BONUS MERITO

BONUS MERITO, GILDA: DESTINARE RISORSE SOLTANTO A STIPENDI DOCENTI

“Se l’abolizione del bonus docenti come metodo premiale rappresenta una buona notizia, non possiamo dire altrettanto della decisione di farne confluire le risorse nella contrattazione d’istituto senza vincolo di destinazione. Si tratta di soldi stanziati specificamente per i docenti e a loro devono restare, impiegandoli dunque per aumentare solo ed esclusivamente i loro stipendi e non quelli di tutto il personale della scuola”. Ad affermarlo, in vista del rinnovo contrattuale, è la Gilda degli Insegnanti, la quale paventa il rischio che anche per quanto riguarda la card del docente venga proposta la stessa intenzione.
“Concordiamo tutti sull’esiguità degli stipendi del personale Ata, decisamente troppo bassi e non proporzionati agli aumenti dei carichi di lavoro che gravano sulle segreterie delle scuole – prosegue la Gilda – ma la soluzione per superare questa indecorosa situazione non è imporre forme di pseudo solidarietà tra i lavoratori, togliendo ai cosiddetti più ‘ricchi’ per dare ai più poveri. Spalmare su tutto il personale queste risorse concepite soltanto per gli insegnanti, oltre a rappresentare un’ingiustizia, – conclude il sindacato – comporta il rischio, tutt’altro che peregrino, di vederle utilizzate in contrattazione di istituto per premiare i vari staff legati alla dirigenza. Una prospettiva che la Gilda rifiuta e contrasta”. 

Giorno della Memoria: ricordare le atrocità sulle persone con disabilità

Giorno della Memoria: ricordare le atrocità sulle persone con disabilità

Fra le atrocità che il Giorno della Memoria ci costringe a ricordare c’è anche il programma Aktion T4, diventato tristemente noto come l’Olocausto delle persone con disabilità. Le vittime di quel programma furono decine di migliaia: fin dal 1933 furono forzatamente sterilizzate e dal 1940 uccise nelle prime camere a gas appositamente istallate negli istituti psichiatrici del Terzo Reich. Una storia di orrore tra gli orrori che non può più essere de-rubricata in una narrazione indistinta, che merita una sua propria collocazione per poter colmare il vuoto di studi accademici che in passato l’hanno caratterizzata e di cui ancora oggi subiamo gli esiti. Milioni di persone assassinate nei lager nazisti, ritenute vite non degne di essere vissute, pesi per la società, esseri da sopprimere.

Anche per questo la Federazione Italiana per il Superamento dell’Handicap si unisce a chiunque si rifiuti di dimenticare quel crimine contro l’umanità frutto della depravazione e di una visione eugenetica nata prima del nazismo e ad esso sopravvissuta anche fuori dai confini tedeschi ed europei. Si unisce a chiunque voglia ricordare e su quel ricordo basare una convivenza moderna, inclusiva, che rigetta ogni segregazione, che valorizza le diversità, che rende possibile la vita indipendente e l’autodeterminazione.

È un cambio di prospettiva che riguarda tutti, non solo i decisori politici, ma su cui non mancano preoccupazioni per segnali tutt’altro che positivi.

Oggi è la Giornata della Memoria e noi continuiamo a ritenere che possa essere un’occasione di consapevolezza – commenta Vincenzo Falabella, presidente della FISH – Ci vogliamo credere nonostante non passi settimana senza che si raccolgano espressioni, linguaggi, parole di odio, di derisione, di disprezzo per la disabilità che rappresentano un segnale tutt’altro che positivo. E questo anche perché quelle parole troppo spesso sono proferite da personaggi noti, in occasioni pubbliche, nello spettacolo, nei talk show, nelle manifestazioni politiche. Non possiamo tacere, né voltarci dall’altra parte. Non possiamo farlo né guardando il passato, né traguardando il futuro. Un futuro che – come tutti – vogliamo di inclusione, rispetto e libertà.”

Metafore per l’insegnamento delle competenze di cittadinanza

Metafore per l’insegnamento delle competenze di cittadinanza

di Pier Gavino Sechi

Una prima possibilità per trattare le competenze di cittadinanza e l’Educazione civica, di prossima introduzione, può certamente consistere nello sviluppo di in un percorso che ne svolga i contenuti alla stregua di una materia in aggiunta a quelle tradizionali. Poiché tale approccio appunto “per aggiunta”, porterebbe, però, con ogni probabilità, sia ad un incremento dei contenuti oggetto di studio, che alla ben più temibile controindicazione di trascurare che si ha vero apprendimento solo di ciò che si agisce  (le neuroscienze confermano ancora una volta la maggiore efficace dell’esperienza diretta) abbiamo sperimentato un’altra  opzione: calare le competenze di cittadinanza direttamente nel vivo della lezione, articolandola in fasi cui assegnare specifiche finalità formative in tal senso.

Descriviamo qui di seguito, perciò, l’agenda-tipo di una lezione, nella forma con cui l’abbiamo esposta all’interno del laboratorio “A bordo con…Vitto”, tenutosi in occasione dell’open day del Convitto Nazionale “Vittorio Emanuele II” di Cagliari.

Ciascuna fase è affiancata dalla corrispondente sottocompetenza di cittadinanza che abbiamo espresso ricorrendo alla metafora dell’astronave, usata dagli economisti per rappresentare la condizione di finitezza del nostro pianeta e delle sue risorse[1]:

1)-RESET…………………………….SELF CONTROL

2)-SIT DOWN…………………….SINCRONIZZAZIONE SPAZIALE

3)-CALIBRAZIONE………….…..LETTURA STATO D’ANIMO

4)-DATAZIONE…………….…….SINCRONIZZAZIONE TEMPORALE

5)-PAROLA DEL GIORNO.……VALORIZZAZIONE QUANTICA

6)-REPORT…………………………TIROCINIO PER UN BUON LEADER

7)-LAVORO COMUNE………..TEAM WORKING

8)-VALUTAZIONE……………….CHECKING

Se si considera che la durata massima della lezione è di 60 minuti, ciascuna fase potrebbe durare una media inferiore ai dieci minuti.

Tuttavia, dall’esperienza condotta in classe, è risultato che se appena adottato il metodo ciascuna fase tende a protrarsi oltre tale media, con l’andare del tempo e la conseguente presa di consapevolezza del metodo da parte degli allievi, si registra un sempre più veloce svolgimento delle fasi inziali della lezione con conseguente aumento del tempo dedicato alla fase 6 e 7.

Ciò che, però, interessa in questa sede è soprattutto sottolineare la valenza che assume la conduzione della lezione secondo tale impostazione al fine di educare gli allievi all’ autodisciplina, all’autonomia e alla autoriflessività. Si tratta peraltro di competenze traversali indotte da una scelta didattica che se fosse condivisa coi docenti del consiglio di classe le porterebbe a livello di cornice (cioè del come si lavora) senza incorrere in quel incremento di contenuti che si avrebbe con l’adozione dell’approccio che sopra appunto abbiamo chiamato “per aggiunta”, il quale, peraltro, lascia ancora una volta del tutto non affrontato il tema di come poi operare il collegamento tra questo quid novis col resto dei contenuti tradizionali.

Al di là dell’anglicismo di alcune formule, atte a rafforzare, come detto, il contesto metaforico, passiamo ora a descrivere ciascuna fase della lezione tipo, per come effettivamente viene svolta quotidianamente, mettendo l’accento sulla finalità di ciascuna.

