale con i seguenti requisiti:

  • servizio per almeno 10 anni, anche non continuativi, purché includano il 2018 e il 2019, presso le scuole statali, per lo svolgimento di servizi di pulizia e ausiliari;
  • assunzione in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per lo svolgimento dei predetti servizi.

I succitati requisiti saranno integrati da un decreto Miur, di concerto on i Ministri del lavoro e delle politiche sociali, per la pubblica amministrazione e dell’economia e delle finanze, decreto che determinerà i requisiti per la partecipazione alla procedura selettiva, nonche’ le relative modalita’ di svolgimento e i termini per la presentazione delle domande. 

Le assunzioni dei lavoratori dal 1° gennaio 2020 avverranno entro il previsto limite di spesa e sono autorizzate anche a tempo parziale.

Alla procedura non può partecipare il personale di cui all’articolo 1, comma 622, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, ossia gli ex LSU di Palermo.

Chi resterà escluso dalla selezione

I Cobas hanno chiesto al Sottosegretario se hanno predisposto forme di tutele per chi resterà escluso dalla selezione: il sottosegretario ha rassicurato che stanno discutendo in merito a questa problematica al Miur.

Maturità 2019, il Colloquio in 4 parti: materiali e criteri per le buste. Nota Miur

da Orizzontescuola

di redazione

Maturità 2019: precisazioni Miur sulle modalità di svolgimento del colloquio. Nota Miur del 6 maggio 2019.

Punteggio e natura del Colloquio

Venti i punti a disposizione.  Natura pluridisciplinare e integrata e la sua importanza al fine di raccogliere elementi di valutazione significativi
sul livello di “preparazione” del candidato e sulle sue capacità di affrontare con autonomia e responsabilità le tematiche e le situazioni problematiche proposte.

Il colloquio – afferma il Miur – non è una verifica disciplinare. L’esito di tali verifiche infatti  è attestato, per gli ultimi tre anni di corso, dal punteggio del credito scolastico

Il colloquio  deve invece valorizzare i nuclei fondanti delle discipline, i cui contenuti rappresentano la base fondamentale per l’acquisizione di saperi e competenze.

Come si svolge il Colloquio

La commissione propone al candidato di

  • analizzare testi
  • documenti
  • esperienze
  • progetti
  • problemi

per verificare

  • l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline
  • la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale anche utilizzando la lingua straniera

Nell’ambito del colloquio il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l’esperienza svolta relativamente ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.

Il colloquio accerta altresì le conoscenze e competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a Cittadinanza e Costituzione.

La scelta dei materiali da proporre

Il colloquio viene avviato con l’analisi e il commento del materiale che la commissione propone al candidato, per poi svilupparsi in una più ampia e
distesa trattazione di carattere pluridisciplinare che espliciti al meglio il conseguimento degli obiettivi del profilo educativo, culturale e professionale (PECUP). R

I materiali possono  possono essere costituiti da:

  • testi (es. brani in poesia o in prosa, in lingua italiana o straniera);
  • documenti (es. spunti tratti da giornali o riviste, foto di beni artistici e monumenti, riproduzioni di opere d’arte, ma anche grafici, tabelle con dati significativi, etc.);
  • esperienze e progetti (es.: spunti tratti anche dal documento del consiglio di classe)
  • problemi (es.: situazioni problematiche legate alla specificità dell’indirizzo, semplici casi pratici e professionali).

E’ opportuno che la commissione, in sede di riunione preliminare, individui i criteri alla base della scelta e la tipologia dei materiali da proporre ai candidati

Si ritiene che tra tali criteri possano essere inseriti:

  • la coerenza con gli obiettivi del PECUP;
  • la coerenza con il percorso didattico effettivamente svolto (documento del consiglio di classe);
  • la possibilità di trarre spunti per un colloquio pluridisciplinare

No disparità di trattamento tra i candidati:  la commissione porrà particolare attenzione alla scelta delle tipologie, anche in relazione alla natura degli indirizzi, e all’equivalenza del livello di complessità dei materiali

La scelta dei materiali, alla quale dovrà essere dedicata un’apposita sessione di lavoro, sarà effettuata distintamente per ogni classe/commissione, tenendo conto del collegamento con lo specifico percorso formativo e con il documento del consiglio di classe che lo illustra in modo dettagliato.

