Scuole di Specializzazione di area sanitaria, gli iscritti danno i voti a strutture e attività

Scuole di Specializzazione di area sanitaria, gli iscritti danno i voti
a strutture e attività: tre su quattro promuovono il percorso formativo
Pubblicati i risultati del questionario per la rilevazione
delle opinioni degli specializzandi

Soddisfatti dei percorsi formativi e delle attività assistenziali e professionalizzanti. I medici specializzandi danno i voti alle Scuole di Specializzazione degli Atenei italiani e promuovono servizi, insegnamenti e strutture. È quanto emerge dalle risposte al questionario compilato dai 16.841 iscritti alle 1.266 Scuole di Specializzazione (41 le Università).

Nel complesso, tre specializzandi su quattro valutano il percorso formativo adeguatamente calibrato per consentire l’acquisizione delle competenze necessarie a esercitare la professione di specialista all’interno delle strutture ospedaliere. Ma sono apprezzati anche gli aspetti legati alla facilità di accesso a biblioteche o riviste (il 74% degli specializzandi ha risposto positivamente) e alla graduale assunzione di autonomia e responsabilità nell’espletamento delle attività pratiche e professionalizzanti durante il corso di studi (l’84% si è espresso in senso positivo).

È il quadro che emerge dai risultati in forma aggregata dei questionari anonimi di valutazione delle Scuole di specializzazione di area sanitaria ad accesso riservato ai medici in formazione. La rilevazione è  finalizzata ad acquisire l’opinione degli specializzandi sulla qualità dei percorsi formativi delle Università. È disponibile da oggi sul sito del Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, nell’area Stampa e Comunicazione/Notizie e Home/Argomenti e Servizi/Università/Offerta Formativa/ Scuole di specializzazione https://www.miur.gov.it/web/guest/-/scuole-di-specializzazione-di-area-sanitaria.

Particolare riferimento viene fatto alle modalità formative e alla disponibilità di servizi connessi alla formazione stessa e offerti dalle scuole. L’implementazione del questionario di valutazione (che è previsto dall’art. 6 del Decreto interministeriale 402/2019) è stata deliberata, nella seduta del 5 dicembre 2018, dall’uscente Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica, presieduto da Roberto Vettor. Una proposta accolta dal MIUR nell’ottica di una sempre maggiore trasparenza. Hanno supportato l’iniziativa l’Agenzia nazionale di valutazione del sistema universitario e della ricerca (ANVUR) e il CINECA.

Il questionario, composto da 84 domande e strutturato in 9 sezioni, è stato erogato dal MIUR tramite una piattaforma informatizzata gestita da CINECA nel periodo compreso tra il 17 dicembre 2018  e il 17 gennaio 2019. Sono risultati compilati 18.567 schede demografiche e 16.841 questionari. Nel report pubblicato sono riportati i risultati macro aggregati delle 14 domande delle sezioni dalla due alla otto, anticipati da alcune informazioni ottenute dalle schede demografiche.

L’attuazione del progetto e la pubblicazione dei relativi risultati in forma aggregata rappresentano, ai fini della rilevazione della qualità della formazione medica specialistica offerta dalle Università italiane, un importante risultato. Questo nell’ambito della riforma attuata con l’introduzione del Decreto del MIUR, di concerto con il Ministero della Salute (il 402/2017)e delle complesse attività di accreditamento dei corsi di specializzazione di area sanitaria nelle loro prime tre tornate post riforma realizzate nello scorso triennio dall’Osservatorio nazionale della formazione medica specialistica.

La scuola ha già bocciato INVALSI e Alternanza

La scuola ha già bocciato INVALSI e Alternanza. Il Governo cambi rotta

Roma, 28 novembre – Il ritorno dell’obbligatorietà della prova INVALSI e delle esperienze dell’ex Alternanza scuola lavoro, ora denominata Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento, ci preoccupa enormemente. Ci aspettavamo da questo Governo un’inversione di rotta che rendesse tangibile nelle decisioni legislative un diverso approccio ideologico al mondo della scuola. E invece ci troviamo ancora di fronte a residui della Legge 107, una legge che, ricordiamo, la scuola ha rifiutato in toto e la contrattazione ha smontato pezzo per pezzo.

La maggioranza di Governo dimostra scarsa memoria, dimenticando che il più grande sciopero della scuola è stato proprio quello del 2005 contro la cosiddetta “Buona scuola”. Prove INVALSI e Alternanza definiscono una linea politica contro cui la scuola si è già pronunciata. I partiti al Governo, a cominciare dal Partito Democratico, dovrebbero ricordarlo bene.

Ribadiamo la necessità di marcare un cambio di passo sostanziale nelle politiche sull’Istruzione, che dovrebbero rispondere soprattutto alle richieste di chi il mondo della scuola lo vive ogni giorno. Docenti e studenti hanno più volte manifestato la propria contrarietà alle prove INVALSI e all’Alternanza, pratiche imposte dall’alto alla comunità scolastica e percepite come totalmente scollegate dal percorso educativo.

EDILIZIA SCOLASTICA

EDILIZIA SCOLASTICA, GILDA: SICUREZZA STUDENTI È BENE PREZIOSO

“I dati del Rapporto sull’edilizia scolastica elaborato dalla Fondazione Agnelli confermano quanto sosteniamo da sempre circa l’inadeguatezza strutturale di tante scuole italiane che, oltre all’incolumità di alunni e docenti, compromette anche l’aspetto didattico. Siamo, dunque, d’accordo sulla necessità di un piano Marshall per ristrutturare gli edifici scolastici e mettere in sicurezza il più grande patrimonio dell’Italia rappresentato dai nostri studenti”. Così Rino Di Meglio, coordinatore nazionale della Gilda degli Insegnanti, commenta l’indagine condotta dall’ente torinese. 
“Un intelligente piano di investimenti dedicato alla ristrutturazione e all’adeguamento funzionale degli edifici scolastici può essere un volano importante per lo sviluppo economico del Paese, soprattutto se libero dai vincoli di bilancio imposti dall’Unione europea.Occorre che la politica – conclude Di Meglio – trovi la modalità adatta per superare due tradizionali grandi barriere che in Italia spesso ostacolano i processi di rinnovamento: le pastoie burocratiche e il rischio corruzione”. 

La Qualità dell’inclusione scolastica

La Qualità dell’inclusione scolastica

di Rosa Stornaiuolo

Una grande occasione di confronto a Rimini

Si è conclusa, da qualche giorno, al Palacongressi di Rimini, la dodicesima edizione del convegno internazionale Erickson“La Qualità dell’inclusione scolastica e sociale”; evento a cui hanno partecipato più di centocinquanta relatori ed esperti di fama nazionale e internazionale, provenienti da ambiti diversi e che hanno offerto spunti di riflessione a una platea di oltre quattromila persone impegnate nell’educazione inclusiva, intesa come scelta di civiltà e di valore.

