I principali dati relativi agli alunni con DSA anno scolastico 2017/2018

MIUR – Ufficio Statistica e Studi


Scuola, pubblicati i dati sugli alunni con Disturbi Specifici dell’Apprendimento

È disponibile l’approfondimento statistico relativo agli studenti con Disturbi Specifici dell’Apprendimento nelle scuole statali, paritarie e non paritarie. I dati si riferiscono all’anno scolastico 2017/2018.
Il numero di alunni con DSA sul totale dei frequentanti è costantemente cresciuto ed è passato dallo 0,7% del 2010/2011 al 3,2% del 2017/2018.
L’incremento del numero di certificazioni registrato nell’arco degli ultimi quattro anni è notevole: quelle relative alla dislessia sono salite da circa 94 mila a 177 mila, segnando un tasso di crescita dell’88,7%; le certificazioni di disgrafia sono passate da 30 mila a 79 mila, con una crescita del 163,4%. Anche il numero di alunni con disortografia certificata è aumentato notevolmente, passando da circa 37 mila a 92 mila (+149,3%; gli alunni con discalculia sono aumentati da 33 mila a poco meno di 87 mila (+160,5%).
Gli alunni con DSA per ordine di scuola
Nel 2017/2018, gli alunni con DSA frequentanti le scuole italiane di ogni ordine e grado sono stati 276.109, pari al 3,2% del totale. Nella Primaria la percentuale si è attestata intorno al 2%, per la Secondaria di I grado al 5,6% e per la Secondaria di II grado al 4,7%. Nella Scuola dell’infanzia, appena lo 0,12%.

Mediamente, la percentuale di studenti con DSA è stata pari al 3,3% del totale degli alunni della scuola a gestione statale e al 2,3% nella scuola a gestione non statale (3,2% in media su tutte le scuole). Con specifico riferimento alla scuola paritaria, la percentuale degli alunni con DSA è stata pari al 2,1% del totale.

La diffusione territoriale

Le certificazioni di DSA sono state rilasciate in misura maggiore nelle Regioni del Nord-Ovest, in cui la percentuale sul totale dei frequentanti è stata pari al 4,8%. Percentuale elevata anche nelle Regioni del Centro (3,9%) e del Nord-Est (3,6%). Percentuale nettamente inferiore nel Sud (1,6%).

Tra le singole Regioni, i valori più elevati sono stati riportati da Valle d’Aosta e Liguria, entrambe con il 5,1% di alunni con Disturbi Specifici di Apprendimento sul totale di alunni frequentanti; in Piemonte con il 4,8% e in Lombardia con il 4,7%. Le percentuali più contenute sono state presenti in Calabria (0,8%), Campania (1%) e Sicilia (1,3%).

Le tipologie di disturbo
Complessivamente, nel 2017/2018, 177.212 alunni presentavano dislessia (disturbo nell’imparare a leggere), 79.261 disgrafia (disturbo nell’imparare a scrivere), 92.134 disortografia (disturbo nell’utilizzare il codice linguistico), 86.645 discalculia (disturbo nel calcolo matematico).

Il numero complessivo di alunni con DSA, pari a 276.109, non coincide con la somma degli alunni per tipologia di disturbo non solo perché per la Scuola dell’infanzia non è riportato il dettaglio per tipo di disturbo, ma soprattutto perché gli alunni possono avere più tipologie di DSA.
Gli alunni con dislessia rappresentavano il 2,1% del numero complessivo degli alunni frequentanti le scuole italiane, gli alunni con disgrafia lo 0,9%, quelli con disortografia l’1,1%, quelli con discalculia l’1%.
Per tutti gli ordini di scuola il disturbo mediamente più diffuso è stato quello della dislessia: considerando nel loro complesso Primaria e Secondaria di I e di II grado, il 40,7% degli alunni con DSA aveva questa certificazione, il 18,2% disgrafia, il 21,2% disortografia, il 19,9% di disgrafia.
Nel dettaglio dei vari ordini di scuola, nella Primaria il 41,4% delle certificazioni di DSA riportava un disturbo di dislessia, il 20,2% di disgrafia, il 24,7% di disortografia e il 13,7% di discalculia.
Per la Secondaria di I grado, il 38% delle certificazioni riguardava la dislessia, il 19% disgrafia, il 23% disortografia e il 20% discalculia.
Nella Secondaria di II grado, il 42,6% riportava un disturbo di dislessia, il 16,7% disgrafia, il 18,2% disortografia e il 22,5% discalculia.

conseguenze gravi dalla sanatoria nella scuola

da Il Sole 24 Ore

di Andrea Gavosto*

Il giorno prima delle elezioni europee, il ministro dell’Istruzione, università e ricerca, Marco Bussetti aveva annunciato l’assunzione a tempo indeterminato di 55mila precari della scuola. La tempistica era smaccatamente elettorale, ma la promessa era concreta. Alla base vi era infatti una trattativa già avviata in aprile fra il governo e quasi tutte le sigle sindacali, che si è chiusa l’altro ieri.

