Valutazione Qualità Ricerca (VQR)


Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca Lorenzo Fioramonti ha firmato il Decreto contenente le Linee-guida del prossimo bando che l’Agenzia Nazionale per la Valutazione dell’Università e della Ricerca (ANVUR) emetterà per la valutazione periodica della qualità della ricerca (VQR), relativa al periodo 2015-2019.

Le novità maggiori delle Linee-guida consistono nell’ampliamento del concetto di ‘prodotto della ricerca’, che non sarà più circoscritto alle sole pubblicazioni ma si articolerà in uno spazio più ampio. Andrà valutata la qualità del reclutamento, che ora include anche dottorandi e dottori di ricerca, e c’è un primo tentativo di valutare l’impatto, non solo economico, che le Università e gli enti pubblici di ricerca hanno sulla società e sul territorio.

Nel complesso, dichiara il Ministro Fioramonti “si supera il ruolo di ‘classifica’ che talvolta la VQR ha assunto, orientandola verso la produzione di un quadro multidimensionale, che mostri punti di forza, da consolidare, e punti di debolezza, da superare, del sistema nazionale della ricerca. Si compie così un passo importante verso il mio obiettivo, che è quello di un miglioramento complessivo e coeso del sistema”.

Un’altra novità è l’introduzione di studi analitici sulle attività di valorizzazione sociale dei risultati della ricerca. In questo modo si intende neutralizzare ‘rendite di posizione’ che potevano avvantaggiare alcune Istituzioni rispetto ad altre, quando si usavano solo alcuni elementi di valutazione (ad esempio i brevetti). Le Linee-guida contengono, infine, un invito ai ricercatori, pur nel rispetto delle norme a tutela degli editori, a rendere accessibili i risultati delle loro attività a un pubblico più ampio possibile, in forma libera e gratuita.

Dal green alla robotica, 3 milioni di posti di lavoro in Italia nei prossimi 5 anni

da Il Sole 24 Ore

di Claudio Tucci

Il lavoro da qui ai prossimi cinque anni? Sarà appannaggio di specialisti, anche dell’economia circolare e del digitale; e per oltre il 35% dei casi le professioni richieste saranno tecniche. Tra il 2019 e il 2023, ha stimato Unioncamere, un fabbisogno occupazionale tra i 3 e i 3,2 milioni di posizioni per fronteggiare le esigenze di imprese e Pa. Tale quota coprirà, per l’80%, il turn-over (2,6 milioni di lavoratori nel quinquennio) mentre la crescita economica, a seconda della sua intensità e in maniera molto differenziata nei diversi settori, richiederà una quota di nuovi impieghi che va dalle 352mila alle 535mila unità.

Spazio agli indirizzi medico-sanitario, economico e giuridico
Nei cinque anni ipotizzati, il 62% dei nuovi ingressi riguarderà laureati e diplomati. In particolare, la domanda di personale laureato potrà attestarsi tra le 959mila e le 1.014mila unità, e si concentrerà per lo più nell’indirizzo medico-sanitario, con una richiesta tra 171mila e 176mila unità, seguito da quello economico, da 152mila a 162mila unità, da ingegneria, con una domanda compresa tra 127mila e 136mila lavoratori, e dall’area giuridica, da 98mila a 103mila unità.

Avanti con i diplomi tecnici
Per quanto riguarda invece i diplomi, nel quinquennio le imprese richiederanno personale diplomato principalmente nell’indirizzo amministrazione, finanza e marketing (gli ex ragionieri), con un fabbisogno che potrà variare tra 279mila e 302mila unità, e in quello industria e artigianato, con una domanda complessiva tra 211mila e 235mila unità (tra cui spiccano le richieste degli indirizzi meccanica, meccatronica ed energia con 94-106mila unità ed elettronica ed elettrotecnica con 50-56mila unità). Sarà considerevole anche il fabbisogno di diplomati nell’ambito del turismo, che potrà arrivare a domandare tra i 79mila e gli 82mila occupati.

Economia circolare e digitale nei piani di assunzione delle imprese
Il sistema formativo italiano dovrà anche prepararsi a rispondere alle sfide dei cambiamenti nei trend produttivi dei settori economici, che saranno fortemente influenzati dalla pervasività della rivoluzione tecnologica e dalla necessità di riorientare le scelte produttive verso un green new deal. In particolare, della “Digital Transformation” le imprese ricercheranno tra i 275mila e i 325mila lavoratori con specifiche competenze matematiche e informatiche, digitali e social o relative agli sviluppi nell’utilizzo dell’intelligenza artificiale o dei big data e delle tecnologie 4.0.

