Abilitati Romania

IL MINISTERO DELL’EDUCAZIONE NAZIONALE ROMENO CONFERMA  IL DIRITTO DI PARTECIPAZIONE AI CONCORSI PER DOCENTI AI FINI DEL RICONOSCIMENTO SECONDO LA DIRETTIVA N.36/2005 A TUTTI I CITTADINI  DELLA UE CON LA NOTA N. 309110 DEL 21.05.2019.

Avv. Maurizio Danza
Prof. Diritto Del Lavoro Università Mercatorum Roma

Ennesimo capitolo in merito della nota controversia sul diritto all’espletamento della professione docente in Italia, richiesto da migliaia di cittadini italiani che, a seguito dell’avviso MIUR n.5636 del 2 aprile 2019 di rigetto delle loro istanze, hanno presentato ricorso al TAR Lazio-Roma. Di particolare rilevanza in tal senso, la recentissima nota n 30910 del 21 maggio 2019e a firma del Direttore Generale del Ministero dell’Educazione Nazionale Rumeno- Dott.ssa Corina Marin-ed indirizzata al rappresentante FSIUSAE Scuola Estero, che conferma la illegittimità del diniego del MIUR per non aver mai disposto un accertamento finalizzato alla verifica di quei “requisiti minimi” tali da garantire  l’espletamento della funzione docente in Italia  salvaguardando così anche nell’ordinamento scolastico, il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea .A tal proposito, e  fugando qualsiasi altro dubbio in merito anche al diritto alla partecipazione ai concorsi dei ricorrenti con la qualifica professionale docente maturata a seguito del percorso formativo psicopedagogico , e alla sua conformità alla Direttiva n.36/2005 e n.55/2013, la nota del Ministero Romeno dispone espressamente che “ in conformità con le disposizioni dell’art.108 comma 1 della Metodologia-quadro riguardante la immobilità degli insegnanti dell’istruzione preuniversitaria nell’a.s.2019.2020, approvata tramite OMEN 5460/2018 con le variazioni ed inserzioni successive : I cittadini degli stati membri dell’Unione europea…che compiono le condizioni necessarie di studi riconosciuti/equiparati dal Ministero dell’Educazione nazionale oppure hanno studiato in Romania, hanno il diritto di partecipare ai concorsi di occupazione dei posti d’insegnante/cattedre libere/riservate dell’istruzione preuniversitaria e, in base ai risultati ottenuti al concorso, possono essere impiegati a termine determinate o indeterminato. La metodologia quadro riguardante la mobilità del personale docente dell’istruzione preuniversitaria nell’a.s. 2019/2020 approvata tramite l’OMEN n.5460/2018…è disponibile su http://titularizare.edu.ro/2019/.” Ciò nonostante il MIUR, continua a disattendere sia i principi comunitari in tema di riconoscimento delle qualifiche professionali, sia quelli di diritto nazionale, tra cui quello dell’accesso parziale disciplinato dal combinato disposto dell’art. 1 bis e 5 septies del D.lgs.n.206/2007(  peraltrodi attuazione della stessa Direttiva 2005/36/CE) secondo cui Il presente decreto disciplina, altresi’, il riconoscimento delle qualifiche professionali gia’ acquisite in uno o piu’ Stati membri dell’Unione europea e che permettono al titolare di tali qualifiche di esercitare nello Stato membro di origine la professione corrispondente, ai fini dell’accesso parziale ad una professione regolamentata sul territorio nazionale, nonche’ i criteri relativi al riconoscimento dei tirocini professionali effettuati da cittadini italiani in un altro Stato membro” . La applicazione doverosa di tali principi, va fatta risalire peraltro, alla nota sentenza “ Morgenbesser” del 13 novembre 2003 C-313/2001 della Corte di Giustizia Europea ( ed anche alle  sentenze CGE 15 ottobre 1987  Heylens e a ; 7 maggio 1991 C-340/89 Vlassopoulou ; 7 maggio 1992 C -104/91 Aguirre Borrell.), secondo cui uno stato membro a cui si rivolge un cittadino di altro paese che intende svolgere una professione regolamentata, deve disporre una valutazione finalizzata in via di principio alla “salvezza degli effetti della qualifica conseguita in un altro paese” , anche quando essa non soddisfi pienamente, ma solo parzialmente, i requisiti fissati in quella legislazione : ciò alfine di garantire il diritto alla libertà di circolazione previsto dall’art.45 del trattato fondativo dell’Unione Europea!  

Auspichiamo che il Collegio della Terza sezione Bis del Tar-Lazio-Roma valuti attentamente la questione, alla luce della nota, nonchè di altri documenti emanati dal Ministero Romeno ed in possesso esclusivo della difesa, in vista dell’esame della questione cautelare ad oggetto la sospensiva dell’illegittimo provvedimento del MIUR.

TELECAMERE NEGLI ASILI

NOTA DEL PRESIDENTE NAZIONALE APEI: UN PLAUSO A DE MAGISTRIS SULLA CONTRARIETÀ ALLE TELECAMERE NEGLI ASILI 
Dichiarazione di Alessandro Prisciandaro, presidente nazionale Associazione pedagogisti ed educatori italiani.
“Apprendiamo con piacere che il Sindaco di Napoli Luigi De Magistris ha trasmesso una lettera al Presidente dell’Anci De Caro in relazione all’emendamento al decreto “sblocca cantieri” che finanzia l’introduzione di telecamere nelle strutture dedicate all’infanzia.Come presidente della associazione di pedagogisti e di educatori maggiormente rappresentativa ritengo che tale posizione sia quanto mai opportuna: è necessario che le amministrazioni locali si oppongano a misure di questo tipo; è indispensabile che tutti si rendano conto che la scorciatoia del controllo non ha sbocchi. Bisogna piuttosto investire nella formazione dei lavoratori, nell’adeguatezza degli ambienti di lavoro, nella supervisione pedagogica dei servizi. Bisogna adeguare le retribuzioni degli educatori, più basse dei loro colleghi laureati.
L’Anci prenda una analoga, netta posizione in merito”

Il colloquio degli Esami di Stato del secondo ciclo di istruzione

CARLO DE NITTI[1]

Il colloquio degli Esami di Stato del secondo ciclo di istruzione dopo il D. Lgs. 62/2017: idee per riflettere

PREMESSA

Una delle innovazioni introdotte dal D. Lgs. 62/2017 che, al termine di questo anno scolastico comincerà ad espletare i suoi effetti con la sessione unica 2019 degli Esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione, è costituita dalle modalità di svolgimento del colloquio orale. Su tale argomento sono incentrate le righe che seguono: esso sta creando apprensione in molti studenti ed in parecchi docenti, poiché – com’è noto – ogni novità destabilizza chi è vissuto nelle certezze precedenti, quelle create da una pratica ventennale determinata dalla previgente normativa sulla materia de qua. In questa sede, si cercherà di fornire una lettura analitica “pratica” della novellata normativa sulla materia.

