Scontro aperto sulle sanzioni

da ItaliaOggi

Scontro aperto sulle sanzioni

I sindacati rivendicano la libertà di insegnamento

Carlo Forte

È scontro aperto tra sindacati e Aran sulle sanzioni disciplinari dei docenti. L’Aran vorrebbe estendere anche ai docenti la possibilità di essere sospesi dai dirigenti. Ma i sindacati sono contrari perché ciò metterebbe a rischio la libertà di insegnamento e anche perché ai docenti si applicherebbero disposizioni diverse da quelle del resto del pubblico impiego. La posizione che l’agenzia per la rappresentanza delle pubbliche amministrazioni ha esposto al tavolo negoziale riporta quella del ministero dell’istruzione.

Secondo i tecnici del dicastero di viale Trastevere, come confermato nel corso di una interlocuzione con Italia Oggi, non sarebbe vero che se il contratto prevedesse una sanzione sino a dieci giorni, da comminare a cura del dirigente scolastico, questo sarebbe in contrasto con la legge Madia e quindi da disapplicare, in quanto modificazione del Testo unico scuola. Infatti la legge Madia, prosegue viale Trastevere, assegna esplicitamente ai contratti collettivi nazionali di lavoro il potere di definire le tipologie delle sanzioni e delle infrazioni disciplinari, anche derogando alla legge vigente. In altre parole, sempre secondo il ministero dell’istruzione, sebbene il decreto legislativo 297/94 (cosiddetto testo unico) preveda per i docenti la sanzione della sospensione dall’insegnamento fino a 30 giorni (più diverse sanzioni accessorie) la contrattazione collettiva avrebbe il potere di derogare tale decreto introducendo nuove sanzioni sospensive.

Come per esempio quella della sospensione fino a 10 giorni. Sanzione, quest’ultima, che rientrerebbe nella competenza dei dirigenti scolastici per effetto del decreto legislativo 165/2001. Mentre oggi, secondo il costante orientamento della giurisprudenza, non possono farlo perché la sospensione fino a 10 giorni non è prevista per i docenti, ma solo quella fino a un mese che eccede la loro competenza.

Due le tesi contrarie a questa posizione che è stata assunta anche dall’Aran argomentate dai sindacati nel corso delle trattative. La prima si fonda sul fatto che se venisse assegnato al dirigente scolastico il potere di sospendere i docenti, la relativa disciplina risulterebbe in contrasto con il principio della libertà di insegnamento previsto dall’articolo 33 della Costituzione. La seconda, invece, farebbe riferimento alla gerarchia delle fonti. Il decreto legislativo 297/94 (il testo unico della scuola) si collocherebbe in rapporto di specialità rispetto al decreto legislativo 165/2001 e ciò precluderebbe al tavolo negoziale la possibilità di introdurre nuove sanzioni. Perché la legge speciale (in questo caso il decreto legislativo 297/94) nella gerarchia delle fonti prevale sulla legge generale. E cioè sul decreto legislativo 165/2001 che incorpora anche il decreto Madia.

Pertanto, qualora il nuovo contratto dovesse prevedere la sanzione della sospensione fino a 10 giorni anche per i docenti, il testo unico della scuola, prevalendo sul decreto Madia, renderebbe la sanzione della sospensione fino a 10 giorni inapplicabile. E la clausola negoziale che dovesse prevederlo risulterebbe nulla. Ce n’è abbastanza, dunque, per continuare ad ingolfare le sezioni lavoro dei tribunali. Oltre tutto, se la tesi del ministero dell’istruzione dovesse prevalere, il rischio che si corre è quello di continuare a lasciare impuniti eventuali illeciti disciplinari anche gravi.

Se le relative sanzioni venissero impugnate davanti ai giudici, infatti, le tesi espresse al tavolo negoziale dai sindacati, abilmente argomentate da un buon avvocato, potrebbero indurre ai giudici ad annullare le sanzioni già nella fase delle eccezioni procedurali. Ecco i motivi. Una lettura costituzionalmente orientata del decreto Madia non può prescindere dal fatto che la Costituzione è entrata in vigore nel 1948. Al suo interno vi è una norma la quale prevede che tutti i cittadini hanno diritto ad essere giudicati da un giudice terzo ed imparziale. E all’epoca in cui entrò in vigore la Costituzione le sospensioni dei docenti non erano di competenza dei capi di istituto, ma di un consiglio di disciplina presieduto da un giudice togato (per i maestri si veda il r.d.l. 2163 del 21 novembre 1938 e per i professori il r.d.1054/1923). I Padri costituenti, dunque, quando parlavano della necessità della terzietà e imparzialità del giudice, facevano riferimento non solo al giudizio civile e penale, ma anche al giudizio disciplinare. Ciò anche in considerazione della necessità di garantire la libertà di insegnamento a tutti i docenti.

Pertanto, se l’intenzione del legislatore è proprio quella di cancellare il principio di terzietà e imparzialità nel giudizio disciplinare dei docenti, il decreto Madia potrebbe essere incostituzionale. Va detto, inoltre, che il rischio di comprimere la libertà di insegnamento, dando ai dirigenti il potere di sospendere i docenti, è stato messo in evidenza a suo tempo anche dallo stesso ministero dell’istruzione nella circolare 88/2010.

Quanto alla questione della prevalenza del testo unico sul decreto Madia, anche tale tesi non sembrerebbe priva di pregio secondo le sigle sindacali, Il diritto punitivo, infatti, è tassativo. Il principio di tassatività, peraltro, discende dall’articolo 25 della Costituzione, Attualmente, l’unica legge che prevede le sospensioni per i docenti è il decreto legislativo 297/94. Va detto, inoltre, che mentre le norme sul procedimento disciplinare contenute nel decreto 297/94 sono state espressamente abrogate dal decreto Brunetta, quelle sulle sanzioni non hanno subito alcuna modifica. Va da sé che l’intenzione del legislatore sia stata quella di mantenerle in vita così da continuare ad applicarle. Queste norme, peraltro, essendo previste solo per i docenti sono, per loro natura, norme speciali. E siccome «le norme speciali derogano alla normativa generale per esigenze legate alla natura stessa dell’ambito disciplinato (Corte di cassazione, sentenza 15 dicembre 2011, n. 27041)», eventuali docenti sospesi dai dirigenti avrebbero gioco facile in giudizio a far dichiarare nulla la sanzione. Il risultato sarebbe l’impunità generale e forti danni per l’erario costretto a pagare le spese della soccombenza. Il decreto legislativo 165/2001, che contiene anche le norme disciplinari del decreto Madia, vale infatti per tutto il pubblico impiego. E quindi è una norma generale. Mentre il decreto legislativo 297/94, che contiene le norme sulle sospensione dei docenti, vale solo per i docenti e ciò fa sì che sia una norma speciale.

Uno scontro, come si vede, di posizioni tra ministero e sindacati tutto in punta di diritto che il tavolo dell’Aran dovrà risolvere.