TAR del Lazio annulla il Concorso per DS

ANCODIS: il TAR del Lazio annulla il Concorso per DS.

Unico perdente è il sistema scolastico italiano!  

L’Associazione Nazionale Collaboratori dei Dirigenti Scolastici nell’apprendere la notizia dell’annullamento da parte del TAR del Lazio della procedura concorsuale per Dirigente Scolastico si dichiara delusa ma non sorpresa per l’odierna sentenza e si augura che una tempestiva soluzione venga ricercata per consentire a circa 2500 scuole italiane di avere un DS titolare nel prossimo anno scolastico.

Esprime, altresì, sincera vicinanza ai tanti colleghi che hanno brillantemente superato tutte le prove e che oggi si ritrovano a subire una decisione del TAR che condiziona pesantemente una prospettiva di carriera nell’area dirigenziale.

Prende, però, atto che il TAR ha riconosciuto fondati i ricorsi proposti evidenziando di fatto che si è avuta una incapacità di sistema a garantire un sereno e regolare iter concorsuale.

Noi rispettiamo senza se e senza ma la sentenza di primo grado ed auspichiamo una ragionevole soluzione giuridica che dia alle scuole un DS titolare dal prossimo due settembre.

I Collaboratori dei DS sono consapevoli della gravissima condizione nella quale permarrebbero le scuole italiane ove non si ritrovassero tempestive soluzioni rispettose dei diritti di tutti e fondate sulle vigenti normative.

Ne sono pienamente consapevoli poichè il 45% si trova con un DS titolare ma reggente in altra scuola oppure con DS reggente: siamo dunque di fronte ad una vera emergenza se quasi il 50% delle scuole non si trova ad avere un DS a tempo pieno! 

Pretendono una soluzione che metta ogni autonoma istituzione scolastica in condizione di iniziare l’anno scolastico con una guida: oltre il danno sarebbe la beffa – una grave beffa – ritrovarsi con scuole ancora in reggenza, con tutte le criticità che i Collaboratori conoscono benissimo e per le quali hanno sempre dato il massimo dell’impegno per consentire un adeguato servizio scolastico per il personale, per gli alunni, per le famiglie.  

E, nel caso non si trovassero tempestivamente risposte conseguenti alla sentenza del TAR, l’unica cosa che non si può consentire alle oltre 2500 scuole italiane è permanere nella condizione di reggenza ormai considerata da tutti un fenomeno davvero patologico!

Non sta a noi proporre una soluzione giuridica al contenzioso legale che oggi ha trovato una risposta nella sentenza del TAR.

Ma in attesa di questa soluzione, ANCODIS ha una precisa proposta: nel caso in cui si confermasse per una I.S. lo stato giuridico di reggenza, si conferisca l’incarico di presidenza al Primo Collaboratore del DS (ex vicepreside).

E’ un istituto al quale è opportuno ed urgente ritornare anche se in maniera diversa dal passato, ovvero affidandolo a docenti con esperienza nella governance scolastica.

Occorre semplicemente dare la possibilità di accesso a quanti negli anni hanno dimostrato competenze, professionalità e spirito di servizio e sarebbe il modo per investire sulle risorse esistenti garantendo una guida efficace ad ogni istituzione scolastica, guida che non è più possibile garantire con le vigenti reggenze che si presentano irragionevoli e con evidenti criticità ben note ai tanti Collaboratori dei DS reggenti. 

Per ANCODIS l’unica condizione che non sarà accettabile e che non deve accadere è far permanere oltre 2500 scuole in condizione di reggenza.

Pretendiamo, dunque, soluzioni nel brevissimo tempo in considerazione del fatto che l’anno scolastico 2019-2020 deve avere un ordinato inizio come da tutti auspicato. In caso contrario, avremo un solo perdente: il sistema scolastico italiano!

Mobilità: ancora troppi colleghi in esilio al Nord

Mobilità: ancora troppi colleghi in esilio al Nord, subito intervento sugli organici

La mobilità 2019/2020 ha nuovamente deluso le grandi attese dei docenti esiliati, costretti ancora una volta a restare al Nord Italia a causa della legge 107 e di un contratto sulla mobilità che negli anni futuri li penalizzerà ancora di più, con aliquote sempre più basse.
USB scuola ha sempre messo al centro della propria iniziativa sindacale la questione dei docenti esiliati, auspicando in tutti gli incontri istituzionali la necessità di un intervento sull’organico di fatto, con un forte investimento da parte di Miur e Mef per la definitiva trasformazione dell’organico di fatto in organico di diritto. 
USB sostiene le manifestazioni del 5 Luglio in tutta la penisola italiana, nella convinzione che la scuola pubblica statale necessiti finalmente di un organico stabile con cui garantire al sud Italia sempre più tempo pieno e docenti stabili, e non il gioco annuale delle assegnazioni provvisorie che poi garantisce ad una parte degli esiliati di tornare per un anno, e che la guerra tra docenti di ruolo e precari sia solo funzionale alle politiche di devastazione della scuola pubblica statale.
In questi giorni abbiamo sentito le corporazioni sindacali Cgil, Cisl e Uil esprimersi a favore degli esiliati, dopo aver loro stessi firmato un contratto sulla mobilità che penalizza proprio sugli esiliati, a testimoniare che ormai il loro sport preferito è prendere in giro i lavoratori della scuola.
USB auspica che questo governo, nei prossimi mesi, metta fine a questo triste lascito del governo di Renzi, ritornando finalmente ad investire nella scuola pubblica statale e nella stabilita lavorativa dei docenti.