FONTI NORMATIVE

  1. D. Lgs. 62 del 13.04.2017 “Norme in materia di valutazione e certificazione delle competenze nel primo ciclo ed esami di Stato, a norma dell’articolo 1 commi 180 e 181 lettera i), della legge 13 luglio 2015 n° 107;
  2. Nota 3050 del 04.10.2018 avente per oggetto “Esame di Stato conclusivo dei percorsi di istruzione secondaria di secondo grado a.s. 2018/2019 – prime indicazioni operative”;
  3. D.M. 769 del 26.11.2018;
  4. D.M. 37 del 18.01.2019 con tutti gli allegati;
  5. O.M. 205 dell’11.03.2019;
  6. Indicazioni nazionali per i licei (D.I. M.I.U.R.- M.E.F. 7 ottobre 2010, n. 211: Schema di regolamento recante “Indicazioni nazionali riguardanti gli obiettivi specifici di apprendimento concernenti le attività e gli insegnamenti compresi nei piani degli studi previsti per i percorsi liceali di cui all’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 15 marzo 2010, n. 89, in relazione all’articolo 2, commi 1 e 3, del medesimo regolamento.”;
  7. Linee guida secondo biennio e quinto anno (Direttiva M.I.U.R. 16.01.2012 n. 4):
  8. Linee guida secondo biennio e quinto anno – ulteriori articolazioni delle aree di indirizzo (opzioni) (Direttiva M.I.U.R. 01.08.2012 n. 69)
  9. Linee guida secondo biennio e quinto anno (Direttiva M.I.U.R. 16.01.2012 n. 5)
  10. Linee guida secondo biennio e quinto anno – ulteriori articolazioni delle aree di indirizzo (opzioni) (Direttiva M.I.U.R. 01.08.2012 n. 70)
  11. L. 170/2010;
  12. Linee Guida (D.M. 5669/2011);
  13. Nota M.I.U.R. 562 del 03.04.2019;
  14. Nota M.I.U.R. 788 del 06.05.2019.

QUADRO DI RIFERIMENTO

Il colloquio è disciplinato dall’art. 17, c. 9, del D. Lgs. 62/2017 ed ha la finalità di accertare da parte della Commissione il conseguimento del profilo educativo, culturale e professionale della studentessa o dello studente.

A tal fine, la commissione propone al candidato di analizzare testi, documenti, esperienze, progetti e problemi per verificare l’acquisizione dei contenuti (sotto forma di conoscenze) e dei metodi propri delle singole discipline (metacognizione), nonché la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e metterle in relazione per argomentare in maniera critica e personale in una disciplina non linguistica, utilizzando anche la lingua straniera, secondo la metodologia C.L.I.L.

Nell’ambito del colloquio, il candidato interno espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, le esperienze svolte nell’ambito dei percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento, denominati con la previgente normativa percorsi di alternanza scuola lavoro[2].

Nella relazione e/o nell’elaborato, il candidato, oltre a illustrare natura e caratteristiche delle attività svolte e a correlarle alle competenze specifiche e trasversali acquisite, sviluppa una riflessione in un’ottica orientativa sulla significatività e sulla ricaduta di tali attività sulle opportunità di studio e/o di lavoro post-diploma.

Parte del colloquio è inoltre dedicata alle attività, ai percorsi e ai progetti svolti nell’ambito di «Cittadinanza e Costituzione», inseriti nel curriculum scolastico secondo quanto previsto all’art. 1 del D.L. 137/2008, convertito con modificazioni dalla L. 169/2008, illustrati nel documento del consiglio di classe e realizzati in coerenza con gli obiettivi del P.T.O.F.

Il colloquio si svolge a partire da materiali scelti dalla commissione, attinenti alle Indicazioni nazionali per i Licei e alle Linee guida per gli istituti tecnici e professionali, in un’unica soluzione temporale e alla presenza dell’intera commissione. Ad essa il compito di curare l’equilibrata articolazione e durata delle fasi del colloquio ed il coinvolgimento delle diverse discipline, evitando però una rigida distinzione tra le stesse, mediante nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline.

A parere di chi scrive, la durata del colloquio non può essere aprioristicamente definita da un presidente con mere funzioni, ahilui!, da metronomo, ma non è possibile ritenere lontano dal vero chi identifichi in media il tempo di durata dei colloqui tra i quarantacinque ed i sessanta minuti. Sarà lo snodarsi dei colloqui dei singoli candidati a definire, in situazione, la durata dei medesimi[3].

Affinché tale coinvolgimento sia quanto più possibile ampio, i commissari conducono l’esame anche relativamente alla discussione degli elaborati relativi alle due prove scritte, come già avveniva con la previgente normativa.

Nella predisposizione degli stessi materiali, da cui si sviluppa il colloquio, la commissione tiene conto del percorso didattico effettivamente svolto, in coerenza con il documento di ciascun consiglio di classe, al fine di considerare le metodologie adottate, i progetti e le esperienze svolte, sempre nel rispetto delle Indicazioni nazionali per i Licei e delle Linee guida per gli Istituti tecnici e professionali.

Tale indicazione ministeriale rende chiarezza a quanti sono in preda al dubbio se inserire nelle “buste” testi, brani, immagini etc già sviluppati durante l’anno dai docenti della classe o no. La risposta è patentemente positiva, fermo restando che il materiale proposto non deve essere necessariamente vincolato ad una disciplina specifica. Un’opera d’arte non vale solo per parlare di storia dell’arte: ad esempio, da Guernica si può partire per parlare della guerra civile spagnola, della repubblica e del successivo franchismo e non solo del pittore andaluso. Oppure: chi impedisce al candidato di utilizzare un brano da Cornelio Tacito per parlare di storia, del 1956 e della destalinizzazione, vista la ben celebre battuta di Concetto Marchesi sul rapporto tra lo storico del principato e Nerone, rispetto a quello tra Nikita Krusciov e Stalin? Oppure chi potrebbe pensare che sia strano parlare di Ignazio Silone o di Tommaso Fiore dinanzi al Quarto Stato di Giuseppe Pellizza da Volpedo?

