Edilizia scolastica, per la sicurezza servono 200 miliardi di euro

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Una sfida nella sfida. È quella che attende la complessa, costosa e per certi versi farraginosa macchina dell’edilizia scolastica per cercare di raggiungere due obiettivi non più rinviabili: rendere più sicure e al tempo stesso più sostenibili le 40mila scuole italiane. Ma per riuscirci serve un iniezione di liquidità senza precedenti. Circa 200 miliardi di investimenti pubblici, tre volte le risorse dedicate all’intero comparto dell’istruzione, secondo le stime contenute nel Rapporto sull’edilizia scolastica, che la Fondazione Giovanni Agnelli presenta oggi a Torino. Oltre 250 pagine di analisi, tabelle, contributi che individuano nell’incrocio tra architettura, pedagogia e didattica la bussola da seguire. In un piano, quanto meno di medio periodo, che ripeta su scala nazionale quanto avvenuto, in piccolo, nel capoluogo torinese.

Lo stato delle nostre scuole

Il rapporto parte dalla fotografia dello stato dei luoghi. Gli edifici scolastici in Italia, ci racconta l’Anagrafe dell’edilizia scolastica del Miur, sono circa 40mila; hanno un’età media avanzata (52 anni) e in due casi su tre sono stati costruiti più di 40 anni fa. Molte scuole sono fragili e insicure, edificate senza attenzione ai criteri antisismici e con l’impiego di materiali scadenti. Con diverse carenze sia nelle strutture portanti, sia negli impianti; così come sono numerosi i casi in cui non sono state adottate misure per l’abbattimento delle barriere architettoniche. Non solo. Sia gli edifici degli anni Settanta sia quelli antecedenti mancano dal punto di vista della sostenibilità ambientale e dell’efficienza energetica: materiali non isolanti, vetrate e infissi che disperdono il calore, fonti di riscaldamento o raffreddamento inquinanti e inefficienti.

A tutto questo si aggiungono gli spazi scolastici che sono stati (e sono tutt’ora, in larga parte) pensati per una didattica tradizionale, trasmissiva: cattedre rialzate, lavagne al muro, banchi disposti in fila di fronte al docente, attaccapanni nei corridoi. Con una disposizione che, peraltro, penalizza innovazioni e metodi didattici diversi dalla lezione frontale. A pesare sull’intero quadro c’è anche una scarsa manutenzione ordinaria e straordinaria, che dipende pure dalla frammentazione di responsabilità e competenze distribuite tra Stato, regioni, enti locali e singole scuole in merito alla proprietà e alla conduzione degli edifici.

La questione demografica

All’aspetto edilizio si lega, a doppio filo, anche l’aspetto demografico. Da cui discende un’altra considerazione: più che di nuove costruzioni, nei prossimi anni, l’Italia avrà bisogno di intervenire soprattutto sul patrimonio scolastico esistente. Rendendolo bello, sicuro, sostenibile e innovativo. Ciò accadrà – evidenzia ancora la Fondazione Agnelli – perché da qui al 2030 la popolazione nelle classi perderà 1,1 milioni di studenti: «Sarebbe pertanto velleitario – è scritto nello studio – immaginare nel nostro Paese un’importante stagione di nuove costruzioni».

I costi di un possibile intervento

E se, come annuncia l’attuale governo, a breve, partirà un maxi piano di investimenti pubblici in infrastrutture per spingere la crescita, allora, occorre inserire subito un capitolo ad hoc dedicato all’edilizia scolastica. Sul tema Fondazione Agnelli e Compagnia di San Paolo si sono già cimentate, intervenendo per rinnovare, a Torino, le scuole medie Enrico Fermi e Giovanni Pascoli. Qui, accanto a interventi pensati per rendere gli spazi di apprendimento funzionali a un modo diverso di fare didattica, sono stati necessari significativi interventi strutturali sia di consolidamento e sicurezza delle strutture sia di efficientamento energetico. A consuntivo, il costo complessivo dell’intervento sul Fermi, incluse le opere edili, gli arredi e i compensi professionali, è stato di circa 1.350 euro al metro quadro, Iva esclusa.

Applicando lo stesso costo, la Fondazione Agnelli stima che per ristrutturare e rinnovare i 40mila edifici scolastici oggi attivi, corrispondenti a circa 150 milioni di metri quadrati, servirebbero 200 miliardi di euro. È una cifra pari a qualcosa di più dell’11% del Pil, equivalente a tre anni dell’attuale spesa complessiva per l’istruzione.

«Si tratta di un investimento imponente, che non può che essere realizzato in molti anni – sottolinea il direttore della Fondazione Agnelli, Andrea Gavosto -. Ma proprio per questo è importante che l’ambizioso programma di riqualificazione delle scuole italiane venga programmato sin da adesso e perseguito senza incertezze e cambiamenti di rotta nei prossimi decenni». A beneficiarne sarebbe anche la collettività se è vero che, nell’arco di un decennio, il consumo di acqua si ridurrebbe di un quinto, quello di energia termica di un terzo e quello di elettricità addirittura del 50 per cento.

Garante dell’infanzia: definire standard per mense, asili e parchi

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

In occasione del trentennale della Convenzione di New York l’Autorità garante per l’infanzia e l’adolescenza (Agia) ha pubblicato la proposta di individuazione di quattro livelli essenziali delle prestazioni (Lep) per i diritti di bambini e ragazzi. Riguardano mense scolastiche e
asili nido – da concepire non più come servizi a domanda individuale ma come un diritto per tutti – parchi inclusivi e accessibili e una banca dati per la disabilità. In Italia l’accesso a tali servizi per l’infanzia cambia tra territori.

Andrebbero garantiti, secondo l’Agia, quanto meno standard minimi uguali per tutti. Secondo la Costituzione tale risultato può essere raggiunto attraverso la definizione di Lep. La proposta sarà inviata al Governo, Parlamento e altri soggetti interessati. «Definire un livello essenziale – afferma la Garante, Filomena Albano – significa rendere effettive le prestazioni su tutto il territorio nazionale e garantire la presenza uniforme di servizi che rispondono alle esigenze primarie dei minorenni, in attuazione del principio di pari opportunità previsto dalla Convenzione Onu sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza.
Presentare nel mese del trentennale questa proposta è un modo per dare concretezza alla celebrazione. Tale iniziativa non deve, però, essere considerata un punto di arrivo, bensì
l’inizio di un percorso che porti quanto prima alla piena attuazione dei diritti di bambini e ragazzi e, allo stesso tempo, conduca alla definizione in futuro di ulteriori Lep».