I lavori si sono articolati in tre giorni che hanno visto tre sessioni plenarie incentrate sui temi dell’inclusione, della disabilità e dell’interculturalità; dodici Q TALK su idee particolarmente stimolanti e innovative ed, infine, quarantatre workshop basati su pratiche didattiche efficaci.

Un confronto a tutto tondo con i maggiori esperti su focus da presidiare strategicamente da chi, quotidianamente, lavora per promuovere un processo d’inclusione scolastica e sociale sempre più efficace. Tanto è vero che lo slogan del Convegno è stato “La Q siamo noi”, nel senso che la qualità del processo inclusivo va costruita sul campo quotidianamente da tutti gli operatori della comunità educante e professionale.

Cosa intendiamo per processo d’ inclusione scolastica e sociale?

Ragionevolmente quando parliamo di processo d’ inclusione scolastica e sociale possiamo intendere un insieme di azioni implementate al fine di mettere l’altro in condizioni di “funzionare” al meglio, in relazione alle sue capacità nel campo degli apprendimenti e della partecipazione. In altre parole accogliere e integrare tra loro le molteplici eterogeneità umane offrendo opportunità di piena autorealizzazione attraverso una didattica il più possibile universale, accessibile e personalizzabile per tutti gli alunni.

È una questione di vera e propria giustizia sociale e di diritti umani di tutti e di ciascuno.

Tuttavia come ha precisato il Prof. Dario Ianesin apertura del Convegno, l’inclusione è una realtà complessa e, sempre più spesso, in diversi paesi europei si aggirano i cosiddetti “inclusio-scettici”[1], cioè coloro che non credono che una scuola inclusiva sia possibile. L’Italia vanta una tradizione relativa all’inclusione di circa quarant’anni, sia pure con le diverse problematiche e fragilità note a tutti. Rifuggendo da pratiche autoreferenziali, appare doveroso riflettere sulle debolezze del nostro sistema ma nell’ottica di “inclusio-costruttori”, cercando di trovare risposte concrete alle difficoltà e trasformando l’impegno ideale in operatività.

Come rendere più efficace il processo d’inclusione scolastica e sociale?

Lungo questa traiettoria, tracciata dal Prof. Dario Ianes, si sono svolti i lavori del Convegno attraverso intensi momenti di confronto e ricerca per costruire una comunità sempre più inclusiva ed approdando alla conclusione, desumibile tra l’altro dalla mozione finale prodotta, che l’abbattere muri deve essere il filo conduttore dell’impegno da profondere quotidianamente per scongiurare il pericolo di rendere fragile la nostra esperienza inclusiva, con il rischio di un ritorno al passato di pratiche educative, selettive e separative.

Si rende necessaria una formazione in servizio, obbligatoria e costante nel tempo; in particolare una formazione iniziale per tutti i docenti sulla didattica inclusiva come pratica normale. Atteso, inoltre, che il processo inclusivo richiede un gioco di squadra appare imprescindibile da una formazione di tutti gli attori della comunità educante e professionale, ivi compresi i Dirigenti Scolastici come loro competenza strutturale non accessoria.

Fondamentale risulta anche un reale sviluppo dell’autonomia didattica e della flessibilità dei curricoli ottimizzando i tempi e gli spazi della progettazione didattico-educativa e prevedendoli anche per Scuola Secondaria.

Occorre, pertanto, una filosofia contrattuale della scuola che valorizzi gli insegnanti nella misura in cui tutela i diritti degli studenti; ogni alunno, riconosciuto in rapporto alla propria condizione, ha diritto ad una relazione che sviluppi e solleciti i potenziali con didattiche individualizzate idonee, anche speciali, ma mai segreganti.

Quali competenze per il docente specializzato per le attività di sostegno inclusivo?

Strategica risulta la figura del docente specializzato per le attività di sostegno, inteso come partner strutturale dello sviluppo di una classe inclusiva, in cui regna la corresponsabilità dell’intervento didattico a favore di tutti gli alunni.

Come sostengono Andrea Canevaro e Dario Ianes[2], le due voci più autorevoli nel campo dell’inclusione, un altro sostegno è possibile ed un docente specializzato per le attività di sostegno inclusivo è un insegnante che:1. Valorizza tutte le differenze2. Comprende il funzionamento basato su ICF3. Costruisce eterogeneità nei gruppi4. Collabora con tutti i colleghi5. Promuove interventi fondati su evidenze6. Attiva le risorse della scuola e dell’extrascuola7. Promuove lo sviluppo globale della scuola8. Rompe schemi e li evolve in modo creativo9. Attiva le risorse delle famiglie e della comunità10. Amplia il PEI nel Progetto di Vita11. Promuove un utilizzo «misto» del sostegno12. Evolve radicalmente il sostegno.

Azioni ineludibili per la realizzazione di una comunità educante e professionale sempre più inclusiva e che richiedono ricerca costante, puntuale documentazione dei percorsi implementati e diffusione di buone prassi.

Formazione continua e ricerca in situazione

Solo attraverso la formazione continua e scrupolosa è possibile individuare risposte pedagogiche speciali di qualità ai diversi bisogni educativi speciali.

Fondamentale è l’azione di ricerca in situazione, costante e mirata sul singolo caso bisognoso di attenzione pedagogica: “E’ con la ricerca e nella ricerca che il lavoro dell’insegnante smette di essere un mestiere e diventa una professione” come del resto, sosteneva già Piaget.

Rigore scientifico e concretezza, dunque, per favorire una cultura dell’inclusione.

Documentazione e diffusione buone prassi

Ma risulta parimenti importante lasciare traccia dei percorsi implementati documentandoli in maniera puntuale.

Attraverso la documentazione di quanto realizzato si apre la possibilità di rivedere e riflettere sui percorsi svolti in modo da individuare i punti di forza e quelli di criticità; incrementare i primi e superare e/o almeno ridurre i secondi. In tal modo il docente riflette sulle prassi didattiche implementate nell’ottica del docente riflessivo ed al fine di un miglioramento continuo.

La documentazione di un percorso svolto può costituire una buona base di partenza per ulteriori percorsi da attivare ed una prassi da condividere con altri docenti della propria comunità o di altre. Fondamentale risulta quindi la formalizzazione delle buone prassi didattiche e la loro disseminazione; le buone prassi costituiscono la voce e la testimonianza della scuola autentica che quotidianamente si interroga per trovare risposte ai diversi bisogni educativi.