Il materiale non potrà essere costituito da

  • domande o serie di domande

E’ chiaro, altresì, che non tutte le aree disciplinari potranno trovare una stretta attinenza al materiale proposto, per cui i commissari di tutte le discipline si inseriranno progressivamente nello svolgimento del colloquio al fine di verificare le competenze acquisite in tutti gli ambiti disciplinari.

Il documento del 15 maggio

E’ necessario che il documento del 15 maggio descriva non solo i contenuti svolti ma anche l’attuazione della progettazione didattica in termini di attività, progetti, esperienze.

Opportuno spazio verrà dedicato ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento sviluppati nel corso del triennio, e alle attività correlate a “Cittadinanza e Costituzione”.

La scelta dei materiali per il colloquio è normativamente affidata in via esclusiva alla commissione d’esame. Il consiglio di classe, perciò, descriverà il percorso formativo e didattico che potrà orientare il lavoro della commissione, ma non potrà sostituirsi alla commissione stessa nell’indicare i materiali da utilizzare per lo spunto iniziale del colloquio.

Il Colloquio è formato da 4 parti

Il Colloquio è caratterizzato da  quattro momenti:
1) l’avvio dai materiali e la  successiva trattazione di carattere pluridisciplinare (buste)
2) l’esposizione, attraverso una breve relazione e/o elaborato multimediale, dell’esperienza svolta relativamente ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento;
3) l’accertamento delle conoscenze e competenze maturate nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”;
4) la discussione delle prove scritte

Studenti con disabilità o DSA

In particolare, per lo svolgimento del colloquio trovano applicazione, rispettivamente, l’art. 20, comma 7, e l’art. 21, comma 5, dell’ordinanza ministeriale i quali prevedono che le commissioni d’esame
sottopongano ai candidati con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento i materiali di cui all’art. 19, comma 1, predisposti in coerenza con il PEI o il PDP di ciascuno. Pertanto, non trova applicazione per i candidati con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento la procedura di cui all’art. 19, comma 5, dell’O.M. n.205 del 2019.

Coinvolgere tutte le discipline

“la commissione cura l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio e il coinvolgimento delle diverse discipline, evitando però una rigida distinzione tra le stesse”.

Si segnala che i diversi commissari conducono il colloquio per le discipline per le quali hanno titolo purché correlate alla classe di concorso di cui sono titolari.

La nota Miur del 6 maggio

Maturità 2019: elenco commissari esterni forse entro fine maggio

da Orizzontescuola

di redazione

Maturità 2019: il Miur ha finora anticipato tutte le operazioni relative agli adempimenti degli Esami di Stato secondaria II grado, stante le numerose novità.

Anche la pubblicazione degli elenchi relativi ai commissari esterni potrebbe essere anticipata di qualche giorno.

Negli ultimi anni infatti gli elenchi sono sempre stati pubblicati nella prima settimana di giugno, ma per andare incontro alle esigenze dei docenti è possibile che quest’anno si anticipi all’ultima settimana di maggio.

Nel frattempo gli USR stanno pubblicando gli elenchi dei Presidenti di commissione e avviando specifici corsi di formazione.

Maturità 2019: elenco Presidenti di commissione. Corsi di formazione

Concorsi riservati ai precari, per la Consulta si possono fare: il Governo non ha più scuse

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Sono più che lecite le procedure concorsuali riservate ai precari di lunga data: lo ha detto la Corte Costituzionale, “bollando” come infondate e inammissibili le due questioni sollevate dal Consiglio di Stato sulla legittimità del reclutamento speciale, più vantaggioso, dei docenti della scuola secondaria previsto, per i titolari di abilitazione, dal decreto legislativo n. 59 del 2017della riforma Renzi della “Buona scuola”. Secondo la Consulta, quindi, l’abilitazione all’insegnamento e il dottorato di ricerca costituiscono il risultato di percorsi diretti a sviluppare esperienze e professionalità diverse, in ambiti differenziati e non assimilabili.