Si tratta dell’ennesima sanatoria? Sì, con conseguenze gravi da almeno tre punti di vista.

In primo luogo, si viola il principio – ribadito con enfasi pochi mesi fa dallo stesso ministro – che alla scuola, come a ogni pubblica amministrazione, si accede con un concorso uguale per tutti. Secondo l’intesa, invece, i precari privi di abilitazione all’insegnamento che negli ultimi anni hanno lavorato almeno 36 mesi avranno due strade agevolate per entrare presto in ruolo. Attraverso un concorso straordinario, abilitante e riservato soltanto a loro, che ne porterà in cattedra circa 24mila. Oppure addirittura senza concorso, al termine di un corso di abilitazione straordinario (Pas) svolto nelle università. Si torna così – in modo clamoroso – a una pessima pratica di tanti governi, che ha permesso l’ingresso all’insegnamento attraverso molteplici canali: accanto ai concorsi ordinari, che dovrebbero essere la regola, concorsi o percorsi riservati, graduatorie provinciali a esaurimento, ecc. La stratificazione di percorsi eterogenei, per rispondere a esigenze episodiche o a vantaggio di singoli gruppi, ha avuto e ha effetti negativi sulla scuola: fra queste, le continue “guerre” fra diverse categorie di docenti, ma soprattutto l’impossibilità di un adeguato e uniforme controllo sulla qualità dei nuovi insegnanti.

Ed è, infatti, l’assenza di una verifica delle competenze disciplinari e didattiche di chi entra in ruolo la seconda critica ai due percorsi della sanatoria. È comprensibile volere ridurre l’enorme numero di supplenti annuali – che sfiorerà i 200mila nel prossimo anno scolastico – in tempi più rapidi di quelli che consentirebbe una seria revisione dei percorsi di formazione e reclutamento, ormai incapaci di tenere il passo del cospicuo flusso di pensionamenti di un corpo docente molto anziano. Ma perché rinunciare a verificare che i neoassunti, che resteranno in cattedra altri 25-30 anni, soddisfino requisiti professionali essenziali, come la padronanza degli strumenti didattici o la capacità di gestire la classe? Abbiamo sostenuto – né siamo i soli – che i 24 crediti universitari in discipline psicopedagogiche e didattiche oggi richiesti per un concorso ordinario sono un requisito del tutto insufficiente per garantire un’adeguata qualità. Ebbene, l’accordo fra Bussetti e sindacati abbuona ai precari da assumere anche questo blandissimo requisito: chi è stato in classe per almeno 180 giorni è ipso facto un buon insegnante e merita un percorso di stabilizzazione in discesa.

Discutibile alla luce delle regole vigenti, la misura va inoltre in direzione contraria a quella verso cui la scuola italiana dovrebbe muoversi. Per superare i ritardi di apprendimento dei nostri studenti nei prossimi vent’anni serve un corpo docente rinnovato e di qualità elevata. A questo scopo, non occorre solo rendere l’insegnamento appetibile ai migliori laureati – in particolare, a quelli nelle materie in cui c’è particolare carenza – grazie a incentivi retributivi e a una seria prospettiva di carriera. Sarebbe anche necessario estendere l’orario di lavoro a scuola, in direzione del tempo pieno. Con effetti positivi sia sul contrasto alla dispersione, che è in ripresa, sia sugli apprendimenti, grazie a metodologie più adatte alla classe e corsi di sostegno/potenziamento per chi ne ha bisogno. I docenti italiani di scuola secondaria devono insegnare 18 ore alla settimana, meno della media dei Paesi Ocse; soprattutto, hanno pochissimi obblighi contrattuali per tutto il resto, a partire dall’aggiornamento professionale. Un nostro professore ha un impegno di circa 700 ore all’anno, meno della metà del suo collega tedesco, francese e spagnolo. Fortunatamente, per senso del dovere tanti lavorano e si aggiornano a casa. Ma non è la regola né può esserlo in un sistema che vuole migliorare. Senza un rapporto di lavoro più sano, fatto di un maggior riconoscimento della professionalità e dello sforzo dei docenti, ma anche di impegni espliciti e trasparenti, non colmeremo il ritardo della nostra scuola.

*Direttore Fondazione Agnelli


Dico no alla legge dei voti

da la Repubblica
Massimo Recalcati

I l nostro tempo vive una vera e propria fascinazione per il numero. Si tratta di un feticismo della cifra che ritroviamo a ogni livello della nostra esperienza e che ha massicciamente invaso anche la nostra scuola. In questi giorni in cui si avviano gli scrutini finali destinati a valutare il rendimento scolastico di una moltitudine di studenti di ogni ordine e grado, l’ombra della cifra incombe. Nel corso di questo anno scolastico voti che sembrano provenire da un altro mondo, soprattutto nei licei più rinomati, esprimono ancora con virulenza la legge ferrea del numero: dall’uno al due, uno più, due e mezzo, tre meno, senza ovviamente trascurare la presenza immancabile degli inequivocabili e antichi, ma sempre più sinceri e convincenti, quattro.

