Educazione civica, Bussetti: «Martedì firmo il decreto per evitare il rinvio»

da Corriere della sera

Soluzione in vista per l’educazione civica. Il ministro dell’Istruzione Marco Bussetti assicura che il lieto fine è dietro l’angolo: il Miur sta lavorando a un decreto ad hoc per evitare che il nuovo insegnamento (33 ore l’anno – con tanto di voto in pagella – su ambiente e Costituzione, cittadinanza digitale e mafia, diritto alla salute, bullismo e cyberbullismo) slitti di un anno a causa del ritardo nella pubblicazione della legge sulla Gazzetta Ufficiale. «Martedì – ha detto Bussetti parlando al meeting di Rimini – penso che firmerò un decreto proprio perché si riesca ad aggiustare da un punto di vista amministrativo, oltre che procedurale, affinché entri in vigore dall’anno scolastico prossimo». Come riportato dal Corriere nei giorni scorsi, il testo del provvedimento sull’educazione civica approvato in via definitiva dal Senato lo scorso primo agosto prevedeva che il nuovo insegnamento fosse istituito «a decorrere dal 1° settembre del primo anno scolastico successivo all’entrata in vigore della presente legge» e di conseguenza – poiché le leggi entrano in vigore 15 giorni dopo la loro pubblicazione – che legge fosse pubblicata al massimo venerdì 16 agosto. Mentre la legge è uscita in Gazzetta solo mercoledì 21 agosto. Il provvedimento di cui parla Bussetti dovrebbe servire a vincolare la sua entrata in vigore invece che all’inizio dell’anno scolastico all’effettiva riapertura delle scuole: in quasi tutte le regioni infatti la prima campanella suonerà nella settimana che si apre con lunedì 9 settembre (solo la provincia di Bolzano comincia prima, il 5, e cioè proprio 15 giorni dopo l’entrata in vigore della legge).

«Salva-precari» in bilico

Permane invece grande incertezza sul fronte del cosiddetto decreto salva-precari approvato lo scorso 6 agosto «salvo intese». Il provvedimento – volto a istituire un concorso ad hoc per i supplenti con più di 36 mesi di servizio nelle scuole statali e parallelamente un percorso abilitante speciale aperto anche a chi ha prestato servizio nelle scuole paritarie, era stato promosso dalla Lega assecondando i sindacati ma aveva incontrato forti obiezioni da parte dei grillini che lo avevano bollato come l’ennesima sanatoria a scapito del merito. Il ministro leghista invece, ancora oggi, lo ha difeso. «Mi auguro – ha detto – che sia possibile sciogliere le riserve in questi giorni, siamo ancora in tempo per pubblicarlo sulla Gazzetta Ufficiale». «Soprattutto – ha proseguito Bussetti – non era solo rivolto ai precari ma era anche una proroga di graduatorie del concorso 2016 che permetterà a tanti altri docenti di entrare in ruolo, conteneva anche la revisione per quanto riguardava la tariffa per il trasporto pubblico dei nostri studenti. Era un decreto importante, necessario, che era richiesto, condiviso con tutte le forze di organizzazione sindacali. Noi abbiamo lavorato in questi mesi e spero tanto che si riesca a sbloccare».