Le opportunità nel “green”
Sul fronte della filiera “Ecosostenibilità”, le imprese avranno bisogno tra i 519mila e 607mila lavoratori per cogliere al meglio le opportunità offerte dalla diffusione di processi produttivi rispettosi dell’ambiente, volti ad ottimizzare o ridurre l’utilizzo di materie prime. La filiera “Salute e Benessere” contribuirà ad alimentare la domanda di lavoro nei prossimi cinque anni ricercando tra le 361mila e 407mila unità, prevalentemente figure di livello medio-alto in campo medico-sanitario e assistenziale. La filiera “Education e cultura”, che dovrà avere un ruolo ancora più centrale nella diffusione di nuove conoscenze e competenze, esprimerà un fabbisogno compreso fra 140mila e 149mila lavoratori nel quinquennio.

Posti anche nella meccatronica e robotica
Il fabbisogno occupazionale delle imprese della filiera “meccatronica e robotica” potrà riguardare tra 68mila e 86mila lavoratori, nell’arco dei cinque anni. In particolare, la meccatronica è il comparto manifatturiero maggiormente interessato da “Impresa 4.0”, e quindi richiederà un significativo numero di figure professionali legate alle trasformazioni della produzione.


Scuola-lavoro, la vice ministra Ascani: «Auspico innalzamento delle ore almeno nei tecnici e professionali»

da Il Sole 24 Ore

di Cl. T.

«Il mio auspicio è che si torni a innalzare il monte ore per i percorsi per le competenze trasversali e per l’orientamento (ex alternanza scuola-lavoro). Perché se è vero che l’avvio è stato un pò problematico, soprattutto per i licei, è vero anche che oggi le scuole sono molto più mature. E soprattutto abbiamo bisogno di percorsi più corposi per gli istituti tecnici e professionali, che ci chiedono un’alleanza tra scuola e lavoro di cui hanno bisogno per offrire ai ragazzi il diritto di mettersi alla prova con le competenze che acquisiscono a scuola».

Parla la vice ministra
A parlare è la vice ministra del Miur, Anna Ascani, nel giorno d’apertura di Job&Orienta, salone nazionale dell’orientamento, la scuola, la formazione e il lavoro fino a sabato 30 alla Fiera di Verona. «Dal giorno zero del mio mandato – ha proseguito Ascani – mi sono impegnata a far sì che questi nuovi percorsi funzionassero, e che le informazioni arrivassero nelle scuole in modo chiaro. Le nuove linee guida consegnate agli istituti servono proprio a questo: innanzitutto a chiarire che non si tratta di snaturare la scuola o di chiedere alle imprese di fare scuola. Si tratta di dare ai ragazzi la possibilità di comunicare con il mondo esterno, di aprirsi a ciò che è fuori dall’aula. E, al tempo stesso, di dare la possibilità alle imprese di conoscere quello che si fa a scuola».


La scuola è pronta alla sfida per la sostenibilità

da Il Sole 24 Ore

di Fabrizio Proietti*

Il riordino degli istituti professionali presenta due nuovi indirizzi di studio correlati alla sostenibilità ambientale e alla sicurezza alimentare: Gestione delle acque e risanamento ambientale e Pesca commerciale e produzioni ittiche. Le acque, le coste, le produzioni delle specie ittiche commerciali e il risanamento ambientale sono dallo scorso anno scolastico oggetto di apprendimento nella formazione dei futuri diplomati dell’istruzione professionale di questi indirizzi, correlati ad aree economiche e professionali, quali i Servizi di Public Utilities e l’aspetto manageriale nella Pesca, venute alla ribalta negli ultimi tempi.

Il ruolo della formazione tecnico-professionale
In seguito alle emergenze idrogeologiche del nostro Paese e alla necessità di attuare una solida e profittevole politica di riciclo dei rifiuti nelle grandi città, diventa sempre più importante la formazione di figure dotate di competenze tecnico professionali in grado di intervenire in modo integrato e sostenibile nell’intero ciclo della gestione delle acque, dall’approvvigionamento alla canalizzazione, dalla manutenzione delle sorgenti e degli invasi alla depurazione, e nella gestione e riciclo dei rifiuti in senso lato, e sempre più ricercate sono le nuove professionalità in grado di gestire e controllare tali elementi e i fenomeni della natura. Allo stesso modo, in un territorio a forte vocazione turistica, dove emergono le forti differenze regionali che caratterizzano i territori del nostro Paese, dalla terra e dal mare alla tavola, diventa centrale saper gestire con spirito di managerialità, ma anche rispettando regole di sostenibilità, l’ampia filiera ittica, dalla fase di estrazione alle successive fasi di produzione e commercializzazione.

