Pensionamenti ‘quota 100’

Si è svolta il 26 luglio al Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (MIUR), l’informativa sindacale sull’andamento delle certificazioni del diritto a pensione del comparto scuola per il 2019. Erano presenti rappresentanti del MIUR e dell’INPS (l’Istituto Nazionale di Previdenza Sociale) che stanno collaborando attivamente attraverso i loro uffici territoriali.

Al 24 giugno, secondo i dati forniti oggi alle Organizzazioni Sindacali, risulta lavorato il 99,12% delle domande di pensionamento presentate entro il 12 dicembre scorso, secondo le regole di pensionamento vigenti prima dell’introduzione della cosiddetta ‘quota 100’ entrata in vigore successivamente (si tratta della cosiddetta prima platea).

Risulta poi lavorato il 79,77% delle domande relative alla cosiddetta seconda platea, quella che ha presentato domanda entro il 28 febbraio, dopo l’introduzione di ‘quota 100’.

“Siamo particolarmente soddisfatti – commenta il Ministro Marco Bussetti – dell’andamento delle operazioni. Grazie al lavoro di squadra svolto da MIUR e INPS, sia attraverso gli uffici centrali che territoriali, stiamo procedendo molto rapidamente con le certificazioni. L’obiettivo finale è quello di consentire a coloro che nella scuola hanno diritto alla pensione di poterne usufruire da settembre, senza soluzione di continuità con lo stipendio. Anche a quelli che hanno presentato domanda nell’ambito della finestra che si è aperta a seguito dell’introduzione di ‘quota 100’ e dell’‘Opzione donna’”.

Ricerca in Artico

Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Marco Bussetti, visiterà, il 28 e 29 giugno prossimi, la stazione di ricerca italiana “Dirigibile Italia”, situata a Ny-Ålesund (Isole Svalbard) nel Circolo Polare Artico. La stazione è gestita dal Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR).

Bussetti, insieme al presidente del CNR, Massimo Inguscio, visiterà anche le altre infrastrutture scientifiche gestite dal nostro Paese (Climate Change Tower CCT, Stazione di Gruvebadet) e incontrerà i ricercatori italiani attualmente in attività a Ny-Ålesund. Una visita storica, per la prima volta un Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca italiano si reca, infatti, presso la base.

La presenza del Ministro arriva a conclusione delle cerimonie commemorative del novantennale dell’impresa di Umberto Nobile, Generale della Regia Aeronautica Militare Italiana, a bordo del Dirigibile Italia, da cui la nostra base di ricerca ha preso il nome. Bussetti e Inguscio si recheranno presso il pilone di attracco dal quale il dirigibile partì per le sue missioni, inclusa quella che sorvolò il Polo Nord e che purtroppo si concluse tragicamente. Lì apporranno una targa commemorativa.

In occasione della sua visita in Norvegia, il Ministro domani, alle 18.30, incontrerà inoltre presso l’Istituto Italiano di Cultura di Oslo rappresentanti della comunità scientifica italiana. L’incontro sarà un’occasione di discussione, dibattito e scambio di idee sui temi della ricerca del nostro Paese all’estero.

“La comunità scientifica italiana è apprezzata in tutto il mondo. Il lavoro che si svolge presso la base artica ne è una ulteriore dimostrazione – sottolinea il Ministro Bussetti -. Con questa missione vogliamo essere vicini ai nostri ricercatori, incontrarli sul campo, confrontarci con loro e lanciare il messaggio che per questo governo la ricerca è davvero centrale. Continueremo a sostenere la missione artica, fonte di importanti conoscenze scientifiche, e a incrementare i finanziamenti per la ricerca scientifica nel nostro Paese”.

“La ricerca scientifica italiana artica e antartica, con le ricercatrici e i ricercatori del CNR, partecipa e contribuisce da decenni a una migliore conoscenza e divulgazione dello stato di salute della Terra e degli impatti dei cambiamenti climatici sugli esseri umani, sugli animali, sulle piante, sugli oceani e sull’aria che respiriamo. Gli scienziati ed esploratori guidati e ispirati 90 anni fa dal comandante generale Umberto Nobile rappresentano per tutti noi e specialmente per le future generazioni un esempio di valori universali, patrimonio dell’umanità, da coltivare e proteggere per la pace, la fratellanza tra i popoli, il benessere delle persone, la protezione dell’ambiente e il progresso culturale, scientifico e tecnologico”, afferma il presidente del CNR Massimo Inguscio.

