Droga e mistificazioni

Droga e mistificazioni

di Vincenzo Andraous

Agenzie di controllo a pieno regime, forze di polizia schierate, cani antidroga e perquisizioni a sorpresa, scuole e strade perlustrate a tappeto, eppure la lotta alla droga è una guerra persa in partenza, o per lo meno questa è l’impressione che ne ricava. Una battaglia combattuta a suon di arresti, di ingenti sequestri di stupefacente, di titoloni e fiumi di parole. Eppure più si ribaltano le fosse create a misura, più il bacino di utenza s’allarga, come fosse un gioco di anelli concentrici, il ritmo incalzante di una contraddizione dentro l’altra, un’azione e un’inazione dentro l’altra, silenzio e rumore l’uno dentro l’altro, come a voler significare un’impossibilità studiata a tavolino a scardinare il sistema.  Governi in guerra, confini che si sgretolano, armi svendute e contropartite di quantitativi di droga da brivido. Da una parte la bandiera della giustizia ben innalzata al vento nel rispetto dei diritti umani, ma dietro al drappo sgargiante c’è il nero piratesco di quanti attendono la propria parte. La droga fa male, la droga non è la soluzione, la droga è da rigettare, tutta. La droga è illegale, si rischia la galera, si rischia la salute, si corre il rischio di farsi del male, peggio, di fare male anche agli altri, ai soliti innocenti che quasi sempre rimangono senza giustizia. C’è l’indicazione illuminata a non fare uso di stupefacenti mentre dall’altra parte c’è il via libera a coltivare in casa propria la droga necessaria al “fabbisogno”. Insomma l’incredulità aumenta a ogni piè sospinto di rinculi, un passo avanti e due indietro, all’occorrenza ce la caviamo con la solita frase usurata ma ben congegnata: non ci siamo accorti di niente, il nostro giardino è senza erbacce, non abbiamo mai visto nessuno spacciare. Eppure a ogni angolo di strada si spaccia, non è qualcosa di celato, di mimetizzato, è chiaro come il sole dove sta in vendita la roba, si fuma e ci si inebetisce di droga qui e là, senza problemi, se non quando l’overdose incoglie, il coma etilico entra a gamba tesa alle nove di mattina, oppure qualche incidente ci parla di umanità disintegrata da qualcosa che non è accettabile licenziare come una ragazzata. Incessante il dispendio di propaganda sui soliti mercanti di morte, da anni e anni, tutti andati a male, si sente parlare di questa assai poco reale casata, senza mai riuscire a debellarne la residenza. Di contro però poco si sente parlare dei tanti e bravi ragazzi che ogni giorno vanno alla loro ricerca. Chissà forse sarebbe buona cosa una volta per tutte investire in cultura e formazione, anche nella famiglia dove è fin troppo palese lo scollamento tra l’attenzione sensibile e il non sapere cosa fa tuo figlio. Affermare “ti voglio bene” contempla una grande responsabilità, perché significa esser presenti anche quando nostro figlio con noi non intende parlare.

Alle scuole rimborsato il 90% per quotidiani e riviste

da Il Sole 24 Ore

di Paolo Stella Monfredini

L’articolo 1 commi 389–392 della legge di Bilancio 2020 introduce tre nuove tipologie di contributi diretti alle scuole e agli studenti per favorire l’acquisto di abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore. In particolare:

a) alle istituzioni scolastiche statali e paritarie di ogni ordine e grado, che acquistano uno o più abbonamenti a periodici e riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale, è attribuito, a decorrere dall’anno 2020, un contributo fino al 90% della spesa;

b) alle istituzioni scolastiche statali e paritarie che adottano programmi per la promozione della lettura critica e l’educazione ai contenuti informativi, nell’ambito dei Piani per l’offerta formativa rivolti ai frequentanti la scuola secondaria di primo grado, è attribuito, a decorrere dal 2020, un contributo fino al 90% della spesa per l’acquisto di uno o più abbonamenti a quotidiani, periodici e riviste scientifiche e di settore, anche in formato digitale;

c) gli studenti censiti nell’Anagrafe nazionale studenti frequentanti le scuole secondarie di secondo grado statali e paritarie che partecipano a programmi per la promozione della lettura critica e l’educazione ai contenuti informativi nell’ambito dell’istituzione scolastica di appartenenza, possono concorrere, a partire dall’anno scolastico 2020/2021, all’assegnazione di un contributo per l’acquisto di abbonamenti a quotidiani o periodici, anche in formato digitale.