Peraltro, non paiono lontani dall’ortodossia della previsione normativa quei consigli di classe che abbiano invenuto in sede di documento del 15 maggio quattro o cinque snodi concettuali -ad esempio, i diritti umani, il lavoro, la pace, l’ambiente, la guerra,la salute, la naturada declinare nellediverse discipline presenti in sede d’esame … Ne vien fuori un amplissimo “florilegio” da cui prelevare materiali per la formulazione dei contenuti delle buste[4]

Ogni commissione d’esame dedicherà un’apposita sessione della propria attività alla preparazione del colloquio: provvede per ogni classe, in coerenza con il percorso didattico illustrato nel documento del consiglio di classe, alla predisposizione dei materiali da proporre in numero pari a quello dei candidati da esaminare nella classe ovvero nella commissione aumentato di due, affinchè anche l’ultimo candidato possa sorteggiare tra tre buste. Il giorno della prova orale il candidato sorteggerà i materiali sulla base dei quali verrà condotto il colloquio. Le modalità di sorteggio saranno previste in modo da evitare la riproposizione degli stessi materiali a diversi candidati.

La commissione dispone di venti punti per la valutazione del colloquio e procede all’attribuzione del punteggio del colloquio sostenuto da ciascun candidato nello stesso giorno nel quale il colloquio viene espletato, secondo i criteri di valutazione stabiliti in precedenza.

Il livello minimo perché il colloquio possa essere considerato sufficiente non è esplicitato nel più volte citato decreto così come nella successiva O.M. 205/2019 – come lo era nella normativa previgente (notoriamente 20/30) – del resto, parimenti nelle prove scritte. A parere di chi scrive, esso non può essere allocato se non intorno ai 12/20: scendendo al di sotto, il candidato correrebbe il rischio di non raggiungere il punteggio di 60/100 indispensabile per conseguire il superamento dell’Esame.

Chi scrive queste righe ritiene che, forse, non sarebbe superfluo, da parte di chi ne ha la competenza, assicurare che tutti i contenuti delle buste estratti, le relative buste anonime e le due non sortite con il loro contenuto siano conservate agli atti della Commissione d’esame ed inserite, a conclusione della sessione d’esame nel cosiddetto ”pacco”[5].

NOTA M.I.U.R. 562 del 03 aprile 2019

La Nota M.I.U.R. del 3 aprile u.s. n° 562 fornisce alcuni chiarimenti ed utili spunti di riflessione in ordine agli alunni con bisogni educativi speciali, ribadendo che l’inclusione scolastica rappresenta un valore primario. Essa si ispira ai principi costituzionali di eguaglianza e pari dignità sociale di ogni cittadino, concretizzati nell’applicazione costante e sicura delle norme vigenti.

Tali disposizioni mirano ad assicurare agli alunni con bisogni educativi speciali, gli adeguati strumenti di supporto indispensabili per la loro partecipazione alla vita scolastica su un piano di uguaglianza con gli altri compagni e compagne di classe. Esistono, infatti, caratteristiche personali, collegate all’esperienza vissuta e a condizioni di salute, anche di natura transitoria, che necessitano di tutela, di “cura educativa”, che si esplicita nel Piano Didattico Personalizzato. Esso ha, pertanto, la funzione, anche con riferimento agli alunni con bisogni educativi speciali, di dichiarare e di sistematizzare gli interventi educativi e didattici, di coinvolgere attivamente la famiglia, nonché di garantire la verifica e il monitoraggio degli obiettivi raggiunti.

È anche attraverso tale strumento – argomenta la Nota – che si realizza un sistema scolastico più equo ed inclusivo, in cui la prospettiva pedagogica rivesta maggiore significatività di quella clinica. Pertanto non deve prevalere la logica dell’adempimento burocratico ma il principio della “cura educativa”, fondato sulla responsabilità dei consigli di classe e sulla corresponsabilità dell’azione educativa.

NOTA M.I.U.R. 788 del 06 maggio 2019

Ciò viene ulteriormente esplicitato nell’ultima Nota del M.I.U.R., la 788 del 6 maggio u.s., avente per oggetto: “Esame di Stato conclusivo del secondo ciclo di istruzione 2018/2019 – Precisazioni sulle modalità di svolgimento del colloquio”.

Nell’ambito del nuovo esame di Stato, importanti innovazioni sono state apportate all’ultima prova, il colloquio, al fine di renderlo più coerente con il quadro ordinamentale e per disporre di uno strumento più efficace di verifica, da parte delle Commissioni, del livello di raggiungimento degli obiettivi e dei traguardi di apprendimento previsti dai profili di ciascun indirizzo. Il quadro normativo e le indicazioni successivamente che il M.I.U.R. fornisce definiscono le finalità e la struttura del colloquio, sottolineando la sua natura pluridisciplinare ed integrata nonchè la sua importanza decisiva al fine di raccogliere elementi di valutazione significativi sul livello di “preparazione” del candidato e sulle sue capacità di affrontare con autonomia e responsabilità le tematiche e le situazioni problematiche proposte. In altre parole, il colloquio di esame non vuole sostituirsi o, peggio, costituire una riproposizione – in versione minor, impoverita nei tempi e negli strumenti – delle verifiche disciplinari che ciascun consiglio di classe ha effettuato nell’ambito del percorso formativo e il cui esito complessivo è attestato dal credito scolastico, che passa dal 25 al 40 per cento del voto finale, con il parallelo calo dal 75 al 60 per cento del valore delle prove. Il colloquio ha, invece, la finalità di sviluppare una interlocuzione coerente con il profilo di uscita, valorizzando i nuclei fondanti delle discipline.

Già l’art. 17, c. 9, del D. Lgs. 62/2017 individuava in modo puntuale la struttura del colloquio. A tal fine, la commissione propone al candidato di analizzare testi, documenti, esperienze, progetti, problemi per verificare l’acquisizione dei contenuti e dei metodi propri delle singole discipline, la capacità di utilizzare le conoscenze acquisite e di collegarle per argomentare in maniera critica e personale anche utilizzando la lingua straniera. Nell’ambito del colloquio il candidato espone, mediante una breve relazione e/o un elaborato multimediale, l’esperienza svolta relativamente ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento.

