I criteri di valore di un’istituzione scolastica

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I criteri di valore di un’istituzione scolastica

di Rita Manzara

 

E’ di questi giorni la notizia relativa all’indicazione da parte di alcune Istituzioni scolastiche, attraverso la pubblicazione del RAV sul Portale “Scuola in chiaro”, della presenza – come punto di forza – di un’utenza non connotata da problematiche personali e/o sociali.

Oltre a condividere il dissenso espresso in prima persona dal Ministro FEDELI, sembra necessario chiedersi l’origine di tale fenomeno, che porta a riflettere su un sistema di valori.

Va innanzitutto rilevato che, a fronte di una pluralità di scelte possibili della scuola da far frequentare ai propri figli, gli utenti (i genitori) sono diventati, nel tempo, sempre più esigenti, utilizzando criteri di valutazione che, in qualche caso, gli addetti ai lavori (Dirigenti scolastici e docenti) cercano di far coincidere con le priorità organizzative da individuare.

In molti casi, tuttavia, le “considerazioni valutative” formulate dalle famiglie non giungono a toccare realmente il campo dei “valori”.

Nel primo ciclo d’istruzione, ad esempio, molti genitori cercano una scuola strutturata per venire incontro alle proprie esigenze (di lavoro, di famiglia) ponendo tali criteri come presupposto ad ogni altra successiva scelta. In questo caso, i fattori di “valore” possono riguardare la vicinanza della scuola alla propria abitazione o al proprio posto di lavoro, il tempo – scuola, l’orario settimanale delle lezioni, la quantità di compiti domestici da svolgere.

Sempre rispetto ai primi anni di frequenza scolastica, possono essere rintracciati altri elementi “pragmatici” (o meglio derivanti da esigenze individuali) che determinano la scelta di una sede scolastica, come l’attenzione riservata alle richieste delle famiglie in merito alla formazione di classi (“essere insieme a questo o quel compagno”).

Esiste, tuttavia, un’ampia rosa di elementi diversi che contribuiscono a definire l’immagine di scuola nella visione dell’utenza. Si tratta di “valori” intesi in una accezione meno “pragmatica” e più rispondente alla definizione offerta dall’Enciclopedia per Ragazzi TRECCANI: “Valori sono i princìpi che i singoli individui o una collettività considerano superiori o preferibili. Essi vengono utilizzati come criterio per giudicare o valutare comportamenti e azioni.”

In questa sede ci si propone di analizzare i suddetti valori, non partendo da aspetti tecnici riguardanti l’apprendimento o altre questioni complesse come l’orientamento nei percorsi formativi del secondo ciclo d’istruzione, bensì interpretando il concetto di “fama” di una scuola rispetto alle caratteristiche selettive e/o inclusive.

Non si tratta, peraltro, di riproporre il dibattito tra le funzioni in questione, anche perché i concetti di “selezione” ed “inclusione” non si escludono a vicenda ma possono assumere un’ampia gamma di significati, anche a seconda delle diverse tappe del percorso educativo e didattico. Basti, a questo proposito, ricordare le parole del Ministro GIANNINI che, in un’intervista curata dal quotidiano “Il Mattino Tv”, ha affermato testualmente che la scuola “deve essere selettiva nel dare a tutti condizioni paritarie per esprimere il meglio e per arrivare a quella acquisizione di conoscenza e non di messa insieme di informazioni.”

La nostra analisi parte dalle indicazioni fornite da ischool.startupitalia.eu in merito a quelle che vengono considerate le “scuole di élite” nel mondo.

Da un esame delle caratteristiche di ciascuna delle cinque scuole identificate come “le migliori del mondo” emergono alcuni elementi ricorrenti che le accomunano, primo tra tutti la presenza, nella loro storia passata e recente, di “frequentatori illustri”, che sembrano rappresentare di per sé una garanzia di valore dell’Istituzione.

Si tratta di scuole private dai costi molto elevati, che vengono scelte da famiglie facoltose con la certezza di inserire i propri figli in un gruppo di riferimento caratterizzato da standard socio-culturali elevati.