Il comunicato congiunto dei sindacati

Immediata, è giunto il commento unitario dei sindacati della scuola: Francesco Sinopoli, Maddalena Gissi, Giuseppe Turi, Elvira Serafini, Rino Di Meglio, leader di Flc-Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Gilda e Snals, hanno dichiarato in una nota “la piena legittimità delle procedure concorsuali riservate”.

“Per questo motivo il Miur ed il Governo non hanno più alibi per non individuare percorsi specifici di reclutamento, coerenti con quanto definito dall’Intesa del 24 aprile”.

Alla luce di questa sentenza, per i maggiori sindacati della scuola, è diventata “più rapida la strada per individuare un percorso transitorio e straordinario per il personale della scuola che ha già acquisito le necessarie professionalità attraverso il servizio: i docenti con tre annualità e gli assistenti amministrativi che hanno svolto la funzione di Dsga”.

L’intesa del 24 aprile prevede corsi abilitanti selettivi

Diventa ancora più forte, quindi, la posizione delle organizzazioni sindacali sul fronte della necessità impellente di trovare risposte al precariato scolastico: l’accordo sottoscritto subito dopo Pasqua con il premier Giuseppe Conte, al quale gli stessi sindacati hanno fatto riferimento, aveva del resto proprio su questo punto il suo “pezzo forte”.

In quell’intesa, infatti, c’era scritto che “in via transitoria, il Governo, si impegna a prevedere percorsi abilitanti e selettivi riservati al personale docente che abbia maturato una pregressa esperienza di servizio pari ad almeno 36 mesi finalizzati all’immissione in ruolo”.

Ed ora che lo dice anche la Corte Costituzionale, il Governo non avrà più scusanti per rimandare l’avvio delle procedure di stabilizzazione di questi supplenti storici, con almeno 36 mesi di supplenze alle spalle.

Arrivano nuovi corsi Pas?

Nel corso dell’incontro tecnico successivo, tenuto il 6 maggio, con i dirigenti di Viale Trastevere, i sindacati hanno formulato precise proposte di stabilizzazione del personale con almeno tre annualità scolastiche, che riguarderebbe oltre 55 mila supplenti.

Il ministero, dal canto suo, avrebbe dato il suo assenso nell’attivare dei corsi PAS a pagamento, gestiti dalle Università, fermandosi però a circa 20 mila posti.

Concorso infanzia e primaria, il decreto in G.U.: requisiti di ammissione e prove

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Nella Gazzetta Ufficiale n. 105 del 7 maggio 2019 è stato pubblicato il D.M. n. 327 del 6 aprile 2019, recante “Disposizioni concernenti il concorso per titoli ed esami per l’accesso ai ruoli del personale docente della scuola dell’infanzia e primaria su posto comune e di sostegno, le prove d’esame e i relativi programmi”.

Le materie di studio sono riportate nell’allegato A (non ancora disponibile).

Ora sarà necessario attendere l’emanazione del bando per conoscere le scadenze per la presentazione delle domande.

Requisiti di ammissione

Sono ammessi a partecipare i candidati in possesso di uno dei seguenti titoli:

  1. titolo di abilitazione all’insegnamento conseguito presso i corsi di laurea in scienze della formazione primaria o analogo titolo conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente;
  2. diploma magistrale con valore di abilitazione e diploma sperimentale a indirizzo linguistico, conseguiti presso gli istituti magistrali, o analogo titolo di abilitazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente, conseguiti, comunque, entro l’anno scolastico 2001/2002.

Per le procedure per i posti di sostegno su infanzia e primaria è richiesto inoltre il possesso dello specifico titolo di specializzazione sul sostegno conseguito ai sensi della normativa vigente o di analogo titolo di specializzazione conseguito all’estero e riconosciuto in Italia ai sensi della normativa vigente.

Sono ammessi con riserva coloro che, avendo conseguito all’estero i titoli abbiano comunque presentato la relativa domanda di riconoscimento alla Direzione generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione, entro la data termine per la presentazione delle istanze per la partecipazione alla procedura concorsuale.

Articolazione del concorso

Il concorso si articola in una prova scritta, in una prova orale e nella successiva valutazione dei titoli.

Può essere previsto lo svolgimento di un test di preselezione, qualora a livello regionale e per ciascuna distinta procedura, il numero dei candidati sia superiore a quattro volte il numero dei posti messi a concorso.