Ecco che le scuole ad indirizzo professionale, quindi, si sono riunite in reti nazionali – G.A.R.A. per l’indirizzo “Gestione delle acque e risanamento ambientale” e TRI.CA.MO. per l’indirizzo “Pesca commerciale e produzioni ittiche” – per promuovere le nuove figure professionali emergenti, anche se ciascun istituto, poi, caratterizza la propria offerta formativa in collaborazione con gli stakeholder e le Regioni, in relazione alle esigenze dei contesti territoriali e delle filiere produttive

I due nuovi indirizzi
Con le proposte dei nuovi Indirizzi la scuola ha voluto operare un investimento culturale e formativo per dare concrete risposte in termini di sostenibilità ambientale, economica e sociale, a intere aree del nostro territorio, tenuto conto che la penisola italiana è circondate per l’80 % dal mare e si caratterizza per avere, con le isole, circa 7.500 Km di coste, presentando territori montani non sempre presidiati e forti fenomeni di urbanizzazione.
Gli effetti dei cambiamenti climatici e degli inquinanti, uniti alla eccessiva antropizzazione delle città e zone costiere, hanno incrementato la necessità di interventi di emergenza, estemporanei, per contrastare il dissesto idrogeologico di territori, dove l’acqua da risorsa diviene pericolo, anche in relazione alle produzioni ittiche, dove specie aliene minacciano la biodiversità.

La nuova mission dell’istruzione professionale
Occorrono quindi risorse umane competenti nell’utilizzo di strumenti diagnostici, di misura, di produzione, di lavorazione ed è necessario promuovere modelli di gestione innovativi finalizzati al controllo, alla gestione dei processi e alla commercializzazione e valorizzazione dei prodotti, anche nel loro riutilizzo nell’economia circolare. Per questo la nuova mission dell’istruzione professionale, con particolare riguardo agli indirizzi in questione, è quella di formare giovani, cittadini attivi, che intervengono nei processi produttivi e lavorativi, nell’ottica degli obiettivi (goals) contenuti nell”Agenda ONU 2030 per lo sviluppo sostenibile.

*Fabrizio Proietti, Miur – Direzione Generale per gli ordinamenti scolastici e la valutazione del sistema nazionale di istruzione – Dirigente Ufficio IV

«Più libri più liberi» e Aie: le biblioteche scolastiche sono un’emergenza nazionale

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Le biblioteche scolastiche continuano a essere un’emergenza nazionale. È quanto emerge dall’indagine, realizzata dall’Associazione italiana editori (Aie) in collaborazione con il Miur, il Centro per il libro e la lettura (Cepell) e l’Associazione italiana biblioteche (Aib), per fotografare lo stato delle biblioteche scolastiche italiane e basata sulle risposte di 7.762 scuole.

Un quadro che si ricompone dopo otto anni dall’ultima rilevazione e che evidenzia come, rispetto al 2011, la spesa media per studente per il loro funzionamento sia di 1,13 euro (1,56 euro otto anni fa) e il numero di scuole dotate di biblioteca si attesti oggi all’85% rispetto all’89% di allora. E questo malgrado il 45% delle scuole indichi che la biblioteca sia stata potenziata grazie a iniziative come #ioleggoperché. Sono alcuni dei dati che verranno presentati giovedì 5 dicembre alle 11.30 in sala Aldus a «Più libri più liberi», la Fiera nazionale della piccola e media editoria, in programma fino a domenica 8 dicembre al Roma Convention center La Nuvola. Ne discuteranno Lucia Azzolina (Sottosegretaria Miur), Ricardo Franco Levi (presidente Aie) e Giovanni Peresson (Aie), moderati dal giornalista del Corriere della Sera Paolo Conti.