1)-IL RESET……………………………SELF CONTROL

2)-IL SIT DOWN…………………..…SINCRONIZZAZIONE SPAZIALE

Poiché nel nostro istituto, all’ingresso del docente in classe, deve corrispondere da regolamento l’alzata in piedi degli alunni, considerando che anche su tale aspetto educativo le famiglie possano aver basato la scelta di quest’istituto, si è cercato di aggiungere alla più evidente finalità di tale comportamento (il rispetto da manifestare al docente o a qualsiasi altra figura adulta), un’altra finalità più marcatamente didattica: creare una cesura tra la lezione precedente e quella che sta per iniziare, affinchè gli allievi si concentrino sui nuovi impegni. Solo alla presenza di tutte le condizioni rivelative di tale disposizione d’animo, il docente da il cosiddetto sit down di cui alla seconda fase. Sennonchè mentre il reset risponde ad una esigenza di arresto del flusso informativo proveniente dalla lezione precedente o in corso nella classe, il sit down fa riprendere la comunicazione tra gli allievi indirizzandola verso i contributi della lezione che sta per iniziare.

3)-LA CALIBRAZIONE………….…..LETTURA DELLO STATO D’ANIMO

La calibrazione, attraverso cui cogliere lo stato d’animo di ciascun allievo (potrebbe già essere questo un segno di accoglienza ed inclusione senza rinviare tali obiettivi a chissà quale altra ed indefinita pratica…), l’abbiamo esercitata cogliendo il suggerimento di quanto faceva Daniel Pennac ai tempi della sua esperienza di insegnante a Parigi[2]. Egli esplorava l’umore degli allievi con un uso meditato dell’appello, pratica invece da noi spesso bollata come fastidiosa procedura burocratica, quando invece può svolgere una importante funzione sia relazionale (chiamare le persone per nome…) che sul versante della sicurezza (una rilevazione approssimativa dei presenti, infatti, potrebbe rappresentare un serio problema in caso di emergenza…).

4)-LA DATAZIONE…………….………SINCRONIZZAZIONE TEMPORALE

Un’altra forma di sincronizzazione è quella temporale, con la quale si cerca di affrontare quel disordine nella strutturazione del tempo che se nelle vecchie generazioni poteva ingenerarsi, al limite a causa dei doppi o a volte tripli turni di lezione o dopo qualche viaggio esotico, oggi trova la sua assai più potente causa nell’esposizione al web, in grado di operare un vero e proprio stravolgimento del ciclo circadiano del sonno[3].

Nella pratica quotidiana questa funzione di adesione al qui ed ora lo abbiamo ottenuto attraverso la datazione ossia la tradizionale e semplice annotazione della data del giorno da appore in cima al foglio del quaderno dedicato alla materia. Foglio su cui prendere appunti manualmente non senza ver spiegato agli allievi che prendere manualmente appunti è una fase importante dello studio, cui soccorrono gli stessi contributi dell’Università di Milano con l’enucleazione della cosiddetta memoria gestuale.

5)-LA PAROLA DEL GIORNO.……VALORIZZAZIONE QUANTICA

Tale fase risponde all’esigenza di arricchire il vocabolario dell’alunno e di valorizzare ciascun termine della lingua secondo il principio che ogni competenza deve essere sorretta dalla conoscenza e valorizzazione di ogni singolo elemento come una cattedrale che basa la propria imponenza sulla stabilità e forza di ogni sua pietra. Allo scopo soccorre l’iscrizione degli alunni ad un sito (nella specie https://unaparolaalgiorno.it) che invia, tramite sms quotidiano, l’analisi etimologica di un termine nuovo che si analizza in classe con la rapidità necessaria a dare corso alle altre fasi. Tale momento è anche una simbolica professione di umiltà: fare in modo che ogni alunno porti a casa ogni giorno almeno una parola nuova…come segno tangibile di molte ore di lezione.

6)-IL REPORT……………………………TIROCINIO PER UN BUON LEADER

Saper fare un buon report non è solo un tentativo per celare le insidie della classica interrogazione, ma si propone quale competenza atta a racchiudere in un discorso organico l’intero percorso sviluppato sino a quel determinato momento. Del resto si tratta di uno strumento la cui padronanza produce effetti positivi su tutta una serie di altri campi quali quello del saper fare un riassunto, saper individuare le miles stones di un percorso, senza escludere la valorizzazione del materiale raccolto che a sua volta rinvia alla competenza del saper prendere appunti, organizzare una mappa concettuale e dunque racchiudere in uno spazio fisico padroneggiabile quanto deve essere successivamente “svolto” come una matassa per produrre un testo scritto, si tratti di una relazione, di un  tema o di una prova scritta per una selezione. Ovviamente il giudizio dell’insegnante sarà tanto più lusinghiero quanto più l’alunno non solo riuscirà ad abbracciare il numero maggiore possibile di argomenti trattati, ma, soprattutto, quanto più dimostrerà di averli fatti propri e, perché no, di collegarli ai contenuti di altre fonti di informazione sia interne alla disciplina che esterne, quali esperienze extrascolastiche o letture personali.

7)-IL LAVORO COMUNE………………..TEAM WORKING

Tale fase rappresenta il cuore della lezione tradizionale. Essa nella nostra proposta non perde ovviamente la sua importanza ma non è più l’unico momento in cui si svolga il processo di insegnamento-apprendimento, consentendo all’insegnante l’introduzione di nuovi argomenti o la ripresa di quelli già svolti  utilizzando il più possibile metodologie interattive, tra le quali, la sottoposizione alla classe di prove di realtà, di studio di casi, previa, eventualmente, la divisione in piccoli gruppi allo scopo di implementare la competenza della collaborazione.

Le competenze di cittadinanza e l’uso di metodologie interattive, a nostro modo di vedere, costituiscono un connubio inscindibile che richiede una preparazione specifica sul versante delle metodologie di gestione della classe, senza la quale si determina il rischio non solo di appesantire il processo di insegnamento-apprendimento, con, soprattutto in certi contesti, una crescita dell’impegno del docente sul versante del rispetto della disciplina e quindi sul terreno del controllo, ma soprattutto di perdere  un’occasione irripetibile. Ossia di disporre della scuola come un luogo da cui guardare all’esterno, alla cosiddetta Realtà, avendo la possibilità di osservarla e di progettare stili di gestione della sua complessità senza che ancora ne sia iniziato l’attraversamento. In altre parole con la protezione di quella dimensione “del come se…” tipica di quello che Karl Popper chiama “Mondo 3”[4]. Cioè una dimensione reale realtà simile a quella esterna ma in cui si possono commettere errori utili a mettere meglio a fuoco le strategie di azione. Una sorta di palestra o di macchina del tempo di cui la velocità sia regolabile secondo i ritmi della comunicazione umana e in cui l’insegnante faccia da sparring partner che insegna a cadere e ad andare al tappeto ma senza danni irreparabili (ioci causa, per scomodare il linguaggio giuridico).

8)-LA VALUTAZIONE………………….CHECKING

Questa fase finale tende ad insegnare l’autoriflessione. L’alunno viene invitato a dare una valutazione (su scala Likert da 0 a 5[5]) sull’esperienza appena vissuta a seguito di un lavoro lungo il quale si cerca di comunicare che il suo contributo non solo è atteso ma è parte integrante della lezione. In altri termini non si tratta di dare un giudizio su una sessione di lavoro incentrata sul docente e sulla sua lezione cattedratica, ma di includere nella valutazione anche il proprio contributo affinchè l’esperienza risulti il più possibile significativa.

