Dell’insulto e della contestazione

Dell’insulto e della contestazione

di Maurizio Tiriticco

Ormai quella dell’insulto al professore sembra diventata una moda! Resa poi virale dal fatto che esiste un web che funge da sostegno e incoraggiamento! Una sorta di gara a chi riesce meglio nell’impresa! Dalle Alpi al Lilibeo! Assistiamo al dileggio prima, poi all’assalto con il casco, al lancio dei cestini della mondezza, ai calci alle porte… mentre il pubblico sui banchi applaude e incoraggia! Ma il dramma è che la motivazione che sostiene l’impresa è una sola: divertirsi! E l’aula scolastica diventa un ministadio in cui si celebra il nuovo sport del “dagli all’insegnante”! Un tale molti anni fa offese e insultò i presenti in un’altra aula, indubbiamente più importante di un’aula scolastica, gridando: “Potevo fare di questa aula sorda e grigia un bivacco di manipoli”! Sembra che oggi le nostre aule scolastiche siano percepite dai nostri studenti un bivacco per manipoli di ragazzi annoiati! E la noia è una molla forte per dar luogo ad atti irresponsabili.

Ricordo un’altra contestazione, di cui fui anche vittima, ma la molla era un’altra! Discutibile quanto si vuole, è vero! Si trattava della contestazione studentesca, del famoso Sessantotto – mezzo secolo fa – quando gli studenti di tutto il mondo, da Pechino a Berkeley, da Parigi a Roma pretesero che nelle scuole e nelle università si discutesse anche di quanto in quegli anni accadeva di terribile! La guerra nel Vietnam sembrava non avere mai fine! L’esercito degli Stati Uniti era impegnato in un conflitto violento e crudele come non mai! Gas tossici, napalm, intere foreste distrutte e con esse una popolazione di contadini ineermi! Comunque contro tutto questo il meglio della intelligentia americana e mondiale si batteva con grande determinazione. Negli Stati Uniti Joan Baez cantava contro la guerra nel Vietnam. E finì in carcere dal dicembre al gennaio del 67/68 per avere guidato una dimostrazione davanti al distretto militare di Oakland. Nell’ottobre del ’67 cadeva combattendo un mito della rivoluzione cubana, Che Guevara. In Cina era in atto la cosiddetta “rivoluzione culturale”! Mao Tse Tung, che il primo ottobre del 1949, dopo un lungo periodo di lotta armata contro il regime aveva proclamato la nascita della Repubblica Popolare Cinese, lanciò la cosiddetta “rivoluzione culturale”, con una larga mobilitazione di giovani contro i dirigenti corrotti. E il “libretto rosso” di Mao veniva agitato anche dai nostri giovani di “Servire il popolo”!

Lo so! Sono solo accenni che meriterebbero ben altro discorso, ma che aiutano a comprendere la temperie di quegli anni. Quando gli studenti contestavano la “scuola dei padroni”. E anch’io, insegnante comunista, indubbiamente per nulla tenero contro il “regime capitalistico borghese”, sic!, venni contestato, perché la scuola “aveva la sola funzione di addormentare le menti”! Erano gli anni in cui Bourdieu e Passseron pubblicavano “La Reproduction”: cultura e scuola in uno Stato borghese hanno la sola funzione di “riprodurre” le ineguaglianze sociali!

Potrei andare avanti nei ricordi, ma ciò che intendo sottolineare è la profonda differenza che corre tra le due contestazioni della scuola e dei suoi insegnanti. Allora c’era una motivazione politica profonda, discutibile quanto si vuole, ma c’era! Oggi la motivazione della contestazione – che poi contestazione non è, ma puro bullismo – è soltanto la celebrazione di una spavalderia sfacciata, forte soltanto dell’approvazione del “gruppo” e della moltiplicazione riprodotta dai social.

Sono atti che, comunque, segnalano anche la crisi di una scuola che dalla sua fondazione post 1861, l’anno della proclamazione del Regno d’Italia, non ha mai conosciuto profonde riforme, fatta eccezione forse di quella del ministro Gentile, di quella dei “decreti delegati”, del recente innalzamento dell’obbligo di istruzione fino ai 16 anni di età. So benissimo che ci sono state altre riforme, ma ciò che intendo sottolineare è che, di fatto, le tre C di sempre, la Classe d’età, la Cattedra e la Campanella, per non dire del Banco più scomodo che mai, ore e ore seduti, e dell’Aula, spesso spoglia come un’anonima sala d’aspetto, scandiscono modi, tempi e rapporti che si infrangono con una realtà, quella odierna, che richiederebbe input diversi per sollecitare cultura, conoscenze, abilità e competenze – appunto il refrain delle competenze – quindi modi diversi non tanti di insegnare “cose fatte”, ma di sollecitare curiosità, interessi e promuovere apprendimenti.

C’è un mondo che cambia freneticamente giorno dopo giorno, soprattutto per quanto riguarda la diffusione delle informazioni, ma la nostra scuola sta lì immobile da sempre, con ministri che nulla ne sanno, troppo occupati a dare la scalata a posti di governo più ambiti! Perché la scuola vale poco! Anche se riguarda milioni di italiani! E a pagare il prezzo di questa incuria sono i nostri ragazzi! E i nostri insegnanti! E la 107 nulla ha colto dei nodi problematici del nostro “sistema nazionale di istruzione e formazione”! Una coperta di 212 commi stesa su una realtà che invece… deve essere “scoperta” e governata!