ALUNNI DISABILI

ALUNNI DISABILI, GILDA: INVESTIRE DI PIÙ PER INCLUSIONE SCOLASTICA    
Sull’inclusione scolastica degli studenti con disabilità si può e si deve fare di più, a partire da maggiori investimenti finalizzati alla formazione del personale, dallo stanziamento di ulteriori risorse in termini di organico da assegnare alle attività di sostegno e dall’aumento dei posti per il TFA sostegno. Ad affermarlo è la Gilda degli Insegnanti che oggi in audizione alla 7^ Commissione del Senato ha illustrato le sue proposte in merito allo schema di decreto legislativo con le disposizioni integrative e correttive del d.lgs. 66/2017. 
Secondo la Gilda, “le risorse per un piano di formazione degli insegnanti e del personale non docente e per tutte le altre misure di accompagnamento, quantificate in 5,03 milioni di euro, cioè meno di 600 euro per ogni scuola, sono assolutamente insufficienti. Un discorso serio sulla formazione pretende non soltanto formatori all’altezza del compito, che vanno pagati, ma anche la necessità di retribuire dignitosamente le ore di formazione del personale scolastico”.
“Riteniamo molto grave la mancanza di risorse sia economiche sia di organico per l’attuazione delle modifiche proposte al d.lgs 66/2017: nei diversi articoli – evidenzia il sindacato – viene ripetuto più volte che i nuovi adempimenti devono essere svolti con le risorse disponibili a legislazione vigente, le famigerate ‘nozze coi fichi secchi’. Altrettanto grave è l’assegnazione di ulteriori compiti e incarichi agli insegnanti senza la previsione e lo stanziamento di fondi per retribuire queste nuove attività professionali”.
Tra gli aspetti critici posti in risalto nel corso dell’audizione, anche la mancata semplificazione delle diverse procedure burocratiche previste a carico della scuola, degli insegnanti e delle famiglie. Per la Gilda è necessario, inoltre, definire con precisione il ruolo e le forme della partecipazione delle ‘Associazioni delle persone con disabilità maggiormente rappresentative’, “affinché nel rispetto dei ruoli non vi sia sovrapposizione e non si creino le condizioni per situazioni conflittuali nelle scuole sulle problematiche delle alunne e degli alunni con disabilità”.  
Tra gli elementi giudicati positivamente, invece, il ripristino della prerogativa della scuola di proporre il monte ore e le altre misure necessarie a garantire il sostegno agli alunni con disabilità e l’introduzione di un rappresentante della scuola nel gruppo di lavoro che definisce il Progetto individuale. 

Settimana Cina-Italia dell’Innovazione, della Scienza e della Tecnologia 2019

Ricerca. Italia-Cina, dieci anni di cooperazione. Al via la call per partecipare alla Settimana dell’Innovazione 2019

Dal 28 al 31 ottobre 2019, si svolgerà l’annuale Settimana Cina-Italia dell’Innovazione, della Scienza e della Tecnologia, in programma nelle città di Pechino e Jinan.

Seminari tematici, tavoli di networking, incontri one-to-one e un’intensa azione di promozione istituzionale sotto l’egida dei rispettivi Governi scandiranno il ritmo dello storico programma di cooperazione bilaterale, avviato dieci anni fa tra Italia e Cina per valorizzare i sistemi innovativi di ricerca e impresa.

La Settimana dell’Innovazione avrà quest’anno un particolare rilievo anche grazie agli accordi siglati nell’ambito del Memorandum of Understanding, firmato in occasione della visita del Presidente cinese Xi Jinping in Italia e in vista del cinquantesimo anniversario delle relazioni diplomatiche nel 2020.

Il programma prevede:

  • il 28 Ottobre (Pechino): lo svolgimento del Sino-Italian Exchange Event;
  • il 29 Ottobre (Pechino): la celebrazione del decimoanniversario del China-Italy Innovation Forum, alla presenza dei Ministri Marco Bussetti e Wang Zhigang;
  • il 30 Ottobre (Pechino): visite a Poli di Innovazione e Centri di Eccellenza;
  • il 31 Ottobre (Jinan): il Focus Territorialeai centri di ricerca e incubatori tecnologici.

In occasione della manifestazione, si svolgeranno inoltre le finali della Best Start-up Showcase Entrepreneurship Competition, che ha visto dall’inizio dell’anno 90 start-up impegnate in un percorso selettivo di esplorazione del contesto cinese. Infine, in occasione del decimo anniversario del Forum, sarà allestita un’area espositivaper presentare i risultati della cooperazione tra istituzioni e imprese italiane e cinesi.

Possono partecipare le imprese e tutti i soggetti pubblici e privati (centri di ricerca, università, cluster tecnologici nazionali, imprese e start-up, distretti innovativi, parchi scientifici e tecnologici, associazioni di categoria, etc.) con una sede in Italia, attivi nell’innovazione di prodotto e processo o nella ricerca scientifica e tecnologica, e che hanno interesse a confrontarsi con potenziali partner della Repubblica Popolare Cinese.

