Parlamento della Legalità Internazionale

Parlamento della Legalità Internazionale e 38 ambasciate

di Giuseppe Adernò

            Il Parlamento della Legalità, che nel logo propone l’immagine di un tempo greco, da piccolo movimento di scuola e di quartiere, fondato e coordinato inizialmente come “Centro Studi Parlamento della Legalità” da Nicolò Mannino che ne è l’ideatore, nasce dopo anni d’intensa attività culturale antimafia ancor prima delle stragi di Capaci e Via D’Amelio.

            Man mano è cresciuto prima a livello regionale poi ha assunto dimensioni nazionali e adesso anche internazionali, in quanto la cultura della legalità non ha confini o barriere.

            Il 18 Marzo del 1989 nell’aula magna dell’I.T.C. “Marco Polo” di Palermo, Paolo Borsellino e Nicolò Mannino incontrano i giovani per riflettere sul tema “Una Coscienza più forte, per una scuola più unita, oltre il fenomeno mafioso”.

            Tra i due nasce una collaborazione tant’è che nel 1991 Paolo Borsellino nella Sala Consiliare del Comune di San Cipirello presenta il libro di Nicolò dal titolo “Se potessi scriverei un silenzio”, una raccolta di lettere e testimonianze che inneggiano alla vita.

            Dopo le stragi di Capaci (23 maggio 1992) e Via D’Amelio (19 luglio 1992) uomini come il Giudice Antonino Caponnetto, insieme a Nicolò Mannino e pochi altri ancora, girano l’Italia in lungo e in largo affermando che “Non è tutto finito”.

            Nasce così, in via di sperimentazione, il progetto formativo culturale Parlamento della Legalità con l’obiettivo di: “Potenziare le qualità naturali dei giovani al fine di divenire artefici e protagonisti di un mondo nuovo, impegnandosi nel presente per rendere a colori la vita di chi vive nell’abbandono e nella solitudine – Il tutto partendo da una scuola palestra di vita”.

            Il giudice Antonino Caponnetto, coordinatore del pool antimafia di Palermo che succede al suo fondatore Rocco Chinnici, accetta di divenire Presidente Onorario di questo movimento culturale, interconfessionale e interreligioso che trova le sue radici nella “sete” di Verità e Giustizia e si propone di dialogare principalmente con il mondo della scuola e con la società civile affinché chiunque, a partire dal proprio talento naturale (letterario, artistico, musicale, sportivo, o quant’altro) si metta in gioco per cooperare allo sviluppo del territorio e insieme divenire artefici e protagonisti di un presente “a colori”.

            Sono state coinvolte alla presidenza onoraria del Parlamento della Legalità le massime cariche dello Stato: Presidenti della Camera e del Senato, oltre che Magistrati. Generali, Comandanti, Sindaci e la loro partecipazione agli eventi ha segnato un graduale e incisivo sviluppo alla cultura della legalità.

            Ogni anno il 9 maggio a Monreale, dove ha sede il Parlamento della Legalità, si celebra l’incontro nazionale, ricordando la condanna che Papa Giovanni Paolo II proclamò contro la mafia, dalla Valle dei Templi di Agrigento (9 maggio 1983) e nel mese di ottobre a Montecitorio s’inaugura l’anno accademico con un convegno nazionale delle Ambasciate d’Italia.

            Le Ambasciate sono dei presidi culturali che propongono una cultura di vita e danno vita a dei gemellaggi culturali per uno scambio di confronto e di amicizia, condividendo un percorso culturale che aiuta a scorgere all’orizzonte un “presente a colori” come amava ricordare il Giudice Antonino Caponnetto.

            L’obiettivo di “Varcare la soglia della Speranza “ espressione tanto cara a Papa Giovanni Paolo II ha guidato il Parlamento della legalità nell’organizzare nel territorio nazionale diverse “Ambasciate”: gruppi di lavoro e di studio tra gli studenti, i quali scelgono come tema e titolo un valore e mettono in atto iniziative di promozione e diffusione del messaggio positivo che il valore indicato trasmette.