Sarebbe un vero spreco se restassero gelosamente chiuse nei cassetti …è necessario dar loro voce nell’ottica di una scuola quale comunità educante che crea comunità.

Riprendiamoci la PEDAGOGIA: una possibile risposta per un efficace processo inclusivo?

Infine i tempi sono maturi per riprendersi coraggiosamente la PEDAGOGIA, ovvero la sensibilità pedagogica che ci spinge a considerare la PERSONA prima del suo funzionamento; sensibilità pedagogica quale vera linfa di ogni azione educativa e didattica finalizzata a creare una comunità educante sempre più inclusiva.

Pedagogia che operi in un approccio multidisciplinare ed in un dialogo multiprofessionale al fine di realizzare una governance locale inclusiva: premessa perché il processo d’inclusione scolastica e sociale funzioni efficacemente.

Rosa STORNAIUOLO

[1] D. Ianes, G. Augello, Gli inclusio-scettici, Erickson, 2019.

[2] A. Canevaro e D. Ianes (a cura di), Un altro sostegno è possibile. Pratiche di evoluzione sostenibile ed efficace, Erickson, 2019.

Le Province chiedono più fondi in manovra per l’edilizia scolastica

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

«Il Rapporto della Fondazione Agnelli non fa che confermare le richieste che da mesi stiamo ponendo a Governo e Parlamento: le scuole italiane hanno bisogno di un piano di investimenti, che ci permetta non solo di metterle in sicurezza, ma anche di renderle moderne, accoglienti, in grado di assolvere al ruolo educativo che gli ambienti scolastici hanno, con strutture in linea con i programmi didattici». È il commento del presidente dell’Upi Michele de Pascale sui risultati del Rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Giovanni Agnelli, pubblicato ieri sul Sole 24 ore e su Scuola 24 , che segnala un fabbisogno di 200 miliardi di investimenti per le scuole italiane.

L’analisi dell’Upi
«Chiaro che una cifra di questo tipo, che non è certo ordinaria, può muovere solo dalla scelta di tutti di considerare la scuola come una delle priorità del Paese – sottolinea de Pascale». Nel ricordare che secondo la Fondazione Agnelli «in media gli investimenti su ogni scuola italiana dovrebbero essere pari a 5 milioni, che per le 7.400 scuole superiori significa un fabbisogno stimato pari a circa 37 miliardi», de Pascale ricorda come invece la legge di bilancio 2020 per le scuole superiori preveda «un fondo di 450 milioni in 3 anni, 13 mila euro a scuola, meno dell’1% della stima indicata dal rapporto: davvero troppo poco perché non si possa continuare a pretendere uno sforzo da parte del Governo e del Parlamento per offrire una risposta che sia almeno credibile».

Valorizzazione delle eccellenze, la scadenza è stata fissata al 29 febbraio 2020

da Il Sole 24 Ore

di Amedeo Di Filippo

Con la nota 23248 del 18 novembre il Miur rammenta i termini per la presentazione delle domande per ottenere l’accreditamento e il riconoscimento delle competizioni nel programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze, che premia gli studenti della scuola secondaria di secondo grado per incentivare l’impegno e la dedizione per lo studio.

Le eccellenze
La materia della valorizzazione delle eccellenze è stata introdotta dalla legge 1/2007 ed è ora disciplinata dal Dlgs 262/2007. Le modalità con le quali i diversi soggetti possono operare in collaborazione col ministero al fine di promuovere e realizzare iniziative mediante procedure di confronto e di competizione nei diversi ambiti disciplinari e culturali sono stabilite dal Dm 182 del 19 marzo 2015, che prevede per tali soggetti una specifica procedura di accreditamento. L’albo d’onore, istituito a livello nazionale, ha lo scopo di raccogliere i nominativi degli studenti meritevoli ed è pubblicato sul sito di Indire.

Per le scuole secondarie di II grado, statali e paritarie, il ministero premia gli studenti con punteggio di 100 e lode nell’esame di Stato e quelli vincitori delle competizioni, nazionali e internazionali, elencate nel programma annuale. Le risorse finanziarie sono assegnate alle scuole, che premiano gli studenti con benefit e accreditamenti per l’accesso a biblioteche, musei, istituti e luoghi della cultura; ammissione a tirocini formativi; partecipazione a iniziative formative organizzate da centri scientifici nazionali con destinazione rivolta alla qualità della formazione scolastica; viaggi di istruzione e visite presso centri specialistici; benefici di tipo economico; altre forme di incentivo secondo intese e accordi stabiliti con soggetti pubblici e privati.

Le regole per il 2019-2020
Il programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze per l’anno scolastico 2019/2020 è regolato dal Dm 541 del 18 giugno 2019 e alcune indicazioni operative sono contenute nella circolare Miur 1 del 10 settembre 2019. L’elenco dei soggetti esterni accreditati che intendono collaborare con l’amministrazione scolastica per promuovere e realizzare iniziative per la valorizzazione delle eccellenze è stato aggiornato col Decreto del direttore generale 758 del 21 maggio 2019. I soggetti che intendono essere accreditati dal Miur e riconosciuti nel programma annuale per la valorizzazione delle eccellenze devono trasmettere i relativi moduli entro il 29 febbraio 2020.

La modulistica
Con la nota del 18 novembre il Miur, nel ricordare la data di scadenza, allega tre moduli: la domanda di accreditamento, la domanda per ottenere il riconoscimento della competizione proposta, l’elenco dei dati relativi alla competizione. Le richieste, relative tanto alla prima iscrizione quanto al rinnovo, possono essere presentate da soggetti esterni all’amministrazione scolastica (enti, associazioni, fondazioni), i quali devono compilare tutti i moduli; o anche da soggetti interni (scuole secondarie di secondo grado, università, Usr), obbligati a compilare solo gli ultimi due.

I veri ambasciatori sono i bambini

da la Repubblica

Franco Lorenzoni

Si torna a parlare di una legge sullo Ius culturae, che dia piena cittadinanza al milione di bambini e ragazzi nati qui o arrivati qui da piccoli.

La necessità di questa scelta è stata ben argomentata in queste pagine da Tito Boeri e Luigi Manconi, ma c’è un motivo ulteriore che credo vada sottolineato per il particolare significato culturale e sociale che riveste.

Nelle famiglie immigrate accade spesso che bambine e bambini, per la plasticità del loro cervello e la capacità di stabilire relazioni vivaci e aperte con i coetanei a scuola e nel gioco, apprendano la lingua più rapidamente e meglio dei loro genitori. Nell’imparare a parlare una lingua diversa da quella materna, superando difficoltà iniziali, entrano talvolta in alcune sfumature di significato della lingua italiana o dei dialetti parlati nelle città in cui abitano, con sottigliezza sorprendente e inventiva inusuale, dovuta alla ricchezza di sguardo sulla realtà offerta da un bilinguismo potenzialmente perfetto.