Lo scrupolo con il quale nel corso dell’anno scolastico si osservano le percentuali, le medie aritmetiche, il saliscendi della numerologia valutativa, non può non preoccupare. Sappiamo che dove le cose funzionano sufficientemente bene lo scrutinio darà prova di non essere schiavo del numero e saprà formulare una valutazione d’insieme sul rendimento scolastico tenendo conto del movimento di crescita o meno dell’allievo, dei suoi progressi e delle sue risorse, dei suoi inciampi e delle sue difficoltà cognitive ed emotive. Tuttavia resta l’impressione di un legame ancora troppo forte della valutazione con la quantificazione che non è, ovviamente, solo un problema della nostra scuola, ma indica una tendenza generale della nostra epoca: la legge dei numeri sembra prevalere su tutte le altre, nella medicina come nell’economia, nella politica come nello sport.

Nel mondo della scuola questo trionfo idolatrico del numero mostra come la selezione rischi di precedere la formazione anziché esserne una sua logica conseguenza.

Premiare gli allievi migliori a prescindere dal loro ceto sociale di appartenenza è una conquista democratica irrinunciabile. Tuttavia il carattere altamente competitivo del nostro tempo tende a misconoscere il processo necessariamente tortuoso della formazione soprattutto laddove muove i primi passi. Sicché la nostra scuola rischia di interpretare la formazione come selezione, ovvero di eleggere la selezione come unica declinazione possibile della formazione in altri termini.

Il ricorso al carattere inesorabile del numero offre allora l’illusione di risolvere il problema della formazione subordinandolo a quello della selezione. È una scorciatoia che allontana fatalmente la scuola dal suo compito civile e culturale più alto: accendere il fuoco del desiderio di sapere come centro di ogni possibile processo di formazione. Ma se non studiano, se non si applicano, se non sono in grado di fornire le giuste prestazioni è bene che la scuola assuma la responsabilità che gli compete sanzionando con numeri adeguati il disimpegno o l’insufficienza cognitiva degli allievi. Giusto. Anzi, giustissimo. Ma la meritocrazia non dovrebbe investire anche il corpo insegnante? Chi può spiegare ragionevolmente il senso di un tre meno o di un uno più?

In realtà non dovremmo purtroppo vedere in queste forme inutilmente severe di valutazione il sadismo di una pedagogia arcaica di ritorno. Non si calcola l’effetto di inibizione, il senso di umiliazione e, soprattutto, l’allontanamento dalla passione autentica dello studio che questa idea “metrica” della valutazione può provocare? A cosa serve la scuola? A distribuire nozioni, informazioni, a trasmettere saperi mnemonici, nati già morti o ad accendere il desiderio di sapere? In passato ho insegnato per diversi anni nei licei milanesi storia e filosofia. Ogni volta mi ponevo il problema di non lasciare indietro nessuno. Ogni volta mi chiedevo perché in alcuni allievi appariva indifferenza alle lezioni o noncuranza nello studio. E ogni volta provavo a rispondere a questi interrogativi mettendo innanzitutto in gioco la mia stessa azione didattica. Ogni volta rivedevo il mio modo di spiegare e di tramettere il sapere che amavo. La mia preoccupazione primaria non era valutare, ma trascinare, adunare, mettere in moto, in cammino, accendere fuochi.

La mia preoccupazione primaria era come poter generare effetti autentici di formazione.


Concorso DSGA, preselettiva: tanti assenti, si attende graduatoria

da Orizzontescuola

di redazione

Concorso DSGA: si attende l’esito della prova preselettiva svolta nei giorni 11,12 e 13 giugno nelle varie sedi individuate dagli USR.

Lo svolgimento della prova è stato ordinato, con qualche problema fisiologico problema tecnico.

Ogni candidato conosce l’esito della propria prova, restituito a conclusione della prova.

Ancora presto per dire quale sarà il punteggio minimo di ammissione. In redazione ci sono stati comunicati parecchi voti medi, tra 70 e 80, ma il gruppo non è ancora significativo.

Numerosi i candidati assenti alla prova

Ci risulta invece, da quello che si evince dai vari gruppi social, che siano stati numerosi gli assenti alla prova.

Questo naturalmente avvantaggia tanto coloro che hanno svolto la prova.

Sarà ammesso a sostenere le prove scritte un numero di candidati pari a tre volte il numero di posti banditi in ciascuna regione. Sono, inoltre, ammessi tutti i candidati che con abbiano conseguito nella prova preselettiva un punteggio pari a quello del candidato collocato nell’ultima posizione utile e i candidati disabili affetti da invalidità uguale o superiore all’80% (questi ultimi non sostengono la prova preselettiva ai sensi dell’articolo 20, comma 20-bis, della legge 104/92).

Il punteggio della prova preselettiva non concorre alla formazione del voto finale nella graduatoria di merito.