Nella seconda giornata della Fiera nazionale della piccola e media editoria si parlerà anche di politiche per il libro e attività dedicate alla lettura nelle scuole. Un primo incontro, Politiche per il libro, gli editori e la lettura in Francia e Germania, realizzato in collaborazione con Aldus, è in programma alle 10.30 in Sala Aldus: Andrea Carbone (Institut Français) e Christina Hasenau (direttrice Centro informazioni e redazione Internet del Goethe-Institut), moderati da Stefano Salis (Il Sole 24 Ore), discuteranno dei progetti a sostegno della lettura e del settore nei due Paesi europei con le più forti industrie editoriali, Francia e Germania.

Diseducazione digitale

da Corriere della sera

di Valentina Santarpia

Digitale a scuola, dopo la sbornia si fa marcia indietro. E si punta sugli aspetti umani. Sono le incredibili conclusioni di una ricerca condotta dall’università Bocconi assieme all’associazione ImparaDigitale, che verrà presentata domani agli Stati generali della scuola digitale a Bergamo: condotta su 1.499 studenti, 848 genitori, 80 consigli di classe, 134 insegnanti, che hanno portato oltre 600 mila risposte, dimostra che di digitale ce n’è fin troppo nella vita dei bambini e dei ragazzi, e che quindi la scuola deve concentrarsi su altro.

«È la prima volta che vengono incrociate le risposte dei figli con quelle dei genitori, e che si ha la percezione netta di come madri e padri non siano abbastanza consapevoli dell’uso che i figli fanno dei mezzi tecnologici», spiega Francesco Sacco, curatore della ricerca. Persino sull’età a cui i ragazzi hanno avuto accesso a un cellulare le risposte divergono: il 30% dei figli dice di averlo ricevuto tra i 6 e gli 8 anni, ma solo il 19% dei genitori ammette di averlo concesso a quell’età; lo 0,5% dei ragazzi dice di averlo avuto prima dei 3 anni, cosa che risulta solo allo 0,2% dei genitori. Sul tempo di utilizzo si tende al ribasso: le tre ore dichiarate in media a settimana non tornano con il resto delle risposte. Alle primarie tutti dicono di non portare il telefonino in classe, ma gli insegnanti testimoniano di averlo visto: a scuola il 23% lo usa di nascosto, per lo più per copiare. «C’è un gap generazionale che condiziona il rapporto docente-alunno. Ma non esiste più un controllo reale da parte dei genitori — spiega Dianora Bardi, professoressa e presidente di ImparaDigitale —. Esiste la mamma virtuale, che pensa con i messaggini di poter controllare i propri figli, mentre il padre autorevole/autoritario non esiste più, sostituito dal padre simbolico, che punta sul dialogo». Che però non sembra sempre funzionare. Persino sulle regole di utilizzo della tecnologia ci sono reazioni diverse: i genitori sono convinti di aver messo paletti (81%), ma solo una parte degli studenti (69%) li riconosce, e l’11% dice di non rispettarli.

Lo schermo è pervasivo nella vita dei ragazzi, anche dopo cena: i bimbi della primaria usano il telefono fino alle 23.10, i ragazzi delle medie fino alle 23.40, quelli delle superiori fino a oltre mezzanotte. E questo nonostante il 52% dei genitori dica di non averli autorizzati. «Portare il telefono in camera aumenta il numero di ore di sonno perdute», sottolinea nelle sue considerazioni Daniela Lucangeli, esperta di psicologia dell’apprendimento e prorettore dell’università di Padova. E la stanchezza va a braccetto con ansia fisiologica, irrequietezza: insonnia, mal di testa, stanchezza, nausea che, come ricorda Lucangeli, sono correlati all’uso delle tecnologie.

Lo studente trascura le attività per usare le tecnologie, prende brutti voti, dà risposte brusche mentre usa tablet o telefonino. E non è vero che, come vorrebbero credere i genitori, il cellulare è alleato dello studio: il 68% lo usa poco o mai per i compiti. Conseguenze? L’ambizione degli studenti è sempre più modesta, il 58% fa il minimo.

Ma allora, il digitale va usato a scuola, sì o no? «Dobbiamo ricrederci. Non si può parlare di innovazione focalizzandoci solo sul digitale senza un contesto progettuale ampio — conclude Bardi —. Il cambiamento si potrà attuare se il docente non avrà paura di ascoltare gli studenti, far sviluppare i talenti, supportarli rispettando i tempi di apprendimento, renderli davvero liberi di scegliere e sbagliare, per diventare autonomi. Per salvare il digitale, insomma, dobbiamo dimenticare il digitale».