            Ed ecco un articolato elenco di valori che vanno dalla Legalità, alla Libertà, alla Pace, alla Fratellanza, all’Accoglienza; dalla Riconciliazione, al Dialogo, alla Partecipazione, alla Cultura, alla Creatività; dall’Impegno, al Dono, al Sorriso, al Cuore, alla Tenerezza, alle Emozioni, alla Speranza; ed ancora l’Ambasciata dei Colori, del “fresco profumo di libertà”, del Mediterraneo e del Tricolore.

             Tutti nomi, simboli e valori che si collocano in specifici contesti e territori: dall’esercito, ai comuni; dalle scuole, agli ospedali, ai centri culturali; da Ventimiglia, a Verona, Monza, Roma, Napoli, Foggia, Messina, Catania, Palermo e perfino al Cairo in Egitto.

            Promuovere e attivare un’Ambasciata significa diventare araldi di un valore e renderlo presente attraverso la testimonianza dell’azione mediante iniziative e progetti che rendono gli studenti protagonisti attivi nell’imparare facendo e quindi interiorizzare quei valori così da renderli personalizzati e connotativi della propria formazione umana e sociale.

            E’ questo un sigillo che caratterizza i ragazzi dell’Ambasciata, sviluppando la creatività del gruppo coordinato dallo studente “ambasciatore” che indossa la fascia bianca.

            La coerenza e lo zelo nel portare avanti gli obiettivi e le finalità del movimento, s’intrecciano all’entusiasmo e all’ottimismo nel proporre un messaggio di vita, arrivando al cuore di ogni uomo a qualunque fede o partito appartenga, incoraggiando i delusi a mettersi in gioco per un presente a colori e avere lo sguardo rivolto ai valori per i quali vale la pena di vivere.
            Il Parlamento della Legalità con Nicolò Mannino e Salvatore Sardisco, in questi anni ha coinvolto Magistrati, Questori, Prefetti, Vescovi, Dirigenti scolastici, Docenti, Genitori e tantissimi studenti.

            Mons. Michele Pennisi Arcivescovo di Monreale, ha condiviso l’incarico di guida spirituale del movimento e Caterina Chinnici, figlia del fondatore del pool antimafia Rocco Chinnici ha accettato di esserne la “Madrina “ e di condividere questo cammino culturale, che traccia un iter formativo per un presente ricco di solidarietà e di amicizia tra i popoli.
             Il monito del Papa “Andare avanti nella pulizia della propria anima, nella pulizia della città, nella pulizia della società, perché non ci sia quella puzza della corruzione”, è una regola e una guida sicura per conseguire l’ideale di pace e di giustizia.

Scuola, altri novemila posti per i docenti

da la Repubblica

 di CORRADO ZUNINO

C’è un’appendice al Decreto salvaprecari bis, che allarga la salvezza del posto fisso a scuola a una buona parte dei docenti “in attesa di un ruolo”: ogni categoria, mercoledì sera in commissione Cultura alla Camera, ha ottenuto il suo percorso speciale. Tutto questo sarà ribadito, e sigillato dalla maggioranza, lunedì in aula. Poi toccherà al Senato.
Con i prossimi due concorsi (ordinario e straordinario) sono, e questo è già in Gazzetta ufficiale, 48 mila le nuove assunzioni. La novità principale è il recupero, ora, di 9.000 posti per assumere chi doveva prendere le cattedre liberate da Quota 100 (maestri e professori andati in pensione anticipata). Questo emendamento è stato avanzato dai Cinque Stelle e la sottosegretaria all’Istruzione, Lucia Azzolina, se ne è fatta garante.
Coloro che stanno completando il quarto ciclo del percorso di specializzazione sul sostegno, poi, potranno partecipare con riserva ai concorsi ordinari e alla procedura straordinaria. “Hanno superato dure selezioni, è giusto che abbiano questa possibilità”, sostiene la Azzolina.