Pensioni quota 100, 27mila domande personale scuola: 7mila posti già disponibili. Gli altri?

da Orizzontescuola

di redazione

Il “Sole 24 ore” ha pubblicato i dati relativi alle domande di pensione con quota 100, riportando i settori in cui vi sono state le maggiori richieste.

Pensioni quota 100: maggiori richieste

Le maggiori richieste, leggiamo nel succitato quotidiano, provengono da lavoratori dipendenti e lavoratori iscritti alla gestione pubblica:

  • 51.644 lavoratori iscritti alla gestione lavoratori dipendenti
  • 46.099 lavoratori iscritti alla gestione pubblica
  • 12408 artigiani
  • 11.965 commercianti
  • 7036 lavoratori iscritti ai fondi speciali
  • 139 lavoratori iscritti alla gestione separata

Ecco il grafico pubblicato da “Il Sole 24ore”:

Scuola

Le domande presentate dai lavoratori della scuola ammontano a circa 27.000, ma non per tutte è stato già accertato il diritto a pensione, per cui la maggior parte dei posti che si libereranno non potranno essere utilizzati per le operazioni di mobilità.

Solo per 7.544 domande è stato accertato il diritto a pensione:

  • 1458 ATA
  • 123 DS
  • 5.875 Docenti
  • 56 Irc
  • 32 educatori

I succitati 7.544 posti saranno utilizzati per la mobilità.

Quanto ai posti che si renderanno liberi dopo l’accertamento del diritto a pensione, i sindacati hanno chiesto al Miur che una parte di tali posti possa essere utilizzata per le immissioni in ruolo dell’a.s. 2019/20. Il Miur non ha ancora risposto.

Impronte digitali e dati biometrici, misura sproporzionata di difficile attuazione: lo dice il Garante della privacy

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

Sull’introduzione delle impronte digitali e dei dati biometrici, se la ministra per la PA, Giulia Bongiorno, si dice soddisfatta, di tutt’altro avviso si dicono i sindacati: è stata approvata “l’ennesima legge che punta il dito contro i lavoratori del pubblico impiego, colpevolizzandoli di una flessione dei servizi pubblici di cui, però, in verità e soprattutto alla luce dei dati, non possono dirsi in alcun modo responsabili”, ha detto Antonio Foccillo, segretario confederale della Uil, giudica il ddl concretezza, approvato oggi in Senato.

La Uil: non c’era alcuna urgenza

“Ribadiamo ancora una volta che i fenomeni di falsa attestazione della presenza in servizio accertata in flagranza, secondo i dati del 2017 forniti dallo stesso Parlamento, si sono attestati a 89 casi su una platea di oltre tre milioni di lavoratori”, ha detto Foccillo.

“Il problema della qualità ed equità dei servizi resi dalla P.A., pertanto, non è assolutamente ascrivibile ai suoi dipendenti. Come abbiamo già fatto presente, tra l’altro, non comprendiamo l’urgenza di normare un fenomeno già ampiamente e recentemente disciplinato, anche nei contratti collettivi”.

Per il sindacalista sorgono, poi, ulteriori dubbi su quella che sarà “l’applicazione delle richiamate misure, sia in termini di tempi utili ad aggiornare i modelli odierni di rilevazione delle presenze, sia dal punto di vista dei costi dell’operazione che, tra l’altro, per la contestuale presenza della videosorveglianza e della rilevazione biometrica, solleverà inevitabilmente dubbi di legittimità, già puntualmente segnalati durante i lavori di stesura del disegno di legge”.

Problemi di privacy

Più di qualche dubbio sulla legittimità del provvedimento lo ha posto anche il Garante per la privacy, Antonello Soro: intervenuto il 13 giugno ad mattina a ‘Radio anch’io’ su Radio1, Soro ha con questa legge si utilizzeranno “sistemi di controllo e di sorveglianza sproporzionati”.

“Sono contrario, perché l’assenteismo, la falsa attestazione di presenza è una cosa molto grave, è un reato e bisogna contrastarlo. Ma la strada scelta per contrastarlo a mio parere è sproporzionata”, perché basterebbe pensare “soltanto che il numero dei reati contestati, accertati sono nell’ordine delle decine in Italia, mentre gli impiegati pubblici sono tre milioni. Di questi larga parte verranno sottoposti a un controllo biomedico generalizzato, sistematico, indiscriminato, attraverso la raccolta di un dato particolarmente sensibile che è il dato biometrico”.

In Europa non ci sono precedenti

“I dati biometrici – continua Soro – in Europa godono di una tutela rafforzata e non è casuale, perché da qui si può risalire a tante cose”.

Un controllo del genere, ha aggiunto il Garante, non esiste in altri Paesi europei: “In alcuni Paesi hanno tentato di fare cose molto meno invasive, ma non sono poi andate in porto, perché in Europa vige un ordinamento in materia protezione dei dati personali che considera sproporzionato e quindi non praticabile un sistema di raccolta indiscriminata dei dati biometrici, anzi per l’esattezza c’è un divieto di fondo, con alcune eccezioni”.