Chiamata diretta per decine di migliaia di docenti, a partire da settembre

da La Tecnica della Scuola

I dati che arrivano dai sindacati ma anche dallo stesso Ministero sono a dir poco allarmanti: per il prossimo anno scolastico si prevedono almeno 150mila docenti precari assunti per garantire il funzionamento delle scuole. In pratica un docente su 6, forse addirittura uno 5, avrà un contratto a tempo determinato, con tutte le conseguenze del caso (mancanza di continuità didattica innanzitutto).
La questione ha risvolti particolarmente preoccupanti soprattutto perchè in alcune province e per alcune classi di concorso le graduatorie sono ampiamente esaurite, e non da oggi.
Per non parlare dei posti di sostegno non assegnati per il ruolo che ormai, solo casualmente, vengono coperti con precari specializzati.
Nelle province del Nord già nei primi giorni di lezione i dirigenti sono costretti a ricorrere alle graduatorie di istituto per garantire il servizio scolastico, ma molto spesso non bastano neppure quelle e in cattedra vengono chiamati docenti che hanno presentato la cosiddetta MAD, la “messa a disposizione”.
Per “mettersi a disposizione” è sufficiente inviare una semplice mail alla scuola allegando (ma non è obbligatorio) un proprio curricolo. Ovviamente bisogna avere il titolo di studio adeguato, ma alle volte anche senza il titolo si può ottenere una supplenza più o meno lunga: e così con una laurea in lettere si riesce ad avere un posto nella scuola dell’infanzia e con una laurea in informatica si può essere chiamati per una supplenza di inglese alla secondaria di primo grado.
Vale insomma la regola della “domanda e dell’offerta”: se sul territorio noni ci sono docenti “giusti” i dirigenti chiamano quelli che sembrano più adatti.
Ma con criterio vengono assunti i docenti che delle MAD?
In realtà non c’è nessun criterio, ogni scuola si organizza come vuole e come può.
Non c’è nessuna regola da seguire e nessuna graduatoria da rispettare.
Molto spesso i docenti delle MAD vengono chiamati grazie al passaparola: il dirigente della scuola X chiede al collega della scuola Y se l’insegnante Z, che di aver già lavorato nella scuola Y, sia affidabile o se abbia creato problemi.
Oppure l’insegnante AB viene chiamato perchè è figlio di un docente della stessa scuola o perchè ha già collaborato per un progetto finanziato dal Comune o da altri.
Insomma attraverso il meccanismo della MAD il dirigente nomina chi ritiene.
Si potrebbe parlare di “chiamata diretta” ma in realtà non è così perchè nella chiamata diretta il dirigente deve (o meglio doveva) fissare criteri che dovevano essere resi pubblici.
Con la MAD il meccanismo non è discrezionale ma ancora di più
Ma, curiosamente, nessun sindacato formula obiezioni; anzi tutti i sindacati parlano delle MAD come se fossero la cosa più normale del mondo.
Il sospetto è che i sindacati non siano contrari in linea di principio alla chiamata diretta: sono contrari solo se la chiamata diretta è in qualche modo codificata, se però avviene in modo informale va benissimo e se riguarda decine di migliaia di insegnanti pazienza.

Oltre 20 mila cattedre in ruolo non assegnate e le supplenze faranno boom

da La Tecnica della Scuola

Con ogni probabilità, il nuovo Governo, inizierà per quanto riguarda la scuola, con una grande emergenza: il numero elevatissimo di supplenze, anche a causa delle “solite” cattedre andate a vuoto nel corso delle immissioni in ruolo annuali.

Abbiamo già riferito dei disagi in alcuni territori nell’assegnazione dei ruoli, che fanno da contorno alla nuova stagione di “supplentite”.

Se nello scorso anno scolastico le supplenze registrate sono arrivate a 150 mila, il prossimo anno è previsto un ulteriore aumento, che potrebbe toccare 170 mila precari.

Supplenze scuola: un po’ di numeri

La Cisl Scuola, infatti, calcola che i pensionamenti dei docenti con quota 100 sono stati circa 17 mila; il totale dei posti disponibili è di 58.627 mentre la richiesta di insegnanti autorizzata dal ministro della Scuola Bussetti ammonta a 53.637 unità.

Invece, i posti che non verranno coperti con nomine in ruolo per mancanza di aspiranti in graduatoria, per il sindacato, sono 23 mila.

Senza contare che, per quanto riguarda gli Ata, la disponibilità di posti è di 17 mila posti ma il contingente delle nomine ammonta a soli 7.646 posti.

Supplenze, largo alla messa a disposizione

Ecco perchè quest’anno in particolare, sono previsti numeri alti di supplenze con messa a disposizione: stiamo parlando delle domande che arrivano alle scuole da candidati non abilitati, ovvero non è altro che una candidatura spontanea al fine di essere chiamati per sostituzioni, supplenze di breve durata e corsi di recupero.

In alcuni territori, da alcuni anni, si coprono anche molte supplenze fino al 30 giugno, proprio con le MAD, un dato che dovrebbe far riflettere sull’intero impianto scolastico, che non riesce a garantire una vera copertura e un ricambio generazionale costante. Perché?

Sono due le cause principali di questi fenomeni:

La mancanza di un turnover dopo i pensionamenti, acuito specialmente quest’anno con Quota 100, che ha liberato più cattedre rispetto al turn-over ordinario e la cronica assenza di docenti abilitati nelle graduatorie a esaurimento, specie in matematica, lingue e sostegno.

Se poi aggiungiamo la difficoltà e la lentezza di bandire concorsi, appare evidente che tale situazione odierna è il risultato inevitabile dei trend degli ultimi anni.