L’Artico si sta scaldando più rapidamente di ogni altra regione del pianeta ed è considerato un amplificatore dei processi climatici globali. Per questo le istituzioni internazionali di ricerca scientifica hanno voluto costituire qui una comunità di studiosi per approfondire i processi in atto e individuare le relative strategie di mitigazione e adattamento.

L’Italia è stabilmente presente con il Consiglio Nazionale delle Ricerche (CNR) in Artico dal 1997, anno di apertura della stazione “Dirigibile Italia”, e ha conseguito numerosi e importanti risultati scientifici. A questo impegno si aggiunge quello per l’Antartide dove il nostro Paese è presente con due basi di ricerca sulla costa del Mare di Ross con la stazione Mario Zucchelli-MZS e all’interno del continente a Dome-C con la stazione Italo-Francese “Concordia”.

FONDO ISTITUTO

FONDO ISTITUTO, GILDA: SCUOLE ANCORA IN ATTESA DEI SOLDI 

Tutti i soldi previsti per il FIS, Fondo dell’Istituzione Scolastica con cui vengono pagate le funzioni e i progetti svolti dai docenti, sono ancora bloccati in attesa delle verifiche da parte del Ministero dell’Economia e delle Finanze. A sollevare la questione è la Gilda degli Insegnanti in seguito alle numerose rimostranze pervenute dalle scuole in merito al mancato accredito delle somme del FIS per l’anno scolastico 2018/19. 

“Da verifiche che abbiamo effettuato consultando gli uffici del Miur – spiega il coordinatore nazionale della Gilda, Rino Di Meglio – ci risulta che, oltre alle somme relative all’anno scolastico appena concluso, sarebbero bloccate anche le risorse del FIS 2017/18 che non sono mai arrivate agli istituti. Si tratta di una situazione inaccettabile e chiediamo che Miur e Mef accelerino i tempi di accredito dei fondi, così da corrispondere i compensi dovuti ai docenti”. 

K. Gallmann, Elefanti in giardino

Gallmann e la sua Africa

di Antonio Stanca

Nel 2018 è comparsa presso Mondadori, nella serie “Oscar Bestellers”, la ristampa dell’opera Elefanti in giardino della scrittrice italiana, naturalizzata keniota, Kuki Gallmann. L’aveva pubblicata nel 2001 e nello stesso anno era stata edita per la prima volta in Italia da Mondadori. La versione originale è in lingua inglese come ogni altra opera della Gallmann.

  La scrittrice è nata a Treviso nel 1943 e nel 1972 si eratrasferita col figlio Emanuele e il secondo marito Paolo in Kenya dove, dopo qualche anno, avevano acquistato una vasta tenuta denominata Ol ari Nyiro. Si trova sugli altipiani di Laikipia nella parte meridionale del Kenya. Qui avevano costruito la loro casa e qui vivevano tra le colline, i fiumi, i laghi, le foreste, la savana, gli animali di un posto immenso che in parte era ancora inesplorato. Kuki vi era giunta quando aveva ventinove anni e aveva perso il primo marito dal quale aveva avuto Emanuele. In Africa a causa di ripetute disgrazie perderà Paolo nel 1980 ed Emanuele nel 1983. Rimarrà con la figlia Sveva, avuta da Paolo, e con i ricordi mai smessi di una vita vissuta in luoghi, in tempi diversi: in Italia fino alla giovinezza, in Africa nella maturità. Elefanti in giardinoè il libro dedicato a questi ricordi. 

  Successo ha avuto anche come scrittrice la Gallmann, alcune sue opere, Sognavo l’Africa, sono state trasposte in film e nel 2017 ha vinto il Premio Letterario Gambrinus Giuseppe Mazzotti. 

  Elefanti in giardino si compone di due parti, la primadice della vita trascorsa dalla Gallmann nei luoghi della sua nascita e formazione, della sua famiglia, dei suoi parenti, dei suoi compagni di scuola, delle sue prime esperienze, di tutto quanto aveva fatto parte della sua infanzia e adolescenza avvenute durante i dolorosi anni della Seconda guerra mondiale e della Resistenza in un Veneto esposto a pericoli di ogni genere.