Questa frequentazione e immersione totale in una seconda lingua, che per la maggioranza dei figli di immigrati si trasforma rapidamente in prima lingua privilegiata, li porta sovente a fare da interpreti ai propri genitori, arrivando a comportarsi, in casa, come veri e propri ambasciatori del nuovo Paese di residenza.

Per alcuni, trovarsi a vivere in mezzo al guado, tra culture e comportamenti sociali talvolta distanti, spiazza e avvilisce.

Nella maggioranza dei casi aumenta la determinazione a essere, vestirsi e comportarsi come i loro coetanei, perché avvertono, con quella particolare apprensione e sensibilità che si ha a quell’età, quanto il confine tra l’essere percepiti come diversi e il venire discriminati sia pericolosamente sottile.

Ora, una società che abbia il desiderio di costruire un futuro di convivenza tra culture dovrebbe avere a cuore il pieno riconoscimento del ruolo essenziale incarnato dai più giovani in quel contraddittorio e dunque delicato processo di integrazione, che non può non essere reciproca.

Dare priorità al diritto di cittadinanza ai minori assume dunque un significato politico e culturale particolarmente rilevante oggi perché scommette sulla pacificazione e incentiva il dialogo sociale tra culture, riconoscendo il grande sforzo di traduzione, mediazione e necessario adattamento compiuto dal milione di bambini e ragazzi che, pur abitando le nostre città, avvertono più o meno consapevolmente di essere relegati in un limbo, con uno “statuto giuridico da fantasmi”, come denuncia un recente video realizzato dal movimento degli “Italiani senza cittadinanza”.

L’Italia, Paese in cui l’immigrazione è fenomeno recente, in trent’anni non ha ancora saputo costruire un’elaborazione culturale e un immaginario sociale relativo alla trasformazione multietnica di molti quartieri delle nostre città. Potrebbe essere un vantaggio, visti gli evidenti limiti dell’assimilazionismo francese e del multicuturalismo inglese, ma dobbiamo creare le condizioni perché a dettare legge non sia la signora di Alessandria che ha fatto alzare in autobus dal posto accanto al suo una bambina di 7 anni perché nera, e da tutti coloro che hanno creato le condizioni culturali di quel gesto. Silenziosamente e spesso solitariamente da anni nidi, scuole dell’infanzia e primarie sono sempre più un laboratorio di convivenza che ha dato, pur tra luci e ombre, buoni risultati, visto che accoglie oltre il 10% di alunni stranieri mantenendo fino a 11 anni buoni livelli di apprendimento, stando alle comparazioni statistiche internazionali.

Nonostante questo, il fenomeno della fuga bianca dalle scuole ad alta percentuale di figli di immigrati continua ad accrescersi e cominciano a sorgere in alcune periferie urbane prime scuole coraniche.

Penso che nessun italiano dotato di buon senso possa augurarsi un futuro in cui, nelle nostre città, bambine e bambini frequentino scuole separate per etnia e per censo. Al contrario, dobbiamo investire di più e meglio perché si riduca la dispersione scolastica che, nelle scuole secondarie, vede il 35% dei figli di immigrati abbandonare precocemente l’istruzione, in una percentuale doppia rispetto ai figli di famiglie italiane.

Il motivo per cui tante e tanti insegnanti sono così sensibili alla questione della cittadinanza deriva dal fatto che constatano ogni giorno quanto il vivere in una situazione di precarietà riguardo al proprio futuro ostacoli l’apprendimento.

Lo Ius culturae offre dunque una doppia possibilità di crescita culturale alla nostra società: garantendo piena cittadinanza a chi ha terminato un ciclo di studi attenua l’incertezza di vite legate a permessi di soggiorno altalenanti, mentre tutti sappiamo quanto serenità e fiducia nel futuro migliorino le condizioni per andare bene a scuola. E dell’intelligenza, energia e preparazione dei ragazzi italiani senza cittadinanza sappiamo quanto il nostro Paese abbia bisogno.

L’autore è un maestro elementare e ha fondato la Casa-laboratorio di Cenci, centro di sperimentazione educativa

Il piano per risanare le scuole, servono 200 miliardi in vent’anni

da Corriere della sera

Gianna Fregonara

Un piano di investimento ventennale da 200 miliardi per «ricostruire» le scuole italiane: un patrimonio di 150 milioni di metri quadrati, generalmente vecchiotto — l’età media dei 40 mila edifici è di 52 anni ma due terzi sono stati costruiti tra la fine del 1800 e il 1970 — e malconcio. Non si tratta solo di mettere in sicurezza solai, cantine, controsoffitti e caldaie perché a scuola si possa andare senza rischi: si tratta di rendere le scuole ecosostenibili, con risparmi sulla gestione ordinaria anche del 40 per cento e soprattutto di renderle abitabili dagli studenti di oggi, cioè adatte ad una didattica che non sia solo quella della cattedra sul predellino come si usava quando le scuole sono state costruite.

È la proposta che la Fondazione Agnelli, che ha appena finito di ristrutturare dalle fondamenta due scuole (pubbliche) di Torino insieme alla Fondazione San Paolo, lancia nel «Rapporto sull’edilizia scolastica» pubblicato da Laterza: incrociando i dati dell’indagine conoscitiva del Parlamento e dell’anagrafe scolastica, il rapporto propone la storia delle scuole italiane dai tempi dell’Unità a quelli del boom per finire con una serie pratica di esempi di scuole nuove e innovative già realizzate qua e là in Italia e in Europa. «Nei prossimi anni si dovrà comunque mettere mano alle strutture scolastiche — spiega il direttore della Fondazione Andrea Gavosto — per problemi strutturali o di sicurezza. Non bisogna dimenticare che le scuole vanno rese adatte alla nuova didattica, perché questa è la vera sfida per un’educazione di qualità. Non è una questione di estetica ma un investimento sul futuro dei ragazzi e del nostro Paese: è provato dalle indagini internazionali che ambienti di apprendimento moderni e adeguati migliorino i risultati e contribuiscano alla diminuzione della dispersione e del gap tra gli studenti».

Costruire da zero nuove scuole può risultare velleitario visto anche che secondo le stime dell’Istat nei prossimi dieci anni avremo un milione di studenti in meno e perderemo ben 43.000 classi. Ecco perché, secondo il rapporto è meglio concentrarsi sulla manutenzione straordinaria e sulla riconversione delle strutture già operative: delle 39.079 scuole che con ventennale ritardo sono state censite dall’anagrafe scolastica presso il Miur più di tremila hanno problemi strutturali dichiarati: «Ma ora è importante programmare un piano di lunga durata, anche se può apparire oneroso, perché altrimenti gli interventi restano sporadici e le priorità cambiano a seconda del governo o della congiuntura», conclude Gavosto.