Considerazioni finali

La scelta di fare delle competenze di cittadinanza l’impalcatura della lezione di diritto ed economia, ma pure di quella di qualsiasi altra disciplina, ci sembra possa offrire l’occasione  per accomunare le diverse discipline sul piano metodologico, con una importante conseguenza: renderne i contenuti immediatamente spendibili sul versante del problem solving.

Non deve apparire impossibile immaginare, infatti, che di fronte ai problemi che gli alunni studiano a scuola e vivranno in futuro, questa possa proporsi come fonte di “strategie” utili ad affrontarli.

Torna utile infatti rammentare il richiamo moreniano che una testa ben fatta sia preferibile a una testa ben  piena[6].


[1] Cfr. Kenneth E. Boulding, The Economics of the Coming Spaceship Earth In H. Jarrett (ed.) 1966.

[2] Daniel Pennac, Diario di scuola, Feltrinelli 2008.

[3] Per un approfondimento sulla sua importanza cfr https://shorturl.me/fFY5

[4] Karl Popper, I tre mondi, il Mulino, 2012

[5] Cfr https://bit.ly/2v66Vkm

[6] Edgar Morin, La testa ben fatta, Raffaello Cortina Editore, 1999.

L’importanza di guardarsi negli occhi

L’importanza di guardarsi negli occhi, scarica l’app della tua vita

di Laura Cascianini *

L’atrio di una scuola, come tante forse, fa spesso bella mostra di macchinette per snack e circolari appese alle pareti ignorando le più semplici regole dell’accoglienza. Chi collocherebbe all’ingresso di casa la dispensa delle provviste o la lista delle cose da fare, piuttosto che un divano? Da qui l’idea di acquistare dei tavolini colorati, delle sedie confortevoli e intonare con un bel color arancio la parete retrostante. Messo a disposizione dei docenti e degli alunni il nuovo angolo dove discorrere, nessuna nota ufficiale si è resa necessaria e tutti hanno dimostrato apprezzare il nuovo arredo. Comodamente seduti quattro studenti delle forestali si guardano negli occhi, guardano me e mi chiedono “e ora che si fa Preside? Parliamo o giochiamo a carte?” La domanda esplode come un detonatore fra gli ingranaggi del mio cervello ancora agganciati al D.lgs 81/2008, metto in stand-by i pensieri relativi alla sicurezza e sottovoce mi chiedo: “i ragazzi sanno gestire il loro tempo libero?” Certo, hanno a disposizione i loro cellulari, le chat, i social, i videogiochi!

In fin dei conti glieli abbiamo messi in mano noi questi dispositivi.

Chi della nostra generazione, se avesse potuto scegliere, avrebbe rinunciato ad un tablet in cambio dell’enciclopedia dei quindici? Io per prima credo non avrei saputo cedere al fascino di uno strumento che prometteva di connettermi con il mondo; il destino ha però voluto che fossero gli anni in cui per parlare con i miei coetanei dovevo uscire, fare una passeggiata per “il corso”, andare al cinema, in discoteca (rigorosamente di pomeriggio) o, nei casi più fortunati, telefonare al fisso… sperando che chi stavo chiamando non fosse a sua volta in discoteca, per il corso o al cinema, facendomi rimpiangere di non esserci andata anch’io. Insomma esisteva un “fuori” che mi aspettava e come me aspettava gli altri per farsi luogo d’incontro, reale e non virtuale.

Pochi decenni sono passati ma i due mondi faticano a riconoscersi e dobbiamo fare appello ai nostri ricordi per spiegare ai nostri studenti cosa significa passare ore a parlare tra compagni, attendere con ansia la cartolina di un amico lontano, bagnarsi fuori dalla cabina telefonica con l’ombrello in una mano ed il gettone pronto nell’altra, sudata per l’ansia di poterlo presto infilare nella fessura dell’apparecchio.

Ed in tutto ciò cosa ha fatto la scuola?

Ci siamo occupati di LIM, tablet, PC (e ne avevamo davvero bisogno per molte ragioni che meritano un capitolo a parte) ma non possiamo trascurare un’azione educativa che va oltre l’apprendimento. Il nostro istituto ha annessi un convitto femminile e uno maschile, la scuola si trova quindi amplificate le azioni di delega in termini di educazione che è e resta in capo alle famiglie. Questa riflessione ha occupato pochi secondi, quelli che hanno preceduto la mia risposta: “Volete un mazzo da 40 o parlare dell’uscita nel bosco di ieri? Il caffè ve lo offro io” – mentre le macchinette ascoltavano silenziose per una sorte che temevano minacciata.

Salendo le scale, sapevo già il messaggio che avrei lasciato sopra i tavolini.


* Dirigente Scolastico Istituto Omnicomprensivo “Fanfani Camaiti” Pieve Santo Stefano (AR)

A febbraio tre concorsi per 64mila prof

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno e Claudio Tucci

Dopo una sosta ai box dovuta alle dimissioni dell’ex ministro Lorenzo Fioramonti, al conseguente spacchettamento del Miur e alla nomina di Lucia Azzolina (M5S) come nuova responsabile dell’Istruzione, la macchina dei concorsi nella scuola rientra in pista. Con l’obiettivo di portare al traguardo entro febbraio almeno tre dei quattro bandi in stand-by da mesi. Per un totale di 62-64mila posti da insegnante. A cui ne dovrebbero seguire, entro l’anno, altri 5mila per i prof di religione. Con tempi e modalità diverse. Ma con un denominatore comune: «I concorsi verranno banditi solo dove ci sono posti vacanti e disponibili», come la neoministra spiega al Sole 24 Ore del Lunedì. Una precisazione rilevante in un Paese che presenta «al Nord graduatorie già esaurite da anni e al Sud invece ancora stracolme».

I concorsi in arrivo

Appena insediatasi alla guida di viale Trastevere, Azzolina ha posto lo sblocco dei concorsi in cima alle sue priorità. Tant’è che il primo incontro con i sindacati è già andato in scena nei giorni scorsi e a breve seguirà un tavolo tecnico. Il suo obiettivo è recuperare il terreno perduto. Tre dei quattro bandi in arrivo sono infatti un’eredità del governo precedente. Pensiamo al concorso ordinario per infanzia e primaria che dovrebbe arrivare per primo e che era già previsto dal decreto dignità del luglio 2018. Quando al Miur c’era ancora il leghista Marco Bussetti. In totale il bando dovrebbe mettere a disposizione 13-15 mila cattedre. E dovrebbe essere articolato in prova preselettiva (solo nelle regioni in cui ci sarà un numero elevato di domande), in uno scritto e in un orale. All’era Bussetti risalgono anche le altre due selezioni (stavolta per medie e superiori) attese entro febbraio. Entrambe sono state poi messe nero su bianco dal decreto scuola 126 del 2019. Dove viene anche precisato che dovranno essere bandite insieme. Una sarà straordinaria(per un totale di 24mila posti); verrà cioè riservata ai precari con almeno tre anni di servizio maturati tra l’anno scolastico 2008/2009 e il 2019/20 sulla base dello schema semplificato previsto dal Dl: niente preselezione, prova scritta a risposta multipla al Pc e orale per chi ottiene i 7/10. L’altra (per un totale di circa 25mila posti) sarà invece ordinaria e dunque aperta a tutti i neolaureati con 24 Cfu. Anche qui, a seconda del numero di domande, potrà esserci o meno una pre-selezione nelle singole regioni.