Il colloquio accerta altresì le conoscenze e competenze maturate dal candidato nell’ambito delle attività relative a Cittadinanza e Costituzione”. Il D.M. 37/2019 chiarisce e integra tale previsione In particolare, all’art. 2, al fine di scegliere e proporre al candidato i materiali spunto per l’avvio del colloquio, viene individuata una puntuale procedura alla quale le commissioni d’esame dovranno attenersi. L’art. 19 dell’O.M. n. 205 del 2019 fornisce ulteriori indicazioni operative sulle modalità di svolgimento del colloquio.

Come previsto dal citato D.M., il colloquio viene avviato con l’analisi e il commento del materiale che la commissione propone al candidato, per poi svilupparsi in una più ampia e distesa trattazione di carattere pluridisciplinare che espliciti al meglio il conseguimento degli obiettivi del profilo educativo, culturale e professionale (P.E.C.U.P.). Risulta perciò di fondamentale importanza la scelta di materiali che possano favorire la trattazione dei nodi concettuali caratterizzanti le diverse discipline. In coerenza con il quadro normativo, i materiali possono essere di diverso tipo. Essi possono essere costituiti da:

  • testi (es. brani in poesia o in prosa, in lingua italiana o straniera);
  • documenti (es. spunti tratti da giornali o riviste, foto di beni artistici e monumenti, riproduzioni di opere d’arte, ma anche grafici, tabelle con dati significativi, etc.);
  • esperienze e progetti (es.: spunti tratti anche dal documento del consiglio di classe)
  • problemi (es.: situazioni problematiche legate alla specificità dell’indirizzo, semplici casi pratici e professionali).

E’ opportuno che la commissione, in sede di riunione preliminare, individui i criteri alla base della scelta e la tipologia dei materiali da proporre ai candidati. La Nota ne esemplifica alcuni, cui non sarà certo facile non attenersi, senza incorrere in grossolane topiche:

  • la coerenza con gli obiettivi del P.E.C.U.P.;
  • la coerenza con il percorso didattico effettivamente svolto (documento del consiglio di classe);
  • la possibilità di trarre spunti per un colloquio pluridisciplinare.

La coerenza con il P.E.C.U.P.  e con il percorso didattico effettivamente svolto non può che essere assoluta e totale, pena lo scantonamento in una forma di effimera “recita a soggetto” che sicuramente disorienta i giovani candidati, ed espone le commissioni ai marosi funesti del sempre

possibile contenzioso amministrativo, conseguente alla sessione d’esame, in cui risulterebbero de plano patentemente soccombenti. A parere di chi scrive, il massimo della coerenza tra documento proposto e percorso didattico effettivamente svolto si realizza proponendo documenti (o stralci significativi di essi) presi all’interno di quanto effettivamente realizzato nel corso dell’anno scolastico, come sostenuto anche in precedenza in queste righe.

Al punto che, al fine di non creare disparità di trattamento tra i candidati, il M.I.U.R. prescrive che ogni commissione porrà particolare attenzione alla scelta delle tipologie, anche in relazione alla natura degli indirizzi, e all’equivalenza del livello di complessità dei materiali.

La scelta dei materiali, alla quale dovrà essere dedicata un’apposita sessione di lavoro (i.e. seduta), sarà effettuata distintamente per ogni classe, tenendo conto del collegamento con lo specifico percorso formativo e con il documento del consiglio di classe che lo illustra in modo dettagliato. Data la natura del colloquio, nel corso del quale dovranno essere privilegiati la trasversalità ed un approccio integrato e pluridisciplinare, il materiale non potrà essere costituito ovviamente da domande o serie di domande, ma dovrà consentire al candidato, sulla base delle conoscenze e abilità acquisite nel percorso di studi, di condurre il colloquio in modo personale, attraverso l’analisi e il commento del materiale stesso. Non tutte le aree disciplinari potranno trovare una stretta attinenza al materiale proposto, per cui i commissari di tutte le discipline si inseriranno rogressivamente nello svolgimento del colloquio al fine di verificare le competenze acquisite in tutti gli ambiti disciplinari.

E’ indubbio il maggiore valore e il significato che il D. Lgs. 62/2017 ed i successivi provvedimenti ministeriali attribuiscono al documento del consiglio di classe, che deve illustrare in modo dettagliato il percorso formativo svolto dagli studenti. E’ perciò necessario che tale documento descriva non solo i contenuti svolti, ma anche l’attuazione della progettazione didattica in termini di attività, progetti, esperienze. Fermo restando il carattere informativo ed orientativo del documento, è bene ricordare che la competenza nella scelta dei materiali per il colloquio è normativamente affidata in via esclusiva alla commissione d’esame. Il consiglio di classe, perciò, descriverà il percorso formativo e didattico che potrà orientare il lavoro della commissione, ma non potrà sostituirsi alla commissione stessa nell’indicare i materiali da utilizzare per lo spunto iniziale del colloquio.

E’ evidente che nella Nota di cui si parla, il M.I.U.R. suggerisce che i materiali siano individuati dalla Commissione in modo solidale tra membri esterni ed interni (i quali illo tempore hanno collaborato alla stesura del Documento del consiglio di classe).

In breve sintesi, prosegue la Nota MIUR, il colloquio è caratterizzato da quattro momenti: 1) l’avvio dai materiali di cui all’art. 19, c. 1, secondo periodo, dell’O.M. 205/2019 e la successiva trattazione di carattere pluridisciplinare; 2) l’esposizione, attraverso una breve relazione e/o elaborato multimediale, dell’esperienza svolta relativamente ai percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento; 3) l’accertamento delle conoscenze e competenze maturate nell’ambito delle attività relative a “Cittadinanza e Costituzione”; 4) la discussione delle prove scritte.

In un siffatto contesto, per i candidati con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento, l’esame di Stato è disciplinato, come è noto, dall’art. 20 del D. Lgs. 62/2017, nonché dagli artt. 20 e 21 dell’O.M. 205/2019. In particolare, per lo svolgimento del colloquio trovano applicazione, rispettivamente, l’art. 20, c. 7, e l’art. 21, c. 5, della più volte citata O.M., i quali prevedono che le commissioni d’esame sottopongano ai candidati con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento i materiali di cui all’art. 19, c. 1, predisposti in coerenza con il P.E.I. o il P.D.P. di ciascuno. Pertanto, non trova applicazione per i candidati con disabilità o disturbi specifici dell’apprendimento la procedura di cui all’art. 19, c. 5, dell’O.M. 205/2019.