Prof a lezione di coding (per legge): ecco perché è così importante impararlo

da Corriere della sera

VAlentina Santarpia

Anche gli insegnanti dovranno andare a lezione di coding: lo prevede un emendamento approvato dalle Commissioni cultura e lavoro della Camera al decreto scuola che oggi va in Aula. Il coding è stato infatti inserito tra i «crediti» che dovranno acquisire i prof per poter partecipare sia al concorso ordinario che straordinario. Si tratta dei 24 CFU in discipline pedagogiche e metodologie didattiche che costituiscono titolo di accesso al concorso. A dover studiare coding saranno tutti: anche gli insegnanti che non hanno a che fare con le materie scientifiche. «Si tratta di una vera e propria rivoluzione nelle competenze richieste ai docenti – commentano Valentina Aprea e Paolo Zangrillo, di Forza Italia, che hanno proposto l’emendamento -, mirata a superare la criticità all’approccio del digital e a favorire l’innovazione didattica e metodologica per una scuola che alleni al futuro e sia sempre più competitiva con le realtà internazionali». Ma, in sostanza, a cosa serve imparare il coding, ovvero la programmazione informatica? Soprattutto a chi non lavora con computer e numeri?

I corsi online gratuiti

«Non è appannaggio degli informatici: può essere trasposto in attività molto intuitive, che non hanno prerequisiti, possono essere alla portata di tutti», spiega innanzitutto Alessandro Bogliolo, ingegnere elettronico, docente di Architettura degli elaboratori all’università di Urbino e coordinatore dell’European Code Week, ovvero l‘iniziativa europea per la diffusione del pensiero computazionale. Bogliolo, molto prima che al governo si accorgessero dell’importanza del coding, ha iniziato a fare divulgazione per gli insegnanti: «Dal 2016 ad oggi faccio corsi gratuiti online aperti e gratuiti per insegnanti per spiegare loro questo genere di cose con metodi che puntassero alla massima semplificazione nel rigore ma che abbattessero le barriere d’accesso».

La «scacchiera magica»

Ovvero? Bogliolo ha personalmente progettato e brevettato una straordinaria scacchiera che, fisicamente, mostra a chiunque- dai bambini della scuola dell’infanzia agli studenti universitari- come funziona il coding e soprattutto a cosa può servire: chi volesse comprarne la versione «sofisticata» può acquistarla da Campus store, che ha accettato di investire in questo progetto producendone una versione per le scuole o gli asili che vogliono un materiale a norma. Altrimenti chiunque può stampare gratuitamente e usarla con i fogli di carta. Il primo corso che Bogliolo ha messo online, Coding in your classroom now, ha creato una comunità di insegnanti di 33 mila persone e un milione di bambini che praticano coding ed è diventato un insegnamento universitario: «Anche gli studenti che fanno informatica studiano queste cose e non le trovano banali», spiega Bogliolo. «Le attività che hanno una loro fisicità, una trasposizione in istruzioni di movimento sono le più intuitive- aggiunge – Questo metodo è stato concepito per chi non ha dotazioni particolari, come i robot, di sperimentare queste tecniche come metodologie didattiche in classe». Ma come funziona? Basta posizionare qualsiasi oggetto o persona sulla scacchiera, e poi provare a fare in modo che la «pedina» esegua delle istruzioni precise. Elaborare le istruzioni con un codice preciso e verificare che abbiano esito positivo, significa mettere alla prova le proprie capacità. Ma anche sbagliare è fondamentale: perché se ad esempio con le istruzioni mando la pedina fuori gioco, saprò che devo modificare il mio programma. «Il programmatore non si mette mai in cattedra, perché sa benissimo che la parte integrante del suo processo è fare errori, identificarli e poi correggerli. Per cui anche quando l’insegnante propone di fare agli alunni qualcosa usando il coding, deve mettersi dalla loro parte, perché se no rischia di fare delle figuracce», dice il docente.

A chi serve il coding (e perché)

Perché è così importante allora imparare il coding? «È importante perché intanto ti dà l’idea di che cosa la tecnologia in effetti consente di fare, ovvero ti dà una consapevolezza anche aiutandoti a ripristinare il giusto rapporto tra tecnologia ed essere umano e capendo che è sempre l’essere umano il programmatore: la tecnologia non è magia ma risponde ai comandi», elabora Bogliolo. L’altra ragione è che ovviamente «la programmazione, per chi deciderà di farne una professione,oggetto di studio, è anche e il modo più veloce, più efficiente per fare innovazione, per realizzare le tue idee: ma anche se non vuoi farne una professione, ti consente di acquisire una forma di ragionamento algoritmico, cioè di capire come scomporre un procedimento che ti porta alla soluzione di un problema in passi elementari, e così facendo hai anche la consapevolezza della difficoltà di quel procedimento che stai per affrontate, in quanti passi arriverai in fondo. Son tutte cose non banali, che per gli informatici sono oggetto di studio, ma che in realtà divulgati in modo opportuno riescono ad essere portati a tutti, senza necessità di diventare prima degli informatici». In sostanza, partire da un pensiero, invece che da un linguaggio, diventa un vantaggio grosso per tutti, tanto più se questo lo si è fatto da bambini. I riscontri? «Non li ho tanto diretti quanto indiretti- conclude Bogliolo- in questa sorta di comunità di apprendimento e di pratica che si è creata in questo primo corso, ci sono migliaia di insegnanti che quotidianamente si scambiano testimonianze ed esperienze, una cosa estremamente coinvolgente per i bambini e gratificanti per gli insegnanti, che nel fare queste attività si focalizzano sul procedimento e non sul risultato».

Pensioni: circolare domande tra qualche giorno, probabile scadenza entro fine dicembre

da Orizzontescuola

di redazione

Oggi, 27 novembre, si è svolto l’incontro avente per oggetto la circolare delle pensioni; all’incontro ha partecipato anche l’INPS.

Il MIUR ha informato che ci sarà un’unica scadenza per la presentazione delle domande a differenza dello scorso anno, in quanto “quota 100” è già parte delle opzioni pensionistiche.

La circolare, sostanzialmente identica a quella dello scorso anno, dovrebbe essere pubblicata nei prossimi 3/4 giorni con scadenza compresa tra il 20 e il 31 dicembre.

Decreto scuola, sindacati: spetta al Ministro Fioramonti far rispettare l’intesa

da Orizzontescuola

di redazione

comunicato FLCGIL, CISL, UIL, SNALS e Gilda – Decreto 126 e legge di stabilità, ministro e Governo si facciano garanti del rispetto delle intese.