La chiamata rapida per assegnare i posti liberi

Al prossimo straordinario parteciperanno con riserva anche i cosiddetti 180×2, ovvero i docenti che stanno completando il terzo anno di servizio (il primo Salvaprecari, firmato con i sindacati, chiedeva invece tre stagioni di servizio minimo). La “riserva” si scioglierà alla fine dell’anno scolastico con la maturazione dei dodici mesi di insegnamento finali. Una novità è la “call”, una chiamata rapida per assumere sui posti che restano vuoti ogni anno e che, di solito, vanno a supplenza. Quest’anno, a novembre inoltrato, ci sono ancora buchi nell’organico e le supplenze hanno sfondato quota 170 mila.

Riaperta la Terza fascia

Ancora, i vincitori di concorso, gli iscritti alle Graduatorie a esaurimento (Gae) e gli idonei di concorso (coloro che non hanno vinto ma hanno ricevuto un punteggio tale da ritenerli idonei all’insegnamento) potranno spostarsi, se lo riterranno, su un’altra regione per essere assunti. Le graduatorie di istituto saranno quindi trasformate in graduatorie provinciali per una gestione più rapida delle chiamate dei supplenti sui posti che restano ulteriormente liberi. La Terza fascia delle graduatorie di istituto sarà riaperta fino al 2022-’23, “per far sì che ci sia un bacino certo a cui attingere per le supplenze che dovessero essere comunque necessarie”. Gli idonei del concorso 2016 (prova decisamente selettiva) potranno inserirsi, stabilmente e volontariamente, nelle graduatorie dei concorsi 2018 nella propria regione o in regioni dove vi siano posti liberi. Sarà bandito un concorso ordinario, dopo 15 anni, per docenti di religione.
C’è una soluzione per i cosiddetti “docenti ingabbiati”, coloro che pur avendo il titolo di accesso a una classe di concorso della secondaria non hanno potuto conseguire negli ultimi anni l’abilitazione: ora potranno abilitarsi o partecipare ai bandii ordinari per insegnare in un altro grado di istruzione. E anche gli insegnanti dei corsi Iefp, la formazione professionale, potranno partecipare alle procedure di abilitazione.

C’è un altro intervento sull’annosa questione dei diplomati magistrali: restano in servizio per questo anno scolastico, anche di fronte a una sentenza sfavorevole. L’abilitazione sarà possibile anche per i docenti in servizio nelle scuole paritarie. È stato approvato un emendamento per la procedura straordinaria per i Dirigenti amministrativi facenti funzione – non stabilizzati dal primo Salvaprecari – e un ulteriore scorrimento dei futuri vincitori del concorso ordinario sempre per Dirigenti Dsga.
Ora, con 146 posti vacanti, potranno essere assunti gli ispettori ministeriali che mancano per le fondamentali attività di controllo.
Le scuole dell’infanzia paritarie (incluse quelle comunali) potranno utilizzare docenti delle graduatorie comunali degli educatori dei servizi educativi per l’infanzia.

“Non sarà una sanatoria”

La sottosegretaria Azzolina assicura che il provvedimento ritoccato dagli emendamenti in commissione “darà stabilità ai docenti e continuità didattica agli studenti”. Gabriele Toccafondi, capogruppo di Italia Viva in commissione Cultura alla Camera, è a sua volta soddisfatto: “Non siamo più in presenza di una sanatoria, ma di percorsi selettivi finalizzati alla immissione in ruolo e alla abilitazione degli insegnanti precari”. Camilla Sgambato, responsabile Scuola del Partito democratico, segnala il ritorno ai servizi di pulizia interni alle scuole: “Un provvedimento per undicimila lavoratori”. Plaudono i sindacati, a partire dalla Gilda.