È la legge istitutiva dell’Autorità garante che ha attribuito all’Agia il compito di formulare osservazioni e proposte per l’individuazione dei Lep, attività questa già avviata nel 2015
con la realizzazione di un primo documento. La proposta di Lep dell’Autorità garante – realizzata in collaborazione con Irs (Istituto di ricerca sociale) – è stato presentato alle amministrazioni, ai rappresentanti sindacali e dell’associazionismo, che sono stati coinvolti in qualità di stakeholder, nella sua definizione. Si tratta del ministero del Lavoro e politiche sociali, di quello dell’Interno, di quello della Giustizia, di quello della Salute, del Miur, del Mibact, del Mef, Dipartimento per le pari opportunità, del Dipartimento per le politiche della famiglia, dei rappresentanti di Anci, dell’Istat e dei sindacati confederali (Cgil, Cisl e Uil), dei membri della Consulta nazionale delle associazioni e delle organizzazioni dell’Agia, nonché dei referenti della rete di associazioni “Batti il 5!”.

Azzolina: «Dall’Italia sì all’Osservatorio europeo sull’insegnamento della Storia»

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

L’Italia è favorevole alla costituzione di un Osservatorio europeo sull’insegnamento della Storia. A dare l’annuncio è la sottosegretaria all’Istruzione, Lucia Azzolina, che ieri ha partecipato, a Parigi, alla riunione dei ministri Ue dell’Istruzione degli Stati aderenti alla Convenzione culturale europea del Consiglio d’Europa, siglata nel 1954 con lo scopo di promuovere lo sviluppo di una reciproca comprensione tra i popoli europei e un reciproco apprezzamento delle diversità culturali.

«Lo studio della Storia ha un ruolo fondamentale nella formazione di una coscienza collettiva e per una pacifica convivenza fra le Nazioni – ha sottolineato Azzolina -. Per questo il nostro Paese guarda con interesse alla costituzione di questo Osservatorio che dovrà stimolare il dibattito sulle metodologie didattiche, favorire lo scambio di buone pratiche, fornire un contributo per la costituzione di una ricerca storica e lo sviluppo di una coscienza comune europea».

«Proprio in questi giorni – ha proseguito la sottosegretaria – con la circolare sugli esami di Stato della secondaria di secondo grado, il nostro Paese è tornato a porre l’accento sull’importanza della Storia. Disciplina centrale perché attraverso lo studio del passato è possibile comprendere il presente, la realtà che ci circonda, sentirsi parte di un destino comune. Sapere da dove veniamo, quali avvenimenti, anche tragici, hanno caratterizzato il percorso che ci ha portati fino ai nostri giorni consente a ciascuno di noi di esercitare il pensiero critico, di leggere con consapevolezza gli eventi, di operare per un presente e un futuro migliori, in cui non si ripetano gli errori del passato. È un messaggio che vogliamo trasmettere con forza ai nostri ragazzi».

Oltre alla sessione sulla Storia, l’incontro dei ministri a Parigi ha previsto anche una sessione di confronto sull’educazione digitale. Il rafforzamento della formazione iniziale e continua dei docenti su questi temi, lo scambio di buone pratiche anche in ambito europeo, la promozione dell’utilizzo delle tecnologie in classe anche per sostenere al meglio gli studenti con bisogni educativi speciali, il potenziamento delle competenze digitali degli studenti sono gli obiettivi di lavoro prioritari individuati oggi a Parigi.

Sarà ammesso alla Maturità solo chi sostiene i test Invalsi

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Gli studenti dell’ultimo anno delle scuole superiori dovranno sostenere le prove Invalsi in programma in tutta Italia dal 2 al 31 marzo 2020 per essere ammessi alla Maturità. Non importa se il risultato del loro test sarà sufficiente o no, quel che conta è averlo sostenuto.

Entra così in vigore una delle ultime novità introdotte nell’ambito della riforma della Buona Scuola, che lo scorso anno invece il ministro Marco Bussetti aveva rinviato. Ad annunciarlo non è il ministro Lorenzo Fioramonti, in questi giorni in missione in Cina, e da sempre apertamente contrario a rendere obbligatori i test: lo chiarisce, dopo mesi di incertezze, una circolare che il Miur ha inviato a tutte le scuole. Fioramonti, in serata, si limita a confermare il paradosso: lui resta «personalmente dell’opinione che queste prove vadano ripensate: possono comunque essere utili a evidenziare le fragilità del nostro sistema di istruzione». E dunque? Alza bandiera bianca e dà il suo ok a quello che ha sempre definito «un ulteriore onere» per le scuole: «Ma interpreto con prudenza e responsabilità il ruolo di ministro, e in questo caso ci sono dei passaggi di legge da rispettare».

Gli studenti in primavera dovranno rispondere ai test di italiano, matematica e inglese, materia per la quale potranno ottenere un’attestazione del livello in reading e listening da usare nel curriculum. In fondo per loro non è una gran sorpresa: lo scorso anno le prove (senza obbligo) si sono svolte nel 96,4 per cento delle classi di quinta superiore. Resta ora solo da chiarire come sarà la seconda prova della Maturità, quella di indirizzo: se sarà mista come lo scorso anno oppure di una sola materia come in passato.

Fioramonti nei giorni scorsi si era dilungato sulla modifica della prima prova nella quale ridiventa obbligatoria una traccia storica e sull’abolizione della pesca delle tre buste al colloquio, introdotta dal suo predecessore.

Era in Buona Scuola

Era già previsto dalla legge sulla Buona Scuola, ma Bussetti aveva rinviato l’obbligo

Ma della novità più importante non aveva parlato. Ci pensa la dirigente del Miur Carmela Palumbo che nella sua circolare precisa che «non essendo intervenuto alcun differimento dell’entrata in vigore» delle norme esistenti, «ai fini dell’ammissione dei candidati all’esame di Stato» oltre alla frequenza scolastica e al profitto è necessaria «anche la partecipazione alle prove predisposte dall’Invalsi e alle attività dei percorsi per le competenze trasversali», cioè l’ex Scuola-lavoro.