Il contributo è concesso attraverso l’utilizzo di una piattaforma di erogazione voucher in forma virtuale associata alla Carta dello studente “IoStudio”, di cui all’articolo 10 del Dlgs 63 del 13 aprile 2017.

I contributi non costituiscono reddito imponibile e non rilevano ai fini della determinazione del valore dell’Isee. In via sperimentale, per il primo anno scolastico di applicazione, i contributi sono destinati agli studenti frequentanti la prima classe della scuola secondaria di secondo grado. I bandi per l’assegnazione dei contributi di cui alle lettere a), b), saranno emanati annualmente con decreto del capo del Dipartimento per l’informazione e l’editoria della presidenza del Consiglio dei ministri.

I contributi di cui alle lettere a), b), c) sono concessi per un importo complessivo non superiore a 20 milioni euro a decorrere dal 2020, stabilito annualmente con il Dpcm di cui all’articolo 1, comma 6, della legge 198/16 nell’ambito delle risorse del Fondo per il pluralismo e l’innovazione dell’informazione, di cui all’articolo 1 della legge 198/16. Il Fondo è incrementato a sua volta di 20 milioni di euro annui a decorrere dal 2020 per le finalità di cui alle precedenti lettere a), b) c).

I criteri per l’accesso alle tre tipologie di contributi e per l’individuazione annuale della platea degli studenti aventi diritto ai contributi di cui alla lettera c), saranno stabiliti con Dpcm o decreto del sottosegretario con delega all’informazione e all’editoria, di concerto con il Miur, da adottare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di Bilancio 2020 (1° gennaio 2020).


Pensioni, riscatto laurea agevolato anche per i «vecchi» studenti

da Il Sole 24 Ore

di Francesca Barbieri

Maglie più larghe per il riscatto agevolato della laurea per raggiungere prima la pensione: lo precisa l’Inps con la circolare 6 del 22 gennaio 2020, in cui viene definitivamente chiarito un dubbio interpretativo del decreto legge 4/2019 che ha introdotto la possibilità di recuperare gli anni di studio universitario nel conteggio del periodo di tempo necessario alla pensione pagando una cifra annua agevolata (5.260 euro per il 2020).

Una possibilità inizialmente prevista per gli under 45 e poi allargata a tutti, ma solo per coloro il cui corso di studi fosse situato, almeno in parte nella sua durata legalea partire dal 1996 (almeno secondo l’interpretazione prevalente).

Il dubbio per gli anni di studio a cavallo del 1996
Facciamo l’esempio di un uomo che ha studiato dal 1994 al 1997. La possibilità di riscatto agevolato – pagando poco più di 5mila euro l’anno – riguarda solo gli anni 1996 e 1997, oppure tutti gli anni dal 1994 al 1997? Finora l’interpretazione più gettonata era quella che riteneva possibile solo la prima opzione (2 anni al posto di 4).
Con la recente circolare Inps invece la possibilità di riscatto agevolato è valida per tutti e 4 gli anni, compresi quelli precedenti al 1996.
C’è però una condizione: il lavoratore deve optare per la liquidazione dell’assegno pensionistico con il sistema contributivo accantonati dal 1996.
Questa scelta può essere fatta dai lavoratori tra i 15 e i 18 anni di contributi al 1995, di cui almeno 5 con il sistema contributivo.

Platea allargata: le condizioni
Con questo chiarimento si allarga la platea dei lavoratori potenzialmente interessati al riscatto della laurea agevolato, che finora – secondo l’ultimo bilancio Inps – ha dato slancio alle richieste per il recupero di anni e contributi ai fini della pensione. Nel 2019 sono arrivate quasi 70mila domande: 29mila per il riscatto ordinario della laurea, 35mila per quello agevolato e 5mila per la pace contributiva.
Un boom rispetto al 2018 (quando l’unica possibilità era il riscatto ordinario della laurea):  due anni fa arrivavano in media 2.320 richieste al mese, contro una media di 6.321 del 2019.

I destinatari e il confronto
Il riscatto della laurea (in generale) è rivolto a tutti coloro (anche disoccupati) che abbiano conseguito il diploma di laurea o titolo equiparato. Attenzione però al fatto che gli anni fuori corsi non danno possibilità di riscatto. Il riscatto può riguardare anche solo una parte degli anni di studio.

La convenienza del riscatto agevolato rispetto a quello ordinario può essere rilevante: è necessario confrontare il costo fisso del riscatto agevolato (5.260 euro per il 2020) con l’importo che si ottiene moltiplicando l’aliquota di computo dell’Ivs (33-34% per i lavoratori dipendenti) applicata all’imponibile degli ultimi 12 mesi prima della richiesta del riscatto (costo del riscatto ordinario).

