Il nuovo umanesimo che ci salverà

“Il nuovo umanesimo che ci salverà”

di Maurizio Tiriticco

E’ il titolo della prolusione che tiene oggi all’Università di Macerata il Prof. Ivano Dionigi per l’inaugurazione dell’anno accademico alla presenza di tutti i rettori d’Italia. Il testo che segue è l’esordio: “L’umanesimo ci deve soccorrere non perché sia l’altra metà del pensiero, dei suoi interrogativi e delle sue soluzioni, non perché rappresenti l’altro punto di vista, ma perché tiene insieme i diversi punti di vista e li spiega. I tempi spiegano le tecnologie, ma l’umanesimo spiega i tempi. Il sapere tecnologico capta il novum del presente; ha lo sguardo rivolto in avanti; adotta il paradigma sostitutivo della dimenticanza; rincorre l’urgenza dell’ars respondendi; abita lo spazio; ha familiarità con la vita intesa come zoè, “principio vitale”; semplifica la complessità. Il sapere umanistico conosce il notum della storia; guarda avanti e indietro (il simul ante retroque prospiciens di Petrarca); adotta il paradigma cumulativo della memoria; conosce l’urgenza dell’ars interrogandi; abita il tempo; ha familiarità con la vita intesa come bios ‘esistenza individuale’; interpreta la complessità”.

Esigenza di umanesimo, quindi, in una società – almeno quella in cui vivo e viviamo tutti, quotidianamente – in cui però purtroppo è assente l’educazione, non certo quella con la E maiuscola, ma quell’insieme di atteggiamenti e comportamenti tra persone e persone e tra persone e cose, che ci permettono una convivenza che potremmo definire “normale”, comunque senza nessun riferimento a chissà quali norme di matrice giuridica! Alludo all’esigenza di quel minimo di educazione civica – e non voglio tirare in ballo chissà quale disciplina scolastica – che consiste nel rispetto delle “persone altre” da sé e del cosiddetto bene pubblico. Vivo a Roma e quotidianamente assisto all’oltraggio dei nostri monumenti. Ora tocca alla zanna dell’elefantino della Minerva; ora alla Fontana di Trevi; ora alla Barcaccia di Piazza di Spagna; ora al Fontanone del Gianicolo; ora ai busti degli eroi del Risorgimento al Pincio. L’altra sera tre ragazzini in Piazza della Chiesa Nuova hanno lanciato una bicicletta contro la Fontana seicentesca, un’opera d’arte – come si suol dire – firmata da Giacomo della Porta.

Fatti che non sono mai accaduti nella nostra città! I sudditi del Papa dei secoli scorsi hanno sempre rispettato le “cose” pubbliche! Tutt’al più si limitavano a gettare la “monnezza” nel vicoli! E non a caso sono ancora presenti – chissà fino a quando!!! E sono ancora necessari, purtroppo! – in molti palazzi del centro scritte su lapidi che minacciavano frustate, ammonizioni e multe a chi avesse insozzato la pubblica via. Nel Vicolo della Torretta, in Campo Marzio, in una lapide leggiamo: “Mons. Presidente delle strade proibisce a qualsiasi persona di gettare immondezze e di farvi il mondezzaio in questo sito sotto le pene contenute nell’editto pubblicato li 17 giug 1764”. E non solo! Nello stesso lungo periodo bellico (in particolare nei nove mesi dell’occupazione nazista, dall’8 settembre 1943 al 4 giugno 1944), mai un monumento od una qualsiasi “cosa” pubblica hanno subito sfregi di sorta!

L’esigenza di umanesimo – e senza iniziali maiuscole – è quindi molto forte. E si tratta di un’esigenza avvertita già da qualche tempo. Ricordo che nel marzo del 2011 ho recensito un interessante volume: Martha Nussbaum, Non per profitto, perché le democrazie hanno bisogno della cultura umanistica, con l’introduzione di Tullio De Mauro, edito da Il Mulino, Bologna, 2011. Ed ho esordito riportando la seguente citazione: “I cittadini non possono relazionarsi bene alla complessità del mondo che li circonda soltanto grazie alla logica e al sapere fattuale. La terza competenza del cittadino, strettamente correlata alle prime due, è ciò che chiamiamo immaginazione narrativa! Vale a dire la capacità di pensarsi nei panni di un’altra persona, di essere un lettore intelligente della sua storia, di comprenderne le emozioni, le aspettative e i desideri. La ricerca di tale empatia è parte essenziale delle migliori concezioni di educazione alla democrazia, sia nei paesi occidentali sia in quelli orientali. Buona parte di essa deve avvenire all’interno della famiglia, ma anche la scuola e addirittura il college e l’università svolgono una funzione importante. Per assolvere a questo compito, le scuole devono assegnare un posto di rilievo nel programma di studio alle materie umanistiche, letterarie e artistiche, coltivando una partecipazione di tipo partecipativo che attivi e perfezioni la capacità di vedere il mondo attraverso gli occhi di un’altra persona” (pag. 111).

Esigenza di umanesimo, quindi, come necessità di senso civico, per non dire di civiltà, forse una parola troppo impegnativa!