Di questi tre concorsi, solo quello straordinario per medie e superiori dovrebbe portare in classe i primi vincitori già dal 1° settembre 2020. Affinché anche le altre due abbiano effetto bisognerà aspettare settembre 2021. Ciò significa che per evitare un nuovo boom di supplenze il ministero dell’Istruzione dovrà puntare soprattutto sulle contromisure contenute nel decreto scuola (su cui si veda altro articolo in pagina). Ai tre concorsi citati se ne aggiungerà poi un quarto volto a reclutare circa 5mila prof di religione (a 15 anni dall’ultima selezione). Anche stavolta la fonte è il decreto 126 e anche stavolta la selezione sarà regionale. Con una particolarità: per partecipare bisognerà avere l’idoneità diocesana rilasciata dal vescovo.

La fase due del reclutamento

Le iniziative che la ministra ha in mente non si esauriscono con i concorsi. Ad esempio, per il sostegno – che quest’anno ha visto oltre 10mila posti scoperti – in arrivo c’è il V ciclo dei tirocini formativi attivi, che dovrebbe contare su 21mila posti ed essere aperto anche agli idonei del IV ciclo. E poi, più in generale, la ministra punta a «programmare le assunzioni dei prossimi dieci anni. Per farlo – aggiunge – dovremo partire dal sapere quante persone andranno in pensione, in che regione, in quali province e su quali cattedre». Un lavoro che partirà nei prossimi giorni e che vedrà coinvolti il ministero, l’Inps e gli uffici scolastici territoriali. Tenendo sempre presente la doppia “stella polare” che l’esponente pentastellata ha indicato sin dal momento del suo insediamento: «Assicurare la continuità didattica agli studenti che non dovranno cambiare insegnante ogni anno (in quest’ottica è stato confermato per i neo assunti il vincolo di 5 anni di permanenza nella scuola di titolarità, ndr) e garantire il benessere anche mentale dei docenti che potranno programmare la loro vita».

Tecnici al lavoro su call veloce e posti scoperti per quota 100

da Il Sole 24 Ore

di Eu. B. e Cl. T.

Il campanello d’allarme è scattato lo scorso settembre: tra mancate immissioni in ruolo (su 53.627 posti autorizzati ben 32.391 sono rimasti scoperti) e la consueta girandola di insegnanti, il nuovo anno scolastico si è aperto con un boom di supplenti. Le cattedre assegnate, in alcuni casi anche a novembre-dicembre, a un docente “a tempo” hanno toccato livelli record, circa 170mila; praticamente, oggi, in classe, è precario un professore su cinque.

Ecco perché di fronte a questi numeri, accanto ai concorsi (si veda altro articolo in pagina), l’altra priorità della neoministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, è accelerare nell’attuazione delle norme del decreto scuola, introdotte proprio con l’obiettivo di tamponare la “supplentite” cronica, ma che oramai – visti questi dati – ha raggiunto livelli monstre.

I vuoti lasciati da Quota 100

Allo studio del ministero dell’Istruzione ci sono essenzialmente due misure. La prima è lo “sblocco” dei posti, in organico, liberati dai pensionamenti di «Quota 100» le cui pratiche sono state gestite tardivamente dall’Inps e dunque non sono rientrate nel contingente delle immissioni in ruolo. Secondo le ultime stime si tratta di circa 10mila cattedre che verranno quindi rimesse in gioco già quest’anno, ma senza far perdere il posto al supplente nominato (si utilizzerà, molto probabilmente, il meccanismo della decorrenza giuridica – settembre 2019, differendo quella economica a settembre 2020, data della effettiva presa di servizio).

La call «volontaria»

L’altra misura per contenere l’utilizzo dei contratti a tempo determinato, voluta, peraltro, dalla stessa Azzolina, quando ricopriva il ruolo di sottosegretaria, è la cosiddetta “chiamata veloce”. In pratica, i docenti che hanno già vinto un concorso, o che sono iscritti nelle graduatorie a esaurimento (Gae), e che attendono di essere immessi in ruolo, potranno chiedere di essere assunti anche in regioni diverse da quelle della propria graduatoria. Ovviamente anche nelle procedure di “chiamata veloce” vengono preservati i posti messi a concorso. Inoltre i vincitori e gli idonei del concorso bandito nel 2016, potranno iscriversi anche nelle graduatorie di merito ad esaurimento costituite in occasione del concorso straordinario del 2018. In questo modo, tutti costoro, avranno una nuova e ulteriore possibilità di essere immessi in ruolo.

Il meccanismo è assolutamente su base volontaria. La prima applicazione della disposizione potrebbe riguardare le migliaia di cattedre sul sostegno, su cui, chi lo vorrà, potrà procedere alla stabilizzazione, spostandosi (in tutt’Italia sono circa 10mila le cattedre “in deroga” sul sostegno).

I fari accesi dall’Ue

Oltre che alla volontà di assicurare la continuità didattica agli studenti l’urgenza di sdoganare, quanto prima, meccanismi per frenare l’utilizzo massiccio di contratti a tempo determinato è legata anche alla necessità di scongiurare una nuova procedura d’infrazione all’Italia (per abuso reiterato di precari). Lo scorso governo infatti ha cancellato, con un tratto di penna, il limite dei tre anni massimi di rinnovo del rapporto a tempo che era stato introdotto con la Buona Scuola proprio per rispondere ai rilievi Ue, dopo che sia la Corte costituzionale che la Cassazione, in questi anni, avevano introdotto precisi paletti sull’utilizzo dei contratti a tempo determinato nella scuola. A cominciare, come chiarito proprio dagli ermellini, dai risarcimenti del danno da riconoscere ai precari, in termini sostanzialmente omogenei rispetto al settore privato.

Consiglio di Stato: in refettorio anche col pasto portato da casa

da Il Sole 24 Ore

di Redazione Scuola

Il Consiglio di Stato ha dichiarato illegittimo il provvedimento con cui una scuola di Torino, la “Tommaseo”, aveva di fatto escluso dal refettorio i bambini che pranzavano con un pasto confezionato a casa. I giudici amministrativi hanno accolto l’istanza cautelare di alcune famiglie. La direzione scolastica dovrà mettere a punto un nuovo provvedimento.

Il Consiglio di Stato ha sancito che l’istituto scolastico dovrà riprovvedere «valutando in
concreto ogni possibile soluzione organizzativa al fine di acconsentire al consumo del pasto da casa da parte dei richiedenti».

I bambini, come hanno spiegato le famiglie assistite dagli avvocati Giorgio e Riccardo Vecchione, erano costretti a restare in classe o ad allontanarsi da scuola. I giudici hanno preso atto che la “Tommaseo” ha documentato delle «difficoltà organizzative» ma hanno sottolineato che il suo provvedimento «trascura di prendere in considerazione l’eventualità di ricavare altri spazi per il consumo da casa» perché si tratta solo di «distribuire diversamente lo spazio, se nel caso e ove concretamente possibile, dello stesso locale adibito attualmente a refettorio».

Il 62% dei diplomati ai professionali lavora entro due anni

da Il Sole 24 Ore

di Eugenio Bruno

Le famiglie italiane hanno ancora 7 giorni per scegliere la scuola superiore dei loro figli. Alle ore 18 del 24 gennaio il 30% non aveva ancora inoltrato via web la propria decisione. In soccorso degli indecisi arriva un nuovo focus del ministero dell’Istruzione che fotografa il lavoro di 1,3 milioni di diplomati. Ebbene, a due anni dalla maturità, lavora il 62% di chi esce dai professionali. A seguire i tecnici con quasi il 50 per cento.