“Pensare di trattare allo stesso modo un Comune con 20 dipendenti e un ministero come quello dell’Economia con migliaia di dipendenti è un non senso, perché – conclude il Garante – i meccanismi di controllo sono assolutamente diversi”.

Rapporto di Autovalutazione, alcune FAQ del Miur

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

La nota n.10701 del 22 maggio contiene indicazioni utili per le scuole in merito alla rendicontazione sociale 2019 e alla redazione del RAV per il triennio 2019-2022.

In particolare, il Rapporto di Autovalutazione, dovrà sarà elaborato nell’apposita piattaforma entro il 31 luglio 2019.

In proposito il Miur ha pubblicato una serie di FAQ che riportiamo di seguito:

Chi deve compilare il RAV?

Il RAV deve essere compilato da tutte le istituzioni scolastiche statali e paritarie. Per le scuole paritarie verrà emanata una Nota specifica con tutte le indicazioni relativamente alla tempistica e alla modalità di compilazione. Per quest’anno scolastico non è prevista la compilazione del RAV da parte delle scuole dell’infanzia e dei CPIA (per le quali è in atto una sperimentazione nazionale condotta dall’INVALSI).

Come si accede al RAV?

Le credenziali da utilizzare per l’accesso alla piattaforma da parte dei Dirigenti scolastici corrispondono a quelle utilizzate per l’accesso all’area riservata del MIUR. Se all’interno dell’area riservata risultassero problemi di accesso alla scrivania SNV (in particolare per quanto riguarda i Dirigenti scolastici neoassunti), occorre inviare una richiesta di abilitazione all’indirizzo di posta elettronica mailto:supporto.snv@istruzione.it comunicando i dati anagrafici, il codice fiscale, il codice meccanografico della scuola.

I componenti del Nucleo interno di valutazione possono accedere alla piattaforma RAV tramite le credenziali di accesso all’area riservata MIUR (corrispondenti a quelle di accesso al servizio Istanze OnLine – POLIS). Se non si disponesse di tali credenziali, è necessario ottenerle provvedendo alla registrazione all’area riservata del MIUR seguendo la procedura indicata nella pagina di login.

Come fare per modificare la composizione del Nucleo interno di valutazione?

I Dirigenti scolastici possono modificare la composizione del Nucleo interno di valutazione già presente a sistema tramite l’apposita funzione presente nella Home page della piattaforma. Nel caso il Dirigente scolastico debba procedere all’abilitazione di nuovi componenti, questa deve essere effettuata solo dopo che essi si siano dotati di credenziali di accesso all’area riservata MIUR.

Il Dirigente scolastico ed i componenti del Nucleo interno di valutazione svolgono le stesse funzioni operative sul RAV?

Sì, essi possono operare in maniera paritetica nella compilazione del RAV in tutte le sezioni che lo compongono. Il Dirigente scolastico ha inoltre alcune funzioni aggiuntive: la possibilità di gestire la composizione del Nucleo interno di valutazione, di validare e completare le singole sezioni e di pubblicare il RAV.

Il RAV si riferisce all’Istituto principale o alle singole scuole che lo compongono?

Il RAV deve essere compilato per Istituto principale. Pertanto gli Istituti comprensivi, gli Istituti omnicomprensivi e gli Istituti di istruzione superiore compileranno un unico Rapporto, recuperando la specificità dei vari plessi/scuole associate e dei propri indirizzi/cicli con l’integrazione degli indicatori RAV con indicatori autonomamente definiti e con le opportune indicazioni nella motivazione dei giudizi assegnati per ciascuna area, ove necessario.

Quando risulta completa la compilazione del RAV?

La compilazione del RAV sarà completa quando tutte le aree delle varie sezioni risulteranno compilate e approvate dal Dirigente scolastico. La completezza della compilazione può essere verificata nel campo “Stato” (associato ad ogni Area). Le matite rossa, gialla e verde indicano il grado di completezza della sezione.

Siamo una scuola paritaria e non riusciamo ad accedere alla piattaforma per compilare il RAV. Come dobbiamo fare?

Nella Nota, del 22 maggio 2019, con oggetto: “Rendicontazione sociale 2019 e apertura del Rapporto di autovalutazione per il triennio 2019/2022” viene evidenziato che “per le scuole paritarie, esclusivamente per quanto riguarda l’elaborazione del Rapporto di autovalutazione, seguirà una specifica Nota con l’indicazione della tempistica e della modalità di compilazione”. Pertanto le scuole paritarie, per ora, non possono accedere al RAV e a breve una Nota della DGOSV, inviata ad ogni Istituzione scolastica paritaria e pubblicata sul Portale SNV, spiegherà la tempistica, le modalità di identificazione e di realizzazione del processo di autovalutazione.

Se una scuola conclude il RAV entro luglio, cosa significa che deve consolidarlo entro dicembre?