Il decreto scuola, secondo l’ormai ex Governo M5S-Lega, avrebbe aiutato, ovviamente non prima del prossimo anno scolastico 2020/2021, a dare una sferzata in tal senso, ma ormai appare evidente che quel provvedimento per reclutare con un concorso riservato i precari con 36 mesi di servizio, sarà cancellato o possibilmente pesantemente rivisto fra non poco tempo.

La scuola contro i cambiamenti climatici: piantiamo un albero

da La Tecnica della Scuola

Il Forest Stewardship Council (Fsc), ong internazionale senza scopo di lucro che, creato nel 1993 include tra i suoi 900 membri di tutto il mondo gruppi ambientalisti (come Wwf e Legambiente) e sociali, comunità indigene, proprietari forestali, industrie che lavorano e commerciano il legno e la carta, gruppi della grande distribuzione organizzata, ricercatori e tecnici, che operano insieme allo scopo di promuovere in tutto il mondo una gestione responsabile delle foreste, lancia l’allarme e promuove come azione fondamentale la protezione dei boschi, partendo dalla scuola.

Proteggere i boschi e le foreste

la Fsc Italia ricorda infatti  che proteggere boschi e foreste è un’azione alla portata di tutti anche attraverso la scelta di prodotti e materiali scolastico certificati Fsc® – Forest Stewardship Council. Un modo semplice, insomma per favorire una gestione responsabile delle aree boschive e delle foreste.

Salvare i polmoni verdi della Terra è utile a combattere i cambiamenti climatici, ma non solo. L’invito che arriva da Fsc Italia è quindi quello di acquistare i materiali scolastici e il corredo degli alunni, scegliendo i prodotti certificati che sono realizzati con materie prime provenienti da una gestione responsabile delle foreste, secondo rigorosi standard ambientali, sociali ed economici.

Scegliere prodotti certificati

Accanto alla scelta di prodotti arriva anche l’invito a piantare un albero attraverso il progetto WowNature, promosso da Etifor, spin-off dell’Università di Padova.

Mettere a dimora un albero

Chi aderisce all’iniziativa acquista e piantuma il proprio albero scegliendolo fra diverse specie in alcune aree verdi del Veneto (sia in città sia nelle foreste alpine devastate dal maltempo dello scorso autunno) ma anche in Burkina Faso. Una proposta – ricorda una nota – per i singoli studenti, classi e intere scuole, con l’obiettivo di proteggere e migliorare l’ambiente.

Neo Dirigenti Scolastici: per il momento le rinunce sono solo dieci

da Tuttoscuola

Poco più di una manciata di rinunce. Entro lunedì 26 agosto gli Uffici Scolastici Regionali dovranno comunicare i nominativi dei candidati inclusi nella graduatoria di merito del concorso DS che hanno rifiutato la nomina. In base al dispositivo del bando, saranno definitivamente depennati dalla graduatoria senza possibilità di appello o di recupero. Al 23 agosto, dopo la pubblicazione delle assegnazioni alle sedi in due terzi delle 17 regioni interessate (soltanto l’Usr Campania è esclusa da questa operazione per mancanza di posti disponibili), risultano ufficiosamente rinunciatari 10 candidati: due in Liguria, due in Calabria e sei in Piemonte (in quest’ultima regione non ci sono nominativi bensì una nota in merito dell’Usr).

Non sono ancora note le situazioni di Sicilia, Basilicata, Toscana, Veneto e Friuli.

I sindacati di settore hanno già chiesto al Miur lo scorrimento della graduatoria per integrare i posti non assegnati con i primi esclusi dopo la 1984.m a posizione.

Il bando non prevede (e non esclude) lo scorrimento.

In caso di silenzio del Miur, i posti non assegnati andranno a rimpinguare la quota di posti da assegnare per il 2020-21, unitamente a quelli, per il momento accantonati, dei vincitori con riserva in caso di sentenza definitiva sfavorevole.

In tutti questi casi per il 2019-20 i posti non assegnati o accantonati saranno dati in reggenza.

Crisi di governo, sindacati: ‘Si proceda con le misure urgenti per i precari docenti ed ATA’

da Tuttoscuola

“La politica nel suo complesso è chiamata ad un atto di responsabilità evitando che le scuole inizino la loro attività a settembre in una situazione priva di prospettive rispetto all’assenza di personale stabile su decine di migliaia di cattedre e posti di personale ATA”. È quanto affermano i sindacati Flc Cgil, Cisl Scuola, Uil Scuola, Snals Confsal e Gilda Unams in un comunicato unitario che riportiamo di seguito.