Aumenti stipendiali, Fioramonti: abbiamo trovato più risorse. Entro natale milioni in più

da Orizzontescuola

di redazione

Il Ministro Fioramonti interviene oggi sulla questione dei fondi a scuola e università in occasione dell’inaugurazione del 779/o anno accademico dell’Ateneo senese.

Il Ministro ha le idee chiare rispetto alla fonte dei finanziamenti alla scuola, che non passa dal riutilizzo di finanziamenti già esistenti che vanno dal bonus merito, ai progetti didattici che porterebbero a poca cosa.

“Ogni giorno che passa riusciamo a reperire risorse in più per la scuola, per l’università e per la ricerca. Conto che entro Natale, quando si approverà la versione definitiva della manovra, attraverso il percorso parlamentare, riusciremo ad ottenere milioni e milioni in più per il fondo di finanziamento ordinario per le università e per la ricerca”. Così il Ministro.

“Sono troppi anni che si investe poco in questo settore – ha detto il ministro – non abbiamo più il tempo dalla nostra parte ed è arrivato il momento di prendere una decisione coraggiosa”. “Io sono una persona di parola – ha concluso Fioramonti – ho preso l’impegno da vice ministro, l’ho ribadito da ministro, alla fine di questo percorso tirerò le somme e cercherò di capire quanto abbiamo fatto per la scuola e se ho centrato l’obiettivo”.


Pensioni scuola 2020: come si presenta domanda

da Orizzontescuola

di redazione

Domanda pensioni scuola 2020: scheda dubbi e chiarimenti a cura del Prof. Renzo Boninsegna (Snals Verona).

Quali sono le scadenze per cessare dal servizio il 1° settembre 2020?

Il pensionando deve inviare la domanda di cessazione online entro le 23,59 del giorno stabilito dal Miur, attraverso la procedura Istanze online.

Quali conseguenze se non si presenta domanda di pensione all’Inps?

Chi effettua la cessazione dal servizio tramite Istanze online entro la data stabilita dal Miur, ma non presenta domanda all’Inps in forma telematica cesserà dal servizio il 1° settembre, ma non avrà il pagamento della pensione fino a quando non utilizzerà la forma telematica per l’invio della domanda di pensione.

La scuola di servizio può essere delegata a curare in toto la propria pratica di pensione o di cessazione dal servizio?

Non è possibile impegnare nell’orario di servizio l’attività del personale di segreteria per gli interessi particolari del pensionando.

Qui la scheda completa del Prof Boninsegna

Sblocco domanda Quota 100 per nati nel 1958

Pensione personale scuola: domanda sia all’INPS che al SIDI

Ora da 50 minuti, si recupera solo per ragioni “didattiche” e nessuna trattenuta nello stipendio. Sentenza

da Orizzontescuola

di Avv. Marco Barone

Nelle scuole continua a determinare dibattito la questione della riduzione dell’unità oraria e delle modalità di recupero, nonostante il CCNL scuola sia chiaro nel definire quando questa debba avvenire. Più controversa rimane invece la questione della modalità di recupero.

Il CCNL Scuola

Il CCNL scuola 2018 al comma 10 dell’articolo 1 afferma:

Per quanto non espressamente previsto dal presente CCNL, continuano a trovare applicazione le disposizioni contrattuali dei CCNL dei precedenti comparti di contrattazione e le specifiche norme di settore, in quanto compatibili con le suddette disposizioni e con le norme legislative, nei limiti del d. lgs. n. 165/2001.

Da ricordare che la Corte di Cassazione con sentenza n.22126 del 29 ottobre 2015 ha confermato il proprio consolidato orientamento rilevando che in occasione della successione tra diversi contratti collettivi, il nuovo contratto collettivo può modificare in senso peggiorativo il pregresso però salvaguardando i diritti quesiti dai lavoratori.