La partecipazione alla manifestazione, agli incontri one-to-one e alle sessioni di lavoro è gratuita ma è subordinata alla compilazione del modulo di registrazione.

Per partecipare alla Settimana è necessario compilare ilmodulo di iscrizione pubblicato sul sito di Città della Scienza: http://machform.cittadellascienza.it/view.php?id=158198

La data di scadenza per l’iscrizione alla manifestazione è fissata:

  • al 31 luglio 2019 per chi vuole proporre un intervento nei seminari tematici;
  • al 27 settembre 2019 per coloro che sono interessati a partecipare agli incontri one-to-one.

Momento centrale di una piattaforma di cooperazione permanente tra i due Paesi, la Settimana è promossa in Italia dal MIUR, in sinergia con il Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale; dalla Regione Campania per il SIEE (Sino-Italian Exchange Event), ed è coordinata dalla Città della Scienza di Napoli, in collaborazione con il Consiglio Nazionale delle Ricerche, Confindustria, i Cluster Tecnologici Nazionali, le principali Università e Centri di Ricerca Italiani, e Campania NewSteel e PNI Cube per il programma delle start-up. Da parte cinese, il programma è promosso dal Ministero della Scienza e della Tecnologia (MoST) e coordinato dal Beijing Municipal S&T Commission, e dall’International Technology Transfer Network per il programma start-up, oltre che dal Beijing Association for Science and Technology-BAST per il SIEE, a sua volta membro della Chinese Association for Science and Technology – CAST.

TAR del Lazio: un vizio di forma travolge il concorso a presidi

TAR del Lazio: un vizio di forma travolge il concorso a presidi

Incompatibilità nella Commissione madre andrebbero ad inficiare tutti gli atti della procedura concorsuale.
Il Tribunale rileva un mancato controllo e un difetto di vigilanza che il MIUR avrebbe dovuto svolgere.

Inizia un calvario giudiziario che vede, sia negli esclusi che nei vincitori di concorso, le vittime di un sistema che mostra, ancora una volta tutti i suoi limiti.
La UIL Scuola, attraverso i propri uffici legali, cercherà di intervenire al fine di tutelare tutti i propri iscritti, sia quelli esclusi dal concorso, che a favore di tutti i candidati che legittimamente hanno superato le diverse fasi concorsuali.
Chiediamo l’immediato intervento del Ministro e di tutto il suo staff affinché intervenga per garantire i diritti di tutti i candidati, nessuno escluso.
La stessa politica è anche chiamata alla sua responsabilità oggettiva e a mettere in discussione un sistema che ha mostrato di non essere non solo inefficace, ma incapace a risolvere problemi di selezione che vanno sicuramente cambiati.


Con la Sentenza del TAR Lazio di oggi si avvia l’ennesimo calvario giudiziario che sta caratterizzando tutti i concorsi per la selezione dei dirigenti scolastici.

Il TAR, pur respingendo i numerosi elementi di doglianza dei ricorrenti, ha ritenuto fondato il motivo relativo alla costituzione della Commissione madre viziata da situazioni di incompatibilità di alcuni suoi componenti con l’effetto di travolgere tutti gli atti della procedura concorsuale. Un vizio di forma, insomma.

Il Tribunale ha ritenuto, infatti, viziati i criteri di valutazione adottati da un organo illegittimamente costituito, andando, ad incidere negativamente sull’intera procedura.
Si rileva un mancato controllo e un difetto di vigilanza che il MIUR avrebbe dovuto svolgere.

Inizia così un calvario giudiziario che vede, sia negli esclusi che nei vincitori di concorso, le vittime di un sistema che mostra, ancora una volta tutti i suoi limiti.

E’ un film già visto. Il MIUR proporrà appello e il Consiglio di Stato dovrà decidere se confermare o meno la sentenza, aprendo una serie di contenziosi anche tra gli stessi candidati.

L’unica certezza è che il sistema scolastico subirà ancora una volta un grave contraccolpo che getta nel caos le scuole e l’avvio del prossimo anno scolastico. Senza considerare i candidati che restano nel limbo dell’incertezza dopo aver affrontato enormi sacrifici nella preparazione del concorso.

Dell’esito delle sentenze non si può che prendere atto.

Chiediamo, però, l’immediato intervento del Ministro e di tutto il suo staff affinché intervenga per garantire i diritti di tutti i candidati, nessuno escluso, attuando tutte le necessarie iniziative volte a garantire una trasparenza, serietà ed effettiva verifica delle procedure concorsuali, anche attraverso un (ri)esame di tutta la procedura concorsuale.

La stessa politica è anche chiamata alla sua responsabilità oggettiva e a mettere in discussione un sistema che ha mostrato di non essere non solo inefficace, ma incapace a risolvere problemi di selezione che vanno sicuramente cambiati. Ciò a partire dalle procedure, che sembravano inquinate solo dalla presenza del sindacato, per scoprire poi, che proprio il sindacato, in questa vicenda rappresenta l’anticorpo in un sistema ormai da rivedere.

La UIL scuola, attraverso i propri uffici legali, cercherà di intervenire al fine di tutelare tutti i propri iscritti, sia quelli esclusi dal concorso, che a favore di tutti i candidati che legittimamente hanno superato le diverse fasi concorsuali con sacrifici enormi e che ora vedono compromesso il proprio impegno, per responsabilità di altri.