Tale tendenza si riscontra anche in molte realtà presenti nei nostri territori, nelle quali coesistono fasce sociali eterogenee dal punto di vista economico e culturale. Una buona percentuale di famiglie (e non solo quelle con un livello di reddito superiore alla media) quando devono scegliere la scuola da far frequentare ai propri figli si interrogano sull’opportunità o meno di iscriverli ad una scuola privata (magari con uno sforzo economico), pur prendendo in considerazione anche scuole pubbliche a condizione che le stesse siano note come “scuole difficili”.

La scelta iniziale dipende comunque in primo luogo dalla valutazione dell’utenza, specialmente in tempi recenti a seguito del crescente fenomeno dell’immigrazione.

La garanzia di inserire il proprio figlio in un gruppo classe adeguato è un requisito fondamentale anche e soprattutto per chi considera il percorso scolastico in un’ottica “competitiva” che presuppone una rapida progressione degli apprendimenti e delle competenze in un ambiente selezionato ove non sussistano fattori di “rallentamento” (es. alunni con difficoltà di apprendimento, di integrazione linguistica, con disturbi comportamentali).

Tale visione si coniuga quasi sempre con l’apprezzamento per le scuole in cui, al di là delle caratteristiche individuali dei discenti, sono ben chiari gli standard da far raggiungere, che debbono essere in linea con i requisiti richiesti alle future classi dirigenti.

In questa prospettiva, le famiglie stesse richiedono che il curriculum scolastico (così come si riscontra anche nelle famose cinque scuole migliori del mondo) preveda un solido e precoce apprendimento delle lingue comunitarie, un’ampia e competente formazione di tipo informatico nonché – nei casi specifici – l’adeguamento del sistema scolastico alle esigenze dello sviluppo dei talenti verso una pratica ad alto livello dell’attività sportiva.

Un punto fondamentale, infine, è il collegamento tra gradi d’istruzione in un percorso preferenziale verso le migliori Università.

Esaminando tutti gli elementi sin qui indicati risulta evidente che nessuno può negare che gli stessi contribuiscano a costituire un’immagine positiva di scuola.

Tuttavia, l’elenco dei valori che ogni genitore dovrebbe esigere nella formazione dei propri figli sono anche altri, quelli che a volte assumono la veste di mere dichiarazioni di principi universali ma che dovrebbero essere costantemente vissuti nella quotidianità della vita scolastica.

E’ superfluo ricordare che la relazione con i pari deve avvenire in un contesto di realtà, affinché ogni individuo sperimenti il proprio essere nell’attuale società multietnica, in cui sono presenti concrete problematiche e diversi stili di vita.

Gli apprendimenti maturati nella scuola, specchio della società, risultano significativi solo se realizzati in un contesto di socializzazione.

I docenti ed i Dirigenti scolastici non possono ignorare le criticità presenti nelle proprie Istituzioni: il loro dovere è quello di tendere al continuo miglioramento, senza tuttavia escludere a priori gli elementi che possono rendere più complesso e difficile il loro compito.

E’ quindi quantomeno inefficace la posizione assunta anche da una parte di operatori scolastici che, sin dal primo grado d’istruzione, auspicano unicamente una scuola più selettiva lamentando un abbassamento progressivo della qualità dell’istruzione.

La qualità dell’istruzione andrebbe, in effetti, ricercata anche nella condivisione tra scuola e famiglia del processo di attribuzione di un valore alla relazione scuola-società e alla singola istituzione scolastica.

Si tratta, in altre parole, di andare oltre gli individualismi e credere nella costruzione condivisa di un progetto.

Va detto, tra l’altro, che nelle scuole americane o inglesi (provviste di strutture che – ahimè – spesso le scuole pubbliche si limitano a sognare) i genitori, hanno comunque l’obbligo di partecipare attivamente alla vita scolastica oltre a quello di conoscere approfonditamente il programma di studi.

Il primo passo verso tale prospettiva deve essere mosso dall’Istituzione scolastica sul terreno della valutazione, intesa come etica del “render conto” (con particolare riguardo all’autovalutazione d’istituto e alla valutazione esterna) e come occasione per ricostruire un rapporto positivo tra scuola come pubblico servizio e società civile.