E’ tanto animata la scrittura della Gallmann che vicino fa apparire quanto dice, partecipe rende il lettore delle vicende, delle situazioni rappresentate. Sembra un racconto che la scrittrice compie a viva voce e durante il quale non cessa mai di parlare né permette che le si chieda una spiegazione, che la si interrompa. Sempre parla poiché tanto ha da dire e questa maniera diventa più evidente, più accesa quando nel libro si passa alla seconda parte, quella dedicata all’Africa. Qui c’è molto di più da dire, qui la Gallmann non smette di sorprendere, di meravigliare, d’incantare ché infiniti sono gli spazi, i colori, i suoni, le luci, le immagini, le forme della vita umana, animale, vegetale in una regione come il Kenya, in una terra come l’Africa. Nelle sue pagine l’Africa diventa verità e mistero, realtà e magia,storia e leggenda, luce e tenebra, bene e male, vita e morte, presente e passato, finito e infinito, terra e cielo, umano e divino. L’Africa della Gallmann è tutto quanto fin dalle origini ha fatto parte dell’uomo ed ancora sta con lui a riprova che per vita è da intendere la totalità, la varietà dell’essere, che niente finisce di valere, che tutto diventa eterno. Vasta, immensa, infinita è la sua Africa,sterminate sono le sue conoscenze dei nomi, dei luoghi,dei tempi, degli usi, dei costumi che in Africa ci sono stati e ci sono.

  Tuttavia è costretta a riconoscere come pure in Africala modernità abbia iniziato a guastare alcune parti, alcuni aspetti. Per questo ha pensato, già da tempo, di fare della sua tenuta un luogo dove permettere la conservazione di ogni forma di vita esistente, di ogni specie animale e vegetale, l’ha trasformata, a partire dal 1984, nella Gallmann Memorial Foundation. Con questa ha voluto onorare il marito e il figlio persi e unire alla loro attività di ambientalisti anche la sua, ha voluto avviare un’imponente operazione di salvaguardia dell’ambiente in un’Africa che sta perdendo i suoi connotati. La sua speranza è che anche dopo di lei la Fondazione continui a perseguire tali propositi poiché in essi vede l’unica possibilità di salvezza per un’umanità devastata, avvelenata dalla modernità.

La maturità nell’era del link

da la Repubblica

Paolo Di Paolo

«Ma quindi fisica come l’hai collegata? ». L’ansia dei nuovi orali alla maturità 2019 diventa subito un messaggio vocale. Nervoso. Lo intercetto sulla metropolitana, un quarto d’ora dopo essere uscito da uno storico liceo di Roma, il Pilo Albertelli. Via Manin, a pochi passi dalla stazione Termini. Una commissione è al lavoro già da un po’, un’altra cambia di piano perché il caldo, al terzo, è insostenibile. La preside passa sul corridoio, abbraccia i ragazzi, li conforta. Il nuovo esame di Stato — piombato in corso d’anno sulla testa di docenti e studenti — arriva alla sua conclusione “thrilling”. Si manifesta in forma di buste chiuse: tre per candidato. Se ne pesca una, qualche minuto per pensare, e poi via: collegare. Che il punto di partenza sia un brano di Tacito o di Euripide, occorre muoversi di lì per costruire, all’impronta, una rete di ragionamento che tocchi tutte le materie.

La commissione — metà prof interni, metà esterni — sollecita, talvolta indirizza appena. E giudica. «I ragazzi sono molto tesi, forse più del dovuto» mi dice una presidente di commissione. «Li ho rassicurati. Ho detto: è una prova da prendere sul serio, ve la ricorderete per tutta la vita, a differenza di molti altri esami. Ma non è mai morto nessuno ».

Benedetta esce dall’aula, ha appena finito. Esausta, un sorriso incerto. È durata quasi un’ora. Nella busta c’era un testo di Tacito, in latino, sì, ma «abbastanza familiare». Si è presa un po’ di tempo per riflettere, si è avventurata in una riflessione sul potere, tenendo insieme Stalin e Freud e anche la fisica, «in qualche modo».