Facciamo l’esempio di una persona intenzionata a ricattare 4 anni di laurea, presentando domanda nel Fondo Pensioni Lavoratori Dipendenti. La retribuzione lorda (degli ultimi 12 mesi meno remoti) è di 32.170 euro. L’importo da pagare per riscattare quattro anni sarà pari a 42.464,4 euro (32.170×33% =10.616,1 x 4 anni = 42.464,4).

Il costo del riscatto agevolato sarà invece di poco superiore ai 21mila euro, con un risparmio di circa il 50 per cento e tenendo conto che anche questa forma di riscatto è fiscalmente deducibile, in realtà il soggetto avrà un ulteriore risparmio d’imposta calcolato sulla sua aliquota marginale (dal 23 al 43%, senza tenere conto delle addizionali regionali e comunali).


Energia, al via «Salva il kilowattora», la settimana del risparmio energetico nelle scuole

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Ai nastri di partenza la settimana del risparmio energetico Salva il kilowattora, in programma dal 3 al 9 febbraio e rivolta a studenti e insegnanti, ma anche alle famiglie, per sperimentare in prima persona i comportamenti anti spreco.

Promossa da Enea e Green Cross Italia nell’ambito della campagna nazionale di formazione e informazione “Italia in Classe A”, l’iniziativa mette a disposizione il sito Salva il kilowattora dove aderire e scaricare il materiale informativo. Le azioni virtuose messe in atto dai partecipanti, dai singoli gesti alle lezioni sulla sostenibilità, verranno calcolate tramite un apposito contatore da Green Cross Italia.

Per rendere più vicina ai cittadini, alle imprese e alle istituzioni l’offerta di servizi, soluzioni e studi per l’efficienza energetica, il sito Enea dedicato all’efficienza energetica è stato completamente rinnovato, con una nuova veste grafica, un accesso semplificato ai contenuti e le indicazioni su come ridurre i consumi nelle abitazioni, sugli interventi di riqualificazione edilizia e sulle diagnosi energetiche nelle industrie.

Tra le novità del portale, nella sezione dedicata alle detrazioni fiscali, un unico accesso per la trasmissione delle pratiche relative al bonus casa e all’ecobonus che presto conterrà la scheda relativa al bonus facciate previsto dalla legge di bilancio 2020.

Nel nuovo sito è presente anche un glossario composto da 80 voci per conoscere più a fondo le tematiche dell’efficienza energetica: dalle diverse fonti energetiche alle principali tecnologie, dalla ricerca in materia alla normativa di riferimento ai risvolti ambientali e sociali, il Glossario dell’efficienza energetica si propone come dizionario aggiornato delle parole chiave del settore.

Ma il calo demografico taglierà 65 mila insegnanti in dieci anni

da Il Messaggero

Se oggi le cattedre mancano, non è detto che sarà sempre così. Anzi, tra qualche anno a risolvere i problema delle assunzioni ci penserà il calo demografico già in atto. La scuola sta facendo infatti i conti con le immissioni in ruolo e la carenza di docenti da portare in classe ma c’è un altro fronte di cui tenere conto ed è quello più importante: gli studenti. La parte principale della scuola che, da qui a qualche anno, cambierà volto. In che senso? Nel 2030 mancheranno all’appello 1 milione e 300mila studenti tra i 6 i 16 anni. Un calo demografico evidente che mostrerà i suoi effetti tra dieci anni, quindi, e non sono tanti.

L’ALLARME CULLE VUOTE

La stima, elaborata dalla Fondazione Agnelli sui dati Istat, lancia l’allarme sulle culle vuote di oggi e, proiettandole sul futuro, le trasforma in banchi vuoti. Tanti banchi e quindi tante classi che non si formeranno, entro il 2030. Sono oltre 43mila, infatti, le classi destinate a sparire, il numero maggiore interessa la primaria: secondo le stime saranno circa 6.300 le classi in meno alla scuola materna, 18.300 alle elementari, 11.100 alle scuole medie e 7.600 alle superiori. Un fenomeno che avrà inevitabilmente il suo impatto anche sul corpo docenti, potrebbero essere circa 65mila le cattedre che non serviranno più, considerando il tempo pieno nella scuola di primo grado.