Per tale ragione la UIL Scuola valuterà anche ogni iniziativa politico-legale prevista dall’Ordinamento, per ottenere il risarcimento dei danni che oggi tutti i docenti e il sistema scuola dovranno subire a causa di responsabilità di chi aveva il compito di controllare, tutelare e garantire il corretto funzionamento dell’importante procedura concorsuale. Non è un film che si conclude, ma è solo l’inizio dell’ennesimo calvario.

Governo a caccia di 1,4 miliardi per alzare lo stipendio dei prof

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Alla lunga lista di promesse/proposte/desiderata che già compone il menù della prossima manovra da 45 miliardi si iscrive anche la scuola. Non tanto e non solo per la doppia ondata di concorsi da 70mila cattedre, che arriverà entro l’autunno e che però è finanziata, quanto per l’auspicato rinnovo del contratto. Che dovrebbe garantire agli oltre 800mila insegnanti italiani un «aumento a tre cifre». Con un costo complessivo di 2,2 miliardi. Di cui 1,4 ancora da reperire. Una partita tutt’altro che semplice nonostante l’innalzamento dello stipendio dei prof sia una dei pochi temi non divisivi tra le due anime della maggioranza gialloverde.

L’intesa con i sindacati

Con il Ccnl 2016-2018, rinnovato da Valeria Fedeli e scaduto lo scorso dicembre, sono stati garantiti ai docenti aumenti retributivi medi di 96 euro lordi al mese (si è andati da un minimo di 80,40 euro fino a un massimo di 110 euro, in ragione di anzianità e grado di scuola dove si presta servizio). Soprattutto per le qualifiche iniziali, poi, è stato previsto il “paracadute” dell’elemento perequativo, che vale in media 11,50 euro. Questo emolumento era stato finanziato fino a dicembre 2018, ma con la scorsa legge di bilancio è stato riconfermato, grazie anche al taglio dei fondi per l’alternanza scuola lavoro.

Ora tocca al nuovo contratto collettivo 2019-2021. Le basi di partenza sono state poste dell’intesa di fine aprile tra governo e sindacati della scuola. In quell’accordo, l’esecutivo si è impegnato a garantire un rinnovo «a tre cifre» – il copyright è del ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti – attraverso «il recupero graduale nel triennio del potere d’acquisto delle retribuzioni dei lavoratori».

Al Miur si fanno i primi calcoli in vista della legge di bilancio 2020. Per assicurare ai circa 800mila insegnanti italiani i 100 euro e gli 11,50 di elemento perequativo, quindi in totale 111,50 euro di incremento medio mensile, dovrebbero servire intorno ai 2,2 miliardi di euro. Di questi 800 milioni sono stati già previsti dalla manovra 2019 e sono pertanto disponibili. Andrebbero trovati i restanti 1,4 miliardi. Una cifra “impegnativa” considerando le altre poste (in primis, clausole Iva e flat tax) già in agenda. Al netto, ovviamente, di come verrà risolta la querelle con Bruxelles sui nostri conti pubblici.

L’allineamento con gli stipendi Ue

Anche se le risorse venissero recuperate il rinnovo non basterebbe tuttavia a sanare il gap con il resto d’Europa. Nello stesso accordo di aprile è stato concordato di avviare «un percorso di graduale avvicinamento alla media dei livelli salariali di altri paesi europei». Qui, per ora, non si fanno cifre. Per i sindacati servirebbe, già quest’anno, una dote iniziale di 1 miliardo. Del resto i numeri pubblicati qui accanto parlano da soli. Con l’Italia che – anche a causa di un orario di lavoro comunque ridotto rispetto a quasi tutto il vecchio continente – resta strutturalmente al di sotto della media europea oltre che di quella Ocse. Sia per le retribuzioni di partenza che per quelle di arrivo. Del resto era stata la stessa Commissione Ue a ricordarci qualche giorno fa che nel nostro Paese una vera e propria carriera degli insegnanti non esiste visto che il percorso è di fatto uguale per tutti «con promozioni esclusivamente in funzione dell’anzianità anziché del merito». Un tema che sembra tuttavia destinato a restare nell’ombra anche stavolta.

Card docente, oltre il 70% la utilizza per Pc e tablet

da Il Sole 24 Ore

di Eu.B.

La passione degli insegnanti italiani per l’informatica non si placa. Come testimoniano gli ultimi numeri sull’utilizzo della “carta del docente” contenuti nel rapporto della Corte dei conti sul coordinamento della Finanza pubblica. Secondo cui oltre il 70% dei prof l’ha usata per acquistare Pc e tablet.

La card da 500 euro annui è stata introdotta dalla Buona Scuola del 2015 per incentivare l’aggiornamento in servizio dei docenti di ruolo. Nel frattempo la sua dote è salita di oltre un terzo, passando dai 256,2 milioni del 2017 ai 351,2 milioni del 2018. Di formazione tout court con la carta ne è stata comprata poca. Solo 25,5 milioni sono stati investiti dagli insegnanti per i corsi di aggiornamento. Pari al 7,2% del totale contro il 6,6% dell’anno prima. Se al conto aggiungiamo anche i 66 milioni dedicati all’acquisto di libri o e-book arriviamo neanche alla metà delle somme destinate a Pc e tablet. Che hanno superato i 250 milioni. Ciò significa che il 71,3% dei fondi è andato a hardware e software. Meno rispetto al 77,4% di 12 mesi prima. Ma comunque superiore di 3.500 volte all’investimento per il pacchetto cultura nel suo complesso (musei, mostre, cinema, teatro eccetera).