Soddisfatta la viceministra Anna Ascani (Pd), che in questi mesi si è battuta per l’obbligatorietà dei test: «È necessario avere il test in tutte le scuole per avere un quadro chiaro e completo delle criticità per poter intervenire dove serve». Si divide invece la maggioranza: i renziani come Toccafondi applaudono mentre Leu con Fratoianni chiede un ripensamento. I presidi apprezzano l’Invalsi ma protestano per l’eliminazione delle buste al colloquio: «Garantivano al massimo la parità di trattamento tra gli studenti». Annuncia manifestazioni anche l’Unione degli studenti, da sempre tra gli oppositori delle prove nazionali: «Il ministro ritiri subito la circolare o scenderemo in piazza».

Prof precari, si allarga la platea

da Italiaoggi

Marco Nobilio e ALessandra Ricciardi

Il Movimento5stelle ha dovuto alla fine ingoiare qualche rospo. La platea dei docenti precari che a titoli diversi entreranno o nel percorso di stabilizzazione o di abilitazione speciale è molto più ampia di quella prevista inizialmente dal decreto legge su scuola e università. Il testo (AC 2222-A), frutto del lavoro svolto nelle commissioni Cultura e Lavoro, lavoro che ha visto un consenso anche della Lega e di Forza Italia su molti punti, è approdato ieri nell’aula della Camera per la discussione generale. Intrecciandosi con l’esame del dl sisma, tanto che ambienti parlamentari non escludono affatto il ricorso al voto di fiducia su scuola e università. Questione che potrebbe essere posta giovedì, così da consentire di licenziare il testo per la trasmissione al Senato entro fine settimana. Ecco le novità in dettaglio.

Per partecipare al concorso straordinario gli aspiranti docenti dovranno essere in grado di vantare almeno 3 anni di servizio, di cui almeno uno nella disciplina per cui si concorre. Il periodo utile ai fini della maturazione del triennio è stato retrodato all’anno 2008/2009 e fino al corrente anno scolastico. I soggetti che per maturare il triennio avranno bisogno dell’anno in corso saranno ammessi con riserva. La riserva sarà sciolta solo se il terzo anno risulterà svolto entro il 30 giugno prossimo. In caso contrario gli interessati saranno esclusi dalla procedura concorsuale. Il servizio prestato sul sostegno senza titolo non sarà utile ai fini del concorso sul sostegno, ma sarà considerato valido per la classe di concorso. Sempre ai fini della maturazione del triennio utile all’accesso alla procedura straordinaria, sarà considerato valido anche il servizio prestato per effetto dei decreti salvaprecari del 2009 e del 2013. Per accedere alla procedura straordinaria, solo per conseguire l’abilitazione, oltre al servizio prestato nelle paritarie sarà considerato valido anche il servizio prestato nella formazione professionale. Purché tale servizio sia stato svolto per insegnamenti riconducibili a quelli relativi alle classi di concorso. Ai docenti già in ruolo nella scuola statale sarà concesso di partecipare alla procedura straordinaria, ai soli fini abilitativi, se saranno in grado di vantare 3 anni di servizio maturati in tempo utile (a prescindere dalla classe di concorso) unitamente al possesso del titolo di accesso alla classe di concorso. Per i docenti di ruolo il nuovo testo prevede, infatti, una deroga all’obbligo di avere prestato almeno uno dei 3 anni richiesti nella classe di concorso a cui si riferisce la procedura. Il programma a cui fare riferimento per la preparazione al concorso straordinario sarà lo stesso del concorso ordinario del 2016. I principali destinatari sono i docenti di infanzia e primaria. La prova orale al termine dell’anno di prova si svolgerà, come previsto, davanti al compitato di valutazione dell’istituzione scolastica di servizio. Ma il nuovo testo prevede che il comitato dovrà essere integrato da due commissari esterni (il testo originario nel prevedeva uno solo). E uno dei due commissari esterni dovrà essere necessariamente un dirigente scolastico.

Insegnanti di religione: il nuovo testo prevede l’indizione di un concorso ordinario per titoli ed esami riservato al reclutamento con contratti a tempo indeterminato degli insegnanti di religione cattolica. La procedura concorsuale prevede una riserva dei posti non superiore al 35% per i candidati che abbiano prestato almeno 3 anni di insegnamento. Fino a quando la selezione non sarà terminata con l’approvazione della graduatoria di merito, le immissioni in ruolo dei docenti di religione continueranno ad essere effettuate scorrendo le graduatorie del precedente concorso. L’emendamento accolto prevede il concorso nel 2020. «Dopo 16 anni e dieci ministri dell’istruzione arriva un concorso. Su 24 mila insegnanti, solo 11 mila sono di ruolo. Circa il 60% sono quindi precari», spiega Gabriele Toccafondi, Italia Viva, primo firmatario dell’emendamento poi approvato, «questi numeri dimostrano la necessità di un concorso».

Novità anche per gli aspiranti docenti inseriti nelle graduatorie di merito dei concorsi o nelle graduatorie a esaurimento potranno concorrere alle immissioni in ruolo anche in graduatorie di una o più province di altra regione. Questa facoltà sarà concessa a domanda e le relative assunzioni avverranno in coda a quelle ordinarie. Gli aspiranti inclusi nelle graduatorie a esaurimento potranno chiedere di essere inclusi nelle graduatorie a esaurimento aggiuntive di una o più province di una stessa regione, ma non potranno chiedere di essere inclusi in coda alle graduatorie di merito dei concorsi. E viceversa: i candidati inclusi nelle graduatorie di merito dei concorsi potranno chiedere di essere inclusi in coda alle graduatorie dei concorsi di una o più province nella stessa regione, ma non potranno chiedere di essere inclusi in coda alle Gae. Infine, gli aspiranti docenti inclusi nelle graduatorie del 2016 potranno esercitare l’opzione di coda per le graduatorie dei concorsi non selettivi del 2018. Ma i candidati inclusi negli elenchi di merito dei concorsi del 2018 non potranno far valere l’opzione aggiuntiva per le graduatorie dei concorsi del 2016.