Pregi e difetti

Le statistiche pubblicate dal ministero guidato da Lucia Azzolina (M5S) forniscono indubbiamente uno strumento in più alle famiglie che ancora non hanno deciso: un focus sull’inserimento nel mondo del lavoro dei diplomati. Lo studio analizza le performances occupazionali di 1,3 milioni di diplomati degli anni 2014, 2015 e 2016. E lo fa a due anni dal diploma.
Il pregio maggiore del rapporto consiste nella sua ufficialità. Non si tratta di una rilevazione a campione né di un sondaggio. Ma di assunzioni “vere” a cui si arriva incrociando le banche dati di viale Trastevere con le comunicazioni obbligatorie in possesso del ministero del Lavoro. Per tre anni diversi, due dei quali (il 2015 e il 2016) già vedono arrivare a regime la riforma Gelmini dell’istruzione superiore.
Il difetto principale è invece che dalle rilevazioni restano escluse intere categorie di lavoratori: autonomi, imprenditori, commercianti, artigiani, liberi professionisti oltre ai rapporti regolati con voucher e al lavoro somministrato. Una fetta non indifferente dell’offerta complessiva di occupazione.

In testa si confermano i professionali

Passando ai risultati offerti dai vari indirizzi di studio il primo dato che emerge è che, in media, il 37%degli studenti considerati ha avuto almeno un’attivazione di contratto, con un picco del 38,9% per i diplomati del 2015.
Soffermandoci sul 2016, che è l’ultimo anno scandagliato, balza agli occhi il 62% di occupabilità, sempre a due anni dal diploma, degli ex studenti dei professionali (il 65% nel settore industri e artigianato).
A seguire troviamo i tecnici con il 49,6%, che è poi la media tra il 50,2% del tecnico tecnologico e il 48,9 del tecnico economico.
Ultimi si posizionano i liceali con il 22,4% (che al classico scende al 14,1%) ma non è una novità visto che i liceali dopo la maturità tendono a iscriversi in massa all’università.

Prevalgono i contratti precari
Il terzo e ultimo dato degno di nota riguarda la tipologia di contratti e l’ambito lavorativo. Nell’evidenziare che la fetta più ampia di diplomati (28,8%) stipula il primo contratto dai 3 ai 6 mesi dal conseguimento del diploma lo studio ci dice che i rapporti di lavoro attivati sono in prevalenza (il 42,7%) a tempo determinato. E riguardano soprattutto il settore dei servizi (76,9%), davanti a industria (5,7%) e agricoltura (5,5%) . Con qualifiche, va da sé, di livello medio.

Giorno della memoria: ricordare e vigilare ancora

da La Tecnica della Scuola

Era una fredda giornata del 27 gennaio di 75 anni fa quando le truppe sovietiche dell’Armata rossa che avanzavano verso Berlino raggiunsero il lager presso la città polacca di Oświęcim (in tedesco Auschwitz), abbattendone i cancelli e consentendo quindi ai sopravvissuti di rivelare gli orrori e i crimini infami commessi dai nazisti.

Le persecuzioni subite dai deportati nei campi nazisti e le leggi razziali in Italia

Proprio 20 anni fa nel nostro Paese venne istituito il “Giorno della memoria”, con la legge n. 211/2000, cinque anni prima che l’Assemblea generale delle Nazioni Unite scegliesse, con risoluzione 60/7 del 2005, la stessa giornata del 27 gennaio), per ricordare  lo sterminio del popolo ebraico e le persecuzioni subite da tutti i deportati nei campi nazisti, anche da omosessuali, dai sinti e dai rom, da altre minoranze e dai deportati militari e politici, nonché le leggi razziali in Italia (introdotte nel 1938 dal regime fascista e firmate dall’allora re d’Italia).

Tra i deportati ci fu anche Liliana Segre, allora bambina e una dei pochissimi sopravvissuti al campo di concentramento. Lo scorso 20 gennaio, al Teatro degli Arcimboldi di Milano, Liliana Segre, oggi senatrice a vita ma soprattutto una delle “memorie storiche” di quegli orrori, ha raccontato la sua storia, dall’esclusione dalla scuola in seconda elementare nel 1938 in seguito alle leggi razziali, alla fuga con il padre in Svizzera; e poi la deportazione dal binario 21 della Stazione Centrale di Milano, ora Memoriale della Shoah, e la sofferenza nel campo di Auschwitz. All’evento erano presenti diversi studenti e la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina. Proponiamo anche un videomessaggio di Liliana Segre ospitato nel sito Centro Regionale di Informazione delle Nazioni Unite (Uniric).

Ma la ricorrenza del 27 gennaio serve anche per ricordare il ruolo di coloro che si sono opposti al progetto di sterminio e a rischio della propria incolumità hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.

Iniziative nelle scuole per “non dimenticare”

Essendo la scuola il luogo più idoneo per trasmettere alle nuove generazioni l’importanza della memoria e per diffondere i valori contenuti nella Carta costituzionale e nella Dichiarazione dei diritti dell’uomo, gli istituti di ogni ordine e grado sono invitati a dare ampio spazio a iniziative, cerimonie, momenti di riflessione (anche nei giorni successivi al 27 gennaio), al fine di mantenere vigile la memoria per impedire che la tragedia del nazi-fascismo e gli orrori delle deportazioni e dell’Olocausto possano ripetersi.

Quest’anno per il consueto appuntamento del “Viaggio della memoria” a Cracovia e Auschwitz-Birkenau, organizzato dal Miur in collaborazione con l’Ucei (Unione delle comunità ebraiche), insieme a un centinaio di studenti e ai loro docenti (le scuole sono state selezionate a livello nazionale per i progetti didattici realizzati sul tema della Shoah), erano presenti anche la ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina, il sottosegretario al Miur Giuseppe De Cristofaro, il presidente dell’Ucei Noemi Di Segni, il vicepresidente del Consiglio superiore della magistratura David Ermini (nel quadro della “Carta d’intenti” tra Miur, Ucei, Csm, Dipartimento per le Pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e l’Unar-Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, un Accordo che si prefigge di promuovere attività di sensibilizzazione, formazione e studio tra gli studenti delle scuole di ogni ordine e grado per il contrasto a ogni forma di discriminazione e di violenza).

Le testimonianze dei sopravvissuti agli orrori dei lager

Nel “viaggio della memoria”, Tatiana Bucci (sopravvissuta insieme alla sorella Andra al campo di sterminio e liberata il 27 gennaio 1945) e Oleg Mandic (anche lui uno degli oltre 200.000 bambini internati ad Auschwitz-Birkenau) hanno portato la testimonianza di quanto vissuto nel lager nazista.

Infatti, un forte impatto emotivo hanno gli incontri con persone che vissero quei tragici fatti e soprattutto le testimonianze dei sopravvissuti ai campi di sterminio o dei familiari di vittime delle persecuzioni. Ma nelle scuole possono essere organizzati momenti di riflessione anche tramite l’ausilio di testi storici e/o letterari che rimandano a quei tragici eventi, magari semplicemente attraverso la lettura in aula, ad esempio, di alcune pagine de “Il diario di Anna Frank” o dei versi introduttivi del romanzo “Se questo è un uomo” di Primo Levi, sopravvissuto alla deportazione nel campo di concentramento. L’importante è non far cadere nel silenzio il ricordo del genocidio nazista e le riflessioni sulle complicità.