Chissà che quando tra qualche mese si tratterà di reperire gli 1,8 miliardi descritti nell’articolo qui accanto per il rinnovo contrattuale dei prof il governo gialloverde non decida di attingere proprio a questo “tesoretto”.

Scuola in prima linea contro i violenti online

da Il Sole 24 Ore

di Marisa Marraffino

La legge 71/2017 affida alla scuola un ruolo centrale, sul piano della prevenzione e dell’educazione digitale. Intanto, sembra diminuire l’età delle vittime di cyberbullismo. Soltanto nei primi cinque mesi del 2019 – dati ufficiali della polizia postale – sono stati 6 i casi in cui l’età di chi ha denunciato i fatti è scesa sotto ai 9 anni, contro i 14 del 2018.

I dati recenti

Il reato singolo più frequente è la diffamazione aggravata (109 le vittime nel 2018), seguito dalle minacce e dalle molestie (122) fino alle sostituzioni di persona (60) e alle estorsioni sessuali (43). Crescono le denunce di diffusione di materiale pedopornografico, legate al fenomeno del sexting con 28 casi denunciati nei primi cinque mesi del 2019 contro i 40 di tutto il 2018.

La legge 71/2017 non ha introdotto un nuovo reato di cyberbullismo, ma ha rafforzato le forme di tutela e gli strumenti di prevenzione. Ha prescritto l’obbligo per ogni scuola di nominare un referente e ha previsto una serie di rimedi nuovi, come l’ammonimento del questore, per arginare gli effetti delle condotte già in essere. Eppure la cifra oscura dei reati associati al cyberbullismo continua a restare alta. La prassi dimostra che gli ammonimenti richiesti al questore sono ancora pochi, soltanto 30 in tutta Italia. In testa per numero di ammoniti la provincia di Varese con 8 provvedimenti, seguita da Venezia con 5 e Roma e Viterbo con due. Nelle altre province si tratterebbe di casi isolati.

A frenare il ricorso alla misura un duplice ordine di fattori. Da un lato le altre misure preventive, in grado da sole di evitare che i casi finiscano davanti alle autorità, come la possibilità di rimuovere spontaneamente i contenuti o farli cancellare dai social network; dall’altro il fatto che l’ammonimento possa essere attuato anche per i reati procedibili d’ufficio. In quest’ultimo caso, infatti, verrebbe meno la sua natura preventiva, perché il poliziotto o il carabiniere al quale il minorenne può rivolgersi per avviare l’iter avrebbe l’obbligo di denunciare fatti-reato procedibili d’ufficio, in quanto pubblico ufficiale. L’ammonimento si convertirebbe quindi automaticamente in un procedimento penale pendente innanzi al Tribunale per i minorenni.

Il ruolo della scuola

Il copione dei reati commessi resta invece sempre lo stesso. Si tratta in genere di video o fotografie offensivi condivisi su Instagram o casi di sexting che finiscono in estorsioni sessuali. In quest’ultimo caso a condividere video o fotografie intime in chat è la vittima che poi finisce per essere minacciata proprio dall’ex partner.

Gli insegnanti, seguendo la ratio preventiva della legge, dovrebbero intervenire prima che i fatti si evolvano in reati veri e propri, ma non sempre è possibile. Anche se gli episodi si sono verificati fuori dalla scuola, se maturati all’interno della classe, possono dar luogo a una responsabilità dell’istituto, che di conseguenza non può ignorarli (Tribunale di Roma, sentenza 6919 del 4 aprile 2018).

La scuola è stata chiaramente indicata dalla nuova legge come il soggetto preposto a formare i ragazzi anche sui temi dell’educazione digitale. Nell’ambito della propria autonomia ogni istituto può stabilire regole precise sull’uso degli smartphone durante l’orario scolastico e irrogare le sanzioni ritenute opportune che devono essere previste dal regolamento di istituto. Il primo bilancio della nuova legge dimostra che spesso le scuole preferiscono commutare la sospensione degli studenti in condotte compensative in favore della comunità scolastica, come la pulizia dei giardini o delle aule, con l’accordo delle famiglie degli autori.

Responsabilità civile a carico di genitori, presidi e docenti

da Il Sole 24 Ore

di Marisa Marraffino

Le responsabilità penali per i minorenni iniziano dai 14 anni, se giudicati in grado di intendere e di volere. Per chi ha un’età inferiore, possono essere applicate delle misure di sicurezza, come il collocamento in una casa di rieducazione o l’affidamento al servizio sociale minorile. Nei casi di bullismo severo, cyberbullismo e dipendenze da internet non è escluso un percorso medico, in grado di curare vere e proprie patologie causate da una incapacità di modulare e regolare l’uso della rete.

Dal punto di vista civile le responsabilità sono duplici. A risponderne saranno da un lato i genitori, per violazione degli obblighi educativi dettati dall’articolo 147 del Codice civile, e dall’altro la scuola per omessa vigilanza per tutto quello che accade allo studente durante l’orario scolastico se il fatto era prevedibile ed evitabile seguendo l’ordinaria diligenza.