Non sfugge ad alcuna persona interessata all’argomento – compresi i presidenti delle commissioni d’esame ed i commissari delle medesime – che la non applicazione della procedura “usuale” – la scelta tra le buste – non possa essere sufficiente per salvaguardare i diritti di tutt*. La prassi corrente debba essere integrata, da parte delle singole Commissioni “sul campo”, con l’indicazione, anche negli appositi verbali d’esame, del modus operandi con cui intendono perseguire le finalità degli esami (e la loro assoluta legittimità giuridica), tutelando in pari tempo dei candidati “speciali”. Non è del tutto superfluo rammemorare che i docenti specializzati che hanno seguito i candidati durante l’anno scolastico sono membri aggregati alle Commissioni costituite.

Potrebbe essere praticabile – è possibile ritenere, forse, senza commettere un errore marchiano – da parte delle Commissioni coinvolte in queste problematiche, la “via” di un sorteggio che, salvaguardando le forme (i.e. non faccia sentire discriminati i candidati speciali) ed il rispetto assoluto e totale della normativa vigente, garantisca i diritti dei candidati medesimi mediante prassi diversificate tanto corrette quanto efficaci: ogni Commissione interessata saprà, di certo, invenire la migliore modalità di colloquio per tutti i candidati[6].

BIBLIOGRAFIA / SITIGRAFIA[7]

  1. ETTORE ACERRA, Esami di Stato (II ciclo di istruzione), in AA.VV., Repertorio 2019. Dizionario normativo della scuola, Napoli 2019, Tecnodid;
  2. SERGIO AURIEMMA, Esami di Stato (I ciclo di istruzione), in AA.VV., Repertorio 2019. Dizionario normativo della scuola, Napoli 2019, Tecnodid;
  3. MARIO CASTOLDI, Valutare e certificare le competenze, Roma 2016, Carocci;
  4. TOMMASO MONTEFUSCO, Le competenze. Progettare, valutare, certificare, Bari 2013, Edizioni Dal Sud;
  5. TOMMASO MONTEFUSCO, La didattica laboratoriale. Manuale di buone pratiche. Cosa fare, come fare, Bari 2015, Edizioni Dal Sud;
  6. TOMMASO MONTEFUSCO, Competenze chiave europee RAV. Quali sono, come si valutano, con quali rubriche. Con espansione online, Milano 2018, Pearson Academy.

www.pugliausr.gov.it

           L’Esame di Stato del secondo ciclo nel quadro delineato dal D.Lgs. 62/2017.

www.turrisicolonna.gov.it

RINGRAZIAMENTI

Queste righe non sarebbero nate se non fossi stato onorato da parte del Direttore Generale dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, dott.ssa ANNA CAMMALLERI – a cui, in questa sede, mi è gradito rivolgere un deferente pensiero di ringraziamento – dell’opportunità di svilupparli, in primo luogo, all’interno di un Gruppo di lavoro nell’ambito del corso “Valutarcompetenze” organizzato dall’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia dalla Scuola Polo l’I.I.S.S. “Galileo Ferraris” di Molfetta, presso l’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari.

Altresì, in questa sede, mi piace ringraziare per la stima e per l’amicizia di cui mi onorano:

  • il Coordinatore dei Dirigenti Tecnici dell’Ufficio Scolastico Regionale per la Puglia, prof. FRANCESCO FORLIANO, sempre prodigo di idee e di consigli intellettuali e professionali efficaci che hanno stimolato le mie riflessioni, permeandole di quanto in esse si può riscontrare di positivo ed utile al fine di applicare correttamente la normativa sulla materia;
  • la prof.ssa MONICA LOGOZZO, dirigente scolastico presso il M.I.U.R., qualificata interlocutrice e lettrice dei “materiali” empaticamente attenta;
  • il prof. LUIGI MELPIGNANO, dirigente scolastico dell’I.I.S.S. “Galileo Ferraris” di Molfetta, con cui sono sempre felice di collaborare, in spirito di amicale condivisione;

Altrettanto, con sentimenti di amicizia e stima, ringrazio:

  • la prof.ssa DANIELA PAPARESTA e tutt* i/le docenti dell’I.I.S.S. “Elena di Savoia – Piero Calamandrei” di Bari che hanno interloquito intorno alla novellata normativa, che vede quest’anno la sua prima applicazione. A tutt* loro il mio grazie più sincero.

[1] CARLO DE NITTI (Bari 1960) opera nel mondo della scuola pugliese da oltre trenta anni: da dodici è dirigente scolastico nel capoluogo di regione.

[2] Essi erano previsti dal D. Lgs. 77/2005, e così rinominati dall’art. 1, c. 784, della L. 145/2018.

[3] La media, come tutte le statistiche, si fa dopo, a posteriori… alla maniera del volo della hegeliana “nottola di Minerva”.

[4] Considerazione a latere da presidente di commissione: in una classe di dimensioni medie di 22/24 candidati, se sei commissari propongono un documento ciascuno su cinque snodi concettuali, ce n’è d’avanzo per essere efficacemente rispondenti al dettato normativo.

[5] Il fine è palmare a chiunque, sebbene non giurista, abbia un minimo di dimestichezza con le “cose di pseudo-scuola”: una civilissima forma di autotutela …

[6] Il delineato quadro normativo e l’aristotelica “phronesis” delle Commissioni appianeranno ogni criticità eventualmente insorgente.

[7] La bibliografia/sitigrafia presentata è volutamente minimale, essendo queste righe il risultato dell’esperienza di un ‘pratico’, nel senso che a questa parola attribuiva, nel 2010, Loredana Perla nel suo volume Didattica dell’implicito. Ciò che l’insegnante non sa, (Brescia, La Scuola).

ATA, collaboratore scolastico licenziato per scarso rendimento. Il caso in tribunale

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

I licenziamenti nella scuola c’era e ci sono e ci saranno, contrariamente a quanto si crede. Certo, non si tratta di una casistica quantitativamente importante, ma nella scuola le fattispecie di licenziamento sono chiaramente contemplate nella normativa di riferimento, contrattuale, Testo Unico della scuola e Testo Unico del Pubblico Impiego.