IL VINCOLO DEL MEF

Il fenomeno è già in atto: basti pensare infatti che nel mese di giugno scorso il ministero dell’istruzione, con l’allora ministro Bussetti, chiese oltre 58mila assunzioni basandosi sulle cattedre vacanti ma il ministero dell’economia ne accordò poco più di 53mila. Si trattò di un taglio di 5mila immissioni in ruolo, giustificato dal Mef proprio con la riduzione degli iscritti: «Nella richiesta non veniva tenuta in considerazione la marcata riduzione delle iscrizioni degli alunni, registrata specie nell’ultimo biennio, connessa con il calo della natalità. Al riguardo, il Mef ha più volte evidenziato che le dotazioni organiche complessive e la distribuzione tra le regioni sono definite specificamente in base al grado di densità demografica e alla previsione dell’entità e della composizione della popolazione scolastica». Va da sé che le prime classi colpite dal calo demografico sono quelle di scuola elementare. Ed è lì che le maestre potrebbero trovarsi in sovrannumero, per ora è previsto un bando di infanzia e primaria da 18mila posti poi, negli anni a venire, i concorsi saranno cadenzati calcolando le necessità al dettaglio. Sarà importante, invece, individuare le graduatorie e le classi di concorso esaurite, oltre che le province in maggiore difficoltà: la mancanza di docenti non è uguale in tutta Italia e non in tutte le materie. Ad oggi, ad esempio, tra i docenti introvabili ci sono quelli di matematica, di lingua spagnola e di informatica. Mentre, come accade da anni, le graduatorie più affollate sono quelle delle regioni del sud mentre al Nord restano spesso solo supplenti a tempo determinato decisi poi a spostarsi nella regione di origine. La call veloce della ministra Azzolina va in questa direzione, cercando di coprire i vuoti nelle regioni più in difficoltà facendo spostare, su base volontaria, i precari pronti all’assunzione.

IL SOVRANNUMERO

Nei progetti del ministero dell’istruzione è quindi prevista la possibilità di spostare i docenti laddove ce ne sia bisogno. Inoltre il sovrannumero degli insegnanti, che si potrebbe presentare da qui al 2030, servirà a garantire il tempo pieno e la scuola dell’infanzia per tutti, anche nelle regioni dove il servizio non c’è. A cominciare dal Sud: il tempo pieno al nord è infatti una certezza per una scuola su due mentre nelle regioni meridionali il dato crolla al 16%, riducendosi addirittura al 7,5% in Sicilia e al 6% in Molise.
L.Loi.

Effetto pensioni sulla scuola sempre più cattedre vuote

da Il Messaggero

 Tra supplenti e pensionamenti, le cattedre resteranno vuote e i bambini senza la maestra. Un problema che aumenta di anno in anno tanto che il ministero dell’istruzione ha annunciato una corsa contro il tempo per bandire quanto prima i 4 concorsi per mettere in classe i docenti necessari. Ma per settembre prossimo, quindi per l’avvio dell’anno scolastico 2020-2021, non si riuscirà a coprire neanche le cattedre lasciate dai docenti che andranno in pensione. Il vuoto creato dalla loro uscita andrà aggiungersi a quello emerso negli ultimi anni per mancanza di docenti da assumere con le graduatorie ormai esaurite. È destinato ad aumentare, quindi, il numero dei supplenti. Secondo i primi dati che arrivano dalle domande di pensionamento, infatti, sono circa 33mila i docenti che hanno fatto richiesta di mettersi a riposo a partire dal 1 settembre 2020.

TURN OVER

Potrebbe trattarsi di un naturale turn over ma così non è, non per la scuola italiana che da un lato lamenta un’età media degli insegnanti troppo alta ma dall’altro non può fare a meno di questi docenti. Per l’anno scolastico in corso, infatti, è stato impossibile trovare insegnanti da assumere. Una situazione paradossale se si pensa che la scuola italiana quest’anno conta su 170 mila supplenti. Come è possibile allora che non si riesca ad immetterli in ruolo? Non hanno l’abilitazione per l’insegnamento: possono quindi esercitare da precari ma non da docenti di ruolo.
E così nonostante il ministero dell’economia abbia autorizzato oltre 53mila assunzioni per l’anno scolastico 2019-2020, ne è andata a buon fine solo la metà. Un’assunzione su due è saltata e la cattedra è finita ad un supplente. Con inevitabili disagi legati al balletto dei docenti in cattedra che fino a metà novembre si sono avvicendati nelle classi tra supplenze brevi e nomine che non arrivavano. Classi scoperte, famiglie che non sanno più che cosa pensare e uffici scolastici nel caos per trovare un docente a cui assegnare il posto.