Il RAV che le scuole compilano nel periodo 22 maggio-31 luglio serve per individuare le Priorità per il miglioramento degli Esiti del nuovo triennio. Ogni anno le istituzioni scolastiche hanno sempre individuato le Priorità entro giugno per consentirne l’inserimento, come obiettivi, nei nuovi incarichi dei Dirigenti scolastici. Quest’anno, per sostenere ulteriormente il processo di autovalutazione e miglioramento del triennio 2019-2022, viene prevista una ulteriore possibilità per le scuole. Da settembre a dicembre 2019, infatti, le scuole hanno a disposizione anche i Risultati raggiunti da alunni e studenti al termine dell’anno scolastico 2018-2019 e possono scegliere se confermare o adeguare le scelte operate in riferimento alle Priorità ed ai Traguardi all’interno della piattaforma RAV, aperta nel periodo settembre-dicembre 2019. Questa possibilità è definita consolidamento, poiché la scuola ha già redatto il proprio RAV, ma può intervenire per adeguarlo ai risultati dell’ultimo anno scolastico trascorso, che negli anni precedenti non aveva mai avuto a disposizione.

La scuola è obbligata a rivedere il RAV nel periodo settembre-dicembre 2019?

Le scuole compilano il Questionario Scuola e le sezioni del RAV finalizzate all’autovalutazione ed all’individuazione delle priorità e dei traguardi nel periodo 22 maggio-31 luglio. Per farlo, hanno già a disposizione le Priorità ed i Traguardi che hanno definito quando hanno redatto il PTOF 2019-2022, che ora possono eventualmente regolare.
A settembre, grazie alle risposte fornite tramite il Questionario Scuola, nella piattaforma saranno rese disponibili le tabelle degli indicatori con i benchmark di riferimento, oltre ai dati relativi agli esiti riferiti all’anno scolastico 2018-2019.  Le scuole che riterranno di volere ulteriormente regolare le Priorità ed i Traguardi già definiti entro luglio potranno nuovamente intervenire sul RAV, in quanto la piattaforma resterà aperta da settembre al 31 dicembre 2019.

Le Priorità ed i Traguardi che la scuola modifica nella piattaforma RAV, vengono inserite dal sistema anche nella piattaforma PTOF?

Le scuole che hanno indicato Priorità e Traguardi desunti dal RAV nella piattaforma PTOF presente nel SIDI quando hanno predisposto il piano 2019-2022 le trovano precaricate nella piattaforma RAV. Qualora le modifichino, devono aggiornare manualmente la loro descrizione all’interno della piattaforma PTOF, poiché tale modifica non opera in automatico.

Perché la maggior parte delle tabelle del RAV sono vuote?

Le tabelle del RAV servono a mostrare il posizionamento della scuola in riferimento ai diversi aspetti presi in considerazione nel processo di autovalutazione e miglioramento. Con il RAV 2019 questo processo riparte, poiché si individuano le nuove priorità per il periodo 2019-2022. Per questo motivo viene riproposto il Questionario Scuola nel periodo 22 maggio-31 luglio, che non veniva compilato dall’anno scolastico 2016-2017, e che contribuisce a definire i nuovi benchmark. Questi ultimi saranno disponibili da settembre, dopo che il sistema avrà elaborato le risposte fornite dalle scuole, ed è per questo che molte tabelle, al momento, sono vuote.

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Impronte digitali presidi: addio all’agilità e all’efficienza. Ma ci rimetteranno le scuole

da La Tecnica della Scuola

Di Gianni Zen

Dunque, quello che non doveva succedere, che conveniva anche allo Stato non succedesse, invece è accaduto.

Il ddl denominato pomposamente “Concretezza” è legge (n.135), è cioè diventato legge ieri al Senato.

Tra le altre cose, vengono previste le impronte digitali anche per i presidi.

In poche parole, lo Stato, con questa legge, sospetta che io sia un furbetto del cartellino. Mentre tutti sanno, nelle mie due scuole, che così non è. Basterebbe anche una piccola verifica, magari a campione, e tutto sarebbe tranquillo.

Invece, si preferisce sparare nel mucchio, lanciare logiche del sospetto, far intendere che potrei essere un imbroglione. In altre parole, si preferisce il pensiero negativo, quasi a giustificare che tra tutti noi sarebbe bene e meglio, in via preventiva, sviluppare sospetti, malelingue, ecc..

Che sia questo il sentimento dominante oggi? Qual è la conseguenza, per il mio lavoro?

La fine della agibilità, cioè di quella gestione flessibile del tempo che mi ha sempre consentito di seguire, al volo, mille cose. No, non potrò più, perché dovrò garantire la tracciabilità, che è trascrizione spazio-temporale di una dinamica del mio lavoro che è oltre della mera logica spazio-temporale.

Se l’agibilità flessibile mi ha permesso efficacia ed efficienza, come sanno chi conosce cosa faccio e dove lo faccio ogni giorno, questo vincolo invece mi impedirà una gestione del mio tempo-spazio lavorativo centrata sui risultati, come è per tutti coloro che hanno responsabilità plurime.

Paradossalmente, non potrò da oggi più garantire efficacia ed efficienza.

