A Palermo si punisce il diritto di critica, colpita tutta la comunità scolastica
La vicenda dell’Istituto Tecnico “Vittorio Emanuele II” di Palermo, dove una docente è stata oggetto di procedimento disciplinare e relativa sanzione per aver “consentito” agli studenti, in occasione della Giornata della memoria, di evidenziare analogie tra le leggi razziali del 1938 e l’attuale Decreto sicurezza, è indice di un clima inasprito in cui il diritto di critica viene sistematicamente violato.
Colpisce la solerzia dell’Amministrazione nel procedere contro una docente “colpevole” di aver interpretato il proprio ruolo professionale per promuovere cultura, spirito di iniziativa, pensiero critico e senso civico, secondo il compito che la Costituzione affida alla scuola pubblica.
In un Paese dove si lasciano morire le persone in mare, si sanziona chi salva vite, si escludono dalle mense bambini in condizioni di povertà, soprattutto se stranieri, si introducono grembiulini, telecamere ed altri strumenti di controllo coercitivo, risulta fuori dal coro, quindi evidentemente inaccettabile, la voce di una lavoratrice, docente della scuola dello Stato, che nel suo lavoro mette cuore e testa, impegnandosi in prima linea per educare alla cittadinanza attiva e consapevole, offrendo agli studenti gli strumenti per capire e per cambiare il mondo.
Nell’esprimere la solidarietà alla collega, alla scuola e ai ragazzi, la FLC CGIL Nazionale, unitamente alla FLC e alla CGIL di Palermo, chiede l’intervento del Ministro Bussetti per l’immediato ritiro della sanzione e si impegna a mettere in atto da subito la mobilitazione di tutta la categoria per sollecitare una forte reazione sociale, culturale e politica ai fini di tutelare la libertà di insegnamento e ripristinare gli spazi di democrazia in tutto il Paese, a partire dai luoghi della conoscenza.
Sinopoli: “se decide la Digos la scuola è in pericolo”.
Lettera alla professoressa di Palermo: colpita tutta la comunità scolastica
L’articolo di Francesco Sinopoli, Segretario generale della FLC CGIL, pubblicato sull’Huffington post.
Cara professoressa Dell’Aria,
vorrei intanto esprimerle la solidarietà e la vicinanza di tutta la
FLC CGIL e di tutta la CGIL per ciò che è costretta a subire in queste
ore e in questi giorni, per lei assai penosi e drammatici, durante i
quali dovrà fare a meno di insegnare, di rapportarsi coi suoi studenti e
con la scuola nella quale ha insegnato per tanti anni.
Sappia che non è sola, e il suo caso diventa il nostro caso, non solo
per effetto di una facile indignazione, ma perché attraverso la
punizione che è stata inflitta a lei e ai suoi studenti (ai quali, siamo
certi, lei mancherà moltissimo), è stato punito l’intero sistema
scolastico, nella sua libertà di educare e istruire, nella sua autonomia
di pensiero, nella sua capacità di insegnare la realtà del mondo. È
stata colpita tutta la comunità scolastica, non solo quella
dell’istituto di Palermo. Il messaggio è chiaro, e noi lo demoliremo.
Insieme.
Oltremodo pretestuose infatti ci sembrano le spiegazioni fornite
dall’Ufficio provinciale scolastico di Palermo, quando sostiene che “la
libertà di espressione non è libertà di offendere e l’accostamento delle
leggi razziali al decreto sicurezza è una distorsione della realtà”. Ci
si chiede chi sia stato offeso, davvero. Ci si chiede se nella scuola
pubblica il pensiero critico degli studenti debba essere considerato
un’offesa dalle istituzioni.
Ci si chiede, entrando nel merito della valutazione “della realtà”,
se i suoi studenti, accostando le condizioni disumane dei migranti di
oggi, determinate proprio da quella legge infame e razzista, a quelle
degli ebrei dopo il 1938 in Italia, proprio nel Giorno della memoria
della Shoah, abbiano commesso chissà quale reato di “lesa maestà”, tanto
da far intervenire addirittura la Digos nella comunità scolastica, una
decisione assai pericolosa che muove all’indignazione.
La percezione della realtà e un atto di libertà critica degli
studenti diventano un reato, al punto da sospendere una docente
preparata, sensibile, esperta. Ma in quale “realtà” siamo giunti? Quale
limite è stato oltrepassato? Chi si vuole colpire?
La scuola pubblica italiana, cara professoressa, è al centro, ormai
da tempo, delle attenzioni di certi politici. Talvolta si è intervenuti
in modo manifesto e trasparente, e talvolta lo si è fatto in modo
subdolo. Negli anni scorsi, si è tentato di trasformare le nostre scuole
in aziende in competizione l’una contro l’altra, affidando ai dirigenti
scolastici il ruolo degli “sceriffi”, tentativo che abbiamo divelto in
modo netto.
Poi si è tentato di screditare la scuola pubblica usando il bilancio
dello Stato, attraverso tagli continui alle risorse, finanziarie e
umane. Oggi, infine, assistiamo alla chiusura del cerchio: quando la
Digos entra in una scuola vuol dire che l’esercizio del controllo è
divenuto poliziesco e repressivo, suscitando negli studenti il terrore
di uscire dal “pensiero unico” e di interpretare liberamente la realtà
nella quale vivono.
Se è la Digos che deve decidere cosa e come si possa e debba
insegnare agli studenti, significa che i suoi ragazzi avevano ragione a
delineare l’accostamento tra quel 1938 e i giorni nostri.
Chiudo con le parole, bellissime, che le ha rivolto un suo collega di
Catania, il professor Marco Pappalardo, e pubblicate dal quotidiano
Avvenire: “credo che ci si debba muovere in massa – studenti, docenti,
dirigenti, personale, sindacati – per sostenerla e per dare un segno
chiaro”.
Ecco, noi del sindacato ci siamo, e ci siamo anche quando il
professor Pappalardo offre la sua disponibilità a partecipare
economicamente alla sua angoscia, devolvendole parte del suo stipendio,
non come gesto di “carità pelosa”, ma come gesto politico di notevole
valore, proprio come nel 1938 gli antifascisti facevano con coloro che
venivano inviati al confino (l’accostamento è mio, non del professor
Pappalardo).
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