Insegnamento della Storia, Azzolina: ‘Italia favorevole a Osservatorio europeo’

da Tuttoscuola

L’Italia è favorevole alla costituzione di un Osservatorio europeo sull’insegnamento della Storia. A dare l’annuncio lo scorso 26 novembre è la Sottosegretaria all’Istruzione, Università e Ricerca, Lucia Azzolina, che ha partecipato, a Parigi, alla Riunione dei Ministri Ue dell’Istruzione degli Stati aderenti alla Convenzione Culturale Europea del Consiglio d’Europa, siglata nel 1954 con lo scopo di promuovere lo sviluppo di una reciproca comprensione tra i popoli europei e un reciproco apprezzamento delle diversità culturali.

“Lo studio della Storia ha un ruolo fondamentale nella formazione di una coscienza collettiva e per una pacifica convivenza fra le Nazioni – sottolinea Azzolina -. Per questo il nostro Paese guarda con interesse alla costituzione di questo Osservatorio che dovrà stimolare il dibattito sulle metodologie didattiche, favorire lo scambio di buone pratiche, fornire un contributo per la costituzione di una ricerca storica e lo sviluppo di una coscienza comune europea”.

“Proprio in questi giorni – prosegue la Sottosegretaria – con la circolare sugli Esami di Stato della Scuola secondaria di secondo grado, il nostro Paese è tornato a porre l’accento sull’importanza della Storia. Disciplina centrale perché attraverso lo studio del passato è possibile comprendere il presente, la realtà che ci circonda, sentirsi parte di un destino comune. Sapere da dove veniamo, quali avvenimenti, anche tragici, hanno caratterizzato il percorso che ci ha portati fino ai nostri giorni consente a ciascuno di noi di esercitare il pensiero critico, di leggere con consapevolezza gli eventi, di operare per un presente e un futuro migliori, in cui non si ripetano gli errori del passato. È un messaggio che vogliamo trasmettere con forza ai nostri ragazzi”.

Oltre alla sessione sulla Storia, l’incontro dei Ministri a Parigi ha previsto anche una sessione di confronto sull’educazione digitale. Il rafforzamento della formazione iniziale e continua dei docenti su questi temi, lo scambio di buone pratiche anche in ambito europeo, la promozione dell’utilizzo delle tecnologie in classe anche per sostenere al meglio gli studenti con bisogni educativi speciali, il potenziamento delle competenze digitali degli studenti sono gli obiettivi di lavoro prioritari individuati oggi a Parigi.

Sciopero: fumata nera per il rinnovo dei servizi minimi nella scuola

da Tuttoscuola

Il nuovo incontro all’Aran per ridefinire l’accordo sui servizi minimi nella scuola in caso di sciopero non ha fatto passi avanti. In base ad alcuni resoconti dell’incontro di lunedì 25 novembre, si è saputo che i sindacati sono del tutto contrari alle diverse proposte già presentate dall’Aran nei primi incontri.

Sono sostanzialmente tre le novità che l’Aran intenderebbe introdurre a modifica del lontano accordo del 2001:

  • prevedere (precettare) una quota di personale da mantenere in servizio per la vigilanza di minori durante lo sciopero
  • rendere obbligatoria, da parte del personale docente e ATA, la comunicazione preventiva di eventuale adesione allo sciopero
  • impegnare il capo d’istituto a fornire informativa alle famiglie sulle motivazioni dello sciopero, dettagliando dati e caratteristiche dei sindacati che lo hanno proclamato.

Sulla prima proposta (la precettazione) i sindacati hanno espresso un rifiuto netto, in quanto, a loro parere, verrebbe leso un diritto costituzionale (art. 40).

Sulla seconda proposta (la comunicazione preventiva obbligatoria) il no sindacale sembrerebbe non essere chiaramente motivato.

La terza proposta (l’informativa alle famiglie sui sindacati promotori dello sciopero) sembra francamente un sovraccarico burocratico per i dirigenti scolastici non giustificato.

Si può pensare che l’Aran punti ad un solo obiettivo – l’obbligo di comunicazione preventiva di eventuale adesione allo sciopero – e abbia messo sul tavolo del confronto diverse proposte da ritirare in parte per arrivare allo scopo prefissato.

