Educazione finanziaria: offerta cresce, ma italiani bocciati

da Tuttoscuola

Educazione finanziaria: offerta cresce, ma italiani bocciati

“Per scegliere il cellulare confrontiamo mille siti, cento concessionarie se dobbiamo comprare l’auto. Ma per investire i nostri risparmi, ci accontentiamo del consiglio di un amico”. Giovanna Boggio Robutti, direttore generale della Feduf, la Fondazione per l’educazione finanziaria e al risparmio nata su iniziativa dell’Abi (Associazione bancaria italiana), fotografa il grado d’istruzione economica degli italiani: “È largamente al di sotto della sufficienza”.

Insomma, tutti conoscono la differenza fra Samsung e Apple, ma pochi quella fra un’azione e un bond. Obiettivo dell’educazione finanziaria è fornire gli strumenti per affrontare decisioni anche ‘pratiche’: dalla gestione del bilancio domestico, alla stipula di un mutuo, all’investimento dei risparmi. Ma da un rapporto Consob del 2016 emerge che poco più del 40% degli italiani è in grado di definire correttamente alcune nozioni di base, come inflazione.

C’è anche un gap di genere. Una ricerca del 2017 a cura del Museo del Risparmio, creato a Torino da Intesa Sanpaolo, rileva che “solo il 50%” delle donne “si dichiara abbastanza o molto competente, rispetto al 68% degli uomini”. “Eppure l’offerta didattica non manca – spiega Boggio Robutti – Anche gratuita e di livello”. Qualche dato: nel 2017 Bankitalia ha censito 206 iniziative di educazione finanziaria organizzate in Italia da 256 enti, che nel 2014 hanno coinvolto un milione di persone contro le 500 mila del 2012.

Gli studenti iscritti ai programmi organizzati da Feduf sono passati dai 21.500 dell’anno scolastico 2014-2015 ai 34.400 del 2016-2017. Più di duemila persone partecipano al corso online del Politecnico di Milano. I visitatori del Museo del Risparmio sono cresciuti del 40% in tre anni, arrivando a 12 mila nel 2017. Da anni l’Osservatorio permanente Giovani-Editori organizza incontri fra studenti e governatori della banche centrali.

“Le persone che se ne interessano aumentano – dice Boggio Robutti – ma rappresentano ancora una nicchia”. Così, nell’agosto 2017, il Tesoro ha istituito il Comitato per la programmazione e il coordinamento delle attività di educazione finanziaria, col compito di programmare e promuovere iniziative “per migliorare in modo misurabile le competenze dei cittadini”.

Oltre ai corsi gratuiti di università, associazioni e fondazioni, ci sono quelli a pagamento. L’imprenditore Alfio Bardolla, che ha quotato la sua ‘scuola’ in Borsa, questo weekend a Parma ha tenuto un evento con 2500 partecipanti. Costo medio: 270 euro. “L’offerta è tanta – spiega Bardolla – ma non mi risultano enti in Italia che facciano corsi simili o assimilabili ai nostri. Non abbiamo e non crediamo alle formule magiche. Crediamo nell’imparare, nell’essere educati finanziariamente, nella formazione costante e nello sviluppo dell’essere umano. Ma l’educazione finanziaria si può ricevere solo da persone che, come noi, abbiano ottenuto sistematicamente risultati”.

Il presidente di Adusbef, Antonio Tanza, consiglia corsi che “non abbiano legami con banche e assicurazioni, cioè le ‘controparti’”. Quelli a pagamento? “Con tutte le iniziative che ci sono gratis, perché pagare? L’importante è accertarsi che siano tenute da soggetti indipendenti, preparati, seri e corretti”.