Finalmente Marco Rossi Doria…

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Finalmente Marco Rossi Doria…

di Cinzia Mion

Con questo mio contributo-lettera, indotto da un articolo del sottosegretario Marco Rossi Doria,  intendo rispondere all’Onorevole Aprea (intervenuta l’autunno scorso  alla tavola rotonda organizzata dall’A.N.DI.S. a Torino nel convegno per i 150 anni dell’unità d’Italia) e ad interventi continui e pressanti che dal 2008 (data di insediamento della Ministra Gelmini) ascrivono la decadenza della scuola italiana al pensiero di don Milani e al 68 studentesco. Quest’ultimo perchè quanto alle osservazioni del famoso prete di Barbiana ha fatto opportunamente da cassa di risonanza.

Io c’ero.

Sia l’uno che l’altro non sono stati quello che la propaganda denigratoria vuol far credere. Attraverso la denuncia cruciale della valutazione scolastica , veicolo allora di emarginazione e selezione, hanno incarnato la prima domanda autentica di educazione democratica per un Paese appena uscito dalla dittatura.

Ma andiamo per ordine:

–          l’Onorevole Aprea alla tavola rotonda ebbe a dire “che ormai la scuola ha terminato il suo compito di inclusione, ora è il tempo del merito”.

–          Gelmini,  Sacconi, Tremonti  ed altri ministri del passato governo più volte hanno attaccato la scuola del “non uno di meno” a volte perfino sbeffeggiando chi in quella scuola ha creduto per 50 anni e più.

Il 3 maggio finalmente Marco Rossi Doria,  con un bellissimo articolo sulla Stampa,  rimette in ordine fatti, idee, valori,  etica pubblica e aspettative positive per il Paese.

Grazie sottosegretario, grazie per aver ridato valore alla  speranza di poter riattivare una scuola democratica ed inclusiva,  per aver dato riconoscimento a tutte le estati passate alla scuola estiva del Movimento di Cooperazione Educativa ( prima ad imparare poi ad insegnare),  scuole guidate in tempi lontani da Lidia Tornatore, Tullio de Mauro, Bruno Ciari,  Alberto Alberti, e tanti altri amici ed amiche che hanno messo a disposizione durante tutti questi anni, da allora in poi , la loro competenza e passione, per tradurre concetti ed alfabeti in attività pratiche e competenze accessibili a tutti,  per una scuola che potesse sempre promuovere le potenzialità di ciascuno, senza escludere nessuno.  Inventare materiali strutturati e non,  costruire schede, ideare didattiche operative semplificanti concetti difficili, realizzare laboratori di vissuto corporeo ed emotivo attraverso i quali dare senso alla cooperazione per la concretizzazione della scuola adatta a tutti : ecco il progetto che ha sostenuto la meravigliosa utopia che nessuno deve più osare infangare.

Era la famosa “didattica del fare” di C.Freinet che oggi la scoperta dei neuroni specchio riconosce in tutta la sua validità.

Senza mai indulgere alla demotivazione, senza mollare,  resistendo a tutte le fatiche, attacchi,  controriforme;dando spessore a quelle pratiche e tecniche, ante litteram, che hanno portato avanti con umiltà, perseveranza e “desiderio appassionato” quelle che oggi chiameremmo le  varie comunità di pratica, all’interno delle quali l’expertise di qualcuno si è sempre mescolata con l’enfasi dei novizi,  contagiati dallo  stesso fervore  psicopedagogico in cui alla fine tutti imparavano e tutti insegnavano.

Grazie,  sottosegretario,  per aver ridato nobiltà e il giusto peso e riconoscimento a don Milani che raccomandava che “la scuola non diventasse un ospedale che accoglie i sani e respinge gli ammalati”,  come sta avvenendo invece ancora oggi attraverso una dispersione scolastica che al posto di diminuire aumenta.

A tale proposito lei afferma “Benchè siamo ben consapevoli che il non riuscirci , oltre a essere una minaccia alla coesione sociale, ci priva di enormi risorse umane capaci di azioni positive, un fatto che condiziona la stessa crescita economica. Perciò: l’agenda politica, le scelte nella revisione delle spese e degli investimenti pubblici deve tener conto innanzitutto di questa questione.”

Mai osservazione , caro sottosegretario,  è stata più pertinente e tempestiva. Ma chi deve sentirla e farne tesoro?

Ma non voglio farmi troppo facilmente accusare di inguaribile nostalgia, da parte i chi usa un giudizio malevolo e  liquidatorio. Allora auspichiamo insieme  il rimaterializzarsi di una scuola che costituisca “un luogo salvo, una zona franca, una chance dove curare – nel bel mezzo delle devastazioni – le ferite sociali ed emotive”

Il tutto però, con estrema attualità, alla luce delle conoscenze dovute alle neuroscienze,  ai risultati della comunità scientifica che ci aggiornano sulla psicologia dell’apprendimento scolastico,  agli ausili delle tecnologie : contributi che non avevamo a disposizione negli anni settanta!

Ed ora veniamo alla questione del merito. Cara Aprea, chi dice che la scuola debba obbedire alla vecchia logica binaria della cultura della linearità : o inclusione o merito? Oggi possiamo continuare a lavorare per l’inclusione (finalità nobile e costituzionale della scuola statale che non significa solo includere i diversamente abili ma” tutti” i soggetti)) ed anche curare il cosiddetto merito. Siamo infatti all’interno del paradigma della complessità che ospita la multilogica.

A patto che non confondiamo il “merito” con la “selezione” come ci inviterebbe invece a fare il recente regolamento gelminiano sulla valutazione, che ha ripristinato nella scuola dell’obbligo i voti numerici su scala decimale.

L’ attenzione alla scuola delle pari opportunità però richiede tempo, risorse personali ed economiche anche per la formazione dei docenti e , perché no,  anche dei dirigenti,  per cui devono essere previste competenze adeguate, anche psicopedagogiche,  ed organizzazioni scolastiche, da  governare ed ottimizzare, che non possono essere bulimiche.

Il disegno che si sta materializzando invece sotto i nostri occhi è quello di  premiare pochi superdirigenti  per una scuola che sta andando verso una deriva sempre più elitaria (ed in fondo ineludibilmente classista) per cui per “scremare le eccellenze” non servono particolari competenze docenti o dirigenziali di spessore psicopedagogico, basta far funzionare l’azienda secondo parametri solo di “efficienza” ma non di efficacia ( se questa si misura dalla riduzione della dispersione).

Grazie Marco Rossi Doria per farci ancora sognare ma è tempo di dare ai sogni la possibilità di avverarsi.