Prova preselettiva

La prova sarà computer-based, unica per tutto il territorio nazionale, volta all’accertamento delle capacità logiche, di comprensione del testo nonché di conoscenza della normativa scolastica.

Alla prova scritta sarà ammesso un numero di candidati pari a tre volte il numero dei posti messi a concorso nella singola regione per ciascuna procedura. Saranno inoltre ammessi coloro che, all’esito della prova preselettiva, abbiano conseguito il medesimo punteggio dell’ultimo degli ammessi, oltre ai soggetti dicui all’art. 20, comma 2-bis, della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Il mancato collocamento in posizione utile alla prova preselettiva comporta l’esclusione dal prosieguo della procedura concorsuale.

Il punteggio della prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale nella graduatoria di merito.

Prova scritta per i posti comuni e di sostegno

I candidati che abbiano presentato istanza di partecipazione e che abbiano superato l’eventuale prova pre-selettiva, sono ammessi a sostenere una prova scritta, distinta per ciascuna procedura. La durata della prova è pari a 180 minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi e gli ausili di cui all’art. 20 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

La prova scritta è composta da tre quesiti:

a. per i posti comuni, due quesiti aperti che prevedono la trattazione articolata di tematiche disciplinari, culturali e professionali, volti all’accertamento delle conoscenze e competenze didattico-metodologiche in relazione alle discipline oggetto di insegnamento nella scuola primaria e ai campi di esperienza nella scuola dell’infanzia;

b. per i posti di sostegno, due quesiti aperti inerenti alle metodologie didattiche da applicarsi alle diverse tipologie di disabilità, finalizzati a valutare le conoscenze dei contenuti e delle procedure volte all’inclusione scolastica degli alunni con disabilità;

c. per i posti comuni e di sostegno, un quesito, articolato in otto domande a risposta chiusa, volto alla verifica della comprensione di un testo in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue.

Prova orale

I candidati che hanno superato la prova sono ammessi a sostenere la prova orale per l’accertamento della preparazione del candidato. La prova valuta anche la padronanza delle discipline, la capacità di progettazione didattica efficace, anche con riferimento alle TIC. La prova orale per i posti di sostegno valuta la competenza del candidato nelle attività di sostegno all’alunno con disabilità volte alla definizione di ambienti di apprendimento, alla progettazione didattica e curricolare per garantire l’inclusione e il raggiungimento di obiettivi adeguati alle possibili potenzialità e alle differenti tipologie di disabilità, anche mediante l’impiego delle TIC. La prova orale ha una durata massima complessiva di trenta minuti, fermi restando gli eventuali tempi aggiuntivi e gli ausili di cui all’art. 20 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, e consiste nella progettazione di una attività didattica, comprensiva dell’illustrazione delle scelte contenutistiche, didattiche, metodologiche compiute e di esempi di utilizzo pratico delle TIC. La commissione accerta inoltre la conoscenza della lingua inglese. La prova orale per i posti comuni e di sostegno valuta anche la capacità di comprensione e conversazione in lingua inglese almeno al livello B2 del Quadro comune europeo di riferimento per le lingue nonché della specifica capacità didattica, che nel caso dei posti di sostegno contempla la didattica speciale.

TABELLA DEI TITOLI VALUTABILI

REQUISITI DEI COMPONENTI DELLE COMMISSIONI

FORMAZIONE DELLE COMMISSIONI

Corte Costituzionale, nessuna violazione della Buona Scuola nel reclutamento concorso riservato

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

Il meccanismo di reclutamento dei docenti, riformato dalla Buona Scuola, e in particolare i concorsi straordinari, sono finiti sotto la lente della Corte costituzionale.

La Corte costituzionale, al termine della discussione, ha deciso che le questioni portate a giudizio sono state dichiarate, una infondata, l’altra inammissibile.

Il concorso riservato, indetto con il decreto n. 85 del 1° febbraio solo per i docenti abilitati, è perfettamente costituzionale.