Ma sono rari, i licenziamenti che si verificano per scarso rendimento, eppure esistono, come nel caso che ora segue che è interessante anche per i principi come espressi dalla Corte d’Appello Brescia Sez. lavoro, Sent., 12-02-2019

Fatto

Un collaboratore scolastico ricorreva alla Corte d’Appello di Brescia per impugnare la sentenza del Tribunale ordinario che confermava il licenziamento disciplinare motivato da un persistente insufficiente rendimento ai sensi dell’articolo 95 comma 7 del CCNL 2007 del comparto scuola, come richiamato dall’art. 55 D.Lgs. n. 165 del 2001.Il licenziamento trae origine dalla relazione del con la quale dirigente scolastico dell’Istituto di riferimento informava l’ufficio competente per i procedimenti disciplinari del personale dell’ufficio della scuola dei comportamenti tenuti dal dipendente. che consistevano nel rifiuto reiterato di effettuare le pulizie a lui delegate dall’ordine di servizio fin dall’inizio della prestazione, nonostante il dirigente stesso gli avesse comunicato ripetutamente che erano di competenza dei collaboratori scolastici e non, come da lui sostenuto, degli enti locali proprietari dell’edificio. Il dirigente inoltrava ulteriori segnalazioni a seguito di ulteriori lamentele, specificando di volta in volta quali parti della scuola risultavano in condizioni di pulizia riprovevoli e quanti richiami egli stesso avesse fatto al collaboratore scolastico al proposito. All’esito dell’audizione disciplinare nella quale il lavoratore assistito da difensore, aveva dichiarato di non avere mai proceduto alle pulizie e di non volerlo fare per il futuro,perchè non di sua competenza, veniva irrogato il licenziamento disciplinare.

La norma

La norma prevede il licenziamento, in effetti, nel caso di “scarso rendimento dovuto alla reiterata violazione degli obblighi concernenti la prestazione lavorativa stabiliti da norme legislative o regolamentari, dal contratto collettivo o individuale, da atti e provvedimenti dell’amministrazione di appartenenza, e rilevato dalla costante valutazione negativa della performance del dipendente per ciascun anno dell’ultimo triennio” (art. 55-quater, comma 1, lett. F-quinquies).

Quella delle pulizie è una mansione rientrante negli obblighi del collaboratore scolastico

“Non si può dimenticare che, oltre ad essere quella delle pulizie una mansione ricompresa negli obblighi del collaboratore scolastico, le pulizie che vengono rifiutate sono quelle di più basso impegno, spazzare il pavimento, spolverare e pulire i banchi in sole quattro classi, per le quali è ovvio che ogni tesi difensiva è francamente non sostenibile. Per la stessa ragione, è del tutto inutile sentire il teste che dovrebbe affermare di aver rifiutato di ricevere il certificato medico che comprova la presenza di alcune patologie fisiche: a prescindere dalla circostanza che il rifiuto di svolgere attività di pulizia non è mai stato collegato a tali patologie, anche a non voler considerare che dal certificato medico non si evince che le stesse siano in qualche modo invalidanti, le pulizie a lui richieste, spazzare e spolverare, sono mansioni tipicamente riservate, come è noto, proprio ai soggetti invalidi, ai quali, qualora siano certificate delle limitazioni (in questo caso non ne esiste traccia nel certificato medico, nemmeno successivamente), viene sottratta quella parte di mansioni più pesanti che prevedono l’utilizzo di scale, ad esempio, ma non certo quelle più leggere. Una volta accertato che il dipendente si rifiutava persino di svuotare cestini appare del tutto evidente che la situazione era non solo di un’assoluta gravità ma anche del tutto inemendabile, attesa alla pervicacia con la quale il lavoratore, era intenzionato a comportarsi nel futuro.”

Sul licenziamento ritorsivo

“Secondo l’orientamento giurisprudenziale consolidato della Suprema Corte, il licenziamento ritorsivo costituisce l’ingiusta e arbitraria reazione ad un comportamento legittimo del lavoratore colpito (diretto) o di altra persona ad esso legata e pertanto accomunata nella reazione (indiretto), che attribuisce al licenziamento il connotato della vendetta ingiustificata. Siffatto tipo di licenziamento è riconducibile, data l’analogia di struttura, alla fattispecie del licenziamento discriminatorio, vietato dalla L. n. 604 del 1966, art. 4, della L. n. 300 del 1970, art. 15 e della L. n. 108 del 1990, art. 3- interpretate in maniera estensiva -, che ad esso riconnettono le conseguenze ripristinatorie e risarcitorie di cui all’art. 18 S.L. (cfr. Cass. n. 17087/2011). Il licenziamento per ritorsione, diretta o indiretta che sia, in particolare, è un licenziamento nullo, quando il motivo ritorsivo, come tale illecito, sia stato l’unico determinante dello stesso, ai sensi del combinato disposto dell’art. 1418 c.c., comma 2, artt. 1345 e 1324 c.c.. La Corte di Cassazione, infatti, ha avuto occasione di ribadire che “il divieto di licenziamento discriminatorio … è suscettibile di interpretazione estensiva sicché l’area dei singoli motivi vietati comprende anche il licenziamento per ritorsione o rappresaglia, che costituisce cioè l’ingiusta e arbitraria reazione, quale unica ragione del provvedimento espulsivo, essenzialmente quindi di natura vendicativa. In tali casi, tuttavia, è necessario dimostrare che il recesso sia stato motivato esclusivamente dall’intento ritorsivo” (così Cass. n. 6282/2011).

Deve essere il lavoratore a dimostrare la sussistenza della ritorsione

Ciò posto, va ribadita la regola che l’onere della prova della esistenza di un motivo di ritorsione del licenziamento e del suo carattere determinante la volontà negoziale grava sul lavoratore che deduce ciò in giudizio. Per affermare il carattere ritorsivo e quindi la nullità del provvedimento espulsivo, in quanto fondato su un motivo illecito, occorre specificamente dimostrare, con onere a carico del lavoratore, che l’intento discriminatorio e di rappresaglia per le rivendicazioni svolte abbia avuto efficacia determinativa esclusiva della volontà del datore di lavoro, anche rispetto ad altri fatti rilevanti ai fini della configurazione di un giustificato motivo di recesso, come quello dell’inadempimento qui allegato. In altri termini, ai fini dell’accertamento dell’intento ritorsivo del licenziamento, non è sufficiente la deduzione della sua attività di denuncia agli organi competenti per provocare ispezioni, ma è necessaria la prova della sussistenza di un rapporto di causalità tra tali circostanze e l’asserito intento di rappresaglia, dovendo, in mancanza, escludersi la finalità ritorsiva del licenziamento (così Cass. n. 14816/2005). Nel caso de quo il lavoratore non ha fornito alcuna prova né della sussistenza del motivo di ritorsione, né del suo carattere determinante della volontà negoziale, che anzi emerge essere assolutamente tutt’altro.”