Il nuovo testo prevede, inoltre, la costituzione di graduatorie provinciali da utilizzare, sempre per le supplenze, al termine delle operazioni di assunzione a tempo determinato effettuate tramite lo scorrimento delle graduatorie a esaurimento. A differenza delle graduatorie a esaurimento, che sono valide per tutte le disponibilità utili ai fini delle supplenze, le graduatorie provinciali avranno valore, per ogni singolo soggetto incluso, per sole 20 istituzioni scolastiche, che dovranno essere previamente indicate dagli interessati all’atto della presentazione delle domande. In pratica dunque, la fase provinciale delle assunzioni a tempo determinato sarà suddivisa in due step: l’ufficio procederà a scorrere anzitutto le graduatorie a esaurimento e al termine di questa operazione procederà allo scorrimento delle graduatorie provinciali. Le disponibilità che dovessero residuare da queste operazioni saranno gestite dai dirigenti scolastici tramite lo scorrimento delle graduatorie di istituto.

Anche per i prossimi tre anni sarà possibile chiedere di essere inseriti nella terza fascia delle graduatorie di istituto senza possedere l’abilitazione. Gli aspiranti docenti che vi sono già inclusi potranno continuare a rimanervi anche senza il possesso dei 24 Cfu. Coloro che lo chiederanno per la prima volta, invece, potranno farlo solo previo conseguimento dei 24 Cfu. Resta fermo l’obbligo di possedere comunque il titolo di studio di accesso.

Dsga, inserita una deroga per l’accesso al concorso riservato per posti di direttore dei servizi generali e amministrativi, che sarà consentito agli assistenti amministrativi che abbiano svolto tale funzione per tre anni anche se non risulteranno in possesso della laurea.

Ecco come 11 mila Lsu saranno assunti dallo stato La Campania fa la parte del leone, seguita dal Lazio

da Italiaoggi

Marco Nobilio e Alessandra Ricciardi

Al via il concorso per stabilizzare 11.263 lavoratori socialmente utili che abbiano lavorato come ausiliari nelle scuole per almeno 10 anni, anche non continuativi, che comprendano gli anni 2018 e 2019. Gli lsu ad oggi impiegati sono circa 16 mila, ma con orari ridotti rispetto al servizio pieno. Alcuni di questi poi assunti negli ultimi anni dalle cooperative e dunque non rientranti negli appalti storici. Il ministero dell’istruzione ha predisposto la bozza di decreto con il quale darà il via alle selezioni e lo ha inviato ai ministeri del lavoro, della pubblica amministrazione e dell’economia per il prescritto parere. Italia Oggi lo ha letto. La selezione sarà organizzata dagli uffici scolastici regionali e si svolgerà a livello provinciale. Gli interessati potranno partecipare solo nella provincia dove stia prestando attualmente servizio presso una scuola. I candidati che risulteranno collocati nelle graduatorie di merito in posizione utile saranno assunti a tempo indeterminato con contratto a tempo pieno (36 ore settimanali) o part time (18). Le assunzioni avverranno nel profilo di collaboratore scolastico. Il decreto reca anche una tabella con la suddivisione dei posti regione per regione.

La parte del leone la farà la Campania, dove sono previste 2.536 assunzioni. Segue il Lazio con 1.728 immissioni e la Puglia dove saranno reclutate 1.611 unità lavorative. In Sicilia le nuove assunzioni saranno 952, al netto delle analoghe assunzioni già effettuate dall’ufficio scolastico di Palermo. In Calabria saranno 612, in Toscana 595, In Emilia-Romagna 550, in Piemonte 498, in Lombardia 392, in Abruzzo 386, in Veneto 348, nelle Marche 259, in Sardegna 205, in Umbria 179, in Basilicata 162, in Liguria 128, in Molise 82 e, infine, in Friuli Venezia Giulia 40: 30 negli istituti di lingua italiana e 10 nelle scuole di lingua slovena. L’accesso al concorso riservato sarà concesso anche a coloro che possiedono solo il diploma di scuola secondaria di I grado, conseguito entro la data di scadenza del termine per la presentazione delle domande di partecipazione. A patto che abbiano svolto, per almeno 10 anni, anche non continuativi, nei quali devono essere inclusi il 2018 e il 2019, servizi di pulizia e ausiliari presso le istituzioni scolastiche ed educative statali in qualità di dipendente a tempo indeterminato di imprese titolari di contratti per svolgere tali servizi. Per raggiungere il requisiti di servizio decennale saranno considerati validi anche i periodi di sospensione obbligatoria del servizio. Per esempio i periodi di astensione obbligatoria in caso di maternità.

La verifica dei servizi effettivamente prestati potrà avvenire, anche d’ufficio da parte degli uffici scolastici regionali, delle comunicazioni obbligatorie del rapporto di lavoro o in mancanza, può essere comprovata tramite dichiarazioni del datore di lavoro recante i periodi utili. Per accedere alle qualifiche gli interessati, oltre a possedere gli ordinari requisiti, dovranno presentare particolari requisiti di onorabilità.

Sciopero, scontro Aran-sindacati

da ItaliaOggi

Marco Nobilio

L’Aran rimane irremovibile sulla precettazione dei docenti in caso di sciopero. È scontro aperto, dunque, tra l’Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (Aran) e i sindacati rappresentativi del comparto istruzione e ricerca. E il nodo da sciogliere riguarda proprio la scuola. L’Aran insiste sulla necessità di modificare le regole sui servizi minimi da erogare in caso di sciopero, comprendendo tra tali servizi la vigilanza sugli alunni, da assicurare anche tramite la precettazione di un certo numero di docenti da definire a livello di contrattazione integrativa di istituto.

L’ultimo incontro negoziale si è tenuto ieri all’Aran, ma le parti non hanno fatto alcun passo avanti in questa direzione. Perché tutti i sindacati presenti al tavolo (Cgil, Cisl, Uil, Snals, Gilda e Anief) hanno evidenziato la necessità di non comprimere ulteriormente l’esercizio del diritto di sciopero evitando, quindi, la possibilità di inserire nei contingenti minimi anche i docenti. Docenti che, fino ad ora, sono sempre stati esentati dalla possibilità di essere precettati.

Tra le varie tesi prospettate a sostegno della non precettabilità del personale docente, quella della mancata previsione a livello contrattuale della possibilità di utilizzare i docenti con mansioni di mera vigilanza. Fatto questo che potrebbe ingenerare un vero e proprio demansionamento, sebbene temporaneo, essendo limitato al giorno in cui dovesse tenersi lo sciopero.