Il comma 2 dell’articolo 28 del nuovo CCNL Scuola afferma:

Al di fuori dei casi previsti dall’articolo 28, comma 8, del CCNL 29/11/2007, qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di lezione ne comporta il recupero prioritariamente in favore dei medesimi alunni nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera è assunta dal collegio dei docenti

Il comma 8 del CCNL 2007 così recita:

Per quanto attiene la riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore determinate da motivi estranei alla didattica, la materia resta regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e n. 192 del 3.7.1980 nonché dalle ulteriori circolari in materia che le hanno confermate. La relativa delibera è assunta dal consiglio di circolo o d’istituto.

Mentre il comma 7 che è da ritenersi superato dal nuovo comma 2 del CCNL Scuola affermava:

Al di fuori dei casi previsti dal comma successivo, qualunque riduzione della durata dell’unità oraria di lezione ne comporta il recupero nell’ambito delle attività didattiche programmate dall’istituzione scolastica. La relativa delibera è assunta dal collegio dei docenti.

Dunque il nuovo comma 2 riconosce, come il pregresso CCNL, che il recupero dell’unità oraria di lezione deve avvenire unicamente quando la riduzione oraria non è deliberata per ragioni di forza maggiore, ma per motivi inerenti alla didattica. Diversamente dal precedente comma 7 si scrive espressamente che il recupero, in questo caso, deve avvenire prioritariamente in favore dei medesimi alunni nell’ambito delle attività didattiche programmate dalla scuola tramite una delibera assunta dal CdC. Dunque, le ore vanno restituite agli studenti a cui sono state sottratte. E se il prioritariamente non viene garantito, ad esempio tramite recupero orario con supplenze, od altre modalità, queste devono essere in primo luogo deliberate dal CdC e in secondo luogo va debitamente motivato il perché questo recupero orario non è stato possibile effettuarlo verso gli studenti a cui sono state sottratte delle ore. E soprattutto il tutto non deve comportare oneri aggiuntivi verso i docenti, poiché si deve ricordare che come previsto dall’articolo 28 CCNL scuola 2007 comma 5 Nell’ambito del calendario scolastico delle lezioni definito a livello regionale, l’attività di insegnamento si svolge in 25 ore settimanali nella scuola dell’infanzia, in 22 ore settimanali nella scuola elementare e in 18 ore settimanali nelle scuole e istituti d’istruzione secondaria ed artistica, distribuite in non meno di cinque giornate settimanali. Alle 22 ore settimanali di insegnamento stabilite per gli insegnanti elementari, vanno aggiunte 2 ore da dedicare, anche in modo flessibile e su base plurisettimanale, alla programmazione didattica da attuarsi in incontri collegiali dei docenti interessati, in tempi non coincidenti con l’orario delle lezioni.

Qualsiasi impegno in più va retribuito. Poi una riflessione andrebbe effettuata sulla pratica di disporre questa riduzione oraria per ragioni didattiche, che pare determinare più contenziosi nella scuola che benefici.

Discorso più lineare, invece, per la riduzione oraria che avviene per ragioni estranee alla didattica.

No al recupero in caso di riduzione oraria per ragioni estranee alla didattica.

In questo caso può essere utile la sentenza della Cassazione civile, sez. lav., 07 aprile 2008, n. 8974

Fatto

Alcuni docenti ricorrevano al Tribunale chiedendo l’accertamento, nei confronti della propria scuola e del Ministero dell’economia e delle finanze, che esse non avevano l’obbligo di recuperare le frazioni di orario relative alla riduzione delle ore di lezione da 60 a 50 minuti disposta nell’anno scolastico di riferimento per venire incontro alle esigenze dei numerosissimi studenti provenienti dalla cintura torinese, e che, conseguentemente,erano illegittime le inerenti trattenute stipendiali. Le medesime docenti chiedevano altresì la condanna dei convenuti alla restituzione delle somme trattenute. Le domande erano rigettate dal Tribunale con sentenza che era riformata dalla Corte d’appello di Torino, che le accoglieva.