Lo sappiamo bene, questa flessibilità è ciò che tiene in piedi la scuola italiana, perchè consente, a chi ha senso della responsabilità, passione, dedizione, una disponibilità senza orari, cioè a fare anche oltre il proprio dovere.

Si sa, ci sono pochi presidi, docenti, personale che ha scelto il profilo minimalista, a volte anche condito di incompetenza e insensibilità.

Ma sono pochi, mentre la gran parte fa oltre il proprio dovere, lo fa perché ogni giorno guarda in faccia i propri bambini e ragazzi, parla con le famiglie, sente il profumo e la pressione sociale, coglie al volo le nuove domande formative.

La ministra Bongiorno, ammettendo l’incapacità di costruire un adeguato ed equo sistema di valutazione, che sia terzo, trasparente, invece di verificare cioè, ed eventualmente punire, i pochi che non fanno il proprio dovere preferisce, come sempre, sparare nel mucchio, andando, guarda caso, a colpire proprio chi fa oltre il proprio dovere.

Perché? Perché chi fa il poco, essendo il controllo biometrico un riscontro solo quantitativo, continuerà beato, mentre chi ha bisogno dell’agilità che conosce solo chi ha senso della responsabilità, si troverà penalizzato.

Che fare? Come funzionari, siamo obbligati ad osservare le leggi.

Ma, come funzionari non stupidi, come voleva Hannah Arendt, ci si trova invece costretti a calibrato, come norma vuole, il proprio impegno. Cioè lo sciopero bianco.

Ce lo aveva insegnato Socrate, nel Critone: il modo migliore per mostrare il senso di certe norme è portarle a contraddizione.

Ma i musicanti della politica odierna, riempiti di vuoto, sanno e sapranno imparare dalle proprie contraddizioni?

Qui sta la differenza tra statista e politico di giornata. Chi ci rimetterà? Sappiamo già la risposta.

Ci rimetteranno le scuole, i docenti, i ragazzi, le famiglie, il tessuto sociale.

Esploderanno queste contraddizioni in protesta pubblica tanto da far cambiare una norma sbagliata?

Verrà cioè il momento che la rabbia, il risentimento, l’invidia, cioè i sentimenti che vanno oggi per la maggiore, troveranno il modo, questa volta, almeno per una volta, di esplodere in positivo, contro certe assurdità? Vedremo chi ha spina dorsale.

Da oggi niente H24, visto il ruolo odierno dei cellulari e tablet, niente più la porta sempre aperta, niente più risposte entro poche ore, niente più disponibili a idee, proposte, progetti, niente più….

Tutto calcolato al minimo sindacale, perché costretti a diventare tutti figli del matematismo. Ma, per paradosso, sarò più libero, avrò più tempo per me. E ne guadagnerò in salute. Se lo Stato mi vuole così, così farò.

Tracce maturità 2019, Bussetti: ‘Aggiunta una martedì scorso’

da Tuttoscuola

“Sono tutte pronte, ne ho aggiunta una proprio martedì”. Durante un’intervista alla trasmissione di Rai Radio1 “Un Giorno da Pecora”, il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, parla delle tracce maturità 2019 lasciandosi sfuggire qualche dettaglio che invece non sarà sicuramente scappato agli studenti. Oltre mezzo milione di maturandi sono infatti alle prese quest’anno con il nuovo esame di maturità che li vedrà impegnati dal prossimo 19 giugno, giorno della prima prova maturità 2019. Meno di una settimana al via delle prove scritte quindi, ma l’avvicinarsi alla data della prima prova 2019 non sembra aver impedito al Ministro di aggiungere una traccia a quelle già pronte.

“Mi sono detto perché ‘non proporre anche una cosa di questo tipo’ – ha spiegato Bussetti ai conduttori della trasmissione, Geppi Cucciari e Giorgio Lauro – mi è venuta in mente alle 5.30 di mattino, ma ci riflettevo già da qualche tempo”. Ricordiamo che le tracce sono 12, da cui ne saranno scelte sette.

“A deciderle – ha precisato il Ministro – sarò io, da solo, perché è necessario mantenere la completa segretezza” e si è augurato che quando saranno lette ci sia “una reazione di stupore ma felice degli studenti”.

Torna il Mese dell’Educazione Finanziaria: iscrizioni aperte fino al 13 settembre

da Tuttoscuola

Dopo la prima edizione, che ha visto l’adesione di 108 organizzazioni (per un totale di 197 soggetti coinvolti, tra istituzioni e organizzazioni pubbliche e private), con oltre 350 eventi in 120 città in tutta Italia, torna dall’1 al 31 ottobre 2019 il Mese dell’Educazione Finanziaria promosso dal Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, di cui è membro per il MIUR il Dirigente Tecnico Alvaro Fuk. Ne dà notizia il Miur attraverso un comunicato che riportiamo.

Il Mese avrà un calendario ricco di appuntamenti, a cominciare da quelli della prima settimana di ottobre connessi alla “World Investor Week” – la manifestazione internazionale dedicata alla gestione del risparmio – per proseguire con eventi culturali, seminari informativi, spettacoli, giornate di gioco e formazione sull’Educazione finanziaria e sui temi assicurativi e previdenziali.