RECORD

Quest’anno infatti, registrando probabilmente un record storico, i supplenti sono 107mila, divisi tra quelli con contratti fino al 30 giugno e quelli fino al 31 agosto. A questi si aggiungono circa 60mila precari con contratti brevi. Senza contare che mai come quest’anno è stato necessario fare ricorso alle cosiddette mad, messe a disposizione, con cui vengono reclutati aspiranti docenti con il titolo di studio adatto ma senza alcuna iscrizione in graduatoria. Una situazione decisamente complicata che si sarebbe dovuta risolvere con i concorsi annunciati da mesi, prima dall’ex ministro Bussetti e poi dall’ex ministro Fioramonti. Le sorti politiche e di governo hanno fatto sì che i bandi non siano mai partiti. Ora l’attuale ministra Lucia Azzolina si ritrova a dover far partire quanto prima i 4 concorsi tanto attesi: il Miur è al lavoro per bandire 24.000 posti sul concorso straordinario per la scuola media e superiore e 25.000 sul concorso ordinario, c’è poi il concorso ordinario su infanzia e primaria e quello per i docenti di religione.

LE STIME

In tutto, secondo le stime della ministra, si tratta di 70mila insegnanti da assumere. Ma non sarà possibile ottenere queste immissioni in ruolo in tempo per il prossimo anno. Le selezioni durano mesi e i bandi ancora non ci sono. L’unico concorso che potrebbe partire subito e potrebbe concludersi, con le prime assunzioni per il 1° settembre prossimo, è quello straordinario per le scuole di II grado. Ma si tratta di compiere una corsa contro il tempo e comunque le 24mila eventuali assunzioni, riservate a medie e superiori, non andrebbero neanche a coprire il vuoto dei 33mila docenti che andranno in pensione, peraltro su diversi ordini di scuola.
Un quadro decisamente serio con cui dover fare i conti: la ministra Azzolina, che si ritrova ora a dover gestire una mancanza di docenti cronica, ha lanciato la cosiddetta call veloce con la quale, considerando il fatto che le graduatorie non sono esaurite in tutta Italia e non per tutte le classi di concorso, sarà possibile assumere tutti quei precari che, accettando di spostarsi e garantendo il vincolo dei 5 anni, andranno ad insegnare fuori dalla loro provincia di origine o di graduatoria.
Lorena Loiacono

Azzolina: troppi impegni amministrativi per docenti e Dirigenti scolastici, al lavoro per ridurli

da Orizzontescuola

di redazione

Uno degli impegni di cui la Ministra Azzolina ha parlato con i sindacati è quello di ridurre il carico di adempimenti amministrativi che grava su docenti e Dirigenti Scolastici

“Lavoro per sburocratizzare e ridurre gli adempimenti amministrativi che gravano sui docenti, sui dirigenti scolastici, sui direttori dei servizi generali e amministrativi, sul personale del Ministero – ha affermato la Azzolina – E per una innovazione didattica che metta a sistema le migliori pratiche già sperimentate sul campo dai docenti. Tutto questo va fatto insieme. Noi, i sindacati, tutte le forze sociali, il personale della scuola, mettendo al centro le studentesse e gli studenti. La scuola è per loro. Ricordiamolo sempre. E faremo sempre bene.”

Neoassunti, su Indire pubblicati materiali del webinar

da Orizzontescuola

di redazione

Docenti in periodo di formazione e prova 2019/2020. Sono stati pubblicati sull’Ambiente di Supporto di Indire i materiali del webinar.

Questi i materiali pubblicati:

Dal 17 gennaio sono inoltre disponibili le indicazioni per la fruizione del webinar per referenti della formazione.

All’ambiente online, che si aprirà a breve, si accederà tramite il sistema di autenticazione SIDI, supportato anche da SPID.

Novità Indire

Le novità di quest’anno semplificano il sistema e riguardano:

  • l’accesso all’ambiente;
  • il percorso di documentazione dell’Attività Didattica. Diversamente dagli anni precedenti quest’anno non è previsto il caricamento nel portfolio di materiale multimediale. La sezione relativa dell’ambiente online fornisce tuttavia informazioni utili alla raccolta di materiale multimediale, che rimane facoltativa, e può essere utile ai fini della preparazione della documentazione da utilizzare, insieme all’esportazione del Dossier Finale, in sede di comitato di valutazione;
  • l’attività sul bilancio delle competenze rimane nella sua forma consueta ma solo come tappa iniziale e viene eliminata al termine del percorso. Quindi non è più da compilare il “bilancio finale delle competenze”.