Abilitazione all’insegnamento e dottorato di ricerca costituiscono il risultato di percorsi diretti a sviluppare esperienze e professionalità diverse, in ambiti differenziati e non assimilabili: questa diversità giustifica, secondo la Corte costituzionale, il differente e più vantaggioso trattamento riservato, in via transitoria, ai titolari di abilitazione all’insegnamento, nell’ambito del reclutamento dei docenti della scuola secondaria, previsto dal decreto attuativo della “Buona scuola” (d.lgs. n. 59 del 2017).

Pertanto, la Corte ha dichiarato non fondata la questione di legittimità costituzionale relativa all’esclusione dei dottori di ricerca dal concorso.

Infine, la questione relativa al carattere riservato e non aperto a tutti della procedura concorsuale è stata ritenuta inammissibile per difetto di rilevanza.

Il consiglio di Stato, nell0adire la Consulta, aveva sollevato questioni di legittimità costituzionale dell’articolo 17, commi 2, lettera b) e 3 del decreto legislativo 13 aprile 2017, n. 59 (Riordino, adeguamento e semplificazione del sistema di formazione iniziale e di accesso nei ruoli di docente nella scuola secondaria), attuativo della legge c.d. sulla “Buona Scuola”, che dispongono, in via transitoria e in deroga alle modalità ordinarie di reclutamento del personale docente, l’indizione di un concorso straordinario, riservato ai docenti in possesso, alla data di entrata in vigore del decreto, di titolo abilitante all’insegnamento nella scuola secondaria o di specializzazione di sostegno, agli insegnanti tecnico-pratici iscritti nelle graduatorie a esaurimento o nella seconda fascia di quelle di istituto nonché ai docenti che conseguono il titolo di specializzazione per il sostegno entro il 30 giugno 2018.

Un eventuale accoglimento della Consulta, lo ricordiamo, avrebbe portato il Miur a rivedere le future selezioni.

Procedura selettiva riservata per dirigenti scolastici, infondate le questioni di legittimità

La Corte Costituzionale, con sentenza depositata il 2 maggio scorso, aveva respinto anche le questioni di legittimità costituzionale sollevate dalla sezione VI del Consiglio di Stato con quattro ordinanze del giugno 2017, riguardanti l’art. 1, commi 87, 88, 89 e 90, della legge 13 luglio 2015, n. 107, in base a cui era stata attivata la procedura selettiva (ex DM 499 del 20 luglio 2015) riservata a dirigenti scolastici coinvolti nell’annoso contenzioso riguardante le procedure concorsuali per la Dirigenza in alcune regioni.

La Corte dichiara inammissibili o non fondate tutte le questioni sollevate dal Consiglio di Stato, confermando conseguentemente la permanenza nei ruoli di tutti i dirigenti scolastici a suo tempo destinatari della procedura riservata.

Edilizia scolastica, 120 milioni per le scuole delle Regioni colpite da eventi sismici

da La Tecnica della Scuola

Di Andrea Carlino

Risorse per 120 milioni di euro per la messa in sicurezza e l’adeguamento sismico degli edifici scolastici. È quanto previsto dal Decreto del MIUR che punta ad accelerare gli interventi nelle scuole delle quattro Regioni colpite dagli eventi sismici del 2016 e del 2017 (Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria). Il Decreto è stato trasmesso oggi alla Conferenza Unificata.

“Si tratta di un investimento importante – sottolinea il Ministro Marco Bussetti – e di un segnale concreto di impegno attivo nei confronti di comunità duramente colpite dal sisma del 2016 e del 2017. Le scuole costituiscono il vero presidio sul territorio e la loro ricostruzione è tra le priorità per una vera rinascita delle aree più fragili del nostro Paese. Garantire la continuità didattica e il diritto allo studio in ambienti sicuri significa mettere la scuola al centro, riaffermare il suo ruolo e la sua funzione educativa all’interno di una comunità”.

Questa misura si affiancherà alle azioni di ricostruzione già in atto, per garantire un’azione sinergica sui territori. Il Decreto Ministeriale avvierà la definizione di un piano di costruzione di nuove scuole e di messa in sicurezza e adeguamento sismico di quelle già esistenti, nelle zone sismiche 1 e 2 delle Regioni Abruzzo, Lazio, Marche e Umbria, anche a seguito delle verifiche di vulnerabilità già autorizzate ed effettuate nei mesi scorsi dal MIUR. Si inizierà proprio dalle aree sismicamente più sensibili.