Il giudice di appello, rilevato che era pacifico che la riduzione della durata delle ore di lezione era stata determinata da motivi estranei alla didattica e connessi alle esigenze degli studenti provenienti dalla cintura torinese, riteneva che senza dubbio per la risoluzione della controversia si doveva fare riferimento alle circolari ministeriali n. 243/79 e 192/80, come ritenuto anche dal giudice di primo grado.

Al riguardo in particolare osservava che, se era vero che l’art. 41 del ccnl 4.8.1995 del comparto scuola prevedeva al comma 4, che, in caso di sperimentazioni comportanti la riduzione della durata dell’unità oraria di lezione, i docenti dovevano completare l’orario d’obbligo con attività connesse alla sperimentazione o con altre modalità previste dal progetto di sperimentazione, l’ARAN e le organizzazioni sindacali con l’accordo di interpretazione autentica 17.9.1997 di tale articolo avevano precisato che col medesimo le parti contraenti non avevano regolamentato la riduzione dell’ora di lezione per cause di forza maggiore estranee alla didattica e avevano ritenuto che quest’ultima materia rimanesse regolata dalle circolari ministeriali n. 243 del 22.9.1979 e 192 del 3.7.1980, nonchè dalle ulteriori circolari in materia, che le avevano confermate.

Le circolari

Procedendo all’esame delle ricordate circolari, la Corte osservava che la circolare 243/79, dopo avere consentito – nei giorni della settimana nei quali l’orario di lezione era di sei ore – la riduzione dell’orario solo nella prima, nell’ultima e eccezionalmente anche nella penultima ora, disponeva che “non (era) configurabile alcun obbligo per i docenti di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione”. La circolare 192/80, d’altra parte, era del seguente letterale tenore: “Relativamente alla durata delle ore di lezione per l’anno 1980/81 si confermano le disposizioni impartite da questo Ministero con circolare n. 242 (…) del 1979. Resta comunque rimesso al prudente apprezzamento delle SS.LL., valutare particolari situazioni di necessità debitamente rappresentate e documentate ed autorizzare, caso per caso, con provvedimento motivato eventuali riduzioni di orario anche nelle ipotesi non contemplate dalla predetta circolare”. Tale previsione, secondo la Corte di merito, non andava interpretata, come opinato dal giudice di primo grado, nel senso che la mancata previsione dell’esonero degli insegnanti dall’obbligo di recupero delle frazioni di orario implicava il non riconoscimento del diritto all’esonero. Infatti la circolare del 1980 doveva essere interpretata alla luce di quella del 1979, di cui integrava il contenuto: essa conteneva un’espressa conferma della circolare del 1979, compresa la parte relativa all’esclusione dell’obbligo di recuperare le frazioni orarie oggetto di riduzione. Era pertanto logico ritenere che la circolare n. 192/80, nell’autorizzare la riduzione dell’orario anche in ipotesi non contemplate dalla circolare n. 243/79, avesse esteso anche alle nuove ipotesi l’esenzione all’obbligo di recupero.

La motivazione della sentenza impugnata è chiaramente e linearmente basata sul seguente percorso argomentativi: a) il contratto collettivo nazionale del 1999 contiene una norma denominata di salvaguardia in base alla quale restavano in vigore, nei limiti della compatibilità, le norme legislative, amministrative e contrattuali non esplicitamente “abrogate o disapplicate” dal medesimo contratto; peraltro in base all’interpretazione autentica del contratto nazionale del 1995 la riduzione dell’orario dell’ora di lezione per cause di forza maggiore estranee alla didattica dovevano ritenersi regolate dalle circolari del 1979 e del 1980 e dalle successive circolari che le avevano confermate; b) la riduzione della durata delle ore di lezione era avvenuta nella specie ai sensi delle circolari del 1979 e del 1980, ancora pienamente applicabili (per esigenze degli studenti, evidentemente qualificate come di forza maggiore ai sensi della disciplina della materia); c) la circolare del 1980 doveva essere interpretata nel senso che anche alle riduzioni della durata oraria che trovavano legittimazione (solo) nella medesima circolare (meno restrittiva) era estesa la regola della esclusione del recupero dell’orario da parte degli insegnati.