I genitori

Per la giurisprudenza l’obbligo educativo dei genitori deve essere costante e capace di costruire una personalità equilibrata, che possa dominare gli istinti e rispettare gli altri. L’articolo 2048 del Codice civile fissa, poi, una presunzione di responsabilità sui genitori che può essere superata soltanto dando la prova di non aver potuto impedire l’evento. Per il Tribunale per i minorenni di Caltanissetta, la condotta di bullismo può addirittura rendere necessario l’accertamento delle capacità educative e di controllo dei genitori, visto che su di essi grava l’obbligo di «vigilare sulla effettiva assimilazione dell’educazione impartita e dei valori trasmessi» (decreto dell’11 settembre 2018).

Lo aveva infatti già rilevato la Corte di cassazione, secondo la quale l’educazione è fatta non solo di parole, ma anche di comportamenti e di presenza accanto ai figli, a fronte di circostanze che essi possono non essere in grado di capire o di affrontare correttamente.

La precoce emancipazione dei minori di oggi, frutto del moderno costume sociale, non esclude né attenua la responsabilità dei genitori, anzi la rafforza, gravandoli dell’onere di impartire ai figli l’educazione necessaria a prevenire i rischi dei tempi moderni (Tribunale di La Spezia, sentenza 168 del 7 marzo 2018). Per questo rispondono dei danni in sede civile anche i genitori dei figli che non hanno commesso materialmente i fatti ma che hanno assistito senza dissociarsi (Tribunale di Alessandria, sentenza 439 del 16 maggio 2016).

Gli insegnanti

La legge 71/2017 ha spostato i criteri sui quali parametrare la diligenza della scuola. Oggi non basta più rafforzare la sorveglianza all’interno degli istituti, ma occorre prevedere specifici percorsi formativi ed educativi sui temi del cyberbullismo che devono essere mirati e costanti. Le linee guida del Miur del 27 ottobre 2017 suggeriscono di far conoscere alle famiglie il nuovo regolamento anche attraverso il sito della scuola.

Un ruolo importante è inoltre affidato alla peer education che auspica il coinvolgimento degli studenti e degli ex studenti per facilitare il dialogo tra pari.

Gli insegnanti nella loro autonomia possono vietare l’utilizzo dei cellulari durante le ore di lezione: lo prevede espressamente il Dpr 249 del 24 giugno 1998, dovrebbero ribadirlo anche i regolamenti di istituto.

Il dirigente scolastico

Il dirigente può rispondere civilmente per non aver predisposto tutte le misure organizzative in grado di garantire la sicurezza dell’ambiente scolastico e la disciplina tra gli alunni, si tratta della cosiddetta “culpa in organizzando”. In questi casi, la vittima dovrà dimostrare:

il danno subito;

che questo sia derivato dalla condotta del dirigente;

la carenza o inidoneità delle misure organizzative adottate per assicurare la disciplina degli alunni.

La scuola potrà poi rivalersi anche nei confronti dei singoli insegnanti. Per liberarsi da una eventuale rivalsa l’insegnante dovrà dimostrare che il fatto si è verificato per caso fortuito, che era del tutto imprevedibile e di aver fatto tutto il possibile per evitarlo.

L’obbligo di denuncia

L’insegnante di una scuola pubblica o paritaria è un pubblico ufficiale anche fuori dall’orario scolastico. E anche sul collaboratore scolastico incombono precisi obblighi di vigilanza e gli va riconosciuta la qualifica di incaricato di un pubblico servizio.

Ne deriva che hanno tutti l’obbligo di denunciare alle autorità competenti i fatti di cui siano venuto a conoscenza che costituiscono reati procedibili d’ufficio. In mancanza potrebbero essere chiamati a rispondere del reato di «omessa denuncia di reato da parte del pubblico ufficiale» o di «omessa denuncia di un incaricato di pubblico servizio».

Le conseguenze sul curriculum

Il cyberbullismo può avere ripercussioni anche sull’intero percorso scolastico degli studenti. Per il Tar di Napoli è legittimo il 7 in condotta alla studentessa che abbia usato frasi offensive in una chat di WhatsApp anche fuori dall’orario scolastico, perché l’articolo 7 del Dpr 509/2009 stabilisce espressamente che la valutazione del comportamento degli alunni passa anche dal «rispetto dei diritti altrui e dalle regole che governano la convivenza civile in generale e la vita scolastica in particolare» (Tar Napoli, sezione IV, sentenza 6508 dell’8 novembre 2018).

Assegno nucleo familiare, dal 1° luglio in vigore le nuove tabelle

da La Tecnica della Scuola

Di Lara La Gatta

Da oggi, 1° luglio, entrano in vigore le nuove tabelle di rivalutazione dei redditi ai fini della corresponsione degli assegni per il nucleo familiare.

I nuovi importi sono stati comunicati dall’INPS, con la circolare 17 maggio 2019, n. 66, e per il settore pubblico dalla Ragioneria Generale dello Stato, con circolare dell’11 giugno 2019, n. 19

Le nuove tabelle saranno valide fino al 30 giugno 2020.