L’Aran ha accolto, invece, alcune richieste avanzate dai sindacati nella precedente riunione. In particolare ha cassato dalla bozza di accordo il riferimento all’inclusione degli scrutini intermedi tra i servizi essenziali. Ed ha modificato anche il testo della clausola negoziale che prevede l’obbligo, per i dirigenti scolastici, di invitare il personale a comunicare la propria volontà di aderire o meno allo sciopero oppure di non avere ancora preso una decisione in merito. La nuova stesura prevede, infatti, che la comunicazione possa avvenire anche tramite posta elettronica. Su questa questione i sindacati hanno evidenziato la necessità di esplicitare inequivocabile che la comunicazione non può essere obbligatoria.

Infine, l’Aran ha recepito le richieste delle organizzazioni sindacali per quanto riguarda gli obblighi per le istituzioni scolastiche di informare le famiglie degli alunni circa le organizzazioni sindacali che abbiano proclamato l’azione di sciopero, le motivazioni poste a base della vertenza, unitamente ai dati relativi alle percentuali di voti, in rapporto al totale degli aventi diritto al voto, ottenuti da tali organizzazioni sindacali nelle ultime elezioni delle Rsu nonché alle percentuali di adesione registrate, a livello di istituzione scolastica, nel corso di tutte le astensioni proclamate nell’anno scolastico in corso ed in quello precedente, con l’indicazione delle sigle sindacali che hanno indetto tali astensioni o vi hanno aderito.

Nella precedente stesura, infatti, si faceva riferimento all’obbligo di fornire i dati di adesione di tutti gli scioperi degli anni precedenti.

La necessità di rivedere l’accordo è scaturita dalla frequenza con la quale i sindacati a basso tasso di rappresentatività proclamano gli scioperi. Che mettono in allarme i genitori e, talvolta, li inducono a non mandare i figli a scuola. Salvo poi constatare che le adesioni allo sciopero siano state assolutamente trascurabili e che, quindi, le lezioni si sarebbero tenute regolarmente.

È questa la ratio della richiesta di indicare nell’informazione alle famiglie la serie storica delle adesioni. In modo tale da consentire ai genitori di valutare l’esiguità del rischio. La prassi delle grandi sigle sindacali, infatti, da qualche anno a questa parte, è quella di limitare al minimo indispensabile la proclamazione di scioperi. E soprattutto di procedere unitariamente.

È solo in queste occasioni, infatti, che si verifica una riduzione sensibile del servizio. Con percentuali di adesione che superano anche il 50% degli addetti. Negli altri casi, infatti, la percentuale di adesione rimane sempre su livelli assolutamente trascurabili. Resta il fatto, però, che la materia dei servizi essenziali in caso di sciopero non è più stata fatta oggetto di regolazione al tavolo negoziale da circa vent’anni. Il ritardo è dovuto in parte anche al fatto che le parti si erano accordate per provvedere in occasione dell’ultima tornata negoziale. Che ha portato alla sottoscrizione del contratto di comparto il 19 aprile 2018.

In tale occasione, però, la fretta del governo di concludere prima delle imminenti elezioni politiche, indusse le parti a concentrarsi prevalentemente sugli aspetti economici. Tant’è che la parte normativa è rimasta praticamente intatta, salvo alcune modifiche. E non è stata incorporata nell’atto se non per il termine di un mero rinvio contenuto nell’articolo 1, comma 10, del nuovo contratto. La partita, dunque, resta aperta e le parti si sono date appuntamento a lunedì 16 novembre per proseguire la discussione.

Maturità 2020: 40 punti il credito scolastico. Tabelle e indicazioni Miur

da Orizzontescuola

di redazione

Esami di Stato secondaria di II grado 2020: il Miur ha fornito le prime indicazioni alle scuole su credito scolastico, prova di Italiano, requisiti di ammissione, Colloquio.

Punteggio

Il punteggio massimo conseguibile negli ultimi tre anni è di 40 punti. Già dallo scorso si attribuisce infatti un maggior peso, nell’ambito dell’esame, al percorso scolastico.

I 40 punti sono così distribuiti:

  • max 12 punti per il terzo anno;
  • max 13 punti per il quarto anno;
  • max 15 punti per il quinto anno.

Attribuzione credito

L’attribuzione del credito scolastico è di competenza del consiglio di classe, compresi i docenti che impartiscono insegnamenti a tutti gli alunni o a gruppi di essi, compresi gli insegnanti di religione cattolica e di attività alternative alla medesima, limitatamente agli studenti che si avvalgono di tali insegnamenti.

L’attribuzione del credito avviene sulla base della tabella A (allegata al Decreto 62/17), che riporta la corrispondenza tra la media dei voti conseguiti dagli studenti negli scrutini finali per ciascun anno di corso e la fascia di attribuzione del credito scolastico.

Ecco la tabella:

Con la nota del 25 novembre 2019 il Miur ha precisato che il punteggio totale del credito scolastico da attribuire a ciascuno studente
ammesso all’esame di Stato 2020 sarà determinato dalla somma
del credito già attribuito per il terzo anno di corso, convertito sulla base della tabella emanata lo scorso anno scolastico e il credito attribuito per il quarto e il quinto anno di corso utilizzando la tabella denominata “Attribuzione credito scolastico”.

Qualora i consigli di classe non avessero ancora attuato la conversione dei crediti di terzo anno, ecco la tabella di riferimento

Credito e abbreviazione per merito

Nel caso di abbreviazione del corso di studi per merito (ossia per i candidati frequentanti la classe quarta, poi ammessi all’esame), il credito scolastico del quinto anno è attribuito nella stessa misura di quello del quarto (se per il quarto anno il consiglio di classe attribuisce, ad esempio, 10 punti, lo stesso avverrà per l’ultimo anno non frequentato).

Credito candidati esterni

Il credito scolastico ai candidati esterni è attribuito (sempre in riferimento alla tabella A) dal consiglio della classe innanzi al quale i medesimi sostengono l’esame preliminare, sulla base della documentazione del curriculum scolastico e dei risultati delle prove preliminari.

La nota Miur del 25 novembre 2019  – Prime indicazioni Esami di Stato 2019/20

Collocamento a riposo d’ufficio a 62 anni, ecco quando è possibile

da Orizzontescuola

di Patrizia Del Pidio

Il collocamento a riposo d’ufficio può avvenire anche prima del compimento dei 65, vediamo in quali casi.