Sulla proporzionalità della sanzione

“Innanzitutto, come già ricordato, il rifiuto di completare la prestazione lavorativa è reiterato e assolutamente ingiustificato; si tratta, inoltre, di una violazione grave in quanto l’organizzazione dell’attività didattica di un plesso scolastico così articolato e diviso per palazzine è basata sul rispetto, da parte di tutti i collaboratori scolastici, degli incarichi ricevuti, delle turnazioni e delle rispettive competenze, legittimamente affidate a ciascuno con ordine di servizio. Solo in questo modo è possibile gestire un istituto scolastico di quelle dimensioni, nel quale convivono moltissimi alunni, insegnanti e collaboratori a vario titolo: si richiede, pertanto, da parte di tutti e, in questo caso, del collaboratore scolastico, una leale collaborazione e quindi, non potendo la scuola permettersi che alcune classi vengano tenute, per tutta la durata dell’anno scolastico in condizioni igieniche pessime, si pretende legittimamente che il dipendente esegua quanto è lui affidato e che non esorbita certo per qualità (spolverare e spazzare i pavimenti) e per quantità (4 classi due aule e un corridoio) dalla normale prestazione esigibile da quella figura professionale.”

L’assenza di leale collaborazione legittima la sanzione disciplinare

“È proprio questa assenza di leale collaborazione (accompagnata da atteggiamenti assurdamente repressivi, tenuti al fine di giustificare la sua pretesa di svolgere esclusivamente compiti di sorveglianza che avrebbero esaurito l’intero tempo-lavoro) ad essere stata sanzionata, tanto più a fronte della chiara intenzione di proseguire con le stesse modalità. Nella scelta della sanzione proporzionata alla contestazione bisogna tener conto che il lavoratore era già stato colpito da vari rimproveri scritti che non avevano ottenuto alcun risultato, se non quello di vedersi ventilare una denuncia come possibili autori di mobbing. Il fatto che le sanzioni non abbiano fatto desistere il lavoratore da questo modo d’agire ma anzi lo abbiano ancor più convinto della bontà della sua posizione, significa che il lavoratore aveva deciso, come del resto ha dichiarato anche il suo difensore in sede di audizione disciplinare, di non osservare le indicazioni cogenti del datore di lavoro e pertanto certamente la sanzione appare proporzionata alla violazione e all’intenzionalità evidente della stessa. Deve considerarsi, sempre ai fini della proporzionalità, che il rapporto doveva proseguire per altri sei mesi soltanto, mesi nei quali la prestazione sarebbe stata comunque la stessa.”

Esami Stato I grado alunni con disabilità: ammissione, prove e credito formativo

da Orizzontescuola

di Nino Sabella

Il decreto legislativo n. 62/2017 ha introdotto, dallo scorso anno scolastico, diverse novità in merito all’esame di Stato di I grado, alcune delle quali riguardano gli studenti disabili certificati, soprattutto ai fini della successiva frequenza della scuola secondaria di secondo grado.

Ammissione all’esame

Gli studenti con disabilità certificata vengono ammessi all’esame sulla base degli stessi criteri previsti per tutti gli altri studenti:

  1. aver frequentato almeno tre quarti del monte ore annuale personalizzato, fatte salve le eventuali motivate deroghe deliberate dal collegio dei docenti. Il predetto monte ore tiene conto delle discipline e degli insegnamenti oggetto di valutazione periodica e finale da parte del consiglio di classe;

  2. non essere incorsi nella sanzione disciplinare della non ammissione all’esame di Stato prevista dall’articolo 4, commi 6 e 9 bis, del DPR n. 249/1998, ossia l’esclusione dallo scrutinio finale;

  3. aver partecipato alle prove nazionali di italiano, matematica e inglese predisposte dall’Invalsi (il cui voto non influisce sul voto finale a conclusione dell’esame).

Quanto al terzo punto, gli studenti con disabilità possono essere ammessi all’esame, pur non avendo partecipato alle prove Invalsi.

Ausilio attrezzature tecniche e sussidi didattici e Prove differenziate

Gli alunni disabili certificati svolgono le prove d’esame avvalendosi dell’ausilio di attrezzature tecniche e sussidi didattici utilizzati durante l’anno scolastico.

Qualora sia necessario, la sottocommissione d’esame predispone, sulla base del PEI, prove differenziate idonee a valutare il progresso dell’alunno in relazione alle sue potenzialità e ai livelli di apprendimento iniziali.

Le prove differenziate hanno valore equivalente ai fini del superamento dell’esame e del conseguimento del diploma finale.

Attestato di credito formativo

E’ previsto un attestato di credito formativo soltanto per gli alunni disabili che non si presentino all’esame.

L’attestato di credito formativo è titolo valido per l’iscrizione e la frequenza della scuola secondaria di secondo grado o dei corsi di istruzione e formazione professionale.

Concorso dirigenti: la procura di Roma ha aperto un fascicolo

da La Tecnica della Scuola

Di Reginaldo Palermo

La vicenda del concorso per il reclutamento di 2.900 dirigenti scolastici è destinata a complicarsi giorno dopo giorno.
La notizia, da noi anticipata nella tarda serata di martedì 4 giugno, è stata confermata nella giornata successiva da numerose testate nazionali: il TAR Lazio ha annunciato che il prossimo 2 luglio ci sarà la sentenza di merito relativa al ricorso con cui sono state evidenziate numerose irregolarità nello svolgimento del concorso.