Chi deve svolgere il periodo di  prova e formazione

Sono tenuti al periodo di formazione e prova tutti i docenti:

  • neoassunti a tempo indeterminato al primo anno di servizio;
  • assunti a tempo indeterminato negli anni precedenti per i quali sia stata richiesta la proroga del periodo di formazione o prova che non abbiano potuto completarlo;
  • che, in caso di valutazione negativa, ripetano il periodo di prova;
  • che abbiano ottenuto il passaggio di ruolo.

I docenti lavorano 1643 ore annue. Lavoro sommerso vale almeno 800 euro

da Orizzontescuola

di redazione

Dalla correzione dei compiti, all’autoaggiornamento, si tratta di quel lavoro sommerso sul quale si basa lo scontro tra docenti ed opinione pubblica, tra chi sostiene che l’insegnamento è un lavoro a tempo pieno e stressante e chi invece invoca i soliti luoghi comuni: “lavorate 18 ore e godete di 3 mesi di vacanza”.

La giunta provinciale dell’Alto Adige ha commissionato una ricerca con la quale ha dimostrato che i docenti, in realtà, lavorano circa 1643 ore annue, circa 36 ore a settimana per 45 settimane.

Lo studio ha riguardato 5.200 docenti sul totale di 7.400 della provincia trentina. Secondo lo studio, i docenti di ruolo lavorano 1.660 ore in un anno, mentre i supplenti 1.580 ore. Coloro che maggiormente svolgono lavoro sommerso sono  i docenti delle scuole superiori, con 1.677 ore annue totali. I prof della media lavorano 1.630 ore. Gli uomini lavorano un po’ di più (hanno meno impegni casalinghi), 1.648 ore, le donne 1.639 ore in un anno.

Tra gli impegni “sommersi” dei docenti si annoverano:

  • stesura di programmazioni di materia di inzio e fine anno
  • stesura Pei e Pdf
  • attività di coordinamento (che sebbene retribuite, i compensi sono spesso irrisori e negli anni si sono sempre più assottigliati
  • organizzazione/partecipazione a uscite didattiche e viaggi d’istruzione
  • compilazione registri
  • stesura progetti
  • formazione
  • correzione verifiche scritte (riguardanti soltanto alcune materie)
  • preparazione lezioni
  • preparazione ambienti di lavoro
  • colloqui con i genitori (che spesso tengono oltre i tempi stabiliti)
  • riunioni varie (anche queste spesso vanno oltre i tempi stabiliti)

La lista non è certo terminata, ma basta questo per dare un saggio di quanto lavoro in più i docenti svolgano rispetto alle 18 ore frontali in classe.

In questi anni si sono, inoltre, aggiunte incombenze che riguardano i BES, le prove Invalsi, nonché quell’aggiornamento forzato e sommerso che ha riguardano l’adeguamento all’utilizzo di nuovi strumenti informatici per la “vita burocratica e didattica” dei docenti.

Ma quanto vale il lavoro sommerso degli insegnanti? Considerando che un’ora dovrebbe essere retribuita 17,50 euro, il lavoro “silenzioso” per ogni docente ha un valore pari a circa 14mila euro annue.

Precariato, la vera emergenza della scuola. Si è sprecato tempo, bisogna recuperare in fretta

da La Tecnica della Scuola

Dai tempi della campagna elettorale conclusasi con il voto del 4 marzo 2018 sembrano trascorsi decenni, e invece sono passati solamente 2 anni.
Due anni fa Lega e M5S avevano acceso le speranze di una parte non indifferente del mondo della scuola.

Le intenzioni di Lega e M5S

Si era parlato di cancellazione dell’ “odiosa” legge 107 e soprattutto delle misure più “renziane” in essa contenute (chiamata diretta, bonus premiale, alternanza scuola lavoro).
Il M5S era riuscito a “sfondare” fra i docenti garantendo che i “deportati” del sud costretti a lavorare nelle regioni del nord sarebbero rientrati a casa loro in men che non si dica.
Per non parlare degli obiettivi ancora più impegnativi, dagli aumenti stipendiali per i docenti, alla cancellazione delle “classi pollaio” fino al tempo pieno per tutte le scuole del sud, alla drastica riduzione del precariato e all’aumento dei posti di sostegno.
In tutto questo l’abolizione delle prove Invalsi con relativa chiusura dello stesso Istituto nazionale per la valutazione del sistema di istruzione era data come misura assolutamente certa.

