da La Stampa
“Multiforme”, “geniale”, “sotterraneo”. Umberto Eco visto dai ragazzini
Umberto Eco non è noioso, è «multiforme», è «geniale», «sotterraneo». I 150 ragazzi di sette scuole superiori della provincia di Alessandria che per primi si sono confrontati in un concorso studentesco dedicato al grande semiologo a due anni dalla morte non hanno dubbi sulla sua profondità e capacità espressiva. Ma non ne sono nemmeno tanto intimoriti: affrontano le 31 tracce del saggio da scrivere, penna nera sul classico foglio protocollo a righe, con la consapevolezza di chi ha fronteggiato (almeno) dieci letture di altrettanti libri dell’alessandrino più illustre, si è arricchito cercando le sue pagine più pungenti sul web e ha letto di lui su altri volumi e sui giornali, dove appariva spesso.
«Il modo migliore per ricordare Eco è essere qui, partecipare a questo concorso» confermano i ragazzi nell’aula del liceo classico Plana, la scuola che lui ha frequentato e amato, in cui affrontano la prova. Quattro ore concentrati su Baudolino, Il nome della rosa, Diario minimo. «Per ricordarlo è giusto leggerlo, capirlo. Mantenere viva la memoria delle sue opere». «È dissacrante: ha distrutto delle certezze e non si è mai limitato a studiare ma ha sempre cercato di criticare quello di cui si è occupato». «Un grande cultore della lingua italiana, fondamentale per le nuove generazioni», come dire che sarebbe stato bello averlo seduto lì in cattedra, a bacchettare tutti gli «esatto» e i «cioè», a incitare l’utilizzo delle parole giuste, perché l’italiano è ricco di sinonimi. «Bisogna leggerlo, leggerlo e leggerlo», dicono quasi in coro i diciottenni che oggi si affastellano nei corridoi del Plana, dove lui si è formato.
Una delle tracce – pensate dai professori della Società alessandrina di Italianistica, Unitre di Alessandria, Amici del Plana, Fondazione Francesca e Pietro Robotti – era proprio sulla lettura e su una delle citazioni più note: «Chi non legge, a 70 anni avrà vissuto una sola vita: la propria. Chi legge avrà vissuto 5000 anni: c’era quando Caino uccise Abele, quando Renzo sposò Lucia, quando Leopardi ammirava l’infinito… Perché la lettura è una immortalità all’indietro». Sbirciando sui fogli dei ragazzi, si scopre che «la massima di Eco non è così dissimile dalle considerazioni di Seneca», e che «le opere di Eco ci permettono di deporre i nostri panni e vestire quelli medievali, dialogare con Barbarossa, sederci insieme a Baudolino, viaggiare, innamorarci di una creatura mitica». È Eco stesso a «darci l’immortalità». In un altro saggio – si parla della volontà di Eco di non autorizzare convegni fino a 10 anni dalla morte – uno studente sostiene: «Eco non temeva l’oblio, la caduta nella buia voragine della memoria. E infatti continua a vivere nei ricordi della sua famiglia, nei saggi e nei libri, tra i muri del liceo Plana e per le strade di Alessandria, sulle labbra di insegnanti e studenti». Anche sui fogli protocollo.