I nati nel 2000 si ritrovano pionieri anche in questo “Rischiatutto”, come qualche professore critico l’ha ribattezzato, che li costringe a essere fino in fondo “jumping minds”. Menti che saltano o saltellano di materia in materia, improvvisando un ipertesto a voce. Aprono link, su due piedi. Connettono Euripide all’eugenetica passando per gli Inni sacri di Manzoni. Soffro un po’ per la ragazza che, aprendo la busta, si trova davanti il prologo delle Baccanti e, con una velocità notevole, decide di avventurarsi nel tema uomo/religione, parlando, con l’insegnante di fisica, di Dna modificato. Perché lo collega alla religione?, chiede la prof. «Perché è una questione che solleva domande morali, e quindi anche religiose». Salta ai campi magnetici — «fenomeni che un tempo erano spiegati solo col miracoloso»; tratteggia linee su un foglio bianco, evoca le equazioni di Maxwell. Non è finita. Deve raccontare anche la sua esperienza con l’alternanza scuola-lavoro e commentare un articolo della Costituzione. La candidata resiste. I genitori — pochi i rappresentanti della categoria — timidi, piuttosto tesi, ascoltano restando sulla porta. Per fortuna, non c’è il pubblico delle lauree. Un’altra ragazza tira in ballo don Sturzo e la citazione in sé fa un certo effetto: che “una 2000” parli disinvolta di Democrazia cristiana, e di archivi di uomini politici, quasi sorprende gli ascoltatori novecenteschi. La docente di italiano le domanda che effetto fa a un nativo dig itale il contatto con vecchi faldoni. «Toccare con mano — risponde — è diverso». Chissà se è convinta. Il caldo non aiuta, chi attende si sventola. I ragazzi hanno preparato una bottiglia di spumante, comunque vada. Mentre per i commissari arrivano i caffè.

Busta uno, busta due, busta tre: al posto della vecchia, e un po’ meccanica, tesina, ora c’è da affidarsi al caso. E poi, per quanto possibile, correggerlo. L’immagine di un fungo atomico, una poesia, un problema, una formula matematica. La tessera di un puzzle da completare sul momento. Che funzioni o no, si verifica sul campo. I maturandi si sentono cavie. I docenti sono un po’ spiazzati: «Credo ci sia in fondo poca convinzione — mi dice una di loro — su quanto, troppo frettolosamente, è stato cambiato. Giocando, forse con spericolatezza, sull’ultimo tassello del lungo e complesso percorso educativo, ma senza riflettere a sufficienza su quanto vada ripensato a monte». Sì, chiedere ai ragazzi del 2000 di connettere, di non pensare al sapere come a una somma di compartimenti stagni, di disegnare reti può essere sensato. Ma se l’allenamento non comincia in tempo, se diventa un esperimento dell’ultima ora dell’ultimo giorno fra i banchi di scuola, somiglia a un gioco. Tardivo, e perfino un po’ avventato.

Bussetti rilancia l’autonomia

da ItaliaOggi

Alessandra Ricciardi

Maggiore autonomia agli atenei affinché possano sprigionare le energie di cui dispongono. L’annuncio che il progetto di riforma dell’autonomia universitaria, in attuazione di quanto previsto dalla legge n. 240/2010, resta nell’agenda di governo è giunto ieri dal ministro dell’istruzione, università e ricerca Marco Bussetti nella prima della tre giorni del Processo di Bologna, il meeting preparatorio in vista della nuovo comunicato dei ministri dell’istruzione dell’area paneuropea che si avrà nel 2020. Ancora non definiti, secondo quanto risulta a ItaliaOggi, i tempi del progetto complessivo di riforma così come la sua architettura.

L’Italia è uno dei paesi fondatori del Processo di Bologna, che ha tra le principali finalità quella di armonizzare i sistemi europei di formazione superiore al fine di creare uno Spazio Europeo della Formazione Superiore (European Higher Education Area – Ehea). Tale Spazio europeo dell’istruzione superiore è il risultato della volontà politica ad oggi di 48 paesi, rispetto ai 29 firmatari iniziali, che nel corso degli ultimi venti anni hanno costruito un’area comune per gli scambi accademici, utilizzando strumenti e linguaggi comuni.

«Abbiamo creato un sistema europeo di trasferimento di crediti, un sistema sempre più dialogante grazie alla volontà dei singoli stati, che deve puntare a cogliere le sfide della maggiore competitività, del trasferimento tecnologico e della richiesta di sempre maggiore formazione», spiega il responsabile del segretario del processo di Bologna, Luca Lantero, direttore del Cimea, che evidenzia come «il numero degli studenti nel settore della formazione superiore aumenterà drasticamente, creando una esigenza globale di formazione a livello terziario di qualità».

Per l’Italia, Bussetti ha rivendicato la necessità di realizzare attraverso l’istruzione superiore la mediazione necessaria a superare gli squilibri tra stati. In tal senso un ruolo fondamentale è quello che hanno le università ed enti di ricerca. E ha declinato gli obiettivi: ricerca come motore dell’innovazione e della crescita, internazionalizzazione, trasferimento tecnologico e più peso al partenariato pubblico-privato.