Un bilancio due anni dopo

A distanza di due anni, dopo un Ministro della Lega e due del M5S, siamo arrivati ad un incontro fra Ministra e sindacati in cui si è parlato di temi che con l’elenco fatto nelle righe precedenti hanno poco a che fare.
E non perchè quegli obiettivi siano stati nel frattempo felicemente raggiunti, ma semplicemente perchè anche lo stesso M5S si è reso conto che governare il sistema scolastico italiano significa anche occuparsi di “problemini” forse meno nobili della abolizione delle prove Invalsi ma che purtroppo incidono assai di più sul funzionamento della nostra scuola.
Il fatto che le attenzioni dei sindacati e della Ministra si stiano concentrando sulle procedure concorsuali e sulle modalità per conseguire l’abilitazione sta ad indicare che si sta forse finalmente prendendo atto che il tema urgente, urgentissimo, da affrontare è quello della formazione e del reclutamento del personale docente.
Anche se nessuno sta ancora raccontando la verità fino in fondo e cioè che, nonostante accordi e intese, a settembre 150mila cattedre risulteranno ancora vacanti. E senza che nessuno abbia la benchè minima idea di come affrontare e risolvere un problema strutturale che è ormai sotto gli occhi di tutti: nelle regioni del sud abbondano docenti precari che si contendono le supplenze disponbili, mentre al nord, per coprire migliaia di posti vacanti,  i dirigenti scolastici si contendono i pochi precari delle graduatorie e spesso sono costretti ad “accontentarsi” di docenti fuori graduatoria che hanno presentato la MAD.
Dal marzo del 2018 ad oggi si è sprecato troppo tempo, recuperare sarà difficile, ma purtroppo non ci sono alternative, bisogna affrontare le vere emergenze della nostra scuola che non certamente nè le prove Invalsi nè la carta del docente.

Docenti di religione, in arrivo il concorso ordinario

da La Tecnica della Scuola

C’è anche il concorso docenti religione da predisporre. Lo ha ribadito il neo Ministro Lucia Azzolina nel corso del primo incontro con i sindacati della scuola.

Concorso docenti religione: cosa prevede il decreto scuola

Infatti, il decreto scuola, prevede l’indizione entro l’anno 2020, previa intesa con il Presidente della Conferenza episcopale italiana, di un concorso per la copertura dei posti per l’insegnamento della religione cattolica che si prevede siano vacanti e disponibili negli anni scolastici dal 2020/2021 al 2022/2023.

Al concorso docenti religione una quota non superiore al 50 per cento dei posti messi al bando può essere riservata al personale docente di religione cattolica, in possesso del
riconoscimento di idoneità rilasciato dall’ordinario diocesano, che abbia svolto almeno tre annualità di servizio, anche non consecutive, nelle scuole del sistema nazionale di istruzione.

Concorso docenti religione: basterà per stabilizzare il precariato storico?

In origine si era parlato di un possibile concorso straordinario per i docenti di religione, che però non è stato poi approvato. Al momento, come scritto in precedenza, la riserva della metà dei posti messi a concorso, servirà infatti a stabilizzare non più di 3 mila precari di lungo corso.

Questo concorso ordinario, infatti, non soddisfa innanzitutto i sindacati, specie lo Snadir: “Purtroppo la Politica non ha voluto ascoltare le legittime richieste dei docenti precari di religione”, sostiene il sindacato col maggior numero di iscritti di religione in Italia.

“Per anni – continua lo Snadir – si è cercato di aggirare il problema del precariato di religione con interventi superficiali e non risolutivi, fino a quest’ultimo vergognoso e inaccettabile art.1-bis approvato. Tale ingiustizia ha trovato la sua giustificazione tra i paladini della ‘cultura dello scarto’”.

Il confronto a questo punto proseguirà in tribunale: “Di fronte a tale ingiustizia, lo Snadir proporrà iniziative per la tutela dei precari, sia presso i tribunali interni che presso le corti europee per la tutela del principio di uguaglianza e non discriminazione tutelati dalla nostra carta costituzionale, dalla carta di Nizza e dalla clausola 4 della direttiva 1999/70”.

Il sindacato ha anche inviato una lettera pubblica al presidente della Commissione Episcopale, che pur dicendosi “solidale con la preoccupazione e il disagio in cui versano tanti insegnanti di religione cattolica”, ha espresso soddisfazione per la procedura concorsuale per gli insegnanti di religione, creando non poche perplessità.

IL DECRETO SCUOLA

Concorso docenti 2020, ci sarà la prova preselettiva?

da La Tecnica della Scuola

Sono tanti i provvedimenti urgenti sul tavolo del ministro dell’Istruzione, Lucia Azzolina. Tra questi c’è anche il concorso ordinario che riguarderà la scuola secondaria di I e II grado.

Sarà prevista una prova preselettiva? Sarà il bando di concorso, in via di emanazione nelle prossime settimane, a prevederlo.