Le falsità di “revisionisti” e “negazionisti” e preoccupanti segnali in Italia e Europa

Partendo dalla considerazione che “chi non conosce il passato è condannato a ripeterlo”, il ricordo dell’Olocausto rappresenta un monito per il presente ed il futuro (in un periodo in cui si diffondono tentativi di “revisionismo” e addirittura di “negazionismo” che tendono a falsificare la drammatica storia che caratterizzò il periodo antecedente la II guerra mondiale, la Shoah, la Resistenza in Italia e in Europa: ecco l’importanza dello studio della storia e detto per inciso sono molto contento che il tema di storia sarà una delle tracce obbligatorie della tipologia B, quella del testo argomentativo, agli esami di Stato) e permette di far maturare nei giovani un’etica della responsabilità individuale e collettiva, dando un contributo alla promozione di una cittadinanza attiva e consapevole ed alla realizzazione di una pacifica convivenza.

In Europa si avvertono segnali preoccupanti (ma anche in altre parti del mondo, recentemente in America latina hanno ricominciato ad affermarsi governi autoritari e reazionari), anche attraverso la formazione di forze politiche di estrema destra, ma addirittura una sorta di “centrale europea dei movimenti xenofobi e razzisti”: sul sito “LiveSicilia” abbiamo letto nello scorso mese di novembre di un “raduno internazionale, la ‘Conferenza nazionalista’ di Lisbona, in cui si sono riuniti altri esponenti europei legati a movimenti xenofobi e razzisti. L’obiettivo era quello di creare un’alleanza transnazionale tra i movimenti d’ispirazione nazionalsocialista di Portogallo, Italia Francia e Spagna”.

E poi casi inquietanti di rigurgiti nazi-fascisti, relativi ad azioni violente, arsenali con armi, progetti di attentati, documenti e reperti di chiara matrice nazi-fascista, aberranti dichiarazioni antisemite, da Nord a Sud.

Sottovalutato lo “squadrismo” fascista?

L’impressione è che da più parti vengano sottovalutati episodi di “squadrismo” fascista. In tal senso l’anno è iniziato malissimo: poco dopo la mezzanotte di Capodanno si è registrata a Venezia un’aggressione all’ex deputato Arturo Scotto intervenuto per invitare alcuni giovani neofascisti a smetterla con i cori vergognosi contro Anne Frank, con frasi che inneggiavano al duce: per tutta risposta prima il “saluto romano” con il braccio teso, poi spinte, calci e  pugni cadenzando ogni colpo l’urlo “duce! duce!”. Infine, prima di scappare vigliaccamente coprendosi il volto, il “branco” (erano una decina, si fanno forti di questo) hanno aggredito e “pestato” un ragazzo ventenne che coraggiosamente era intervenuto da solo (gli altri accanto dormivano?!) per difendere Scotto.

Ma i casi sono purtroppo tanti e l’estremismo di destra cerca di inserirsi in molti ambienti soprattutto giovanili (gli esempi, anche recenti, nel mondo del calcio, con l’infiltrazione nelle curve in particolare di alcune tifoserie, ne sono una testimonianza).

Proprio in questi giorni c’è stato l’episodio di Mondovì: la scritta “Juden hier” (“Qui c’è un ebreo”) è comparsa (come avveniva nelle città tedesche durante il nazismo) sulla porta di un’abitazione, quella di Aldo Rolfi, figlio di Lidia, partigiana internata nel campo di concentramento Ravensbruck. Il sindaco della cittadina piemontese peraltro condannando ovviamente il gesto criminale e vile, definendolo “un atto gravissimo e vergognoso”, ha ricordato come Mondovì, in provincia di Cuneo, sia “Città Medaglia di Bronzo al Valor Militare nella Guerra di Liberazione”.

La scritta è apparsa dopo che Aldo è intervenuto su un giornale locale per ricordare sua madre. “Al di là della patente ignoranza – Lidia è stata una deportata politica – è uno dei molti segnali che ci dovrebbero fare alzare la voce per ricordare a tutti che essere antifascisti è il primo dovere della memoria che abbiamo” ha commentato lo storico Bruno Maida che con Lidia Rolfi ha scritto diversi libri sulla deportazione, l’ultimo nel 1996.

La mostra “Shoah, l’infanzia rubata” ed altre iniziative sul Giorno della memoria

Ma concludiamo con qualcosa di meno “truce”, ricordando che sono state e saranno ancora molte le iniziative nel contesto del “Giorno della memoria”.

Ne segnaliamo due a Roma: lunedì 27 gennaio, alle ore 16.00, presso la Casina dei Vallati, sede della Fondazione Museo della Shoah (Via del Portico d’Ottavia 29), si inaugura la mostra “Shoah. L’infanzia rubata”, che sarà visitabile fino al 24 luglio 2020. L’esposizione ripercorre idealmente la negazione dei diritti fondamentali dei bambini ebrei in tutta Europa durante gli anni della persecuzione nazi-fascista.

Il 30 gennaio, alle ore 15.30, avrà luogo il convegno “La Sapienza chiede scusa. Leggi razziali, la scuola e l’accademia: riflessioni e testimonianze”, organizzato presso l’edifico della facoltà di giurisprudenza dell’Università “La Sapienza” di Roma, con il patrocinio della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Infine, per quanto riguarda la scuola ricordiamo che è prevista la premiazione degli istituti scolastici proclamati vincitori del concorso “I giovani ricordano la Shoah”, promosso dal Miur in collaborazione con l’Ucei e rivolto agli alunni al fine di approfondire studi e ricerche.

Pensioni, riscatto laurea a 5.260 euro per ogni anno di studi: a tanti docenti l’agevolazione Inps non conviene

da La Tecnica della Scuola

È quindi pari a 5.260 euro per ogni anno di studi universitari il costo che un dipendente è chiamato ad affrontare per riscattare il diploma di laurea, in modo da maturare i 42 anni e 10 mesi (per gli uomini) o i 41 e 10 mesi (per le donne) ad un’età inferiore ai 67 anni: a seguito dell’approvazione della Legge di Bilancio 2020, lo ha fatto sapere l’Inps, con la Circolare n. 6 del 22 gennaio scorso, attraverso la quale si evince che non vi saranno limiti di età per accedere allo “sconto”.

Cosa dice la Circolare Inps

Interpretando il linguaggio fortemente tecnico-burocratico dell’istituto di previdenza, si scopre ora che il riscatto (pagabile in un’unica soluzione o in 120 rate mensili, che va anche detratto per il 50% dell’importo tramite la dichiarazione dei redditi) sarà aperto a tutti i lavoratori iscritti all’Inps, mentre non sono ritenute utili per l’accesso al beneficio ,e iscrizioni alle casse previdenziali private.

La novità, rispetto al decreto analogo del 29 gennaio 2019, come già da noi scritto, è che cadono il vincolo di età e la soglia del 1996: potranno fare domanda di riscatto, nel 2020, anche gli under 45 e coloro che hanno iniziato a lavorare (quindi a versare contributi all’Inps) dopo il 1996.

“Ora – conferma Il Corriere della Sera -, la circolare dell’Inps ha chiarito che il riscatto agevolato non ha più il limite di età anagrafico dei 45 anni e comprende anche gli anni precedenti al 1996. I lavoratori che hanno maturato meno di 18 anni di contributi al 1995 possono così optare per la liquidazione della pensione con il sistema contributivo, purché abbiano almeno 5 anni di contributi versati con questo sistema (articolo 1, comma 23, legge 335/1995) e applicare all’intera carriera il metodo introdotto dalla Riforma Dini”.