La mia carriera scolastica è iniziata nel 1976, con l’immissione in ruolo nella scuola primaria, allora elementare.
A seguito del passaggio di ruolo sono stata immessa nel ruolo  della scuola secondaria di II grado; nel 2007 ho superato il concorso per dirigente scolastico.
Avendo quasi 44 anni di servizio, possono collocarmi in pensione di ufficio, pur non avendo 65 anni?
Grazie per l’attenzione.
Cordiali saluti

Le publiche amministrazioni devo obbligatoriamente collocare a riposo d’ufficio i dipendenti che al compimento dei 65 anni abbiano maturato un qualsiasi diritto alla pensione. In questo caso, quindi, il collocamento a risposo è obbligatorio.

Collocamento a riposo d’ufficio a 62 anni

Esiste però abche la possibilità del collocamento a riposo facoltativo. E’ previsto dall’articolo 1, comma 5 del DL numero 90 del 2014. Le pubbliche amministrazioni possono anticipare l’età della pensione dei propri dipendenti a patto che il trattamento pensionistico non subisca penalizzazioni per l’anticipo e a patto che il dipendente abbia compiuto almeno 62 anni.

La risoluzione del contratto deve essere motivata per esigenze organizzativa e può essere applicata soltanto per i dipendenti che hanno raggiunto i requisiti di accesso alla pensione anticipata (che abbiano, quindi, maturato almeno 42 anni e 10 mesi di contributi se uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi se donne).

L’amministrazione, in ogni caso, dovrà dare al dipendente un preavviso di almeno 6 mesi. Tale anticipo, in ogni caso, non può essere applicato per dirigenti medici responsabili di struttura complessa (i primari), i magistrati, il personale difesa e soccorso pubblico e i professori universitari.

Docenti neoassunti, guida al Consiglio di classe

da La Tecnica della Scuola

Per i docenti neoassunti nell’a.s. 2019/2020 proponiamo una breve guida al Consiglio di classe.

Cos’è

I Consigli di classe, di interclasse e di intersezione sono gli organi collegiali in cui le diverse componenti scolastiche (docenti, genitori e studenti per la scuola secondaria di II grado) si incontrano per pianificare e valutare l’azione educativa e didattica.

Nel dettaglio:

  • il Consiglio di intersezione opera nella Scuola dell’Infanzia ed è composto dai docenti delle sezioni dello stesso plesso (inclusi quelli di sostegno se presenti) e, per ciascuna delle sezioni, da un rappresentante dei genitori;
  • il Consiglio di interclasse opera nella Scuola Primaria ed è composto dai docenti (inclusi quelli di sostegno se presenti) dei gruppi di classi parallele (o dello stesso ciclo o dello stesso plesso) e, per ciascuna delle classi, da un rappresentante dei genitori;
  • il Consiglio di classe opera nella Scuola secondaria, è composto dai docenti di ogni singola classe (inclusi quelli di sostegno), da quattro rappresentanti dei genitori nella scuola Secondaria I grado e da due rappresentanti dei genitori, e due rappresentanti degli studenti nella scuola Secondaria II grado.

In tutti i Consigli, presiede il Dirigente scolastico o un docente da lui delegato, facente parte del Consiglio.

L’elezione nei Consigli di classe si svolge annualmente entro il 31 ottobre, con procedure semplificate. 

Cosa fa

Durante l’anno, il Consiglio di classe si riunisce almeno tre volte, e comunque in tutti i casi in cui ci siano tematiche importanti da affrontare su convocazione del Dirigente Scolastico o su richiesta della maggioranza dei loro membri.

Il Consiglio di classe si occupa dell’andamento generale della classe, formula proposte al Dirigente scolastico per il miglioramento dell’attività, si esprime su eventuali progetti di sperimentazione, presenta proposte per un efficace rapporto scuola-famiglia (articolo 5 del Decreto Legislativo 297 del 16 aprile 1994 e successive modifiche).

Molti sono dunque gli argomenti che possono essere trattati nei Consigli di Classe e possono riguardare il comportamento degli alunni e il loro impegno nello studio e nell’attività didattica, l’organizzazione di attività ed iniziative integrative all’offerta formativa (come gite, visite d’istruzione…), le condizioni dell’edificio scolastico, pareri sui libri di testo adottati, ecc.

Non possono invece essere trattati casi riguardanti il singolo alunno/studente.

Organizzazione del Consiglio di classe

Per approfondimenti sull’argomento, segnaliamo la scheda della FLC CGIL sull’organizzazione del Consiglio di classe e sullo specifico ruolo che assumono il presidente, il segretario e il coordinatore

Maturità 2020, tutte le scadenze per presentare le domande

da La Tecnica della Scuola

Nella circolare annuale concernente gli esami di Stato conclusivi del secondo ciclo di istruzione sono riportate indicazioni sui termini e sulle modalità di presentazione delle domande di partecipazione.

Queste sono le scadenze contenute nella circolare n. 22110 del 28 ottobre 2019, riferita all’a.s. 2019/2020:

  • Studenti dell’ultima classe: termine presentazione domande 30 novembre 2019
  • Candidati esterni: termine presentazione domande 30 novembre 2019
  • Studenti della penultima classe – abbreviazione per merito: termine presentazione domande: 31 gennaio 2020.

I candidati interni debbono presentare domanda al dirigente scolastico/coordinatore didattico dell’istituzione scolastica da essi frequentata.

I candidati esterni devono invece presentarla all’Ufficio scolastico regionale territorialmente competente, corredandola, oltre che di ogni indicazione ed elemento utile ai fini dello svolgimento dell’esame preliminare e dell’esame conclusivo, di apposita dichiarazione sostitutiva atta a comprovare il possesso dei requisiti di ammissione all’esame, compresa la
residenza.

Eventuali domande tardive dei candidati esterni possono essere prese in considerazione dagli Uffici scolastici regionali, limitatamente a casi di gravi e documentati motivi che ne giustifichino il ritardo, sempre che siano pervenute entro il termine del 31 gennaio 2020.

Beneficiari della proroga del termine al 31 gennaio 2020, stabilito per le domande tardive dei candidati esterni, sono anche i candidati interni nelle medesime condizioni, con l’avvertenza che questi ultimi devono presentare domanda al dirigente scolastico/coordinatore didattico.