A proposito dell’informativa sui sindacati promotori dello sciopero, se il nuovo accordo la prevedesse e fosse già operante, i dati dei sindacati che hanno proclamato lo sciopero di domani, 29 novembre, sarebbero questi (dati ufficiali pubblicati sul sito dell’ARAN):

SISA: 13 iscritti su 659.542 dipendenti sindacalizzati; 114 voti su 907.203 per elezioni RSU.
USB: 2.679 iscritti e 7.833 voti.

Formazione in servizio: torna il ‘contratto’ tra le parti. Ecco cosa cambia

da Tuttoscuola

di Renato Rovetta

Il 19 novembre scorso è stata raggiunta un’importante intesa tra MIUR e Organizzazioni Sindacali della scuola sul tema della formazione in servizio del personale scolastico. La sottoscrizione dell’Ipotesi di Contratto Collettivo Nazionale Integrativo concernente i “criteri generali di ripartizione delle risorse per la formazione del personale docente, educativo ed ATA per gli anni scolastici 2019/20, 2020/21, 2021/22” costituisce la prima rilevante applicazione delle novità introdotte dal CCNL 2018 che, con l’art.22 commi 4 e 8, ha sostanzialmente riportato la materia della formazione in servizio del personale tra quelle oggetto di contrattazione nazionale integrativa (per quanto riguarda i “criteri generali di ripartizione delle risorse”) e di confronto (per quanto attiene agli “obiettivi e le finalità della formazione”)[1]. In tale contesto i contenuti dell’accordo, per la loro rilevanza e incidenza trasformativa, sembrano andare anche oltre l’ambito apparentemente neutro e solo amministrativamente rilevante definito dai “criteri generali di ripartizione delle risorse”.

Cambia il modello della governance: dall’ambito alla scuola

L’accordo sottoscritto modifica in modo sostanziale il modello di governance del Sistema della formazione in servizio dei docenti promosso con il Piano Triennale della Formazione 2016/19 e messo in atto nell’ultimo triennio, modello, come è noto, centrato sulle Reti territoriali di ambito e relative “scuole polo”.

Il CCNI sulla formazione torna ad attribuire la centralità del sistema – la “programmazione e la concreta gestione delle attività di formazione in servizio” – alla singola istituzione scolastica, oltre che alle “reti di scuole”; tali reti non sono più, però, le “reti territoriali di ambito” specificamente promosse e finanziate dall’Amministrazione al fine di rilevare i bisogni su base territoriale e progettare e realizzare azioni formative sulla base di un più o meno variamente articolato repertorio di opportunità formative, ma “reti di scopo”, eventualmente e liberamente promosse in forma di aggregazione autonomamente determinata dalle scuole con specifico, e non causale, riferimento all’art.7 c. 2 del DPR 275/99.

Diversamente dal recente passato, nel quale i finanziamenti venivano integralmente attribuiti alle scuole polo d’ambito per progettare e realizzare attività formative per conto delle scuole della rete, il nuovo Contratto Integrativo prevede che, di tutte le risorse finanziarie disponibili annualmente, una quota del 60% sia distribuita direttamente alle istituzioni scolastiche, parametrata sulla base del numero del personale docente e ATA, e il restante 40% venga assegnato ancora alle “scuole polo d’ambito” ma per la “gestione coordinata delle iniziative di formazione previste dall’Amministrazione centrale” rappresentando, quindi, solo una sorta di terminale operativo e gestionale dell’Amministrazione stessa.

Il ruolo dell’Amministrazione centrale

Insieme alla valorizzazione della centralità di ciascuna singola Istituzione scolastica nella programmazione e gestione delle attività di formazione in servizio, il nuovo Contratto Integrativo attribuisce un importante rilievo, funzionale e strategico, al ruolo dell’Amministrazione centrale. Oltre, infatti, alla gestione sostanzialmente diretta, per tramite delle scuole polo di ambito, di una quota rilevante di risorse e di iniziative formative – definite “a carattere nazionale, azioni di sistema, formazione in ingresso del personale” – l’accordo attribuisce all’Amministrazione centrale compiti anche molto innovativi, di promozione e supporto all’innovazione metodologica, così descritti:
– compiti di indirizzo, coordinamento e monitoraggio;
– competenza in materia di promozione, individuazione, studio e diffusione di nuovi modelli di formazione ed aggiornamento connessi ai processi di innovazione del sistema.