I beneficiari: no agli anni fuori corso

“A essere interessati dal nuovo chiarimento sul «riscatto light» – continua il quotidiano milanese – sono tutti coloro che hanno conseguito un diploma di laurea (o titolo equiparato), sia che siano in attività sia che siano disoccupati. Ma attenzione: così come il riscatto può riguardare anche solo una parte degli anni del percorso di studio universitario, restano comunque esclusi gli anni fuori corso” di laurea.

Quindi, un lavoratore che per laurearsi ha speso sei anni, mentre il suo corso di laurea ne prevedeva solo quattro, potrà chiedere di riscattare non più di un quadriennio di studi accademici.

Se poi in quei quattro anni ha anche svolto dei periodi di lavoro, quindi risulta già coperto a livello previdenziale, quei periodi non vanno considerati: se complessivamente mentre studiava all’Università è stato occupato 10 mesi, ad esempio, potrà riscattare soltanto tre anni e due mesi, anziché quattro anni.

Opportunità da verificare

L’opportunità che l’Inps dà ai lavoratori interessati ad accumulare periodi di contribuzione previdenziale va valutata inoltre con molta attenzione, soprattutto dal personale della scuola.

In particolare, debbono fare un mero confronto, tutti quei docenti che hanno presentato domanda di riscatto della laurea al momento dell’immissione in ruolo, se non addirittura durante il periodo di precariato.

Qualora fossero passati diversi anni, anche decenni, è bene che i docenti prima di reputare vantaggioso il sistema oggi proposto dall’Inps, vadano verificare l’entità del riscatto chiesto alla propria amministrazione scolastica: quella somma, infatti, rimane ancorata allo stipendio risalente alla data di presentazione della domanda.

Per i docenti conviene? Dipende

Quindi, ne consegue che chi ha presentato domanda di riscatto 20 anni fa (considerando che c’era ancora la lira) pagherebbe cifre di riscatto più basse rispetto agli oltre 5 mila euro chiesti oggi dall’Istituto di previdenza per ogni anno di laurea da farsi riconoscere.

Un discorso diverso va invece fatto per chi non ha mai presentato la domanda di riscatto della laurea: farlo oggi o nei prossimi mesi, comporterebbe l’esborso all’Inps di somme decisamente più alte dei 5.260 euro l’anno chiesti oggi dall’istituto previdenziale.

In questi casi, per chi percepisce una busta paga sui 2 mila euro netti, come quella di un insegnante della secondaria a fine carriera, per una laurea quinquennale (come quella di Ingegneria o Architettura), l’Inps potrebbe arrivare a chiedere una cifra vicina ai 50 mila euro.

Organi collegiali della scuola: mezzo secolo per riformarli

da La Tecnica della Scuola

Poco meno di un anno fa il Consiglio dei Ministri approvava un disegno di legge finalizzato alla emanazione di norme per la semplificazione e la codificazione in materia di scuola e università.
Il provvedimento fu depositato al Senato dove è tuttora fermo e dove, anzi, non è ancora stato calendarizzato.

Modifiche al TU del 1994

Nel concreto il provvedimento prevede l’adozione di una legge delega che dovrebbe consentire al Governo di emanare specifici decreti legislativi per la revisione del Testo unico sull’istruzione risalente al 1994 e cioè a più di un quarto di secolo fa.
D’altronde, si legge nella relazione introduttiva della proposta del Governo, il TU del 1994 “non risulta più coerente con la legislazione vigente, a seguito dei numerosi interventi di riforma in materia di istruzione e di pubblico impiego”.
Infatti, spiegano gli estensori della delega, “si registrano antinomie giuridiche dovute al mancato coordinamento con gli interventi, anche d’urgenza, che si sono succeduti nel tempo, a cui non è seguita un’armonizzazione della disciplina”.
“In particolare – si legge ancora – il testo unico non è in larga parte allineato né con l’introduzione dell’autonomia, a cui è conseguito un nuovo assetto istituzionale, ordinamentale e amministrativo, e con la sua costituzionalizzazione, né con la ripartizione delle competenze tra Stato e regioni a seguito dell’approvazione della riforma del titolo V della parte seconda della Costituzione”. 

I tentativi di riformare gli organi collegiali

Per la verità non da oggi si parla di riscrivere il testo unico dell’istruzione che contiene disposizioni di molto antecedenti agli anni ’90: l’intero “capitolo” sugli organi collegiali, per esempio, risale al 1974, anno in cui vennero approvati i cosiddetti “decreti delegati”.
Nel corso degli anni i tentativi di mettere mano ai vecchi decreti del ’74 si sono succeduti senza nessun risultato; a metà degli anni ’90 venne anche approvata una legge che prevedeva il riordino dell’intera materia e che, in attesa di nuove regole, prorogava gli organi collegiali esistenti, ad esclusione dei consigli provinciali e di quelli distrettuali che vennero di fatto soppressi.
Tanto che per più di 15 anni lo stesso Consiglio nazionale della Pubblica Istruzione operò in regime di “prorogatio” fino a che il Consiglio di Stato non impose al Ministero di aprire le procedure per le elezioni del nuovo organo previsto dalla legge, il CSPI (Consiglio superiore della pubblica istruzione).
Difficile dire se questo nuovo tentativo potrà andare in porto.

I tempi di approvazione

Per il momento, comunque, il disegno di legge è fermo al Senato e, se anche l’esame dovesse prendere avvio subito, ci vorrebbero almeno 6 mesi per vederne la conclusione.
Diciamo che, nella migliore delle ipotesi, potrebbe diventare legge durante l’estate. A quel punto inizierebbe il percorso per la stesura dei decreti delegati che per la quale il Governo avrà tempo esattamente 24 mesi (lo prevede proprio il disegno di legge stesso).
In conclusione nel 2022 potrebbero arrivare le nuove regole che, per essere applicate, potrebbero necessitare anche di qualche decreto ministeriale applicativo.

In definitiva, il nuovo Testo Unico potrebbe essere operativo a partire dal 2023/24, giusto in tempo per le “celebrazioni” del 50° anniversario dei mitici “decreti delegati” del 1974 previsti appunto da una legge delega dell’anno precedente.
Forse non sarebbe male ricordare che 50 anni è esattamente il tempo trascorso dalla Guerra di Libia agli anni del boom economico o, se si preferisce, dalla fine della seconda guerra mondiale agli anni di Tangentopoli o ancora dalla “Breccia di Porta Pia” alla fine della “Grande Guerra” (per la verità in questo caso si tratta solamente di 48 anni).

Insomma, nella scuola italiana anche le riforme più banali necessitano di tempi storici, quasi biblici.

Nota 27 gennaio 2020, AOODGEFID 1403

Ministero dell’Istruzione
Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e di formazione Direzione generale per i fondi strutturali per l’istruzione, l’edilizia scolastica e la scuola digitale

Alle Istituzioni scolastiche ed educative
c.a. Dirigenti scolastici
E, p.c. Agli Uffici scolastici regionali
c.a. Direttori Generali
LORO SEDI

OGGETTO: Osservatorio per la scuola digitale. Anno scolastico 2019-2020. Azione #33 del Piano nazionale per la scuola digitale.