Gli studenti che si ritirano dalle lezioni entro il 15 marzo 2020 possono invece presentare l’istanza di partecipazione in qualità di candidati esterni entro il 20 marzo 2020

Iscrizioni scuola dell’Infanzia: cosa fare e quando

da Tuttoscuola

Vengono fornite di seguito notizie essenziali per l’iscrizione alla scuola dell’infanzia statale. Per maggiori approfondimenti è possibile consultare la circolare ministeriale emanata dal Ministero dell’Istruzione (circolre 22994 del 13 novembre 2019). Per i genitori che vogliono conoscere in modo più dettagliato la scuola scelta per il proprio figlio, il Miur e mette a disposizione l’applicazione “Scuola in chiaro”.

Iscrizioni online: scopri come compilare e inviare la domanda

Iscrizioni a scuola: la struttura della scuola dell’infanzia statale

La scuola dell’infanzia statale – denominata scuola materna fino a vent’anni fa – è il settore educativo che precede la scuola dell’obbligo. È aperta a bambini della fascia di età 3-5 anni. Funziona da settembre fino al 30 giugno, seguendo le scansioni del calendario scolastico previste per tutti gli altri settori scolastici.

Ogni scuola dell’infanzia è inserita all’interno di una istituzione scolastica (circolo didattico o istituto comprensivo) che comprende anche scuole primarie (ex-elementari) e/o scuole secondarie di I grado (ex-scuole medie).

Responsabile dell’istituzione scolastica e, quindi, anche della scuola dell’infanzia è un dirigente scolastico che si avvale, tra l’altro, di una segreteria presso la quale viene presentata anche la domanda di iscrizione.

All’interno di ogni scuola dell’infanzia funzionano le sezioni (corrispondenti alle classi) affidate ciascuna a due insegnanti. Le attività didattiche vengono svolte in base alle Indicazioni nazionali definite a livello nazionale per orientare l’azione educativa degli insegnanti.

Anche nella scuola dell’infanzia statale, come negli altri settori, funziona un organo collegiale, il consiglio di intersezione, composto dal personale insegnante e da rappresentanti eletti dei genitori.

Iscrizioni alla scuola dell’infanzia: tempi e modalità

Le iscrizioni alle scuole statali di ogni ordine e grado si effettuano solitamente intorno a gennaio.

A differenza degli altri ordini di scuola dove le iscrizioni si effettuano on line, per la scuola dell’infanzia le iscrizioni avvengono con la consueta modalità del modello cartaceo da presentare materialmente alla segreteria della scuola. Il Ministero dell’Istruzione ha predisposto un apposito modello da utilizzare per le iscrizioni.

Iscrizioni alla scuola dell’infanzia: età di ammissione

Possono essere iscritti alle scuole statali dell’infanzia i bambini che compiono tre anni di età entro il 31 dicembre 2019. Possono essere iscritti anche bambini di età superiore ai tre anni e che non sono ancora in obbligo scolastico.

Poiché la scuola dell’infanzia non è ancora scuola dell’obbligo, l’iscrizione è consentita nel limite dei posti disponibili.

In caso di eccedenza del numero di domande in base ai posti disponibili, la precedenza di iscrizione tiene conto dei criteri stabiliti da ogni scuola e resi pubblici prima del termine delle iscrizioni.

Non può essere data priorità alle domande di iscrizione in ragione della data di invio delle stesse.

I bambini che compiono tre anni entro il 31 dicembre 2019 hanno diritto di precedenza di iscrizione nei confronti di eventuali bambini anticipatari.

È consentita anche l’iscrizione di bambini che, come anticipatari,  compiono tre anni di età entro il 30 aprile 2020. La data del 30 aprile è perentoria, prevista dalle legge, e non può essere elusa nemmeno per un solo giorno.

Per i bambini che compiono tre anni di età dopo il 30 aprile 202o per l’a.s. 2019/20 e dopo il 30 aprile 2021 per l’a.s. 2020/21 non è consentita alcuna iscrizione, anche se nella scuola risultano posti disponibili.

In questi casi l’ammissione a scuola dei bambini anticipatari avviene di norma a settembre 2019, in coincidenza con l’inizio delle attività didattiche, come avviene anche per tutti gli altri bambini in età regolare, ma, in taluni casi, in base alle regole stabilite dalle singole scuole, l’ammissione vera e propria a scuola può avvenire soltanto al momento del compimento del terzo anno di età.

Per i bambini regolarmente iscritti che attualmente frequentano la scuola i genitori non devono ripresentare domanda di iscrizione, in quanto – fatta salva diversa decisione delle famiglie – la loro iscrizione è confermata d’ufficio.

Iscrizioni alla scuola dell’infanzia: il diritto di scelta

Al momento dell’iscrizione i genitori dei bambini possono effettuare scelte personali relative a due questioni: l’orario di partecipazione alle attività e l’eventuale scelta dell’insegnamento della religione cattolica.

L’orario ordinario delle attività didattiche è di 40 ore settimanali (mattino e pomeriggio), ma i genitori possono chiedere l’orario ridotto con frequenza soltanto delle attività educative del mattino.

I genitori possono anche richiedere l’orario prolungato fino a 50 ore settimanali.

Poiché l’orario normale di 40 ore settimanali corrisponde a 8 ore giornaliere su cinque giorni di attività, l’orario prolungato a 50 ore settimanali corrisponde a 10 ore giornaliere, cioè due ore in più per il prolungamento di orario.

In base alle norme concordatarie tra Stato italiano e Santa Sede, nella scuola è prevista la possibilità di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica. Non si tratta di una catechesi, bensì di un insegnamento ispirato ai valori del cattolicesimo. Al momento dell’iscrizione i genitori possono decidere, con opzione scritta su apposito modulo, di avvalersi di questo insegnamento oppure di optare per attività alternative o per nessuna attività. L’insegnamento della religione cattolica è affidato ad uno degli insegnanti della sezione oppure ad un docente appositamente individuato dal Vescovo.

Complessivamente nel corso dell’anno scolastico vengono svolte attività di questo insegnamento per complessive 60 ore, cioè poco meno di due ore in media a settimana.

Per le famiglie che decidono di avvalersi dell’insegnamento della religione cattolica, l’eventuale rinuncia va presentata alla scuola per iscritto entro marzo nell’anno scolastico successivo.