Cos’è

L’assegno al nucleo familiare (ANF) è un sostegno economico per i lavoratori dipendenti, legato alle tipologie del Nucleo Familiare, al numero dei componenti  e all’entità del reddito complessivo delle famiglie che risulta inferiore ai valori rideterminati dalla Legge ogni anno. La normativa ha previsto importi e fasce reddituali favorevoli in situazioni di disagio come i nuclei mono parentali o con componenti inabili.

L’importo dell’ANF è quindi determinato annualmente secondo la tipologia, il numero dei componenti e il reddito complessivo del nucleo familiare.

Chi può usufruire dell’assegno

La corresponsione dell’assegno spetta, di norma, al dipendente che effettua una specifica richiesta.

Inoltre, anche il coniuge del lavoratore titolare del diritto all’assegno può formulare apposita domanda al datore di lavoro del consorte per richiedere il pagamento diretto degli importi spettanti.

Cosa c’è da sapere

Per richiedere l’ANF, occorre sapere che:

  • lo stesso nucleo familiare  può beneficiare di un solo assegno
  • la domanda deve essere ripresentata ogni anno e devono essere comunicate tempestivamente le variazioni che comportino la cessazione o la rideterminazione dell’importo dell’assegno
  • l’assegno è esente dal calcolo delle ritenute previdenziali e fiscali, in quanto non concorre alla formazione del reddito
  • il diritto all’assegno si prescrive in cinque anni. E’ quindi possibile richiedere gli arretrati entro un periodo massimo di cinque anni dalla data della domanda stessa.

Come richiedere l’assegno

Il dipendente, in possesso dei redditi complessivi relativi all’anno precedente e attestati dalla CU (ex CUD) o dalla dichiarazione dei redditi (modello 730 o Modello Unico), può presentare la richiesta dell’ANF con decorrenza al 1° luglio di ogni anno, utilizzando il modello “Richiesta assegno al nucleo familiare (Dipendente)” disponibile sul portale NoiPA.

I modelli di domanda per l’attribuzione o rideterminazione dell’assegno al nucleo familiare sono disponibili alla pagina “Modulistica“.

Casi particolari

Nei casi di separazione, divorzio o presenza di persone inabili all’interno del nucleo familiare, gli amministrati che presentino la domanda per la prima volta, hanno l’obbligo di allegare i documenti relativi alle condizioni sopra elencate e, in particolare, alla composizione del nucleo.

Sospensione dell’assegno

Per tutti i percettori dell’ANF che non rinnovino l’apposita domanda annuale direttamente agli uffici competenti, NoiPA provvede automaticamente alla sospensione dell’assegno a decorrere dal 1° luglio di ogni anno.

Variazioni

Il richiedente deve comunicare tempestivamente eventuali variazioni relative alla composizione del nucleo o del reddito complessivo, che comportino una cessazione o una rideterminazione dell’importo dell’assegno.

Cosa si intende per nucleo familiare?

L’ANF spetta per nucleo familiare che può essere composto da:

  • il richiedente lavoratore o il titolare della pensione;
  • il coniuge che non sia legalmente ed effettivamente separato, anche se non convivente, o che non abbia abbandonato la famiglia (gli stranieri poligami nel loro paese possono includere nel proprio nucleo familiare solo una moglie);
  • i figli ed equiparati di età inferiore a 18 anni, conviventi o meno;
  • i figli ed equiparati maggiorenni inabili, purché non coniugati, previa autorizzazione.

E le unioni civili e le convivenze?

Con la circolare n. 84 del 5 maggio 2017 l’INPS aveva dato indicazioni sugli effetti della legge 76/2016 sulle unioni civili e le convivenze di fatto sulle prestazioni a sostegno del reddito erogate dall’INPS, tra cui l’assegno per il nucleo familiare.

In particolare, l’Inps aveva chiarito qual è il nucleo di riferimento per le unioni civili:

  • Nucleo in cui solo una delle due parti dell’unione è lavoratore dipendente o titolare di prestazione previdenziale: in questo caso, al pari del diritto riconosciuto nell’ambito del matrimonio per il coniuge non separato legalmente ed effettivamente –  che non sia titolare di posizione tutelata, devono essere riconosciute le prestazioni familiari per la parte dell’unione civile priva di posizione tutelata.
  • Nucleo formato da persone dello stesso sesso con unione civile e figli di una delle due parti dell’unione nati precedentemente all’unione stessa: nel caso di genitori separati o naturali con figli nati precedentemente all’unione civile, nulla cambia nel caso in cui uno dei due genitori abbia la posizione tutelata e l’affido sia condiviso oppure esclusivo. A tali figli, infatti, viene garantito in ogni caso il trattamento di famiglia su una delle due posizioni dei propri genitori, a nulla rilevando la successiva unione civile contratta da uno di essi. Ove si tratti di genitori separati o naturali, privi entrambi di una posizione tutelata, la successiva unione civile di uno dei due con altro soggetto – lavoratore dipendente o titolare di prestazione previdenziale sostitutiva – garantisce il diritto all’ANF/AF per i figli dell’altra parte dell’unione civile.
  • Nucleo formato da persone dello stesso sesso con unione civile e figli di una delle due parti nati dopo l’unione: in tale situazione l’assegno potrà essere erogato dall’Istituto allorché il figlio sia stato inserito all’interno dell’unione civile, anche mediante il procedimento descritto dall’art. 252 c.c..