E’ privo quindi di rilievo l’incidentale richiamo degli argomenti sostenuti in sede di merito con riferimento alla regola per cui i docenti sono tenuti al completamento dell’orario di insegnamento quando il loro orario di cattedra sia inferiore alle 18 ore settimanali, poichè non è adeguatamente censurata l’affermazione circa l’applicabilità nella specie della disciplina di cui alle circolari in questione.

Fioramonti: “I docenti sono eroi civili, manca rispetto per loro”

da La Tecnica della Scuola

Il ministro dell’Istruzione, Lorenzo Fioramonti, ha rilasciato una lunga intervista a SkyTG24. Fioramonti ribadisce le dimissioni qualora non si trovassero i tre miliardi per la scuola e l’istruzione. Spazio anche alla condizione dei docenti ritenuti degli “eroi civili” e sui quali “manca sempre più rispetto”.

Il video dell’intervista

Decreto scuola: il testo aggiornato all’esame della Camera

da La Tecnica della Scuola

Prende avvio lunedì 25 presso l’Aula della Camera l’esame conclusivo del disegno di legge per la conversione del decreto 126  recante “misure di straordinaria necessità ed urgenza in materia di reclutamento del personale scolastico e degli enti di ricerca e di abilitazione dei docenti”.
Le due Commissioni che hanno lavorato per predisporre il testo definitivo da presentare in aula (Lavoro e Cultura) hanno apportato al testo originario numerose modifiche di cui abbiamo ampiamente dato conto.
In allegato mettiamo a disposizione dei lettori il testo che verrà discusso in aula messo a confronto con quello del decreto originario.

Falso in atto pubblico se si altera il registro di classe

da La Tecnica della Scuola

Falso ideologico in atto pubblico a carico di professori, presidi e proprietari di una scuola  parificata che avrebbero  alterato i registri di classe facendo risultare presenti allievi che non ci sono e “barano” sui programmi di studio svolti.

Il registro è un atto pubblico

Per la Cassazione il registro è un atto pubblico, per cui viene confermato la responsabilità, per associazione a delinquere e falso in atto pubblico.

Il tribunale di Roma (sezione quinta penale, sentenza n. 22652/2004), in applicazione di questi principi, ha condannato alcuni insegnanti di un istituto parificato della capitale a pene diverse per avere attestato falsamente nel registro di classe e nel registro dell’insegnante la presenza degli alunni a scuola e l’interrogazione degli stessi; nonché, negli atti relativi all’effettuazione degli esami di idoneità, l’avvenuto superamento delle prove in tutte le materie prescritte.

la sentenza

La motivazione della sentenza si sofferma sulla funzione che il registro di classe e quello personale del docente vengono ad assumere tanto nella scuola statale quanto in quella non statale. La natura e la funzione degli atti compilati dal docente vanno a determinare la sua posizione e di conseguenza la responsabilità sotto il profilo penale.   

Il registro fornisce prove giuridicamente rilevanti

Il diario del professore è quindi diretto a fornire la prova di fatti giuridicamente rilevanti: presenza del docente, svolgimento dell’attività di insegnamento, presenza degli studenti, controlli della loro preparazione, valutazione sotto il profilo tecnico professionale.

Le scuole non statali

Pertanto, è insostenibile sul piano strettamente giuridico, secondo il tribunale, l’esclusione dei docenti di una scuola non statale dal novero dei pubblici ufficiali.