Spetta al Governo, e in particolare al ministro Fioramonti, attivarsi perché il decreto legge 126/2019, cui è affidata l’applicazione di un’intesa, mantenga piena coerenza con i suoi contenuti, senza essere stravolto da emendamenti che vanno in direzione diversa o addirittura contraria, vanificando gli obiettivi per i quali le misure sono state pensate e inserite nel provvedimento.

Non è in discussione, ovviamente, la sovranità del Parlamento, ma la credibilità di un governo e di una maggioranza come interlocutori ai tavoli di confronto con le parti sociali. Quando da quei tavoli scaturisce un’intesa, ministro e governo hanno la responsabilità di farsene carico assicurandole il massimo sostegno in sede legislativa.

È inammissibile che i sindacati, nella più totale assenza di necessari momenti di verifica e di confronto, debbano apprendere dalla lettura degli atti parlamentari del moltiplicarsi di proposte emendative, talvolta avanzate da esponenti di maggioranza, chiaramente in conflitto con le finalità originarie del decreto e con le intese cui dev’essere data attuazione.

Ci sono lacune da colmare e punti importanti su cui non sono ammissibili cedimenti:

dalla questione dei facenti funzione di DSGA, alla tutela della continuità didattica per i docenti diplomati, alle misure straordinarie per la stabilizzazione di tutti gli insegnanti precari, compresi i docenti IRC.

Addirittura ci sono proposte che invadono pesantemente la sfera delle prerogative contrattuali in materia di mobilità del personale.

Così non va, il ministro convochi immediatamente i sindacati non solo per fare il punto su una situazione davvero preoccupante, ma soprattutto per dire se e come intende farsi garante del pieno rispetto delle intese da parte del Governo che le ha sottoscritte e della maggioranza che dovrebbe sostenerlo. Ne va della loro credibilità.

Vale per le questioni affidate al decreto legge 126/2019 in via di conversione, vale anche per i temi che l’intesa del 1° ottobre demanda a provvedimenti collegati alla legge di bilancio, a partire dalla definizione a regime di un nuovo sistema di abilitazione all’insegnamento: l’accordo era di avviare immediatamente tavoli tematici per la loro predisposizione, tale impegno è stato finora totalmente disatteso.

Invalsi terza media 2020, attività da svolgere e correzione prove. La tempistica

da Orizzontescuola

di redazione

Invalsi classi III scuola secondaria di primo grado a.s. 2019/2020: time line delle tappe che condurranno allo svolgimento delle prove e correzione delle medesime.

Discipline coinvolte, durata prove e modalità svolgimento

Le prove, che coinvolgono le classi III, riguardano gli ambiti disciplinari di: Italiano, Matematica e Inglese. 

Le prove hanno la seguente durata:

  • Italiano: 90 minuti più 10 minuti circa per rispondere alle domande del questionario studente;
  • Matematica: 90 minuti più 10 minuti circa per rispondere alle domande del questionario studente;
  • Inglese (reading): 45 minuti; Inglese (listening): circa 30 minuti (la durata della prova può variare leggermente da studente a studente).

Le prove sono computer based (CBT) e si svolgono mediante l’utilizzo di computer connessi alla rete internet in un arco temporale (finestra di somministrazione), assegnato alla scuola dall’Invalsi.

Date svolgimento prove

Le prove si svolgono tra l’1 e il 30 aprile 2020. All’interno di tale periodo (1-30 aprile 2020), ciascuna scuola svolge le prove in un arco temporale, definito finestra di somministrazione, assegnato alla stessa dall’Invalsi.

Le classi campione svolgono le prove in tre dei seguenti quattro giorni: venerdì 3, lunedì 6, martedì 7 e mercoledì 8 aprile 2020 (sabato 4 aprile le Classi Campione non possono svolgere prove).

Time line

Di seguito, come leggiamo nella nota Invalsi del 21/11/2019, la time line delle attività che porteranno allo svolgimento delle prove:

  • [29.10.2019 (dal)] esecuzione da parte delle scuole del Diagnostic tool e del Test audio per la prova di Inglese-listening;
  • [02.12.2019 – 30.12.2019] verifica ed elaborazione da parte di INVALSI dei dati forniti dalle segreterie scolastiche nella fase di iscrizione alle prove (dal
    29.10.2019 al 22.11.2019);
  • [16.12.2019 (entro il)] comunicazione da parte di INVALSI delle classi campione (nell’area riservata alla segreteria scolastica e al Dirigente scolastico);
  • [17.01.2020 (entro il)] comunicazione da parte di INVALSI a ciascuna scuola (nell’area riservata alla segreteria scolastica e al Dirigente scolastico) della finestra di somministrazione all’interno del periodo di somministrazione fissato da INVALSI a livello nazionale;
  • [21.01.2020 – 26.03.2020] trasmissione e convalida delle informazioni di contesto da parte delle segreterie scolastiche (nell’area riservata alla segreteria scolastica sul sito INVALSI);
  • [25.02.2020 – 09.03.2020] il Dirigente scolastico è tenuto ad effettuare la richiesta di misure compensative e/o dispensative per gli allievi aventi diritto iscritti alla classe III della scuola secondaria di primo grado;
  • [02.03.2020 – 28.03.2020] organizzazione interna da parte della scuola della gestione della somministrazione delle prove INVALSI (date, orari, eventuale suddivisione delle classi ecc.);
  • [05.03.2020 (entro il)] pubblicazione sul sito INVALSI del Protocollo di somministrazione;
  • [13.03.2020– 26.03.2020] possibilità, per ciascuna scuola, di modificare la propria finestra di somministrazione all’interno del periodo di somministrazione fissato da INVALSI a livello nazionale;
  • [20.03.2020] scadenza per l’accettazione dell’iscrizione di eventuali candidati esterni all’esame di Stato;
  • [24.03.2020 (dal)] disponibilità, nell’area riservata al Dirigente scolastico, dell’Elenco nominativo degli studenti, comprensivo delle credenziali di accesso a ciascuna delle tre prove per ogni studente;
  • [01.04.2020 – 30.04.2020] periodo di somministrazione per le classi NON
    campione;
  • [03.04.2020; 06.04.2020; 07.04.2020; 08.04.2020] giornate di somministrazione per le classi campione (il sabato 4 aprile 2020 le Classi
    Campione non possono svolgere prove);
  • [11.05.2020 – 15.05.2020] sessione suppletiva e svolgimento delle prove dei candidati privatisti. Si ricorda che a discrezione della scuola il candidato privatista può svolgere le prove INVALSI all’interno della propria finestra di
    somministrazione.