Con particolare riferimento, inoltre, all’azione di monitoraggio, l’Accordo attribuisce all’Amministrazione il compito di valorizzare le migliori pratiche, di incoraggiare la diffusione di modelli innovativi, di predisporre azioni di semplificazione “al fine di realizzare un sistema di formazione in servizio in grado di determinare la crescita professionale continua del personale, la qualificazione del sistema istruzione e un reale innalzamento dei livelli dell’offerta formativa”. Si tratta di un importante riconoscimento della centralità della leva formativa per la qualificazione complessiva del sistema e, insieme, di una sfida rilevante per l’Amministrazione che dovrà dotarsi, sia a livello centrale che periferico, degli strumenti organizzativi e operativi necessari ad evitare che resti una vuota declaratoria di principi.

La centralità del Piano di formazione di Istituto

La restituzione alle scuole della centralità del sistema di formazione in servizio comporta la valorizzazione del Piano di formazione di Istituto quale strumento di sintesi, culturale ed operativa, tra gli obiettivi del PTOF, i traguardi del RAV, le priorità strategiche di ciascuna istituzione scolastica e le azioni formative necessarie a supportare i processi di miglioramento. La difficile sintesi tra priorità e bisogni formativi di ciascuna scuola e quelli definiti a livello di ambito territoriale ha rappresentato uno dei nodi di maggiore problematicità operativa nel triennio scorso. Ora le scuole potranno progettare iniziative formative direttamente funzionali a corrispondere ai propri obiettivi di miglioramento decidendo, eventualmente, di aggregarsi in reti di scopo con scuole che condividono tali obiettivi e strategie, nella prospettiva non solo di un’economia di scala ma anche di quell’arricchimento che deriva da confronto e dalla collaborazione tra diverse comunità professionali, arricchimento che costituisce indubbiamente una delle eredità positive della recente esperienza delle reti di ambito.

L’accordo sottolinea ed enfatizza la rinnovata centralità del Collegio dei docenti nella definizione del Piano di formazione di Istituto ma suggerisce anche prospettive operative innovative che, superando la tradizionale e riduttiva impostazione dell’elenco dei corsi di aggiornamento da realizzare, valorizzino “iniziative di autoformazione, di formazione tra pari, di ricerca e innovazione didattica, di ricerca-azione, di attività laboratoriali, di gruppi di approfondimento e miglioramento” oltre che ogni forma di aggiornamento individuale, del quale, assai opportunamente, si sottolinea la necessaria coerenza con il Piano di Formazione di Istituto.

Nell’ambito del Piano di formazione di Istituto viene ricordata la necessità di programmare azioni formative anche rivolte al personale ATA per la cui realizzazione si potrà attingere a risorse specifiche, prioritariamente ex L.448/1997.

Un budget per ogni istituto scolastico

Il tema delle risorse assume, nel nuovo scenario disegnato dal CCNI, una particolare rilevanza: la Legge 107/2017 aveva investito consistenti risorse a finanziare il Piano Nazionale di formazione, 40 milioni annui per il triennio 2016-19, che il sistema centrato sulle reti di ambito e le scuole polo sembra aver addirittura faticato a investire in modo completo ed efficace (ma anche su questo aspetto attendiamo l’esiti del monitoraggio INDIRE). Ora: quali risorse complessive e, soprattutto, su quali risorse potrà effettivamente contare ogni singola scuola per programmare e realizzare il proprio Piano di formazione? Un rapido e sommario calcolo sulla base delle tabelle allegate all’accordo, relative al solo esercizio finanziario 2019 e ulteriormente integrabili, prefigura una quota media di 2.500 euro per ciascuna Istituzione scolastica.

I nodi aperti

Restano non affrontati e irrisolti dall’accordo sottoscritto alcuni nodi di fondo, dal cui dipanamento dipende in gran parte, a parere di chi scrive, il successo della nuova stagione che si va aprendo sulla formazione in servizio del personale scolastico:
Il Contratto Integrativo sottoscritto non cita neppure la questione della “obbligatorietà” della formazione in servizio dei docenti introdotta, come è noto, dal comma 124 della Legge 107/2015. La questione della natura giuridica – tra obbligo e diritto-dovere, tra sviluppo professionale e vincolo burocratico – delle attività di formazione e aggiornamento in servizio dei docenti non può più attendere di essere definitivamente chiarita, anche per prevenire il possibile esplodere di un microcontenzioso, diffuso e distribuito nelle migliaia di comunità professionali che saranno chiamate a deliberare.