In caso di scioglimento dell’unione civile, il diritto alle prestazioni familiari sarà regolato ove possibile in conformità con quanto disposto dal codice civile se compatibile ed espressamente previsto. Per quanto concerne, in particolare, il nucleo formato da persone dello stesso sesso con unione civile e figli di una delle due parti nati dopo l’unione, l’Istituto ha sottoposto la questione al Ministero del lavoro.

Per quanto riguarda invece le convivenze, ai fini della misura dell’ANF, per la determinazione del reddito complessivo è assimilabile ai nuclei familiari coniugali la sola situazione dei conviventi di fatto che abbiano stipulato il contratto di convivenza, qualora dal suo contenuto emerga con chiarezza l’entità dell’apporto economico di ciascuno alla vita in comune.

Maturità 2019, Bussetti: bilancio molto positivo, il sistema ha gradito l’attenzione alla meritocrazia

da La Tecnica della Scuola

Di Alessandro Giuliani

“Il bilancio sulla nuova maturità è molto positivo”: a dirlo è stato il ministro dell’Istruzione, Marco Bussetti, intervistato la mattina del 1° luglio a 24Mattino su Radio 24 di Maria Latella e Oscar Giannino.

“I ragazzi hanno capito”

“Sono soddisfatto perché tutto il sistema scuola ha avuto un risultato gradito, rispetto alle premesse e ai dubbi che c’erano su alcune novità”, ha dichiarato il responsabile del Miur.

Il ministro Marco Bussetti ha poi tenuto a dire che “i ragazzi” che hanno partecipata agli Esami conclusivi di Stato del secondo ciclo “hanno veramente colto il senso di questa maturità nei loro confronti, cioè l’attenzione alla meritocrazia”.

La soddisfazione per le tre buste

Le sue parole di soddisfazione giungono qualche giorno dopo la strenua difesa dello stesso titolare del Miur della scelta introdurre le tre buste nell’esame orale: “No, non mi piace il termine ‘Rischiatutto’, perché gli studenti non rischiano niente”, aveva detto, sostenendo che sono solo “uno spunto da cui partire” per l’interrogazione.

Bussetti si era anche recato, nel primo giorno di esami orali, in visita all’Istituto Carlo Cattaneo di Milano, proprio per assistere all’apertura delle tre buste: “Mi dicono che è la prima volta – aveva commentato il ministro nell’occasione, a margine dell’evento sui 20 anni dal Processo di Bologna – che un ministro va ad assistere agli orali, io sono andato a Milano, in un Istituto tecnico”.

Non è già tempo di conclusioni, ma….

Sulla novità delle tre buste, anche se gli esami orali si stanno ancora svolgendo e non è possibile fare un resoconto completo, va detto che molte commissioni non hanno calcato la mano, chiedendo spesso argomenti non troppo specifici, quindi in linea con quanto sempre detto dallo stesso ministro dell’Istruzione, a proposito del fatto che i contenuti delle tre buste sarebbero stati solo degli “spunti” da cui far partire l’interrogazione dei maturandi (al posto della cancellata “tesina”).

Mobilità personale ATA: slitta al 5 luglio la pubblicazione degli esiti

da Tuttoscuola

Sarebbero dovuti essere pubblicati oggi, lunedì 1° luglio,  gli esiti dei movimenti del personale ATA.  Ma dopo lo slittamento della mobilità docenti ed i successivi errori nelle pubblicazioni, la pubblicazione degli esiti dei trasferimenti del personale ATA slitta al 5 luglio a seguito della proroga della chiusura delle aree. Lo ha comunicato il MIUR ai sindacati.

Ricordiamo che le operazioni di mobilità territoriale del personale ATA si svolgono ogni anno e sono volte al trasferimento di sede del personale ATA con contratto a tempo indeterminato. Possono avvenire tra scuole dello stesso comune, tra comuni della stessa provincia e tra province diverse (interprovinciale); la mobilità professionale consiste nel passaggio ad altro profilo della stessa area.

Per il personale ATA le istanze sono state presentate dal 1 aprile 2019 al 26 aprile 2019 e i posti disponibili sono stati comunicati in SIDI il 6 giugno scorso.

Mobilità del personale ATA: come visionare gli esiti

Gli esiti della mobilità del personale ATA saranno comunicati tramite la mail indicata su Istanze Online, e saranno visibili seguendo questi passaggi:

  • accedere all’area riservata di Istanze Online con le proprie credenziali (username e password);
  • cliccare in alto a sinistra “Altri servizi”;
  • scorrere la pagina sino a mobilità organico diritto ATA e cliccare su “Vai al servizio”,

Gli Uffici scolastici provinciali, inoltre, pubblicheranno i bollettini ufficiali con tutti i movimenti.

Mobilità personale ATA: cosa fare se non si è soddisfatti

Il personale ATA che non sarà soddisfatto nell’ambito dei trasferimenti/passaggi, potrà presentare domanda di assegnazione provvisoria per rientrare nella provincia/comune di residenza. Le domande, secondo quanto riportato dalla nota Miur n. 28978 del 21 giugno 2019, vanno presentate dal 9 al 20 luglio 2019. Le domande dovranno essere presentate in modalità cartacea utilizzando il modello che sarà fornito dal MIUR.