Correzione prove

La correzione delle prove, considerato che le stesse si svolgono al computer, è totalmente centralizzata e non è richiesto alcun intervento da parte dei docenti.

La trasmissione dei dati all’Invalsi è:

  • automatica, senza intervento da parte del personale della scuola;
  • contestuale allo svolgimento della prova da parte dello studente.

nota Invalsi 21/11/2019

Prove Invalsi 2020, cosa bisogna fare entro il 30 novembre

da La Tecnica della Scuola

Nei giorni scorsi abbiamo dato notizia della pubblicazione da parte di INVALSI di due documenti:

I due documenti contengono anche lo scadenzario da rispettare.

Nell’ambito delle date riportate, ricordiamo cosa bisogna fare entro il 30 novembre.

Diagnostic Tool

Per le scuole secondarie di I e II grado INVALSI mette a disposizione delle scuole uno strumento automatico di diagnostica (Diagnostic tool), mediante il quale è possibile verificare la qualità della connessione e le principali caratteristiche dei computer che saranno usati per la somministrazione delle prove INVALSI CBT.

L’utilizzo del Diagnostic tool richiede l’esecuzione dei seguenti passaggi:

  1. fare clic sul link disponibile nell’area riservata alla segreteria scolastica del sito INVALSI;
  2. fare clic sul pulsante Inizio diagnostica.

È opportuno e importante eseguire il Diagnostic tool su tutti i computer che saranno utilizzati dagli studenti per lo svolgimento delle prove INVALSI CBT. Tutte le informazioni generate dal Diagnostic tool sono visualizzate sullo schermo e inviate automaticamente a INVALSI; non è quindi necessario che la scuola compia alcuna operazione. Ai fini della somministrazione delle prove, i parametri più importanti sono: Larghezza di banda e Compatibilità del browser.

Il Diagnostic tool deve essere eseguito su tutti i computer della scuola entro il 30 novembre 2019. 

Richieste di posticipo per le classi II e V di scuola primaria

L’istituzione scolastica può chiedere il posticipo dello svolgimento delle prove 2020 per la scuola primaria, solo a condizione che dimostri di aver preso un impegno prima del 30 agosto 2019, data di pubblicazione sul sito INVALSI dei giorni di svolgimento delle prove INVALSI 2020.

La documentazione che giustifica la richiesta di rinvio deve riportare la data di protocollo precedente al 30 agosto 2019. La richiesta deve essere protocollata e firmata dal Dirigente Scolastico. La richiesta deve poi essere scansiona e inviata all’INVALSI tramite il modulo Domande&Risposte e per conoscenza al referente regionale.

Il posticipo è da ritenersi accordato solo dopo aver ricevuto l’autorizzazione scritta dell’INVALSI. Le richieste di posticipo dovranno pervenire entro il giorno 30 novembre 2019.

Date per le somministrazioni posticipate

  • 13 maggio 2020 – II e V PRIMARIA: prova di Italiano
  • 14 maggio 2020 – II e V PRIMARIA: prova di Matematica
  • 18 maggio 2020 – V PRIMARIA: prova di Inglese

TUTTO SULLE PROVE INVALS

Scuole insicure, Renzo Piano: aiutiamo, le gocce fanno il mare che è pieno di sardine. Servono 200 miliardi

da La Tecnica della Scuola

Con il maltempo che torna a flagellare l’Italia, si riprende a parlare di scuole insicure e rischio cedimenti. Lo fa la fondazione Agnelli, presentando il Rapporto sull’edilizia scolastica, nel quale emerge che una scuola italiana su quattro presenta fattori di insicurezza e che occorrono ben 200 miliardi per ristrutturare gli istituti scolastici italiani (una cifra altissima, pari più o meno otto leggi di bilancio!). Ma di scuole non a norma parla anche l’architetto e senatore a vita Renzo Piano, che rimarca la mancanza di sicurezza delle nostre sedi scolastiche e si sofferma sull’apporto che ognuno può dare nel suo piccolo, facendo una metafora con il mare e le sardine.

“La bellezza di natura ha una sua fragilità”

“La scuola deve essere un luogo sicuro. L’Italia ha una grande tradizione metodologica, ma edifici scolastici non all’altezza”, ha detto Renzo Piano in un’intervista all’Huffington post, aggiungendo che “è uno dei tanti piccoli grandi progetti che io e il mio team di ragazzi al lavoro al Senato stiamo realizzando”.

Il noto architetto, ha tenuto a ricordare a Sora, in provincia di Frosinone per l’inaugurazione della “scuola di tutti”, un edificio antisismico da lui progettato, che “l’Italia è da sempre un paese fragile, ma di grande bellezza. E la bellezza di natura ha una sua fragilità. È un paese sismico e non bisogna credere alla fatalità, bisogna prepararsi. A livello nazionale è lo stesso tema, ci vuole un’energia, un rammendo del territorio: è questo il lavoro che facciamo al Senato dove ci sono un gruppo di 30 persone che lavorano a piccoli progetti”.

Il bene e il male…

Replicando ad una domanda su come si possa fare a mettere in sicurezza il Paese, Piano dice: “Io questo non glielo so dire. Io intanto faccio quello che posso. Facendo delle piccole cose, tante piccole cose: vede, questi progetti sono come gocce, con tante gocce si fa anche il mare. Che a volte è anche pieno di sardine…”.

Ed è un bene o male che questo mare sia pieno di sardine? “È un bene, è un bene”, risponde il senatore.

La metà delle scuole costruite prima del 1985

Nella stessa giornata, dal Rapporto sull’edilizia scolastica della Fondazione Agnelli provenivano dati sempre più preoccupanti sulle scuole: a presentarli, a Torino, c’erano il presidente John Elkann e il direttore Andrea Gavosto, con Alessandro Laterza, amministratore delegato Laterza Editori, Giovanni Biondi, presidente Indire e Francesco Profumo, presidente Compagnia di San Paolo ed ex ministro dell’Istruzione.

La metà degli edifici – si ricorda nel Rapporto – è stata costruita tra il 1960 e il 1985; molti risalgono ai primi del ‘900: su 39.200 scuole monitorate nel 2018, ben 9.200 hanno fattori di insicurezza.

Ma non servono scuole nuove

La Fondazione ha stimato che servirebbero la bellezza di 200 miliardi per ristrutturare le scuole (in tutto 150 milioni di metri quadrati), con vent’anni di interventi costanti: la stima è stata realizzata sulla base del progetto Torino fa scuola, realizzato con la Compagnia di San Paolo per la ristrutturazione della scuola Fermi dove si è speso 1.350 euro al metro quadro.