“Per rispondere a tale emergenza il confronto fra le scriventi Organizzazioni Sindacali e il ministro dell’Istruzione, alla luce di quanto concordato nell’intesa di Palazzo Chigi del 24 aprile, ha portato alla definizione condivisa di un provvedimento d’urgenza per dare risposte alla Scuola e al personale precario, destinato a crescere in maniera esponenziale in assenza di interventi normativi”.

“Questo provvedimento, dopo aver avuto il via libera per la sua definizione nel Consiglio dei Ministri del 6 Agosto scorso, è ora nel “limbo” del “salvo intese”, formula che lascia margini di modifiche, ma che di fatto riconosce tempi e modi di un opportuno intervento legislativo per dare prospettive positive al mondo della Scuola. Le scriventi organizzazioni, ampiamente rappresentative del comparto Istruzione e Ricerca, sono ben consapevoli della fase estremamente delicata che il Paese sta vivendo per la sopraggiunta crisi di governo e il conseguente impegno cui le forze politiche sono chiamate per dar vita a un nuovo esecutivo, con tempi che si prospettano in ogni caso troppo lunghi per le urgenze della Scuola”.

“Invitano pertanto il Presidente Conte a dare seguito al Decreto Legge che rappresenta il primo atto di quell’accordo che egli ha direttamente sottoscritto con le Organizzazioni Sindacali e che contiene le risposte che la Scuola reale richiede. I contenuti di quell’Intesa conservano in ogni caso valenza strategica per le scriventi organizzazioni in materia di reclutamento e precariato, con l’obiettivo di contrastare la precarietà e dare giusto e legittimo riconoscimento all’esperienza di lavoro”.

“Nel frattempo – concludono i sindacati – , rendere pienamente attuativo un provvedimento che andrà comunque al vaglio del dibattito parlamentare è senz’altro da ritenersi soluzione opportuna e doverosa nei confronti di chi attende il riconoscimento di diritti e una risposta concreta al mondo della scuola al quale ogni Governo dovrebbe prestare la dovuta attenzione fino all’ultimo minuto del suo mandato”.

Ritorno a scuola: gli aspetti migliori e peggiori secondo gli studenti

da Tuttoscuola

Indubbiamente il ritorno sui banchi è vissuto come un piccolo trauma da tantissimi ragazzi. Ma, con le giuste motivazioni, anche la prima campanella si può affrontare con relativo ottimismo. Skuola.net ha perciò chiesto a circa mille studenti di medie e superiori quali sono gli aspetti più belli (ma anche quelli più brutti) del ritorno a scuola.

La gioia di rivedere i compagni salutati a giugno è senza dubbio in cima alle loro preferenze. Quasi 1 ragazzo su 3 (il 30%) l’ha infatti indicato come il motivo principale per tornare a scuola felici (dato ancora più alto – 43% –  nel caso degli studenti delle medie). Ma per molti – circa 1 alunno su 10, il 9% – la ripresa delle attività didattiche significa anche imparare cose nuove; un ottimo sprone per riaprire libri e quaderni. Qualcuno però non bada più di tanto alla didattica e, per darsi stimoli a sufficienza, già dal primo giorno di scuola inizierà il conto alla rovescia in vista delle prossime vacanze: lo farà l’11% degli studenti. Completano la top five delle ‘gioie’ da prima campanella la prospettiva di rimettere in moto il cervello dopo gli ozi estivi (9%) – opzione molto gettonata dai liceali, per loro la quota sale al 12% – e quella del momento di libertà dato dalle ore di ‘buco’ dalle lezioni dovute alle assenze dei prof (7%).

Peccato che spesso gli aspetti negativi superano di gran lunga quelli positivi. Come dover nuovamente gestire l’ansia da interrogazione: per il 29% degli studenti è la preoccupazione numero uno; ma per i liceali la paura è ancora maggiore, visto che le interrogazioni spaventano addirittura il 38% del campione. Anche dover cambiare i propri ritmi, però, non lascia dormire sonni tranquilli (è proprio il caos di dirlo) a chi si appresta a tornare a scuola: ricominciare ad alzarsi presto la mattina è duro da digerire per il 18% degli intervistati. Terzo gradino del podio dei ‘dolori’ da back to school per la verifica dei compiti estivi da parte degli insegnanti: la faranno oppure risparmieranno i propri alunni? Questo dubbio mette in apprensione circa il 15% dei ragazzi. Qualcuno, infine, guarda già agli esami e ai voti di fine anno: sono il 10%. Mentre altri si concentrano sulle materie odiate (7%) e sui brutti voti da recuperare sin dalle prime settimane di scuola (6%).