Inchiesta della magistratura romana

Ma nelle ultime ore è rimbalzata in rete una notizia diffusa dall’Espresso e da Repubblica: la Procura della Repubblica di Roma avrebbe aperto un fascicolo per accertare se davvero, oltre a irregolarità di carattere procedurale, vi siano anche fatti di rilevanza penale.
Che l’esposto firmato da 271 ricorrenti, ai quali si sono poi aggiunge diverse decine di altri candidati respinti alla prova scritta, fosse stato trasmesso all’autorità giudiziaria lo avevamo già scritto noi il 17 aprile scorso; ma adesso c’è la conferma che la Procura romana intende occuparsene seriamente.
Le possibili ipotesi di reato sono di due diverse tipologie: da un lato si parla di commissari di concorso che risulterebbero presenti al tempo stesso in commissione ma anche in altre sedi istituzionali; e poi ci sarebbero fughe di notizie che avrebbero consentito a diversi  candidati di conoscere il voto dello scritto prima che venisse pubblicato.
Ma non è da escludere che con il procedere delle indagini emergano ulteriori illeciti penalmente rilevanti.
Insomma, si preannuncia un terremoto che potrebbe travolgere anche i docenti che già hanno superato la prova scritta e magari anche quella orale: il 2 luglio prossimo, infatti, il TAR potrebbe decidere di annullare la prova scritta azzerando di fatto l’intera procedura concorsuale. Se così fosse, sarebbe tutto da rifare e a settembre tremila scuole rimarrebbero ancora senza un dirigente titolare: in tale evenienza, sia detto per inciso, il Ministero risparmierebbe almeno un centinaio di milioni in quanto il “costo” di un dirigente reggente è assai più basso dello stipendio di un dirigente titolare.

Maturità 2019, dal 13 al 17 giugno il referente può scaricare il Plico telematico

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Anche quest’anno il Miur ha fornito indicazioni alle scuole secondarie di II grado, che saranno sedi degli Esami di Stato, per la gestione del Plico telematico, attraverso il quale verranno trasmesse le prove.

La nota prot. 1099 del 19 aprile 2019 contiene, in particolare, le istruzioni per l’a.s. 2019/2020 concernenti le modalità di funzionamento del Plico telematico.

Il referente, abilitato dal DS entro il 31 maggio scorso, avrà il compito, dal 13 al 17 giugno, di accedere alla funzione SIDI che consente di scaricare il “Plico telematico” contenente le prove d’esame criptate relative alla commissione o alle commissioni operanti presso la scuola.

La funzione è disponibile nell’area Esami di Stato e di Abilitazione alla Libera Professione -> Plico Telematico -> Download.

Il referente otterrà  un Codice Utente e una Password da utilizzare ogni volta all’atto dell’apertura dell’applicazione “Plico telematico”.

Per decifrare il contenuto del Plico telematico sarà necessaria un’ulteriore chiave, detta Chiave Ministero, distinta tra prima, seconda e terza prova, resa disponibile solo la mattina delle prove scritte.

La mattina dell’esame, prima dell’ora fissata per l’inizio della prova (ore 8,30), il Presidente di commissione assistono all’attivazione dell’applicazione da parte del referente del Plico. Per la decriptazione dei testi, il Presidente di commissione e il referente di sede devono inserire la Chiave Ministero, comunicata tramite appositi canali da parte del MIUR alle ore 8,30 di ciascuna prova d’esame. L’inserimento della Chiave permetterà l’apertura e la corretta visualizzazione della prova selezionata.

Organici ATA, ecco decreto e tabelle del Miur

da La Tecnica della Scuola

Di Fabrizio De Angelis

Il MIUR ha pubblicato la nota 26350 del 3 giugno 2019 e il decreto con le tabelle sulle dotazioni organiche complessive del personale ATA per il triennio 2019-2022, con le ripartizioni per ciascun profilo valide per l’a.s. 2019/2020.

Organici Ata: i posti

I posti restano inalterati: 203.434 posti e con un lieve incremento di 36 posti dovuti alla compensazione tra 113 posti di personale ex co.co.co. trasformati a tempo pieno e 77 posti in meno di DSGA.

Il Ministero specifica che la ripartizione triennale tra le diverse regioni è stata effettuata tenendo conto sia dei dati della popolazione scolastica presenti sul sistema informativo sia del dimensionamento della rete scolastica sia della presenza di alunni con disabilità certificata iscritti nelle le istituzioni scolastiche statali. Quest’ultimo criterio ha così integrato i consueti parametri di definizione dell’organico.

La successiva ripartizione provinciale delle dotazioni organiche del personale ATA dovrà essere oggetto di adeguata informativa con le organizzazioni sindacali firmatarie del vigente contratto collettivo nazionale di comparto.
Analoga informativa dovrà essere attivata a livello provinciale per il riparto tra le diverse istituzioni scolastiche.

Ripartizione dei contingenti

Come anticipato, il decreto interministeriale contiene le tabelle, come la tabella “A” nella quale sono riportate le consistenze di organico per ambito regionale, (comprensive anche dei posti degli altri profili di minore entità) sulla cui base le SS.LL procederanno alla ripartizione dei posti a livello provinciale.
Le altre tabelle allegate, B, C, e D, riportano i contingenti regionali dei profili professionali di assistente amministrativo, assistente tecnico e di collaboratore scolastico.

L’amministrazione ricorda che con la suddivisione dei contingenti deve essere operato l’accantonamento di una quota di posti pari al tre per cento della dotazione organica provinciale. I posti in questione devono essere utilizzati nella determinazione dell’organico di diritto prioritariamente per la completa fruizione, da parte delle scuole, dell’organico spettante dall’applicazione delle tabelle e successivamente per salvaguardare le esigenze di funzionamento delle istituzioni scolastiche, in particolar modo del primo ciclo, ovvero delle istituzioni scolastiche caratterizzate da situazioni di particolare complessità quali la frequenza di alunni disabili, o esigenze legate ad una significativa consistenza di laboratori e reparti di lavorazione nella medesima istituzione scolastica, all’eventuale frammentazione della medesima sede in un consistente numero di plessi e/o succursali, alla gestione di specifiche situazioni di disagio locale, alla presenza di zone connotate da fenomeni di abbandono e dispersione scolastica.

Organico di istituto

Ai sensi della legge 107/2015, il fabbisogno dei posti ATA contenuto nel piano triennale dell’offerta formativa per ciascuna istituzione scolastica dovrà tenere conto di quanto stabilito dall’art.1, comma 334, della legge 190/2014. Pertanto non potrà essere superata la consistenza numerica dei posti assegnata a ciascuna regione.

In particolare, si evidenzia che le SS.LL., ovvero i dirigenti degli Ambiti territoriali provinciali delegati, dovranno convalidare o rettificare lo sviluppo dei posti fornito dal Sistema informativo.

Tale accertamento si rende indispensabile al fine di verificare che la consistenza complessiva dell’organico di tutte le province non risulti eccedente rispetto al contingente regionale assegnato di cui alla tabella “A” allegata al decreto.

LA NOTA

IL DECRETO CON LE TABELLE