Le iniziative possono essere proposte compilando il form on line all’indirizzo www.quellocheconta.gov.it/ottobreedufin dallo scorso 12 giugno e fino al 13 settembre 2019.

L’adesione consentirà di utilizzare il logo ufficiale del Mese e di comparire nella promozione su scala nazionale, così da garantire agli organizzatori delle singole iniziative una maggiore visibilità e favorire l’efficacia delle azioni attraverso il coordinamento con gli altri soggetti partecipanti.

Per tutti i partner del Mese saranno a disposizione anche una chat e strumenti interattivi per massimizzare la comunicazione sugli eventi, conoscere chi in Italia si impegna su questo fronte, così da creare sinergie.

Il Comitato invita associazioni, istituzioni, imprese, università e centri di ricerca, scuole, fondazioni, pubbliche amministrazioni e qualsiasi organizzazione voglia impegnarsi nel campo dell’Educazione finanziaria con eventi di qualità, senza scopo di lucro e gratuiti per chi vi partecipa, a proporre la propria candidatura. Saranno accolte tutte le iniziative che avranno l’obiettivo di accrescere le conoscenze di base sui temi assicurativi, previdenziali e di gestione e programmazione delle risorse finanziarie personali e familiari. Conoscenze indispensabili per la serenità di oggi e del futuro.

Controllo biometrico è legge, approvato dal Senato in via definitiva

da Tuttoscuola

È ufficiale: il Senato ha approvato ieri in via definitiva la legge contro i furbetti del cartellino, voluta dal ministro della Pubblica Amministrazione Giulia Bongiorno (Lega). Il controllo sarà biometrico per evitare falsi e sostituzioni di persone. Non saranno soggetti ai controlli biometrici gli insegnanti, mentre lo saranno i dirigenti scolastici e il personale ATA.

È, quindi, caduto nel vuoto l’appello unitario dei sindacati che avevano chiesto ai senatori di escludere dal controllo biometrico i dirigenti scolastici, per i quali la misura, oltre a costituire un grave e immotivato atto di sfiducia, sarebbe anche di non facile applicazione in quanto, a differenza dell’altro personale scolastico e di altri dipendenti pubblici, il capo d’istituto svolge la propria funzione istituzionale spesso all’esterno dell’ufficio e presso le sedi scolastiche dipendenti (per non parlare delle reggenze).

La legge non potrà essere immediatamente applicata, perché ha bisogno di uno specifico decreto applicativo e, soprattutto, dell’installazione in tutte le oltre 45 mila sedi scolastiche delle costose apparecchiature. Se e quando sarà, i dirigenti scolastici finirebbero confinati negli uffici, in un ruolo alterato. Cosa penseranno i docenti liberi dai controlli biometrici del loro capo controllato come potenziale assenteista?

Nota 14 giugno 2019, AOODGOSV 13052

Ai Direttori degli Uffici Scolastici Regionali
LORO SEDI
Al Sovrintendente Scolastico per la Scuola in lingua italiana della Provincia Autonoma di
BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca della Provincia Autonoma di
BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la Scuola delle località ladine della Provincia Autonoma di
BOLZANO
Al Dirigente Generale del Dipartimento della Conoscenza della Provincia Autonoma di
TRENTO
Al Sovrintendente Scolastico per la Regione Autonoma
VALLE D’AOSTA
LORO SEDI

Oggetto: III Edizione Campionato nazionale di Pasticceria – Istituti alberghieri d’Italia. Bando di concorso per l’edizione dell’anno scolastico 2019-2020. Ercolano (NA), 19-20-21 novembre 2019.

Legge 14 giugno 2019, n. 55

Legge 14 giugno 2019, n. 55 

Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici. (19G00062)
(GU Serie Generale n.140 del 17-06-2019)

La Camera dei deputati ed il Senato della Repubblica hanno approvato;

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICA

Promulga la seguente legge:

Art. 1
1. Il decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32, recante disposizioni urgenti per il rilancio del settore dei contratti pubblici, per l’accelerazione degli interventi infrastrutturali, di rigenerazione urbana e di ricostruzione a seguito di eventi sismici, e’ convertito in legge con le modificazioni riportate in allegato alla presente legge.
2. Restano validi gli atti e i provvedimenti adottati e sono fatti salvi gli effetti prodottisi e i rapporti giuridici sorti sulla base dell’articolo 1 del medesimo decreto-legge 18 aprile 2019, n. 32.
3. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nella Gazzetta Ufficiale.

La presente legge, munita del sigillo dello Stato, sara’ inserita nella Raccolta ufficiale degli atti normativi della Repubblica italiana.
E’ fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e di farla osservare come legge dello Stato.

Data a Roma, addi’ 14 giugno 2019

MATTARELLA

Conte, Presidente del Consiglio dei ministri
Toninelli, Ministro delle infrastrutture e dei trasporti
Visto, il Guardasigilli: Bonafede