Tuttavia, a differenza di quanto accade in altri Paesi, non ci sarà però bisogno – spiega la Fondazione Agnelli – di costruire nuove scuole perché nel 2030 gli studenti saranno 1.100.000 in meno, ma bisognerà lavorare sull’esistente tenendo conto di tre dimensioni: sicurezza, sostenibilità energetica e didattica innovativa.

Pascale (Upi): con la manovra l’1% di quanto serve

Immediate, le reazioni, anche istituzionali: secondo Michele de Pascale, presidente dell’Upi, “il Rapporto della Fondazione Agnelli non fa che confermare le richieste che da mesi stiamo ponendo a Governo e Parlamento: le scuole italiane hanno bisogno di un piano di investimenti, che ci permetta non solo di metterle in sicurezza, ma anche di renderle moderne, accoglienti, in grado di assolvere al ruolo educativo che gli ambienti scolastici hanno, con strutture in linea con i programmi didattici”.

“Chiaro che – ha continuato il rappresentante delle province – una cifra di questo tipo, che non è certo ordinaria, può muovere solo dalla scelta di tutti di considerare la scuola come una delle priorità del Paese – sottolinea de Pascale. Stando ai dati diffusi dalla Fondazione Agnelli – aggiunge il presidente dell’Upi – in media gli investimenti su ogni scuola italiana dovrebbero essere pari a 5 milioni, che per le 7.400 scuole superiori significa un fabbisogno stimato pari a circa 37 miliardi. La legge di bilancio 2020 per le scuole superiori prevede un fondo di 450 milioni in 3 anni, 13 mila euro a scuola, meno dell’1% della stima indicata dal Rapporto: davvero troppo poco”.

Gagliardi (Cambiamo!): in Liguria le scuole più vecchie

Secondo la deputata ligure di Cambiamo!, Manuela Gagliardi, i dati della Fondazione Agnelli, confermano che “le scuole italiane cadono letteralmente a pezzi: i nostri istituti scolastici sono obsoleti, insicuri, inadeguati a una didattica innovativa. E alla Liguria spetta un poco lusinghiero primato: quello delle scuole più vecchie, con un’età media degli edifici scolastici di 75 anni. È il ‘regalo’ lasciato ai cittadini dagli anni di governo della sinistra in Regione”.

“Serve subito un piano di straordinario di edilizia scolastica, quello che la Fondazione Agnelli definisce, giustamente, un piano Marshall per l’edilizia scolastica”, conclude Gagliardi.

Maturità 2020: prevale la continuità, ma l’orale sarà una nuova grana

da La Tecnica della Scuola

Saranno necessarie altre disposizioni normative e altri chiarimenti da parte del Ministero, per capire come prenderà avvio il colloquio dell’esame di stato 2020, dopo la cancellazione del meccanismo delle buste.

La Circolare Ministeriale n. 2197 del 25 novembre scorso offre una “prima panoramica” circa la situazione, evidenzia gli aspetti sicuri, ma nulla dice circa la nuova procedura di assegnazione ai candidati dei materiali preparati dalla commissione. Fermo restando che questo sarà il punto di partenza, come disposto dal D.lvo 62/2017.

Prevale la continuità

Emerge chiaramente che la linea tenuta dal Ministero è di non modificare la riforma fatta nel 2017. La Circolare puntualizza più volte che “resta fermo” l’impianto normativo del D.lvo 62/2017, il quale “trova piena applicazione” nell’anno in corso.

Così tra i requisiti per l’ammissione, diventa obbligatorio lo svolgimento delle prove Invalsi e dei Percorsi per le competenze trasversali e l’orientamento (ex ASL), per i quali l’anno scorso c’è stata la sospensione in via transitoria.

Che il Ministro abbia invece intenzione di apportare dei cambiamenti è ripetuto tre volte nel testo. Ma questi saranno circoscritti a “alcuni aspetti riguardanti la redazione della prima prova scritta di italiano e le modalità di svolgimento del colloquio”, comunque nel “pieno rispetto” dell’impostazione prevista e con “immutata finalità” sotto l’aspetto della valutazione.

Pare che al Ministero abbiano la consapevolezza che niente è più deleterio per studenti, famiglie e operatori della scuola di annuali cambiamenti e conseguenti incertezze. A sostegno della linea di continuità e stabilità, la Circolare riporta l’esito dell’“attento monitoraggio” sul primo anno di attuazione della riforma svolto dai dirigenti tecnici.

Monitoraggio positivo per il 2018/2019

Dopo l’impegno profuso lo scorso anno, fra indicazioni, simulazioni e conferenze di servizio, si registra un “diffuso e concordante livello di soddisfazione” per la nuova tipologia delle prove scritte. Quanto al colloquio, “molto positiva è stata ritenuta l’impostazione integrata e trasversale”. La modalità di avvio, basata sulla predisposizione e sulla discussione di materiali di spunto, è stata valutata “interessante e stimolante”. Bene anche la coerenza con le Linee Guida e le Indicazioni nazionali, la corrispondenza con le progettazioni didattiche, l’utilizzo delle griglie di valutazione.

Anche la storia non sarà una novità

La storia a dire il vero non è mai stata cancellata dall’esame. Il D.lvo n. 62/2017 prevede espressamente per le prove scritte l’ambito storico, oltre che artistico, letterario, filosofico, scientifico, tecnologico, economico, sociale. Tanto è vero che la storia era presente nelle simulazioni nazionali e nella prova d’esame di giugno 2019. Una delle tre proposte di tipo B, analisi e produzione di un testo argomentativo, riguardava appunto “L’eredita’ del Novecento” e richiedeva allo studente conoscenze approfondite sui temi storico-sociali del XX secolo. Quest’anno, il Ministro ha voluto che “almeno una delle tracce della tipologia B (analisi e produzione di un testo argomentativo) debba riguardare l’ambito storico”, perché la storia è una disciplina fondamentale.

Colloquio, cambiare la procedura sarà una nuova grana

Se lo scorso anno, alla fine, tutto è andato bene, perché allora cambiare? Fermo restando che il colloquio dovrà prendere avvio dai materiali proposti dalla commissione come stabilisce il D.lvo 62/2017, perché cancellare il sorteggio delle buste? Stando alle dichiarazioni del Ministro, perché la “roulette”o “lotteria” del sorteggio crea ansia agli studenti.

C’è però il rovescio della medaglia. In che modo testi, documenti, esperienze, progetti problemi saranno proposti a ciascun alunno? In che modo si potrà garantire a tutti pari opportunità di partenza, imparzialità e trasparenza, mettendo al bando il dubbio di favoritismi ad personam?

Insomma il sorteggio delle buste aveva ormai ingranato, mentre sarà una nuova grana cambiare procedura.

Bisognerà attendere il decreto previsto per gennaio per conoscere le modalità organizzative di svolgimento del colloquio.

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