Iscrizioni alla scuola dell’infanzia: bambini con disabilità

I genitori di bambini affetti da disabilità, al momento dell’iscrizione presentano alla scuola prescelta la certificazione rilasciata dalla A.S.L. di competenza, comprensiva della diagnosi funzionale, predisposta a seguito degli accertamenti collegiali previsti dalle norme in materia.

Sulla base di tale certificazione e della diagnosi funzionale, la scuola potrà procedere alla richiesta di personale docente di sostegno e di eventuali assistenti educativi a carico dell’Ente locale, nonché alla successiva stesura del piano educativo individualizzato, in stretta relazione con la famiglia e gli specialisti dell’A.S.L.

Iscrizioni alla scuola dell’infanzia: servizio di mensa e rette

La frequenza della scuola statale dell’infanzia è gratuita, ma taluni servizi aggiuntivi comportano il pagamento di una retta.

È il caso, ad esempio, della fruizione della mensa scolastica la cui gestione è normalmente affidata alla Amministrazione comunale locale.

Normalmente la retta a carico delle famiglie non copre l’intero ammontare della spesa di mensa, ma rappresenta piuttosto un contributo, commisurato, di norma, alla fascia di reddito della famiglia e ad altre condizioni definite dalle singole scuole.

Analogamente per chi si avvale di scuolabus comunale può essere previsto un contributo per la fruizione del servizio.

La regolamentazione dei servizi di mensa e di trasporto, nonché le modalità di pagamento dei contributi e delle rette non vengono determinate in sede di iscrizione, ma successivamente all’inizio dell’anno scolastico, secondo criteri fissati da ciascuna scuola.

Assenze e frequenza

Anche se non è scuola dell’obbligo, la scuola dell’infanzia richiede regolare frequenza alle attività, puntualità di ingresso. In caso di assenza per malattia di durata superiore a cinque giorni, il bambino può essere ammesso a scuola previa esibizione di certificato medico, anche se alcune regioni del Centro Nord come il Lazio non lo richiedono più.

L’irregolare frequenza accompagnata da assenze non giustificate può comportare l’esclusione dal servizio, disposta dal dirigente scolastico.

La regolamentazione delle assenze non vengono determinate in sede di iscrizione, ma successivamente all’inizio dell’anno scolastico, secondo criteri e modalità fissati da ciascuna scuola.

Edilizia scolastica: il 27 novembre presentazione del rapporto della Fondazione Agnelli

da Tuttoscuola

Domani, mercoledì 27 novembre, a Torino la Fondazione Agnelli farà la presentazione nazionale del suo Rapporto sull’edilizia scolastica, che sarà pubblicato da Laterza.

Si parte da un’analisi dello stato presente (concludendo, che gli edifici scolastici in Italia sono inadeguati sul piano della sicurezza, della sostenibilità e della funzionalità a una didattica moderna) e si formulano indicazioni di policies e intervento per i prossimi anni (alla luce del declino demografico della popolazione scolastica e con una riflessione sui costi per le finanze pubbliche).

Interverranno:

 John Elkann, presidente Fondazione Agnelli
Andrea Gavosto, direttore Fondazione Agnelli
Alessandro Laterza, amministratore delegato Laterza Editori
Giovanni Biondi, presidente Indire
Francesco Profumo, presidente Compagnia di San Paolo e già ministro dell’Istruzione

Concluderà Anna Ascani, viceministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca (con delega all’edilizia scolastica)

Accanto alla sicurezza e alla sostenibilità, oggi gli spazi delle scuole e la loro organizzazione giocano un ruolo fondamentale nei processi di apprendimento, favorendo oppure ostacolando l’innovazione didattica e influenzando il benessere di chi sta a scuola.

La Fondazione Agnelli ha realizzato il Rapporto sull’Edilizia Scolastica, pubblicato da Editori Laterza, tenendo conto di tutte le dimensioni rilevanti, per mettere a fuoco il futuro degli edifici scolastici in Italia. Il Rapporto si fonda su analisi approfondite e inedite per fornire indicazioni di policy in vista degli interventi necessari all’edilizia scolastica nei prossimi anni.

Sciopero: tavolo allargato all’ARAN per ridiscutere l’accordo

da Tuttoscuola

La trattativa tra Aran e Sindacati per ridefinire l’accordo pluridecennale sulle modalità di astensione dal servizio nella scuola presenta una particolare novità, oltre ai contenuti della proposta messa sul tavolo per rivedere la facoltà di comunicare preventivamente l’adesione allo sciopero.

È infatti presente ufficialmente al tavolo di trattativa per la definizione di norme contrattuali un nuovo sindacato rappresentativo, l’Anief, che va ad aggiungersi ai cinque sindacati rappresentativi (Cisl-scuola, Flc-cgil, Uil-scuola, Snals e Gilda) che negli ultimi venticinque anni, a pieno titolo, hanno stipulato contratti nazionali e integrativi.

L’Anief ha conseguito il prescritto tasso di rappresentatività del 5% per il triennio 2019-2021, grazie anche alle elezioni per le RSU dell’anno scorso.

Secondo i dati dell’Aran, l’Anief con 41.125 iscritti (6,24% di tutti gli iscritti ad un sindacato scuola) e 55.238 voti ottenuti nelle elezioni RSU (6,09% dei voti validi) ha raggiunto la media del 6,16%, sufficiente per diventare sindacato rappresentativo.

Il riconoscimento di rappresentatività è avvenuto questa estate con il varo del CCNQ (contratto Quadro) che ha definito i comparti e le aree di contrattazione nel pubblico impiego.

In proporzione al tasso di rappresentatività l’Anief avrà diritto ad una quota di distacchi per i propri dirigenti, ma, alla pari con gli altri cinque sindacati rappresentativi potrà partecipare ad ogni trattativa di contrattazione per il comparto.

Dovrà essere chiarito se avrà titolo a partecipare anche alla contrattazione integrativa nazionale (ad esempio, per la mobilità), considerato che il diritto a parteciparvi è riservato ai sindacati che hanno sottoscritto il CCNL, una sottoscrizione che a suo tempo non poteva prevedere la sua presenza. Potrebbe essere adottata una formula con la quale tale sindacato si riconosce in quel contratto.

Sarà interessante ora valutare come l’Anief gestirà il nuovo ruolo dall’interno del sistema, dopo che per anni ha sostanziato il suo ruolo e la sua immagine principalmente attraverso la gestione di ricorsi.