Inoltre, «gli attori chiave del sistema formativo di quello economico devono cooperare in sinergia per superare il gap tra offerta formativa e domanda delle imprese, allineare i curriculum di studio alle future professioni dei ragazzi». E poi sostegno all’utilizzabilità dei brevetti, esportazioni tecnologiche, collaborazioni università e imprese. Perché questo sia possibile, ha detto Bussetti, «dobbiamo lavorare per garantire una maggiore autonomia degli atenei affinché possano sprigionare tutte le energie positive di cui dispongono, siano maggiormente liberi di competere tra di loro, e venga garantita una ancora più alta qualità didattica e organizzativa».

Il riferimento è all’attuazione dell’articolo 1, comma 2 della legge 30 dicembre 2010, n. 240 il quale prevede che «in attuazione delle disposizioni di cui all’articolo 33 e al titolo V della parte II della Costituzione, ciascuna università opera ispirandosi a principi di autonomia e di responsabilità». Sulla base di accordi con il Miur, «le università che hanno conseguito la stabilità e sostenibilità del bilancio, nonché risultati di elevato livello nel campo della didattica e della ricerca, possono sperimentare propri modelli funzionali e organizzativi, ivi comprese modalità di composizione e costituzione degli organi di governo e forme sostenibili di organizzazione della didattica e della ricerca su base policentrica».

Ata sorvegliati e schedati, dirigenti controllati

da ItaliaOggi

NicolaMondelli

L’Aula di Palazzo Madama ha finalmente approvato in seconda lettura il disegno di legge di iniziativa del Governo contenente interventi per la concretezza delle azioni delle pubbliche amministrazioni e la prevenzione dell’assenteismo. Le modifiche apportate in sede parlamentare riguardano l’istituzione presso il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del consiglio dei ministri di un Nucleo della concretezza; le misure per il contrasto dell’assenteismo; le misure per accelerare le assunzioni mirate e il ricambio generazionale nella pubblica amministrazione e le disposizioni per la mobilità tra il settore del lavoro pubblico e quello privato.

Due sono sostanzialmente le misure indicate per contrastare e combattere l’assenteismo nelle pubbliche amministrazioni: l’introduzione di sistemi di verifica biometrica dell’identità (impronte digitali) e di apparecchi di videosorveglianza degli accessi.

Ai fini della verifica dell’osservanza dell’orario di lavoro anche le istituzioni scolastiche di ogni ordine e grado dovranno pertanto predisporre – nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente e della dotazione di uno specifico fondo che dovrà essere istituito nello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze – sistemi di verifica biometrica dell’identità e di video sorveglianza degli accessi, in sostituzione dei diversi sistemi di rilevazione automatica attualmente in uso. Per l’anno 2019 il fondo potrà contare su 35 milioni di euro. L’utilizzo del fondo sarà disposto, previa ricognizione dei fabbisogni, con uno o più decreti del presidente del consiglio dei ministri.

Negli istituti e scuole di ogni ordine e grado entrambe le misure verifica biometrica dell’identità e videosorveglianza agli accessi) troveranno applicazione esclusivamente nei confronti del personale amministrativo, tecnico ed ausiliario. Dall’ambito di applicazione delle predette norme è escluso, invece, il personale docente ed educativo delle scuole di ogni ordine e grado e delle istituzioni educative.

I dirigenti scolastici delle predette scuole e istituzioni saranno soggetti ad accertamento esclusivamente ai fini della verifica dell’accesso, secondo modalità che dovranno essere stabilite, nell’ambito delle risorse umane, finanziarie e strumentali disponibili a legislazione vigente, con decreto del Ministro della pubblica amministrazione, di concerto con il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca.

Tanto il sistema di verifica biometrica dell’identità quanto quello di videosorveglianza degli accessi non potranno certamente essere operativi, né per gli Ata e né per i dirigenti scolastici, con l’inizio del prossimo anno scolastico. La pubblicazione della nuova legge in Gazzetta Ufficiale, che dovrebbe avvenire nei prossimi giorni e comunque entro il corrente mese, non sarà infatti sufficiente a renderli operativi. Perché ciò possa avvenire dovranno prima essere emanati i decreti attuativi previsti dalla legge, sempre che nel frattempo non intervengano fatti politicamente ed economicamente di tale rilevanza da consigliare un rinvio. Una data credibile per una seppur graduale istituzione delle apparecchiature necessarie per rendere possibile la verifica biometrica dell’identità e la videosorveglianza degli accessi potrebbe essere quella dell’inizio dell’anno scolastico 2020/2021.