Il sistema della formazione dei docenti, come emerso particolarmente nell’esperienza dell’ultimo triennio, è pesantemente e negativamente condizionato da un insieme di vincoli procedurali e amministrativi: standard di costi ormai del tutto fuori mercato, procedure di gara farraginose e disfunzionali, forme di rendicontazione amministrativa rigide e ingiustificate. Tenuto anche conto della, assai ridotta, dimensione economica in gioco appare indispensabile che si individuino e vengano fornite alle singole scuole soluzioni amministrative che, nel rispetto della normativa generale sulla gestione amministrativo-contabile, consentano di individuare e contrattualizzare soggetti erogatori di formazione funzionali ai bisogni e alle progettualità specifiche.

Il superamento delle rigidità nelle procedure amministrative – e auspicabilmente a questo si riferisce il Contratto Integrativo quando chiede all’amministrazione di predisporre “azioni di semplificazione” – è anche la precondizione necessaria perché sia davvero praticabile il coinvolgimento e la collaborazione con quei soggetti che anche il Contratto Integrativo chiede di favorire (Università, Istituti di ricerca, Associazioni professionali qualificate e Enti accreditati ai sensi della Dir. 170/2016) al fine di migliorare la qualità e gli esiti dei processi formativi attraverso il coinvolgimento di soggetti istituzionali più qualificati.
Progettare la formazione dei docenti, che sia a livello di ambito o di singola scuola, non è un esercizio che si possa improvvisare; richiede competenze specifiche che la scuola non possiede per via naturale.

Certamente non basta il catalogo della piattaforma SOFIA, che giustamente l’Accordo chiede di implementare, ma si tratta di investire sullo sviluppo di specifiche competenze di “progettazione della formazione”, a partire dalla figura e ruolo strategico del Dirigente scolastico. Anche su questo terreno l’Amministrazione potrà svolgere una funzione di indirizzo determinante.

[1] L’Accordo sottoscritto il 19/11 è accompagnato da un Verbale, datato 18/11, che restituisce la sintesi dei lavori e delle posizioni emerse dal Confronto tra le parti, come previsto dall’art.6 comma 2 del CCNL 2018. L’esito del confronto appare un documento ancora interlocutorio e generale, limitandosi ad indicare alcuni ambiti tematici sui quali le parti concordano di finalizzare prioritariamente le attività formative, sia per il personale docente che ATA. In considerazione di ciò, l’allegato all’Ipotesi di CCNI non è oggetto di analisi delle presenti note.

Nota 29 novembre 2019, AOODGSIP 5337

Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione Generale per lo Studente, l’Integrazione e la Partecipazione

Ai Direttori Generali Uffici Scolastici Regionali LORO SEDI
Dirigenti Ambiti Territoriali Provinciali LORO SEDI
Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Bolzano BOLZANO
Sovrintendente Scolastico per la Provincia di Trento TRENTO
Intendente Scolastico per la Scuola in lingua tedesca BOLZANO
Intendente Scolastico per la Scuola in località Ladine BOLZANO
Sovrintendente per gli Studi della Regione Valle d’Aosta AOSTA
Dirigenti Scolastici delle Istituzioni Scolastiche di ogni ordine e grado LORO SEDI

Oggetto: 5 dicembre 2019 – Giornata Mondiale del suolo

Adeguamento normativa antincendio

Edilizia scolastica, un piano straordinario per l’adeguamento alla normativa antincendio. Stanziati 98 milioni di euro

Un piano straordinario per adeguare gli istituti scolastici alla normativa antincendio. Il Ministro dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca, Lorenzo Fioramonti, ha firmato oggi il decreto per gli interventi di messa a norma delle scuole. Il Piano straordinario prevede un finanziamento complessivo di 98 milioni di euro.

Le risorse saranno assegnate con un avviso pubblico nazionale rivolto agli Enti Locali da adottare entro 30 giorni dalla pubblicazione del decreto. Potranno candidarsi Comuni, Province, Unioni di comuni e Città metropolitane e i relativi contributi saranno concessi direttamente agli Enti Locali che così potranno mettere in regola gli istituti e le strutture adibite a uso scolastico entro la fine del 2021, come previsto dall’attuale normativa.

I contributi a disposizione degli Enti Locali saranno pari fino a 70.000 euro per le scuole del primo ciclo e fino a 100.000 per le scuole del secondo ciclo di istruzione.