I bandi possono prevedere lo svolgimento di una prova preselettiva. Ad esempio, per il concorso infanzia e primaria è prevista qualora, a livello regionale e per ogni procedura, il numero dei candidati sia superiore a quattro volte il numero dei posti messi a concorso. La valutazione non concorre a formare il punteggio utile ai fini della formulazione della graduatoria finale.

Non è possibile, dunque, stabilire a tavolino se ci sarà o meno la prova preselettiva, molto dipenderà dal numero di partecipanti e bisognerà attendere i tempi di presentazione delle domande.

Concorso ordinario scuola secondaria, le info utili

Al concorso docenti 2020 si potrà partecipare per una sola regione, per una sola classe di concorso o in alternativa per i posti di sostegno.

Quello che però bisogna specificare è che sarà possibile fare domanda per la stessa classe di concorso o tipologia di posto sia per il concorso straordinario che per il concorso ordinario, sempre per quanto riguarda la scuola secondaria: le due procedure, infatti, dovrebbero essere bandite contemporaneamente, anche se non è escluso che la procedura riservata possa partire con un leggero anticipo.

Quindi, si potrà partecipare ad entrambe le procedure, a patto che si posseggano i requisiti per l’uno e l’altro concorso.

Il concorso sarà bandito per i posti che si prevede saranno disponibili nei due anni scolastici successivi a quello in cui si espleteranno le prove nelle diverse regioni e nelle diverse classi di concorso.

Ogni candidato può concorrere per una sola classe di concorso per la secondaria di 1 grado e per una sola classe  per la secondaria di 2 grado. Chi ha il titolo può concorrere anche per i posti di sostegno.

Il concorso è nazionale, ma articolato su base regionale. Si concorre in una sola regione.

Concorso ordinario scuola secondaria, quali sono i requisiti d’accesso

– abilitazione all’insegnamento, anche se riferita a un ordine di scuola diverso o altra classe di concorso. Non è necessario il requisito dei 24 CFU

– titolo di studio (ed eventuali esami/crediti) previsto dal nuovo regolamento delle classi di concorso + 24 crediti (CFU/CFA) nelle discipline antropo-psico-pedagogiche e nelle metodologie e tecnologie didattiche per i posti di ITP basta il diploma che costituisce titolo di accesso sulla base della normativa vigente, fino al 2024/25 non è richiesto il possesso dei 24 CFU.

Insufficienti risorse per il rinnovo dei contratti del settore pubblico

da Tuttoscuola

Una accurata scheda tecnica predisposta dalla Flc Cgil dà conto di uno dei punti di maggiore criticità – dal punto di vista dei sindacati – della legge di bilancio 2020 (legge n. 169/2019): quello riguardante l’ammontare delle risorse stanziate per il rinnovo dei contratti dei pubblici dipendenti, compreso quello del personale della Pubblica Istruzione.

Per quanto riguarda quest’ultimo le cifre che compaiono nella legge sono assai lontane dal poter soddisfare l’impegno assunto dal governo in carica, ma anche da quello che lo ha preceduto, in merito a incrementi salariali “significativi” (si è parlato di aumenti a tre cifre) finalizzati ad avvicinare le retribuzioni del comparto scuola alla media di quelle del comparto pubblico, e a ridurre il divario rispetto alla media dei paesi europei.

Lo studio della Flc rileva che nel capitolo di spesa relativo al ‘Fondo da ripartire per l’attuazione dei contratti del personale delle amministrazioni statali, ivi compreso il personale militare e quello dei corpi di polizia’ l’incremento delle risorse per il 2021 è “significativamente minore rispetto a quanto più volte affermato dal governo, le risorse del 2020 diminuiscono, mentre per il 2019 vi sarà probabilmente un risparmio (il condizionale in questo caso è d’obbligo in attesa del Rendiconto generale dello Stato)”. E le previsioni per il futuro non sono rosee, visto che la legge di bilancio ha stanziato solo 310 milioni di euro per l’anno 2022, relativo al triennio contrattuale 2022-2024.

Quanto alle dichiarazioni rilasciate dal segretario del Partito Democratico, Nicola Zingaretti, sulla necessità di maggiori investimenti e attenzione da riservare alla scuola, all’università, alla ricerca e all’alta formazione artistica e musicale, il sindacato ne prende atto positivamente, ma gli rivolge una precisa domanda in termini poco diplomatici: “Queste intenzioni sono espresse oggi per ‘tenere banco’ mediaticamente su un argomento caldo per le dimissioni del Ministro Fioramonti oppure si tradurranno a breve in proposte e iniziative concrete?”.