Nota 27 gennaio 2020, AOODGOSV 1269

Ai Direttori generali e ai Dirigenti preposti agli Uffici scolastici regionali LORO SEDI
All’Intendente Scolastico della provincia di BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua tedesca BOLZANO
All’Intendente Scolastico per la scuola in lingua località ladine BOLZANO
AI Dirigente del Dipartimento Istruzione per la Provincia di TRENTO
AI Sovrintendente agli studi della Valle D’Aosta AOSTA
Ai Dirigenti Scolastici delle Scuole secondarie di secondo grado Statali e Paritarie LORO SEDI
E p.c. AI Capo Dipartimento per il sistema educativo di istruzione e formazione SEDE

Oggetto: Premio Nazionale sull’Innovazione Digitale 2019-2020 – Anitec-Assinform


Giorno della Memoria

Con la Legge 211/00 la Repubblica italiana riconosce il giorno 27 gennaio, data dell’abbattimento dei cancelli di Auschwitz, Giorno della Memoria, al fine di ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonche’ coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati.


Giorno della Memoria, la Ministra Azzolina:
“Al Ministero una Commissione per lo studio della Storia”

Al Quirinale premiate le scuole
vincitrici del concorso nazionale I giovani ricordano la Shoah

Al Ministero dell’Istruzione sarà istituita una Commissione per la didattica della Storia. Lo ha annunciato questa mattina la Ministra Lucia Azzolina nel corso della celebrazione per il Giorno della Memoria che si è tenuta al Quirinale alla presenza del Capo dello Stato Sergio Mattarella.

“Oggi ripercorriamo eventi che hanno dolorosamente segnato la nostra storia. Ma solo ricordando ciò che è stato possiamo, tutti insieme, evitare che l’orrore si ripeta. Alla scuola spetta il compito di aiutare i ragazzi, che sono le nuove generazioni, il nostro futuro, a coltivare la memoria. Per questo ho dato mandato di istituire una Commissione al Ministero dell’Istruzione sullo studio e sulla didattica della storia, in onore di Liliana Segre e in dono ai nostri studenti. Sarà guidata dallo storico Andrea Giardina. Dobbiamo far sì che i nostri giovani, studiando il passato, possano costruire un futuro migliore. La scuola è l’arma più potente da opporre a ogni possibile rigurgito di odio, a ogni forma di negazionismo”. Così la Ministra Lucia Azzolina che, insieme al Presidente Sergio Mattarella, ha anche premiato le nove scuole che si sono distinte nel concorso I giovani ricordano la Shoah. Alla premiazione è intervenuta la Presidente dell’Unione delle Comunità Ebraiche Italiane (UCEI), Noemi Di Segni.

Il concorso – alla sua 18esima edizione – è bandito annualmente dal Ministero dell’Istruzione sotto l’Alto Patronato del Presidente della Repubblica e con la collaborazione dell’UCEI. L’iniziativa è rivolta agli alunni delle Scuole primarie e secondarie e promuove progetti e iniziative didattiche con l’obiettivo di un approfondimento e una riflessione tra i banchi sulla Shoah.

LE SCUOLE PREMIATE

Il premio per il miglior lavoro è stato assegnato all’Istituto di Istruzione Superiore “Giovanni Paolo II” di Maratea (Potenza) con l’opera Il suono di Terezin: un asse centrale, costituito da una sagoma metallica, raffigurante un violoncello suonato da una figura dal viso ignoto. Con il violoncello a simboleggiare la possibilità che l’arte possa aiutare a ritrovare la propria identità. Menzione speciale è stata attribuita alle Scuole Polacche presso l’Ambasciata della Repubblica di Polonia di Roma, con gli studenti che hanno realizzato due film dedicati all’arte nei campi di concentramento e di sterminio nazisti (Essere nel non essere. L’arte nei campi di concentramento e Fuori le mura). Tra i lavori dei 9 vincitori si è distinto l’Istituto Comprensivo “Zanotto-Pascoli” di Polcenigo (Pordenone) con il progetto Scacco Matto: gli alunni hanno progettato una scacchiera con le foto di persone discriminate negli anni ’30, ’40, fino ai giorni nostri. Hanno puntato sulle biografie dei campioni della memoria, dagli atleti italiani ai calciatori, passando da Arpad Weisz a Gino Bartali, gli alunni dell’Istituto Comprensivo “Gianni Rodari” di Palagiano (Taranto). Il riconoscimento è andato al progetto Vite in Gioco. Dallo sport hanno preso spunto anche gli alunni dell’Istituto Comprensivo “San Vendemiano” (Treviso). Sono stati premiati con il lavoro dal titolo Il razzismo nello sport dagli anni ’30 del XX secolo ai nostri giorni: un album materico da cui emergono le figure di atleti e sportivi che hanno attraversato gli ultimi cento anni di storia. Goethe a Dachau è il progetto dell’Istituto di Istruzione Superiore “Leonardo Da Vinci” di Civitanova Marche(Macerata): un’opera a più voci, in cui sono state tradotte dal tedesco, dal francese e dal polacco le liriche ritrovate in vari campi di concentramento. Liriche ancora inedite in italiano.

Gli studenti dell’Istituto Magistrale Statale “Regina Margherita” di Palermo hanno invece ricreato, in modo performativo, la tragicità di un campo di concentramento, basandosi su una coreografia del compositore Luigi Nono col progetto tratto dall’omonima opera Ricorda cosa ti hanno fatto in Auschwitz. E ancora, l’Istituto “Gramsci-Pascoli” di Noicottaro (Bari) ha riprodotto 55 pietre d’inciampo, sulla base del lavoro dell’artista Gunter Demnig (progetto Pietre d’inciampo: per le strade del mondo). Così come l’Istituto Comprensivo “Avigliano Centro”, di Avigliano (Potenza) che ha modellato 100 pietre d’inciampo, ognuna grande quanto una Stolperstein, per raccontare la storia di Sara Simon Gesses (progetto La pietra di Sara) memoria ad una bambina rimasta per sempre bambina.



Giornata della Memoria. Lunedì 20 gennaio a Milano la testimonianza agli studenti di Liliana Segre. Presente anche la Ministra Lucia Azzolina

In occasione delle celebrazioni della “Giornata della Memoria”, lunedì 20 gennaio, al Teatro degli Arcimboldi di Milano, la Ministra Lucia Azzolina prenderà parte all’evento che darà voce alla testimonianza, rivolta in particolare agli studenti, della Senatrice a vita Liliana Segre. L’iniziativa prenderà il via alle 10.30.

“In un momento storico in cui la voce dei sopravvissuti si va inevitabilmente affievolendo, dobbiamo lavorare tutti insieme per non disperdere la memoria di ciò che è stato. E alimentarla con una profonda conoscenza storica”. Sono le parole che la Ministra Azzolina ha rivolto a tutti gli studenti e docenti degli istituti scolastici italiani in una lettera che invita le scuole a seguire in diretta streaming la testimonianza della senatrice Segre.

“Vi scrivo come Ministra, ma anche come docente di Storia e Filosofia: attraverso lo studio dobbiamo comprendere le ragioni profonde che portarono allo sterminio nei campi di concentramento. Dobbiamo farlo per evitare che tutto ciò si ripeta”, ha spiegato Azzolina.

L’evento, organizzato dall’Associazione “Figli della Shoah”, rientra nel lungo percorso di cerimonie, iniziative, incontri e momenti comuni di narrazione dei fatti e di riflessione che ha l’obiettivo di rendere onore alla Memoria di tutte delle vittime della Shoah e delle persecuzioni razziali.

L’incontro con la senatrice Liliana Segre e la Ministra Lucia Azzolina potrà essere seguito in diretta sul sito del Corriere della Sera www.corriere.it , partner dell’iniziativa, e sul sito del Ministero dell’Istruzione, www.miur.gov.it.